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DECADENTISMO

Quando si parla di Decadentismo ci si riferisce ad un movimento culturale (letterario e artistico) che


dalla Francia si diffuse rapidamente in tutta Europa. Tale movimento influenzò con i suoi principi tutta la
letteratura del Novecento. La corrente culturale del Decadentismo nacque verso la seconda metà
dell’Ottocento. Si contrappose in maniera detta e definita al Verismo e al Naturalismo che l’avevano
preceduto, e che avevano caratterizzato la produzione letteraria ottocentesca.
Al termine “decadente” utilizzato per indicare i proseliti di questo movimento fu attribuito in un primo
tempo un senso dispregiativo. Il senso negativo connotava una categoria di poeti e scrittori fuori dagli
schemi, dissoluti e in un certo senso “maledetti”. Ma questa definizione non turbò affatto i seguaci di
questa corrente. Anzi, la utilizzarono per dare un titolo alla loro rivista ufficiale, “Le Décadent”, che fu
pubblicata per la prima volta nel 1886.

Il Decadentismo e la Poesia

Per gli appartenenti a questa corrente la poesia è uno degli strumenti preferiti per esprimere idee e stati
d’animo. I poeti simbolisti francesi consideravano la poesia una forma di “rivelazione”: ricordiamo, tra i
più noti, Charles Baudelaire, Stéphane Mallarmé, Arthur Rimbaud, Paul Verlaine. Nella pratica, il
decadentismo introduce il verso libero ricorrendo all’uso abituale del linguaggio simbolico.

Il Decadentismo italiano

In Italia il movimento del decadentismo fece la sua comparsa nelle opere letterarie e poetiche di alcuni
autori come Giovanni Pascoli e Gabriele D’Annunzio. In quest’ultimo, in particolare, si assistette ad un
esasperato individualismo (il mito del superuomo dannunziano riprese le teorie del filosofo Nietzsche).
Altri autori esponenti del decadentismo italiano furono Luigi Pirandello e Italo Svevo.

Storicamente, l’avvento del decadentismo coincise con un periodo di forte tensione tra le potenze
europee. Tale tensione poi sfociò nello scoppio della prima guerra mondiale. Dal punto di vista
economico, fu il periodo della grande depressione. Il momento storico proseguì poi fino al 1896 e fu
caratterizzato da un forte ristagno dell’economia. Vi fu inoltre un aumento vertiginoso della
disoccupazione.
Questi avvenimenti negativi ebbero una forte ripercussione sulla letteratura, sull’arte, sulla visione del
mondo degli artisti e letterati che fecero parte del movimento del decadentismo.

I temi del decadentismo

La letteratura decadente è particolarmente vicina ad alcuni temi quali l’ammirazione per il passato (in
particolare per il periodo della Roma imperiale, della Grecia di Alessandro Magno, dell’epoca bizantina),
una certa predilezione per argomenti “forti” come la malattia, la nevrosi, il masochismo, il sadismo, la
perversione.

Anche l’argomento della corruzione è molto caro ai decadenti. Forse perché richiama in qualche modo
uno dei temi principali in letteratura: la morte. Ma il decadentismo, come altre correnti letterarie ed
artistiche, non è affatto immune da contraddizioni.
Il concetto di superuomo ha dei risvolti politici: l’uomo senza dubbi e debolezze, forte sia nel corpo che
nello spirito, è l’unico in grado di riportare l’Italia al suo splendore ormai passato, sconfiggendo le forze
che vogliono opporsi: il liberalismo, la democrazia, l’egualitarismo

Il Decadentismo in Europa e in Italia

I decadenti assumevano una posizione di protesta e di rottura verso i miti, i valori e i costumi della
borghesia (la classe borghese prospettava i nuovi miti aggressivi del diritto alla violenza, della missione
civilizzatrice dei paesi occidentali e della superiorità della razza bianca), ostentando un genere di vita
disordinato e spregiudicato che voleva rispecchiare la loro aspirazione ad una esistenza assolutamente
libera e indipendente, aliena dai compromessi, dalle regole e dalle norme degli uomini comuni, disposta
a sperimentare tutti gli aspetti della realtà.

