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APPUNTI

DI
ANATOMIA
E
FISIOLOGIA

PER

CORSI
O.S.S.
INTRODUZIONE
Per ANATOMIA si intende lo studio della struttura di un organismo e dei rapporti tra le
parti che lo compongono.
Per FISIOLOGIA si intende lo studio delle funzioni degli organismi viventi e delle parti che
li compongono.
Prima di iniziare lo studio della struttura e della fisiologia dell’organismo umano e delle sue
parti occorre introdurre i concetti di omeostasi e di organizzazione, che rappresentano
importanti caratteristiche dell'organismo vivente.
OMEOSTASI: è il mantenimento di un equilibrio costante dell’ambiente interno al corpo.
Più specificatamente: la temperatura, alcuni composti chimici, il volume del sangue ecc..
devono rimanere costanti entro certi limiti per garantire la sopravvivenza. Pertanto
l'organismo, al fine di mantenere I'omeostasi, deve continuamente rispondere ai
cambiamenti dell'ambiente altrimenti subentra un'alterazione dello stato di salute.
ORGANIZZAZIONE: sta ad indicare che I’insieme in un organismo funzionante.
Il primo livello di organizzazione nell’organismo è quello a livello chimico (atomi e
molecole)
L’esistenza della vita dipende dalle giuste sostanze chimiche all’interno delle cellule
La CELLULA rappresenta dal punto di vista strutturale e funzionale la più piccola unità
vivente
I TESSUTI sono una struttura più complessa delle cellule. Infatti un tessuto è
un’organizzazione di moltissime cellule simili che lavorano insieme per svolgere una
funzione comune. Il corpo umano è costituito da 4 tipi di tessuto.
Tessuto epiteliale: ricopre le superfici interne ed esterne del corpo umano, ha funzione di
protezione, secrezione, assorbimento.
Tessuto connettivo: il più abbondante e ampiamente distribuito, unisce i tessuti tra loro
costituendo un sostegno per il corpo nel suo insieme e per i singoli organi. Inoltre
costituisce il tessuto osseo e cartilagine, il sangue, il tessuto adiposo, ecc
Tessuto muscolare
Tessuto nervoso

Gli ORGANI sono strutture ancora più complesse in quanto comprendono più tessuti per
assolvere ad una funzione speciale (esempio lo stomaco).

SISTEMI o APPARATI sono le strutture più complesse che costituiscono il corpo umano.
Un apparato è un organizzazione di più organi connessi tra loro, affinché possano
assolvere a funzioni complesse per l’intero organismo.
Dunque il corpo umano nella sua interezza è composto da atomi, molecole, cellule,
tessuti, organi e sistemi.
CENNI GENERALI SULLA CELLULA

Generalità
L’uomo è un organismo pluricellulare costituito da miliardi di cellule. La cellula è l'unità
organizzativa vivente più piccola e perfetta esistente in natura. Le cellule umane pur avendo
dimensioni variabili sono microscopiche infatti l'unità di misura utilizzata è il micron, ossia 1
millesimo di millimetro. Ogni cellula umana svolge determinate funzioni, alcune garantiscono la
propria sopravvivenza ed altre aiutano a garantire Ia sopravvivenza all'interno dell'organismo. Le
cellule nell'organismo umano si sono specializzate nel compiere determinate funzioni: movimento,
protezione, respirazione, ecc...Ad ogni tipo di funzione svolta corrisponde una forma ben precisa
che meglio si adatta al compito da svolgere. Esistono due tipi fondamentali di cellule: procariote
ed eucariote. Queste, pur essendo diverse dal punto di vista strutturale e funzionale, hanno in
comune alcune caratteristiche di base: in particolare tutte le cellule possiedono una membrana
cellulare (o membrana plasmatica) molto sottile, il loro interno è costituito dal citoplasma, tutte le
cellule possiedono il materiale genetico. Le cellule eucariote possiedono al loro interno un
complesso sistema di membrane e vari organi in miniatura, detti organuli, che permettono alle
cellule di svolgere le loro attività.
Sono inoltre caratterizzate da un
nucleo circondato da una membrana
nucleare che contiene il materiale
genetico organizzato in elementi detti
cromosomi. Le cellule procariote non
possiedono nucleo e di conseguenza il
loro materiale genetico è sparso nel
citoplasma. Esistono anche delle
differenze tra le cellule animali e quelle
vegetali. Le cellule delle piante hanno
un rivestimento in più, la parete
cellulare, formata da cellulosa e inoltre
possiedono organuli caratteristici: i
vacuoli, e i cloroplasti.

Anatomia

Ogni cellula è formata da tre strutture


fondamentali:

Membrana plasmatica
Citoplasma
Nucleo

MEMBRANA PLASMATICA Detta anche membrana cellulare è la parte esterna della cellula, è
come un involucro che la separa dall'ambiente circostante. Tale membrana che ha una
permeabilità selettiva, regola gli scambi di sostanze tra cellula e ambiente extracellulare, in
particolare permette l'ingresso delle sostanze nutritive e la fuoriuscita di quelle di rifiuto. E'
costituita da un doppio strato continuo di molecole di fosfolipidi, dello spessore di 8-10 nm (un
nanometro corrisponde a un miliardesimo di metro), attraversata parzialmente o completamente da
numerose proteine. I fosfolipidi sono particolari grassi formati da una" testa" di glicerolo ed una
coda lipidica. La cellula è formata per circa il 70% di acqua e da solo 30% di sostanze organiche.
IL PASSAGGIO DI SOSTANZE ORGANICHE attraverso la membrana cellulare non è stabile ma
può variare a seconda delle sostanze. IL TRASPORTO PASSIVO si verifica per diffusione di una
sostanza all'interno della cellula e non richiede energia. La membrana cellulare da "via libera" alle
molecole di dimensioni microscopiche come: l'acqua, l'anidride carbonica, l'ossigeno ecc...
mentre "sbarra la strada" alle molecole di dimensioni più grosse (come le proteine), perché
potrebbero danneggiarla e per questo viene detta SEMIPERMEABILE. IL TRASPORTO ATTIVO
avviene quando una sostanza per passare attraverso la membrana richiede energia alla cellula ed
utilizza appositi TRASPORTATORI cioè proteine che ne facilitano il passaggio. La membrana
consente due processi molto importanti per la cellula: la PINOCITOSI che consiste nel catturare un
liquido creando una vescicola che viene poi inglobata nel citoplasma e la FAGOCITOSI in cui la
cellula ingloba al suo interno altre sostanze solide o addirittura altre cellule. La funzione di barriera
svolta dalla membrana permette la regolazione della composizione chimica della cellula. La
maggior parte degli ioni e delle molecole idrosolubili non è in grado di attraversare
spontaneamente tale barriera, che è di natura lipidica; per farlo, necessita di una specifica proteina
trasportatrice (carrier). Avvalendosi di questi meccanismi di trasporto, la cellula può mantenere la
concentrazione interna degli ioni e delle piccole molecole. La membrana plasmatica può
presentare estroflessioni a forma di microvilli che hanno la funzione di aumentare la superficie
dell'intestino. La membrana rappresenta anche, oltre che un filtro per le sostanza in entrata e in
uscita, il mezzo con cui la cellula si "fa riconoscere" dalle altre cellule. Essa contiene molecole
particolari, di solito formate da zuccheri legati a proteine, che corrispondono a una sorta di "carta d'
identità" in base alla quale la cellula viene riconosciuta come facente parte del sé, ossia dell'
organismo stesso, e non viene attaccata dal sistema immunitario. Nelle cellule animali la
membrana plasmatica non presenta generalmente strati esterni di rivestimenti. Nei batteri e nei
vegetali, invece, all' esterno della membrana si trova una parete rigida, alquanto spessa e robusta,
costituita da polisaccaridi complessi (nel caso delle piante superori, soprattutto da cellulosa). Tale
struttura nei batteri ha una funzione protettiva; nei vegetali, oltre a questa funzione, la parete
svolge un ruolo di sostegno e serve a mantenere la forma tipica della cellula.

CITOPLASMA E’ un liquido contenuto all'interno della membrana costituito da acqua, sali minerali
e sostanze organiche. Costituisce l'ambiente dove avvengono le reazioni chimiche necessarie alla
vita della cellula. Il citoplasma occupa circa la metà del volume totale della cellula e vi si trovano
disperse tutte le sostanze chimiche vitali tra cui sali, ioni, zuccheri, una grande quantità di enzimi e
proteine e la maggior parte dell’RNA. L’acqua costituisce circa lí80% delle sostanze contenute nel
citoplasma. Nel citoplasma vi si trovano numerose e piccole strutture dette organuli (Mitocondri,
Apparato del Golgi, Ribosomi, Lisosomi, Centrioli, Reticolo endoplasmatico) ognuno dei
quali ha compiti precisi come !a respirazione cellulare e la produzione di energia, la distribuzione
ed il trasporto delle strutture inservibili, la formazione di proteine, la divisione cellulare ecc. ecc.
Nelle cellule eucariote, il citoplasma contiene un’intelaiatura formata da una complessa rete di
filamenti costituiti da proteine fibrose che costituiscono il citoscheletro. Il citoscheletro conferisce
alla cellula la sua forma caratteristica, rende possibili gli spostamenti degli organuli cellulari e
coordina funzioni biologiche fondamentali, come la divisione cellulare. I filamenti proteici che
formano il citoscheletro si possono dividere, sulla base delle loro dimensioni, in tre tipi principali:
microfilamenti, filamenti intermedi e microtubuli. I microfilamenti sono filamenti proteici dal
diametro di 5-6 nanometri costituiti da una proteina denominata actina. Nelle cellule muscolari
l’actina si associa ad un’altra proteina, la miosina, per formare fibre in grado di permettere la
contrazione dei muscoli. Nelle cellule non muscolari i microfilamenti fanno da supporto a varie
strutture cellulari. I microtubuli sono strutture dinamiche che vengono formate e distrutte in
continuazione: sono dei tubi cavi sottilissimi costituiti da una proteina chiamata tubulina. Nella
cellula vi sono dei centri di organizzazione dei microtubuli che dirigono la loro formazione: i
centrioli, i corpi basali delle ciglia e i centromeri.I filamenti intermedi infine hanno un diametro di 8-
10 nanometri e contribuiscono a dare forma alla cellula. Alcune cellule possiedono ciglia e flagelli
che sono sottilissimi prolungamenti mobili presenti sulla superficie di molti tipi di cellule; sono
formati da microtubuli organizzati in modo specifico. Le ciglia sono appendici simili a capelli che
permettono alle cellule di muoversi. Ogni ciglio compie singolarmente un movimento simile a un
colpo di frusta e nel loro insieme le ciglia si agitano in sincronia creando un movimento ondulatorio
sulla superficie cellulare.

NUCLEO Struttura interna della cellula spesso di forma sferica e circondata da una membrana
nucleare che permette il passaggio di sostanze. E’ costituito da una porzione fluida, il
nucleoplasma, in cui è dispersa la cromatina. Al suo interno si trovano inoltre una o più zone
maggiormente dense, i nucleoli. Il nucleoplasma è una matrice gelatinosa contenente ioni,
proteine, enzimi e nucleotidi. La cromatina è la forma in cui appare il materiale genetico (DNA)
quando la cellula non è impegnata nella divisione cellulare. essa ha un aspetto granuloso, e
appare suddivisa in zolle più o meno chiare. All' interno della cromatina è visibile anche una
regione particolarmente scura, che prende il nome di nucleolo. La cromatina è formata da DNA e
dalle proteine ad esso associate. Nel momento in cui la cellula deve riprodursi, cioè dividersi per
dare luogo a due cellule figlie, la cromatina subisce una spiralizzazione, cosicché il materiale
genetico appare in una forma diversa: i cromosomi, corpi di forma bastoncellare intensamente
colorati. Oltre al DNA i cromosomi contengono molecole di proteine chiamate istoni.
I nucleoli sono piccoli corpi sferici che scompaiono quando ha inizio
la divisione cellulare; queste formazioni sono i siti in cui viene
sintetizzato líRNA ribosomale.
Il nucleo ha forma, dimensioni, posizione e aspetto variabili nelle
diverse cellule in relazione al differenziamento delle funzioni e in
una stessa cellula nelle varie fasi del ciclo vitale.
Tutte le cellule eucariote ne sono provviste, con poche eccezioni,
come quella rappresentata dai globuli rossi dei mammiferi, e alcune
ne contengono più di uno. Il nucleo dirige tutte le funzioni della
cellula mediante il controllo sugli organuli, e interviene nella
riproduzione.
Al suo interno vi si trovano i cromosomi, costituiti da molecole di
DNA, a sua volta formate da una lunga serie di geni contenenti le
informazioni che codificano i caratteri ereditari (colore della pelle,
gruppo sanguigno, altezza ecc.). I cromosomi sono 46 in ogni
cellula del corpo, uniti in 23 coppie e di queste coppie, una è quella
dei cromosomi sessuali, contenenti i geni responsabili della
determinazione del sesso.
Questa coppia nella donna è costituita da 2 cromosomi ‘X’, mentre nell’uomo è costituita da 1
cromosoma ‘X’ ed uno ‘Y’. Le cellule germinali (spermatozoi ed ovociti) fanno eccezione perché
contengono metà corredo cromosomico (23 singoli cromosomi).

Qualcuno disse che :<< I CROMOSOMI, nella MITOSI, sono come i cadaveri nei
funerali: sono il motivo di quanto accade ma non hanno una parte attiva>>

Fisiologia

SCAMBI : La membrana plasmatica in ogni cellula sana, serve a separare il contenuto


intracellulare dal liquido extracellulare che la circonda. La membrana essendo semipermeabile
permette tuttavia l'entrata di alcune sostanze all’interno della cellula e l’uscita di altre. Dunque si ha
una continua processione di molecole di acqua, principi nutritivi,gas, sostanze di rifiuto ecc. Gli
scambi di queste sostanze tra interno ed esterno della cellula si verificano per processi attivi o
passivi :
attivi : le sostanze vengono trasportate mediante un consumo di energia
passivi : le sostanze si spostano da una regione ad alta concentrazione ad una a bassa
concentrazione fino a quando non si raggiungono uguali concentrazioni ad entrambi i lati della
membrana.
METABOLISMO avendo una propria vita la cellula ha un proprio metabolismo intendendo
con questo termine quel complesso di trasformazioni biochimiche che avvengono negli
organi viventi. Più semplicemente il metabolismo può essere descritto come l’utilizzo che il
corpo fa delle sostanze nutritizie che sono state digerite e assorbite dall'organismo. Il
metabolismo si scompone in due processi : catabolismo ed anabolismo
Catabolismo : reazione chimica mediante la quale dalla trasformazione delle sostanze
nutritive assimilate si ha la liberazione di energia necessaria a svolgere le attività ( ad es.
dai processi di trasformazione degli zuccheri viene liberata la maggior parte di energia
necessaria all'organismo)
Anabolismo : processo mediante il quale si utilizzano molecole semplici per sintetizzarne
di complesse e utili all'organismo. (ad es. dagli aminoacidi vengono utilizzati per la
costruzione di importanti proteine umane quali gli enzimi, ormoni ecc).
RIPRODUZIONE : le cellule, come già detto, hanno la capacità di riprodursi, gran parte
delle cellule dell’organismo umano si riproduce al fine di sostituire quelle che muoiono per
invecchiamento o per altri motivi. Inoltre le cellule si riproducono dalla nascita all’età
matura per consentire la crescita. Infatti nell’adulto non aumentano di grandezza, ma di
numero. La riproduzione delle cellule, tranne quelle sessuali (germinali) avviene mediante
un processo di divisione dello ‘mitosi’. Mediante la mitosi da una cellula iniziale ne
derivano due cellule figlie), identiche alla cellula progenitrice. Ciò è reso possibile dal fatto
che le informazioni contenute nel nucleo della cellula madre, precisamente nel DNA, sono
duplicate e trasferite alla cellula figlia.
CELLULA = complessa

Citologia = studio della cellula

STRUTTURA:
- PROTOPLASMA
- MEMBRANA
- MICROVILLI
- CITOPLASMA
- NUCLEO (nucleoli e cromosomi)

FUNZIONI :
- SCAMBI passivi ed attivi
- METABOLISMO anabolismo e catabolismo
- RIPRODUZIONE cromosomi - DNA -gene

Ogni cromosoma è composto da 175 milioni di geni, 175x46 = geni presenti nella
cellula umana
APPARATO DIGERENTE

Generalità

E' un apparato complesso, composto da numerosi ed


importanti organi che hanno la principale funzione di
ingerire e trasformare gli alimenti in sostanze più
semplici al fine di renderli assimilabili dall'organismo. In
questo apparato si possono individuare due gruppi di
organi: gli organi primari e gli organi accessori che
lavorano insieme assicurando la digestione e
l'assorbimento dei nutrienti. Gli organi primari formano
un tubo con entrambe le estremità aperte. Il cibo che
penetra nel tratto gastrointestinale viene digerito, i suoi
nutrenti assorbiti. ed i residui non digeriti vengono
eliminati attraverso le feci.

Anatomia

Gli organi primari dell'apparato digerente sono disposti


in maniera tale da essere in comunicazione tra loro e
da formare di un tubo lungo circa 10 -12 metri il cui di
diametro è variabile. La parete interna è ricoperta da
una mucosa (ricca di ghiandole) che secerne muco e
sostanze utili alla digestione.
Gli organi di cui si compone sono i seguenti:
Bocca: cavità che comunica con
l'esterno. In essa vi sono due arcate
dentarie dove sono infissi i denti e la
lingua. Inoltre, all'interno della cavità
orale, sboccano i dotti delle ghiandole
salivari che producono la saliva.
Faringe: cavità situata nella parte
posteriore della bocca che comunica
con I'esofago ma anche con un organo
dell'apparato respiratorio: la laringe.
Esofago: è un tubo di circa 20-30 cm
che passa dietro la trachea e sbocca
nello stomaco. Ha una parete costituita
da fibre muscolari lisce che ne
permettono la contrazione producendo
movimenti peristaltici.
Stomaco: è un organo a forma di sacca in comunicazione con I'esofago attraverso un orifizio che
ha funzione di valvola: il cardias. Le pareti dello stomaco sono costituite esternamente da
muscolatura liscia, che ne permette la contrazione e la dilatazione, ed internamente da una
mucosa ricca di ghiandole che producono succo gastrico e muco. Comunica con l'intestino
mediante un orifizio: il piloro.
Intestino tenue: è la continuazione dello stomaco, è lungo circa sette metri ed è molto sottile. Si
divide in tre segmenti: duodeno, digiuno e ileo. Nel duodeno, che è la parte iniziale, sboccano il
dotto pancreatico proveniente dal pancreas che riversa il succo pancreatico) ed il coledoco
(proveniente dal fegato, che riversa la bile) .La parete interna di questo tratto d'intestino è rivestita
da numerosissimi rilievi alti circa un millimetro: i villi intestinali. Ciascun villo è dotato al suo interno
di capillari sanguigni e di un vaso linfatico.
Intestino crasso: comunicante con il tenue mediante una valvola ileocecale. Anch'esso è
suddiviso in tre parti: cieco (a destra), colon ( ascendente, trasverso e discendete) e retto. Sul
cieco si trova l'appendice. L'ultimo tratto che è il retto comunica con l'esterno mediante lo sfintere
anale.

