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LETTERA CIRCOLARE

Annunzio del XXVI Capitolo Generale

“NON CI ARDEVA FORSE IL CUORE NEL PETTO MENTRE


CONVERSAVA CON NOI LUNGO IL CAMMINO?”
(Lc 24,32)

Mathew Vattamattam
Superiore Generale

Missionari Clarettiani – Curia Generalizia


Roma, 31 maggio de 2020

1
Carissimo fratello clarettiano:

1. Con questa lettera voglio dirigermi a te personalmente per invitarti a


partecipare al processo di preparazione del XXVI Capitolo Generale che speriamo di
celebrare nell’agosto-settembre del 2021. Mi rallegro che tu sia parte di questa piccola
e bella famiglia missionaria nella Chiesa. Insieme agli altri fratelli missionari ed a me
stesso, anche tu hai ricevuto una chiamata simile a quella degli apostoli e ti è stato
dato il dono di seguire Cristo in comunione di vita e di proclamare il Vangelo ad ogni
creatura, sulle vie del mondo intero (cf. CC 4). Parlando della nostra vocazione
clarettiana, possiamo dire che il Signore ci ha concesso lo stesso spirito che orientò il
nostro Fondatore (cf. Aut. 489).

1.- Sulla soglia del XXVI Capitolo Generale

2. Celebriamo, quest’anno, il 150° anniversario della morte del nostro Fondatore


all’ombra di una pandemia virale che ha tenuto milioni per persone in una
situazione di confinamento globale senza precedenti. Abbiamo dovuto
cancellare, ritardare o realizzare online la più parte dei nostri piani e progetti.
Manteniamo una distanza prudente con le persone vicine e ci colleghiamo senza
paura con quelle che stanno lontano. In questo tempo di pandemia così
cangiante, sembra che l’unica cosa chiara sia l’incertezza del futuro immediato.
La nostra certezza e la nostra sicurezza sono tuttavia nel Signore della Storia,
che è realmente presente in noi e fra di noi, dentro e fuori di questo tempo di
pandemia. I cambiamenti epocali con cui ci stiamo confrontando sono diventati
ancora più drammatici a causa dell’attacco di questa pandemia. Iniziano
dunque i preparativi del prossimo XXVI Capitolo Generale in un contesto tanto
mutevole.

3. Non possiamo vivere la situazione attuale senza approfondire il significato


teologico e vocazionale che ha per noi la nostra vita e missione in quanto
consacrati. Non possiamo lasciare di domandarci come altrimenti immaginare
la nostra vita missionaria a modo di una presenza profetica nel cammino
comune dell’umanità verso il suo destino ultimo.

4. La pandemia si è aggiunta alla lista interminabile di disgrazie, soprattutto delle


inaccettabili atrocità umane che ci sconcertano: la povertà di milioni di persone,
la distribuzione ingiusta dei mezzi, l’abuso sui minori (anche nella Chiesa), la
distruzione dell’ambiente, il traffico delle persone, le guerre, la discriminazione,
i gruppi fondamentalisti, il terrorismo, le false notizie, l’abuso dei mezzi di
comunicazione sociale, ecc. Si tratta di fenomeni che ecclissano l’immagine e la
somiglianza di Dio sul volto umano. Dinanzi alle lacrime di milioni di persone,
è molto probabile che ci si possa sentire impotenti e che ci manchi la forza che
fu di Pietro quando disse: “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho
te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, alzati e cammina” (Atti 3, 6).
Viviamo in un’epoca che denigra il valore della religione e della vita consacrata.
Per molti, la nostra vita basata sui consigli evangelici di castità, povertà e
obbedienza non ha alcun senso. Si è portata in tribunale la Chiesa cattolica e la
si è accusata di crimini come l’abuso sessuale, il maschilismo, il dispotismo
della gerarchia, ecc. D’altra parte, la stessa Chiesa ci esorta a lottare contro il
clericalismo, la mondanità spirituale ed altri mali degli agenti pastorali. Salvo
2
incontrarci sulla nostra strada col Signore risorto, come fu per Paolo e per gli
apostoli della Chiesa primitiva, saremo tentati anche noi di abbracciare il
mondo del cinismo, l’apatia e la disperazione che ci portano lontani dal luogo
della crocifissione e della risurrezione del Signore.

5. Per paradossale che questo possa apparire, Dio fa emergere le cose migliori del
suo popolo proprio nelle situazioni difficili. Vi sono molte cose belle che oggi
vanno nascendo nel mondo e che contribuiscono ad irrobustire la solidarietà
umana, l’attenzione ai poveri e alla natura. La celebrazione del Capitolo
Generale è per noi un momento di grazia che può aiutarci a rafforzare il vincolo
dell’unità, la visione globale della missione claretiana nel mondo
contemporaneo, la corresponsabilità, la missione condivisa e l’appoggio mutuo.
Assumiamo insieme un processo di discernimento collettivo di ciò che il
Signore ci chiede oggi.

