Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide
range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and
facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact support@jstor.org.
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at
https://about.jstor.org/terms
Annali d'italianistica is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to
Annali d'Italianistica
This content downloaded from 93.65.245.39 on Fri, 13 Aug 2021 14:50:01 UTC
All use subject to https://about.jstor.org/terms
Maurizio Capone
Sinossi: Dopo aver presentato l'episodio della devastazione del villaggio di Fratta e della
violenza gratuita inflitta alla vecchia contessa Badoer da parte delle truppe francesi,
analizzo la posizione ambivalente di Nievo nei confronti della violenza napoleonica che
emerge dal dialogo tra Carlino, protagonista delle Confessioni e alter-ego dell'autore, e
Napoleone e nei frequenti brani saggistici del romanzo. Da un lato, Nievo esprime una
condanna morale dei soprusi dei soldati francesi pleonastici al fine politico della
rivoluzione, rifiutando il principio girardiano del capro espiatorio; dall'altro, razionalizza
l'esistenza della violenza come elemento connaturato ai grandi mutamenti storici (in
maniera simile all'idea marxista di "violenza levatrice della storia"), riconoscendo
comunque che, se viste nella longue durée della prospettiva pluri-generazionale, la
rivoluzione francese e le guerre napoleoniche hanno contribuito, nonostante il loro
portato di violenza, al lungo processo di liberazione dell'Italia e di formazione della
nazione italiana.
Parole chiave: Violenza, Ippolito Nievo, Le Confessioni d'un italiano, Napoleone,
storia, rivoluzioni, giustizia, Risorgimento italiano.
This content downloaded from 93.65.245.39 on Fri, 13 Aug 2021 14:50:01 UTC
All use subject to https://about.jstor.org/terms
220 Maurizio Capone
storia che in alcuni casi diviene l'unico mezzo possibile per ottenere una società
migliore e più equa (1, VII, XXIV).1 Nondimeno, Nievo-Carlino condanna dal
punto di vista etico gli atti violenti innecessari al raggiungimento dello scopo
politico di una rivoluzione, rifiutando la teoria del cattolico René Girard della
vittima sacrificale immolata agli dei della guerra e della machiavellica realtà
"effettuale" (Le Bouc émissaire, 1982; La Violence et le Sacré, 1972).2
La laica, immanente e — direi — politologica riflessione di Nievo sulla
presenza della violenza nel reale scaturisce da un'onesta analisi storica che
potrebbe costituire un severo monito per smascherare l'immorale postura
dell'odierno mondo occidentale nel voler rimuovere la schiacciante presenza
della violenza che guida i rapporti di forza del contesto geo-politico mondiale.
Con questa denuncia la parte conclusiva del mio saggio prova ad ampliare il
discorso sulla violenza nel mondo contemporaneo.
1 Sul rapporto tra violenza e modernità, analizzato in chiave sociologica si veda anche il
recentissimo e interessante articolo di N. Bertuzzi, Da "levatrice della storia " a variabile
della modernità.
2 Benché ritenga che gli studi di Girard sul tema del capro espiatorio siano tra i più
meritevoli, il principio dello "scapegoat mechanism" è stato usato in precedenza da
Kenneth Burke in Permanence and Change (1935) e in A Grammar of Motives ( 1945),
dal quale Girard ha ripreso il concetto, sviluppandolo in maniera più estesa come stigma
ermeneutico della cultura umana.