Gli organi secondari o annessi sono: il fegato e il pancreas.


fegato: è una grossa ghiandola esocrina situata sotto le coste nella parte destra dell'addome. Le
sue cellule sono denominate epatociti. Svolge numerose e vitali funzioni per l'organismo:
- produce la bile, circa 500 ml al giorno, che raccolta nella cistifellea, viene riversata nel duodeno.
(La cistifellea, che contiene la bile si trova sotto il fegato e quando i grassi sono presenti nel
duodeno essa è stimolata a contrarsi e quindi ad espellere la bile).
- depura l'organismo rendendo innocue e facilmente eliminabili numerose sostanze tossiche.
Infatti, il sangue, tramite la vena porta, arriva al fegato dove viene filtrato e poi immesso nella vena
cava;
- interviene nelle trasformazioni chimiche degli zuccheri (immagazzina lo zucchero come
glicogeno e lo libera al bisogno), degli aminoacidi (li assorbe e li rimette in circolazione in caso di
necessità) e dei grassi (li trasforma in sostanze utili alle diverse parti del corpo).
Pancreas: ghiandola esocrina ed endocrina situata nella parte sinistra dell'addome, sotto lo
stomaco. Oltre a produrre il succo pancreatico che riversa nel duodeno, produce un importante
ormone: l'insulina che abbassa lo zucchero nel sangue.

Fisiologia

La funzione dell'apparto digerente è quella di consentire la nutrizione. Tale processo può essere
scomposto in alcune fasi: alimentazione, digestione, assorbimento, ed escrezione.

ALIMENTAZIONE Rappresenta la fase essenziale per dare avvio al processo della nutrizione.
Consiste nell'introduzione degli alimenti

DIGESTIONE Insieme di processi chimici e fisici mediante i quali le sostanze alimentari vengono
sminuzzate, triturate, mescolate e trasformate chimicamente in molecole semplici. Le sostanze che
devono essere trasformate chimicamente durante la digestione sono i carboidrati, i grassi e le
proteine mentre l'acqua, le vitamine e i sali minerali vengono assorbiti così come sono
dall'organismo.

La digestione inizia nella bocca mediante:

.la masticazione: triturazione del cibo con i denti;


.l'insalivazione: il cibo si mescola con la saliva, prodotta dalle ghiandole salivari, ciò rende più
facile lo scivolamento nel tubo digerente. Nella saliva è contenuta la ptialina, un enzima che
favorisce la scissione degli amidi in zuccheri.
In seguito a questi due processi il cibo assume una forma rotondeggiante e prende il nome di
Bolo.
Con la deglutizione, atto volontario, il bolo viene spinto dalla lingua verso la faringe, e passando
dall'esofago, arriva nello stomaco. Durante la deglutizione, per evitare che il cibo compia un
percorso sbagliato (vie aeree), l'epiglottide si chiude sulla laringe.
Nello stomaco, il bolo, per effetto delle contrazioni ritmiche della parete muscolare, viene impastato
e rimescolato con il succo gastrico, e si trasforma in Chimo. Il succo gastrico, composto da acido
cloridrico ed enzimi (pepsina, chimosina e lipasi) viene secreto dalle ghiandole, in seguito all'arrivo
del bolo nello stomaco. L'acido gastrico distrugge i batteri contenuti nel cibo egli enzimi agiscono
scindendo le proteine e i grassi. Alcune cellule dello stomaco producono il muco, una sostanza
che protegge la mucosa dall'acido cloridrico. In tempi variabili lo stomaco si svuota ed il chimo
attraverso il piloro passa nel duodeno.
A livello dell'intestino tenue il chimo è sottoposto all'azione di:
.bile che emulsiona i grassi;
.succo pancreatico che scinde ulteriormente gli zuccheri e le proteine e termina la digestione dei
grassi;
.succo intestinale, prodotto dalle cellule della mucosa intestinale, che completa la digestione dei
carboidrati e delle proteine.
Con questi processi il chimo viene trasformato in Chilo (un liquido lattiginoso) e qui termina la
digestione.
ASSORBIMENTO Nell'ultimo tratto dell'intestino tenue avviene l'assorbimento, da parte dei villi,
delle sostanze nutritive presenti nel chilo. Precisamente le sostanze, scomposte in molecole
semplici, passano direttamente nei capillari sanguigni e da questi nella vena porta che le
trasferisce al fegato, prima di essere immesse nella grande circolazione. Gli acidi grassi invece,
vengono assorbiti dal vaso linfatico e concorrono a formare la linfa, che risale lungo il dotto
toracico e sbocca nella vena succlavia sinistra. Nell'intestino crasso si ha l'assorbimento dell'acqua
e dei sali minerali.
ESCREZIONE Le sostanze inutilizzabili si accumulano dando origine alle feci. L'espulsione delle
feci attraverso l'ano è definita defecazione; normalmente è un atto volontario in cui si rilascia lo
sfintere anale e si contraggono i muscoli addominali.
Le sostanze nutritizie, ridotte a molecole semplici, sono trasportate dal sangue a tutte le cellule,
dove vengono "rimontate" per diventare parte integrante dell'organismo. Questi processi di
trasformazione delle sostanze derivate dagli alimenti in sostanze che costituiscono l'organismo,
sono indicati con il termine assimilazione.

I DENTI
I denti hanno la funzione fondamentale di ridurre il
cibo in poltiglia per renderlo più facilmente
digeribile dal corpo. La dentatura visibile viene
definita "corona dentaria", quella coperta dalle
gengive si chiama "colletto dentario" e la parte
impiantata nell'impalcatura ossea attraverso gli
alveoli dentari collocati sulla mandibola e sul
mascellare si definisce "radice". All'interno del
dente vi è una cavità ripiena di sostanza definita
"polpa" ricca di terminali nervosi e di vasi
sanguigni. I denti sono costituiti da una materia di
avorio detta anche "dentina" e sono ricoperti da
una sostanza definita "smalto", la sostanza che,
invece, riveste la parte del dente collocata sotto il
colletto (gengive) viene definita "cemento". I tipi di
dentatura umana sono due: "decidua" per i
bambini e "permanente" per l'adulto, la prima
consta di 20 denti, la seconda 32. Per forma e
funzioni i denti vengono distinti in: incisivi, canini,
premolari e molari. Gli incisivi, nel processo della
masticazione, servono per tagliare, i canini per
lacerare, i premolari ed i molari servono per
schiacciare ulteriormente il cibo con il minor sforzo
possibile (occorre molta più forza per gli incisivi ed i canini). La dentatura di un adulto per ciascuna
arcata è così formata: quattro incisivi, due canini, quattro premolari e sei molari.
La formulazione dentistica è la seguente: I (incisivi), C (canini), PM (premolari), M (molari). Inoltre
per l'adulto la formulazione avviene nel modo seguente: I 2/2, C 1/1, PM 2/2, M 3/3. Per il bambino
la formulazione è: I 2/2, C 1/1, PM 2/2, M 0/0.
Il dente è costituito da un particolare tessuto
osseo compatto non lamellare, la dentina
(simile all'osso ma più resistente, è permeata
da una rete di tubuli dove è presente liquido
extracellulare e processi citoplasmatici degli
odontoblasti). Ogni dente è composto da una
parte infissa nell’alveolo (concavità ossea
che circonda il dente), la radice, ricoperta dal
cemento (simile all'osso compatto, è privo di
vasi e nervi), e una parte sporgente e
visibile, la corona coperta dallo smalto
(tessuto costituito per il 96-98% di materiale
inorganico, privo di terminazioni nervose e
vasi, si comporta, dal punto di vista fisico,
come membrana permeabile a sostanze
organiche di baso peso molecolare). La zona
di giunzione fra smalto e cemento, il colletto,
è ricoperto dalla mucosa gengivale
(gengiva).
All’interno del dente c’è una cavità ripiena di tessuto connettivo riccamente vascolarizzato e con
terminazioni del nervo trigemino (V nervo cranico), la polpa dentaria. Le radici sono singole negli
incisivi, nei canini e nei premolari inferiori, mentre sono doppie o triple nei premolari superiori e nei
molari. La radice è tenuta legata alla parete dell’alveolo da un particolare tessuto connettivo, il
periodonto o legamento periodontale (parodonto o paradonzio o paradenzio). Anatomicamente il
fissaggio del dente nell'alveolo è considerato un'articolazione, definita gonfosi, caratterizzata da
minimi spostamenti. Le fibre del legamento priodontale si inseriscono sul cemento della radice e
sul periostio dell'osso alveolare estendosi fino alla gengiva. Il legamento periodontale è inoltre
ricco di vasi sanguigni e contribuisce quindi in modo determimante alla vitalità del dente.
La caratteristica principale dei denti, all'inizio del loro sviluppo filogenetico, era l'uniformità
dimensionale e/o morfologica (omodontismo, conodontismo).
APPARATO URINARIO

Generalità
Ha la funzione principale di allontanare dall'organismo i liquidi in eccesso ed alcune
sostanze di rifiuto, in particolare quelle azotate, che derivano dalla demolizione degli
aminoacidi nelle cellule. Ciò è reso possibile mediante il processo di filtrazione del
sangue e di formazione ed eliminazione dell'urina. Inoltre questo apparato svolge altre
funzioni come quella di produrre ormoni, regolare l'equilibrio elettrolitico e acido-base,
regolare la pressione del sangue.

Anatomia

ORGANI
L.'apparato urinario è composto dai reni, che sono deputati alla formazione dell'urina, e da
una serie di altre strutture, le vie urinarie che hanno la funzione di veicolare l'urina
all'esterno.

Reni: sono due organi situati ai lati della colonna vertebrale in posizione dorso-lombare,
lunghi circa 12 cm.. Hanno le dimensioni di un pugno e la forma di un fagiolo con la parte
concava, l'ilo, rivolta verso la colonna vertebrale. Dall'ilo entra l'arteria renale ed esce la
vena renale. Dal punto di vista microscopico il rene è formato da tante piccole unità
funzionali dette nefroni. Ogni nefrone è formato dal glomerulo, cioè una fitta rete di
capillari che origina da una arteria afferente e continua nella arteriosa efferente, circondato
da una struttura a doppia parete, la capsula di Bowman. Dalla capsula di Bowman viene
a formarsi un tubulo "tubulo renale" (suddiviso in tubulo prossimale, parte discendente,
parte ascendente, tubulo distale, tubulo collettore), più tubuli collettori si uniscono
insieme e sboccano nei calici. Ogni rene contiene mediamente un milione di nefroni.

.Bacinetti renali: sono due organi posizionati in corrispondenza dell'ilo dei reni nei quali
confluiscono i calici. Ogni bacinetto renale si continua in senso caudale con l'uretere.

.Ureteri: sono due condotti di circa 30 cm che collegano i bacinetti renali di ciascun rene
alla vescica.

.Vescica: è un organo cavo, formato da tre strati di muscolatura liscia e internamente da


mucosa, situato nel bacino e comunicante con l'esterno per mezzo di un condotto, I'uretra.
Il tipo di struttura permette alla vescica di distendersi e di avere una capacità di circa 350-
450 ml di urina.

Uretra: è il canale che dalla vescica comunica con l'esterno mediante il meato urinarlo.

Fisiologia

FORMAZIONE DELL'URINA
Il primo passo del processo di depurazione del sangue è la filtrazione che avviene nei
glomeruli. Il sangue arriva ai reni mediante l'arteria renale e si dirama nei capillari del
glomerulo. poiché i capillari hanno diametro minore rispetto all'arteria, il sangue si trova
sottoposto ad una pressione maggiore che facilita la filtrazione. Le proteine e le cellule
sanguigne, a causa delle loro dimensioni, rimangono all'interno di capillari mentre l'acqua,
e con essa gli elettroliti, lo zucchero, l'urea e gli acidi urici, filtrano all'interno della capsula
di Bowman e si incanalano nei tubuli renali.
A livello tubolare, si verifica il riassorbimento del 99% dell'acqua, che era stata trasferita
dal sangue ai glomeruli, e delle sostanze utili come lo zucchero e alcuni elettroliti. Il
riassorbimento delle varie sostanze è influenzato anche da alcuni ormoni: ormone
antidiuretico, aldosterone.
Il restante filtrato ossia l'urina viene convogliata nei tubuli collettori e riversata nei bacinetti
renali da cui, attraverso gli ureteri, giunge nella vescica dove si accumula in attesa di
essere eliminata. Contemporaneamente, il sangue depurato, attraverso i capillari
raggiunge la vena renale e rientra nella vena cava inferiore.

URINA L'urina è un liquido trasparente e di colore giallo paglierino più o meno chiaro. La
quantità prodotta nelle 24 ore va da 1000 a 2000 ml, ripartiti in 4-6 minzioni. Tuttavia la
quantità dipende:
.dalla quantità dei liquidi assorbiti
.dall'eliminazione dei liquidi attraverso pelle, polmoni, intestino .dalla pressione del sangue
.dalla funzionalità dell'apparato urinario e cardiocircolatorio,
L'urina viene prodotta continuamente, anche se la vescica viene svuotata solo
periodicamente.
Alterazioni quantitative:
.oliguria: tra 100 e 400 ml nelle 24 ore
.anuria: al di sotto di 100 mi nelle 24 ore .poliuria: oltre 5000 ml nelle 24 ore

L'urina è costituita per il 95% da acqua e per la restante parte da sostanze organiche
(soprattutto urea e acidi urici) e inorganiche (sodio e potassio).
Lo svuotamento della vescica con la fuoriuscita dell'urina è detto "minzione"; esso
normalmente è un atto indolore, provocato dall'accumulo di urina nella vescica stessa ed è
parzialmente sotto il controllo dalla volontà. Lo svuotamento si ha grazie alla contrazione
delle parti muscolari della vescica ed al contemporaneo rilasciamento dei muscoli dello
sfintere vescicale.
SISTEMA NERVOSO

Generalità
Il sistema nervoso (SN) svolge una funzione di controllo e supervisione su tutto l'organismo e
consente all'essere umano di interagire con l'ambiente che lo circonda adattandosi ai cambiamenti
anche tempestivamente.
Si tratta quindi di un sistema complesso in grado di :
captare gli stimoli provenienti dall'esterno e dall'interno del corpo e trasmetterli ai centri superiori
elaborare le risposte ai differenti stimoli ed inviarle agli organi effettori (muscoli o ghiandole)
regolare, coordinare e integrare le attività dei vari organi e strutture dell'organismo.
Inoltre il sistema nervoso è la sede delle facoltà psichiche quali: intelligenza, memoria, emozioni,
ecc...
Gli organi del SN sono complessivamente
l'encefalo, il midollo spinale, i nervi e gli
organi di senso. Il sistema nel suo insieme è
costituito da due principali divisioni:
.SISTEMA NERVOSO CENTRALE (SNC)
.SISTEMA NERVOSO PERIFERICO (SNP)

Dal punto di vista funzionale il SN può essere


diviso in:
.SISTEMA NERVOSO VOLONTARIO
.SISTEMA NERVOSO AUTONOMO

Il tessuto nervoso comprende due distinte


popolazioni cellulari: le cellule nervose o neuroni
e le cellule di sostegno o neuroglia. Le cellule di
sostegno isolano i neuroni e forniscono una rete
di sostegno; sono più numerose dei neuroni e
costituiscono circa la metà del volume del
sistema nervoso. I neuroni sono invece i
responsabili del trasferimento e
dell'elaborazione delle informazioni nel sistema
nervoso.

Anatomia e fisiologia

Le funzioni del sistema nervoso sono


possibili grazie alle proprietà della
cellula nervosa, che lo costituisce,
detta Neurone. Il neurone e una
cellula capace di raccogliere stimoli,
trasformarli in impulsi nervosi (
impulsi elettrici) e condurli.
Allo scopo ha una forma ramificata
ed e costituito dalle seguenti parti:

.corpo cellulare: parte che comprende il nucleo;


.dendriti: ramificazioni corte e numerose che conducono l'impulso verso il corpo cellulare;
.assone : detto anche fibra nervosa, è un unico filamento che parte dal corpo cellulare e allontana
l'impulso da questo. Talvolta gli assoni possono raggiungere la lunghezza di un metro e per questo
il neurone è la cellula più lunga dell'organismo. Nella sua parte terminale presenta alcune
diramazioni, dette terminazioni sinaptiche, che permettono il collegamento ad altre cellule.
Il terminale sinaptico
può essere in
contatto con una
ghiandola, con un
muscolo, con
dendriti o con un
corpo cellulare di un
secondo neurone (in
tal caso il segnale in
uscita della prima
cellula diventa il
segnale in entrata
per la seconda). Il
passaggio
dell'impulso a livello
delle terminazioni
sinaptiche avviene
tramite la liberazione
di una sostanza
detta Acetilcolina. I
neuroni possono
essere classificati in
tre tipi a seconda
della direzione nella
quale trasmettono
gli impulsi :
.Sensitivi: trasmettono gli impulsi da tutte le parti del corpo verso il midollo spinale e I' encefalo.
Motori: trasmettono gli impulsi nella direzione opposta cioè dal SNC al tessuto muscolare e
ghiandolare .
Interneuroni: sono neuroni di congiunzione che permettono la conduzione dell’impulso tra un
neurone e l'altro, e si trovano nel SNC.

SISTEMA NERVOSO CENTRALE


Il SNC è costituito dall'Encefalo, e dal Midollo Spinale. Tutte le sue parti sono avvolte dalle
meningi, membrane protettive costituite da tre strati, che dall'esterno verso l'interno sono: dura
madre, aracnoide, pia madre. Tra la aracnoide e la pia madre è presente uno spazio detto
subaracnoideo nel quale è contenuto il liquido cerebrospinale. Questo liquido è importante
perché serve a portare il nutrimento dal sangue ai neuroni e costituisce una "imbottitura" atta a
proteggere. Sezionando una porzione qualsiasi del SNC si nota che vi sono territori ben delimitati
in rapporto tra loro rispettivamente: la sostanza grigia e la sostanza bianca; la sostanza grigia
contiene soprattutto i corpi delle cellule nervose mentre la sostanza bianca è composta dagli
assoni e dai loro rivestimenti.

L'encefalo. racchiuso nella scatola cranica, è


suddiviso nelle seguenti parti:
.Cervello: è la parte più grande e superficiale, divisa
in una parte destra e una sinistra (Emisferi). La
superficie del cervello è formata da un sottile strato di
sostanza grigia detta corteccia cerebrale al di sotto
della quale si trova la sostanza bianca. Le funzioni
del cervello sono: coscienza, processi mentali
cognitivi, memoria, sensazioni, emozioni,
movimenti volontari. Le singole funzioni sono
localizzate in aree specifiche: area uditiva, area
visiva, area olfattiva, area del linguaggio e
dell'interpretazione della parola, etc
.Cervelletto: trova al di sotto della regione posteriore del cervello ed è anche esso diviso in due
emisferi (destro e sinistro).
Esso è deputato a coordinare i movimenti muscolari tra loro, garantire il senso di orientamento del
corpo nello spazio ed a mantenere l'equilibrio.

