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L ’ IMPIEGO

DELLA MANODOPERA ITALIANA IN CECOSLOVACCHIA


DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE

Molti cittadini italiani nel corso della seconda guerra mondiale lavo­
rarono in Germania o nei paesi temporaneamente occupati dai nazisti, tra
i quali la Cecoslovacchia. Come dappertutto, anche qui furono impiegati
in lavori diversi sia civili che prigionieri di guerra italiani (i soldati ita­
liani internati). Nella prima fase della guerra, quando l’Italia fascista com­
batteva a fianco1 della Germania, giunsero nelle aziende industriali e agri­
cole in territorio cecoslovacco soltanto operai civili italiani. Il numero di
questi, nella Germania e negli altri paesi occupati, raggiunse un livello
notevole. Secondo notizie di fonte tedesca, all’inizio del 1945 ben 227.000
lavoratori civili italiani erano occupati nell’economia nazista h
Cittadini italiani, come di altre nazionalità, furono impiegati nell’m-
dustria o nell’agricoltura delle zone di frontiera della Cecoslovacchia occu­
pata, dove numerosa era la popolazione tedesca; soprattutto nei Sudeti,
cioè nella zona di frontiera incorporata nella Germania con il patto di
Monaco, e nella regione di Tesin, che con lo stesso patto era stata unita
alla provincia dell’« Oberschlesien ». Nel cosiddetto Protettorato di Boe­
mia e Moravia, per tutto il periodo della guerra, non vi furono quasi ope­
rai stranieri, poiché le autorità naziste temevano che essi collaborassero con
la popolazione cecoslovacca.
Il numero degli italiani nelle suddette zone cecoslovacche era flut­
tuante. Negli anni 1943-44 superò sempre la cifra di tremila operai civili;
da una relazione di K. H. Frank dell’aprile 1944 risulta che nei Sudeti
lavoravano 3.374 operai civili italiani2. La maggioranza era occupata nella
zona della prefettura (Regierungspresident) di Libérée (2.993), mentre in
quelle di Opava (Troppau) e Karlovy Vary (Carlsbad) ve n’erano meno
(rispettivamente 130 e 251); ciò perchè il più alto numero di lavoratori
italiani fu impiegato nella costruzione degli stabilimenti chimici di Litvinov
e nelle miniere di lignite della regione di Most. Italiani, inoltre, lavora­
rono nelle più diverse imprese industriali e, individualmente o in piccoli
gruppi, furono impiegati pure nell’agricoltura, presso contadini o grandi
proprietari tedeschi. Gli stabilimenti chimici di Litvinov contavano già
un gran numero di civili italiani nel 1942; la cifra mutò in seguito in con­
seguenza della notevole fluttuazione: 886 nell’aprile 1942, 912 nel mag­
gio, addirittura 2.015 in giugno e così v ia 3. Per altre aziende non si sono
conservati elenchi altrettanto precisi.

1 Der Prozess gegen die Hauptkriegsverbrecher. Nürnberg 1947. V oi. 30, doc. 2520-
PS, BW . U S 197. Deposizione giurata di Edward L . Deus del i °-i 1-1945.
2 Archivio centrale di Praga, S-110-4-233, F 29/4. Praga, 1-4-1944.
3 Archivio aziendale (in seguito solo PA) di Litvinov. Stato degli operai civili nei
campi per l’anno 1942.
L ’impiego della manodopera italiana in Cecoslovacchia 37

Operai italiani nella Cecoslovacchia occupata si incontrano in più larga


misura dall’anno 1940, anno per il quale ci è stato possibile rinvenire
materiale attendibile. Finché l’Italia fu alleata della Germania, i nazisti
si sforzarono di fare degli operai italiani quasi un gruppo privilegiato neh
l’ambito della forza di lavoro straniera nel Reich. Verso di loro si compor'
tarono come, per esempio, verso gli ungheresi o gli appartenenti ad altre
nazioni i cui governi erano pure alleati della Germania. Ciò è dimostrato,
fra l’altro, dalla quantità di generi alimentari che gli italiani ricevevano
anche in Cecoslovacchia. La razione settimanale per gli operai italiani
addetti all'agricoltura comprendeva allora 4 kg. di pane e 1 kg. di farina,
mentre i polacchi ricevevano solo 3 kg. di pane e 0,375 kg* di farina;
per gli altri generi alimentari la differenza o non era così notevole o non
esisteva del tutto4. Nel 1942, in conseguenza della crisi esistente in Ger-
mania, le razioni degli italiani vennero ridotte; le differenze di tratta-
mento rispetto ai lavoratori di altre nazionalità scomparvero poi quasi del
tutto nel 1943, dopo gli avvenimenti del luglio di quell’anno5. Le razioni
alimentari per gli addetti all’industria, dove era occupata la maggior parte
degli italiani, erano minori di quelle destinate agli addetti all'agricoltura.
Per molti aspetti, tuttavia, la posizione « privilegiata » degli operai
stranieri cittadini di Stati combattenti a fianco della Germania restava
spesso solo sulla carta. Da una relazione degli stabilimenti chimici di
Litvfncv, dell’ottobre 1940, risulta che 800 italiani, alloggiati nei campi
attorno a Most erano malamente vestiti e calzati; era sopravvenuto il
freddo e la direzione aziendale non sapeva come risolvere il problema.
Fra l’altro gli italiani non avevano ricevuto gli abiti pesanti6.
Tuttavia, non soltanto gli ottocento lavoratori ora ricordati si tro­
vavano in situazione critica, riguardo agli abiti ed alle calzature; risulta,
infatti, da un’altra relazione che nel secondo trimestre del 1941 vennero
assegnati all’azienda di Litvmov 4.000 operai italiani all’incirca nella stessa
condizione di scarsità di vestiario e di scarpe. Nello stesso rapporto la di­
rezione lamenta amaramente il bassissimo rendimento degli italiani, l’alta
morbilità, la fluttuazione, ecc.7. Presto però gli organi nazisti ebbero a
preoccuparsi non solo per il basso rendimento degli italiani (che poteva
essere conseguenza delle loro condizioni di disagio, ma anche per alcuni
casi di rifiuto al lavoro che erano più spesso espressione della comune op­
posizione degli operai italiani al fascismo. La Gestapo non era preparata
a un simile atteggiamento degli italiani, tanto che sino al 1941 non ci
furono punizioni per tali delitti. La Gestapo di Opava, per esempio, aveva
dato disposizioni perchè, in caso di insubordinazione, gli italiani non fos­

