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Questo articolo esamina la teoria della copertura assicurativa ottimale in presenza di un rischio non assicurabile.

Viene
mostrato che i teoremi riguardanti il livello ottimo di assicurazione e la forma ottimale di un contratto assicurativo
reggono solo sotto delle assunzioni di mercato e rischio ristretto. In particolare, le condizioni di sufficienza per una
soluzione ottima con full coverage o con contratti con franchigia dipendono dalla correlazione tra il rischio assicurabile
e quello non assicurabile. Questi risultati possono fornire una spiegazione parziale del perché la teoria esistente è
spesso contraddetta dal comportamento osservabile.

1.
Nel campo della finanza, è risaputo che la misura appropriata della rischiosità di un asset è il suo contributo
alla rischiosità del portafoglio dell’investitore, rispetto al suo rischio considerato separatamente.

Però, ad eccezione di Doherty (1981) e Mayers and Smith (1983), i quali hanno dimostrato
l’interdipendenza tra assicurazione e “portfolio decisions”, questa semplice premessa non ha trovato
riscontri nella letteratura economica riguardante l’acquisto di assicurazione ottimale.

Questo è un lato negativo in quanto i mercati assicurativi trattano i cosiddetti “rischi puri” (sono possibili
solo perdite) e dovrebbero fornire un esempio di comportamento volto alla ripartizione del rischio. Lo
scopo di questo articolo è di riesaminare le strategie di copertura assicurativa ottimale in presenza di un
rischio non assicurabile.

Definiamo il mercato assicurativo come incompleto se i contratti contingenti (polizze assicurative) non
possono essere sottoscritti per coprire tutte le possibili perdite. In altre parole, alcuni rischi sono non
assicurabili. Nonostante sia facile immaginare rischi per i quali non ci sia nessun mercato assicurativo
organizzato, potrebbe risultare difficile immagine un rischio per il quale non può essere sottoscritto un
contratto assicurativo personalizzato. Ad esempio, non esiste alcun mercato assicurativo per evitare
l’annullamento di contratti di leasing sui computer, ma Lloyd ha creato e rilasciato contratti di questo tipo
alla fine degli anni 70. I progressi tecnologici hanno portato all’annullamento della maggior parte dei leasing
assicurati in quanto le aziende sono passate ad apparecchiature informatiche meno costose e, dopo che
tutti contratti sono stati conclusi, le perdite di Lloyd ammontavano ad 1 miliardo di dollari.

Nel caso Lloyd, le probabilità dei claims sulle perdite non erano indipendenti, ma erano invece soggette
simultaneamente al rapido progresso tecnologico in campo informatico. Questo ha portato ad una
situazione di rischio non diversificabile. Conseguentemente, i mercati assicurativi non possono coprire tutto
il rischio e non possono offrire a tutti i partecipanti un set completo di claims in tutti gli stati del mondo.
Questo rischio non diversificabile è stato nominato “rischio sociale”, e alcune implicazioni riguardo ai
mercati assicurativi sono state trattate da Hirshleifer and Riley (1979).

Oltre alle difficoltà nell’ assicurare altri “rischi sociali” come guerra, terremoti, rischi nucleari o condizioni
generali del mercato, possono sorgere problemi anche dall’asimmetria informativa, come moral hazard o
adverse selection. Questi problemi sono ben trattati in letteratura (H. and R. 1979) e non saranno trattati
qui, se non per dire che possono precludere la disponibilità di assicurazione ad alcuni individui per
determinati rischi. Il costo dell’acquisizione di informazioni può fornire una barriera all’entrata
sufficientemente grande da scoraggiare l’acquisto di assicurazione su alcuni asset rischiosi. Anche senza
problemi informativi, si può ottenere lo stesso risultato se i costi di transazione per scrivere il contratto o i
costi di ricerca dell’assicuratore sono troppo alti.

