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12 LA CITTÀ COME SISTEMA © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS

LA CITTÀ COME SISTEMA


IL MODELLO ORIGINARIO DELLA CITTÀ

Nel corso dei millenni, in ogni epoca e in ogni territorio, la città è nata in funzione dell’esigenza del-
l’uomo di creare luoghi di riunione, di incontro o di scambio.
Così si sono formati spazi destinati al culto, al commercio, alle assemblee politiche o amministrative.

Le tecniche urbanistiche l’assetto radiale di alcune città antiche.


tra razionalità e mito Interessante è, a questo proposito, quanto affer-
ma Jean-Pierre Vernant riguardo ai princìpi di rap-
Se si scorrono le pagine dei testi antichi si nota presentazione dello spazio presso i Greci:
la tendenza ad affrontare con lo stesso rigore sia le “Nonostante il loro apparente disordine, la terra, i
questioni tecniche sia quelle rituali della nascita mari e il fiume sono raffigurati nelle loro mappe
della città. secondo un modello che segue rigidamente regole di
In un suo dialogo, Leggi, Platone dà indicazioni corrispondenza e di simmetria”.
per la scelta del sito in cui costruire la città, ma sot- Oltre alla forma, anche il rito sacro della fonda-
tolinea: “primeggeranno di gran lunga quei luoghi zione (fig. 1) assume, in questa prospettiva, gran-
del territorio in cui spira un certo soffio divino”. de importanza. La definizione dello schema plani-
metrico era vincolata ad un cerimoniale e proprio
dall’organizzazione fisica dello spazio sacro sarebbe
Città e mito derivata quella dell’intera città. Edifici eretti in posi-
zione centrale consacravano l’atto di fondazione,
Un’ipotesi affascinante mette in relazione l’origi- ricordato ogni anno con feste religiose.
ne delle città antiche con i miti delle rispettive La città costituisce, dunque, per gli antichi un
civiltà. archetipo mitico, cioè un modello che riproduce,
Lo storico Károly Kerényi afferma addirittura che nella sua forma, la concezione del mondo di un
la città è la prima raffigurazione del mito. Ciò porta a popolo e il suo rapporto con il divino.
considerare l’atto della fondazione come il momento Posta al centro del suo territorio, la città stabili-
più importante della sua storia. La forma della città sce una relazione d’armonia tra lo spazio terreno e
antica assumerebbe, quindi, significati simbolici: essa quello del cosmo.
non sarebbe casuale, ma deriverebbe da princìpi di Strumento principale di questa operazione sono
ordine cosmico e il suo disegno andrebbe letto come gli assi viari, che nelle città arcaiche si incontrano
immagine perfetta della struttura del mondo. Si spie- spesso al centro, determinando lo schema distribu-
gherebbero così, ad esempio, la forma circolare e tivo di base dello spazio abitato.

Fig. 1. Rito della fondazione di una città nell’Italia centrale, nel sec. VIII a.C. Dopo aver consultato gli arùspici
(i sacerdoti che interpretavano la volontà degli dei attraverso l’analisi delle interiora degli animali sacrificati),
si tracciavano con l’aratro i “limiti”, i confini perimetrali della città, in corrispondenza speculare di una
costellazione. Tale confine perimetrale era considerato sacro.
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LA FORMA ARCHETIPA DELLA CITTÀ


Forme-modelli originari di città ricorrono con 1
forti analogie in popoli appartenenti a culture assai
diverse. Essi derivano da credenze mitologico-reli-
giose e cosmologiche e si traducono in riti che con-
dizionano anche l’organizzazione dello spazio
costruito e dei sistemi sociali.

Le città circolari
Il cerchio è da sempre considerato la forma geo-
metrica più perfetta: in molte religioni il cerchio è raf-
figurazione simbolica della divinità, in quanto non ha
né inizio né fine; per questo diviene anche espressio-
ne di eternità. È rappresentazione del cosmo e sul
suo principio sono descritte città ideali e leggendarie
come Atlantide, che Platone immagina costituita da
un sistema di anelli fatti di terra ed acqua.
In fig. 1 è riprodotto uno schema di città circolare
mediorientale, da un bassorilievo assiro.

Le città di forma quadrata 2


Il quadrato è simbolicamente legato al mondo materia-
le. Diversamente dal cerchio, consente l’orientamento
nello spazio ed è quindi associato ad un principio d’or-
dine: il fatto che le città assumano spesso la forma qua-
drata va interpretato come un atto di razionalizzazione
da parte dell’uomo. Quadrato è l’impianto di molte città
ideali immaginarie (così Giovanni vede la
“Gerusalemme celeste” nell’Apocalisse; in fig. 2, la città
del male da una miniatura dell’XI sec.); quadrato è l’im-
pianto razionale di molte città di fondazione romana.

Il centro
Nella città antica è fondamentale la presenza di un
centro, simbolo cosmologico e, al tempo stesso, luogo
fisico, caratterizzato da un tempio o da un altare.
Il rapporto tra il centro e il perimetro urbano è alla
base anche del principio della continuità storica della
città: il tempio, la reggia, il foro, e successivamente la
cattedrale medievale, restano, nel tempo, gli elementi
forti della dinamica urbana, in grado di influire sull’or-
ganizzazione del territorio circostante.

Il limite
Il concetto di limite è legato alla presenza delle
mura. Esse rappresentano lo spartiacque simbolico e
sacro tra l’ordine della città e il caos dell’esterno (in 3
fig. 3 città ideale dal Trattato di architettura di
Vitruvio). Guai alla città che ne infrange il limite: così
fu per Troia, caduta in mano agli Achei perché, per
fare entrare il cavallo di legno in città, furono allarga-
te le sue porte, violando la sacralità delle mura.
Si pensi ancora alla morte di Remo, dovuta al
fatto che egli incautamente violò il sacro recinto di
Roma, costringendo il fratello ad ucciderlo.
La sacralità del limite ha implicato, per molto
tempo, anche l’impossibilità di ingrandire la città, per
salvaguardarne la forma “sacra”.
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IL MITO DELL’UNITÀ: LE CITTÀ-PALAZZO


