Nel corso dei millenni, in ogni epoca e in ogni territorio, la città è nata in funzione dell’esigenza del-
l’uomo di creare luoghi di riunione, di incontro o di scambio.
Così si sono formati spazi destinati al culto, al commercio, alle assemblee politiche o amministrative.
Fig. 1. Rito della fondazione di una città nell’Italia centrale, nel sec. VIII a.C. Dopo aver consultato gli arùspici
(i sacerdoti che interpretavano la volontà degli dei attraverso l’analisi delle interiora degli animali sacrificati),
si tracciavano con l’aratro i “limiti”, i confini perimetrali della città, in corrispondenza speculare di una
costellazione. Tale confine perimetrale era considerato sacro.
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Le città circolari
Il cerchio è da sempre considerato la forma geo-
metrica più perfetta: in molte religioni il cerchio è raf-
figurazione simbolica della divinità, in quanto non ha
né inizio né fine; per questo diviene anche espressio-
ne di eternità. È rappresentazione del cosmo e sul
suo principio sono descritte città ideali e leggendarie
come Atlantide, che Platone immagina costituita da
un sistema di anelli fatti di terra ed acqua.
In fig. 1 è riprodotto uno schema di città circolare
mediorientale, da un bassorilievo assiro.
Il centro
Nella città antica è fondamentale la presenza di un
centro, simbolo cosmologico e, al tempo stesso, luogo
fisico, caratterizzato da un tempio o da un altare.
Il rapporto tra il centro e il perimetro urbano è alla
base anche del principio della continuità storica della
città: il tempio, la reggia, il foro, e successivamente la
cattedrale medievale, restano, nel tempo, gli elementi
forti della dinamica urbana, in grado di influire sull’or-
ganizzazione del territorio circostante.
Il limite
Il concetto di limite è legato alla presenza delle
mura. Esse rappresentano lo spartiacque simbolico e
sacro tra l’ordine della città e il caos dell’esterno (in 3
fig. 3 città ideale dal Trattato di architettura di
Vitruvio). Guai alla città che ne infrange il limite: così
fu per Troia, caduta in mano agli Achei perché, per
fare entrare il cavallo di legno in città, furono allarga-
te le sue porte, violando la sacralità delle mura.
Si pensi ancora alla morte di Remo, dovuta al
fatto che egli incautamente violò il sacro recinto di
Roma, costringendo il fratello ad ucciderlo.
La sacralità del limite ha implicato, per molto
tempo, anche l’impossibilità di ingrandire la città, per
salvaguardarne la forma “sacra”.
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LA CITTÀ-PALAZZO DI CNOSSO
La città-palazzo era larga 6 km ed era
composta da circa 1300 ambienti arti-
colati attorno a spazi aperti: cortili,
giardini pensili e corridoi a vari livelli.
Tra questi si snodava una seconda rete
di percorsi interni, costituita da ripide
scale e corridoi.
Per ottenere in ogni punto una buona
illuminazione degli ambienti, il palaz-
zo centrale era arricchito da innumere-
voli aperture: porte, finestre e ‘pozzi’
dall’alto, logge e porticati sorretti da
colonne di legno e dipinti a colori
vivaci, quali il rosso nelle zone esterne
e il blu nelle stanze.
nianza più completa della civiltà cretese nel perio- Attorno ad esso ruotavano tutte le attività di una
do di massima fioritura, tra il 1700 e il 1400 a.C. popolazione di circa 80 000 persone: accanto agli
L’isola di Creta è difesa naturalmente dal mare ambienti riservati alla residenza reale, ai servizi di
ed il Palazzo di Cnosso, come tutti i palazzi cretesi, corte ed alle attività di governo, vi erano spazi
era privo di fortificazioni: costruito su un colle, si destinati alla celebrazione di riti e cerimonie religio-
adattava al paesaggio naturale attraverso una com- se, agli spettacoli e ai giochi ginnici; altri ambienti
plessa disposizione a terrazze degli ambienti e degli erano adibiti ad attività di tipo produttivo e com-
spazi aperti, distribuiti su più livelli e collegati tra merciale, come i magazzini ed i laboratori artigiani
loro da numerose rampe di scale e da percorsi per la lavorazione della ceramica e dei metalli, per
aerei. Tutte le parti dell’edificio, in cui si alternava- l’oreficeria e la filatura della lana.