.Tronco encefalico: punto di collegamento tra midollo spinale


e l' encefalo, infatti funziona come via di conduzione. In questa
parte vi sono importanti centri che controllano le funzioni vitali:
la respirazione, il battito cardiaco, e il diametro dei vasi
sanguigni. Inoltre controlla alcuni riflessi quali il vomito, la
tosse, lo starnuto, il singhiozzo e lo sbadiglio..
Talamo e Ipotalamo: sono due piccole strutture ma con
importanti funzioni quali trasmettere gli impulsi provenienti dai
vari organi di senso alla corteccia cerebrale garantendo la
coscienza delle sensazioni, regolare la temperatura corporea,
controllare la fame, la sete e lo stato di veglia, produrre
ormoni. influenzare funzioni vitali, etc.
Il midollo spinale, contenuto nel canale vertebrale, ha l'aspetto
di un tubo cilindrico lungo circa 50 cm e si estende dall' osso
occipitale del cranio fino alla 1°/2° vertebra lombare.
La parte esterna è costituita da fasci di fibre nervose di sostanza
bianca mentre all'interno ( diversamente dal cervello) si trova la
sostanza grigia. Il midollo spinale è responsabile della
trasmissione degli impulsi da e verso l'encefalo mediante i
fasci di fibre nervose ascendenti e discendenti. Inoltre
dipendono dal midollo spinale anche alcune reazioni involontarie
e rapidissime dell'organismo che avvengono senza l'intervento
del cervello: riflessi spinali (ad esempio il riflesso rotuleo e il
ritirare la mano da una superficie bollente)

SISTEMA NERVOSO PERIFERICO


E’ costituito da tutto il tessuto nervoso al di fuori del SNC
Il SNP svolge essenzialmente la funzione di trasmissione dell’impulso attraverso fasci di
conduzione: i nervi
I nervi sono formati da fasci di fibre nervose, cioè dagli assoni dei neuroni
I nervi partono tutti dal SNCe, si diramano in ogni zona del corpo formando una fitta rete.
A seconda della funzione da essi svolta si dividono in:
nervi sensitivi: conducono l'impulso dalla periferia del corpo al SNC
nervi motori: conducono l'impulso dal SNC ai muscoli o alle ghiandole
nervi misti: quando sono costituiti da fibre sia motorie che sensitive ed hanno ambedue le
funzioni.
Inoltre a seconda della zona del SNC dalla quale hanno origine, vengono classificati i:
.nervi cranici: sono 12 , fuoriescono dall'encefalo e vanno ad innervare tutte le principali strutture
della testa e organi come il cuore, i polmoni, lo stomaco, etc..
.nervi spinali : sono 31 (8 cervicali, 12 toracici,5 lombari,5 sacrali 1 coccigeo) fuoriescono dal
midollo spinale in modo simmetrico ( a destra e sinistra) si diramano in tutte le parti del corpo.
Sono misti ( contengono fibre sensitive e fibre motorie).

SISTEMA NERVOSO VOLONTARIO


E' deputato al controllo della reazioni volontarie dell'individuo in relazione agli stimoli ambientali e
quindi interferisce sui movimenti volontari

SISTEMA NERVOSO AUTONOMO


Detto anche involontario o vegetativo, è deputato essenzialmente al controllo della funzioni vitali
( respirazione, digestione, circolazione, etc..) indipendenti dalla volontà.
I suoi neuroni terminano nella muscolatura degli organi interni come intestino, cuore, ghiandole,
ecc Agisce eccitando o inibendo l'attività dell'organo che controlla ed es. può stimolare o inibire
la produzione di un ormone da parte di una ghiandola.

SISTEMA NERVOVO VEGETATIVO


Formato solo da motoneuroni che trasmettono gli impulsi dal SNC agli organi viscerali : cuore,
muscoli, ghiandole

SISTEMA ORTOSIMPATICO e PARASIMPATICO


Ortosimpatico o toracico-lombare : mediatore chimico norepinefrina che aumenta l’attività,
agisce su più organi
Parasimpatico o cranio-sacrale : mediatore chimico acetilcolina che rallenta l’attività, agisce su
un organo

SNV mantiene l’omeostasi degli organi


Tutti gli organi effettori ricevono doppia innervazione eccetto ghiandole sudoripare e surreni solo
da ortosimpatico
L'antagonismo dei mediatori determina la reale attività dell'organo
Il parasimpatico domina sulle ghiandole e muscolatura dell'apparato digerente
L'ortosimpatico domina nelle situazioni di stress
L'ortosimpatico ha un azione di aumentare l'attività sulle ghiandole sudoripare e sulla muscolatura
dei vasi

TESTICOLI e EPIDIMO : 15% liquido seminale


CONDOTTO DEFERENTE : canale inguinale, cavità addominale, vescica, unione con dotto delle
ghiandole seminali
DOTTO IACULATORE : sbocca nella porzione prostatica dell’uretra
VESCICHETTE SEMINALI : parte posteriore della vescica, produce il 30% del liquido seminale
PROSTATA : attraversata dall’uretra, produce il 60% del liquido seminale alcalino (aumenta la
mobilità degli spermatozoi e li protegge da sostanze acide della vagina e dell’uretra)
APPARATO GENITALE o RIPRODUTTORE

La funzione principale di questo apparato è quella di garantire la


riproduzione: perché nasca un nuovo essere, occorre che una
cellula sessuale maschile e una femminile, i gameti. si incontrino
e si uniscano (concepimento) nel corpo della donna formando la
prima cellula del nuovo individuo. Gli apparati riproduttori o
genitali sono differenziati nell’uomo e nella donna e pur essendo
presenti fin dalla nascita completano il loro sviluppo e cominciano
a funzionare solo nel periodo della pubertà.

ORGANI DELL APPARATO RIPRODUTTORE MASCHILE

Testicoli o gonadi: sono due ghiandole a forma


ovoidale contenute in una "borsa" ricoperta da cute
detta scroto (internamente divisa in due sacche
distinte) che serve a proteggerle. Le funzioni principali
dei testicoli sono:
-la spermatogenesi : cioè la produzione di
spermatozoi o cellule sessuali maschili. si tratta di
cellule che dal punto di vista anatomico presentano
due parti caratteristiche, la testa contenente il nucleo
e quindi le informazioni genetiche e la coda che è la
parte mobile.
-la secrezione del testosterone : ossia un ormone detto anche ormone androgeno o
mascolinizzate la cui funzione principale è quella di promuovere lo sviluppo ed il
mantenimento dei caratteri sessuali maschili sia primari che secondari (distribuzione della
peluria, crescita della barba, abbassamento della voce, ecc...)

- Dotti deferenti: da ogni testicolo parte un canalino che inizialmente ha il nome di


epididimo, poi dotto deferente che serve al trasporto degli spermatozoi verso l'esterno.

- Vescichette seminali: sono due piccole ghiandole sacciformi che funzionano da


serbatoio e producono una sostanza liquida e viscosa. liquido seminale. che si unisce
agli spermatozoi garantendone la sopravvivenza. In tali vescichette gli spermatozoi. non
solo si uniscono al liquido seminale secreto dalle stesse ma anche alla sostanza fluida.
prodotta dalla prostata. dando origine allo sperma.

- Prostata: ghiandola situata sotto la vescica che secerne una sostanza alcalina fluida,
che rappresenta la maggior parte dello sperma. Questa sostanza liquida ha la funzione di
proteggere gli spermatozoi dagli acidi presenti nell’uretra maschile e nella vagina e di
aumentarne la mobilità.

- Uretra: ultimo tratto del canale che porta all'esterno il liquido spermatico. Tale organo
appartiene anche all'apparato urinario (fuoriesce l'urina). Esso percorre internamente il
pene e termina.

- Pene: organo internamente formato da tessuto erettile ed esternamente da tessuto


cutaneo. Nella sua parte distale si trova il glande al di sopra del quale la cute forma
un'ampia estroflessione simile ad un cappuccio mobile, denominata prepuzio. La funzione
del pene è quella di permettere la copulazione mediante la quale si introducono gli
spermatozoi nel apparato genitale della donna in modo che possano raggiungere la cellula
sessuale femminile.
ORGANI DELL'APPARATO RIPRODUTTORE FEMMINILE

L'apparato genitale femminile, prevalentemente interno, è


più complesso di quello dell’uomo in quanto, oltre a
produrre le cellule sessuali, deve ospitare il nuovo essere,
aiutarlo ad accrescersi e deve favorirne la nascita.
Ovaie o gonadi: sono due ghiandole, disposte ai lati
dell’utero, formate da vescichette, i follicoli, in ognuno dei
quali matura un ovulo, cellula sessuale femminile.

Oltre a produrre gli ovociti,analogamente ai


testicoli nell’uomo, secernono gli ormoni.
Gli ormoni sessuali femminili sono l'estrogeno e
il progesterone responsabili dei caratteri
sessuali femminili.
- Tube di Falloppio: sono due condotti che
collegano le ovaie all’utero. Sono lunghe circa 10
cm ed hanno forma ad imbuto allo scopo di
raccogliere l’ovulo e condurlo all’utero. E nelle
tube avviene l'incontro tra ovulo e spermatozoo e
l’eventuale fecondazione.
- Utero: organo cavo, molto elastico, a forma di
pera, lungo circa 6-7 cm, situato al centro della
cavità pelvica tra la vescica e l'intestino retto. La
sua parete è costituita da tessuto muscolare
(miometrio) e all'interno è rivestito da una
mucosa ricca di vasi sanguigni, l’endometrio.

La sua funzione è quella di accogliere l’ovulo fecondato e favorire lo sviluppo del feto. E' costituito
da due porzioni: il corpo dell’utero che è la parte superiore, dove sboccano le tube uterine, ed il
collo dell’utero che è la parte inferiore. detta anche cervice, che è in comunicazione con la vagina.
- Vagina: è un canale, di tessuto muscolare rivestito internamente
da mucosa, lungo 6-7 cm che mette in comunicazione l’utero con
la vulva. Ha la funzione di accogliere il pene durante la
copulazione e quindi permettere che gli spermatozoi siano
depositati, permettere la fuoriuscita di sangue mestruale e
consentire il passaggio del feto durante il parto.
- Vulva: organo esterno dove sbocca l'orifizio vaginale e subito
sopra il meato urinario. E' costituito da pliche carnose: le grandi
labbra più esternamente, dove si trovano le ghiandole del
Bartolini (che secernono un liquido lubrificante) e le piccole
labbra, poste all’interno, che si riuniscono anteriormente a livello
del clitoride (organo erettile femminile). Infine dal monte di venere, sporgenza rotondeggiante posta
anteriormente alla vagina.
- Mammelle: sono due organi, attaccati al muscolo pettorale, formati prevalentemente da tessuto
adiposo. Gli estrogeni ed il progesterone ne controllano lo sviluppo durante la pubertà. La
funzione delle mammelle è quella di produrre e secernere il latte dopo il. parto, situazione che è
influenzata da specifici ormoni. La mammella è suddivisa in lobuli, in ognuno di quali vi sono gli
alveoli, cellule che producono il latte, il quale viene convogliato in piccoli dotti che si uniscono
dando origine ad un solo dotto per lobulo che sbocca nel capezzolo:II capezzolo è una sporgenza
al centro della mammella, da cui fuoriesce il latte, e la cui zona intorno è denominata areola
mammaria.
APPARATO TEGUMENTARIO

Generalità

L'apparato tegumentario, detto comunemente pelle, comprende la cute, organo principale


che riveste tutto il corpo, e gli annessi cutanei. Questo apparato è indispensabile per la
sopravvivenza perché la sua funzione principale è la protezione.
Più precisamente le sue funzioni possono essere riassunte nelle seguenti:
Proteggere i tessuti e gli organi sottostanti da lesioni dovute ad agenti esterni
Costituire una barriera contro la penetrazione dei microorganismi
Contribuire al mantenimento della temperatura corporea
Eliminare acqua e scorie (attraverso il sudore)
Garantire la sensibilità tattile, termica e dolorifica
Concorrere alla respirazione (assorbendo ossigeno dall’aria e cedendo biossido di
carbonio)

Anatomia e fisiologia

LA CUTE è costituita da tre strati :


Epidermide è la parte più superficiale
ed è costituita da più strati di cellule che
si rinnovano continuamente. Lo strato
più esterno che è detto "corneo" è fatto
di cellule morte ricoperte da cheratina.
La cheratina rende impermeabile la pelle
impedendo all'acqua di penetrare e
uscire dall'organismo. Nello strato più
interno (basale) si trovano i melanociti,
cellule che in base a fattori genetici e
stimoli ormonali e/o ambientali
producono la melanina; sostanza che determina il colore della pelle. Ad esempio la
melanina sotto l'azione dei raggi del sole, viene in superficie e produce l'abbronzatura
difendendo il corpo dall'azione dei raggi ultravioletti.
In questo strato non vi sono capillari sanguigni e terminazioni nervose.
Derma è uno strato più spesso costituito da tessuto connettivo, cioè di sostegno, e da
fibre elastiche. E' ricco di vasi sanguigni che si dilatano e si costringono in base alla
temperatura esterna in modo da regolare la temperatura corporea. Si verifica la
vasodilatazione (con conseguente arrossamento cutaneo) allo scopo di rilasciare calore
quando. la temperatura esterna è alta e la vasocostrizione (con conseguente pallore
cutaneo) allo scopo di trattenere calore quando la temperatura esterna è bassa. Nel
derma vi sono anche molte terminazioni nervose che consentono di percepire stimoli tattili,
termici e dolorifici.
Tessuto sottocutaneo si trova sotto il derma ed è costituito soprattutto da cellule
adipose, è uno strato di grasso che protegge dal freddo e serve da riserva energetica.

ANNESSI CUTANEI

Peli e capelli : I peli ed i capelli sporgono dall'epidermide ma hanno la sua radice, detta Il
bulbo pilifero nel derma. Il bulbo pilifero è provvisto di capillari sanguigni, di terminazioni
nervose e di fibre muscolari che possono far rizzare il pelo (pelle d'oca). La crescita dei
peli e dei capelli avviene continuamente: nascono, crescono, muoiono e quindi cadono.

Ghiandole sebacee: producono una sostanza grassa, il sebo, che lubrifica la pelle, i peli
ed i capelli. Il sebo mantiene la pelle morbida, elastica, impermeabile e impedisce
l'eccessiva evaporazione dei liquidi. Queste ghiandole non sono presenti nel palmo della
mano e nella pianta del piede.

Ghiandole sudoripare: sono delle piccole ghiandole, poste nel derma, che producono il
sudore e lo eliminano tramite dotti che terminano con i pori sull'epidermide. Il sudore è
composto da acqua e sostanze quali urea, acidi, sali e piccole quantità di anidride
carbonica. La produzione di sudore serve ad eliminare alcune sostanze di rifiuto (come
ammoniaca e acido urico) ed a regolare la temperatura corporea. Infatti quando la
temperatura corporea è alta il sudore viene prodotto in quantità maggiore ed evaporando
ne favorisce la diminuzione; quando la temperatura corporea. è bassa i pori si chiudono e
si riduce la sudorazione. Le ghiandole sudoripare sono maggiormente concentrate sul
palmo delle mani, sulla pianta dei piedi e sotto le ascelle.

Unghie: sono inserite nella pelle, hanno forma laminare e sono costituite da tessuto
corneo. Servono a proteggere la parte dorsale delle estremità delle dita e favoriscono la
presa.
APPARATO OSTEOARTICOLARE
Generalità
Questo apparato è
costituito da 206
ossa. Non
comprende solo le
ossa ma anche i
tessuti adiacenti quali
la cartilagine ed i
legamenti. Tali
strutture insieme
costituiscono una
impalcatura rigida di
sostegno e
protezione per il
corpo umano.
Tale apparato rende possibile il movimento mediante le articolazioni. Precisamente le funzioni di
tale apparato possono essere riassunte in :
Sostegno: le ossa costituiscono l'impalcatura di sostegno che consente di sorreggere il corpo
permettendo la postura.
Protezione: le scatole ossee proteggono alloro interno gli organi più delicati come il cervello, il
.midollo spinale, i polmoni, il cuore
Movimento: le ossa costitiscono una base per l'attacco dei muscoli e quindi permettono il
movimento.
Emopoiesi: il midollo osseo rosso, presente in alcune ossa, è deputato alla produzione delle
cellule del sangue.

Anatomia e fisiologia

Lo scheletro è composto da : ossa e cartilagine, articolazioni e legamenti


OSSA e CARTILAGINE
Le ossa sono organi viventi costituiti da tessuto osseo le cui cellule sono dette osteociti. La
caratteristica di questo tessuto è data dalla presenza di calcio che ne determina la durezza. Le
ossa sono un deposito di calcio, infatti il 99% del calcio presente nel corpo è contenuto in esse. La
cartilagine somiglia per alcuni aspetti al tessuto osseo ma ne differisce per la consistenza, in
quanto non è presente il calcio, ma una sostanza gelatinosa "collagene" che la rende flessibile.
Inoltre nella cartilagine non sono presenti vasi sanguigni ed il nutrimento cellulare avviene per
diffusione negli spazi intercellulari.

Formazione e crescita dell'osso


Durante la vita intrauterina lo scheletro non è costituito da ossa ma da cartilagine con la stessa
forma delle future ossa, gradualmente si ha la sostituzione della cartilagine con tessuto osseo. Per
tutta la vita vi è un continuo ‘rimodellamento’ delle ossa, dovuto a processi di produzione e
riassorbimento del tessuto osseo, per garantirne una adeguata forma, dimensione e consistenza in
relazione anche al verificarsi di cambiamenti ( quali aumento del peso corporeo, intensa attività
fisica, traumi ecc). Questo "rimodellamento" assume caratteristiche diverse in base alt'età:
- nell'infanzia sono preponderanti i processi di produzione che determinano l’accrescimento delle
ossa
- nell’età adulta vi è un equilibrio tra processi di produzione e di riassorbimento
- nell’età senile i processi di riproduzione rallentano dando origine ad una struttura ossea porosa e
quindi più fragile.
Le ossa, a seconda della loro conformazione, si dividono in:
.ossa piatte: hanno poco spessore ad es. quelle
del cranio, del bacino, lo sterno.
.ossa lunghe: ad es. quelle degli arti come il
femore e l’omero.
.ossa corte: ad es. quelle delle mani e dei piedi.

ARTICOLAZIONI Sono i punti di


collegamento tra due segmenti ossei e
permettono i movimenti che tali segmenti possono
compiere tra loro. In base al grado di movimento
che permettono, le articolazioni sono classificate
in:

.fisse: hanno funzione solo di connessione non


permettono il movimento (es. per le ossa del
cranio )
.semimobili: permettono piccoli movimenti ( es.
per le vertebre)
.mobili: rendono possibili ampi movimenti (es.
ginocchia e gomiti)

LEGAMENTI Sono corpi di natura tendinea che coprono le articolazioni allo scopo di sostenerle
ed impedirne le dislocazioni. Si tratta di giunzioni che tengono insieme le ossa.