Le città-palazzo nel Mediterraneo Questo fenomeno consente di individuare nei
caratteri originali della civiltà cretese le radici di
Fin dalla metà del III millennio a.C. le isole e le quell’unità culturale ed artistica che fu propria del-
coste orientali del Mediterraneo ospitarono civiltà dai l’intera area egea: su questi caratteri, attraverso la
caratteri del tutto diversi da quelle coeve della mediazione dell’esperienza acheo-micenea, si
Mesopotamia e dell’Egitto. Il mare garantiva, con i suoi fondò la stessa civiltà greca.
commerci, uno scambio vitale di mezzi e di culture e
al tempo stesso rappresentava una difesa naturale. I palazzi di Creta
Momento fondamentale per la formazione di un Creta deve il suo straordinario sviluppo alla sua
universo culturale comune nel Mediterraneo orien- posizione strategica nel Mediterraneo: l’isola era,
tale fu il lento assorbimento, a partire dal XV seco- infatti, crocevia delle rotte mercantili tra le regioni
lo a.C., della civiltà cretese nell’area di espansione mediorientali, le città fenicie e i centri delle coste
degli Achei, fino al suo completo assoggettamento occidentali.
intorno al 1100 a.C. Il Palazzo di Cnosso rappresenta la testimo-

LA CITTÀ-PALAZZO DI CNOSSO
La città-palazzo era larga 6 km ed era
composta da circa 1300 ambienti arti-
colati attorno a spazi aperti: cortili,
giardini pensili e corridoi a vari livelli.
Tra questi si snodava una seconda rete
di percorsi interni, costituita da ripide
scale e corridoi.
Per ottenere in ogni punto una buona
illuminazione degli ambienti, il palaz-
zo centrale era arricchito da innumere-
voli aperture: porte, finestre e ‘pozzi’
dall’alto, logge e porticati sorretti da
colonne di legno e dipinti a colori
vivaci, quali il rosso nelle zone esterne
e il blu nelle stanze.

1. Ingresso nord e portico


2. Anticamera alla sala del trono
3. Sala del trono con bacino lustrale
4. Portico ovest
5. Corridoio dei magazzini
6. Scala per l’accesso ai piani supe-
riori
7. Scalinata del quartiere residenziale
8. Sala del colonnato
9. Sala delle doppie asce
10. Camera del tesoro
11. Megaron della regina
12. Terrazza con colonnato
13. Aula scolastica
14. Scalone per l’accesso alla sala
di rappresentanza
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nianza più completa della civiltà cretese nel perio- Attorno ad esso ruotavano tutte le attività di una
do di massima fioritura, tra il 1700 e il 1400 a.C. popolazione di circa 80 000 persone: accanto agli
L’isola di Creta è difesa naturalmente dal mare ambienti riservati alla residenza reale, ai servizi di
ed il Palazzo di Cnosso, come tutti i palazzi cretesi, corte ed alle attività di governo, vi erano spazi
era privo di fortificazioni: costruito su un colle, si destinati alla celebrazione di riti e cerimonie religio-
adattava al paesaggio naturale attraverso una com- se, agli spettacoli e ai giochi ginnici; altri ambienti
plessa disposizione a terrazze degli ambienti e degli erano adibiti ad attività di tipo produttivo e com-
spazi aperti, distribuiti su più livelli e collegati tra merciale, come i magazzini ed i laboratori artigiani
loro da numerose rampe di scale e da percorsi per la lavorazione della ceramica e dei metalli, per
aerei. Tutte le parti dell’edificio, in cui si alternava- l’oreficeria e la filatura della lana.
no spazi aperti e chiusi, erano disposte attorno ad Il palazzo di Cnosso fu probabilmente il model-
un ampio cortile rettangolare. lo per quelli di Festo, Mallia e Zakro. Essi hanno in
Questo era concepito come un vero e proprio comune la posizione centrale e la destinazione
spazio pubblico: il palazzo non era, infatti, sola- d’uso dei cortili rettangolari, tutti ugualmente orien-
mente sede del potere politico ed amministrativo, tati da nord a sud, probabilmente per ragioni ritua-
ma vero centro vitale, commerciale e produttivo li, o per sfruttare al massimo l’illuminazione solare
della società di Cnosso. invernale.

IL PALAZZO DI ZAKRO
L’assetto distributivo del palazzo di Zakro è simile a quello
dei Palazzi di Cnosso, Festo e Mallia. Il cortile centrale è
rettangolare e orientato da nord a sud; come a Cnosso, l’a-
bitazione reale si sviluppa sul lato est del cortile.
Il palazzo di Zakro fu distrutto da un incendio intorno al
1450 a.C.

1. Cucina con locali di deposito e sala da pranzo al piano


superiore
2. Sale di rappresentanza
3. Stanze destinate ad usi rituali
4. Deposito di materiale ceramico e probabile sede di
laboratori artigiani (avorio, faïence e pietra)
5. Appartamento reale
6. Cortile dell’appartamento reale con pozzo circolare o
fontana

IL PALAZZO DI FESTO
Il Palazzo fu edificato sui resti di uno precedente, distrutto
intorno al 1700 a.C.
Venne progettato secondo un piano unitario, seguendo il
modello di quello di Cnosso, ma a differenza di questo era
elevato sulle pendici di una collina. Come a Cnosso, l’ac-
cesso principale si apriva in un cortile sul lato ovest. Una
scalinata d’accesso conduceva al piano nobile. Alla sua
sommità un’arcata monumentale introduceva ad un portico
colonnato, simile ai propilei dei successivi Palazzi micenei.
1. Cortile ovest
2. Scalinata e porta monumentale
3. Magazzini
4. Sala principale del quartiere residenziale
5. Probabili botteghe
6. Stanze con sovrastante sala da pranzo
7. Cortile con giardino
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LE CITTÀ DELLA GRECIA E DELLA MAGNA GRECIA:


GEOMETRIE NELLA NATURA

Quando nei secoli VII-VI a.C. i governi aristo- gorà, piazza porticata, centro della vita economica
cratici presero il posto dei regimi monarchici, si e politica della città.
affermò in Grecia un nuovo modello di organizza- Si definì la tipologia di edifici per le attività politi-
zione politica, sociale e urbanistica della città e del che o amministrative (il pritanèo, sede dei magistrati,
territorio: la polis. il buleutèrion, sede del consiglio) e la forma e la
Diffusasi dalle colonie dell’Asia Minore, la polis funzione degli edifici pubblici, organicamente inseriti
rappresentò il centro economico e politico di una nel tessuto urbano: il teatro, la palestra, il gymnasium.
società basata sulla produzione e sul commercio.
Alla crescita di popolazione urbana corrispose Il disegno urbano
una nuova domanda di abitazioni e di luoghi di Non ci sono elementi che attestino l’applicazione
scambio (come porti o mercati). Parallelamente a di criteri urbanistici omogenei nelle città greche delle
questi fenomeni, emerse l’esigenza di definire origini. Queste non avevano un disegno preordinato,
princìpi di organizzazione delle città per destinare almeno fino a quando, a partire dal VII secolo, l’in-
aree differenti a specifiche funzioni. troduzione di una scacchiera ad impianto ortogonale
La forma della città seguì dapprima le esigenze nelle colonie non influenzò gli interventi nella
della difesa: essa era generalmente circondata da madrepatria. Nel V secolo tale schema, che la tradi-
mura e dominata da un’altura, l’acropoli. Un zione lega a Ippodamo da Mileto, fu applicato con
tempo sede del sovrano, tra il IX e il VI secolo que- assiduità: lo ritroviamo nella stessa Mileto, a Thuri, a
sta divenne luogo sacro e quindi area privilegiata Rodi, nel Pireo.
per la costruzione degli edifici di culto. Le aree Il “sistema ippodameo” fu ampiamente utilizzato
residenziali nella città bassa (asty) si distribuirono, anche in età ellenistica, ma arricchito da scorci sce-
a partire dalla fine del VI secolo a.C., intorno all’a- nografici e da edifici monumentali.

MILETO: IL PORTO
E GLI EDIFICI PUBBLICI

Mileto, la città obbedisce alla natura


Mileto, città ubicata sulla sponda mediterranea Caratteristica fondamentale del piano è la concentra-
dell’Asia Minore, importante scalo marittimo, fu rico- zione delle funzioni pubbliche in specifiche aree. Al
struita intorno al 475 a.C., dopo la distruzione operata centro c’è la zona direzionale (attività amministrative e
dai Persiani nel 494 a.C. servizi), facilmente accessibile sia dai quartieri resi-
Il progettista tenne conto dell’ambiente e degli ele- denziali circostanti che dai due porti, ricavati nelle
menti naturali: il mare, la costa e le sue insenature, le insenature del promontorio. A questi erano connessi i
alture, e organizzò l’edificazione dei lotti secondo un magazzini per le merci e i mercati.
disegno reticolare che consentiva la realizzazione gra- Tre arterie principali, larghe 7 metri e mezzo, collega-
duale degli interventi, previsti già in origine per una vano le diverse aree. I lotti regolari erano separati da
popolazione di 80000 abitanti. vie di uguale ampiezza (4,50 metri).
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Un nuovo impulso urbanistico dalle colonie 1


della Magna Grecia
Molte delle odierne città poste nei territori dell’antica
Magna Grecia e della Sicilia risalgono al periodo della
colonizzazione ellenica, avvenuta tra l’VIII e il V secolo

Pianta urbana di Locri.


a.C. (figg. 1, 2, 3, 4, 5).
I territori costieri furono urbanizzati in maniera dif-
fusa, soprattutto in luoghi considerati sicuri e adatti alla
difesa: ad esempio, in prossimità di promontori o inse-
nature, utilizzate come porti. Questo fenomeno, verifi-
catosi in maniera diffusa anche in altre zone costiere
del Mediterraneo, consentì l’adozione di schemi urbani-
stici nuovi, non ancora sperimentati nella madrepatria.
La fondazione ex novo di colonie in territori privi di 2
insediamenti preesistenti offriva, infatti, la possibilità di
costruire senza vincoli; contemporaneamente si rendeva

Schema ideale di Thuri.


necessaria la suddivisione del terreno in lotti regolari, da
destinare ai coloni, anche per eventuali nuove espansio-
ni. L’ampliamento avveniva, infatti, per giustapposizione
di nuovi lotti a quelli già completati.
Questa necessità di tipo organizzativo fu alla base
della scelta del disegno viario ortogonale.

La struttura ippodamea
L’impianto reticolare, poi chiamato ippodameo, fu 3
Pianta urbana di Poseidonia.

adottato per la prima volta probabilmente in Sicilia nel


VII secolo a.C.
La città era suddivisa in aree caratterizzate dalla con-
centrazione di funzioni specifiche (produttive, commer-
ciali, abitative, direzionali). Lo schema ortogonale dava
origine ad un insediamento omogeneo, costituito dal-
l’addizione di unità residenziali; al suo interno gli edifici
pubblici erano gli unici a differenziarsi sotto l’aspetto
formale e funzionale.
Grazie a questo principio, le città poterono estender-
si rapidamente senza che ne venisse turbato l’equilibrio 4
complessivo: in molti casi, peraltro, esse si ingrandirono
Pianta urbana di Metaponto.

in misura notevole rispetto alle dimensioni originarie.

Tracciato stradale della colonia greca di Akragas (Agrigento).