Molti articoli recenti (…) esaminano la misura di avversione al rischio di Arrow-Pratt in questo tipo di
mercato. Questi articoli si focalizzano sulla nozione di “more risk averse”, e per la maggior parte si
concentrano nel caso in cui perdite assicurabili e i rischi di fondo non assicurabili siano variabili casuali
indipendentemente distribuite. Il focus in questo articolo è un po’ diverso. Ci preoccupiamo della strategia
di acquisto ottimale di assicurazione di un individuo avverso al rischio. In particolare, riesaminiamo 3
proposizioni ben conosciute. La prima è il principio di Bernoulli, che afferma the gli individui avversi al
rischio sceglieranno copertura completa quando il premio assicurativo è uguale al valore atteso della
perdita (definita assicurazione “actuarially fair”). Il secondo deriva principalmente da Mossin (1968) e da
Smith (1968). Con un “positive loading” proporzionato, la condivisione del rischio tra assicurato e
assicuratore è sempre soluzione ottimale, mentre la full coverage è una soluzione subottimale. La terza
proposizione deriva da Arrow (1963) ed è stata meglio sviluppata da Raviv (1979). Questa stabilisce che i
contratti con franchigia sono preferiti dagli assicurati rispetto ad equivalenti contratti di coassicurazione. Lo
stesso ragionamento si applica all’assicuratore. Vedremo che queste proposizioni sono valide sotto
condizioni di mercato e rischio ristretti.

2.
In questa sezione, riesaminiamo le prime tue proposizioni sopracitate in un mercato incompleto.
Consideriamo l’esempio più semplice di questo tipo di mercato, nel quale ci sono due possibili perdite,
ognuna con 2 stati di natura. Di conseguenza, ognuna delle due perdite può verificarsi o meno. Questo
porta a 4 distinti stati di natura:

1. nessuna perdita.
2. perdita assicurabile.
3. perdita non assicurabile.
4. perdita assicurabile e non assicurabile.

Siano I e N rispettivamente le perdite assicurabili e non assicurabili, e “π I” e “πN” le rispettive probabilità che
la perdita si verifichi, vediamo che il prospetto della ricchezza dell’individuo è il seguente:

dove A è il livello finale di ricchezza senza perdita e π N|I è la probabilità condizionata di una perdita non
assicurabile, data una perdita assicurabile.

L’individuo è avverso al rischio. L’assicurazione può essere effettuata su I ma non su N. In questo modello
semplificato, è sufficiente considerare solo la coassicurazione, nella quale l’assicuratore trattiene una parte
α della perdita, lasciando all’assicurato (1-α)I. Il premio è definito in relazione alla probabilità stimata
dell’individuo della perdita assicurabile. Non ci occupiamo di problemi di informazioni riguardanti la perdita
assicurabile, assumendo che assicuratore e assicurato abbiano la stessa stima della distribuzione della
perdita. Con l’assunzione di loading proporzionale, il premio assicurativo fissato α è:

(1)

Dove m è il markup.
Se l’individuo stipula un contratto assicurativo con coassicurazione a livello α, l’utilità attesa può essere
scritta come:

(2)

La FOC per massimizzare la (2) è facilmente derivabile, e la SOC è facilmente verificata. Se viene scelta full
coverage, la ricchezza sarà uguale negli stati 1 e 2 e negli stati 3 e 4. Questo implica che U’ 1 = U’2 e che U’3 =
U’4, dove U’i denota l’utilità marginale nello stato iesimo. Valutando la FOC con α=1 (full coverage),
otteniamo:

(3)

Full coverage sarà una soluzione ottima se la (3) = 0. Se imponiamo α≤1 tale per cui è impossibile richiedere
“over insurance”, allora per avere una soluzione ottima, a (3) deve essere non negativa.

Innanzitutto, consideriamo il caso dove i prezzi assicurativi sono fair. Questo si ha quando m=0. Se le
perdite assicurabili e non assicurabili sono distribuite indipendentemente, allora π N = πN|I e la (3) = 0. Di
conseguenza, il principio di Bernoulli è valido.

Supponiamo che I e N non siano indipendenti. Consideriamo che U’ 1 < U’3 dato che U’’<0 e N>0. Dato che
m=0, la (3) sarà positiva (o negativa) se πN è < (o >) di πN|I. Se le due perdite sono correlate positivamente,
allora πN < πN|I e quindi la (3) è positiva è la soluzione ottimale sarebbe over insurance (α>1). Il motivo di ciò
è chiaro. Dato che N non può essere assicurato direttamente, se N e I sono correlati positivamente,
assicurarsi più del 100% su I permette di ottenere una protezione parziale anche per N.