4 Archivio di Stato (in seguito solo StA) di Kadan, Regierungspresident Karlovy


V ary 1456 ILI e 6.
5 StA Litomerice, Landrat di Üstî sull’Elba KO -061/10.
6 I bid. Regierungspresident Osti sull’Elba ILI A En 2174. Most, 29-10-1944, dispaccio
alla prefettura.
7 PA Litvm ov, Archivio del reparto tecnico 6001. Relazione al 31-3-41.
38 Zdenek Konecny - Frantiseli Ma'mus

sero puniti direttamente nelle aziende, ma ogni caso venisse denunciato


alla stessa Gestapo 8.
Gli occupati negli impianti industriali erano tutti alloggiati nei campi;
solo gli operai agricoli, in casi singoli, trovarono alloggio presso i conta­
dini. Le condizioni dei campi non corrisposero mai ai regolamenti in
vigore, nè ciò avrebbe potuto avvenire, in particolare, nei grandi campi,
come quelli degli stabilimenti chimici di Litvinov, dove furono alloggiati
in permanenza circa 30.000 operai stranieri. Le relazioni sui nuovi tra­
sporti, tra cui quelli di italiani, riferiscono del notevole caos dominante
nei campi di Litvinov. Essi erano sovraffollati e privi di qualsiasi neces­
sario impianto igienico910.
In posizione assolutamente diversa si trovarono gli operai italiani dopo
la caduta di Mussolini. Se fino allora erano giunti nel Reich in base a
contratti (vale a dire in parte liberamente), dopo quella data fu adottato,
con validità immediata, un provvedimento che vietava loro di lasciare il
territorio dei Reich. Diventarono così operai addetti al lavoro obbligatorio
nel vero senso del termine. La cosa tuttavia non si fermò al divieto di
partenza. La Gestapo di Libérée estese subito il provvedimento a tutto
il territorio dei Sudeti : i dirigenti dei campi italiani dovevano convocare
al più presto gli operai e avvertirli che da allora in poi la Gestapo avrebbe
giudicato ogni loro rifiuto di lavorare come atto di sciopero e l’avrebbe
punito severamentew. Ogni italiano che non intendesse lavorare per il
Reich o avesse istigato in qualche modo gli altri lavoratori a seguirlo,
avrebbe dovuto essere arrestato senza indugio e trasferito in un cosidetto
campo di rieducazione o di concentramento. La direzione italiana dei campi
fu sollecitamente sostituita da una direzione tedesca.
Uno dei cosiddetti campi di rieducazione, il cui regime spesso non
si differenziava da quello dei campi di concentramento, fu istituito negli
stabilimenti chimici di Litvinov, ove furono rinchiusi anche operai civili
italiani. Non è noto il loro numero, ma il testimone ceco Josef Pohnan
scrive di alcune centinaia di italiani, contando fra questi, tuttavia, anche
i prigionieri. Questo solo fatto testimonia dell’esistenza di parecchi anti­
fascisti nelle file degli operai italiani, molti dei quali finirono in campi di
punizione per non aver rispettato i provvedimenti adottati dai nazisti,
mentre la maggioranza per aver rifiutato di lavorare. A giudicare dall’alto
numero di italiani rinchiusi allora nel campo di punizione di Litvinov ri­
sulta che i nazisti consideravano il loro rifiuto di lavorare alla stregua
dello sciopero. Il citato Josef Pohnan ricorda che gli italiani, nel campo,
avevano fame e d’inverno soffrivano per insufficienza di vestiario e cal­
zature u.

8 StA Zamrsk, Landrat Moravska Trebova, Poi. 303/2. Gestapo Qpava, 19-12-1941.
Circolare m. 59.
8 PA Litvinov. Relazione della direzione per l ’anno 1942.
10 StA Libérée, Regierungspresident Osti sull’Elba II-4051. Gestapo Libérée, tele­
scritto del luglio 1943 sul comportamento verso gli italiani.
11 PA Litvinov. Note dei testimoni nella rivista aziendale « V ystavba », n. 14 del
19-2-1963.
L ’impiego della manodopera italiana in Cecoslovacchia 39

La Gestapo e gli organi provinciali nel territorio dei Sudeti decre­


tarono in seguito una serie di provvedimenti sul trattamento da riservare
agli operai italiani, naturalmente sempre d’accordo con le autorità supe­
riori. Tali provvedimenti determinavano in linea di principio un atteg­
giamento duro e intransigente verso gli operai italiani, ma d’altra parte
era evidente un certo sforzo perchè fosse mantenuto un « trattamento
tolleràbile » verso coloro che avevano conservato fedeltà al governo fa­
scista restaurato in Italia. Per questo gli organi nazisti fecero il possibile
perchè tutti gli operai italiani, nel settembre 1943, sapessero della pro­
clamazione del nuovo governo fascista di Mussolini12. Venne disposto un
servizio di vigilanza sugli italiani al fine di poter dividere, in seguito,
quelli di « sentimenti leali » dagli scontenti e dai nemici del fascismo. La
propaganda nazista, dal canto suo, ebbe il compito di mantenere con la
demagogia la calma fra gli italiani: i dirigenti dei campi, per esempio,
giustificarono la chiusura dei confini con l’Italia con le difficoltà dei tra­
sporti ferroviari; dal canto loro gli uffici nazisti proclamarono che « i la­
voratori italiani non erano responsabili degli atti della cricca badogliana
e perciò non dovevano essere offesi » 1314 .
Se da un lato i dirigenti dei campi facevano propaganda fra gli ita­
liani, d’altra parte però non desistettero dalle più severe sanzioni in qual­
siasi caso di opposizione. Verso gli operai italiani che opposero resistenza,
la mano nazista fu ancora più pesante : ogni italiano disubbidiente sarebbe
stato senz’altro trasferito in campo di concentramento (spariva così il grado
intermedio del « campo di rieducazione » ) u. Il provvedimento, che pre­
vedeva il prolungamento incondizionato del contratto di lavoro per tutti
i lavoratori italiani fino alla fine della guerra, fu applicato con ogni possi­
bile durezza, in particolare negli stabilimenti chimici di Litvinov. Il bi­
sogno di mano d’opera costrinse più tardi la Germania a impedire che gli
operai italiani che lavoravano nel Reich fossero reclutati nel nuovo eser­
cito fascista, anche nei casi in cui fu chiamata alle armi la classe dell’in­
teressato 15.
Gli italiani occupati individualmente presso i contadini nei villaggi
avevano, è vero, maggiori possibilità di ottenere una più grande quantità
di generi alimentari, ma la loro condizione in generale non era molto
migliore. Un controllo nei campi degli operai agricoli, per esempio, accertò
che nella regione di Libérée non esistevano neppure le condizioni essen­
ziali per un efficace impiego nel lavoro16. Gli italiani erano alloggiati,
insieme con altri lavoratori stranieri, in capannoni ridotti in pessime con­
dizioni, in stalle, in granai e spesso dormivano sul nudo pavimento, sul

12 StA Litomence, Regierungspresident Osti sull’Elba II-4051. Lettera del prefetto


del 10-9-1943 a tutti i Landrat dei Sudeti.
13 StA Opava, Landrat Opava, Poi. 301-645. Circolare della Gestapo di Opava del
10-9-1943.
14 StA Zàmrsk, Landrat Mor. Trebova, Poi. 304. Circolare della Gestapo di Opava
n. 98 del 27-9-1943.
15 Ibid. Circolare della Gestapo di Opava del 24-3-1944.
16 StA Libérée, Reggenza del Reich k. 79. Ufficio distrettuale N S D A P , 12-10-1943.
40 Zdenek Konecny - Frantiseli Maìnus