5
Foto aerea di Napoli.
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LA CITTÀ DI FONDAZIONE ROMANA


Le città di fondazione romana hanno general- SCHEMI URBANISTICI DI
mente un impianto a scacchiera ortogonale, deli- COLONIE ROMANE IN ITALIA
mitato da mura. Gran parte di esse derivarono
dall’accampamento militare, il castrum, e su que- 1
sto modello si svilupparono, conservandone la
struttura: una volta esaurito l’uso militare, il
castrum veniva abitato dalle popolazioni locali.
L’orientamento seguiva, entro i limiti consenti-
ti dalla morfologia del sito, le direttrici astronomi-
che. Due strade, perpendicolari fra loro, attraver-
savano da una parte all’altra la città, definendone
la struttura interna: la via Praetoria, il decumano
(con andamento est-ovest), e, perpendicolare a
questa, la via Principalis, il cardo. Presso il loro
incrocio una piazza porticata, il foro, ospitava i
principali edifici pubblici civili e religiosi.
Parallelamente al cardo e al decumano, si svi-
luppava una trama di strade rettilinee; queste,
dividendo il terreno in parti uguali, individuava-
no una serie di isolati quadrati o rettangolari, le 2
insulae, che ospitavano gli edifici a destinazione
abitativa: le case signorili, le domus, e i condomi-
ni a più piani. Gli edifici dedicati allo svago, tea-
tri, anfiteatri, terme, occupavano anch’essi, rigo-
rosamente, una o più insulae.
Come già detto, molte città di nuova fondazio-
ne sorsero dallo sviluppo del castrum: è il caso di
Como, Brescia, Piacenza, Reggio Emilia, Forlì,
Faenza, Lucca, Pavia, Vicenza, Padova, Pistoia.
Le città sorgevano al centro delle zone centu-
riate e potevano raggiungere una popolazione di
20-50 000 abitanti.
Le diverse realtà istituzionali e sociali dei terri-
tori assoggettati furono inquadrate in un sistema
politico dotato di un forte potere di controllo.
L’attività di pianificazione urbana si rivelò,
dunque, uno strumento privilegiato del processo
di conquista; per questo l’utilizzo dello schema
ortogonale fu più visibile nelle province (Gallia,
Germania, ecc.) che in Italia.
Nelle aree in cui le città avevano una fisiono-
mia già da tempo consolidata (nei territori elleni-
ci e in quelli dell’Asia Minore), gli urbanisti
romani partirono dall’esistente, lasciando una
maggiore autonomia nell’organizzazione dell’as-
setto urbano e del sistema amministrativo. 3

Fig. 1. Pianta della città di Brescia.


L’irregolarità dell’impianto mostra la versatilità
dei Romani nell’adattarsi alla morfologia dei luoghi
o alle strutture e agli edifici già esistenti.
Fig. 2. La città di Albenga, vista da satellite.
Vi si riconosce l’antico tracciato romano.
Fig. 3. Pianta della città di Como: il centro della
città conserva la struttura del castrum romano.
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Aosta, città di Augusto


Augusta Praetoria, oggi Aosta, fu fondata da Augusto nel 25 a.C., a difesa delle vie del Grande e del
Piccolo San Bernardo. Essa sorse sull’impianto di un castrum, forse sul luogo della capitale dei Salassi.
Dell’insediamento militare ha conservato, nei secoli, la forma rettangolare, raccolta entro un perimetro di
690x550 metri di lato. Dentro le mura, il reticolo cardo-decumanico, rigorosamente ortogonale, individuava
insulae di 70x80 metri.
Il decumano principale, con direzione da est ad ovest, divideva la città in due parti uguali, mentre il
cardo maximus era spostato verso occidente.
La città era organizzata sulla base di un perfetto schema di suddivisione in zone (fig. 2):
presso l’incrocio tra i due assi viari principali si ergeva il complesso del foro, con i tem-
pli e gli edifici civili.
1
Nel settore di nord-est, invece, trovavano posto l’anfiteatro, le cui tracce
si scorgono ancora nel basamento di alcune abitazioni, e il
teatro (fig. 1), di cui si conservano alcune parti in alza-
to. Delle monumentali porte urbane resta il
significativo esempio della porta praeto-
ria, ad est, con doppia arcata di
accesso.
Fuori dalle mura si ergeva l’arco di
Augusto, rimaneggiato in età medie-
vale, posto a indicare la via verso la
città.

Fig. 1. Ricostruzione dell’area di nord-est, riservata agli spettacoli: l’anfiteatro e il


teatro. L’elemento singolare è la concentrazione di una vasta area a destinazione
omogenea all’interno della città, di cui occupa ben tre insulae.

Fig. 2. Il tracciato del


castrum romano sulla
pianta dell’odierna città
di Aosta.
Emerge la persistenza del
decumano come asse
portante della città ancor
oggi. In alto, al centro, si
nota il regolare impianto
del foro, dove oggi
è ubicato il Duomo.
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LA CITTÀ CHIUSA NEL MEDIOEVO


Generalmente si tende a collegare l’idea di città I centri minori nel Medioevo
medievale alla sua delimitazione, rappresentata
dalle mura, o alla sua forma compatta. I borghi medievali sono diversi per forma e
Questa conformazione risale, in gran parte, struttura. Essi compongono un repertorio tipologico
all’Alto Medioevo, quando le città romane, ancora molto diversificato, in quanto sono condizionati
chiuse da mura, nonostante la consistente perdita dalla morfologia del sito su cui sorsero e da altri
demografica avevano mantenuto un importante aspetti che li relazionano al territorio.
ruolo funzionale. Fino all’XI secolo, la concentrazione di poche
Nel IX secolo, invece, le città persero sia la loro migliaia di abitanti in un luogo bastava a definire
connotazione come centri di mercato, sia il caratte- una città. Si venne a creare, così, una vera e propria
re di poli di attrazione del territorio; parallelamente rete urbana, consolidata da elementi di raccordo
si verificò un aumento di potere da parte dei nuovi importanti, quali fortificazioni e abbazie.
signori di campagna, i cui grandi possedimenti ter- Intorno alla metà del XIII secolo emersero i ‘gran-
rieri erano economicamente autosufficienti. di centri’, mentre i centri minori ridimensionarono il
Le città sedi vescovili, tuttavia, mantennero loro ruolo nell’organizzare funzionalmente il territorio.
anche in età carolingia una certa identità: il termine La loro sussistenza venne determinata da fattori diver-
civitas divenne, nel IX secolo, quasi sinonimo di si, quali l’andamento demografìco, le fortificazioni e la
vescovato. I vescovi curavano e restauravano le presenza di numerosi conventi (in particolare quelli
mura cittadine, per difendersi dagli attacchi di degli ordini mendicanti, Francescani, Domenicani e
Normanni, Saraceni o feudatari vicini. Per lo stesso Agostiniani). Il volto delle città all’interno delle mura
motivo, a partire dal IX secolo, tutto il territorio ita- era però mutato e il denso tessuto edilizio lasciava
liano si riempì di fortezze, di torri, di baluardi, di spazio agli orti che circondavano le case.
mura e fortificazioni. Un’analisi storica dei borghi e delle città medie-
Esemplare è il caso delle cinte fortificate dei vali non può prescindere, infine, dallo studio degli
monasteri, che crearono le premesse per la loro statuti locali, che regolavano la vita della comunità:
successiva trasformazione in borghi. Intorno a que- essi prescrivevano le altezze delle mura e dei palaz-
sti o ad altri centri rurali sorsero nuove città, veri zi, l’ampiezza delle strade, la localizzazione e le
fulcri della rinascita commerciale ed economica caratteristiche di mercati e di luoghi produttivi, con-
dell’XI secolo. tribuendo quindi a definire il volto della città.