no spazi aperti e chiusi, erano disposte attorno ad Il palazzo di Cnosso fu probabilmente il model-
un ampio cortile rettangolare. lo per quelli di Festo, Mallia e Zakro. Essi hanno in
Questo era concepito come un vero e proprio comune la posizione centrale e la destinazione
spazio pubblico: il palazzo non era, infatti, sola- d’uso dei cortili rettangolari, tutti ugualmente orien-
mente sede del potere politico ed amministrativo, tati da nord a sud, probabilmente per ragioni ritua-
ma vero centro vitale, commerciale e produttivo li, o per sfruttare al massimo l’illuminazione solare
della società di Cnosso. invernale.
IL PALAZZO DI ZAKRO
L’assetto distributivo del palazzo di Zakro è simile a quello
dei Palazzi di Cnosso, Festo e Mallia. Il cortile centrale è
rettangolare e orientato da nord a sud; come a Cnosso, l’a-
bitazione reale si sviluppa sul lato est del cortile.
Il palazzo di Zakro fu distrutto da un incendio intorno al
1450 a.C.
IL PALAZZO DI FESTO
Il Palazzo fu edificato sui resti di uno precedente, distrutto
intorno al 1700 a.C.
Venne progettato secondo un piano unitario, seguendo il
modello di quello di Cnosso, ma a differenza di questo era
elevato sulle pendici di una collina. Come a Cnosso, l’ac-
cesso principale si apriva in un cortile sul lato ovest. Una
scalinata d’accesso conduceva al piano nobile. Alla sua
sommità un’arcata monumentale introduceva ad un portico
colonnato, simile ai propilei dei successivi Palazzi micenei.
1. Cortile ovest
2. Scalinata e porta monumentale
3. Magazzini
4. Sala principale del quartiere residenziale
5. Probabili botteghe
6. Stanze con sovrastante sala da pranzo
7. Cortile con giardino
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Quando nei secoli VII-VI a.C. i governi aristo- gorà, piazza porticata, centro della vita economica
cratici presero il posto dei regimi monarchici, si e politica della città.
affermò in Grecia un nuovo modello di organizza- Si definì la tipologia di edifici per le attività politi-
zione politica, sociale e urbanistica della città e del che o amministrative (il pritanèo, sede dei magistrati,
territorio: la polis. il buleutèrion, sede del consiglio) e la forma e la
Diffusasi dalle colonie dell’Asia Minore, la polis funzione degli edifici pubblici, organicamente inseriti
rappresentò il centro economico e politico di una nel tessuto urbano: il teatro, la palestra, il gymnasium.
società basata sulla produzione e sul commercio.
Alla crescita di popolazione urbana corrispose Il disegno urbano
una nuova domanda di abitazioni e di luoghi di Non ci sono elementi che attestino l’applicazione
scambio (come porti o mercati). Parallelamente a di criteri urbanistici omogenei nelle città greche delle
questi fenomeni, emerse l’esigenza di definire origini. Queste non avevano un disegno preordinato,
princìpi di organizzazione delle città per destinare almeno fino a quando, a partire dal VII secolo, l’in-
aree differenti a specifiche funzioni. troduzione di una scacchiera ad impianto ortogonale
La forma della città seguì dapprima le esigenze nelle colonie non influenzò gli interventi nella
della difesa: essa era generalmente circondata da madrepatria. Nel V secolo tale schema, che la tradi-
mura e dominata da un’altura, l’acropoli. Un zione lega a Ippodamo da Mileto, fu applicato con
tempo sede del sovrano, tra il IX e il VI secolo que- assiduità: lo ritroviamo nella stessa Mileto, a Thuri, a
sta divenne luogo sacro e quindi area privilegiata Rodi, nel Pireo.
per la costruzione degli edifici di culto. Le aree Il “sistema ippodameo” fu ampiamente utilizzato
residenziali nella città bassa (asty) si distribuirono, anche in età ellenistica, ma arricchito da scorci sce-
a partire dalla fine del VI secolo a.C., intorno all’a- nografici e da edifici monumentali.
MILETO: IL PORTO
E GLI EDIFICI PUBBLICI
La struttura ippodamea
L’impianto reticolare, poi chiamato ippodameo, fu 3
Pianta urbana di Poseidonia.