fieno o sulla paglia. Non ci si preoccupava del regolare approvvigiona­


mento: per intere settimane, per esempio, essi non ricevevano carne e
mangiavano sempre e regolarmente minestre, crauti e patate. Gli stessi
tedeschi denunciarono questo stato di cose e previdero « conseguenze ca­
tastrofiche » nel caso in cui non si fosse provveduto a fronteggiare radi­
calmente tali gravi deficienze.
Contemporaneamente allo sfavorevole andamento della guerra per la
Germania, crebbe il fabbisogno di mano d’opera da reclutare tra le file
degli stranieri. Per questo le grandi aziendefecero ricorso all’arruola­
mento organizzato che venne realizzato anche nel territorio italiano occu­
pato, a quel tempo, dall’esercito nazista. Vale la pena di esaminare più
da vicino il sistema di arruolamento della mano d’opera italiana per conto
degli stabilimenti chimici di Litvinov, la maggiore impresa del tipo in
Cecoslovacchia. L ’arruolamento venne realizzato in cinque regioni italiane
per quasi tutto il 1944; in particolare esso interessò le provincie di Genova,
Alessandria, Vercelli, Novara, Pavia, Milano, Varese, Como, Bergamo,
Brescia, Cremona, Mantova, Parma, Reggio, Modena, Forlì, Ravenna, Fer­
rara, Rovigo, Verona, Padova, Vicenza, Venezia e Treviso.
I rappresentanti degli stabilimenti chimici promettevano anzitutto,
agli operai italiani, salari che si avvicinavano a quelli dei tedeschi. Un la­
voratore che avesse compiuto il 21° anno avrebbe dovuto ricevere 62 cen­
tesimi di marco l’ora e un supplemento del 20 per cento; a Litvinov, i
tedeschi guadagnavano 70 centesimi di marco più il 30 per cento17. In
certe regioni italiane fu inviato personale degli stabilimenti chimici con
abbondante materiale propagandistico, ai fini dell’arruolamento. Partivano,
questi, con grandi speranze di successo, pensavano di ottenere mano d’o­
pera per l’industria chimica in Cecoslovacchia, ma le relazioni che invia­
vano dal centro « Chemie », istituito in Italia, a Litvinov, testimoniano
piuttosto il contrario.
Questo personale generalmente richiedeva alle direzioni delle imprese
italiane non considerate di importanza primaria per la guerra gli elenchi
degli occupati e quindi invitava costoro nelle filiali del centro {la mag­
giore si trovava a Parma). La tabella seguente può dare un’idea dei ri-
su lta ti18 :
Giorno invitati presentati inabili al- arrestati arruolati inviati a
cupazione Litvinov
1 7 -3 -19 4 4 15 6 64 44 47 15 0
18 -3 -19 4 4 174 70 47 36 U 2
2 0 -3 -19 4 4 10 7 56 43 61 13 8
2 Ï- 3 -Ï 9 4 4 91 36 27 0 13 4
2 2 -3-19 4 4 10 6 47 33 7 16 20
2 3 -3 -^ 4 4 16 1 47 39 0 9 2
2 4 -3-19 4 4 119 35 29 0 7 0
25 ' 3 ' I 944 115 30 24 0 7 4

17 PA Litvinov. Dispaccio del 28-2-1944.


18 I bid. Dispaccio datato Parma, 20-3-1944.
L ’ impiego della manodopera italiana in Cecoslovacchia 41

Il primo elemento che risulta in modo lampante dalla tabella è il


fatto che solo il 40 per cento circa di coloro che erano invitati ad arruo­
larsi per il lavoro nel Reich aderì: un fatto, questo, che indica da solo
l’atteggiamento della popolazione italiana.
Dapprima si pensò di poter reclutare gli italiani sulla base del vo­
lontariato. Ma quando, dopo le prime settimane di lavoro, si dovette
prendere atto dei risultati assolutamente insoddisfacenti, si passò al reclu­
tamento forzato e si procedette sempre, quindi, in collaborazione con gli
organismi fascisti, i cui rappresentanti furono chiamati a far parte delle
commissioni di reclutamento19. Ma neppure così si ottennero migliori ri­
sultati, come risulta dalla semplice constatazione contenuta in una rela­
zione nella quale si riferisce che gli italiani non rispettano assolutamente
le disposizioni dei propri uffici e non ascoltano neppure i membri del par­
tito fascista presenti alle dette commissioni. I risultati del reclutamento
nelle prime settimane erano davvero più che esigui : alle commissioni
riusciva di inviare settimanalmente agli stabilimenti chimici di Litvmov
al massimo un trasporto che solitamente non aveva più di io persone20.
Ben presto un altro ostacolo, più serio, si presentò a quest’opera di
reclutamento. La commissione competente non potè neppure iniziare la
sua attività in quattro provincie — Piacenza, Parma, Reggio e Modena —
a causa del notevole pericolo rappresentato dalla presenza dei partigiani
italiani. I nazisti riferivano che era possibile per loro recarsi soltanto in
cittadine e villaggi lontani dalle zone montane, ma che dovevano sempre
far fronte alla notevole simpatia della popolazione locale verso i par­
tigiani 2I.
Neanche le azioni poliziesche cui fecero ricorso gli incaricati degli
arruolamenti in Italia conseguirono i risultati sperati. Si rifiutavano non
soltanto gli operai italiani, ma anche gli imprenditori, i quali non ave­
vano molto interesse al trasferimento dei propri dipendenti nel Reich.
Nelle loro relazioni, i delegati nazisti riferivano del rastrellamento delle
aziende italiane, condotto per scovare italiani da inviare al lavoro a Litvi­
nov. In prima fila, stavolta, si trovarono le imprese tessili. La « pettina­
tura delle fabbriche » si realizzò dapprima procedendo all’arresto degli
italiani di chiari sentimenti antitedeschi; venne poi fissata una ricompensa
per la cattura di ogni italiano che avesse rifiutato di prendere servizio
e avesse tentato la fuga. Tutti i colpevoli di tali reati venivano condan­
nati a un anno di prigione dai tribunali militari, ma invece di essere incar­
cerati venivano spediti immediatamente al lavoro nel Reich22.
Vi furono alcuni medici italiani che spesso sabotavano il lavoro degli
incaricati tedeschi giungendo a riconoscere sino la metà dei chiamati
come inabili al lavoro nel Reich. In seguito furono sostituiti da medici13

13 Ibid. Relazione da Parma n. 2 del 20-3-1944.


20 Ibid. 27-3-1944.
21 Ibid. n. 3 del 27-3-1944.
22 Ibid. Relazione del centro « Chemie » da Milano, 28-3-1944.
42 Zdenek Konecny - Frantiseli Malnus