Il borgo medievale di Ninfa (Latina), abbandonato nel 1600 a causa di un’epidemia di malaria.
TIPOLOGIE DI CITTÀ MEDIEVALI

CENTRI CON PLANIMETRIA


RADIOCENTRICA O AD AVVOLGIMENTO
La forma di città così definite è determinata dalla localiz-
zazione su una collina tondeggiante o dallo sviluppo
intorno ad un centro: una chiesa, un palazzo civico o il
palazzo nobiliare, o ancora una piazza del mercato. In
alcuni casi, questi centri sono luoghi di confluenza di
diverse strade del territorio.
Presenti soprattutto in Italia centrale, hanno un andamen-
to ad anello o a spirale, determinato da una crescita omo-
genea e concentrica, caratterizzata dall’aggiunta progres-
siva di anelli di strade. I centri minori, condizionati dalla
morfologia del sito, seguono spesso le curve di livello del
rilievo.
Alatri (Frosinone).

CENTRI DI SVILUPPO SU UN ASSE STRADALE


Quasi sempre lo sviluppo di questo tipo di centri è legato
al fatto di essere collocati sul declivio di un colle, segnato
dalla strada, o su una sponda fluviale o lacustre.
Sullo stesso asse sorgono i monumenti più importanti, e,
talora, le rispettive piazze sono collocate al limite esterno
del paese, poste a dominare il paesaggio.

Monteferrante (Chieti).

CENTRI DI SVILUPPO MISTO


Questi centri sono il risultato di situazioni di crescita
determinate dalle diverse conformazioni morfologiche del
luogo in cui sono situati.
Spesso le città mantengono l’impianto a scacchiera roma-
na (Modena, Bologna, Verona, Aosta), cui si aggregano
quartieri esterni di diversa conformazione.
Esemplare è il caso di Bologna: presso le due torri
medievali (Garisenda e degli Asinelli), visibili in figura, si
snoda un impianto radiale di strade, frutto dell’espansio-
ne della città in età longobarda.

Veduta aerea del centro di Bologna.


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Le città e i centri minori


nel Cinquecento GLOSSARIO
L’evoluzione urbanistica dei centri abitati nel Bastione
Cinquecento è legata ai problemi di organizzazione Opera difensiva costituita da muro, spesso obli-
politica: la città mostra il potere della famiglia del quo (a scarpa), contenente un terrapieno.
Signore, che la ‘segna’ con le costruzioni adibite alla Casamatta
difesa personale e pubblica. Locale chiuso e protetto entro le fortificazioni,
Un elemento che ha determinato una rapida evolu- dove trovavano posto rifornimenti di munizioni
zione nell’organizzazione della città nel Cinquecento è e di polvere da sparo.
stata l’invenzione della polvere da sparo, e, dunque, il
Cavaliere
mutamento sostanziale delle tecniche di guerra. Per
Parte sopraelevata della fortificazione, con funzioni di
opporsi al tiro dell’artiglieria, occorreva ora cingere le
avvistamento e controllo del territorio da difendere.
città con terrapieni e costruire bastioni nelle zone
angolari o nelle parti intermedie delle mura. Cittadella
Occorreva, inoltre, spianare il terreno esterno alle Fortificazione a cinta con bastioni, posta sul peri-
città, per non offrire riparo agli avversari e consentire metro delle mura principali della città.
il libero tiro dalle mura. Questo aspetto, in particolare, Accoglieva postazioni di artiglieria; poteva ospi-
ha avuto come conseguenza una specie di distacco tare le guarnigioni o essere posta a guardia di
della città dal territorio e l’accentuazione dell’attenzio- strade.
ne alla forma estetica ed urbanistica della città. Cortina
In tutta Europa vennero così formalizzati piani Tratto di mura compreso tra le torri o i bastioni.
urbani di forma rigidamente geometrica: quadrata, Piazza d’armi
pentagonale, esagonale, ottagonale, a stella. Ampio spazio per le esercitazioni delle truppe.
Su questi modelli sorsero, nella seconda metà del Saliente
Cinquecento, nuove città militari. Angolo formato da due fianchi esterni di una fortifica-
Nello stesso secolo, all’interno delle mura vennero zione.
demolite e ricostruite in altri siti case e chiese, con il
risultato di riordinare intere parti di città. L’espansione Tanagliato (fronte)
urbana, funzionale alle esigenze militari, raramente Fronte fortificato aperto a tenaglia verso la cam-
corrispose ad un aumento della popolazione; in tal pagna, utile nel tiro incrociato.
modo, numerosi e ampi appezzamenti adibiti ad orti
o a giardini rimasero inutilizzati all’interno delle mura.
In molti casi, i borghi esterni vennero addirittura Schemi di fortificazioni cinquecentesche,
introdotti nella cinta urbana. secondo il disegno di Pietro Cataneo,
pubblicato nel 1567 nel trattato L’architettura.
Alla costruzione delle fortificazioni si legò, spesso,
la costruzione della fortezza, o cittadella, estrema
difesa contro i nemici, ma anche difesa del Signore
contro eventuali insurrezioni cittadine. Nella seconda
metà del Cinquecento la fortezza ebbe forma quadrila-
tera, esagonale o più spesso pentagonale (come quel-
la di Torino, del 1564) o ancora irregolare, a fronti
tanagliati (come a Livorno e a Firenze, opere di
Bernardo Buontalenti, rispettivamente del 1576 e
del 1590).
© ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS LA CITTÀ COME SISTEMA 23

PORTOFERRAIO
Intorno alla metà del Cinquecento,
Cosimo I de’ Medici fece realizzare le
fortificazioni a Portoferraio (allora
Cosmopoli) nell’isola d’Elba.
Nel 1570 Bernardo Buontalenti com-
pletò la cinta fortificata, inglobando le
opere preesistenti.