2.- I tesori della Congregzione: le persone e le comunità

6. In primo luogo, ti invito ad unirti a me per ringraziare il Signore per ciascuno


dei 3.016 clarettiani che hanno consacrato a Dio Padre nello Spirito Santo per
mezzo di Gesù Cristo come figli del Cuore di Maria (cf. Formula di professione,
CC 159) e per i nostri 4.600 fratelli che ci hanno preceduto nel cielo.

La persona e i doni di ogni clarettiano

7. Sono certo che il ricordo della tua rima professione evocherà in te il calore del
“primo amore” clarettiano, la storia della chiamata amorosa di Dio e della tua
generosa risposta. Forse che la tua vocazione non è una storia dell’amore di Dio
nella grande storia che abbiamo scoperto insieme nella Chiesa come clarettiani?
Nella Congregazione ogni clarettiano conta. I doni con i quali giungi alla vita e
alla missione clarettiana hanno molta importanza. Ciascuno di voi collabora la
sua parte per compiere la nostra missione nella Chiesa condividendo
generosamente i propri doni e i propri mezzi e le proprie esperienze spirituali.
Mi ha commosso questo dono offerto generosamente contemplando il guizzo
veloce di amore che brilla negli occhi e nel sorriso avvolgente che emana dal
volto debole di alcuni nostri fratelli che soffrono cancro terminale o che sono
sul letto di morte a causa della vecchiezza. L’età e la malattia non impediscono
di donarci; il peccato e l’egoismo, sì. Di fatto, i doni che non condividiamo
impoveriscono le nostre comunità e la missione.

8. Apprezziamo e amiamo le migliaia di nostri fratelli che hanno impugnato il


vincastro e sono stati chiamati alla casa del Padre dopo aver concluso la loro
strada sulla terra (cf 2 Tim 4,7). La fede ci ricorda che continuano la loro
missione di là dall’altra sponda attraverso il mistero dell’intercessione. Il nostro
Padre Fondatore e i beati martiri sono in prima linea. Le loro storie sono fili
colorati nel tappeto della storia della Congregazione. I loro doni spirituali e la
loro vita donata fanno parte della nostra eredità spirituale.

Le comunità clarettiane, presenza missionaria nel mondo

3
9. I nostri fratelli provengono da più di 60 nazionalità. Abbiamo tuttavia
un’identità comune, un nome – Figli del Cuore Immacolato di Maria – che ci unisce in
una famiglia missionaria con una comune missione evangelizzatrice. La comunità
locale è l’unità più piccola della nostra vita e missione. Abbiamo nel mondo 612
comunità, organizzate in 31 Organismi Maggiori. La nostra vitalità missionaria
dipende dall’unione dei nostri fratelli all’interno delle comunità e della relazione con
la gente intorno. E’ nella comunità locale che ciascuno di noi apporta i suoi doni e i
suoi mezzi, e li mette al servizio della vita e della missione della nostra Congregazione
(cf. CC 11,1). Ciascuna delle nostre comunità ha molte belle storie di amore e servizio
da raccontare che non momenti di lotta e di divisione.

10. Ricordo a tal proposito la storia di una missione che fu affidata ai nostri
missionari negli anni 50’ nella periferia povera di Guayaquil (Ecuador). Vivevano costà
negl anni 50’ 300.000 persone che non avevano né una chiesa né altre installazioni
comuni. Dopo pochi anni, lo zelo dei missionari e la buona volontà della gente avevano
trasaformato quasi magicamente la missione. Dall’altra parte del mondo, intanto, un
gruppo di clarettiani di varie nazionalità erano stati espulsi dalla Cina nel 1952, dopo
tre anni di terribili sofferenze. Essi non ritornarono a casa, ma si spostarono nel
Giappone e nelle Filippine, per rafforzare le missioni in quelle nazioni. La missione di
Basilan è frutto di questa audacia. In effetti, i miracoli si producono quando i nostri
fratelli apportano i loro doni come quel bambino che mise a disposizione nelle mani
di Gesù cinque pani e due pesci. (Cf Gv 6,9). Allora, il Signore moltiplica tutto per dar
da mangiare al mondo affamato di Dio. Potremmo raccontare centinaia di bellissime
storie di impegno missionario nei vari continenti attraverso le comunità missionarie
formate da fratelli generosi e disposti.

