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03/10/21, 15:13 Le strade ad uso pubblico – Maurizio Lucca

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Le strade ad uso pubblico

Articolo Pubblicato il 4 Febbraio, 2018

Le strade ad uso pubblico


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M)Strade ad
uso pubblico

Una strada per


essere
classificata
come pubblica
non è
sufficiente l’uso
pubblico (il c.d.
transito) ma
deve sussistere
una
manifestazione
espressa, da
parte della
pubblica
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amministrazion
e (c.d. P.A.), che quel determinato bene assolva una destinazione pubblica accompagnato
da un valido titolo di proprietà del suolo o di un diritto di servitù pubblica, in base ad un atto
idoneo a trasferire il dominio od a costituire la servitù: appartenenza all’ente pubblico
(quoad proprietatem) e destinazione all’uso pubblico (quoad usum).

L’accertamento, pertanto, in ordine alla natura “pubblica” di una strada presuppone


necessariamente l’esistenza di un atto o di un fatto in base al quale la proprietà del suolo su
cui essa sorge sia di proprietà di un ente pubblico territoriale, ovvero che a favore del
medesimo ente sia stata costituita una servitù di uso pubblico e che la stessa sia destinata all’uso pubblico con una
manifestazione di volontà espressa o tacita dell’ente medesimo, senza che sia sufficiente a tal fine l’esplicarsi di fatto del transito
del pubblico né la mera previsione programmatica della sua destinazione a strada pubblica o l’intervento di atti di riconoscimento
da parte dell’amministrazione medesima circa la funzione da essa assolta.

È pacifico, dunque, che rientri nella giurisdizione del giudice amministrativo la controversia avente ad oggetto l’ingiunzione di
ripristino di un passaggio di uso pubblico su di una strada che si assume utilizzata dalla collettività, essendo una vertenza riferita
all’uso pubblico.

Diversamente, l’ambito del sindacato (incidentale) del giudice amministrativo, come quello dell’autorità amministrativa, per quel
che riguarda le proprietà immobiliari e i diritti reali immobiliari si deve attenere alle risultanze dei contratti scritti, dei libri e registri
immobiliari e delle sentenze che accertano o costituiscono diritti immobiliari, mentre è invece escluso che in sede amministrativa e
di giurisdizione amministrativa si possano accertare fatti o atti modificativi delle situazioni giuridiche, come usucapioni, prescrizioni
acquisitive, devoluzioni ablative, manifestazioni atipiche di volontà contrattuale.

Al fine di determinare l’appartenenza di una strada al demanio comunale costituiscono indici di riferimento:

1. l’uso pubblico, cioè l’uso da parte di un numero indeterminato di persone, il quale isolatamente considerato potrebbe indicare
solo una servitù di passaggio;
2. l’ubicazione della strada all’interno dei luoghi abitati;
3. l’inclusione nella toponomastica del Comune;
4. la posizione della numerazione civica;
5. il comportamento della P.A. nel settore dell’edilizia e dell’urbanistica;
6. non può ritenersi elemento da solo sufficiente, l’inclusione o rispettivamente la mancata inclusione nell’elenco delle strade
comunali, stante la natura dichiarativa e non costitutiva dell’elenco anzidetto.

In effetti, per l’attribuzione del carattere di demanialità comunale ad una via privata è necessario che con la destinazione della
strada all’uso pubblico concorra l’intervenuto acquisto, da parte dell’ente locale, della proprietà del suolo relativo o di altro diritto
reale immobiliare (per effetto di un contratto, in conseguenza di un procedimento d’esproprio, per effetto di usucapione o dicatio
ad patriam, ecc.), non valendo, in difetto dell’appartenenza della sede viaria al Comune, l’iscrizione della via negli elenchi delle
strade comunali, giacché tale iscrizione non può pregiudicare le situazioni giuridiche attinenti alla proprietà del terreno e connesse
con il regime giuridico della medesima.

Neppure l’iscrizione catastale del bene non è idonea a provare che l’intestatario abbia effettivamente esercitato su di esso quel
potere di fatto che, unitamente all’indispensabile elemento intenzionale, è idoneo a produrre l’acquisto della proprietà per il
decorso del tempo ed il concorso di tutte le altre condizioni richieste dalla legge.