• I bastioni sono a fianchi diritti;


• la rete di strade ortogonali è fun-
zionale allo spostamento da un
fronte all’altro della città;
• la porta urbana è ubicata sulla
metà della cortina;
• la piazza d’armi è ubicata nel
tratto tra la fortezza e la porta.

LIVORNO
Nel 1576 Bernardo Buontalenti realizzò un cir-
cuito di fortificazioni con bastioni pentagonali
intorno alla città di Livorno. Egli pose i cava-
lieri interni sulla metà delle cortine.
L’ortogonalità della rete viaria favoriva l’attra-
versamento della città da parte delle truppe;
analoga funzione avevano il decrescere ai lati
delle strade stesse e la creazione di piccole
piazze presso i bastioni e i cavalieri del fronte
di terra.
Secondo il medesimo principio, presso il
bastione centrale Buontalenti creò una grande
piazza trapezoidale, che accoglieva le tre stra-
de centrali.

PALMANOVA
Palmanova fu uno degli ultimi esempi di città fortifica-
te del Cinquecento: la sua costruzione risale al 1593,
per volontà della Repubblica di Venezia.
Il disegno, rigorosamente geometrico, si compone di
nove lati regolari sui quali è impostato un reticolo di
strade radiocentrico; le porte sono poste al centro di
ogni cortina.
Le strade radiali si snodano dalla piazza centrale, di
forma esagonale. Ciò sottolinea la predisposizione
militare della città, pensata in funzione dei rapidi spo-
stamenti delle truppe dalla piazza centrale alle mura e
alle caserme, poste presso le porte urbane.
24 LA CITTÀ COME SISTEMA © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS

LA CITTÀ E IL TERRITORIO IN ETÀ BAROCCA E ILLUMINISTA


Nel corso dei secoli XVII e XVIII i nuovi interven- presentativi: la linea curva. Essa non conclude l’e-
ti nella città furono espressione del potere centraliz- dificio o la piazza, ma, al contrario, raccorda con
zato, istituitosi nella gran parte dei Paesi europei. disinvoltura le parti costruite e gli spazi aperti. Ne
Lunghi assi prospettici, spazi pubblici ampi e deriva una città ‘mossa’, composta di edifici e spazi
unitari adibiti a piazze e giardini, conferirono continui, aggregati l’uno all’altro attraverso una
all’ambiente urbano una dimensione scenografica. scansione di pieni e vuoti.
Un nuovo elemento formale intervenne a quali- Tema fondamentale della spazialità barocca fu
ficare la connotazione degli spazi urbani più rap- la grande dimensione (o scala) degli edifici pubbli-
ci: ospedali, sedi di istituzioni amministrative,
palazzi di giustizia, teatri, carceri, regge, alberghi,
lazzaretti, scuole e atenei, musei, luoghi fortificati,
dogane, borse, scali merci, ospizi, cimiteri.
Ovunque vennero promossi progetti di rinnova-
IL SETTECENTO A TORINO mento urbano, in particolare dopo il drastico calo
Torino mantenne intatta la scacchiera romana fino demografico nelle città in seguito alla peste del
al 1620, quando due fasi di ampliamento, gestite 1630, cui fece seguito un massiccio fenomeno di
dall’architetto ducale Carlo di Castellamonte e inurbamento. Gli interventi riguardarono sia le
dal figlio Amedeo, crearono larghe strade, che si capitali europee che i centri medi e piccoli. In que-
aprivano ad ampie piazze. sti, anzi, emerse con maggior chiarezza la ricerca di
Dopo le iniziative architettoniche di Guarino una connotazione ideale della forma urbana, più
Guarini (Cappella della SS. Sindone, Palazzo facile da controllare in fase di realizzazione.
Carignano), nel Settecento Filippo Juvarra Nello stesso tempo si avviò un recupero del ter-
ampliò la città, segnando un asse obliquo rispetto ritorio, ripopolato con nuovi centri produttivi,
al reticolo romano, e movimentò l’edilizia con la soprattutto nel Lazio e in Sicilia.
costruzione della Basilica di Superga e del Palazzo L’inserimento di lunghi assi stradali regolari e
Madama. prospettici, di piazze regolari e monumentali inte-
ressò solo parzialmente l’Italia, dove si intervenne a
partire dagli elementi preesistenti.
A Roma, dopo alcuni importanti interventi urba-
nistici operati nel Seicento da Carlo Rainaldi e i
lavori di sistemazione di Piazza del Quirinale, di
Piazza Navona, di Piazza di Spagna, l’attività di
pianificazione apparve più confusa.
Nelle città meridionali, come Palermo e Catania,
si realizzarono lunghi rettifili prospettici, collegati
alle piazze da edifici eleganti e stilisticamente unita-
ri, oppure si costruirono grandi complessi edilizi,
come a Napoli (dove venne eretto l’Albergo dei
Poveri o il lunghissimo edificio dei Granili).
Nel Veneto le famiglie aristocratiche avviarono
una fase di ripopolamento delle campagne; tra gli
interventi nelle città spiccano la sistemazione del
Prato della Valle a Padova e di Piazza Bra a
Verona. Le città si arricchirono, inoltre, di elementi
dinamici: esemplare è il caso di Torino, in cui una
nuova grande via venne fatta passare diagonalmen-
te attraverso la scacchiera romana.
Nelle grandi capitali europee nuovi piani regola-
tori promossero la realizzazione di edifici articolati
su piazze dal disegno nitido e regolare, definite da
costruzioni scenografiche, concepite come sfondo a
grandi vie alberate.
Nel Settecento sorsero interi quartieri per lavora-
tori, ai margini di aree destinate alle fabbriche, pen-
sati con chiara mentalità razionale: con la stessa
mentalità si espresse l’idea di magnificenza civile
nelle lussuose costruzioni del centro.
© ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS LA CITTÀ COME SISTEMA 25

IL SEICENTO E IL SETTECENTO IN SICILIA


In età barocca furono promossi molti interventi urbanistici in Sicilia. A Palermo, nel Seicento, il centro storico fu
‘tagliato’ dalla realizzazione di via Maqueda, cui seguì la sistemazione dei Quattro Canti.
A Messina si costruì lungo il porto, in luogo delle mura medievali, la Palazzata (1590-1622).
Ma l’attività di edificazione più massiccia avvenne nella Sicilia sud orientale, a seguito del terremoto del 1693, che
rase al suolo 25 città, danneggiandone gravemente molte altre. Vennero ricostruite, tra le altre, Noto, Augusta,
Ragusa, Modica, Comiso, Scicli, Caltagirone.
Sotto il profilo urbanistico assumono maggiore importanza le ricostruzioni di Noto, riedificata più a valle rispetto
al nucleo urbano preesistente, e di Catania. In questa, il fulcro urbano primario è rappresentato dal sistema della
via Etnea, interrotta da snodi (Piazza del Duomo, Piazza dell’Università) e da tre vie trasversali. Importanza rile-
vante ha acquistato, per posizione, pregio tipologico e dimensioni, il sontuoso Monastero dei Benedettini, eretto
nei primi anni del Settecento.