Se invece I e N sono correlati negativamente, la (3) è negativa quando m=0. Quindi, la soluzione ottimale è
inferiore alla full coverage. In questo caso, la correlazione negativa tra I ed N comporta una barriera
naturale contro l’incertezza. Assicurarsi completamente contro I eliminerebbe questa barriera.

Considerando l’analisi precedente, possiamo vedere che il principio di Bernoulli vale solo se I e N sono
indipendenti o quando sono correlati positivamente, se α viene imposto ≤1.

Spostandoci al caso in cui m>0, possiamo facilmente verificare che la (3) sarà negativa se α=1 sia con
correlazione negativa tra le due perdite, sia con indipendenza. Di conseguenza, la soluzione ottima è
inferiore alla full coverage. Se però esiste correlazione positiva tra le due perdite, allora π N<πN|I e parte della
(3) diventa ambigua senza aggiungere altre informazioni. Se m è così grande tale per cui questa parte della
(3) è positiva, allora la (3) sarà negativa per α=1 e di conseguenza la soluzione ottimale sarà inferiore alla
full coverage (infatti, possiamo sempre trovare un m sufficientemente grande da portare a questo
risultato). È chiaro però che full coverage o over potrebbero anche essere soluzioni ottimali, sotto
appropriate condizioni. Di conseguenza, la proposizione di Mossin-Smith (la quale afferma che α<1 è una
soluzione ottima se m>0) vale finché la correlazione tra I e N è non positiva. Quando c’è correlazione
positiva, la proposizione non vale in generale, anche se non viene comunque violata. Questi risultati sono
paralleli a quelli per la scelta ottima di portafoglio (Markowitz 59 e Sharpe 63) nella quale la correlazione
gioca un ruolo centrale nella determinazione dei prezzi dei titoli.

La tabella che segue riassume i principali risultati ottenuti (ignorando vincoli di α)

Un esempio interessante si ha quando π1 = π4 e I = N. In questo caso, c’è correlazione negativa perfetta.


Senza assicurazione, non c’è incertezza nel prospetto di ricchezza complessiva. Anche in caso di prezzi fair,
l’acquisto di assicurazione comporta rischi senza cambiare il valore atteso. Di conseguenza, non assicurarsi
è la scelta ottimale. Se m>0 e α non viene imposto come non negativo, avremo come soluzione ottima un α
negativo. Il contratto ottimale porterebbe l’individuo (assicurato) a ricevere il premio nello stato di non
perdita, e a pagare una cifra all’assicuratore se la perdita si verifica. Nonostante un contratto del genere
non sia fattibile nell’ambito assicurativo, è analogo alla decisione di piazzare, piuttosto che comprare, un
contratto all’interno dei mercati delle opzioni.

3.
Un risultato ormai consolidato, risalente ad Arrow (1963), è che l’assicurato avverso al rischio preferirà una
polizza con franchigia rispetto ad una polizza alternativa che ha lo stesso valore atteso in cui le perdite
vengono pagate su base proporzionale. Le preferenze per l’assicuratore sono opposte. Questi risultati sono
stati estesi da Buhlmann e Jewel (1979) e da Raviv (1979) per mostrare gli scambi di assicurazione e
riassicurazione delle varie forme Pareto efficienti e da Doherty (1980) che considera le preferenze
dell’assicurato e dell’assicuratore su un insieme più ampio di dispositivi di risk-sharing.

Consideriamo un prospetto della ricchezza che include una piccola perdita assicurabile I S, una grande
perdita assicurabile IL, e una perdita non assicurabile N. Per considerare l’impatto delle probabilità
condizionate, definiamo sei stati di natura:
Dove πS e πL sono rispettivamente le probabilità di IS e di IL. Un contratto con franchigia pari a I S può essere
definito con il seguente payoff:

In alternativa, consideriamo un contratto con payoff:

Nota che C e D sono identici quando α=f(α)=0

Se i contratti C e D sono disponibili allo stesso prezzo P, e se i due payout hanno lo stesso valore atteso, il
teorema di Arrow suggerisce che il contratto con franchigia è preferito dall’assicurato. Definendo f(α) per
assicurare l’uguaglianza dei valori attuariali, otteniamo:

o, in modo equivalente,

(4)

Sostituendo f(α) in C e semplificando il reddito dello stato 3 e 6, possiamo riscrivere la funzione di utilità
come segue:

(5)

Scegliere α per massimizzare l’utilità attesa richiede che:

(6)

La SOC della (6) è facilmente verificata.