11. E’ possibile che proprio adesso stiate pensando ad alcune comunità


problematiche e alle relazioni difficili che spesso spargono energia negativa e cinismo
nella propria comunità e scandalizzano le persone. Non possiamo negare che abbiamo
comunità che ci ricordano l’esistenza del peccato originale e le fragilità umane, ma non
costituiscono di una comunità clarettiana un modello da imitare, allo stesso modo che
una malattia non è la norma della salute fisica. Il disagio che a volte in essa si esprime
è frequentemente il gemito di una comunità che anela a crescere e ad entrare in una
tappa più altra di perdono e di amore.

12. Ho sottolineato l’importanza che ogni clarettiano e ogni comunità si


connettano con la fonte primigenia del cambiamento e della trasformazione nel
processo di rinnovamento congregazionista. I tre processi di trasformazione che
abbiamo coltivato nella Congregazione dopo l’ultimo Capitolo Generale debbono
essere il trampolino che ci spinge a continuare il nostro cammino verso il futuro.

3.- Che cosa pensi di fare di significativo per il XXVI Capitolo Generale?

13. Che ricordo hai della tua partecipazione e del tuo contributo nel passato o
nei passati Capitoli Generali? Sai che, secondo le Costituzioni, il Capitolo Generale è
la massima autorità della Congregazione e deve garantire il carisma dei nostri
confratelli in obbedienza allo Spirito (cf. CC 153). Come simbolo supremo della
comunità di vita e missione dell’intera Congregazione, “rappresenta autenticamente la
Congregazione intera ed esprime collegialmente la partecipazione e la cura di tutti i
confratelli per la vita della Congregazione e per la sua azione nella Chiesa” (cf. CC 153).
4
Il frutto del Capitolo dipenderà in buona misura dallo spirito di discernimento di tutta
la Congregazine, dei doni e dei mezzi che ogni clarettiano apporti. Per questo, vale la
pena di domandarsi: “Che esperienza significativa prevedo per il XXVI Capitolo
Generale”.

14. Secondo le nostre norme, un Capitolo Generale deve trattare problemi che
riguardano tutta la Congregazione, con la mente fissa nel Signore e aperta alle esigenze
di tutta la comunità (cf. CC 155). Le domande fondamentali che debbono dunque
guidarci sono: Che cosa il Signore chiede alla Congregazione oggi? Come ascoltiamo
quello che lo Spirito sussurra nel cuore dei nostri fratelli e delle nostre comunità?

15. Le nostre Costituzioni caratterizzano sei funzioni proprie del Capitolo


Generale. Le prime tre sono in relazione con il rinnovamento e l’attualizzazione della
vita e missione della Congregazione. Due ulteriori si riferiscono al fatto di offrire
direttrici su questioni pratiche e relative alla nostra vita comune. La sesta funzione è
l’elezione del Superiore Generale e dei sui consultori (cf. CC 155).

16. L’incontro del Governo Generale con i Superiori Maggiori di Talagante (Cile)
nel gennaio 2020, prevedeva che giungessimo alla soglia del XXVI Capitolo Generale
contenti dei preparativi realizzati mediante la ricerca collettiva di quello che Dio ci
chiede in questo momento della nostra storia. Seguendo la riflessione dei Superiori
Maggiori di Talagante e la domanda dell’ultimo Capitolo Generale (cf. MS 72,3), il
Governo Generale pensa ad una metodologia per la preparazione e la celebrazione del
Capitolo Generale che implichi il contributo attivo dei clarettiani. Il processo del
Capitolo deve coinvolgere tutti i clarettiani, e, nella misura del possibile, i nostri
collaboratori ed altre persone. L’incontro volle che usassimo uno stile narrativo e un
orientamento sinodale per facilitare le conversazioni nelle comunità e raccogliere i
frutti del loro discernimento per il bene di tutta la Congregazione. Come ho già
ricordato, la ricchezza della Congregazione è nei suoi missionari e nelle comunità.
Avremo l’opportunità di ascoltare gli “eroi” non conosciuti delle missioni clarettiane e
le storie non raccontate dell’evangelizzazione nelle periferie quali che siano ove siamo
presenti.

17. E’ probabile che inizialmente alcuni si sentano intimoriti trattandosi di uno


stile cui non sono abituati. Ti invito ad unirti ai tuoi fratelli per “costruire la strada
camminando”, come dice la sapienza degli antichi. Disponiamoci, dunque, insieme,
come Maria, ad essere guidati dallo Spirito per accogliere il futuro che Dio vuole co-
creare con la nostra libera e felice collaborazione alla Missione.

18. L’icona biblica che guida la nostra preparazione capitolare è la narrazione


dell’incontro di Gesù con i discepoli di Emmaus (cf. Lc 24, 13-35).