Lo SCHELETRO può essere suddiviso:


OSSA DELLA TESTA (o teschio o cranio) Il
cranio è una scatola ossea contenente organi
come il cervello e gli occhi. Sostanzialmente
esso può dividersi in due parti: una superiore-
posteriore formata dal cranio stesso e definita
"volta cranica", l'altra anteriore formata dalle
ossature facciali. La comunicazione tra cranio
e colonna vertebrale avviene tramite il
"forame occipitale" attraverso il quale
avviene la comunicazione tra cervello e
midollo spinale. La faccia è sostanzialmente
formata da un osso frontale e dalle ossa
mascellari superiori ed inferiori, queste ultime
dette "mandibole". L 'articolazione che le
unisce, permette la masticazione.
Comprende:
ossa piatte del cranio saldate insieme per
racchiudere e proteggere l'encefalo;
ossa della faccia che proteggono delicati
organi di senso e formano la struttura del
volto
Sono tutte ossa fisse tranne la mandibola
che può compiere movimenti necessari alla
masticazione del cibo.
OSSA DEL TRONCO che comprendono ;
gabbia toracica, costituita dallo sterno e 12
coste a destra e sinistra, la quale protegge cuore e polmoni situati al suo interno. Le coste partono
dalle vertebre dorsali e si congiungono anteriormente allo sterno, tranne le ultime due paia
inferiori che sono libere anteriormente.
colonna vertebrale costituita da 33-34 vertebre (7 cervicali, 12 toraciche, 5 lombari, osso sacro
e coccige) cioè anelli ossei disposti l'uno sull'altro a formare una canale all'interno del quale è
racchiuso il midollo spinale.
Tra una vertebra e l'altra vi sono dischi cartilaginei che facilitano i movimenti di flessione e
rotazione del tronco e attutiscono i contraccolpi
OSSA DEGLI
ARTI
SUPERIORI che
comprendono:
.scapola, osso
piatto posto nella
parte posteriore
della gabbia
toracica
.clavicola osso
lungo che collega
la scapola allo
sterno. Scapola e
clavicola
costituiscono
l'articolazione
della spalla infatti
in essa si
inserisce l'osso
del braccio
.omero osso
lungo del braccio
che va dalla
spalla al gomito
.radio e ulna
ossa lunghe
dell'avambraccio
che vanno dal
gomito al polso
.ossa della mano
OSSA DEGLI
ARTI INFERIORI
che
comprendono:
.ossa del bacino
(ilio, pube, ischio):
sono ossa piatte
che sorreggono
l’addome e nelle
quali si articola
l'osso della
gamba ( anca ).
.femore osso
lungo della coscia
che va dal bacino
al ginocchio ( sul
ginocchio è
presente la rotula
un osso che
impedisce alla
gamba di flettersi
in avanti)

.tibia e perone ossa lunghe della gamba che vanno dal ginocchio alla caviglia
.ossa del piede
APPARATO MUSCOLARE

Generalità
L'apparato muscolare è composto dai muscoli che costituiscono il 40-45% del peso
corporeo. Il tessuto muscolare è formato da cellule dette "fibre", la cui principale
caratteristica è la capacità di contrazione (per cui si accorciano) e rilassamento (per cui si
allungano) che permette il movimento delle parti del corpo. Questa capacità è data dalla
presenza, nella fibra muscolare, di tre particolari proteine.
I muscoli, oltre a determinare il movimento, producono il calore necessario a mantenere
una temperatura corporea interna costante.

Anatomia

Il tessuto muscolare
si suddivide in :

-Tessuto muscolare
striato o volontario

-Tessuto muscolare
liscio o involontario

-Tessuto muscolare
cardiaco

TESSUTO MUSCOLARE STRIATO così detto perché al microscopio presenta strie


trasversali. Conosciuto anche come "volontario" in quanto le sue contrazioni sono
controllate dalla volontà. Questo tessuto costituisce i Muscoli Scheletrici (profondi e
attaccati alle ossa) ed i Muscoli Pellicciai, responsabili della mimica del volto, (
superficiali ed attaccati in almeno un punto alla cute). Questi muscoli sono costituiti da
fasci di fibre e sono avvolti da una membrana connettivale elastica. Sono molto
vascolarizzati e al loro interno è presente la mioglobina, una sostanza proteica capace di
legare l’ossigeno, ai quali conferisce il colore rosso vivo. ( La mioglobina ha funzioni di
deposito di ossigeno a breve termine)
TESSUTO MUSCOLARE LISCIO così detto perche non presenta le striature ed al
microscopio appare liscio ed omogeneo. E' definito anche involontario perchè
normalmente non vi è il controllo volontario dell'uomo sulle sue contrazioni ma è stimolato
del sistema nervoso vegetativo. Questo tessuto costituisce i Muscoli Viscerali, ossia
quelli degli organi interni. La contrazione di questa muscolatura avviene molto più
lentamente rispetto a quella dei muscoli striati.
TESSUTO MUSCOLARE CARDIACO costituisce la maggior parte del cuore.
Rappresenta un'eccezione in quanto ha le caratteristiche dei muscoli striati ma è
involontario come quelli viscerali.
Fisiologia

FUNZIONI DEI MUSCOLI VOLONTARI

Permettere il MOVIMENTO
I muscoli scheletrici hanno solitamente forma a fuso e sono ancorati alle ossa mediante
legamenti resistenti detti tendini. Quando le fibre muscolari si contraggono, i muscoli si
accorciano determinando il cambiamento di postura delle ossa (le ossa si avvicinano tra
loro) e di conseguenza si verifica il movimento del corpo o di sue parti. Numerosi muscoli
scheletrici, per rendere possibile il movimento, funzionano in coppia ad azione
contrastante : ad esempio quando un muscolo si contrae l'altro si rilascia. Normalmente, il
movimento muscolare volontario è privo di tremori o spasmi perché i muscoli scheletrici
funzionano coordinatamente e non singolarmente.

Garantire la POSTURA
L'uomo è capace di mantenere il corpo in posizione "postura", grazie al fatto che i muscoli
non si rilasciano mai completamente ma mantengono sempre un certo stato di tensione,
che prende il nome di tono muscolare. In altre parole questa leggera contrazione dei
muscoli, detta tonica, non produce alcun movimento ma garantisce la postura. I muscoli
inoltre contribuiscono all’impostazione della forma generale dell’individuo producendo
pieghe, fossette e forme del corpo.

Produrre CALORE
La temperatura corporea deve essere mantenuta costante per la sopravvivenza ed è la
contrazione muscolare che sviluppa la maggior parte del calore richiesto. Le fibre
muscolari per lavorare, cioè per contrarsi, hanno necessità di energia la quale viene
prodotta dalla combustione di ossigeno e zuccheri che vengono portati dai capillari
sanguigni. Da tale processo di combustione oltre a derivare energia necessaria al muscolo
per lavorare si libera il calore.
Quando il lavoro muscolare è eccessivo rispetto all'apporto di ossigeno, il muscolo
produce energia attraverso un processo diverso, in cui si ha la liberazione di una sostanza
di rifiuto che è l'acido lattico. Se l’acido lattico si accumula all’interno del muscolo lo
rende inefficiente (affaticamento e crampi).
Normalmente, in presenza d'intenso lavoro muscolare, affinchè il sangue affluisca in
abbondanza per portare molte sostanze energetiche ai muscoli, l'organismo mette in atto i
seguenti fenomeni: vasodilatazione, aumento della frequenza dei battiti cardiaci e
degli atti respiratori

TIPI DI CONTRAZIONE MUSCOLARE


In sintesi i principali tipi di contrazione muscolare sono:
.Contrazione tonica: è continua e parziale, produce uno stato di tensione del muscolo
necessario per il mantenimento della postura.
.Contrazione isotonica: il muscolo si accorcia determinando un movimento
nell'articolazione. Camminare, correre, respirare sono movimenti prodotti dalle contrazioni
isotoniche.
.Contrazione isometrica: produce un incremento della tensione all'interno del muscolo
ma non I'accorciamento, quindi non determina alcun movimento. Un esempio di
contrazione isometrica è dato dagli esercizi di body builder che rafforzano e ingrandiscono
il muscolo.
E' opportuno sottolineare che il lavoro dei muscoli scheletrici influisce sulle loro condizioni:
una prolungata inattività determina l'atrofia cioè la riduzione del loro volume e peso;
l'eccessivo esercizio determina invece l'ipertrofia cioè l'aumento del loro volume.

RUOLO DEL SISTEMA NERVOSO NEL MOVIMEMTO


I muscoli volontari, che determinano il movimento, si contraggono sotto l'azione del
sistema nervoso, precisamente in seguito agli stimoli dei nervi motori che arrivano ad
ogni fibra muscolare. Infatti per compiere un movimento volontario la stimolazione parte
dall’encefalo (precisamente dalla corteccia cerebrale) giunge a livello del midollo
spinale e tramite i nervi motori raggiunge le fibre muscolari.
Le fibre muscolari quindi si contraggono solo quando le arriva uno stimolo, di una certa
intensità, da parte delle terminazioni dei nervi motori.
Ciò che rende possibile però il passaggio dello stimolo è la liberazione di una sostanza, I'
acetilcolina, contenuta all'interno di vescicole nella placca neuromuscolare (punto di
congiunzione tra sistema nervoso e muscolare); tale sostanza permette la liberazione di
ioni Ca (contenuti nella fibra muscolare) con la conseguente interazione delle tre proteine
di cui è composta la fibra muscolare), la contrazione e quindi I'accorciamento della fibra
muscolare. Terminato lo stimolo nervoso I'acetilcolina viene distrutta da un enzima.

Schema riassuntivo del "passaggio dello stimolo":

Placca neuromuscolare
I
V
Liberazione acetilcolina
I
V
Fibra muscolare
I
V
Liberazione di ioni Ca
I
V
Interazione delle proteine muscolari
I
V
Contrazione muscolare

TESSUTO MUSCOLARE

FUNZIONI : Movimento, Postura, Calore

CELLULA MUSCOLARE SCHELETRICA = FIBRA

FUNZIONI : Contrazione, Energia

I Muscoli scheletrici sono ORGANI

FIBRE MUSCOLARI INNERVATE da MOTONEURONI… poche fibre innervate da una


singola fibra nervosa maggiore è la precisione del movimento

IL MUSCOLO SCHELETRICO SI CONTRAE SOLO SE STIMOLATO

CONTRAZIONE TONICA = stato di tensione, contrazione continua, tono


CONTRAZIONE ISOTONICA
CONTRAZIONE ISOMETRICA = contrazione continua
FIBRILLAZIONE = contrazione in coordinata e non valida
CONVULSIONI = contrazione anomala e in coordinata
SCALA = contrazione con maggiore forza dopo altre contrazioni

CLASSIFICAZIONE = funzione (flessore) forma (trapezio) localizzazione (femorale)


Conoscere nome e posizione delle ossa che si trovano :
-cranio -faccia -vertebre -torace -braccio -avambraccio -gamba -mano -piede

Conoscere nome e posizione dei muscoli


- collo ( sternocleidomastoideo )
- dorso (trapezio e gran dorsale)
- torace (grande pettorale e piccolo pettorale)
- parete addominale (obliquo esterno)
- spalla (deltoide)
- braccio (bicipite e tricipite brachiale )
- anca ( grande, piccolo e medio gluteo)
-coscia ( quadricipide femorale : retto femorale e vasto laterale; gruppo adduttori; bicipite
femorale)
- gamba (gastrocnemio)

ARTI SUPERIORI
DELTOIDE Ricopre interamente la spalla. Questo muscolo entra in azione quando
alziamo le braccia sul piano orizzontale.
BICIPITE Si trova nella parte anteriore del braccio. Permette la flessione
dell’avambraccio sul braccio.
TRICIPITE Si trova nella parte posteriore del braccio; ha la funzione di estendere
l’avambraccio sul braccio.

ARTI INFERIORI
GRANDE GLUTEO Estensore e rotatore esterno della coscia.
QUADRICIPITE FEMORALE Estende la gamba sulla coscia e flette sul braccio.
GEMELLI LATERALI E MEDIALI Formano un solo muscolo. Questo muscolo, quando il
piede è poggiato a terra, solleva il corpo.

MUSCOLI DEL TORACE


GRANDE PETTORALE Questo muscolo si estende dal torace alla clavicola e dal
torace all’omero; dallo sterno, dalle cartilagini delle prime 7 costole fino alla parte
superiore dell’addome. Ha la forma di un ventaglio.

MUSCOLI DEL COLLO


STERNOCLEDOMASTOIDEO Principale muscolo del collo, prende il nome dalle sue
inserzioni. Entra in azione quando si ruota o si flette la testa.

MUSCOLI DEL DORSO


TRAPEZIO Muscolo largo posto in alto appena dietro sull’osso occipitale.
GRANDE DORSALE Altro muscolo largo e piatto che determina la bellezza estetica
della schiena.

MUSCOLI DELL’ADDOME
GRANDE OBLIQUO Costituisce lo strato più superficiale dei muscoli dell’addome. Ha
origine dalle ultime costole e termina sull’osso iliaco e sul pube. E’ un muscolo espiratore;
flette il torace sul bacino comprimendo i visceri addominali.
GRANDE RETTO Disposto verticalmente nella parte anteriore dell’addome. E’ un
muscolo espiratore. Flette il torace sul bacino.
APPARATO RESPIRATORIO

Con l’evoluzione della specie, il nostro olfatto ha


subito un lento processo di desensibilizzazione.
Tuttavia, per molte sostanze chimiche, la nostra
sensibilità olfattiva supera quella dei reagenti di
analisi ed un centinaio di molecole per millimetro
d’aria diventano sufficienti a stimolare il senso
olfattivo. L’allenamento consente la creazione di un
“archivio mnemonico” e conferisce al naso “esperto”
un’ipersensibilità che lo rende capace di catalogare
alcune centinaia di odori differenti.
La respirazione avviene grazie ai muscoli toracici,
infatti, i polmoni si dilatano e richiamano l'aria
dall'esterno (inspirazione) quindi si restringono
quando l'aria viene espulsa all'esterno (espirazione).

L'aria entra dal naso o anche dalla bocca, attraversa i canali della faringe, della laringe, della
trachea e giunge ai bronchi, i quali si ramificano in tubi sempre piccoli (bronchioli) all'interno dei
polmoni.I bronchioli terminano negli alveoli polmonari dove avviene lo scambio gassoso tra sangue
e aria.

Ogni alveolo è ricoperto da una fittissima rete di


capillari venosi e arteriosi; l'ossigeno contenuto
nell'aria entra nel sangue e l'anidride carbonica
contenuta nel sangue passa nell'aria.
Il sangue grazie ai suoi globuli rossi, è in grado di
catturare l'ossigeno dell'aria e di trasportarla a tutti i
tessuti e alle cellule dell'organismo. A questo punto
inizia la fase detta respirazione cellulare :
l'ossigeno viene impiegato dalla cellula per ricavare
energia dalle sostanze nutritive e in cambio viene
liberata l'anidride carbonica.
L' anidride carbonica compie il percorso inverso e,
attraverso il sangue, viene portata ai polmoni, dove
viene scambiata con nuovo ossigeno dell'aria.
Attraverso l'inspirazione noi introduciamo aria ricca
di ossigeno e con l'espirazione emettiamo aria
povera di ossigeno ma ricca di anidride carbonica.

-FUNZIONE
-ORGANI: struttura e funzione
-ESPLORAZIONE: RX, TC, Scintigrafia, Broncoscopia,Broncografia Toracentesi, Es
escreato, Es liquido peleurico, PFR, EGA, Biopsia polmonare, e …... OSSERVAZIONE

1) Ventilatoria
-FISIOLOGIA 2) Alveolo-Capillare
3) Circolatoria
E perché avvenga 1, 2, 3 occorre :

Struttura idonea degli organi


stimolo nervoso
muscoli
principi di fisica
Hb
ect

VARIE :

V.C. (Volume corrente) 500 mi: quantità di aria espirata normalmente dopo una
aspirazione normale
Volume di riserva espiratoria ed inspiratoria: quantità di aria che forzatamente può
essere espirata (1000-1200 ml ) o inspirata (3000-330O ml)
Aria residua : aria che rimante nei polmoni comunque 1200 ml
Capacità polmonare totale : la somma del tutto 5700.- 6200 ml
Ventilazione polmonare :V.C. + F.R, in lt/min
Spazio morto: volume di gas che non partecipa agli scambi e si trova fra le vie aeree
superiori e bronchiali; è il 30% circa del V.C.
Volume di ventilazione alveolare : V.C. - S.M. 500-150= 350 ml

*******************************************************************************************************
E.G.A. Sangue ridotto sangue ossigenato
PO2 20-40 mm Hg 80-100 mm Hg
Saturazione 60-75% 95-97%
PCO2 40-50 mm Hg 35-45 mm Hg
PH 7.30 7.40
*******************************************************************************************************

1 grammo di Hb ( emoglobina) contiene 1,34 ml di O2


Normalmente 15 gr/100ml 15.X 1.34 = 20 ml O2/100ml di sangue
Donna 14 gr Hb Uomo 16 gr Hb
CO2 : 200ml/min dai tessuti ai polmoni

Esami per valutare l’apparato respiratorio :

RX : il parenchime è radiotrasparente; anormale posizione delle strutture, presenza di


tumori, corpi estranei, processo patologico,
TC: il polmone si vede stratificato con RX ; lesioni piccole, calcificazioni. patologiche
mediastiniche
Scintigrafia : con MdC diversi (radioisotopi o altre sostanze) che vengono iniettati o fatti
inalare per valutare se il polmone ventila o è perfuso e si vede che il polmone non capta la
sostanza, con gallio per patologie infiammatorie (in questo caso il polmone trattiene il
gallio )
Broncografia : con MdC in trachea per vedere la trachea o aree del Polmone
Broncoscopia: ispezione diretta di trachea e bronchi; si possono fare lavaggi, prelievi di
liquido, biopsie
Toracentesi
Esame escreato : per miceti, virus, batteri
Esame liquido pleurico
Biopsia polmonare : tramite broncografia o a cielo aperto
PFR e EGA
OSSERVAZIONE

COME AVVIENE LO STIMOLO ALLA RESPIRAZIONE ?


I
V
CENTRO DEL RESPIRO
I
V
% di ANIDRIDE CARBONICA PRESENTE NEL SANGUE

CONTROLLO del RESPIRO :


livello CO2 – O2
dolore : apnea e/o aumento
freddo : apnea
stimolo sfintere anale : diminuzione
stimolo faringe e laringe : apnea

COME L’ARIA ENTRA ED ESCE DAI POLMONI?


I
V
GRADIENTE DI PRESSIONE
/ \
V V
INSPIRAZIONE ESPIRAZIONE
EUPNEA APNEA
DISPNEA ORTOPNEA
APPARATO CARDIOVASCOLARE

Generalità
La funzione principe dell’apparato cardiovascolare consiste nel
trasportare le sostanze utili alle cellule e allontanare i prodotti di
rifiuto. Le richieste di trasporto comprendono il continuo
movimento di ossigeno, anidride carbonica, nutrienti, ormoni ed
altre sostanze importanti. Gli scarti prodotti dalle cellule sono
rilasciati di continuo nel flusso sanguigno e trasportati dal sangue
agli organi di escrezione.
Questo apparato contribuisce anche alla regolazione della
temperatura corporea distribuendo calore a tutto i corpo e
trattenendo o rilasciando calore dal corpo tramite la regolazione
del flusso sanguigno in prossimità della superficie cutanea. Per
rispondere alle richieste esso è composto da più parti con
funzioni specifiche: il cuore e un insieme di canali, i vasi
sanguigni, in cui circola il sangue.

Il sistema circolatorio si compone di tre parti:


- un fluido, il sangue, che funge da mezzo di trasporto;

- una rete di canali, i vasi sanguigni, per distribuire il fluido nei


vari punti del corpo;
- una pompa, il cuore, per tenerlo in movimento.