This content downloaded from 93.65.245.39 on Fri, 13 Aug 2021 14:50:01 UTC
All use subject to https://about.jstor.org/terms
Nievo al cospetto di Napoleone 221
3. La smitizzazione di Napoleone
Il mito di Napoleone ha dominato nella letteratura romantica e in parte anche in
quella successiva. Il primo romanziere di rilievo che narra le guerre
napoleoniche è Stendhal ne II rosso e il nero (1830) e nella Certosa di Parma
(1839). Nievo (e pochi anni dopo lo farà Tolstoj in Guerra e pace, 1863-'69)
rompe la tradizione dell'esaltazione del mito napoleonico. Lo scrittore padovano
non lo rappresenta come un personaggio umano, non perché lo ritragga in forme
mitizzate, ma perché ne sottolinea piuttosto la disumanità. Egli lo disprezza e
non esita a mostrarlo, sia nel ritratto che ne tratteggia sia con commenti diretti,
tracciandone un profilo stilizzato, bozzettistico, anche macchiettistico. Dunque,
il Napoleone di Nievo risulta inumano e artificiale perché privato di spessore
psicologico, e a tratti viene descritto con un'impronta comica. Infatti, nelle
Confessioni Napoleone viene introdotto in maniera bassa e paradossale, in una
scena di grande umorismo, osservato dalla prospettiva straniata degli abitanti del
3 Carlino informa nel proemio di aver cominciato a scrivere le sue confessioni "alla sera
d'una grande sconfitta" (Confessioni I 9), identificabile o con la battaglia di Novara del
23 marzo 1849 in cui gli austriaci guidati da Radetzky sconfissero le truppe sabaude,
provocando l'abdicazione di Carlo Alberto, o comunque riferendosi in generale alle
guerre del 1848-'49, tra le quali rientrano la difesa della Repubblica Romana e di quella
Veneziana, delle quali si parla distesamente negli ultimi capitoli del romanzo.
This content downloaded from 93.65.245.39 on Fri, 13 Aug 2021 14:50:01 UTC
All use subject to https://about.jstor.org/terms
222 Maurizio Capone
4 Per le citazioni dei passi delle Confessioni d'un italiano: i numeri tra parentesi
rimandano prima ai Capitoli (numeri romani), poi alle pagine (numeri arabi). Quando
vengono citate varie volte pagine contigue fra loro indico solo il numero di pagina. Nelle
citazioni ho mantenuto la grafia nieviana.
5 Anche in un altro episodio, nel Capitolo XV, quello dell'arrivo a Milano di Napoleone
nel giorno della Festa per la proclamazione della Repubblica Cisalpina, il generale viene
di nuovo messo alla berlina, con effetto di straniamento, dai pettegolezzi di alcune
popolane circa il suo aspetto fisico non accattivante.
6 II panico che si diffonde per l'incombente invasione richiama quello descritto nei
Capitoli XXIX-XXX dei Promessi sposi relativo alla calata dei lanzichenecchi in
Lombardia.
This content downloaded from 93.65.245.39 on Fri, 13 Aug 2021 14:50:01 UTC
All use subject to https://about.jstor.org/terms
Nievo al cospetto di Napoleone 223
Si sparge la nuova che l'arciduca Carlo scende al Tagliamento con un nuovo esercito, che
i Francesi gli vengono addosso, che sarà un massacro un saccheggio una rovina
universale.7 Le case rimanevano abbandonate, i castelli si asserragliavano contro le
soperchierie degli sbandati e dei disertori, si sotterravano i tesori delle chiese; i preti si
vestivano da contadini o fuggivano nelle lagune. Già da Brescia da Verona da Bergamo
le crudeltà, gli stupri, le violenze si scrivevano si lamentavano si esageravano; l'odio e lo
spavento s'alternavano nell'ugual misura, ma il secondo invigliacchiva il primo.
(X 642)
In preda al panico, quasi tutti i castellani scappano da Fratta, tanto che Carlino si
risolve ad andare a Portogruaro a chiedere aiuto; qua si trova casualmente, suo
malgrado, a diventare l'involontario caporione di un tumulto popolare nel corso
del quale arrivano i francesi.8 Sulla strada del ritorno Carlino è inquieto per il
fatto di aver lasciato per ore il castello di Fratta proprio nel frangente in cui sono
arrivate le truppe francesi e teme che siano avvenuti disordini:
Infatti, i timori del protagonista si rivelano fondati: egli trova il castello di Fratta
ridotto in rovina dalla furia devastatrice dei francesi:
A Fratta trovai letteralmente quello che si dice la casa del diavolo. Le case del villaggio
abbandonate, frantumi di botti di carri di masserizie ammonticchiati qua e là; rimasugli di
fuochi ancora fumanti; sulla piazza le tracce della più gran gazzarra del mondo. Carnami
mezzo crudi mezzo arrostiti; vino versato a pozzanghere; sacchi di farina rovesciati,
avanzi di stoviglie di piatti di bicchieri: e in mezzo a questo il bestiame sciolto dalle stalle
che pascolava [...].