4.- L’itinerario di preparazione del XXVI Capitolo Generale

19. Presentiamo di seguito il calendario di preparazione del Capitolo Generale.

Calendario previsto nella fase preparatoria del Capitolo Generale


• 31 maggio 2020: Annuncio del Capitolo Generale.
• Giugno-Luglio 2020: Formazione e formazione delle commissioni dei
mediatori negli Organismo Maggiori.
5
• Agosto 2020 - aprile 2021: Riunioni precapitolari a vari livelli negli
Organismo Maggiori.
• Ottobre-dicembre 2020: Elezione dei delegati al Capitolo.
• 2 febbraio 2021: Convocazione del Capitolo.
• Maggio 2021: Riflessione precapitolare a livello di Conferenze.
• Agosto - settembre 2021: Celebrazione del Capitolo.

20. La preparazione precapitolare si avrà in ogni Organismo Maggiore con


l’aiuto di una équipe di mediatori dei rispettivi Organismi. Il Governo Generale ha
costituito una équipe centrale per facilitare il processo preparatorio del Capitolo
Generale1, per il quale non si richiederà l’abituale commissione precapitolare. Questo
processo si basa nella preghiera comune e in alcune “conversazioni” di discernimento
a livello locale, zonale, provinciale e continentale, per condividere le esperienze dello
Spirito in ogni contesto. In questo processo ascolteremo anche le voci di molte persone
straordinarie che lavorano strettamente con noi, in vari aspetti della nostra vita e
missione. Da parte tua, potrai apportare il tuo contributo al Capitolo Generale a partire
dalla tua esperienza di vita missionaria. Il metodo proposto per il discernimento è il
processo di Indagine Valoriale adattato al nostro contesto congregazionista ed
arricchito con contributi dalle caratteristiche similari2

5.- Messa a fuoco apprezzativa per capire l’azione dello Spirito in noi

21. I nostri cervelli sembrano programmati per trovare sbagli e imperfezioni


nelle persone, nelle cose, nelle situazioni. Ci sforziamo molto per sistemarci pagando
un alto costo emozionale e relazionale. Poche volte prestiamo attenzione a ciò che
funziona bene. Forse puoi paragonare la quantità di volte che hai provato gioia e
gratitudine per le molte cose buone che i tuoi fratelli fanno nelle loro comunità con le
volte in cui ti sei mostrato critico e irritato per i loro insuccessi o i loro fallimenti. Anche
se è necessario affrontare con fermezza tutto ciò che è incoerente nel nostro modo di
vivere, dobbiamo centrarci nei doni e nelle possibilità più che non nelle mancanze e
nei problemi, se davvero vogliamo coltivare i semi della creatività e della vita che vi
sono in noi. E’ più gratificante fermarsi sui doni e sui mezzi già presenti in noi e aprirci
alle possibilità che ci presenta il futuro che vivere la nostra vita e missione cercando di
risolvere i problemi.

22. Non da gloria a Dio il fatto che i missionari passino la vita curandosi le ferite
passate o riflettendo sui problemi attuali o colpevolizzando gli altri. La vita e l’amore
fioriscono quando abbiamo sogni da realizzare e ragioni per spenderci nella missione
o nel dare la vita per la causa del Vangelo. Abbiamo bisogno di riconoscere e di
affermare il meglio dei nostri fratelli e comunità; a dire: la loro forza, i loro talenti, la
loro vitalità, i loro mezzi, le potenzialità e i successi. Quanti semi di vita e fonti di futuro
si distruggono a causa della valanga di lamentele e colpe che si producono in molte
comunità. Facciamo un “cambiamento di paradigma” nella narrativa che vogliamo
creare insieme e che può segnalare una differenza positiva nelle nostre comunità.

1
L'équipe è composta da P. Gonzalo Fernandez (Coordinatore) e da P. Artur Teixeira e P. Henry Omonisaye.
2
Il metodo che adottiamo è influenzato dalle tendenze emergenti nei discernimenti gruppali che si applicano
nei Capitoli General di vari Istituti di Vita consacrata. Tra i molti contributi delle scienze sociali, abbiamo
beneficiato molto dell’Indagine Apprezzativa e la Teoria-U.

6
Condividiamo le storie che meglio esprimano l’azione dello Spirito in noi e più
rivitalizzano il nostro carisma.

23. Ti incoraggio a cercare insieme nel vostro circolo di “conversazione” ciò che
Dio vi invita a realizzare nella Chiesa come clarettiani. Abbiamo bisogno di aiutarci
reciprocamente a scoprire e mettere in comune i doni e i talenti che ciascuno dei
clarettiani possiede al fine di tessere insieme qualcosa di bello per Dio, sullo stile del
Claret.