CATANIA, UNA CITTÀ DEL SETTECENTO EUROPEO


1

Fig. 1. La Chiesa di S. Nicolò e la planimetria dell’a-


rea prospiciente (oggi Piazza Dante).

Il Monastero dei Benedettini, una città nella città


Ricostruito nel 1703 in un suolo rialzato, antica sede del-
l’acropoli della colonia greca, il Monastero assunse un
ruolo urbano di prima importanza per tutto il secolo
XVIII. La sistemazione urbanistica dell’area prospiciente
Una porta monumentale la chiesa conventuale (San Nicolò), avviata nel 1774 e
Porta Uzeda è l’ingresso monumentale alla città. impostata su una piazza semiellittica, rappresenta un
Funge da elemento di raccordo tra l’area del modello tipico ed esemplare delle modalità di intervento
porto e Piazza del Duomo, collegandosi dunque nelle città del Settecento.
alla città storica.
Fig. 2. Palazzo Biscari (XVIII sec.),
particolare della facciata.

Una piazza dall’aspetto unitario 2


Piazza del Duomo svolge un importante ruolo
urbanistico, in quanto mette in relazione aree
con funzioni distinte.
Esemplare è l’integrazione di divese destinazioni
d’uso in spazi non molto ampi. Entro un calibrato
intreccio di aree pubbliche, ben risolto attraverso
l’inserimento di raffinate architetture, si aprono la
Piazza della pescheria, la chiesa e i fronti edifi-
cati dell’architetto Giovanni Battista Vaccarini, la
piazza con l’obelisco ellenistico dell’elefante e
poi gli snodi che a breve distanza conducono ai
quartieri settecenteschi, a piazza Università e al
medievale Castello Ursino.
26 LA CITTÀ COME SISTEMA © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS

LA CITTÀ E LA SUA FORMA NELL’ETÀ INDUSTRIALE


La città nella prima età industriale timore della perdita della loro forma. Per letterati e
uomini di cultura, questa condizione fu vista come
Nel corso dell’Ottocento le città in Europa e metafora della perdita di un’identità.
negli Stati Uniti subirono un forte processo di cre- L’immaginazione letteraria rappresenta una chia-
scita, frutto del massiccio inurbamento di larghi ra testimonianza di questo timore. Londra, che
strati di popolazione dalle campagne. passò dai 675.000 abitanti nel 1750 al milione intor-
Tale fenomeno portò molte volte a processi di cre- no al 1820, fu vista dal poeta e pittore William
scita spontanea e irregolare (salvo pochi casi, quali le Blake come una sorta di metafora dei nuovi tempi;
città a scacchiera di Chicago, New York e Barcellona), il poeta Percy B. Shelley la interpretò come immagi-
determinando mutamenti considerevoli nell’organizza- ne dell’inferno e il pittore John Martin come nuova
zione urbana. Le città si dotarono di reti infrastruttu- Babilonia. Charles Dickens, nel romanzo David
rali, ovvero linee di comunicazione (strade, reti tram- Copperfield, pose fatalisticamente in relazione le
viarie, metropolitane) e di servizi tecnici (fognature, condizioni di povertà delle nuove classi popolari
reti di distribuzione dell’acqua, reti elettriche). inurbate con la nuova dimensione industriale.
La costruzione di nuovi quartieri esterni si Nell’Ottocento si consolidò il processo di differen-
accompagnò spesso all’adeguamento o alla com- ziazione all’interno della città, che era stato avviato
pleta riedificazione di quelli antichi, più vicini alle nel secolo precedente. I quartieri operai trovarono
aree strategiche del centro. posto nelle periferie o in aree interne al vecchio tes-
suto edificato, mentre le classi borghesi si riappro-
Il timore della perdita del centro priarono dei centri urbani, ricostruiti con case moder-
Uno dei più importanti segnali del cambiamento ne e nuovi servizi.
rispetto al passato fu la tendenza a non distinguere Parigi e Vienna furono le città che meglio
più l’originario centro della città, che in età antica interpretarono, attaverso interventi massicci e coor-
era determinato, ad esempio, dalla chiesa con la dinati, questa evoluzione. Nel giro di pochi anni, la
sua piazza e il suo mercato. Questa condizione è politica degli sventramenti si estese alle più impor-
riconoscibile sia dal punto di vista formale che fun- tanti città europee.
zionale e ha determinato l’emergere di una nuova Esemplari furono, in Italia, i casi di Roma,
consapevolezza rispetto al destino delle città: il Firenze, Milano, Napoli.