(X 666)
7 Ai primi di marzo del 1797 l'Austria invia in Italia l'arciduca Carlo, ma Napoleone,
vinte le battaglie del Tagliamento (16 marzo) e dell'Isonzo (19 marzo), può dirigersi
contro l'inerme Repubblica di San Marco.
8 Anche in questo episodio appare sottotraccia il modello manzoniano: il coinvolgimento
di Carlino nella rivolta riecheggia quello di Renzo nella sommossa di San Martino (XI
XIV).
This content downloaded from 93.65.245.39 on Fri, 13 Aug 2021 14:50:01 UTC
All use subject to https://about.jstor.org/terms
224 Maurizio Capone
— Ascolta; cominciò allora una voce la quale a stento io riconobbi per quella della
Contessa vecchia — ascolta. Carlino: giacché non ho prete voglio confessarmi a te.
Sappi... dunque... sappi che la mia volontà non ha mai consentito a male alcuno... che
ho fatto tutto, tutto il bene che ho potuto... che ho amato i miei figliuoli, le mie nipoti, i
miei parenti... che ho beneficato il prossimo... che ho sperato in Dio. Ed ora ho
cent'anni, cent'anni Carlino! Cosa mi serve aver vissuto un secolo?... Ora ho cent'anni,
Carlino, e muojo nella solitudine, nel dolore, nella disperazione!
(X 667-68)
Questa pagina di estrema modernità — che non potremmo trovare nei Promessi
sposi, modello principale di Nievo — sulla perdita della fede e del senso di una
vita vissuta per il bene altrui, si chiude col dramma della morte della Contessa,
che pare non credere più in Dio proprio in punto di morte a causa
dell'intollerabile orrore arrecatole dai soldati francesi:
Io tremai tutto da capo a fondo; e sviscerando coll'occhio della pietà tutti i misteri di
quell'anima ravvivata soltanto per sentire il terror della morte: — Signora, gridai,
Signora, non crede ella in Dio?... — Gli ho creduto finora; mi rispose con voce che
s'andava spegnendo. E indovinai da quelle parole un sorriso senza speranza. Allora non
udendola più moversi né respirare avanzai fino alla sponda del letto, e toccai
rabbrividendo un braccio già aggranchito dalla morte.
(X 668)
Senza voler psicanalizzare Nievo, nel dramma che fa vacillare la fede della
vecchia Contessa forse possiamo ravvisare un riflesso della laicità dello scrittore
padovano e la messa in scena dell'impraticabilità di una mentalità ormai ritenuta
anacronistica dall'autore. La contessa non solo non accetta l'oltraggio subito, ma
addirittura questa stessa violenza potrebbe aver causato la perdita della fede
della centenaria, la quale forse pensava ingenuamente che Dio sarebbe dovuto
intervenire a salvarla dalla malvagità umana. Proprio in punto di morte, quella
della vecchia Badoer si rivela, quindi, una fede non salda, diversamente da
quella della Lucia manzoniana, che assume serenamente la malvagità umana e la
possibilità redentiva del male tramite l'accettazione cristiana della sofferenza e
dell'azione della divina provvidenza nelle vicende umane. Contrariamente a
Manzoni, il laico Nievo non contempla il meccanismo dell'agnello sacrificale,
così ben descritto da René Girard — come detto in apertura del saggio —, che,
innocente, è vittima del male persecutorio da altri esseri umani.
Piuttosto, un personaggio manzoniano più vicino a Nievo è Renzo, se
paragonato a Carlino. Sebbene il protagonista nieviano professi una certa laicità,
anch'egli, come Renzo Tramaglino, possiede una fede cristiana di stampo
popolareggiante (la concezione della vita di Nievo è di certo ancor più laica e
meno religiosa rispetto al suo alter ego). Però la fede dei due non è passiva:
This content downloaded from 93.65.245.39 on Fri, 13 Aug 2021 14:50:01 UTC
All use subject to https://about.jstor.org/terms
Nievo al cospetto di Napoleone 225
Carlino e Renzo, in modi diversi, vogliono essere attori della storia. Se Lucia
accetta serenamente e passivamente la presenza del male e della violenza nel
mondo, certa di un riscatto ultraterreno, Renzo è animato da un istintivo senso di
rivalsa, da una volontà di farsi giustizia da solo. La differenza determinante tra i
due consiste nell'entità della giustizia cui Renzo e Carlino anelano: la lotta del
personaggio manzoniano è finalizzata a una giustizia privata che miri a
sciogliere il groviglio che ne impedisce il matrimonio con Lucia; Carlino,
invece, traguarda un grande obiettivo storico, cioè l'indipendenza dell'Italia e,
attraverso questo, la costruzione di una società sorretta da una maggiore
giustizia sociale per tutto il popolo italiano.