Consideriamo il caso in cui i rischi assicurabili e il non assicurabile siano indipendenti.

In questo caso, πL|N = πL e πS|N = πS. Quindi, la (6) si diventa:

(7)

La soluzione della (7) richiede che


(8) U’2 = U’3 e che U’5 = U’6

Questo implica che il reddito negli stati 2 e 3 e negli stati 5 e 6 è identico. Questa condizione è soddisfatta
solo se α=0, che definisce il contratto con franchigia D. Il teorema di Arrow è verificato sotto queste
condizioni. Però è anche evidente che altre soluzioni possano essere valide.

Per vedere che il teorema di Arrow potrebbe non valere se eliminiamo l’assunzione di indipendenza,
consideriamo la (6) quando α=0. Dato che U’2 = U’3 < U’5 = U’6, e dopo alcune manipolazioni, otteniamo:

(9)

Supponiamo ad esempio che ci sia correlazione positiva tra la perdita piccola e la perdita non assicurabile, e
che ci sia correlazione negativa tra la perdita grande e la perdita non assicurabile.

Quindi, πS < πS|N e πL > πL|N. Di conseguenza la (9) è positiva, che implica anche un α ottimo positivo, e la
preferenza per un contratto con franchigia non vale. In modo analogo, se le correlazioni precedenti sono
opposte, allora α ≤0.

Nel caso sopra citato, con correlazione positiva tra I S e N e correlazione negativa tra IL e N, la soluzione
ottima prevede α positivo. Considerando l’equazione (4), non abbiamo precluso la possibilità che α sia
sufficientemente grande tale per cui f(α)>1. A prima vista, un contratto fon f(α)>1 sembra strano, in quanto
pagherebbe meno quando si verifica la perdita grande (I L) rispetto a quando si verifica la perdita piccola (I S).
Tuttavia, date le correlazioni assunte in questo caso, l’individuo potrebbe davvero preferire un contratto del
genere, in quanto la perdita non assicurabile N viene accompagnata più facilmente dalla perdita I S rispetto
ad IL.

Il contratto C può essere definito come contratto di coassicurazione in quanto l’individuo sopporta una
percentuale delle perdite. Molta della letteratura ha considerato un contratto più semplice in cui
l’assicurato conserva la stessa percentuale delle perdite (α=1-f(α). Esistono alcuni insiemi di probabilità tali
per cui α=1-f(α) è una soluzione ottima.

L’analisi precedente mostra che le preferenze assicurative sono deboli quando le perdite assicurabili sono
correlate negativamente con le perdite non assicurabili e sono invece forti quando la correlazione è
positiva. Di conseguenza, possiamo immaginare perdite di diversa grandezza, ognuna delle quali con la
propria correlazione con la ricchezza non assicurabile. Se le piccole perdite sono correlate negativamente
con le perdite non assicurabili (e le grandi perdite positivamente), il caso di un contratto con franchigia è
forte. Mantenendo le piccole perdite, l’individuo trae beneficio dalla compensazione del rischio con le
perdite non assicurabili. Ma questo ragionamento può essere invertito. Se le piccole perdite sono correlate
positivamente e le grandi negativamente con le perdite non assicurabili, allora il contratto con franchigia
diventa poco attraente.

La proposizione di Arrow vale se le perdite assicurabili e non assicurabili sono indipendenti tra di loro. La
soluzione è un ottimo non vincolato. Lo stesso risultato vale per una soluzione d’angolo se le piccole perdite
sono correlate negativamente mentre le grandi perdite sono correlate positivamente con le perdite non
assicurabili, e α imposto come non negativo. Quando però queste correlazioni sono l’esatto opposto, il
contratto ottimo richiede che l’individuo si assicuri almeno una parte della piccola perdita e mantenga
almeno una parte del surplus delle grandi perdite sulla franchigia.