Alcune delle funzioni più importanti sono:


- il trasporto di ossigeno dai polmoni ai tessuti e di diossido di
carbonio dai tessuti ai polmoni
- la distribuzione dei prodotti della digestione a tutte le cellule
dell'organismo
- il trasporto di rifiuti e prodotti tossici al fegato per la
disintossicazione e ai reni per l'escrezione
- la distribuzione di ormoni dagli organi che li secernono ai
tessuti sui quali agiscono
- la regolazione della temperatura corporea, in parte ottenuta
adeguando il flusso sanguigno
- il controllo delle perdite di sangue per mezzo della
coagulazione
- la difesa contro batteri e virus, grazie all'azione di anticorpi e globuli bianchi presenti nel flusso
circolatorio

Anatomia e fisiopia

CUORE
E' un organo cavo costituito da tessuto muscolare striato ma involontario, che pesa circa 400 gr.
ed è situato nella cavità toracica tra i due polmoni, con la punta in basso e leggermente spostata a
sinistra. Rappresenta una parte molto importante del sistema cardiocircolatorio in quanto
costituisce la pompa che permette il movimento del sangue all'interno del circuito chiuso formato
dai vasi sanguigni.
Essendo un organo cavo il cuore al Suo interno presenta 4 cavità:
2 Atri sono le cavità superiori che ricevono il sangue dalle vene e sono separati dal setto
interatriale;
2 Ventricoli le due cavità inferiori che spingono il sangue nelle arterie fuori dal cuore e sono
separate dal setto interventricolare.
Gli Atri comunicano con i sottostanti Ventricoli mediante le valvole atrio-ventricolari (Tricuspide
a destra e Bicuspide a sinistra).
Le cavità destre e sinistre del
cuore invece non sono
comunicanti tra loro, sono
separate dai setti interatiale e
interventricolare).
Precisamente le cavità cardiache
sono: :
Atrio dx: nel quale confluiscono la
vena cava inferiore, superiore e la
grande vena coronaria,
Ventricolo dx: da cui ha origine
l'arteria polmonare,
Atrio sn: dove confluiscono le 4
vene polmonari,
Ventricolo sn: da cui ha origine
I'aorta (il vaso arterioso più grosso
dell'organismo).

Il cuore è costituito da tre tessuti


che dall'esterno verso l'interno
sono:

.Pericardio membrana sierosa di rivestimento e protezione costituta da due strati tra i quali e
interposto un minuscolo spazio dove è presente una pellicola sottile di liquido pericardico che
funge da lubrificante evitando attriti quando il cuore pulsa.
.Miocardio o muscolo cardiaco, formato da particolari fibre muscolari striate che si contraggono
involontariamente.
.Endocardio sottile strato di membrana liscia che riveste la parte interna delle cavità dove si
trovano le valvole cardiache.

VASI SANGUIGNI
Sono il sistema chiuso di vasi all'interno dei quali circola il sangue pompato dal cuore. I vasi
sanguigni si dividono in arterie, vene e capillari. Le vene devono riportare il sangue verso il
cuore. Ma, a motivo della forza di gravità, le vene degli arti inferiori hanno bisogno di strutture
particolari perchè il sangue possa fluire in modo corretto verso l'alto, dove è il cuore.
Le grandi vene degli arti inferiori
sono dotate, per questo, di
valvole, chiamate a "nido di
rondine".
Esse permettono, come tutte le
valvole il flusso in un senso e
impediscono che il flusso possa
tornare indietro. Il sangue riempie
la piccola camera tra una valvola e
l'altra, e la pressione a tergo del
flusso che arriva fa aprire la
valvola superiore. Poi, quando il
sangue contenuto nella piccola
camera tra le valvole superiore e
inferiore tenderebbe a tornare
indietro, la valvola inferiore si
chiude e lo impedisce.

ARTERIE
Sono i vasi che partendo dal cuore, permetto di far circolare Il sangue in tutte le parti del corpo.
Hanno pareti costituite da uno strato di tessuto muscolare che le rende robuste, elastiche e capaci
di sopportare alte pressioni. Possono dilatarsi e contrarsi favorendo lo scorrimento del sangue e
modificando la pressione sanguigna arteriosa. Il diametro delle arterie e lo spessore della loro
parete diminuiscono allontanandosi dal cuore.

Infatti si ramificano prendendo il


nome di arteriole, ed a livello dei
tessuti di capillari arteriosi.
-L'arteria più grossa dell'organismo
è I'aorta che parte dal ventricolo
sinistro, si incurva dietro il cuore
formando l'arco aortico e poi si
ramifica in arterie di calibro
minore. Le ramificazioni principali
sono: le carotidi che vanno alla
parte destra e sinistra della testa,
le coronarie che vanno al cuore, le
succlavie che vanno alle braccia
(ascellari, omerali, ulnari, radiali,
etc..). A livello dell'aorta toraco-
addominale vi sono le diramazioni
che vanno ad irrorare tutti gli
organi come il fegato, il pancreas,
lo stomaco, l'intestino, i reni ecc...
Infine I'aorta, a livello inguinale, si
divide in due rami che vanno ad
irrorare gli arti inferiori ( iliache,
femorali, poplitee, tibiali, pedidie
ecc..).
-Dal ventricolo destro parte invece
l'arteria polmonare che si dirama
nei polmoni in arteriole e capillari
polmonari.

.CAPILLARI
Sono vasi di microscopiche dimensioni con le pareti sottilissime, formate da un solo strato di
cellule in modo da permettere gli scambi, tra sangue e cellule, dei gas respiratori e di sostanze
nutrienti e di rifiuto. Dunque i capillari funzionano come vasi di scambio e trasportano il sangue
dalle arteriole alle venule.
I capillari sono i soli vasi sanguigni le cui pareti permettono scambi tra il sangue e il circostante
liquido interstiziale. Poiché le pareti capillari sono relativamente sottili, le distanze di diffusione
sono piccole e lo scambio può avvenire rapidamente.
Inoltre, il flusso ematico nei capillari è relativamente lento, concedendo un tempo sufficiente per la
diffusione o il trasporto attivo dei materiali attraverso le loro pareti. A differenza dei grossi vasi, la
parete capillare è limitata ad un unico strato, l'endotelio. Le cellule endoteliali sono estremamente
piatte e talvolta hanno uno spessore di soli 1-2 micrometri, esse sono situate a ridosso di una
membrana basale, spessa 40-60 nm. Le cellule endoteliali possono sovrapporsi in parte,
aumentando o diminuendo lo spessore della parete capillare. In tal caso esse formano una
barriera consistente, fra sangue e tessuti, che lascia passare solo sostanze selezionate. Molti
capillari possiedono addirittura piccoli pori oppure "finestre" più ampie (capillari fenestrati) che
sono chiuse da un sottile strato di membrana, ovvero da un diaframma. I capillari di questo tipo
lasciano passare piccole molecole, ma impediscono la fuoriuscita di sostanze di grosso peso
molecolare, in particolare proteine.
I capillari hanno la particolare funzione di filtrazione, riassorbimento e deflusso linfatico. Dai
capillari passa più liquido nei tessuti (filtrazione) di quanto essi a loro volta possono riassorbirne
(riassorbimento). Il liquido residuo scorre lungo le vie linfatiche, raggiungendo indirettamente il
sistema venoso.
La pressione all'interno dei capillari (pressione idrostatica) causa lo stillicidio continuo di liquido
dal plasma sanguigno negli spazi intercellulari (interstizio) che circondano i capillari e i tessuti.
Questo liquido è noto come liquido interstiziale ed è composto soprattutto da acqua in cui sono
disciolte sostanze nutritive, ormoni, gas sostanze di rifiuto e piccole proteine del sangue. Le grandi
proteine plasmatiche, i globuli rossi e le piastrine non sono in grado di uscire dai capillari a causa
delle loro dimensioni, sebbene i globuli bianchi possano filtrare attraverso gli interstizi tra le cellule
delle pareti dei capillari.
I movimenti del liquido interstiziale attraverso la parete capillare sono quantitativamente notevoli.
La filtrazione si aggira approssimativamente intorno ai 20 litri al giorno, supera di poco il
riassorbimento (18 litri al giorno); il liquido residuo (2 litri al giorno) viene assorbito attraverso
l'interstizio dal sistema linfatico e deviato nel sistema venoso, oppure permane a livello dei tessuti
come liquido interstiziale (edema). Il bilancio dei liquidi si esprime come segue:
filtrazione = riassorbimento + deflusso linfatico.

.VENE
Sono i vasi che partendo dagli organi e tessuti periferici arrivano al cuore. Hanno pareti povere di
tessuto muscolare ed al loro interno, presentano delle valvole unidirezionali che impediscono al
sangue di tornare indietro per effetto della forza di gravità.

Le vene di calibro più piccolo


nelle quali confluisce il sangue
dei capillari venosi sono dette
venule. Avvicinandosi al cuore
si uniscono tra loro e
aumentano di dimensioni
diventando vene. Le due vene
più grandi dell'organismo sono
quelle che confluiscono nell'atrio
destro del cuore: vena cava
inferiore e superiore. La Vena
cava inferiore raccoglie il
sangue proveniente dagli arti
inferiori e dai visceri addominali.
Importante è la vena epatica
che confluisce nella vena cava
inferiore dopo aver raccolto il
sangue filtrato dal fegato ed
arrivato ad esso mediante la
vena porta. La Vena cava
superiore raccoglie il sangue
proveniente dagli arti superiori
(v. succlavia, v. ascellare, v.
basilica, v. cefalica, ecc..). Le
vene che arrivano nell'atrio
sinistro sono 4 e provengono
dai polmoni. Dunque ciò che
distingue le arterie dalle vene è
il flusso (la direzione) del
sangue e non il contenuto.
Infatti
Battito cardiaco
Il cuore deve pompare il sangue in modo regolare e costante, per questo si contrae e si
rilascia continuamente ed automaticamente.
La contrazione è detta sistole e determina lo svuota mento delle cavità cardiache mentre il
rilasciamento che è detto diastole determina il riempimento.
Questo lavoro avviene a fasi: inizialmente gli atri si rilasciano (diastole degli atri) riempiendosi di
sangue, poi si contraggono (sistole degli atri) e spingono il sangue nei ventricoli che sono dilatati
(diastole dei ventricoli); successivamente i ventricoli si contraggono (sistole dei ventricoli)
espellendo il sangue dal cuore.

Il CICLO CARDIACO contempla una sequenza di eventi che avviene nell’arco di un battito cardiaco,
battito che mediamente ha la durata di 0,8 secondi:
1) Rilasciamento: gli atri si riempiono, di sangue venoso l’atrio destro e arterioso quello sinistro.
2) Riempimento: aumenta la pressione degli atri, le valvole cardiache si aprono e iniziano a
riempirsi i ventricoli.
3) Diastasi: gli atri e i ventricoli sono pieni e il flusso di sangue agli atri diminuisce e si interrompe.
4) Sistole atriale: si contraggono gli atri mentre i ventricoli sono pieni e distesi.
5) Contrazione: si contraggono i ventricoli (sistole ventricolare) e aumenta la pressione al loro
interno. Le valvole si chiudono.
6) Efflusso: continua la contrazione dei ventricoli e continua ad aumentare la pressione al loro
interno. Si aprono le valvole semilunari di accesso all’arteria polmonare (sangue venoso) e
all’arteria aorta (sangue arterioso). Il sangue viene spinto all'interno di ambedue.
Lo STIMOLO CHE GENERA LA CONTRAZIONE è di natura elettrica e si origina involontariamente dai
centri di controllo posti nell’encefalo e nel midollo spinale. Viene trasportato attraverso le vie efferenti
parasimpatiche e simpatiche.
Il sistema simpatico, partendo dal centro cardio-acceleratore posto nel bulbo, trasmette in maniera costante
impulsi nervosi che tendono ad esaltare la frequenza delle contrazione, la forza e l’eccitabilità.
Il sistema parasimpatico, partendo dal centro cardio-inibitore posto nel bulbo, tende ad equilibrare gli eccessi
del simpatico.
All’interno del cuore gli impulsi vengono scaricati da un vero e proprio pacemaker che è il nodo del seno
atriale, posto in alto dell’atrio destro in prossimità del setto interatriale. L’eccitamento si propaga sulla
muscolatura degli atri che si contraggono iniziando da quello destro. Il nodo atrio-ventricolare, posto in alto
del ventricolo destro in prossimità della valvola tricuspide, raccoglie l’impulso e lo distribuisce a tutti e due i
ventricoli grazie alla rete nervosa denominata fascio di His. Questo percorre ambedue i lati del setto
interventricolare e, grazie alle sue diramazioni al disotto dell’endocardio, lo trasmette alla rete del Purkinje. I
ventricoli si contraggono simultaneamente.
Insieme sistole e diastole formano il battito cardiaco la cui frequenza normalmente è compresa tra 60/90 al
minuto. La durata del ciclo cardiaco ( dalla diastole atriale e ventricolare alla sistole atriale e ventricolare )
dura circa 0,08 secondi
Inoltre la direzione del flusso sanguigno, affinché il cuore funzioni da pompa efficacemente, deve essere
diretta e controllata. Le valvole cardiache, posizionate all'entrata ed all'uscita dei ventricoli si aprono e si
chiudono per svolgere questo compito.
Le fibre del muscolo cardiaco devono contrarsi in maniera coordinata affinché si generi un battito cardiaco
ritmico e si abbia la contrazione atriale e poi ventricolare. Per questo motivo il cuore possiede un sistema
proprio di conduzione dell'impulso che è costituito da strutture specializzate che generano e poi conducono
impulsi attraverso il muscolo cardiaco. L'impulso alla contrazione viene dato dal Nodo seno-atriale o
pacemaker, posto nell'atrio destro del cuore, che è la struttura determinante la frequenza cardiaca. Le altre
strutture di conduzione che continuano, permettendo il passaggio dello stimolo fino ai ventricoli, sono: Nodo
atrio-ventricolare, Fascio di His (che si dirama verso il ventricolo destro e quello sinistro) e Fibre di Purkinje
(che si diramano nei due ventricoli).

CIRCOLAZIONE DEL SANGUE


Il movimento del cuore determina la circolazione del sangue nei vasi, il sangue circola seguendo due distinti
percorsi che hanno inizio e termine nel cuore e che costituiscono un percorso circolare.
La CIRCOLAZIONE quindi è doppia in quanto è suddivisa in:
- piccola circolazione (o polmonare): collega il cuore ai polmoni ed ha lo scopo di “ripulire” il
sangue dall’anidride carbonica e rifornirlo di ossigeno e metterlo a disposizione della grande
circolazione;
- grande circolazione (o sistemica): collega il cuore a tutti i tessuti del corpo dove trasporta il
sangue carico di ossigeno (sangue arterioso) e ritorna al cuore col sangue carico di anidride
carbonica (sangue venoso) che poi viene reimmesso nella piccola circolazione per reiniziare un
nuovo ciclo.
La circolazione è anche detta COMPLETA in quanto il sangue arterioso (trasportato dalle arterie) e il sangue
venoso (trasportato dalle vene) non si mescolano mai ma si caratterizzano per una continuità di flusso che
da arterioso diventa venoso dopo il passaggio nei capillari periferici che irrorano i tessuti e da dove riprende
il percorso verso il cuore.
Grande circolazione
Detta anche circolazione sistemica o
circolo generale, ha inizio nella parte
sinistra del cuore e termina nell’atrio
destro.
Nell'atrio sinistro, durante la diastole
degli atri, arriva il sangue ossigenato dai
polmoni(attraverso le 4 vene polmonari).
Immediatamente l'atrio si contrae e
spinge il sangue attraverso la valvola
mitrale, nel ventricolo sinistro che è
dilatato. Durante la sistole ventricolare il
sangue viene spinto nell'aorta mentre la
valvola mitrale si richiude per impedirne il
reflusso. Dall'aorta, mediante le sue
ramificazioni, il sangue ricco di ossigeno
e sostanze nutritive, raggiunge i capillari
arteriosi e scambia con le cellule anidride
carbonica e sostanze di rifiuto. Dalla rete
capillare arteriosa si forma la rete venosa
che raccoglie il sangue in vene sempre
più grosse fino ad arrivare alle vene cave
che confluiscono nell'atrio destro.

A questo punto inizia la piccola circolazione.

Piccola circolazione
Detta anche polmonare inizia nella parte
destra del cuore e termina nell'atrio sn.
Il sangue proveniente dalla grande
circolazione entra nell'atrio destro che si
dilata; immediatamente l'atrio si contrae e
spinge il sangue, mediante la valvola
tricuspide, nel sotto stante ventricolo
destro. Con la sistole, si chiude la valvola,
e il ventricolo destro spinge il sangue
nell'arteria polmonare e quindi nelle sue
ramificazioni. Qui il sangue scorrendo nei
capillari polmonari (a livello degli alveoli),
per un particolare processo che è quello
della ‘diffusione gassosa’, assume
ossigeno dall’aria e rilascia anidride
carbonica. Il sangue, dopo essere stato
ossigenato dai polmoni ritorna nell’atrio
sinistro del cuore, mediante le vene
polmonari. Dall'atrio sinistro passa nel
ventricolo pronto ad essere rimesso nel
circolo sistemico.
Riassumendo la grande circolazione segue il percorso cuore-corpo-cuore mentre la piccola
circolazione segue il percorso cuore-polmoni-cuore.

Circolazione coronarIa
Il muscolo cardiaco, per svolgere senza problemi il suo intenso lavoro, necessita di una fornitura
ininterrotta di sangue ricco di nutrienti e di ossigeno. E' la circolazione coronaria che permette
l'arrivo di sangue adeguatamente ossigenato e ricco di sostanze nutritive al muscolo cardiaco ed il
ritorno di sangue povero di ossigeno da tale tessuto. Il sangue arriva al muscolo cardiaco mediante
due piccole arterie dette coronarie (destra e sinistra). Le arterie coronarie sono i primi vasi che
si diramano dall’aorta ascendente. Il sangue passato attraverso i capillari del miocardio
fluisce nelle vene cardiache che sboccano nell'atrio destro.

Circolazione portale epatica


Indica il percorso che il sangue fa attraverso il fegato. Infatti le vene della milza, dello stomaco, e
dell’intestino non versano il sangue direttamente nella vena cava inferiore ma lo inviano al fegato
mediante la vena porta. Il sangue passato il fegato, esce attraverso le vene sovraepatiche e
confluisce nella vena cava inferiore. La funzione di questa circolazione ‘vena-vena’ consiste nel
consentire al sangue, ricco di nutrienti, di venire a contatto con le cellule epatiche che
immagazzinano alcune sostanze nutritive (come ad esempio il glucosio) e rimuovono varie
sostanze nocive. Sostanzialmente il sangue viene sottoposto ad una sorta di "purificazione".

SANGUE
E' un tessuto connettivo di tipo liquido e vischioso che svolge importanti funzioni:
.trasporta i gas respiratori e le sostanze nutritive.
.raccoglie le sostanze di rifiuto prodotte dalle reazioni cellulari .difende l'organismo dall'attacco dei
microbi .trasporta gli ormoni
.controlla la temperatura corporea.

Un corpo umano adulto ne contiene circa 5 litri.


Le cellule del Sangue: globuli rossi (in rosso),
globuli bianchi (in giallo), piastrine (in verde). In un
millimetro cubo ci sono quasi 5.000.000 globulo rossi;
7.000 globuli bianchi, 220.000 piastrine.
Esso è formato da una parte corpuscolata e una parte
liquida. La parte corpuscolata è costituita da:

.globuli rossi: chiamati anche eritrociti, sono piccole


cellule che contengono emoglobina, una sostanza che
ha la caratteristica di legarsi in modo reversibile
all'ossigeno (negli alveoli polmonari) ed all'anidride
carbonica (a livello cellulare). Vengono continuamente
prodotti principalmente dal midollo osseo rosso, vivono
tre mesi e sono distrutti dalla milza. Sono circa
5.000.000 per millimetro cubo.