La morte avvilente della vecchia Contessa genera in Carlino un'epifania
negativa espressa in un'invettiva contro l'ingiustizia della vita:
Sentii le punte avvelenate de' suoi ultimi sguardi figgermisi in cuore senza misericordia,
e quasi mi sembrò che l'anima sua abbandonando l'antico compagno mi soffiasse in
volto una maledizione [...]. Maledetta la pace che finisce con l'angoscia, la fede che si
volge in bestemmia, la carità che raccoglie l'ingratitudine! Maledetto... La mia mente in
questi tetri deliri vacillava fra il furore e la stupidità; quella vita santa e centenaria
troncata a quel modo negli spasimi dello spavento mi travolgeva la ragione.
(X 669)
9 In questo brano si può anche intravedere una presa di posizione di Nievo contro il
romanzo storico, "reo" di intessere complicate analogie tra il presente ed epoche lontane,
quando esprime il proprio giudizio negativo su I romani in Grecia di Vittorio Barzoni,
opera che paragona la presenza dei romani in Grecia a quella dei francesi in Italia e la
tirannide di Flaminio a quella di Napoleone.
This content downloaded from 93.65.245.39 on Fri, 13 Aug 2021 14:50:01 UTC
All use subject to https://about.jstor.org/terms
226 Maurizio Capone
Il solo Barzoni fra i letterati osò alzare la voce contro i Francesi con quel suo libro già in
addietro accennato dei Romani in Grecia. Ma questa erudizione falsificata in libello,
questa satira stiracchiata colle analogie è già indizio di temperamento fiacco, e di
letteratura evirata. Fu un gran sussurro intorno a quel libro ed all'anonimo autore; ma lo
leggevano a porte chiuse col solo testimonio della candela, pronti a gettarlo sul fuoco al
minimo sussurro ed a proclamare il giorno dopo sui caffè che le depredazioni di Lucullo
e l'astuta generosità di Flaminio non somigliavano per nulla al governo generoso e
liberale di Bonaparte.
(XII 784)
Mi spiegherò con tutta l'ingenuità d'un uomo che si affida alla giustizia di chi combatte
appunto per la giustizia e per la libertà. Un orrendo delitto fu commesso tre giorni sono al
castello di Fratta da alcuni bersaglieri francesi. Mentre il grosso della loro schiera
saccheggiava arbitrariamente i pubblici granaj e l'erario di Portogruaro, alcuni sbandati
invasero una onorevole casa signorile, e svillaneggiarono e straziarono tanto una vecchia
Signora inferma più che centenaria rimasta sola in quella casa, che ella ne morì di
disperazione e di crepacuore.
(X 673)
This content downloaded from 93.65.245.39 on Fri, 13 Aug 2021 14:50:01 UTC
All use subject to https://about.jstor.org/terms
Nievo al cospetto di Napoleone 227
dell'ottuagenario) per la devastazione del castello, per gli stupri delle donne e
per le violenze inflitte alla vecchia contessa Badoer da parte dei francesi,
Bonaparte non degna la dovuta attenzione. Il generale corso individua la colpa
dello strazio della vecchia signora, degli stupri e delle ruberie compiuti dai
bersaglieri francesi alla mala fama che la Serenissima attribuisce ai suoi soldati e
all'anti-giacobinismo insito nei veneziani, che non accolgono con atteggiamento
positivo l'arrivo dei francesi:
Ecco come la Serenissima Signoria inacerbisce i miei soldati! [...] Si predica al popolo
che sono assassini che sono eretici; al loro comparire tutti fuggono, tutti abbandonano le
case. Come volete che simili accoglienze predispongano gli uomini all'umanità e alla
moderazione? Ve lo dico io; bisognerà che mi volga indietro a pulirmi la strada da questi
insetti molesti.