6. Il ruolo della comunità nel processo di trasformazione

24. Benché la trasformazione individuale sia un aspetto fondamentale della vita


umana, la trasformazione sociale si ottiene quando la comunità assume
collettivamente la responsabilità del suo cambiamento e del suo progresso. La vitalità
congregazionista aumenta quando i clarettiani assumono collettivamente la
responsabilità della vita e della missione della Congregazione. Il benessere della
comunità dipende dalla qualità delle relazioni e della coesione che esistono tra i
membri. Questo vincolo del carisma ci dona la libertà di agire gli uni al servizio egli
altri e di valorizzare la nostra interdipendenza nella comunità e nella missione.
Quando i fratelli si curano gli uni degli altri si sentono responsabili e imparano a
rendere conto di ciò che fanno. Abbiamo bisogno di investire il “capitale clarettiano”
che è la nostra identità carismatica e il senso dell’appartenenza alla Congregazione. I
messaggi di congedo dei nostri fratelli martiri di Barbastro trascritti nei banchi, sugli
sgabelli i e sulle carte del cioccolato esprimevano il loro amore per “l’amata
Congregazione”3. La fedeltà alla nostra vocazione e l’impegno con la missione sino alla
fine emergono dalla nostra appartenenza a Cristo, alla Chiesa e alla Congregazione.
Guadagniamo vita quando siamo connessi. Non ti senti col desiderio di dare il meglio
di te stesso, con libertà, per favorire la vita e missione di una comunità nella quale senti
che ti riconoscono ed hanno fiducia in te? Apriamo i nostri cuori per tessere l’unità a
partire dalla diversità, la visione comune a partire da diverse prospettive, la decisione
riconosciuta a partire dalle diverse situazioni. La libertà, la responsabilità,
l’informazione veritiera e la trasparenza sono principi che debbono guidare le
comunità clarettiane.

25. Durante la preparazione del Capitolo dobbiamo rafforzare questo “capitale


clarettiano” di identità carismatica e di appartenenza mediante la partecipazione
responsabile ai vari livelli di “conversazioni” organizzate negli Organismo Maggiori.

7. Fare domande adeguate per le “conversazioni” generatrici

26. Le “conversazioni” generatrici non si riducono ad una serie di “chiacchiere


inutili” se non manchi una maggiore responsabilità e impegno. La qualità delle
“conversazioni” dipende dalle domande che poniamo per sondare ciò che è nel
profondo di noi stessi e tirar fuori il meglio di ciascuno per il bene della comunità. Che
tipo di conversazione potrebbe generare l’esperienza di generosità, di impegno, di
appartenenza alla comunità, di sentirci vivi? Certamente le domande che scatenano
discussioni, analisi interminabili, giustificazioni, ecc. non aiutano la comunità ad

3
La Lettera di congedo dei martiri di Barbastro, scritta dal Beato Faustino Perez, si apre con queste parole.

7
esplorare il terreno delle possibilità. Le “conversazioni” che si fermano sulla comunità
come problema pongono domande inquisitrici che normalmente provocano paura,
colpa, e vittimizzazione. Quando dobbiamo affrontare un momento difficile, fare
domande proattive (come possiamo affrontare questa situazione insieme?) o di
apprendimento (che cosa possiamo imparare da questa situazione per il futuro?) o di
discernimento (come vuole il Signore che rispondiamo a questa situazione da
clarettiani?) è cosa qualitativamente diversa da quella di porsi domande di lamentela
(perché io?) o di colpevolezza (chi è il responsabile?). La trasformazione di una
comunità avviene quando cambiamo il tipo di relazione e di conversazioni. Le
comunità generatrici sono create da “conversazioni” che rafforzano la volontà dei
propri membri di estrarre energia dai loro tesori spirituali, curano del benessere della
Congregazione e della sua missione e l’impegno conseguente a lavorare liberamente
senza aspettare in cambio nessun beneficio.

27. Le “conversazioni” generatrici si arricchiscono con i vari punti di vista e la


diversità di impostazioni sulla realtà. Non considerano mai le differenze come fossero
critiche o attacchi personali. Molte volte v’è una grande saggezze nascosta dietro
domande che appaiono “stupide”

28. Ti propongo alcune domande perché veda fino a che punto ti consideri
responsabile e generoso nel tuo impegno. In che modi penso di partecipare al processo
di trasformazione della Congregazione e contribuire con i miei doni a un
discernimento collettivo? Qual è il dono che mantengo per me e che non sono disposto
ad offrire alla comunità? Quanto sto investendo per il benessere della Congregazione?
In che modo ho contribuito a che si produca nel mio Organismo e nella Congregazione
ciò di cui mi lamento o che desidero cambiare?