tedeschi, che ridussero subito, e sostanzialmente, la percentuale degli ina-


bili **.
Ili pericolo di « non realizzare il piano » costrinse gli stabilimenti chi-
mici di Litvinov a far sì che gli inviati per i reclutamenti facessero ricorso
più spesso a provvedimenti straordinari. Uno di questi fu l’istituzione
della polizia del lavoro, composta da unità fasciste locali. Questa polizia
aveva il compito di accompagnare con la forza quei cittadini italiani che,
riconosciuti abili all’arruolamento, non si presentavano spontaneamente al
proprio trasporto. Nell’aprile 1944, nella sola provincia di Parma, risul­
tavano già arruolati 100 poliziotti2i. Il totale degli effettivi aumentò pre­
sto : i componenti del corpo trascinavano davanti alle commissioni di re*-
clutamento anche gli uomini e le donne che rifiutavano di presentarsi;
sorvegliavano anche ogni trasporto di italiani, che accompagnavano fino
ai confini del Reich. Accadeva, infatti, che molti operai italiani fuggivano
dai trasporti, soprattutto quando i convogli si muovevano ancora in terri­
torio italiano.
Nel campo di raccolta dei cittadini italiani che dovevano partire per
Litvinov venivano inviati fiduciari italiani istruiti per condurre la propa­
ganda; dovevano lusingare i lavoratori affermando che, per essi, a Litvinov
« si cucina all’italiana », che sul posto avrebbero trovato « un ambiente
bello e confortevole » e così v ia 23425.
A volte i nazisti fecero ricorso a metodi diversi, sempre al fine di
aumentare gli ingaggi. Così, per esempio, non esitarono a inviare a Litvi­
nov alcune decine di partigiani catturati, con il consenso dei massimi
organi delle SS. Molti coscritti, anche se richiamati, non si presentavano;
a volte, appena catturati, venivano caricati su camion, trasferiti in un
campo di raccolta e inviati col trasporto successivo a Litvinov 26. Una sorte
simile capitò spesso agli stessi carcerati. In un trasporto di 285 italiani
della metà del maggio 1944, Per esempio, diretto a Litvinov, si trovavano
64 carcerati di Parma 27.
Gli italiani facevano il possibile per evitare il reclutamento al lavoro
nel Reich. Persone sane inviavano al proprio posto storpi e malati che poi
dovevano essere rinviati nella Penisola. Gli arruolatori, quindi, furono co­
stretti a realizzare un severo controllo dei documenti personali sia nel
campo di raccolta che all’atto del trasporto 28. Alle ditte che non avevano
interesse a privarsi dei propri dipendenti veniva pagata una ricompensa :
100 marchi per un operaio specializzato, 60 per un operaio qualificato e
40 per una donna 29. Salvo casi sporadici, tuttavia, gli arruolatori dei lavo­

23 I bid. Parma, 3-4-1944.


24 Ibid. 18-4-1944.
25 I bid. Relazione del centro « Chemie ». Parma, 24-4-1944.
26 Ibid. Relazione da Milano, 3-5-1944.
27 I bid. Parma, 15-5-1944.
28 Ibid., Ordine di servizio 15 . Milano, 13-5-1944.
29 Ibid. Milano, 18-5-1944.
L ’impiego della manodopera italiana in Cecoslovacchia 43

ratori italiani non raggiunsero i risultati sperati. La commissione per la


provincia di Reggio Emilia, per esempio, nella settimana dall’ i i al 17 lu­
glio convocò 149 italiani: si presentò soltanto uno. 1 trasporti in quel
periodo continuavano a essere esigui come all’inizio dell'attività; ogni set­
timana la commissione riusciva a guadagnare un solo individuo, quando
non si presentava l'occasione di un’azione più brutale30.
Le azioni radicali, poi, rappresentavano per gli arruolatori altrettante
amare esperienze. A metà giugno del 1944 la commissione di reclutamento
« Chemie » istituì l’arruolamento della -mano d’opera delle classi 1920-26:
l’azione fallì completamente, rafforzò invece, e considerevolmente, il mo­
vimento partigiano nelle zone di Parma, Reggio, Piacenza e in altre
ancora 31.
Più il fronte si avvicinava all’Italia settentrionale, più i partigiani
diventavano attivi contro gli arruolatori nazisti. Più volte attaccarono
l’automobile che, per le vie di Parma o nei villaggi vicini, faceva propa­
ganda per il reclutamento32. L ’attività degli arruolatori per gli stabili-
menti chimici di Litvinov ebbe termine nell’autunno 1944. Non si può
determinare con precisione il numero degli operai italiani da loro inviati
nel Reich, ma si ritiene che non sia stato superiore alle duemila unità.
Alla fine del 1944 erano circa 3.000 gli italiani che lavoravano a Litvinov;
la stragrande maggioranza vi era stata trasportata a forza, molti erano
stati inviati dai villaggi, dall’esercito e così via; i volontari erano pre­
ziose rarità.

* * *

Dopo gli avvenimenti del luglio 1943 in Italia, un grande numero


di italiani si trovò nel Reich nella condizione di « militare internato ».
Internati erano considerati quei soldati dell’esercito italiano che erano stati
disarmati dai tedeschi dopo il rovesciamento del regime mussoliniano in
Italia, in Grecia, in Jugoslavia e altrove. I nazisti avevano bisogno dei
soldati italiani come forza di lavoro, per questo motivo li inserirono ben
presto nel processo produttivo.
Dal i° aprile 1944 lavorarono nel territorio dei Sudeti 8.827 internati
italiani: 6.836 nella prefettura di Libérée, 315 in quella di Opava e
1.676 a Karlovy V ary3334 . Altri internati furono impiegati in Slesia, come
dimostrano i materiali del grande campo per prigionieri di guerra di di­
verse nazionalità dislocato allora sul territorio della Cecoslovacchia occu­
pata, a Tesln, che fu contrassegnato come Stalag V ili B 3*.

30 Ibid. Relazione settimanale da Reggio, 11/17-6-1944.


31 Ibid. Parma, 25-6-1944.
32 lbid. 7-10-1944.
33 Archivio centrale di Praga, S-i 10-4-233, F 29/4. Relazione a K . H . Frank.
34 Praga, Archivio storico militare (in seguito solo V H A ), Stalag VILI B, 19.
44 Zdenek Konecny - Frantiseli Maìnus

Le cifre risultanti dalle relazioni quotidiane di questo campo mo-


strano il seguente stato degli internati italiani35.

Giorno totale Giorno totale


15-10-1943 2.298 3-4-1944 8.536
19-10-1943 3-505 4-5-1944 8.882
27-10-1943 4.222 1-6-1944 9.311
3-11-1943 5.222 5-7-1944 10.095
6-11-1943 7.340 1-8-1944 10.224
17-11-1943 9-434 2-9-1944 9.505
26-11-1943 10.197 7-9-1944 4.888
3- 1 -1944 9.380 12-9-1944 806
2- 2 -1944 9.738 31-10-1944 42
2- 3 -1944 9-355

La brusca caduta si deve al passaggio in massa dei militari internati


alla condizione di operai civili. L ’alto numero degli anni 1943-44, tuttavia,
non significa che tutti gli italiani furono occupati in Cecoslovacchia. Lo
Stalag Tesm, infatti, gestiva i distaccamenti di lavoro dei prigionieri di
guerra non solo nella Moravia settentrionale e nella zona di Tesin, ma in
misura ancora più vasta nelle zone industriali polacche (provincia del-
l’« Oberschlesien »). Il maggior numero di prigionieri di guerra delle di­
verse nazionalità fu impiegato nelle miniere di carbone. 4.181 internati
italiani, all’inizio del 1944, risultavano divisi in undici distaccamenti di
lavoro nei pozzi cecoslovacchi e polacchi3S. AU’incirca nello stesso periodo
tutti gli italiani dello Stalag di Tesin furono suddivisi in 38 distacca­
menti di lavoro, sia in Polonia che in Cecoslovacchia. Nel campo ne ri­
masero poche decine, in maggioranza malati. Per avere un’idea del rap­
porto numerico tra cittadini italiani del campo e internati di altre nazio­
nalità ricordiamo che in quel periodo 73.049 prigionieri di guerra si
trovavano nello Stalag V ili B 37. La cifra, naturalmente, variò nel corso
della guerra.
Dettagli sul dislocamento dei distaccamenti sono a nostra disposizione,
per esempio, per il 22 giugno 19443S.