(X 674)
— Cittadino generale, capisco anch'io che la fama bugiarda può aver impedito la
cordialità dei primi accoglimenti; ma vi è una maniera di smentir questa fama, mi pare, e
se con un esempio luminoso di giustizia [...].
— E sì, parlatemi di giustizia, oggi che siamo alla vigilia d'una battaglia campale
sull'Isonzo! [...] La giustizia bisognava che fosse fatta a noi fin da due o tre anni fa! [...]
Adesso raccolgono quello che hanno mietuto. Ma ho il conforto di vedere che il peggior
danno non vien loro da' miei soldati... Bergamo Brescia e Crema hanno già divorziato da
San Marco, e quella stupida e frodolenta oligarchia s'accorgerà finalmente che i loro veri
nemici non sono i Francesi. L'ora della libertà è suonata; bisogna levarsi in piedi e
combattere per essa, o lasciarsi schiacciare. La Repubblica francese porge la mano a tutti
i popoli perché si rifacciano liberi, nel pieno esercizio dei loro diritti innati e
imprescrivibili.
(X 674)
— Non dubitate. Giustizia sarà fatta anche sopr'essi; già non pretendereste che li
ammazzassi tutti! [...] Or bene; saranno nella prima fila; laveranno col loro sangue e a
pro' della libertà l'onta della colpa commessa. (X 675)
This content downloaded from 93.65.245.39 on Fri, 13 Aug 2021 14:50:01 UTC
All use subject to https://about.jstor.org/terms
228 Maurizio Capone
— Così il male sarà volto in bene e la causa del popolo si sarà avvantaggiata degli stessi
delitti che la deturparono!
— Cittadino generale, vi prego di osservare...
— Basta, cittadino: ho osservato tutto. Il bene della Repubblica innanzi ad ogni cosa.
Volete essere un eroe? [...] Dimenticate ogni privato puntiglio e unitevi a noi, unitevi con
quegli uomini integri e leali che fanno anche nel vostro paese una guerra lunga ostinata
sotterranea ai privilegi dell'imbecillità e della podagra. Di qui a quindici giorni mi
rivedrete. Allora la pace la gloria la libertà universale avranno cancellato la memoria di
questi eccessi momentanei.
(X 675)
This content downloaded from 93.65.245.39 on Fri, 13 Aug 2021 14:50:01 UTC
All use subject to https://about.jstor.org/terms
Nievo al cospetto di Napoleone 229
Non ci capii per verità molto addentro; ma pure que' suoi gran paroloni di popolo e di
libertà, e quel suo piglio riciso ed austero m'avevano annebbiato l'intelletto, e mi partii, a
conti fatti, che l'odio contro i patrizi veneziani superava d'assai perfino il risentimento
contro i bersaglieri francesi. La tremenda disgrazia della Contessa mi parve una goccia
d'acqua in confronto al mare di beatitudine che ci sarebbe venuto addosso pel valido
patrocinio dell'esercito repubblicano. Quel cittadino Bonaparte mi pareva un po' aspro un
po' sordo un po' anche senza cuore, ma lo scusai pensando che il suo mestiere lo voleva
pel momento cosi. E a questo modo lasciai a poco a poco darsi pace la morta, e tomai col
pensiero ai vivi: cosicché nella lettera che scrissi a Venezia per partecipare il triste caso
alla famiglia, ne affibbiai forse più la colpa all'improvvidenza delle venete magistrature,
e alla sciocca paura del popolo, che alla barbara sfrenatezza degli invasori.
(X 676)
This content downloaded from 93.65.245.39 on Fri, 13 Aug 2021 14:50:01 UTC
All use subject to https://about.jstor.org/terms
230 Maurizio Capone
posso far a meno di sclamare: — Rispettate i cani! — forse adesso si può star in bilico,
ma forse anche, e Dio non voglia, verrà un tempo che si giudicheranno migliori affatto di
noi! Di questi tempi ne furono altre volte nella storia dell'umanità. Noi bipedi
tentenniamo fra l'eroe ed il carnefice, fra l'angelo e Belzebù. Il cane è sempre lo stesso;
non cambia mai come la stella polare. Sempre amoroso paziente e devoto fino alla morte.