8.- Necessità di un’impostazione narrativa

29. Il metodo dell’Inchiesta Riconoscente” utilizza l’impostazione narrativa che


si basa nel raccontare le storie. Il Vangelo che si manifesta attraverso le storie della
vita dei nostri missionari ci propone molto più che le belle idee delle loro riflessioni.
La nostra storia congregazionista è tessuta dalla vite del nostro Fondatore e di migliaia
di missionari le cui esistenze raccontano l’azione di salvezza di Dio nella Chiesa
attraverso la forza del nostro carisma. Gesù parlò in parabole e mediante metafore che
il nostro Fondatore imitò nella sua predicazione. In questo modo, il Claret divenne un
efficace missionario apostolico. Le “conversazioni” generatrici si danno quando
condividiamo la storia incarnata della Parola di Dio nelle nostre vite e non tanto
quando dibattiamo su argomenti basati nelle ideologie.

30. Ti raccomando che mediti il messaggio di papa Francesco per la 54 Giornata


Mondiale delle Comunicazioni Sociali (24 maggio 2020)4, che tratta principalmente
sulla narrazione di storie. Il Papa sottolineò che “spesso, nei telai della comunicazione,
invece che racconti costruttivi, che sono un agglutinante dei legami sociali e del tessuto
culturale, si fabbricano storie distruttive e provocatrici che sciolgono e rompono i
fragili fili della convivenza” (n. 2). Questo può accadere anche a noi. Talvolta mi hanno
divertito certe storie che circolavano sul Superiore Generale. Riconosco che in molti

4http://www.vatican.va/content/francesco/sp/messages/communications/documents/papa-

francesco_20200124_messaggio-comunicazioni-sociali.html

8
casi costituivano una “notizia” anche per me. Tu hai potuto avere esperienze simili. I
mezzi di comunicazione sociale hanno posto alla portata di tutti l’applicazione della
tattica nazi: “Ripeti frequentemente una menzogna e diventerà verità”. Seguendo
l’affermazione di Gesù: - La verità vi farà liberi – (Gv 8,32) –il nostro interesse deve
riguardare le storie vere e potenti che di ciascuno di noi fa emergere al meglio. Vale la
pena di domandarsi: Quale è la storia della tua comunità o della Congregazione che
senti raccontare più soventemente?”.

31. Le “conversazioni” generatrici accolgono e creano storie di amore e di


donazione che sono belle, vere e buone. Non si alimentano mai di notizie false o
pettegolezzi. In realtà, troviamo la direzione dello Spirito innestato negli avvenimenti
della nostra vita. Ciascuno di noi ha storie interessanti da narrare in conversazione.
Durante il periodo di preparazione del Capitolo Generale, riscopriamo le storie che
aiutano a ricuperare la bellezza della nostra vita e a scoprire la direzione che Spirito ci
invita ad assumere.

9.- L’icona biblica: Conversazioni sulla strada di Emmaus

32. Il racconto biblico dei discepoli diretti ad Emmaus (cf. Lc 24, 13-35) guiderà
il nostro itinerario sino al Capitolo Generale. Il Signore risorto si unisce ai due
discepoli scoraggiati lungo la strada e li inserisce in una conversazione generatrice.
Camminare è cosa paradigmatica; l’andare è continuo in direzione di una meta. Come
persone e come comunità, siamo sempre in cammino. Questo ci impedisce di rimanere
installati. Ricorderai che durante l’ultimo Capitolo Generale, papa Francesco ci
domandò che camminassimo con Dio verso nuove frontiere. Ci raccomandò di non
installarci per non corromperci

33. Teniamo in considerazione come importante sia stata la conversazione di


Gesù con i discepoli, fino al punto che cambiò decisamente la loro direzione. La
conversazione sulla strada li spinse ad approfondire l’esperienza vissuta alla luce delle
Scritture, a scoprire la presenza del Signore e a ricuperare il loro impegno missionario.
La storia avrebbe potuto concludersi in altro modo se si fosse optato per la
mormorazione, o c si fosse fermati ad una discussione politica sulla dittatura romana,
o a ridicolizzare le donne che avevano informato sulla tomba vuota, o a parlare di
progetti futuri. Di là da tutto questo, il Signore Risorto li condusse attraverso una
“conversazione” generatrice alla scoperta più ampia della loro vita: l’esperienza del
Signore Risorto.

34. La qualità delle nostre conversazioni determina la qualità delle nostre vite.
Questo è il kairós perché ci rinnoviamo insieme nella Congregazione, migliorando la
qualità delle nostre conversazioni. Sottolineerei tre elementi importanti nella
conversazione di Gesù con i due discepoli sulla via di Emmaus.