Come movimento organizzato il Decadentismo si esaurisce rapidamente e può dirsi estinto già nel 1890,
sostituito da un altro movimento, il Simbolismo, che era nato già negli anni Ottanta dalla scissione di
quello decadente.

Alcuni tratti del Decadentismo come movimento confluiscono nel Decadentismo come civiltà culturale e
artistica, che fiorisce in tutta Europa fra il 1890 e i primi anni del nuovo secolo. Ne sono esponenti: il
romanziere Oscar Wilde; in in Italia gli autori più rappresentativi del Decadentismo sono i poeti Giovanni
Pascoli e Gabriele D’Annunzio. Tuttavia, i temi decadenti sono riconoscibili nelle opere di altre due
grandi personalità letterarie, gli scrittori Italo Svevo e Luigi Pirandello.

Il Decadentismo europeo riprende le tematiche del primo Romanticismo tedesco e inglese, ma anche se
ne differenzia. Riprende indubbiamente dal Romanticismo nordico l’individualismo, la tendenza al
simbolismo e all’irrazionalismo, l’opposizione io-società. Mentre però il Romanticismo aveva fatto dei
sentimenti e delle passioni la propria materia preferita, il Decadentismo sceglie un’area più profonda:
quella dei presentimenti e dell’inconscio (si ricordi che la psicoanalisi di Freud nasce all’inizio del
Novecento). Inoltre il Romanticismo aveva esaltato l’artista come eroe e ribelle, sottolineandone gli
aspetti titanici e costruttivi: invece i decadenti amano la figura del dandy, personaggio eccentrico ed
estenuato, ammalato di civiltà e rivolto all’artificio.

I caratteri fondamentali del Decadentismo sono:

senso di crisi, di morte, di angoscia, di solitudine;

esaltazione della propria individualità, del proprio «io»: alla base del Decadentismo c’è una profonda
crisi dei valori ottocenteschi, che si esprime, in alcuni casi, anche nella teoria del «superuomo», un ideale
di uomo svincolato da ogni dovere morale, religioso e sociale, non più legato da vincoli di solidarietà nei
confronti degli altri uomini, ma indifferente alla sorte altrui e chiuso in un sentimento di superiorità.
Questa particolare esasperazione dell’individualismo costituirà la base ideologica delle future dittature
in Europa: il fascismo, il nazismo e lo stalinismo. Al di sopra di ogni principio morale, alcuni artisti
decadenti posero il valore della pura bellezza: è l’atteggiamento definito estetismo, che si traduce nella
ricerca, anche disperata, della bella parola, della forma pura;
mancanza di fiducia nella ragione e nella scienza come strumenti di rielaborazione della realtà e, al
contrario, la rivalutazione della componente irrazionale dell’uomo, della suggestione dei sensi e
dell’istinto; vengono esaltate le sensazioni, tanto più valide quanto più fuori dalla norma, originali e
raffinate;

anche la natura è sentita come oscura, impenetrabile, misteriosa;

l’unico tramite tra la realtà e l’uomo è la poesia, a cui è attribuita la funzione di illuminazione e di
rivelazione e il poeta è considerato come profeta e vate, cioè come colui che fra tutti gli uomini è in
grado di cogliere il significato nascosto della realtà; ne deriva che le parole poetiche non hanno più
peso, diventano musica e i versi, svincolati da ogni regola metrica, diventano rapidi, carichi di significato
e di simbologie.

Il Decadentismo italiano fiorisce soprattutto nel quindicennio 1890-1905. Si afferma infatti a partire da Il
piacere di D’Annunzio nel 1889 .

Il Decadentismo italiano presenta caratteri specifici. Si differenzia da quello europeo per i suoi tratti
spiccatamente umanistici e per il legame, ancora forte, con la tradizione classica. Di qui la ripresa da
parte di Pascoli e di D’Annunzio di motivi tradizionali, quali quello del poeta-vate risorgimentale, e la
tendenza a riproporre un ruolo protagonistico, anche in campo ideologico, della figura del poeta, che
era invece improponibile nelle altre nazioni. Anche la capacità di approfondimento delle tematiche
legate all’inconscio appare limitata.