.globuli bianchi:chiamati anche leucociti o linfociti, sono cellule più grandi dei globuli rossi. Ve
ne sono di molte tipologie con funzioni specifiche. Hanno il compito di attaccare, inglobare e
digerire i microrganismi che penetrano nel sangue. Possono anche fuoriuscire dai vasi sanguigni
capillari per esercitare azione di difesa dell'organismo dai germi. Alcuni di loro producono anticorpi,
cioè sostanze che rendono inattivi i microrganismi dannosi. Sono circa 8.000 per millimetro cubo;
sono prodotti dal midollo osseo rosso, dai linfonodi e dalla milza. Due sono i tipi principali di
linfociti: i linfociti B e i linfociti T. Tutti i linfociti originano dal midollo osseo sotto forma di cellule
immature che prendono il nome di cellule staminali. I linfociti che raggiungono la maturità nel
timo, una piccola ghiandola che si trova dietro lo sterno, prendono il nome di linfociti T, quelli che
diventano maturi nel midollo osseo o negli organi linfatici si chiamano linfociti B.
.piastrine: sono i più piccoli elementi del sangue, sono frammenti di cellule che hanno l'importante
funzione di far coagulare il sangue quando viene a contatto con l'aria. Esse in presenza di una
ferita formano il coagulo ( che poi si trasformerà in escara) e quindi bloccano l'emorragia. Sono
prodotte dal midollo osseo rosso e sono circa 300.000 per millimetro cubo.
La parte fluida del sangue è definita plasma è un liquido giallo costituito per il 9070 da acqua e per
il 1070 da sali minerali, proteine,zuccheri, grassi, e anticorpi
PRESSIONE SANGUIGNA
Il cuore spinge il sangue all' interno del sistema arterioso durante la fase di contrazione del
ventricolo sinistro (sistole), la pressione generata in questo momento, viene pertanto definita
pressione arteriosa sistolica. Durante la fase successiva il ventricolo sinistro si "rilassa" e si
riempie di sangue (diastole), mancando la spinta del sangue che proviene dal ventricolo sinistro, la
pressione arteriosa si riduce: questo valore viene definito pressione arteriosa diastolica.
La pressione arteriosa:
- prevalentemente sistolica aumenta con l’età, quale conseguenza principalmente della maggiore
rigidità dei vasi arteriosi.
- sia sistolica che diastolica subisce delle variazioni durante la giornata : è più alta al mattino,
appena svegliati, si riduce un po’ durante la giornata tende ad aumentare nuovamente verso sera.
Durante il sonno invece la pressione arteriosa si riduce a valori inferiori rispetto a quelli del giorno.
- aumenta inoltre durante uno sforzo fisico e sovente quale conseguenza di fattori emotivi. Questi
ultimi condizionano notevolmente i risultati di una rilevazione.

POLSO ARTERIOSO
Le arterie, essendo elastiche si dilatano al passaggio del sangue dando luogo alle pulsazioni. Ogni
pulsazione corrisponde al momento in cui il sangue viene spinto con forza dal cuore nell'aorta e da
questa nelle altre arterie. Le pulsazioni possono essere apprezzate con le dita sulle arterie più
superficiali come la radiale, la femorale e la carotide.
CENNI SUL SISTEMA LINFATICO
Il sistema linfatico è uno dei sistemi naturali di difesa dell’organismo contro le infezioni : è un
sistema complesso formato da organi quali: il midollo osseo, le tonsille, la milza, i linfonodi e i vasi
linfatici, un insieme di vasi, tessuti e organi preposti alla produzione e al trasporto della linfa, fluido
costituito di una parte liquida, con una composizione simile a quella del plasma sanguigno e
contenente materiale proveniente dal metabolismo cellulare, e di una parte corpuscolata,
rappresentata dai linfociti prodotti negli organi linfatici, vale a dire milza, timo e linfonodi. La linfa si
forma negli spazi interstiziali dei tessuti e da lì viene drenata mediante un sistema di capillari a
fondo cieco presenti sulla superficie di quasi tutti gli organi corporei. Il passaggio della linfa al
capillare è dovuto alla maggiore pressione osmotica esistente in esso. Attraverso condotti di
diametro crescente, la linfa sbocca alla fine in tre collettori principali: dotto tronco giugulare (per
la linfa drenata dalla testa e dal collo), dotto tronco succlavio (dall'arto superiore, spalla e base
del collo) e dotto toracico (dal resto del corpo). Il dotto toracico ha origine dalla cisterna di
Pecquet, detta anche cisterna del chilo, situata nella regione superiore dell'addome dietro il
peritoneo: da esso entrano nel sangue venoso da 2 a 4 l di linfa al giorno, con una portata di 60-
100 ml all'ora. Il dotto linfatico destro e il dotto toracico scaricano il proprio contenuto nelle grosse
vene alla base del collo: rispettivamente nella vena anonima destra e nel punto di confluenza tra la
vena giugulare interna e la vena succlavia sinistra. Il sistema linfatico non possiede una pompa
che consenta la spinta della linfa: il movimento di quest'ultima è dovuto alla somma della pressione
del liquido interstiziale, della contrazione dei muscoli propri dei vasi linfatici e delle sollecitazioni
meccaniche esercitate in seguito alla contrazione dei muscoli scheletrici. Inoltre, la presenza sulla
superficie interna dei vasi linfatici di strutture valvolari simili a quelle delle vene consente il flusso in
una sola direzione.
Altre funzioni del sistema linfatico . Oltre agli aspetti
difensivi svolti dai linfonodi, il sistema linfatico svolge
un ruolo importante nello scambio di sostanze con la
circolazione del sangue. In primo luogo, le vie linfatiche
provvedono a restituire alle vie ematiche le proteine
che dai capillari sanguiferi passano nello spazio
interstiziale a causa della modesta permeabilità che tali
capillari hanno nei confronti delle molecole proteiche.
In secondo luogo, la linfa contribuisce all'assorbimento
dei grassi: la linfa che proviene dalla regione
intestinale durante il periodo digestivo è ricca di
sostanze grasse e prende il nome di chilo. Infine, la
linfa assolve anche funzione di trasporto di specifiche
sostanze (per es., ormoni ed enzimi) dalla sede di
produzione al sangue.

Vasi linfatici : è un complesso sistema di canali simile


a quello del sistema vascolare, il cui scopo è quello di
riportare in circolo, nel torrente sanguigno, alcune
sostanze che si trovano negli spazi interstiziali dei
tessuti. I vasi linfatici infatti originano come
microscopici vasi a fondo chiuso fra gli spazi
intercellulari e sono distribuiti su tutto l'organismo
eccetto che nel sistema nervoso centrale. I capillari
linfatici si uniscono in vasi più grossi fino a formare due
dotti principali che sfociano nella vena succlava di
destra e di sinistra e questa permette alle sostanze
contenute di tornare nel sangue. I vasi linfatici hanno
una parete molto sottile, sono provvisti di numerose
valvole e presentano linfonodi lungo il loro percorso.
Nei vasi linfatici scorre la linfa liquido biancastro che
contiene quelle sostanze
(es. acqua, proteine, linfociti, ecc) che si trovano negli spazi interstizialì.
Linfonodi o ghiandole linfatiche, sono strutture ovali attraverso le quali passa la linfa. Si tratta di
organi deputati alla produzione di linfociti (cellule del sangue appartenenti ai leucociti o globuli
bianchi) che funzionalmente fanno parte del sistema immunitario. I linfociti si distinguono in linfociti
B, che producono gli anticorpi, e linfociti T che danno luogo, in cooperazione con i linfociti B, alla
risposta immunitaria cellulo-mediata. La linfa giunge ai linfonodi mediante vasi afferenti, circola nel
tessuto linfoide dell'organo e ne esce da vasi efferenti. Durante il transito alcune cellule del
linfonodo, dette reticolari, svolgono una funzione di filtro, trattenendo e spesso distruggendo
particelle dannose, come batteri, polveri ecc. che la linfa stessa ha trasportato da altre regioni
dell'organismo.Le localizzazioni più importanti e più facili da apprezzare perché superficiali sono :
sotto mascellare, cervicale lungo il muscolo sternocleidomastoideo, a livello ascellare e inguinale.
La funzione dei linfonodi è:
- di difesa in quanto all'interno dei linfonodi vengono distrutti i microrganismi ed altre cellule
dannose ;
- di produzione di globuli bianchi.

-Milza: organo linfoide lungo circa 12 cm posto sotto al diaframma sopra al rene sinistro.
Sebbene sia possibile sopravvivere senza di essa, la milza esplica numerose e complesse
funzioni, non tutte ancora chiarite. Le funzioni più note e importanti sono:
1) emopoietica, propria della vita fetale e dell’età dello sviluppo, (produce globuli rossi), può
riattivarsi anche nell’adulto in particolari casi d’emergenza (per esempio, dopo abbondanti
emorragie);
2) emolitica, con distruzione degli eritrociti (globuli rossi) giunti al termine del loro ciclo vitale e
immagazzinamento del ferro in essi contenuto (nell' emoglobina);
3) costituizione di una riserva di eritrociti, che in caso di necessità (intenso lavoro muscolare,
emorragie, intossicazioni, asfissia) possono venire immessi nel sangue circolante;
4) linfopoietica, propria dell’età adulta, con produzione di linfociti e monociti; (produzione di
globuli bianchi)
5) regolazione della pressione sanguigna, sequestrando o liberando sangue a seconda delle
esigenze, infatti la milza può accumulare fino a 250-300cc di sangue che può essere messo in
circolo in caso di emorragia grave.
6) protezione immunitaria, perché accresce le capacità immunitarie dell’organismo, trattenendo e
distruggendo germi patogeni e sostanze estranee o nocive e, in determinati casi, producendo
anticorpi specifici.
7) La milza contribuisce inoltre a regolare il numero delle piastrine nel sangue e a mantenere in
equilibrio il tasso ematico del fibrinogeno.
APPARATO CIRCOLATORIO

- FUNZIONE
- ORGANI : struttura e funzione : CUORE - VASI - SANGUE
- ESPLORAZIONE : RX, ascultazione, ECG, ECO, angiografia, Esami ematici,
scintigrafia, pericardiocentesi, emodinamica e ….. OSSERVAZIONE

Piccola circolazione

- FISIOLOGIA

Grande circolazione

ed inoltre

- arterie - arteriole -capillari -venule -vene


- pressIone sanguinea
- vasi linfatici
- milza

Termini:
ARTERIE: vasi sanguigni che partendo dal cuore trasportano ossigeno e sostanze nutritive a tutti i
tessuti corporei.
CAPILLARI: rete periferica di collegamento tra le arterie e le vene, deputati alla diffusione delle
sostanze nutritive e dell’ossigeno alle cellule e permettere l'assorbimento dell’anidride carbonica e
delle sostanze di rifiuto.
DIASTOLE: periodo di rilassamento cardiaco.
FREQUENZA CARDIACA: frequenza delle sistoli in un minuto, numero di battiti cardiaci in un
minuto (circa 60-80)
VOLUME SISTOLICO o Gittata pulsatoria: volume di sangue espulso in una singola sistole
ventricolare (circa 60-70 ml)
GITTATA CARDIACA o Volume minuto: quantità di sangue espulsa nell’aorta in un minuto.
Pertanto è il prodotto del numero di battiti in un minuto per il volume unitario. Nell’esercizio fisico si
può raggiungere anche una gittata intorno ai 30 litri al minuto. Questo anche perché il sangue
viene espulso completamente, al contrario di quanto avviene a riposo dove viene espulso per circa
il 50%. Inoltre aumenta vistosamente anche la frequenza cardiaca.
Frequenza Cardiaca * Volume Sistolico = Gittata Cardiaca
SANGUE: fluido che contiene disciolti materiali nutritivi, sostanze protettrici e regolatrici delle
funzioni vitali, gas respirati, prodotti di rifiuto del metabolismo cellulare. Il sangue presenta le
seguenti caratteristiche:
- Peso totale: circa il 7,7 del peso corporeo totale;
- pH: tra 7,3 e 7,4.
Il plasma ne costituisce circa il 55% e in percentuale contiene:
- acqua per il 90%;
- plasma proteine (siero albumina, siero globulina e fibrinogeno), per circa il 7%;
- minerali vari come cloro, sodio, potassio, calcio, ferro, iodio, ecc., per circa lo 0,9%;
- sostanze organiche deputate alla nutrizione cellulare (aminoacidi, glucosio, grassi, ecc.) e
sostanze organiche di rifiuto prodotte dal metabolismo cellulare (acido urico, urea, creatina,
creatinina, ammoniaca, ecc.);
- gas respirati come l’ossigeno e l’anidride carbonica.
Le cellule costituiscono circa il 45% del sangue. Tra queste si evidenziano i globuli rossi, i globuli
bianchi e le piastrine.
SISTOLE: periodo di contrazione cardiaca.
VENE: vasi sanguigni che dalla periferia trasportano il sangue al cuore, sangue carico di anidride
carbonica e sostanze di rifiuto del metabolismo cellulare.
CUORE

Tessuto muscolare capace di contrarsi senza stimolazione nervosa; 280/340 gr .


Endocardio - Miocardio - Pericardio

CELLULE : autoeccitabilità – conducibilità – contrattilità, ricevono sangue ossigenato da


arterie (coronarie), le vene trasportano via le sostanze (ventricolo dx)

STRUTTURA : ATRIO DX ATRIO SX


Valvola tricuspide Valvola mitrale
VENTRICOLO DX VENTRICOLO SX
Valvola semilunare Valvola semilunare

FISIOLOGIA

Vena cava superiore \


= Atrio DX
Vena cava inferiore /

Ventricolo dx = Arteria polmonare


Vene polmonari = Atrio sx
Ventricolo sx = Aorta

Ciclo cardiaco : fase compieta dell'attività cardiaca (diastole, degli atri o dei ventricoli, e
sistole degli atri o dei ventricoli ) dura circa 0,8 secondi

CONDUZIONE :

NODO SENO ATRIALE


II
\/
NODO ATRIO VENTRICOLARE
II
\/
FASCIO DI HIS (lungo i ventricoli)
II
\/
FIBRE di PURKINJE (a tutto il cuore)

CIRCOLAZIONE :

Piccola circolazione :
Ventricolo dx  arterie polmonari con CO2  polmoni  alveoli  scambi 
vene polmonari con O2  atrio sx

Grande circolazione :
Ventricolo sx  aorta  arterie  arteriose

TUTTE LE CELLULE RICEVONO O2 (e non solo!) IN BASE ALLE LORO NECESSITA

COME FA A CIRCOLARE IL SANGUE?


GRADIENTE DI PRESSIONE

MA DA COSA E’ DETERMINATA LA PRESSIONE?

VOLUME DI SANGUE E RESISTENZE PERIFERICHE

PRESSIONE
VOLUME SANGUE CIRCOLANTE = --------------------
RESISTENZE

Arterie Vene
Carotide dx e sx Giugulare dx e sx
Succlavia dx e sx Succlavia dx e sx
Arco aortico Cava superiore ed inferiore
Aorta
Polmonare Polmonari
Toracica
Radiale dx e sx Radiale dx e sx
Addominale Gastrica
Splenica Splenica
Epatica Epatica e Porta
Renale dx e sx Renale dx e sx
Femorale dx e sx Femorale e Safena dx e sx
Poplitea dx e sx Poplitea dx e sx
Tibiale dx e sx Tibiale dx e sx
Pedidea dx e sx Ulnare dx e sx

SANGUE = tessuto formato da :

- Plasma = parte liquida 50%


o G.R. = midollo osseo rosso; Hb; 4,5/5,5 mila/m (m=microlitro)
- Corpuscolata
o G.B. = midollo osseo rosso; difesa;; 5/9 mila/m
o Piastrine = midollo osseo rosso; meccanismi per coagulazione; 250/450
mila/m

VASI = trasportano
Arterie = trasportano il sangue lontano dal cuore, beanti, F/C, P/A
Arteriose
Capillari = dove avvengono gli scambi
Venule
Vene = trasportano il sangue al cuore; si collassato; sono provviste di valvole
ORGANI DI SENSO

Generalità
I cinque sensi, vista, udito, olfatto, tatto e gusto servono a prendere contatto con l'ambiente esterno e sono
garantiti da alcuni organi percettivi. Tali organi di senso sono provvisti di particolari cellule nervose, dette
RECETTORI, in grado di captare stimolazioni provenienti dall'ambiente, di trasformarle in impulsi nervosi e
trasmetterle ai nervi che inviano l'informazione al cervello affinché sia elaborata. I recettori dei sensi possono
essere localizzati in organi predisposti solo a questa funzione come orecchio e occhio o in organi che
svolgono anche altre funzioni come la pelle, la lingua, il naso.

Anatomia e fisiologia

VISTA
E' il senso che ci fa percepire la luce, la forma, il colore degli oggetti. L'organo di
questo senso è l'occhio: organo doppio, simmetrico, situato nelle orbite (cavità
ossee della faccia). Essendo un organo molto delicato è provvisto di strutture
protettive che sono:
.Sopracciglia: impediscono al sudore di scendere e penetrare nell'occhio.
.Iride: parte colorata che sta dietro la cornea nel centro della quale vi è un foro, la
pupilla;
.Palpebre: sono pieghe cutanee che si abbassano e si alzano, al cui
interno vi sono i dotti delle ghiandole lacrimali che secernono un
liquido atto a lubrificare e proteggere l'occhio. Le palpebre
internamente sono rivestite da una membrana molto vascolarizzata
detta congiuntiva.
.Ciglia: sono peli disposti sul margine delle palpebre che difendono
da corpi estranei.
L'occhio vero e proprio o GLOBO OCULARE è costituito da tre
membrane e da alcune strutture, importanti per la visione, che si
comportano come da lenti:
.Sclera: è la parte bianca dell'occhio che anteriormente diventa
trasparente per far passare la luce; in questo punto è detta cornea.
La cornea è sprovvista di vasi sanguigni e può essere trapiantata
quando diventa opaca e non lascia più passare la luce necessaria
per la vista;

.Retina: membrana interna costituita da cellule nervose recettrici che sono


collegate al nervo ottico;
.Cristallino: lente, posta dietro la pupilla, che si -accomoda" per
consentire la vista da vicino, da lontano, ai lati;
Tra queste membrane vi sono anche sostanze liquide quali umore acqueo
e umore vitreo.
L'occhio è una struttura complessa composta da un globo oculare del
diametro di circa 25 mm, che si trova ben protetto all'interno della cavità
orbitaria, formato da tre strati concentrici di tessuto.
La parte esterna, comunemente detta bianco dell'occhio, è la sclera. La
sua superficie, esposta all'aria, possiede un rivestimento trasparente, la
congiuntiva, che riveste la superficie interna delle palpebre, che servono
a proteggere l'occhio e ad impedirne la disidratazione.
Nella parte anteriore centrale la sclera e la congiuntiva lasciano spazio
alla cornea, una struttura trasparente a forma di cupola.
Dietro la sclera c'è la coroide, un tessuto ricco di vasi sanguigni che riforniscono la retina di ossigeno e
sostanze nutritizie. Nella parte anteriore la coroide si ispessisce formando il corpo ciliare. Nella sezione
anteriore del corpo ciliare si diparte un'area circolare di fibre muscolari: l'iride.
Nel centro dell'iride c'è un foro, la pupilla attraverso cui la luce entra nell'occhio. La quantità di luce che
entra è controllata dalla dilatazione o dalla contrazione della pupilla. Dietro la pupilla si trova una lente
elastica, il cristallino, trasparente, le cui contrazioni muscolari ne permettono l'ispessimento o il
restringimento in modo che l'occhio possa mettere a fuoco oggetti posti a distanze diverse. Lo spazio tra la
lente e la cornea è riempito di umore acqueo. Dietro la lente si trova una massa di sostanza gelatinosa
chiamata umore vitreo.
La coroide contiene un pigmento scuro che cattura i raggi luminosi, la cui riflessione all'interno del bulbo
oculare interferirebbe con una visione chiara. La retina contiene uno strato di cellule nervose sensibili alla
luce, coni e bastoncelli, che trasformano le sensazioni di colore, forme e intensità luminosa in impulsi
nervosi. Questi impulsi sono trasmessi tramite le fibre nervose retiniche al nervo ottico, un fascio di fibre
nervose che collega la parte posteriore del globo oculare con il cervello. Il cervello elabora e interpreta gli
impulsi nervosi ricevuti.

