Sappiamo – come dicono dagli anni Sessanta i cognitivisti americani di Palo Alto – che
non si può non comunicare. Ma sappiamo anche di più: la comunicazione non è una scelta.
È l’ambiente in cui viviamo e respiriamo. Ogni azione è una comunicazione, nella vita
individuale, nella vita sociale, nelle relazioni istituzionali. Non a caso per i mass media si
parla di industria della comunicazione. I media servono a trasformare l’informazione e la
comunicazione in un affare, un’industria appunto. Dove non conta tanto la qualità e
l’affidabilità quanto piuttosto la vendita di prodotti che confezionano le notizie, danno loro
una veste grafica accattivante, e scelgono le notizie da pubblicare in base ai gusti del
“pubblico”. Cosa sia “il pubblico” è questione complessa e non posso parlarne qui.
Ma il primo dato è: la comunicazione non è una scelta, non ci si può sottrarre. Conosco una
ragazza anoressica e chiusa in se stessa, con idee di suicidio che mi dice: tanto parlare non
serve e quando vado dallo psicologo perché mio padre mi costringe, io sto zitta e lui non sa
niente di me. Ha evidentemente sgranato gli occhi nell’apprendere che il suo silenzio è in
realtà una comunicazione precisa. Il suo silenzio parla. Lei non lo avrebbe immaginato.
Negli ultimi anni la comunicazione è cambiata, con la diffusione dei social media per cui
ogni persona con un collegamento ad internet, un pc, uno smartphone, può trasferire
qualsiasi contenuto in rete. Gli interessi individuali ed economici sono enormi. Si possono
indurre le persone a comportarsi in un modo o in un altro. La propaganda politica ne ha
giovato e gruppi senza scrupoli possono indirizzare i voti degli elettori, semplicemente
sfruttando la credulità. Lo abbiamo visto all’opera nelle elezioni Usa del 2016, nel voto per
la Brexit e in tante situazioni.
L’analisi e i centri di ricerca internazionale parlano di questo fenomeno dando un nome
preciso: disordine informativo, information disorder. Non parlo di fake news e neppure di
post-truth. Information disorder è più specifico. Comprende alcuni meccanismi coordinati:
si crea dall’alto la “disinformazione”, ovvero informazioni false con lo scopo di creare
confusione, danno e orientare l’opinione pubblica; si crea dal basso la “misinformazione”
ovvero la condivisione di notizie non verificate; le notizie appositamente studiate per
danneggiare l’immagine di singoli, comunità, prodotti o aziende è la “malinformazione”.
Questo tre aspetti coordinati tra loro delineano “information disorder”. Una strategia
pianificata, asservita ad interessi economici, finanziari, politici.
È una sfida per le democrazie, per la tenuta di un sistema democratico. È un attacco alla
credibilità delle istituzioni sociali, politiche e per la scienza è un attacco alla tenuta delle
analisi scientifiche.
Un esempio che riguarda il Coronavirus è quello del sistema VAERS negli Usa. Tra l’11
dicembre 2020, quando la FDA ha autorizzato per la prima volta un vaccino anti COVID, e
il maggio 2021 gli articoli che menzionavano VAERS avevano ricevuto oltre 1,1 milioni
interazioni su Facebook. Oltre l’80% dei post di Facebook che commentavano i dati del
VAERS proveniva da siti Web classificati come inaffidabili. Il VAERS è organizzato
come un sistema di segnalazione passivo in cui chiunque può inviare una comunicazione,
anche in maniera anonima, e si limita a raccogliere le segnalazioni senza verificarle. Per
questo motivo non può essere considerato una fonte affidabile di dati sugli effetti avversi
dei vaccini. Sul database si può trovare di tutto, anche segnalazioni prive di un
collegamento plausibile con un vaccino, come casi di persone morte in un incidente
stradale mentre tornavano a casa dopo essere state vaccinate.
Dunque l’information disorder è la sfida da affrontare ed i social media sono oggi il terreno
di propaganda in grado di influenzare la credibilità della scienza e la tenuta dei nostri
sistemi democratici. In che modo?
. La corretta informazione è uno sforzo costante, non dobbiamo dare niente per scontato.
. Divulgare è un compito complesso, difficile, essenziale.
. Le istituzioni hanno il compito di dare ai cittadini una informazione corretta e indicare
anche i limiti di quello che sappiamo.
. Gli scienziati, gli ordini professionali, le associazioni di categoria, hanno il dovere di far
sentire la loro voce.
. A livello internazionale le istituzioni scientifiche devono raggiungere i cittadini.
. La scuola ha un ruolo essenziale nel formare mentalità orientate alla lettura e
comprensione dei dati.
. Tutti i mass media, vanno coinvolti in una narrazione che forma la consapevolezza e va
contrastato in ogni modo l’information disorder con strumenti, modalità, testimonials,
narrazioni.
. Il sapere scientifico ed il sapere umanistico devono convergere per educare alla
correttezza dell’informazione, a distinguere i fatti dalle opinioni, a saper leggere i dati e le
situazioni.
. Le persone vanno aiutate a decifrare la complessità della realtà. Spesso le persone hanno
paura della complessità e si rifugiano dietro spiegazioni semplificate, l’idea dei complotti,
una diffusa sfiducia verso le istituzioni, preferiscono un ripiegamento individualistico
sull’interesse dei singoli.
Questo è il lavoro per il futuro. È un lavoro puntuale, preciso, che deve impegnare una
vasta alleanza di uomini e donne di buona volontà.