5
Foto aerea di Napoli.
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Il borgo medievale di Ninfa (Latina), abbandonato nel 1600 a causa di un’epidemia di malaria.
TIPOLOGIE DI CITTÀ MEDIEVALI
Monteferrante (Chieti).
PORTOFERRAIO
Intorno alla metà del Cinquecento,
Cosimo I de’ Medici fece realizzare le
fortificazioni a Portoferraio (allora
Cosmopoli) nell’isola d’Elba.
Nel 1570 Bernardo Buontalenti com-
pletò la cinta fortificata, inglobando le
opere preesistenti.
LIVORNO
Nel 1576 Bernardo Buontalenti realizzò un cir-
cuito di fortificazioni con bastioni pentagonali
intorno alla città di Livorno. Egli pose i cava-
lieri interni sulla metà delle cortine.
L’ortogonalità della rete viaria favoriva l’attra-
versamento della città da parte delle truppe;
analoga funzione avevano il decrescere ai lati
delle strade stesse e la creazione di piccole
piazze presso i bastioni e i cavalieri del fronte
di terra.
Secondo il medesimo principio, presso il
bastione centrale Buontalenti creò una grande
piazza trapezoidale, che accoglieva le tre stra-
de centrali.
PALMANOVA
Palmanova fu uno degli ultimi esempi di città fortifica-
te del Cinquecento: la sua costruzione risale al 1593,
per volontà della Repubblica di Venezia.
Il disegno, rigorosamente geometrico, si compone di
nove lati regolari sui quali è impostato un reticolo di
strade radiocentrico; le porte sono poste al centro di
ogni cortina.
Le strade radiali si snodano dalla piazza centrale, di
forma esagonale. Ciò sottolinea la predisposizione
militare della città, pensata in funzione dei rapidi spo-
stamenti delle truppe dalla piazza centrale alle mura e
alle caserme, poste presso le porte urbane.
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Particolare del piano di risistemazione del centro cittadino di Parigi, ad opera di G.E. Haussmann
Attorno alla metà dell’Ottocento, Napoleone III incaricò il barone Georges-Eugène Haussmann (1809-1891), prefetto della
Senna, di risistemare l’intero centro cittadino. Il grande progetto urbanistico prevedeva l’abbattimento di ampie parti dei
vecchi quartieri medievali, per far posto a grandi strade moderne, i boulevards. Questi vennero fiancheggiati da nuovi
palazzi, edificati con un programma particolarmente intenso, sostenuto dalla ricca imprenditoria parigina.
Il piano di Haussmann diede un volto moderno alla città: gli ampi viali si diramavano da grandi piazze, entro le quali
erano inseriti edifici monumentali. Nel disegno, che riproduce la sistemazione di una via parigina, sono segnati in nero i
nuovi fronti stradali e in grigio le proprietà espropriate per l’attuazione del piano.
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NAPOLI
Adducendo motivi di pubblica igiene, venne aper-
to tra il 1888 e il 1894 il cosiddetto rettifilo, che
congiunge la stazione ferroviaria alla piazza del
Municipio.
Lo scopo dell’intervento era quello di risanare i
quartieri malsani del centro cittadino, e al tempo
stesso di migliorare la funzionalità della rete viaria.
Di fatto, esso venne realizzato senza tener conto
dei radicati problemi sociali della città: la demoli-
zione di intere aree centrali determinò lo sposta-
mento della popolazione in aree esterne, portando
là situazioni di degrado.
Il completamento dei fronti del rettifilo si attuò, tra
lentezze e inadempienze, solo nel secondo decen-
nio del Novecento.
FIRENZE
La città fu capitale d’Italia dal 1865 al 1871, e come
tale fu oggetto di interventi di trasformazione urba-
na volti a conferirle un aspetto europeo. Autore
del piano urbanistico e delle sue varianti fu l’archi-
tetto Giuseppe Poggi, che elaborò le proprie pro-
poste a partire dagli esempi di Parigi e di Vienna.
Questi modelli, però, ebbero più un valore rappre-
sentativo che di coerente riorganizzazione urbana:
piccoli boulevard, corrispondenti ai viali di circon-
vallazione, presero il posto della vecchia cinta
muraria e parti del centro storico vennero distrutte.