Il bulbo oculare
Il bulbo oculare si trova ben protetto all'interno della cavità orbitaria la quale si estende all'indietro a forma
di imbuto. E’ in grado di spostarsi nei tre assi di movimento: all'esterno e all'interno (abduzione -
adduzione), in alto e in basso (alzare - abbassare lo sguardo), rotazione all'interno e all'esterno.

Le ghiandole lacrimali
Se le palpebre sono i tergicristalli dell'occhio, la ghiandola lacrimale ne rappresenta il dispositivo di lavaggio.
Essa è situata in rapporto con il muscolo elevatore della palpebra sulla parete laterale della cavità orbitaria e
produce un secreto fluido povero di proteine, che raggiunge la faccia interna della palpebra superiore per
mezzo di 5-10 dotti escretori di breve lunghezza. Quando l'occhio è aperto, sul margine della palpebra
inferiore si forma un piccolo lago lacrimale. Lo scarico di questo lago lacrimale è situato sul margine interno
della palpebra superiore e inferiore ed è costituito dai punti lacrimali.

Fisiologia della vista


Gli stimoli luminosi che arrivano alla retina, tramite la pupilla, vengono trasformati in impulsi nervosi, inviati
all'encefalo dove sono elaborati e ritrasformati in immagine. AIterazioni
Miopia: incapacità di vedere gli oggetti lontani
Presbiopia: incapacità di mettere a fuoco gli oggetti, compare con l'età
Cataratta: opacizzazione del cristallino.

UDITO
Il senso che permette la percezione dei
suoni. L’organo dell'udito è l'ORECCHIO.
L'orecchio è situato nella regione
auricolare del capo, in parte all'esterno e
in parte nello spessore dell'osso
temporale con l'orecchio medio e quello
interno.
Le onde sonore esterne vengono
percepite e raccolte dal padiglione
auricolare (orecchio esterno), entrano nel
condotto uditivo esterno dove vengono
amplificate e colpiscono la membrana
timpanica, che vibra.
Le vibrazioni vengono convogliate agli ossicini dell'orecchio medio, i quali trasmettono gli impulsi alla
chiocciola che è costituta da una delicata struttura a spirale ripiena di un fluido. Nell'orecchio interno oltre
alle cellule sensoriali (organo del Corti) situate nella chiocciola (o coclea), si trovano le strutture che
costituiscono l'organo dell'equilibrio, formato dai canali semicircolari.
Gli impulsi giunti all'orecchio interno, viaggiando lungo terminazioni nervose, raggiungono il nervo acustico
che li trasporta al cervello, dove vengono riconosciuti come suoni.
E’ costituito da tre strutture.

ORECCHIO ESTERNO composto da:


padiglione auricolare di tessuto cartilagineo, eccezion fatta per la parte
inferiore (lobulo), ha contorno ovale ed è foggiato a conca per
raccogliere i suoni e convogliarli nel condotto uditivo (meato acustico);
condotto uditivo lungo poco più di 2 cm, è dotato di piccoli peli di
ghiandole che producono cerume che hanno l'importante funzione di
proteggere il timpano. Le ghiandole sebacee, discretamente sviluppate,
sboccano in parte nei follicoli piliferi ed in parte sono libere e hanno la
funzione di mantenere elastica la cute in superficie: la cute è attraversata
dai dotti escretori delle ghiandole ceruminose le quali secernono il
cerume: sostanza giallastra di consistenza cerosa il cui eccesso
determina la formazione del tappo di cerume.
ORECCHIO MEDIO è l'apparecchio di ricezione e di
trasmissione delle onde sonore dall'orecchio esterno
a quello interno, è composto da:
timpano membrana elastica che separa il condotto
uditivo dall'orecchio medio
cassa timpanica cavità che mediante un canale
‘Tromba d’Eustachio’, comunica con la faringe. E’
sempre chiusa tranne che durante la deglutizione
catena di tre ossicini - martello, incudine, staffa
Il collegamento di questi ossicini tra di loro, con la
finestra vestibolare e con la parete del timpano
permette che le vibrazioni della membrana del
timpano si trasmettano al vestibolo.
Vengono così intensificati i suoni, mentre le vibrazioni intense del timpano sono trasformate in vibrazioni più
piccole e più energiche. Questo meccanismo è regolato da due muscoli: il tensore del timpano e il muscolo
stapedio i quali impediscono che l'intensificazione dei suoni diventi eccessiva creando un effetto di risonanza
molto fastidioso per il soggetto.
ORECCHIO INTERNO, ha 2 funzioni :
organo acustico, cioè riceve le vibrazioni
sonore che arrivano dall’orecchio medio
organo statico, regola il senso
dell’equilibrio
E’ formato da una serie di cavità e canali
pieni un fluido: I'endolinfa. Nella cavità,
definita chiocciola, vi è il vero e proprio
organo dell'udito: l'organo del Corti le cui
cellule sono a contatto con il nervo
acustico che arriva qui.
Nell'orecchio interno è presente anche una struttura: il labirinto. che non ha niente a che vedere con l'udito,
ma è responsabile del senso dell'equilibrio. Dal labirinto arrivano al cervelletto informazioni sulla posizione
del corpo.

Fisiologia dell'udito
Le onde sonore, raccolte dal padiglione auricolare, sono inviate attraverso il condotto
uditivo alla membrana timpanica che vibra. Le vibrazioni. vengono trasmesse, mediante
l'azione meccanica dei tre ossicini, al fluido che riempie la chiocciola e che muovendosi
stimola le cellule percettive del Corti, che a loro volta trasformano la vibrazione in impulso
nervoso il quale arriva alla corteccia cerebrale.

IL GUSTO
Senso che permette di percepire, delle sostanze introdotte nel cavo orale,
quattro fondamentali sapori: acido, dolce, salato, amaro.
I percettori del gusto, detti “papille gustative", si trovano prevalentemente
sulla lingua e sono specializzati nel percepire i diversi sapori. La maggiore
sensibilità nei confronti dei quattro sapori non è uniformemente distribuita
sulla lingua: acido (parte laterale), salato (parte laterale e apicale
interna), dolce (parte apicale interna) e amaro (parte posteriore); tutti gli
altri sapori definiti complessi possono essere ricondotti alla combinazione di
due o più sapori fondamentali.
Le sostanze responsabili dei vari sapori, contenute negli alimenti, devono
essere sciolte dalla saliva per penetrare all'interno dei recettori e stimolarli.

La faccia inferiore della lingua è liscia, quella superiore (dorso), invece, è resa ruvida dalla presenza di
numerosi rilievi che prendono il nome di papille.
Le più numerose sono le papille filiformi che si proiettano nella cavità orale. Esse consentono il movimento
dei cibi solidi sulla superficie della lingua, costituendo quindi un presupposto necessario alla masticazione e
alla compressione degli alimenti contro il palato duro.
In corrispondenza della radice della lingua si trovano alcune (10-20)
grosse (2-3 mm di diametro) papille foliate e vallate nelle quali sono
situati i calici gustativi. Inoltre fra le papille filiformi, sul dorso della lingua,
si trovano le papille fungiformi, anch'esse contenenti calici gustativi.
A confronto con la straordinaria sensibilità e motilità della lingua, il senso
del gusto sembra quasi poco sviluppato. In effetti esso non fa altro che
distinguere tra dolce (sull'apice), acido, salato e amaro (sui margini o
sulla radice della lingua).
Alla base di tale sensibilità vi sono 2000-6000 calici gustativi che sono
localizzati nell'epitelio delle papille. Si tratta di raccolte di cellule sottili,
ma estremamente allungate che attraversano tutto l'epitelio, dalla
membrana basale fino alla superficie linguale.
Lo sbocco di un calice gustativo si trova in un piccolo poro gustativo, la cui superficie accoglie numerosi
microvilli. Le sensazioni gustative raggiungono l'encefalo tramite il nervo facciale (7°nervo cranico), il nervo
glossofaringeo (9°nervo cranico) e il nervo vago (10°nervo cranico).

OLFATTO
Senso che permette la percezione degli odori. I recettori dell'olfatto sono
sensibili alle sostanze volatili. essi si trovano nella parte alta delle cavità
nasali, detta area olfattiva e sono le uniche cellule nervose che vengono
continuamente sostituite nel corso di tuta la vita, con un ciclo di morte e
rigenerazione di circa 8 settimane.
Le molecole odorose che entrano nel naso, portate dall'aria, si sciolgono
nel muco ed arrivano ai recettori che trasmettono l'eccitamento,
trasformandolo in impulso nervoso, ai nervi e quindi ai centri cerebrali, i
quali decodificano i vari odori e li interpretano dando loro un significato.
Dopo l'identificazione le molecole odorose vengono portate via dal flusso
del muco insieme a qualunque atra particella che raggiunge l'epitelio
olfattivo.
Sulla volta della cavità nasale, i 10 milioni di neuroni dell'epitelio si
distribuiscono su un'area di circa 5 cm2 e, tramite un prolungamento
cellulare dotato di una decina di ciglia, raggiungono direttamente la
superficie della mucosa.
Si tratta dunque di veri e propri neuroni che ricevono stimoli e
possono produrre potenziali d'azione (cellule sensoriali
primarie).
La prima fase del processo olfattivo avviene sulla superficie
del ciglio olfattivo, ma come le sostanze chimiche
interagiscano con la superficie recettoriale rimane un mistero.
Vi sono due ipotesi a riguardo:
Tutti i tentativi di classificare le qualità olfattive sono finora
falliti.
In passato si era pensato che ogni odore potesse essere
descritto con appena sette caratteristiche distintive;
attualmente si sa che esistono almeno 50 differenti "odori primari",
ma il nostro linguaggio non ci permette di descrivere correttamente
le sensazioni provate.
E' certo che la capacità olfattiva dell'uomo è assolutamente
insignificante in rapporto a quella degli animali, i quali sono in grado
di distinguere migliaia di odori.
La mucosa olfattiva è situata nel tetto delle cavità nasali,
anteriormente e superiormente ai cornetti nasali superiori.
Gli assoni delle cellule sensoriali primarie della mucosa olfattiva
penetrano nella lamina cribrosa tramite fori e prendono contatto con
i grossi neuroni del bulbo olfattivo.
Molte centinaia di cellule sensoriali prendono contatto con una sola cellula nervosa. Un odore viene
riconosciuto solo quando tutte le cellule sensoriali contigue scaricano contemporaneamente. Partendo dal
bulbo olfattivo gli stimoli raggiungono, tramite il nervo (1°nervo cranico) le regioni encefaliche poste più in
profondità, in particolare l'ippocampo e l'ipotalamo, ma anche le restanti porzioni del sistema limbico.
TATTO
Senso che permette di percepire la forma di un oggetto, la superficie (es. liscia, ruvida) e la consistenza es.
molle, dura). I recettori, detti corpuscoli tattili, sono localizzati nello strato del derma. Vi sono zone del corpo
più ricche di recettori come la lingua, le labbra e il palmo delle mani. Nella pelle ci sono anche i recettori
termici e dolorifici). La pelle è particolarmente sensibile a ogni forma di contatto. L'uomo può distinguere
empiricamente sensazioni tattili di diversa natura, come il caldo, il freddo, la pressione e il dolore grazie a
varie specie di organi terminali, attraverso i quali i diversi stimoli si ricollegano per formare le sensazioni.
Una serie di sensori specializzati (recettori) traduce i diversi tipi di pressione e contatto in potenziali d'azione
afferenti.
Su ogni centimetro quadrato di pelle si trovano mediamente
circa 130 recettori tattili:
i recettori per il freddo, per il caldo, per il dolore e le cellule di
Merkel, di Meissner, di Ruffini e di Vater-Pacini.
I recettori per il caldo e per il freddo sono terminazioni nervose
libere nella cute che microscopicamente non si distinguono dai
recettori per il dolore. Infatti la maggior parte delle terminazioni
nervose libere agisce da sensori per il dolore e, solo in alcuni
casi, come termorecettori
Le cellule di Merkel sono i più semplici sensori di tatto
localizzati nello strato basale dell'epidermide.
Queste grosse cellule, molto ricche di mitocondri, trasmettono
gli impulsi che ricevono alle sinapsi con una singola fibra
nervosa, in modo che solamente l'eccitazione contemporanea
di più cellule di Merkel adiacenti venga trasmessa come
segnale al midollo spinale (convergenza di segnali).
Le cellule di Merkel sono definite anche sensori proporzionali
(sensori P), vale a dire che essi trasformano una pressione
doppia sulla cute in circa un numero doppio di potenziali
d'azione al secondo.
In poche parole esse registrano semplicemente la pressione esercitata sulla cute (sensori P).

Corpuscoli di Meissner
Proprio al confine fra epidermide e derma sono situati i corpuscoli tattili di Meissner.
E' possibile immaginare un corpuscolo di Meissner come una colonna di circa una decina di cellule
cuneiformi, la cui base allargata è volta verso l'esterno.
In poche parole i corpuscoli di Meissner rispondono in modo particolarmente intenso alle variazioni di
pressione sulla cute, ma reagiscono poco se questa rimane costante.

Corpuscoli di Ruffini
I corpuscoli di Ruffini sono situati nella profondità del derma.
Essi sono ammassi cellulari appiattiti, circondati da un rivestimento connettivale, e contengono un fitto
groviglio di fibre nervose afferenti, dotate di numerose giunzioni. Essi somigliano in questo agli organi
muscolo-tendinei di Golgi, con i quali hanno anche in comune la funzione principale: la misurazione della
tensione nel tessuto.
In poche parole i corpuscoli di Ruffini misurano la tensione del derma e sono ancora più sensibili alle
variazioni di tensione.

Corpuscoli di Vater-Pacini
Ancora più in profondità rispetto ai corpuscoli di Ruffini, precisamente nel tessuto adiposo ipodermico, è
possibile notare, già a occhio nudo, i corpuscoli di Vater-Pacini (corpuscoli lamellari), delle dimensioni di 1- 4
mm.
Ciascun corpuscolo è composto è composto da un guscio contenente fino a 60 strati di cellule appiattite che
circondano una grossa terminazione nervosa centrale.
Per tale ragione i corpuscoli sono particolarmente sensibili alle vibrazioni, in cui direzione e velocità dello
stimolo variano continuamente.
Le lamelle, quindi, trasformano in modo meccanico la pressione in accelerazione.
In poche parole i corpuscoli di Vater-Pacini sono sensori puri per le vibrazioni: rispondono solo a stimoli tattili
che variano rapidamente, ma non a una pressione costante.

ORECCHIO

Esterno – Medio – Interno


ESTERNO - visione diretta – padiglione auricolare – meato acustico esterno ( lungo e/4 cm arriva
all’osso temporale – varie curve ) – cerume – timpano ( membrana che separa da …)
MEDIO – stratigrafia e TAC – rivestito da epitelio – scavato dentro osso temporale – martello,
incudine, staffa – Tromba d’Eustachio o uditiva fatta da parte ossea, cartilaginea, mucosa – arriva
al naso faringe ed eguaglia la parte sul timpano
INTERNOI – o labirinto – vestibolo – chiocciola (organo del Coerti), canali semicircolari (labirinto
osseo) – otricolo ed altro ( labirinto membranoso)

UDITO
Area uditiva o lobo temporale – i suoni arrivano tramite terminazioni nervose
Ingresso onda  timpano  vibrazioni  si muove il martello  incudine  staffa  fluidi 
organo del Corti  energia meccanica genera l’eccitamento  nervo acustico  tronco
encefalico  corteccia cerebrale  coscienza

OCCHIO
GLOBO OCULARE

Sferico - Membrane ( sclerotica coroide retina) e Mezzi Trasparenti ( umor acqueo


e vitreo - cristallino) e Annessi

SCLEROTICA : membrana bianca - non vascolarizzata - sul davanti cornea bianca perché non
vascolarizzata

COROIDE : vascolarizzata - centro la pupilla – l’iride è un muscolo che regola la luce che arriva
alla retina ( accomodamento tramite muscoli specifici )

RETINA : più importante - parte interna formata da tessuto nervoso - coni ( 3-5-mil. ) e bastoncini (
+++ ) detti fotorecettori .

UMOR ACQUEO : fra cornea e iride - funzione nutritiva per cristallino e cornea 98% acqua -1,1
%NaCl.- mantiene la pressione oculare – non ha vasi

UMOR VITREO : fra cristallino e retina ---;.1,0 ,-"-q-.S.\

CRISTALLINO: lente- fra corpo vitreo e iride .-accomoda l?immagjne per farla arrivare alla retina (
vicina si curva; lontana si appiattisce ) -e elastico -
.cambia con l' età ( problemi di vista ) -N{) ~i

CORPO VITREO : è una membrana - fra cristallino e retina - mantiene la forma del bulbo oculare –
Acqua, sali, acido ialuronico

MUSCOLI: dì vario tipo -volontari ed involontari - per i movimenti

SOPRACIGLIA : per proteggere gli occhi dal sudore

CIGLIA : per proteggere gli occhi dalla polvere – ghiandole per lubrificare

PALPEBRE : diffondono le lacrime, rivestite da congiuntiva fino alla sclera

APPARATO LACRIMALE : ghiandole (osso frontale) – condotti escretori  dotti lacrimali 


(superiore ed inferiore rivestiti da mucosa nasale)  sacco lacrimale (parte interna) in
comunicazione con la cavità nasale

VISIONE
Sistema diottrico : cornea, cristallino, umori – passaggio fino alla retina  la retina trasforma gli
impulsi luminosi in nervosi
Sistema sensoriale : attraverso le vie nervose arriva alla corteccia  fenomeno cosciente

FENOMENI : rifrazione, accomodazione, costrizione della pupilla


DOMANDE D'ESAME
ANATOMIA GENERALE
Descrivete l’organizzazione del corpo umano.
Il corpo umano è una grande unità strutturale e funzionale formata da entità minori strettamente integrate tra
loro. Gli elementi costitutivi più piccoli sono ovviamente le cellule, che sono sempre organizzate in tessuti,
in cui cellule anche diverse cooperano alla stessa funzione generale. Tessuti diversi sono quindi organizzati
in organi, dove ancora essi cooperano alla funzione generale dell’organo. Infine organi differenti sono
raggruppati in sistemi o apparati che nel loro insieme costituiscono l’unità corporea. Cellule, tessuti, organi,
sistemi e apparati rappresentano le "entità gerarchiche" in cui è scomponibile il corpo umano. Si può ancora
sottolineare la differenza tra un sistema e un apparato. Il primo è formato da organi omogenei per funzione e
struttura (sistema scheletrico, sistema muscolare, sistema nervoso), mentre l’apparato è formato da organi
anche molto diversi, ma cooperanti (apparato digerente, apparato respiratorio ecc.).

Quali sono i principali piani corporei? A quale scopo li utilizziamo?