315 Ibid. 19 C, k. 4, n. 14-27. Tàglicher Italienerbestand.


36 Ibid. 19 B, k. 4, n. X L . Tesin, 15-2-1944.
37 Ibid. 19 A , k. 5, n. 10 1. Stalag Tesin, 16-3-1944.
Distacca­ Luogo di lavoro Distretto Impiego Totale
mento occupati
6 Trinec Tesin ferriere 413
12 Bohumin Bohumin laminatoi 201
13 Oswiecim Bielsko I. G . Farben 67
26 Petrvald Tesin miniere 520
36 miniera Hoheneger T esim miniere 678
37 miniera Giinther Pszczyna miniere 338
40 miniera Bliicher Rybnik miniere 486
51 Tesin Tesin boschi 47
L ’impiego della manodopera italiana in Cecoslovacchia 45

L ’elenco dei distaccamenti di lavoro italiani indica che gli internati


italiani furono impiegati prevalentemente nell’industria pesante, solo in
piccola misura nell’agricoltura o nella silvicoltura. Si può pensare che il
numero di coloro che lavoravano in territorio cecoslovacco si aggirasse sui
1.900, ma la cifra variava, sia pure moderatamente, poiché il distacca'
mento di lavoro non rappresentava una stabile unità organizzativa.
Disponiamo inoltre di precisi dati sui distaccamenti di lavoro degli

N .° Distacca­ Luogo di lavoro Distretto Impiego Totale


mento occupati
51a Tesin Tesin boschi 87
61 Tesin Tesin fy Zeliner 12
63 Tesin Tesin fy Stasiersky 2
66 Trachy Pszczyna miniere 394
79 Pszczyna Pszczyna miniere 186
78 Pszczyna Pszczyna az. agricola 29
70 Andrichow Bielsko acciaierie 51
75 Kuncice T esin agricoltura 18
82 Trachy Pszczyna miniere 12
86 Boguszyce Rybnik az. meccaniche 15
87 Tesin Tesin agricoltura 15
i Katowice Katowice miniere 215
2 Katowice Katowice miniere 776
3 Katowice Katowice miniere 289
4 Labedy Gliwice laminatoi 296
5 Katowice Katowice miniere 271
9 Gliwice Gliwice acciaierie 402
14 Katowice Katowice miniere 558
21 Bytom By tom miniere 201
22 Zabrze Zabrze miniere 453
23 Dabrowa Bedzin miniere 320
24 Katowice Katowice miniere 268
27 Katowice Katowice miniere 152
28 Katowice Katowice miniere 222
30 Gliwice Gliwice ferrovie 39
31 Zawiercie Zawiercie fy Erbe 197
32 Gliwice Gliwice fy Didier 90
33 Bytom Bytom fy Castellengo 75
34 Katowice Katowice ferrovie 54
35 Katowice Katowice edilizia 40
38 Katowice Katowice agricoltura 62
39 Bedzin Bedzin miniere 97
46 Swietoszowice Katowice miniere 254
48 Labedy Gliwice miniere 68
49 Dabrowa Bedzin miniere 91
52 Bedzin Bedzin miniere 247
69 Katowice Katowice miniere 47
80 Gliwice Gliwice az. agricola 15
85 Bytom Bytom fy Castellengo 174
(Ibid. 19 A , k. 17, n. 124. I distretti sono quelli corrispondenti alla divisione ani'
ministrativa dell’epoca).
46 Zdenek Konecny ■ Frantiseli Mamus

internati italiani al i° luglio 1944 per la prefettura di Libérée, dove si


trovavano allora 6.392 persone 3S.
La maggior parte dei soldati internati italiani lavorava negli stabili-
menti chimici di Litvinov. Un buon numero venne impiegato nelle più
diverse aziende dell’industria pesante e di quella leggera, singoli individui
anche nei villaggi, nell’agricoltura o nei boschi.

Località Totale Località Totale


Vi'ska 62 Decìn 93
Zeleny “ 5 Decìn 19
Libérée 39 Decìn 20
T anvald 92 Lovosice (d. Litomerice) 36
Ceska <Upa 78 Lovosice 50
Litomerice D Povrly (d. Osti) 5
Zandov (distr. Ceska Lìpa) 38 Cìzkovice (d. Litomerice) 54
Valkerice (distr. Decìn) 29 Osek (d. Teplice) 2
Podmokly (distr. Decìn) 79 (anov (d. Most) 2
Podmokly 74 H om i Litvinov 351
Podmokly 95 Duchcov 5°
Libouchec (d. Osti sull’Elba) 28 Duchcov 41
Markvartice (d. Ceska Li'pa) 29 Duchcov 19
Boletice sull’Elba (d. Decìn) 76 Luzice (d. Most) 15
Osti sull’Elba 26 Luzice 626
Osti sull’Elba 15 iRadovesice (d. Litomerice) 7
Üsti sull’Elba 14 Rane (d. Ceska Lìpa) 1
Osti sull’Elba 191 Strupcice (d. Chomutov) 44
Osti sull’Elba 15 1 Stary Harcov (d. Libérée) 15
Krasny Les (d. Osti) 1 Loucnâ (d. Libérée) 30
Svadov (d. Osti) 30 Loucna 19
Dolnì Litvinov 500 Velky Senov (d. Decìn) 34
Moldava (d. Teplice) 2 Bor presso Ceska Lìpa 1
Bìlina (d. Teplice) 7 Rumburk (d. Decìn) 36
Kozly (d. C. Lìpa) 4 Tuchomysl (d. Osti s. E.) 17
Led vice (d. Teplice) 26 Chotyne (d. Libérée) 60
Ledvice 230 Brtnìky (d. Decìn) 4
Merunice (d. Teplice) 3 Sous (d. Most) 15
Polerady (d. Most) 36 Libkovice (d. Most) 25
Zeleny 142 Dubì (d. Teplice) 1
Prosec. s. Nissa 89 Kostany (d. Teplice) 29
Rynovice 86 Vrchoslav (d. Teplice) 7
Sumburk s. Desna 15 Simonovice (d. Libérée) 4
Doksy (d. Ceska Lìpa) 29 Cìnovec (d. Teplice) 5
Mimon (d. Ceska Lìpa) 124 T eplice 50
Vedlice (d. Litomerice) 1 Teplice 3
Benesov s. Ploucinice Teplice 58
(d. Decìn) 71 Bystrany (d. Teplice) 1
Bela (d. Decìn) 72 Sedlec (d. Most) 20
Janska (d. Decìn) 138 Sedlec 15
Chabarovice (d. Osti sul­ Filipov (d. Libérée) 15
l’Elba) 55 Filipov 26
Kresice (d. Litomerice) 25 Filipov 41
Dolnì Prysk (d. Ceska Lìpa) 77 Hradek (d. Decìn) 43
L ’impiego della manodopera italiana in Cecoslovacchia 47