1) Disposizione dei discepoli

35. Nonostante l’inattesa tragedia della morte prematura e crudele del loro
amato Maestro, che precipitò il loro disperato ritorno ad Emmaus, i due discepoli non
avevano perduto la loro fondamentale apertura e la loro ricerca della verità che li aveva
portati a seguire Gesù prima della crocifissione. Questa apertura permise che il
Signore risorto si unisse a loro sulla strada. Con menti chiuse e cuori induriti e pugni
9
stretti, uno non potrebbe partecipare ad una “conversazione” generatrice. Il tratto
speciale e fondamentale della libertà umana è la responsabilità. E’ la capacità di
rispondere senza compulsioni alle opzioni fondamentali nella vita e ad assumerne le
conseguenze. Zoppicare sulla propria responsabilità e sulle opzioni vitali è come
officiare in vita il proprio funerale. Nel nostro cammino verso il Capitolo Generale
attiviamo la nostra responsabilità collettiva di co-creare il nostro futuro con lo Spirito
Santo. Il Capitolo Generale impoverirà se tu ed ogni membro della Congregazione
ritiene per sé stesso ciò che può offrire per favorire la vita e la missione della nostra
Congregazione.

2) Qualità delle conversazioni

36. La conversazione tra Gesù e i due discepoli fu profonda e generosa a causa


della qualità del loro ascolto reciproco e della loro auto-rivelazione. Gesù si avvicinò
ad essi come compagno di viaggio, si mise a camminare al loro fianco, manifestò un
autentico interesse per quello che stavano attraversando. Gli elementi della
comunicazione – l’ascolto e l’autorivelazione – si approfondirono armoniosamente,
ottenendo che uscissero dal loro mondo chiuso e si destassero. Scoprirono il disegno
di salvezza di Dio sull’umanità. Lo sperimentarono di prima mano nel riconoscimento
della persona di Gesù in mezzo a loro e nella scoperta di una missione rinnovata in
comunione con gli apostoli di Gerusalemme.

37. Le buone conversazioni sono indispensabili per raggiungere gli obiettivi di


un Capitolo Generale. Queste conversazioni devono darsi non solo nell’aula capitolare,
ma anche fin dal primo momento della nostra preparazione al Capitolo ai vari livelli
della Congregazione. Anche se stiamo comunicando continuamente, l’aspetto più
difficile nelle conversazioni è l’ascolto. Un buon ascolto aiuterà tutti a ricavare i tesori
nascosti nel cuore dei nostri fratelli e ad arricchire il processo di discernimento del
Capitolo. Ti invito a prendere coscienza dei quattro livelli di ascolto per migliorare la
nostra capacità di ascolto.

a) Livello 1: Eco. A questo livello, l’ascolto non ha luogo, dal momento che la
persona permane all’interno del suo cerchio mentale chiuso e ascolta solo ciò
che già conosce e ciò che riconferma le proprie idee ed opinioni, i propri
pregiudizi. Tutto ciò che va oltre, è scartato o negato. Si tratta, dunque, più di
un monologo che di un dialogo.

b) Livello 2: Discutere. A questo livello, uno si attacca alla sua propria


percezione anche se accetta di esporsi a una nuova informazione. Per questo,
lotta per proteggere le proprie percezioni previe ed ignora e rifiuta qualsiasi
informazione nuova. L’argomentazione di difesa impedisce l’ascolto autentico.

c) Livello 3: Ascolto empatico. A questo livello, la persona è disposta a porre


tra parentesi la sua propria prospettiva per uscire da sé medesima e per capire
l’altro. Qui siamo ad un livello più profondo. La persona è capace di porsi dalla
parte dell’altro e collegarsi all’esperienza di quella persona. Permette uno
sguardo più profondo a partire dalla prospettiva dell’altro. L’empatia trasforma
l’ostilità in ospitalità nonostante le varie prospettive offerte. Sulla via di
Emmaus, Gesù lascia che i discepoli esprimano ciò che essi vivono e ascolta la
loro frustrazione.

10
d) Livello 4: Ascolto generatore. A misura che l’ascolto si approfondisce, uno
si collega con il futuro emergente che si cela nel presente. A questo livello entra
in contatto col senso della vita e con il futuro che sta per nascere. Gesù apre le
menti dei discepoli perché possano capire come tutto si sia sviluppato secondo
il piano di Dio e percepire il significato profondo della crocifissione, morte e
risurrezione di Cristo. Ascoltare Gesù ravviva nei loro cuori il fuoco. Ed ecco la
vittoria della vita e dell’amore ben oltre la narrazione della passione che è
presente nella sua situazione attuale.

3) Invitare Gesù nel cerchio delle relazioni. La lectio divina nelle riunioni

38. La vita dei discepoli di Emmaus cambiò radicalmente quando aprirono il


loro piccolo cerchio per includere l’estraneo che camminava con loro e spiegava loro
la parola di Dio. Con Gesù nel loro cerchio, la cena normale mutò in Eucaristia, così
essi rivivendo lo stesso mistero pasquale che a Gerusalemme aveva innestato in loro
timore. Paradossalmente, Gesù scomparve alla loro vista esteriore e si rese visibile
nella loro interiorità. La paura e la confusione lasciarono il passo alla gioia e alla forza.
I due discepoli si posero immediatamente in cammino per unirsi a quella stessa
comunità di Gerusalemme dalla quale si erano distaccati nella disperazione.
Rientrarono nella comunità per mantenere “conversazioni” generatrici, per narrare ciò
che era loro occorso nl cammino e ascoltare le narrazioni degli altri che completano
l’insieme.