(X 678)
This content downloaded from 93.65.245.39 on Fri, 13 Aug 2021 14:50:01 UTC
All use subject to https://about.jstor.org/terms
Nievo al cospetto di Napoleone 231
Soltanto la nazione francese, spensierata e impetuosa, precipita prima delle altre dalla
dottrina all'esperimento: fu essa chiamata il capo dell'umanità, e non ne è che la mano;
mano ardita, destreggiatrice, che sovente distrusse l'opera propria; mentre nella mente
universale dei popoli se ne maturava più saldo il disegno.
(VI 372)
This content downloaded from 93.65.245.39 on Fri, 13 Aug 2021 14:50:01 UTC
All use subject to https://about.jstor.org/terms
232 Maurizio Capone
This content downloaded from 93.65.245.39 on Fri, 13 Aug 2021 14:50:01 UTC
All use subject to https://about.jstor.org/terms
Nievo al cospetto di Napoleone 233
Il popolo tradito, ingiuriato, spogliato a man salva, s'intanava nelle case a piangere, nei
templi a pregare, e dove prima pregavano Dio. [...] Dei beni perduti si sperava almeno di
riacquistarne uno; la libertà è preziosa, ma pel popolo bracciante anche la sicurezza del
lavoro, anche la pace e l'abbondanza non sono cose da buttarsi via. È un difetto grave
negli uomini di pretendere le uguali opinioni da un grado diverso di coltura; come è
errore massiccio e ruinoso nei politici appoggiare sopra questa manchevole pretensione le
loro trame, i loro ordinamenti.
(XIII 861)
Confesso che allora anch'io partecipai generosamente alle illusioni comuni, né peraltro le
chiamo illusioni se non pel tracollo che diedero poi. Del resto s'avevano grandissimi ed
ottimi argomenti di sperare. Quel giorno infatti fu un grangiomo, e degno di essere
onorato dai posteri italiani. Segnò il primo risorgimento della vita e del pensier nazionale:
e Napoleone, in cui sperava allora e del quale mi sfidai poscia, avrà pur sempre qualche
parte della mia gratitudine per averlo esso affrettato nei nostri annali. Venezia doveva
cadere; egli ne accelerò e ne disonorò la caduta. [...] Fu vero merito, vera gloria.12 E se il
caso gliela donò, s'egli cercolla per mire future d'ambizione, non resta men vero che il
favore del caso e l'interesse della sua ambizione cospirarono un istante colla salute della
nazione italiana, e le imposero il primo passo al risorgimento. Napoleone, colla sua
superbia, coi suoi errori, colla sua tirannia, fu fatale alla vecchia Repubblica di Venezia,
12 Nella frase "fu vero merito, vera gloria" è evidente un richiamo intertestuale a II cinque
maggio di Manzoni, come se Nievo fosse tra quei posteri già in grado di rispondere
all'interrogativo storico posto dallo scrittore milanese "Fu vera gloria? Ai posteri /
l'ardua sentenza".
This content downloaded from 93.65.245.39 on Fri, 13 Aug 2021 14:50:01 UTC
All use subject to https://about.jstor.org/terms
234 Maurizio Capone
ma utile all'Italia. Mi strappo ora dal cuore le piccole ire, i piccoli odii, i piccoli affetti.
Bugiardo ingiusto tiranno, egli fu il benvenuto.
(XV 942-43)
This content downloaded from 93.65.245.39 on Fri, 13 Aug 2021 14:50:01 UTC
All use subject to https://about.jstor.org/terms
Nievo al cospetto di Napoleone 235
Sospirai per me, piansi di disperazione per la patria, indi guardando alle sembianze
tenerelle dei figliuoli mi consolai e rividi un barlume di speranza. Eravamo nati, si può
dire, diciott'anni prima; ci voleva la scuola delle sventure per educarci, e la vita dei popoli
non si misura da quella degli individui; se noi figliuoli s'aveva scontato la viltà dei padri,
i figliuoli nostri forse avrebbero raccolto la messe fecondata dal nostro sangue e dalle
lagrime. Padri e figliuoli sono un'anima sola, sono la nazione che non perisce mai. Cosi
mi affidava alla rigenerazione morale.