L ’alto numero di internati italiani dopo la capitolazione dell’8 settem­


bre 1945, procurò agli organi nazisti molte preoccupazioni. Da una parte
intendevano far sì che il maggior numero possibile venisse impiegato
immediatamente neH’industria e nell’agricoltura a causa della cronica in­
sufficienza di mano d’opera; d’altra parte, e a ragione, i tedeschi teme­
vano le vaste azioni di sabotaggio che gli italiani avrebbero potuto intra­
prendere prima che fossero approntati i provvedimenti difensivi40. Eccone
alcuni. Gli internati italiani dovevano essere alloggiati nei campi e im­
piegati nel lavoro nettamente separati dai prigionieri di guerra sovietici.
Dove questo non era possibile si doveva provvedere almeno all’isolamento
all’interno dell’azienda. Dappertutto si dovevano assicurate al massimo
grado i provvedimenti di sicurezza e di controllo in questo senso. I tede­
schi temevano che gli italiani, che già sul fronte sovietico avevano co­
minciato a comprendere la sostanza reale degli avvenimenti bellici, in
prigionia fossero influenzati dai prigionieri sovietici ai quali avrebbero
potuto unirsi per compiete atti di sabotaggio. Era permesso, invece, agli
italiani di lavorare con i prigionieri americani e inglesi.
Gli organi tedeschi dapprima sperarono che molti fra gli italiani
sarebbero rimasti fedeli al fascismo anche dopo il 25 luglio. Provvidero,
quindi, a far ricercare questi soldati italiani e disposero perchè fosse loro
riservato un trattamento più moderato 11. Si raccomandò di conquistarli
anche con piccoli premi, di permettere loro agevolazioni nei collegamenti
epistolari con le famiglie, far cucinare per loro cibi italiani, ecc. Ogni
sforzo, tuttavia, risultò vano.
In complesso si può dire che la condizione degli internati italiani era
simile per molti versi a quella dei prigionieri di guerra dell’Europa occi­
dentale. Forse con questa differenza : che non ricevevano tramite la Croce
rossa ricchi pacchi come gli inglesi, per esempio; e ancora: i tedeschi,
in seguito agli sviluppi della situazione italiana si sfogavano con rabbia
su di loro. D’accordo con il governo tedesco, i fascisti italiani, tornati al
potere, istituirono un particolare servizio denominato « Servizio assistenza
internati », che collaborava con la Croce rossa italiana; aveva la centrale
Berlino e una filiale a Verona 42., Suo compito era quello di stabilire e

Località Totale Località Totale


Chrastava (d. Libérée) 134 Probostov (d. Teplice) 63
Hlemyzdì (d. Ceska Lrpa) 49 Zalany (d. Teplice) 2
V am sdorf (d. Deem) 182 Retenice (d. Teplice) 96
Vam sdorf 47 Suché (d. Teplice) 1
V arnsdorf 31 Trnovany (d. Teplice) 48
Vam sdorf 12 Fojtovice (d. Deem) 2
Vam sdorf 94 Bzany (d. Teplice) 3
V elvety (d. Teplice) 274
Totale complessivo 6.392.
(St)A Litomerice, Regierungspresident Osti sull’ Elba H'4051).
V H A , Stalag V ili B, 19 A , k. 16, n. 194. Dispaccio O KW , Berlino 5-10 19 4 3 .
41 StA Litomerice, Regierungspresident Osti s. E . II-4051. Circolare della Gestapo
del 4-11-1943.
42 V H A 19 A , k. 7, n. 124. Relazione OKW deiri-3-1944.
48 Zdenek Konecny - Frantìsek Mdtnus

mantenere i collegamenti tra i soldati italiani internati e le loro famiglie


in patria, organizzare rinvio di pacchi e risolvere i cosiddetti « compiti
morali ed economici del collegamento con gli italiani internati ». Ma tale
istituzione non rappresentò un grande aiuto per la vita degli internati.
Un problema di fondamentale importanza nella vita degli internati
era costituito dalla alimentazione. Le razioni alimentari per i prigionieri
dell’Europa occidentale, che si riferivano anche ai soldati internati, sono
già note dalla letteratura sull’argomento. La pratica applicazione delle
prescrizioni, però, non era eguale dappertutto. Nello Stalag di Tesìn, gli
internati italiani ricevevano un’alimentazione secondo il rendimento, ana­
logamente ai prigionieri sovietici434 5. Erano divisi in tre gruppi : buoni
lavoratori; medi, ma fisicamente deboli; e, infine, nel terzo gruppo, erano
catalogati coloro che non intendevano lavorare e venivano definiti fan­
nulloni. Pasti caldi si cucinavano per tutti, ma gli appartenenti al primo
gruppo ricevevano due litri e mezzo di minestra a persona, quelli del
secondo due litri e gli appartenenti al terzo solo mezzo litro. Per via delle
continue lamentele sull’insoddisfacente rendimento lavorativo degli ita­
liani si ritiene, a giusta ragione, che la maggioranza di essi fosse inserita
nel secondo o nel terzo gruppo.
I fiduciari italiani nei distaccamenti di lavoro e nei campi, per tramite
dei quali gli internati erano collegati con gli organismi superiori nazisti,
ricevevano anche troppo spesso lagnanze circa l’insufficienza del cibo. Dalle
lamentele apprendiamo che per gli italiani non erano state fissate razioni
precise, sicché la loro alimentazione dipendeva in notevole misura dal­
l’arbitrio dei dirigenti delle imprese nelle quali lavoravano4i. Nella let­
tera, tuttora conservata, del sottufficiale Groti Guofci, per esempio, è
scritto che nelle ferriere di Trinec si pretende un impegno di lavoro
molto duro, ma non ci si preoccupa minimamente dell’alimentazione43.
E si potrebbero riferire parecchi casi analoghi.
II maggior numero di lamentele, tuttavia, riguarda le punizioni fisiche
inflitte agli italiani con grande frequenza dalle guardie o da altro perso­
nale dei campi e, sui luoghi di lavoro, dai capimastri tedeschi o dai
cosiddetti lavoratori eminenti. Un controllo del medico su un prigioniero
italiano nel distaccamento di lavoro di Trinec dimostrò che nelle locali
ferriere gli italiani venivano battuti spesso con pugni, con la baionetta,
con calci, ecc. E questo perchè, a causa deH’esaurimento, erano incapaci
di dare il richiesto rendimento. Il medico italiano richiamò in particolare
l’attenzione sugli internati Giovanni Feracini, Primo Zucato, Govanni Del-
l’Armi e Agostino Redolfi che erano stati picchiati a più riprese: «Tutti
sono inabili al lavoro, son diventati degli scheletri in conseguenza della
cattiva alimentazione » 46.

43 Ibid. 19 A , k. 23, n. 268. Tesìn, 25-3-1944.


44 Ibid., 19 A , k. 7, n. 124. Relazioni dei fiduciari dell’ 11-7 , 14-3 e 15-3-1944.
45 lbid. La lettera è datata 16-2-1944.
46 lbid. Tesìn, 1-3-1944.
L ’impiego della manodopera italiana in Cecoslovacchia 49