Particolare del piano di risistemazione del centro cittadino di Parigi, ad opera di G.E. Haussmann
Attorno alla metà dell’Ottocento, Napoleone III incaricò il barone Georges-Eugène Haussmann (1809-1891), prefetto della
Senna, di risistemare l’intero centro cittadino. Il grande progetto urbanistico prevedeva l’abbattimento di ampie parti dei
vecchi quartieri medievali, per far posto a grandi strade moderne, i boulevards. Questi vennero fiancheggiati da nuovi
palazzi, edificati con un programma particolarmente intenso, sostenuto dalla ricca imprenditoria parigina.
Il piano di Haussmann diede un volto moderno alla città: gli ampi viali si diramavano da grandi piazze, entro le quali
erano inseriti edifici monumentali. Nel disegno, che riproduce la sistemazione di una via parigina, sono segnati in nero i
nuovi fronti stradali e in grigio le proprietà espropriate per l’attuazione del piano.
© ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS LA CITTÀ COME SISTEMA 27

NAPOLI
Adducendo motivi di pubblica igiene, venne aper-
to tra il 1888 e il 1894 il cosiddetto rettifilo, che
congiunge la stazione ferroviaria alla piazza del
Municipio.
Lo scopo dell’intervento era quello di risanare i
quartieri malsani del centro cittadino, e al tempo
stesso di migliorare la funzionalità della rete viaria.
Di fatto, esso venne realizzato senza tener conto
dei radicati problemi sociali della città: la demoli-
zione di intere aree centrali determinò lo sposta-
mento della popolazione in aree esterne, portando
là situazioni di degrado.
Il completamento dei fronti del rettifilo si attuò, tra
lentezze e inadempienze, solo nel secondo decen-
nio del Novecento.

FIRENZE
La città fu capitale d’Italia dal 1865 al 1871, e come
tale fu oggetto di interventi di trasformazione urba-
na volti a conferirle un aspetto europeo. Autore
del piano urbanistico e delle sue varianti fu l’archi-
tetto Giuseppe Poggi, che elaborò le proprie pro-
poste a partire dagli esempi di Parigi e di Vienna.
Questi modelli, però, ebbero più un valore rappre-
sentativo che di coerente riorganizzazione urbana:
piccoli boulevard, corrispondenti ai viali di circon-
vallazione, presero il posto della vecchia cinta
muraria e parti del centro storico vennero distrutte.
È il caso dell’antica area del foro di età romana,
sulla quale venne eretta Piazza della Repubblica,
circondata da palazzi in stile neorinascimentale.

MILANO
L’adeguamento della citttà alle nuove esigenze rap-
presentative e funzionali non fu affidato ad un vero
progetto di riqualificazione a livello urbano; si pre-
ferì ridefinire l’area vicina al Duomo, con interventi
frammentari, che determinarono lo sventramento
delle aree limitrofe e la realizzazione, dal 1861, della
Galleria di Giuseppe Mengoni. All’interno delle
mura, poi, si colmarono le aree libere, costruendo
nuovi quartieri ad altissima densità edilizia. Del
1889 è il piano regolatore dell’ingegnere Beruto,
che prevedeva un ampliamento della città ad anelli
concentrici addossati al perimetro del centro storico.
La maglia indifferenziata di strade ed isolati che si
venne così a creare presentava pochi elementi di
raccordo con il territorio circostante alla città.
28 LA CITTÀ COME SISTEMA © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS

La città contemporanea:
uno spazio senza modelli GLOSSARIO
Agglomerazione
Non è facile analizzare una città contemporanea: essa è
Si dice di una città che si espande in
sempre un’entità complessa, ricca di elementi in relazione tra
modo da inglobare centri minori, che
loro ed in continua trasformazione. Ma è ancora più difficile
diventano suoi quartieri periferici.
collocarla entro schemi, interpretarla con una chiave di lettura
che sia estensibile ad altre entità urbane. Conurbazione
Una teorizzazione generale sull’argomento è stata tentata Si determina quando due o più centri si
negli Anni Sessanta da storici e sociologi; oggi, però, la città è attraggono reciprocamente, fino a
divenuta un luogo aperto, non più autonomo, inserito in un diventare un unico grande centro abita-
ampio sistema di relazioni con il suo territorio, e la sua lettura tivo, ma mantengono la rispettiva auto-
va quindi affrontata in scala territoriale. nomia funzionale e amministrativa. In
Lo studio si è spostato dalle entità singole ai sistemi urba- Italia tipici sono i casi di Firenze e
ni: la città ha i suoi centri satelliti, i suoi quartieri-giardino, le Prato, e di Venezia e Mestre.
sue periferie estese e indifferenziate. Regione-città
Grandi aree che appena qualche anno fa erano destinate Si tratta di un modello di urbanizzazio-
alla coltivazione oggi ospitano interi quartieri commerciali, ne policentrica, che include anche pic-
fruibili dalla città stessa; analogamente, per organizzare la coli spazi rurali, ma in cui la dimensio-
mobilità di persone e di merci è stato necessario realizzare ne della vita urbanizzata è uguale in
impianti stradali di enormi dimensioni. tutto il territorio. Il caso più tipico è, in
Una delle modalità più diffuse negli ultimi decenni per Italia, quello di Milano.
sostenere lo sviluppo della complessità, è stata quella di loca-
lizzare le diverse funzioni in aree omogenee: quartieri residen- Città-regione
ziali, direzionali, di svago, ecc.; oggi, però, anche questa Si ha nei casi, frequenti nei Paesi in via
forma di razionalizzazione sembra poter essere messa in di sviluppo, in cui la città cresce a
discussione dalla portata di nuovi eventi: si pensi a quanto dismisura, ma la separazione rispetto
può incidere sull’organizzazione delle varie attività la nuova alla campagna rimane forte.
dimensione delle reti informatiche, che consentono a chiun- Megalopoli
que di ‘muoversi’ via cavo senza lasciare la propria abitazione Il termine si riferisce a casi di inurbamen-
o il luogo di lavoro. to di enormi proporzioni (come Città del
La risposta più recente alla nuova realtà urbana sembra Messico, Tokyo, la fascia del Nord-Est
essere tornata quella della elaborazione di un piano urbanisti- statunitense, ecc.) tali da formare un
co che passi attraverso grandi progetti di architettura. unico grande centro quasi indifferenziato.

Fig. 1. Milton Keynes, Piano strategico con indicazioni di aree Fig. 2. Esempio progettuale di un’a-
di costruzione, 1970, Nottingham. rea di grandi proporzioni,
alla periferia di Piacenza.
PROPOSTE OPERATIVE 29

L’analisi della città: suddivisione della città per zone omogenee


L’analisi che ti proponiamo riguarda una città o un paese e non necessita di particolari conoscenze di urba-
nistica: essa si basa sulla raccolta di una serie di dati che potrai conoscere mediante l’osservazione diretta e
l’aiuto di chi abita la città.
Cerca di localizzare su più planimetrie a medesima scala le parti funzionali più importanti, seguendo le
voci più riportate.

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