Pascoli e D’Annunzio, pur molto diversi nelle loro manifestazioni artistiche, sono espressione di
quest’epoca di crisi e della nuova concezione della poesia, vista come rivelazione dell’inconscio,
dell’assoluto, del mistero che è la vita.

Il Decadentismo in Giovanni Pascoli – In Giovanni Pascoli si avverte sia la crisi del Positivismo sia la
sofferenza interiore dell’uomo, dovuta alle tragedie familiari; temi centrali e ricorrenti delle sue poesie
sono il dolore e il significato della vita. Gli uomini appaiono al poeta come creature fragili, vittime di un
destino sconosciuto, che li costringe a una vita difficile che forse non vale la pena di essere vissuta.

Il Decadentismo in Gabriele D’Annunzio – Gli aspetti del Decadentismo che si ritrovano in Gabriele
D’Annunzio sono principalmente l’estetismo, la concezione del superuomo e il nazionalismo. È invece
assente nelle sue opere il dramma della solitudine umana e dell’angoscia esistenziale; anzi, la solitudine
dell’intellettuale è vissuta come un privilegio aristocratico di distacco dalle masse. Il poeta può
influenzare gli altri, offrendo loro miti in cui credere e l’esempio di uno stile di vita che si pone al di fuori
di ogni regola e di ogni convenzione.

D’Annunzio vuole attuare una vita inimitabile e affronta anche nella realtà gesta clamorose, come
furono alcune sue imprese audaci durante la Prima guerra mondiale e l’occupazione della città di Fiume.

La poesia è concepita come creazione libera di pura bellezza, in contrasto con le «miserie» del Verismo;
la ricerca della parola musicale e suggestiva diventa fondamentale per realizzare l’estetismo artistico.
Verismo italiano

Il Verismo è una corrente letteraria non complessa che si sviluppa nel sud Italia tra gli ultimi decenni del
XIX secolo e i primi del XX secolo.

Questa corrente, insieme al Naturalismo in Francia, e al Realismo in Russia e Inghilterra, si basa sul
Positivismo, corrente filosofica. Il Positivismo analizza la realtà con il metodo scientifico.

Il Naturalismo e il Verismo: le differenze: Il Verismo deriva dal Naturalismo francese ma presenta anche
dei caratteri diversi e originali. Tutte e due le correnti sono basate sul vero, e gli autori si propongono di
raccontare la realtà, così com’è e senza abbellirla.

Mentre nel Naturalismo gli autori si occupano di descrivere le condizioni degli operai, il Verismo, che si
sviluppa soprattutto nel sud Italia, si occupa dei contadini (nel sud non sono presenti industrie).

Le caratteristiche del Verismo sono:

- la fotografia della realtà: gli scrittori devono descrivere la realtà così com’è, senza alterarla;

- il pessimismo: le opere dei veristi esprimono una concezione pessimista della vita; l’unità
nazionale non ha cambiato le sorti delle classi più povere;

- l’impersonalità: gli autori non devono commentare la realtà, e devono descriverla in modo
oggettivo (Giovanni Verga, nelle sue opere, cerca di rimanere imparziale; i critici, in seguito, leggendo le
sue opere, diranno che non è rimasto imparziale);

- il linguaggio: viene utilizzato un linguaggio dialettale, semplice e diretto al pubblico perché i


protagonisti delle opere sono le classi povere.

Gli scrittori: Il Verismo si sviluppa a Milano, la città della vita culturale. Le opere veriste rappresentano
soprattutto le realtà sociali dell’Italia meridionale e centrale.

Lo scrittore più importante è Giovanni Verga.