Diversamente, la strada vicinale (da non confondere con le strade vicinali private formate “ex collatione privatorum agrorum” e
quindi di proprietà dei conferenti) si caratterizza per indicare la qualità della strada di proprietà privata soggetta a pubblico transito
e che forma la categoria più importante dei beni indicati nell’art. 825 del codice civile, dove si postulano i “diritti demaniali su beni
altrui”, quando «i diritti stessi sono costituiti per l’utilità di alcuno dei beni indicati dagli articoli precedenti o per il conseguimento di
fini di pubblico interesse corrispondenti a quelli a cui servono i beni medesimi»: l’uso pubblico di un bene non implica
necessariamente la coeva titolarità del diritto di proprietà o di altro diritto reale.

La servitù di uso pubblico è, infatti, caratterizzata dall’utilizzazione da parte di una collettività indeterminata di persone del bene
privato idoneo al soddisfacimento di un interesse della stessa, esprimendo un diritto di uso pubblico sulla base della sua idoneità
alla effettiva destinazione al servizio di una collettività indeterminata di soggetti considerati uti cives, ossia quali titolari di un

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pubblico interesse di carattere generale, e non uti singuli, ossia quali soggetti che si trovano in una posizione qualificata rispetto al
bene gravato.

In questo senso, la sdemanializzazione di una strada postula comportamenti inequivoci dell’ente proprietario, incompatibili con la
volontà di conservare i beni all’uso pubblico, tali da non poter essere desunti dalla sola circostanza che un bene non sia più
adibito anche da lungo tempo ad uso pubblico, rilevando che tale uso pubblico, specie ove il loro tracciato si addentri all’interno di
zone poco frequentate (vedi, ad es. quelle boschive) di per sé non viene meno per effetto della impraticabilità parziale o anche
totale dei percorsi, in quanto, per mantenere detta funzione pubblicistica risulta sufficiente la presenza, anche non frequente, di
transito pedonale, purché esso sia esercitato da parte della generalità degli abitanti e per qualsiasi loro utilità contingente.

Di converso, per la perdita dell’uso pubblico è necessario che dal complessivo comportamento della pubblica amministrazione
risulti inequivocabile dedursi la volontà di sottrarre il bene medesimo a detta destinazione, nonchè di rinunciare definitivamente al
ripristino dell’uso pubblico, ove ne risulti di non facile accessibilità o affluenza.

Legittimamente l’Amministrazione comunale, può giustificare il declassamento di una strada vicinale quando risulta, sulla base
una valutazione discrezionale supportata da un accertamento tecnico, che la strada collegata alla via pubblica presenta un
numero esiguo di proprietà private e della conseguente insussistenza di esigenze pubbliche connesse all’utenza generale,
mancando di fatto un transito di una collettività indifferenziata.

Stesse considerazioni già poste, ai fini della qualificazione di una strada come “vicinale e pubblica”, dovendo avere riguardo alle
sue condizioni effettive, in quanto una strada può rientrare in tale categoria solo a determinate condizioni:

1. consente il passaggio esercitato iure servitutis publicae da parte di una collettività indeterminata di persone in assenza di
restrizioni all’accesso, ammettendo l’irrilevanza che la via sia chiusa da un lato senza sbocco su altra strada (c.d. vicolo
cieco) qualora sussistano numerosi e plurimi indici fattuali che denotano il regime giuridico del vicolo, quale strada privata
assoggettata a uso pubblico;
2. la concreta idoneità del bene a soddisfare esigenze di carattere generale, anche per il collegamento con la pubblica via;
3. un titolo valido a sorreggere l’affermazione del diritto di uso pubblico, che può anche identificarsi nella protrazione dell’uso da
tempo immemorabile, inteso come comportamento della collettività contrassegnato dalla convinzione, pur essa palesata da
una situazione dei luoghi che non consente di distinguere la strada da una qualsiasi altra strada della rete viaria pubblica, di
esercitare il diritto di uso della strada;
4. è collegata con la viabilità generale;
5. è stata, o è, oggetto di interventi di manutenzione da parte del Comune e di installazioni, anche sotterranee, di infrastrutture
di servizio (telefoniche, elettriche, fognarie, acquedottistiche) da parte di ente pubblico;
6. dalla destinazione della strada ad uso pubblico discende poi l’applicazione della disciplina stradale.

In termini diversi, ai fini della qualificazione di una strada come “vicinale pubblica”, occorre avere riguardo alle sue condizioni
effettive, in quanto una strada può rientrare in tale categoria solo qualora rilevino il passaggio esercitato “iure servitutis pubblicae”
da una collettività di persone appartenenti a un gruppo territoriale, la concreta idoneità del bene a soddisfare esigenze di carattere
generale, anche per il collegamento con la pubblica via, e un titolo valido a sorreggere l’affermazione del diritto di uso pubblico,
che può anche identificarsi nella protrazione dell’uso da tempo immemorabile, non essendo sufficiente l’iscrizione della strada
nell’elenco delle strade vicinali di uso pubblico costituisce presunzione “iuris tantum”, superabile con la prova contraria, che
escluda l’esistenza di un diritto di uso o di godimento della strada da parte della collettività.