L ’internato italiano Luigi Viteritti, che lavorava in una miniera di


Tesin, fu tanto duramente colpito con i calci dei fucili da soldati tede­
schi che morì dopo alcuni giorni di ricovero47. La relazione del fiduciario
principale italiano dello Stalag Tesin, del giugno 1944, era oltremodo
esplicita: «Il cibo del distaccamento italiano alle ferriere di Trinec è
quantitativamente e qualitativamente del tutto insufficiente perchè gli
italiani possano effettuare il lavoro loro richiesto. Le uniformi di tutti
sono in pessimo stato, alcuni non hanno scarpe. Vengono spesso picchiati
con i calci dei fucili, con randelli, con le baionette... ». A causa delle per­
cosse inumane, nel lazzaretto del campo di Tesin ci fu sempre un buon
numero di italiani48.
La condizione complessiva degli italiani non era migliore neppure nelle
altre regioni cecoslovacche, come risulta da un dispaccio del governatore
del Reich nei Sudeti, il quale con il consenso del ministro tedesco per
l’alimentazione dovette disporre affinchè agli italiani internati fossero
assegnate temporaneamente razioni speciali di generi alimentari49. Dal
26 giugno 1944, gli internati italiani nel territorio dei Sudeti avrebbero
dovuto ricevere una particolare razione di 50 gr. di farina, 5 gr. di pol­
veri per minestra e un decimo di litro di latte scremato a persona e al
giorno; è interessante rilevare che si trattava delle stesse razioni assegnate
anche ai prigionieri sovietici.
Diverse notizie sulla situazione degli internati italiani si possono
desumere anche dagli interrogatori degli evasi ripresi dai nazisti. Vediamo
un esempio relativo al distaccamento di Trinec: nel marzo 1944 fu in­
terrogato il fuggitivo Antonio Gicnizi, il quale asserì di essere scappato
da Trinec dopo essere stato sottoposto a un crudele trattamento e battuto
con la baionetta fino a restare privo di sensi5051. Olindo Pasoni, Cesare
Posuolo Carbone e Rocco di Valdro affermarono concordemente di essere
scappati dalle ferriere di Trinec per via della cattiva alimentazione e delle
percosse. Testimoniarono che per il nifi duro lavoro di sterro ricevevano
due volte al giorno una minestra di acqua e rape e circa un terzo di chilo
di pane nero a. Pure Salvatore Parmesi, anch’egli fuggito da Trinec, riferì
sulla cattiva alimentazione. Per 11 ore di duro lavoro, ricevevano un litro
di minestra a mezzogiorno e 400 gr. di pane nero la sera. Poiché man­
giavano questo appena lo ricevevano, ogni giorno dovevano soffrire la
fame per tutto il pomeriggio 52. A Trinec esisteva perfino un particolare
reparto punitivo per gli internati italiani, cui venivano assegnati per esem­
pio i fuggitivi ripresi e, naturalmente, la situazione era peggiore che
presso il distaccamento normale.
Fughe di italiani si verificarono anche in altri distaccamenti di lavoro

47 Ibid. Secondo il dispaccio del fiduciario italiano allo Stalag Tesin dell’aprile 1944.
48 Ibid. La relazione è datata 4-6-1944.
49 StA Litomerice, Landrat Osti s. E ., KO-061-10. Libérée 24-6-1944.
50 V H A 19 A , k. 7, n. 124. Tesin, 1-3-1944.
51 Ibid. Tesin, 7-3-1944.
92 Ibid. Tesin, 8-6-1944.
50 Zdenek Konecny - Frantiseli Maìnus

in Cecoslovacchia53. Il registro degli evasi dello Stalag Tesin elenca 14 1


casi per l’anno 1944. In maggioranza si trattava di singoli o di piccoli
gruppi; non è noto il numero di coloro che furono r i p r e s i E ’ indubbio
che tali fughe vanno considerate come una manifestazione estrema del­
l’avversione degli italiani a lavorare per il Reich, una manifestazione di
sentimenti antifascisti, anche se non pienamente consapevole.
Occupiamoci, infine, delle relazioni sullo stato d’animo degli italiani
dovute alla penna dei dirigenti tedeschi dei campi e dei distaccamenti.
Tutte asseriscono che il morale degli italiani è in uno stato angoscioso
se non disperato53. Gli italiani aspiravano tanto ad andarsene che alcuni
non esitarono' ad arruolarsi nel nuovo esercito mussoliniano; ma senza
successo: i tedeschi avevano più bisogno di loro come mano d’opera. Si
lamentavano di dover essere rinchiusi nei campi cinti col filo spinato
come prigionieri di guerra e non come soldati internati. Presentavano giu­
stificati ricorsi contro l’insufficiente alimentazione e la maggior parte delle
lettere a casa conteneva richieste di pacchi e di cibo. I collegamenti con
l’Italia, però, erano oltremodo cattivi. La massa degli italiani, secondo gli
esponenti tedeschi, si dimostrava scettica nei confronti del nuovo go­
verno di Mussolini; nella Germania avevano perso ogni fiducia. Sono inte­
ressanti le parti delle relazioni in cui si riferisce come gli italiani stabi­
lissero rapporti di amicizia, nei distaccamenti di lavoro, con la popolazione
del luogo, nella misura in cui potevano intrattenere con essa contatti
durante il lavoro. E ciò vale sia per i cechi che per i polacchi, con i quali
lavoravano nelle miniere o nelle fabbriche. Anche i fuggitivi ripresi spesso
raccontavano di essere stati aiutati con cibo, durante la latitanza, da cechi
o da polacchi.
Nell’agosto del 1944 15 soldati internati italiani, per decisione delle
massime autorità governative naziste, furono rilasciati e messi a disposi­
zione degli uffici del lavoro56. Tutti i rilasciati dovettero firmare una
dichiarazione con la quale si impegnavano a restare ai posti di lavoro
nei quali già si trovavano fino al termine della guerra e alle condizioni
previste per gli operai civili italiani. Dall’internamento non dovevano
essere rilasciati gli ufficiali, i soldati manifestamente ostili politicamente,
le persone inabili in permanenza all lavoro e i prigionieri di guerra (i co­
siddetti Badoglio-Leute). Al rilasciato veniva consegnata una dichiara­
zione ed entrava in possesso di un passaporto straniero; infine doveva
essere indotto a credere di dovere la propria libertà « soltanto ai desideri
del Duce e alla generosità del Fuehrer ».
In pratica i rilasci avvennero speditamente e, si potrebbe dire, in
massa, e ciò soprattutto perchè si trattava soltanto di una questione for­
male : gli italiani, infatti, restarono, nella maggioranza, a lavorare negli

53 StA Litomerice, Landrat Bi'lina, W L -217-1. Oppure: StA Opava, Landrat Krnov,
BII-983 e altrove.
54 V H A 19 C, k. 4, n. 14-27.
55 Ibid. 19 B, k. 1, n. V II. Stimmungsbericht per il periodo da aprile a luglio 1944.
56 Ibid. 19 A , k. i l , n. 16 1. Dispaccio OKW del 12-8-1944.
L ’impiego della manodopera italiana in Cecoslovacchia 51