(XIX, 1236)
13 L'infanzia assume nel libro una parte così rilevante, anche quantitativamente
(all'infanzia è dedicato il primo terzo del libro), nella moltitudine di descrizioni mirabili
dell'infanzia di Carlino e Pisana, che non esiterei a definirlo anche un romanzo
dell 'infanzia.
This content downloaded from 93.65.245.39 on Fri, 13 Aug 2021 14:50:01 UTC
All use subject to https://about.jstor.org/terms
236 Maurizio Capone
migratorie e gli effetti della globalizzazione che ha acuito le disparità tra ricchi e
poveri, hanno forzatamente risvegliato il sonno dell'uomo occidentale. Questi
eventi storici hanno messo a nudo come anche la gloriosa tradizione occidentale
grondi di violenza, resa meno evidente solo perché trasferita nelle sterminate
periferie del mondo. Franco Fortini, nella poesia La gioia avvenire, scriveva che
"la scuola della gioia è piena di pianto e sangue" (61). Poco importa oggi che
per Nievo la palingenesi storica fosse l'Unità d'Italia mentre Fortini la
identificava con l'utopia comunista, col sole dell'avvenire. Il loro insegnamento
certamente attuale è che la violenza non è totalmente asportabile dalla faccia
della Terra, che bisogna fare i conti con essa e che il sacrificio o la tolleranza
della violenza acquistano senso solo nell'orizzonte di una Gioia storica
dell'umanità. Solo così "la scuola della gioia", oltre a esser "piena di pianto e
sangue", può diventare colma "anche di eternità" (61). Nievo possedeva una
grammatica storica per la costruzione di una società migliore — un orizzonte
che, invece, l'Occidente sembra oggi aver smarrito e che, per non ammetterlo,
cerca maldestramente di rimuovere in modo miope e ipocrita.
Università di Macerata
Opere citate
Barzoni Vittorio. I romani nella Grecia, Genova: Giovanni Grondona, 1849. (Prima ed.:
Londra: Rivington and Robinson, 1797.)
Benjamin Walter. Tesi di filosofia della storia, Milano: Mimesis, 2012.
Bertuzzi Niccolò. Da "levatrice della storia" a variabile della modernità. Prospettive
sociologiche sul tema della violenza, da Marx fino all'Olocausto e ai mattatoi.
"Krypton" 5 (2016): 80-88.
Burke Kenneth. .4 Grammar of Motives. 1945. Berkeley: University of California
Press, 1969.
. Permanence and Change, New York: New Republic, 1935.
Consolo Vincenzo. Il sorriso dell'ignoto marinaio (1976). In L'opera completa. A c. di
G. Turchetta. Milano: Mondadori, 2015.
Dionisotti Carlo. Appunti sui moderni. Foscolo, Leopardi, Manzoni e altri. Bologna: Il
Mulino, 1988. 337-50.
. Appunti sul Nievo. In Miscellanea in onore di Vittore Branca. Vol. V, Firenze:
Olschki, 1983. 1-13.
Fortini Franco. La gioia avvenire. In Tutte le poesie. A c. di L. Lenzini, Milano:
Mondadori, 2014.
Foscolo Ugo. Saggio di novelle di Luigi Sanvitale. In Scritti letterari e politici dal 1796
al 1808. A c. di G. Gambarin. Firenze: Le Monnier, 1972.
. Ultime lettere di Jacopo Ortis (1802). Milano: Garzanti, 2007.
Fukuyama Francis. La fine della storia e l'ultimo uomo. 1992. Milano: Rizzoli, 2003.
Girard René. Le Bouc émissaire. Paris: Grasset, 1982. (Trad. ingl. The Scapegoat.
Baltimore: The Johns Hopkins University Press, 1986; trad. it. Il capro espiatorio.
Milano: Adelphi, 1999.)
This content downloaded from 93.65.245.39 on Fri, 13 Aug 2021 14:50:01 UTC
All use subject to https://about.jstor.org/terms
Nievo al cospetto di Napoleone 237
This content downloaded from 93.65.245.39 on Fri, 13 Aug 2021 14:50:01 UTC
All use subject to https://about.jstor.org/terms