L’articolo 1 del Decreto Legislativo Luogotenenziale 1° settembre 1918, n. 1446, riferendosi alla definizione ricavata dal diritto
romano di strada vicinale, da considerare quella adibita non solo ad esclusivo uso dei fondi contigui (fondi di latistanti e in
consecuzione) ma anche per il passaggio di chiunque avesse interesse ad usarle, dispone che “gli utenti delle strade vicinali,
anche se non soggette a pubblico transito, possono costituirsi in Consorzio per la manutenzione e la sistemazione o ricostruzione
di esse”.

Appare evidente che il carattere della titolarità del bene non è determinante al fine della sua qualificazione normativa, essendo
necessario accertare di fatto la destinazione del bene, l’uso a cui è funzionale la strada che, per essere coerenti, va a determinare
la sua natura: a servizio di un numero limitato di soggetti o una collettività indistinta (ergo transito pubblico o privato).

L’articolo 19 della Legge 12 febbraio 1958, n. 126, “Disposizioni per la classificazione e la sistemazione delle strade di uso
pubblico”, in questi termini pone una particolare definizione alle “strade vicinali” per ricomprendervi “tutte le altre strade non iscritte
nelle precedenti categorie e soggette a pubblico transito sono vicinali”.

Ciò che caratterizza la demanialità del bene non è la sua appartenenza ad un determinato soggetto o ente (pubblico o privato) ma
l’uso a cui è funzionale la strada – il transito pubblico – cioè, oltre al transito dei proprietari frontisti e di quelli in consecuzione, è
necessario l’ulteriore requisito dell’uso pubblico esercitato iure servitutis.

Sembra di capire che anche indipendentemente dall’utilizzo “da tempo immemorabile”, presupposto questo necessario solo in
sede petitoria innanzi all’Autorità giudiziaria ordinaria, e della sopravvenienza di un’alterazione dei luoghi, questo non possa
impedire la definizione di strada ad uso pubblico, essendo sufficiente che vi sia la sola utilizzazione da parte della collettività.

Con riguardo a questo ultimo profilo, in ogni caso, può essere definito che l’uso pubblico della strada privata quando presenta una
risalenza storica porta ad opera, comunque, l’istituto dell’immemorabile, e quindi la presunzione di corrispondenza del possesso
da parte del pubblico a titolo legittimo ab immemorabile, poiché l’istituto ha lo scopo di affermare una situazione fattuale da cui si
presume l’esistenza di un titolo legittimo corrispondente, pur in assenza di una traccia documentale: si è in presenza di una
situazione “cuius memoria non extat”, non potendo esigersi una prova diversa dalla situazione di fatto in sé e per sé considerata.

L’istituto dell’immemorabile realizza una fattispecie analoga alla regola di legittimazione relativa al possesso di beni mobili non
registrati, di cui all’art. 1153 cod. civ., che costituisce trascrizione del principio, fissato dal codice civile napoleonico, secondo cui
“en fait de meublespossession vaut titre”, altrimenti qualificata come “prescription istantanée”, dove la proprietà si acquista
mediante possesso di buona fede anche se trasferita a non domino, così per i beni immobili essa si acquisiva in funzione del
possesso protratto per un tempo così lungo da non conservarsene memoria né nei contemporanei né in forma documentale
riferibile agli avi.

Stabilito l’uso pubblico ne consegue il potere dell’Amministrazione di regolamentare il transito.

(Estratto, La disciplina delle strade ad uso pubblico, L’Ufficio Tecnico, 2018, n. 1 – 2 (http://www.periodicimaggioli.it/rivista/lufficio-
tecnico/))

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Biografia Consiglio di Stato ANAC


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grafia/) amministrativa.it/) ublic/classic/)

Indice Pubblicazioni Corte dei Conti GPDP


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Corte Costituzionale AGID (http://www.agid.gov.it/)
Indice partecipazioni formative (http://www.cortecostituzionale.it/def
AGCM (http://www.agcm.it/)
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Corte di Cassazione
Contatti (http://www.cortedicassazione.it/)  
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Corte di Giustizia  
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(http://curia.europa.eu/)

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