È il caso dell’antica area del foro di età romana,
sulla quale venne eretta Piazza della Repubblica,
circondata da palazzi in stile neorinascimentale.
MILANO
L’adeguamento della citttà alle nuove esigenze rap-
presentative e funzionali non fu affidato ad un vero
progetto di riqualificazione a livello urbano; si pre-
ferì ridefinire l’area vicina al Duomo, con interventi
frammentari, che determinarono lo sventramento
delle aree limitrofe e la realizzazione, dal 1861, della
Galleria di Giuseppe Mengoni. All’interno delle
mura, poi, si colmarono le aree libere, costruendo
nuovi quartieri ad altissima densità edilizia. Del
1889 è il piano regolatore dell’ingegnere Beruto,
che prevedeva un ampliamento della città ad anelli
concentrici addossati al perimetro del centro storico.
La maglia indifferenziata di strade ed isolati che si
venne così a creare presentava pochi elementi di
raccordo con il territorio circostante alla città.
28 LA CITTÀ COME SISTEMA © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS
La città contemporanea:
uno spazio senza modelli GLOSSARIO
Agglomerazione
Non è facile analizzare una città contemporanea: essa è
Si dice di una città che si espande in
sempre un’entità complessa, ricca di elementi in relazione tra
modo da inglobare centri minori, che
loro ed in continua trasformazione. Ma è ancora più difficile
diventano suoi quartieri periferici.
collocarla entro schemi, interpretarla con una chiave di lettura
che sia estensibile ad altre entità urbane. Conurbazione
Una teorizzazione generale sull’argomento è stata tentata Si determina quando due o più centri si
negli Anni Sessanta da storici e sociologi; oggi, però, la città è attraggono reciprocamente, fino a
divenuta un luogo aperto, non più autonomo, inserito in un diventare un unico grande centro abita-
ampio sistema di relazioni con il suo territorio, e la sua lettura tivo, ma mantengono la rispettiva auto-
va quindi affrontata in scala territoriale. nomia funzionale e amministrativa. In
Lo studio si è spostato dalle entità singole ai sistemi urba- Italia tipici sono i casi di Firenze e
ni: la città ha i suoi centri satelliti, i suoi quartieri-giardino, le Prato, e di Venezia e Mestre.
sue periferie estese e indifferenziate. Regione-città
Grandi aree che appena qualche anno fa erano destinate Si tratta di un modello di urbanizzazio-
alla coltivazione oggi ospitano interi quartieri commerciali, ne policentrica, che include anche pic-
fruibili dalla città stessa; analogamente, per organizzare la coli spazi rurali, ma in cui la dimensio-
mobilità di persone e di merci è stato necessario realizzare ne della vita urbanizzata è uguale in
impianti stradali di enormi dimensioni. tutto il territorio. Il caso più tipico è, in
Una delle modalità più diffuse negli ultimi decenni per Italia, quello di Milano.
sostenere lo sviluppo della complessità, è stata quella di loca-
lizzare le diverse funzioni in aree omogenee: quartieri residen- Città-regione
ziali, direzionali, di svago, ecc.; oggi, però, anche questa Si ha nei casi, frequenti nei Paesi in via
forma di razionalizzazione sembra poter essere messa in di sviluppo, in cui la città cresce a
discussione dalla portata di nuovi eventi: si pensi a quanto dismisura, ma la separazione rispetto
può incidere sull’organizzazione delle varie attività la nuova alla campagna rimane forte.
dimensione delle reti informatiche, che consentono a chiun- Megalopoli
que di ‘muoversi’ via cavo senza lasciare la propria abitazione Il termine si riferisce a casi di inurbamen-
o il luogo di lavoro. to di enormi proporzioni (come Città del
La risposta più recente alla nuova realtà urbana sembra Messico, Tokyo, la fascia del Nord-Est
essere tornata quella della elaborazione di un piano urbanisti- statunitense, ecc.) tali da formare un
co che passi attraverso grandi progetti di architettura. unico grande centro quasi indifferenziato.
Fig. 1. Milton Keynes, Piano strategico con indicazioni di aree Fig. 2. Esempio progettuale di un’a-
di costruzione, 1970, Nottingham. rea di grandi proporzioni,
alla periferia di Piacenza.
PROPOSTE OPERATIVE 29