Verismo, caratteristiche

Le radici culturali del Verismo: Il Verismo nasce in Italia nella seconda metà dell'800 come conseguenza
degli influssi del Positivismo che suscitò negli intellettuali fiducia nel progresso scientifico. L'influenza
del Positivismo si manifestò in vari settori, fra i quali la letteratura. Esso è un movimento filosofico che
nasce in Francia attorno alla metà dell'800 e si diffonde grazie al francese A.Comte e all'inglese C.
Darwin.

Caratteristiche del Verismo: Verso la fine degli anni '70, grazie all'impegno critico di Luigi Capuana e al
genio narrativo di Giovanni Verga, si afferma il Verismo. Fra i principali motivi che contribuirono
all'affermazione di questo movimento vi fu prima di tutto la crescente attenzione verso lo sviluppo del
sapere scientifico, che sembra fornire gli strumenti più adeguati all'osservazione e alla spiegazione dei
fenomeni naturali e dei comportamenti umani. Il secondo elemento determinante fu l'emergere della
questione sociale in genere e in particolare, il diffondersi dell'interesse per le condizioni di vita del
Meridione, un argomento che costituiva la materia privilegiata per quell'analisi oggettiva della realtà che
i nuovi orientamenti della cultura consideravano un'esigenza primaria. Un ulteriore motivo di diffusione
fu la volontà di favorire la crescita del livello culturale dei ceti popolari.

La dottrina del Verismo fu elaborata nel centro culturale più vivace di quel periodo, l'ambiente milanese.
Colui che ne enunciò per primo i canoni teorici fu L. Capuana e il suo romanzo "Giacinta", può essere
considerato un vero e proprio manifesto programmatico della nuova poetica. Sulle sue teorie
esercitarono il loro influsso i modelli del realismo inglese, ma soprattutto i romanzi del naturalista
francese Emile Zola. Le idee del Capuana sul romanzo, ebbero una palese influenza su tutto il gruppo
della Scapigliatura lombarda e in particolare su G. Verga, che fu spinto verso il definitivo abbandono
della maniera tardo romantica.

Il Verismo che si diffonde in Italia, deriva direttamente dal Naturalismo, ma è fedele alla indicazioni
provenienti dalla Francia più nella teoria che nell'applicazione concreta. Verismo e Naturalismo
condividono una narrativa realistica, impersonale e scientifica, che non lascia trapelare nessun
intervento né giudizio da parte del narratore, mentre differiscono per quanto riguarda i contesti dove
sono ambientate le vicende. Il Naturalismo si focalizzava di norma su ambienti metropolitani e classi (dal
proletariato all'alta borghesia) legate alle grandi città e al loro sviluppo; il Verismo invece, privilegiava le
descrizioni di ambienti regionali e municipali e di gente della campagna. La piccola provincia e la
campagna, con la miseria e l'arretratezza, gli stenti e le ingiustizie sociali divennero i luoghi e i temi
prediletti de esso e contribuirono in modo decisivo a svelare aspetti profondi o addirittura sconosciuti
della realtà sociale.

Giovanni Verga: Vita: Nasce a Catania il 2 Settembre del 1840 in una famiglia di agiate condizione
economiche e di origine nobiliare. I tipi di educazione ricevuta sono sul piano politico, patriottica e
risorgimentale; sul piano letterario, sostanzialmente romantica. Fondamentali nella sua vita sono gli
anni fiorentini (1865-72), dove avviene l'incontro con L. Capuana, con il quale inizia un rapporto
d'amicizia e un sodalizio letterario. Più tardi si trasferisce Milano, città in cui vivacissimi sono gli scambi
letterari; nasce proprio in quegli anni la Scapigliatura. La fase milanese coincide con la maturità dello
scrittore e con la grande stagione dei capolavori. L'ultima fase della vita del Verga è caratterizzata dallo
scambio epistolare con la contessa Dina di Sordevolo, conosciuta a Roma e amata per tutta la vita.
Muore a Catania nel 1922.