stessi posti dove si trovavano già come internati e, in generale, alle stesse
condizioni. L ’andamento dei rilasci può essere espresso numericamente con
l’esempio dello Stalag Tesin. Qui si contavano 7.458 internati italiani al
6 settembre 1944, divisi in 42 distaccamenti e al 26 settembre restava un
solo distaccamento con 46 prigionieri5758 . Nel campo, in seguito, giunsero
da altre località della Germania altri italiani rilasciati; all’inizio dell’otto'
bre 1944 risultavano presenti 11.500 italiani divisi in 68 distaccamenti
di lavoro. I malati erano ricoverati in sei lazzaretti. Doveva trattarsi, in
maggioranza, di persone indebolite fisicamente, visto che per loro il fidu­
ciario italiano chiese urgentemente almeno un piccolo miglioramento nel­
l’alimentazione. Secondo la sua opinione, i malati avrebbero avuto bisogno,
sia pure temporaneamente, di una razione di 20 gr. di pasta, 5 gr. di
grassi, 20 gr. di verdure, 20 gr. di latte condensato e 50 gr. di marmellate,
a persona e al giorno5S.
Come operai civili, gli italiani ricevettero maggiori aiuti dalla Croce
rossa. Per il tramite dello Stalag Tesin ottennero, per esempio, nell’otto­
bre 1944, l’invio di 2.400 tute da lavoro, 9.000 paia di calzini, 300 pul­
lover, 1.800 guanti, 2.549 fazzoletti, 12.795 kg. di fette biscottate,
14.345 scatole di latte condensato e altri generi59. Lamentarono tuttavia
che l’invio non fosse stato diviso equamente e che non tutto fosse stato
distribuito agli italiani.
Nelle relazioni sulla situazione stese dagli organi tedeschi gli italiani
vennero allora divisi in due gruppi : coloro che contemporaneamente al
rilasciò erano stati trasferiti a lavori leggeri (agricoltura oppure officine
artigiane), e che manifestarono una relativa soddisfazione (ma si trattava
di una minoranza, naturalmente) e quelli che erano rimasti nei vecchi
posti di lavoro — la maggioranza — e che naturalmente non avvertivano
alcun cambiamento col passaggio alla condizione di operai civili. Dalla
constatazione che la maggioranza affermava, si dice, che sarebbe rimasta
volentieri nell’internamento, si può dedurre che le sue condizioni, a volte,
peggiorarono addirittura. Le relazioni tedesche, inoltre riferiscono che gli
italiani si avvicinarono ancor più alla popolazione locale, cioè ai cechi e
ai polacchi. Questi ultimi si comportavano molto amichevolmente verso
di essi, nonostante l’ostacolo della lingua 60.
Ma le relazioni tedesche non sono la sola prova dell'amicizia fra ita­
liani e popolazione locale. Molti esempi di solidarietà sono riferiti dai
testimoni degli anni di guerra negli stabilimenti chimici di Litvinov.
I cechi aiutarono gli italiani recando loro- cibo, vestiario, calzature, notizie
dal fronte e così v ia 61. Ancora oggi si ricordano le sofferenze degli ita­
liani rinchiusi nel famigerato campo 29, dove si trovava una colonna di
punizione: « Gli italiani stavano molto male, in inverno non avevano

57 lbid. 19 B, k. 2, <n. X X V II.


58 I bid. 19 A , k. 7, n. 124. Tesrn, 2-10-1944.
59 lbid. Tesin, 18-10-1944.
60 lbid. 19 B, k. 1, n. V II. Stimmungsbericht per l’ottobre 1944.
61 PA Litvm ov, Archivio del reparto tecnico 6001. Rivista « Vystavba », n. io del
5-2-1963 e altri.
52 Zdenek Konecny - Frantisek Mahnis

vestiario adeguato, avevano fame. I tedeschi volevano costringerli ad an­


dare al fronte, ma rifiutarono all’unanimità; solo alcune centinaia resta­
rono in vita. I cechi li aiutarono come poterono ».
I ricordi parlano dell’alta mortalità degli italiani, sia per insuffi­
cienza di alimentazione, sia a causa del crudele trattamento. Soprattutto,
molti non resistettero alle fatiche dell’ultimo trasferimento, nel 1945»
quando i tedeschi li trasportarono a ovest in seguito all’avanzata dell’e­
sercito sovietico. Nella cronaca della città di Frenstàt, nella Moravia set­
tentrionale, è compresa una relazione su tremila miseri italiani che i tede­
schi trascinarono per la città il 3 maggio. I nazisti, aggiunge il cronista,
« li sacrificarono » 62. Dopo il passaggio di alcuni trasporti, sulle strade,
furono rinvenute le salme di italiani uccisi. Un comando distrettuale di
pubblica sicurezza, per esempio, riferisce del rinvenimento della salma di
un prigioniero di guerra italiano, Alfredo de Santis, avvenuto l’ n mag­
gio 1945 nel territorio del comune di Loucek63*. Il Comitato nazionale di
Holysov, nel distretto di Domazlice, in una sua relazione riferisce di tre
italiani uccisi, negli ultimi giorni della guerra, con un colpo alla nuca,
dal nazista Lichtenauen, condannato a morte dopo la fine del conflitto.
Altri italiani furono poi giustiziati in circostanze ignoteH. E si potrebbe
continuare nell’elencazione di simili tragici casi. I nazisti liquidarono
spesso le persone debilitate, che non potevano essere trasferite, o rego­
larono i conti con gli antifascisti.
E’ necessario far menzione anche dell’aiuto prestato dalla popola­
zione locale ai cittadini italiani nei casi in cui questi fuggirono. Il registro
degli evasi dello Stalag Tesm contiene una serie di esempi per i quali
l’aiuto venne chiaramente accertato. Prendiamo l’esempio del 26 otto­
bre 1944, giorno in cui l’operaio ceco Havel aiutò un gruppo di quattro
italiani a fuggire dal laminatoio di Bohumm65. Quanti siano stati i casi
analoghi che i nazisti non riuscirono ad accertare è difficile dire oggi.
Spesso gli stessi fuggiaschi italiani, una volta ripresi, raccontarono di
essere stati aiutati per la strada da cechi o da polacchi che gli avevano
dato da mangiare, indicato la via, ecc. Alcuni italiani, dopo la fuga, si
diressero alla volta del cosiddetto Protettorato di Boemia e Moravia. Si
può supporre che sapevano, come i prigionieri sovietici, dell’aiuto che la
popolazione ceca prestava a coloro che scappavano dai campi nazisti.

# # #

Con questa esposizione si è tentato di tracciare, sulla base di fonti


d’archivio finora inedite, la condizioni degli italiani impiegati in terri­
torio cecoslovacco nel corso della seconda guerra mondiale. Si può preve­
dere che nel futuro questo materiale sarà elaborato in modo più appro­

62 Cronaca della città di Frenstàt, 3-5-1945.


63 StA Bm o, Comitato nazionale distrettuale nn. 361 e 405.
61 Archivio cittadino di Holysov, relazione del 25-10-1496.
65 V H A 19 G, k. 13, n. 84. Fluchtenbuch.
L ’impiego della manodopera italiana in Cecoslovacchia 53

fondito, ma non sembra che possa essere seriamente modificato il quadro


che degli italiani viene dato dalle fonti oggi disponibili. In complesso si
può dire che gli italiani (civili, internati e rilasciati dall’internamento) non
godettero nel Reich di una particolare posizione privilegiata. Dopo la capi­
tolazione dell’8 settembre la loro situazione peggiorò notevolmente. Non
sempre il loro livello di -vita fu rigidamente stabilito dalle disposizioni
emanate dai nazisti, come avveniva generalmente per i prigionieri di
altra nazionalità, sicché imprenditori e dirigenti dei campi poterono trat­
tare spesso con loro ad arbitrio. Gli italiani non furono per il Reich mano
d’opera desiderabile. Anche se il loro comportamento non dipendeva da
un convincimento antifascista — cosa che però si può dire per molti di
loro —- in sostanza danneggiarono sempre l’economia nazista. E’ neces­
sario constatare anche che gli italiani, come singoli e come insieme, si
conquistarono le simpatie del popolo cecoslovacco e con esso allacciarono
rapporti di amicizia che si manifestarono in reciproco aiuto materiale e
morale.
ZDEN EK KO N ECN Y

f r a n t Is e k m a Ìn u s .

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