39. La “narrazione consolidata” che tesserono unendo alle proprie quella di


Gesù contemplato alla luce delle Scritture, mostrò loro chiaramente il grande disegno
salvifico di Dio per l’umanità e per tutta la creazione. Impararono un nuovo modo di
dar senso a tutto ciò che nella vita accade: raccogliere il significato di tutto alla luce
della Parola e unirsi al Signore presene nell’Eucaristia. Il giorno di Pentecoste capirono
che essi erano la continuazione della missione di Gesù nel mondo.

40. Non possiamo avere “conversazioni” generatrici come se stessimo seduti in


un tribunale dal quale ci accusiamo l’un l’altro. Le conversazioni cui si arriva
attraverso l’ego (che cercano cioè la propria grandezza o la propria vittimizzazione)
non portano una comunità ad ascoltare la voce dello Spirito. I nostri cuori hanno
bisogno di praticare l’arte dell’ascolto e la “conversazione” si fa generatrice nel silenzio
del cuore, là dove abita lo spirito di Cristo. E’ in questo santuario interiore il luogo nel
quale il nostro io, nudo, fa una prima auto-rivelazione, senza paura, davanti a Dio e
alla propria coscienza, e comincia ad ascoltare la voce di Dio. Questo è possibile solo
quando nel nostro progetto troviamo tempo per il silenzio e la preghiera personale. Le
virtù che Claret raccomanda al missionario, specialmente l’umiltà, l’amore e la
mansuetudine, meglio ci preparano alle “conversazioni” generatrici. La vita del nostro
Fondatore ci manifesta chiaramente come affrontare le sfide della vita trasformandole
in preghiera e come discernere il cammino da seguire mediante conversazioni di
discernimento con i compagni e gli accompagnanti. I vari incontri che avremo durante
questo periodo precapitolare debbono includere uno spazio di preghiera per ascoltare
la Parola di Dio e condividere le storie del nostro incontro col Signore.

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Conclusione

41. In questo anno per noi giubilare, l’omaggio adeguato alla vita del Fondatore
è la partecipazione responsabile di tutta la Congregazione ad un’esperienza di
rinnovamento integrale, così come lo desidera il Capitolo Generale. Si tratta di un
cammino permanente della nostra peregrinazione congregazionista sulla terra. E’ una
peregrinazione; e il cammino è tanto importante come importante la sua destinazione.
Facciamo dell’itinerario della peregrinazione capitolare un’esperienza rinnovatrice. Il
Governo Generale ha preparato una guida per gli animatori che dovranno facilitare i
vari incontri. Raccomandiamo questo avvenimento del Capitolo Generale
all’Immacolato Cuore del Cuore di Maria nostra Madre, attraverso cui Dio ha tessuto
la più grande storia mai raccontata, “la Parola si è fatta carne ed è venuta ad abitare
in mezzo a noi”.

42. In questa festa di Pentecoste, apriamoci all’effusione dello Spirito Santo,


autore del rinnovamento e della rigenerazione della Chiesa. Da parte nostra,
collaboriamo con lo stesso Spirito per narrare belle storie dell’amore di Dio attraverso
la nostra vita e missione. Così, faremo nostro il “Fiat” del Cuore di Maria, nostra
Madre, che si offrì a Dio incondizionatamente perché tessesse in lei la più grande storia
mai raccontata: “Il Verbo di Dio è venuto ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 14).

Roma, 31 maggio 2020


Solemnità de Pentecoste

Mathew Vattamattam, CMF


Superiore Generale

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PREGHIERA
PER IL XXVI CAPITOLO GENERALE
Ti ringraziamo, Padre,
perché ci hai chiamati
a seguire Gesù, tuo Figlio,
e perché ci invii, come gli apostoli
e il nostro fondatore,
Sant’Antonio Maria Claret,
ad annunciare nel mondo intero
la Buona Notizia della salvezza.

Radicati in Te
e nell’amore al prossimo,
ti chiediamo: mandaci il tuo Spirito
perché possiamo discernere la tua volontà
sulla nostra Congregazione
in questo ventiseiesimo Capitolo Generale.

Come figli del Cuore di Maria,


affidiamo a te il nostro peregrinare
perché, trasformata
la nostra vita-missione,
siamo audaci e credibili
missionari del Vangelo.
Amen.

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