Arrow (1963) ha anche dimostrato che un assicuratore avverso al rischio preferisce sottoscrivere un
contratto di coassicurazione rispetto ad un contratto con franchigia attuarialmente equivalente. Sebbene
non siano presenti prove qui, è evidente che anche questo risultato si basi sull’assunzione di completezza
del mercato oppure su correlazioni particolari tra il passivo dell’assicuratore e il suo portafoglio di asset.

Basandosi rispettivamente sui ranking dell’assicuratore/assicurato di modelli di contratti alternativi,


Buhlmann e Jewell (1979) e Raviv(1979) hanno dimostrato che il contratto assicurativo pareto efficiente
contiene una franchigia, con condivisione proporzionale del rischio sulla franchigia. Sembra che questi
risultati siano validi solo se le perdite assicurabili siano indipendenti sia dalla ricchezza non assicurabile
dell’assicurato, sia dai portafogli di asset dell’assicuratore. Violare queste condizioni può comportare delle
correlazioni particolari che invalidano i modelli di Raviv e di Buhlmann e Jewell.

4.
Il portafoglio di asset detenuto da un individuo o da un’impresa è soggetto a rischi di natura assicurabile e a
rischi per i quali non esiste un mercato assicurativo. Tra i primi abbiamo incendi e incidenti aerei, mentre
tra i non assicurabili abbiamo variazioni di reddito (di un individuo o di un’impresa) derivanti da abilità
lavorative imprenditoriali o personali e da variazioni macroeconomiche. Le interazioni tra questi elementi
del portafoglio hanno implicazioni significanti per le strategie assicurative. La diversificazione e la
correlazione negativa possono fornire un sostituto per gli acquisti assicurativi convenzionali, e i risultati
derivati sotto l’assunzione di un mercato completo possono risultare incorrette.

La letteratura assicurativa contiene svariati casi in cui i modelli assicurativi non erano compatibili con il
prospetto di utilità attesa. Questi includono il mancato acquisto di assicurazione convenzionata, una
propensione a livelli alti di assicurazione quando i contratti sono sfavorevoli, la preferenza ad assicurarsi nei
confronti di piccole perdite molto probabili anziché assicurarsi su grandi perdite ma poco probabili, la
coesistenza dell’assicurazione e del gioco d’azzardo, e infine l’assicurazione simultanea su alcuni rischi e la
conservazione di altri. Anche se esistono spiegazioni per queste forme di comportamento, a volte
richiedono che l’assunzione di avversione al rischio venga rigettata per almeno una parte del dominio della
funzione. Queste forme di comportamento potrebbero essere meglio assimilate all’interno del prospetto di
utilità attesa svolgendo il problema in un contesto di mercato non completo. Le decisioni di
massimizzazione dell’utilità dipendono quindi dalle correlazioni tra gli asset all’interno del portafoglio
dell’individuo. In base al segno e al livello di queste correlazioni, possiamo trovare individui che si
assicurano pienamente su alcuni rischi e conservano gli altri. Le strategie di acquisto “all or nothing”
diventano più frequenti di come previsto e sembrano “sfidare” i termini attuariali in base ai quali il premio
assicurativo viene calcolato. Possiamo anche ingrandire questo approccio di coprire più stati di perdita per
mostrare come la diversificazione potrebbe fornire un sostituto all’assicurazione. (un approccio
comparabile è stato adottato da Doherty[1981] e da Mayers e Smith [1983] usando l’approccio “familiare”
media-varianza).

Più specificatamente, questo articolo dimostra che le strategie ottime di acquisto di assicurazione
dipendono dalla correlazione tra i rischi all’interno del portafoglio di un individuo. Le implicazioni di questa
piccola osservazione possono essere di vasta portata. Anche in casi in cui i mercati assicurativi siano
completi, il costo da subire(prezzo) per comprare assicurazione direttamente su un rischio individuale deve
essere confrontato con le alternative di over insurance volontario o under insurance su altri asset rischiosi.
Ad esempio, potrebbe risultare più economicamente efficiente sovrassicurare l’asset A anziché comprare
direttamente assicurazione sull’asset B. Come risultato, la metodologia impiegata in questo articolo può
essere estesa oltre il presente contesto di mercato incompleto.

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