Personalità: Discreto, solitario e riservato pur mantenendo sempre un tratto cortese, contrario a
qualsiasi forma di pubblicità, chiuso in una sorta di costante malinconia: erano questi gli aspetti del
Verga. Ne emerge l'immagine di un uomo sensibile, ma dal carattere difficile, per il quale l'approdo al
Verismo, rappresentò forse il mezzo ideale per nascondere se stesso dietro la propria opera. Egli visse in
un'epoca di transizione, caratterizzata dal passaggio dall'idealismo dell'Italia risorgimentale allo
scetticismo positivistico dell'Italia post-unitaria, tanto vero che questa rinuncia all'idealismo romantico
in nome di un atteggiamento di fiducia nella scienza si tradusse nel Verga in una forma di rassegnazione
e accentuò la sua visione pessimistica della vita, vista come una drammatica lotta in cui solo il più forte è
destinato a vincere e il più debole, fatalmente a soccombere.

Verismo, descrizione

Dal punto di vista cronologico nasce qualche decennio dopo il naturalismo francese. Tuttavia ha in
comune con il fenomeno francese la teoria dell’impersonalità. Il primo autore italiano a teorizzare il
verismo fu Luigi Capuana, il quale teorizzò la "poesia del vero"; in seguito tuttavia Verga, che dapprima
era collocabile nella corrente letteraria tardo romantica (era stato soprannominato il poeta delle
duchesse e aveva un successo notevole) intraprese la strada del verismo con la raccolta di novelle Vita
dei campi e infine col primo romanzo del Ciclo dei Vinti, I Malavoglia, nel 1881. In Verga e nei veristi, a
differenza del naturalismo, convive comunque il desiderio di far capire al lettore il proprio punto di vista
sulla vicenda, pur non svelando opinioni personali nella scrittura.
•Il fine dell'opera d'arte: il naturalismo francese ha un approccio positivo e crede che l’opera possegga
una valore sociale intervenendo nella società. l’unico senso possibile dell’attività letteraria sia nel suo
essere utile alla società, concependola come impegno civile, opera prestata alla costruzione della
società e alla sua crescita morale. In Italia, invece, si tende esclusivamente a denunciare una situazione
esistente fondata sulla componente darwiniana secondo cui gli ultimi sono destinati a soccombere in
una selezione naturale della razza.

•L'ambientazione: il naturalismo predilige luoghi suburbani. In Italia, invece, prediletto è il mezzogiorno


e i paesini a vocazione agricola e peschereccia che diventano emblema del fatalismo e della povertà; Si
rappresentano soprattutto le realtà sociali dell'Italia centrale, meridionale e insulare.

•Lo stile: nelle opere francesi la descrizione è quasi clinico - scientifica, secondo uno stile sobrio e
asciutto. Nelle opere italiane, invece, permane il filtro letterario per cui l’impersonalità rimane nei
contenuti, ma non nello stile e nella forma.

•Il verismo italiano presenta caratteri regionalistici derivanti da una situazione economica e sociale
segnata dal ritardo dell'industrializzazione e dalla centralità della questione contadina. Il naturalismo
francese, invece, conserva una certa integrità e omogeneità.

•Politica = gli scrittori veristi non attribuiscono, generalmente, alle loro attività letterarie quel valore
politico che è invece un dato fondamentale in molti autori francesi, vicini ai movimenti popolari e
socialisti.

Verismo e Realismo

Il Realismo è una corrente storica e letteraria che si sviluppa in Europa nel diciannovesimo secolo.

In Italia esso si diffonderà più tardi che nel resto dell’Europa – siamo intorno al 1874 - e sfocerà nel
Verismo.

Il Realismo nasce in seguito al Romanticismo, convenzionalmente terminato in Italia nel 1848, quando
questo si era già unito ed identificato da tempo con il Risorgimento e aveva acquisito tematiche di
carattere sociale.

Lo scopo è quello di mettere i giovani in guardia contro le false promesse ed il miraggio della città e del
progresso.

Tempo dopo, comunque, ecco che arriva anche in Italia il Realismo, il quale si trasforma in Verismo. Esso
nasce convenzionalmente 20 anni dopo il realismo, nel 1874, quando Verga pubblica “Nedda”.

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