Il corpo umano è un oggetto a simmetria bilaterale apparente, cioè può essere suddiviso in due parti
apparentemente uguali e speculari mediante un piano verticale orientato in senso antero-posteriore. Tale
piano, che passa per la linea mediana del corpo, viene detto piano di simmetria e viene usato come
riferimento quando si voglia descrivere la posizione delle diverse parti corporee. Ad esempio il rene sinistro
si trova in posizione mediale rispetto alla milza, che è laterale, e i termini mediale e laterale indicano
rispettivamente più vicino o più lontano rispetto al piano di simmetria. Sempre per meglio definire la
posizione reciproca dei diversi organi, si può fare riferimento anche ad altri piani, che si definiscono
immaginando di racchiudere il corpo in posizione anatomica in un parallelepipedo che avrà quindi sei
facce, o piani, che sono: anteriore o ventrale, posteriore o dorsale, superiore o cefalica, inferiore o caudale, e
due laterali. Tutti i piani paralleli ai piani laterali sono detti piani sagittali (perché diretti da dietro in avanti,
come la direzione della freccia, "sagitta" in latino), e di questi quello mediano è il piano di simmetria. Tutti i
piani paralleli al piano frontale e a quello dorsale sono detti piani frontali, e infine tutti i piani paralleli ai piani
caudale e cefalico sono detti piani trasversali. Un esempio di utilizzo dei piani corporei per localizzare
semplicemente gli organi è rappresentato dalla suddivisione in spazi della cavità addominale. I piani corporei
sono anche utilizzati come riferimento nell’indicazione di movimenti delle parti corporee: ad esempio durante
la flessione una parte del corpo si allontana dal piano frontale, ruotando attorno ad un asse trasversale.
Durante l’estensione la parte corporea si avvicina al piano frontale. Nel movimento di abduzione la parte
corporea si allontana dal piano sagittale ruotando attorno ad un asse sagittale, e così via.

Il corpo umano possiede una simmetria?


Il corpo umano possiede una simmetria bilaterale apparente in quanto può essere suddiviso in due parti
specularmente uguali (apparentemente) dette antìmeri. La simmetria non è rigorosa neppure in superficie,
dove si nota una differenza più o meno accentuata tra la parte destra e la parte sinistra, ma è talora del tutto
inesistente quando si considerino sistemi e apparati. L’apparato digerente non presenta alcuna simmetria,
se si eccettua la cavità boccale. Nell’apparato respiratorio i polmoni sono diversi e così via. Notevole
simmetria morfologica hanno il sistema nervoso e quello muscolare (se si escludono le maggiori dimensioni
dei muscoli più sollecitati).

Quali sono e che significato hanno i principali termini di posizione?


I termini di posizione caratterizzano la situazione statica del corpo o di sue parti. La posizione convenzionale
dell’intero corpo è detta posizione anatomica: il soggetto è in stazione eretta, la faccia rivolta in avanti, gli
arti paralleli all’asse del corpo e i palmi delle mani rivolti in avanti (mani in supinazione). Termini di
posizione riferiti a parti del corpo sono: prossimale, indica la parte di un arto più vicina al punto di attacco al
tronco; distale: indica la parte di un arto più lontana dal punto di attacco al tronco; mediale: organo, o sua
parte, più vicino di un altro al piano di simmetria; laterale: organo, o sua parte, più lontano di un altro al
piano di simmetria; craniale o cefalico: organo o sua parte, più vicino di un altro al piano cefalico; caudale o
podalico: organo o sua parte più vicino di un altro al piano caudale; ventrale: organo posto più
anteriormente rispetto ad un altro (più vicino al piano frontale); dorsale: organo posto più posteriormente
rispetto ad un altro (più vicino al piano dorsale).

Quali sono e che significato hanno i principali termini di movimento?


I termini di movimento caratterizzano un tipo di movimento e la direzione secondo cui esso si svolge. Si fa
riferimento, in questo caso, agli assi di intersezione tra piani frontali, trasversali e sagittali. Il riferimento
contemporaneo ai piani stessi completa e chiarisce il termine di movimento. Flessione: movimento che si
svolge attorno ad un asse trasversale. La parte in movimento si allontana dal piano frontale (come la testa
durante un inchino). Il movimento opposto è l’estensione. Abduzione: movimento che si svolge attorno ad
un asse sagittale. E’ riferito ad un arto che si allontana dal piano sagittale. Il movimento opposto è
l’adduzione. Pronazione: riferito alla mano e all’avambraccio è un movimento attorno all’asse dell’arto, che
porta il suo piano dorsale in posizione ventrale. Il movimento opposto è la supinazione. Sono ambedue
movimenti di rotazione in asse. Riferiti all'intero corpo i termini prono e supino indicano una posizione a
corpo sdraiato, orizzontale, rispettivamente "a pancia in giù" e "a pancia in su".

Qual è la struttura degli organi pieni?


Gli organi pieni sono caratterizzati dalla predominanza di un tessuto, in genere epiteliale, variamente
organizzato, che rappresenta la parte funzionalmente significativa dell’organo. Tale tessuto, il parènchima,
è sostenuto da un'impalcatura tridimensionale di connettivo lasso o reticolare, detta stroma. Nello stroma
decorrono i vasi sanguigni, i nervi e, se l'organo pieno è una ghiandola esocrina, i dotti escretori. L’organo
pieno è di solito avvolto da una capsula connettivale alla cui faccia interna si àncora lo stroma. Spesso lo
stroma suddivide il parenchima, mediante setti, in parti denominate lobi o lobuli. In genere nella capsula si
individua una regione attraverso la quale passano, in entrata e uscita, i vasi, i nervi e gli eventuali dotti
escretori dell’organo: tale regione è detta ilo. L'organo pieno può essere di natura epiteliale (ghiandole
esocrine ed endocrine), linfoide (linfonodi, milza), muscolare (muscoli scheletrici), tessuto nervoso (nervi e
organi del SNC). Gli organi parenchimatosi propriamente detti sono quelli di natura epiteliale (quindi il
parènchima è di natura epiteliale); gli organi fibrosi sono muscoli, tendini e nervi; gli organi linfoidi sono di
natura linfatica (tonsille, linfonodi, milza).

Qual è la struttura degli organi cavi di tipo vascolare?


Gli organi cavi di tipo vascolare sono le arterie, le vene, i vasi linfatici e i capillari. Come tutti gli organi cavi
hanno una struttura a tonache sovrapposte, che si differenziano però da quelle degli altri organi cavi. Nei
vasi sanguini e linfatici si distinguono una tonaca intima, una tonaca media e una tonaca avventizia (e una
sierosa). La tonaca intima corrisponde alla mucosa degli altri visceri cavi, con un rivestimento epiteliale
interno costituito sempre da endotelio (ep.pavimentoso semplice) che appoggia sopra un connettivo ricco di
fibre elastiche. Nei vasi manca la sottomucosa e alla tonaca intima segue la tonaca media, che è la parte
che caratterizza strutturalmente e funzionalmente il vaso. La media, più o meno spessa, è formata da uno
stroma connettivale di fibre collagene che sostiene fibre elastiche e cellule muscolari lisce. Presenta, nei vasi
di maggior calibro, una ricca innervazione simpatica. Uno dei due tessuti può prevalere sull’altro: nell’aorta,
ad esempio, la tonaca media è prevalentemente elastica, nella vena cava inferiore è prevalentemente
muscolare. La tonaca avventizia è rappresentata da uno strato di connettivo fibroso con vasi (vasa
vasorum) e dispositivi nervosi, che si continua, senza limiti precisi, con il connettivo perivascolare. Le
arterie, rispetto alle vene, hanno sempre una parete più spessa, a parità di calibro. Sempre, man mano che il
vaso diminuisce di calibro, diminuisce lo spessore della tonaca media, che diventa prevalentemente
muscolare per favorire attivamente la progressione del sangue, e della tonaca avventizia, fino ad arrivare ai
capillari dove rimane solo l’endotelio.

Parlate degli spazi addominali.


Tenendo conto che il limite superiore dell'addome è il diaframma, e il limite inferiore il pavimento pelvico,
utilizzando due piani sagittali passanti per il punto di mezzo della clavicola (e leggermente convergenti verso
la sinfisi pubica) e due piani trasversali passanti rispettivamente per i margini inferiori delle X° cartilagini
costali e per la spina iliaca anteriore superiore, si delimitano nove spazi addominali, in ciascuno dei quali
sono localizzati alcuni organi. Proiettando tali spazi sulla parete addominale si individuano quadranti per
mezzo dei quali è facile indicare la posizione degli organi posti in profondità. Tali aree (e spazi profondi)
sono: i due ipocòndri (destro e sinistro) e l’epigàstrio, poi i due fianchi (destro e sinistro) e il mesogàstrio,
infine le due fosse ilìache (destra e sinistra) e l’ipogàstrio. Diremo allora che la vescica è sita nell’
ipogàstrio, la milza nell’ipocòndrio di sinistra, il fegato occupa l’ipocòndrio di destra e parte dell’epigàstrio e
così via.

Quali sono e dove sono le sierose?


Le sierose presenti nel nostro corpo sono tre: pericardio, pleura e peritoneo. Le prime due si trovano nella
cavità toracica, il peritoneo nella cavità addominale. Le sierose sono sottili lamine connettivali rivestite da un
particolare epitelio semplice (mesotèlio) che produce un liquido che bagna gli organi con cui la sierosa è a
contatto. Il pericardio ha la forma di un sacco a doppia parete entro cui è contenuto il cuore, la plèura
costituisce due sacchi a doppia parete in ciascuno dei quali è situato un polmone, ed infine il peritonèo
riveste le pareti interne della cavità addominale ma anche la gran parte degli organi in essa contenuti. Le
lamine di peritoneo che si staccano dalla parete per andare a rivestire i visceri vengono dette mesi o
legamenti (ad esempio il mesentère e il legamento èpato-duodenale). Alcuni organi addominali sono situati
dietro il peritoneo, appoggiati alla parete addominale posteriore (organi retro-peritoneali), come ad esempio i
due reni. Le sierose assicurano la fissità dei visceri o il reciproco eventuale movimento e, per la ricchezza di
vasi sanguigni e linfatici, assicurano anche un notevole trofismo. Hanno anche funzioni di difesa per la
notevole capacità di reazione agli stati irritativi e infiammatori.
ISTOLOGIA E ANATOMIA MICROSCOPICA
Descrivete le caratteristiche generali degli epiteli.
I tessuti epiteliali sono costituiti da cellule a mutuo contatto (quindi sono privi di sostanza intercellulare) e
mancano di vasi sanguigni. Per questo motivo devono essere sempre contigui a strati di tessuto connettivo
che ne assicurano il trofismo. I tessuti epiteliali sono caratterizzati anche da un attivo ricambio cellulare, per
cui sono sempre provvisti di cellule giovani (cellule staminali) che provvedono a sostituire quelle che
continuamente esauriscono il proprio ciclo vitale. Si distinguono due gruppi di tessuti epiteliali:
epiteli di rivestimento
epiteli ghiandolari.
I primi formano lamine continue, mono o pluristratificate, che rivestono superfici esterne o interne del corpo. I
secondi, che derivano dai primi, non hanno forma laminare ma costituiscono formazioni anche di notevoli
dimensioni, le cui cellule si sono specializzate per la sintesi e la secrezione di vari tipi di prodotti
(ghiandole). A seconda che i secreti vengano espulsi all'esterno del corpo o in cavità comunicanti con
l'esterno, oppure all'interno dei vasi sanguigni o dei connettivi, si distinguono ghiandole esòcrine e
ghiandole endòcrine.
Classificazione e caratteri degli epiteli di rivestimento.
I tessuti epiteliali di rivestimento formano lamine cellulari mono o pluristratificate continue che rivestono,
come dice il loro nome, la superficie esterna del corpo e le superfici interne degli organi cavi. Hanno una
funzione protettiva e, soprattutto quelli più sottili, possono costituire barriere filtranti. Come tutti gli epiteli,
mantengono una elevata capacità rigenerativa per la presenza di cellule "giovani" che sostituiscono quelle
invecchiate man mano che queste muoiono. Essendo sprovvisti di vasi sanguigni, appoggiano sempre sopra
uno strato di tessuto connettivo, da cui sono separati per mezzo di una membrana basale che costituisce
un filtro attivo per i materiali utili che dal connettivo diffondono verso l’epitelio, o per i cataboliti che
dall’epitelio diffondono verso il connettivo. I diversi tipi di epiteli di rivestimento, si distinguono in base a due
criteri:
a) il numero di strati di cellule che costituiscono la lamina epiteliale;
b) la forma delle cellule più superficiali.
Gli epiteli di rivestimento si possono quindi suddividere in:
MONOSTRATIFICATI (SEMPLICI) formati da un solo strato di cellule;
PLURISTRATIFICATI (COMPOSTI) formati da più strati di cellule.
In base alla forma delle cellule (di quelle superficiali se sono pluristratificati) si possono classificare in:
EPITELI PAVIMENTOSI (semplici e composti);
EPITELI ISOPRISMATICI (o cubici, generalmente semplici);
EPITELI BATIPRISMATICI (o cilindrici, semplici e composti);
EPITELI POLIMORFI (o di transizione, solo composti).
Tra gli epiteli batiprismatici semplici, una variante è rappresentata dal:
EPITELIO PSEUDOSTRATIFICATO (o " a più file di nuclei").
Frequentemente, soprattutto negli epiteli batiprismatici, le cellule epiteliali presentano differenziazioni di
superficie quali le ciglia o i microvilli. Si parla allora di
EPITELIO CILIATO e di
EPITELIO CON ORLETTO A SPAZZOLA.
Negli epiteli pavimentosi le cellule superficiali sono appiattite, come le piastrelle di un pavimento
(assomigliano a uova fritte), con la porzione nucleare sporgente e lamine citoplasmatiche assottigliate. Ne
sono esempio gli endotèli dei vasi sanguigni (epiteli semplici) e l’epitelio dell’esofago o della vagina
(epiteli composti). Spesso gli epiteli semplici separano superfici tra le quali avvengono scambi di materiali.
Negli epiteli isoprismatici le cellule hanno un’altezza pressoché uguale alla larghezza, per cui in sezione le
cellule sembrano quadrate. Si trovano nel tubulo contorto distale del nefrone e sono quasi sempre epiteli
monostratificati. Gli epiteli batiprismatici sono formati da cellule allungate, appunto prismatiche, col nucleo
di solito situato presso il polo profondo. Sono epiteli molto diffusi e con diverse differenziazioni, anche
funzionali. Ad esempio le cellule possono presentare microvilli sulla faccia apicale e allora l’epitelio svolge
funzioni assorbenti nella mucosa intestinale; oppure tutte le cellule secernono muco e l’epitelio svolge
funzioni protettive, come nella mucosa gastrica. Nelle vie genitali femminili (utero e salpingi) e nelle vie aeree
le cellule sono ciliate. Spesso intercalate fra le cellule prismatiche vi sono cellule caliciformi mucìpare. Gli
epiteli batiprismatici sono in grande maggioranza semplici. Possono essere stratificati (due o tre strati) nei
dotti escretori di alcune ghiandole o nelle vie genitali maschili. Una variante dell’epitelio batiprismatico è
l’epitelio pseudostratificato, le cui cellule, di diversa altezza, hanno anche i nuclei posti a diversa altezza,
tanto da dare l’impressione, nelle osservazioni al microscopio, che si tratti di un epitelio pluristratificato.
L’epitelio polimorfo (o di transizione) ha la capacità di adattarsi alle variazioni di superficie dell’organo che
tappezza. Riveste la superficie interna della vescica e di parte delle vie urinarie. E’ un epitelio pluristratificato
il cui strato intermedio è formato da cellule clavate, ricoperte in superficie da cellule cupoliformi. Quando
l’organo è vuoto e la superficie interna ridotta, l’intero epitelio aumenta di spessore e le cellule superficiali
sono globose o prismatiche. Quando la vescica è piena, l’epitelio si assottiglia e le cellule superficiali si
appiattiscono.

Generalità sugli epiteli ghiandolari.


Gli epiteli ghiandolari costituiscono le ghiandole, formazioni specializzate nella sintesi, accumulo e
secrezione di materiali generalmente utili all’organismo. Le ghiandole derivano da un epitelio, le cui cellule,
in una sua piccola porzione, proliferano verso il tessuto connettivo sottostante dando origine a strutture
secernenti che possono o no mantenere rapporto con l’epitelio di origine. Se il collegamento viene
mantenuto e diventa un canale (dotto escretore) che si apre alla superficie dell’epitelio stesso, scaricandovi
i prodotti di secrezione, si parla di ghiandola esòcrina. Si deve aggiungere che le ghiandole esocrine (o "a
secrezione esterna") vengono così definite in quanto i loro epiteli di origine rivestono sempre la superficie
corporea esterna oppure cavità comunicanti con l’esterno, come ad esempio il lume intestinale, per cui le
ghiandole che scaricano il secreto in queste cavità interne, ma comunicanti con l'esterno, sono ghiandole
esocrine. Se il collegamento si perde e la formazione ghiandolare rimane isolata a distanza dall’epitelio di
origine, potrà riversare i suoi secreti solo nell’ambiente connettivale oppure all’interno di capillari sanguigni
che si infiltrano tra le cellule secernenti, con cui prendono contatto. Si parla in tal caso di ghiandola
endòcrina, il cui prodotto di secrezione è sempre definito ormone. E’ quindi ovvio che le ghiandole
endocrine non posseggono il dotto escretore.

Descrivete le ghiandole esocrine.


Le ghiandole esocrine derivano o dall'epidermide o da un epitelio che riveste un organo cavo comunicante
con l'esterno. Le sue cellule, in una sua piccola porzione, proliferano verso il tessuto connettivo sottostante
dando origine a strutture secernenti che mantengono il rapporto con l’epitelio di origine. Il collegamento
viene mantenuto da un canale, il dotto escretore, che si apre alla superficie dell’epitelio, dove scarica i
prodotti di secrezione. Detto in altro modo, le ghiandole esocrine sono quelle ghiandole che eliminano il loro
secreto all'esterno del corpo o in cavità comunicanti con l'esterno. Sulla base della loro posizione rispetto
all’organo nel quale versano il secreto, si possono classificare in:
GHIANDOLE INTRAMURALI o INTRAPARIETALI
GHIANDOLE EXTRAMURALI o EXTRAPARIETALI
Le ghiandole esocrine si possono inoltre classificare sulla base del numero e della ramificazione dei dotti
escretori, in:
GHIANDOLE SEMPLICI
GHIANDOLE COMPOSTE
In base alla forma degli adenomeri, che rappresentano le porzioni secernenti delle ghiandole, queste si
possono suddividere in:
GHIANDOLE TUBULARI
GHIANDOLE ACINOSE
GHIANDOLE ALVEOLARI
GHIANDOLE TUBULO-ACINOSE
GHIANDOLE TUBULO-ALVEOLARI.
Per finire, sulla base delle modalità di secrezione, si distinguono:
GHIANDOLE OLOCRINE
GHIANDOLE APOCRINE
GHIANDOLE ECCRINE (tra cui le SIEROSE e le MUCOSE)
Si definiscono intraparietali (o intramurali) le ghiandole comprese entro la parete dell’organo cui sono
annesse. Ne sono esempi le ghiandole gastriche, intestinali, uterine ecc. Si definiscono extraparietali (o
extramurali) le ghiandole che stanno all’esterno dell’organo, al quale inviano uno o più dotti escretori che vi
scaricano il secreto. Ne sono esempi le ghiandole salivari, le lacrimali, il fegato, le ghiandole prostatiche ecc.
Si definiscono semplici le ghiandole che hanno un unico dotto escretore che drena il secreto da uno o più
adenomeri. Si definiscono composte le ghiandole il cui dotto escretore è ramificato più o meno ampiamente.
I numerosi dotti e adenomeri sono sostenuti da un’impalcatura connettivale detta stroma. Le ghiandole
composte costituiscono organi di dimensioni anche cospicue (il fegato ad esempio). Le ghiandole tubulari
hanno gli adenomeri a forma di tubulo, che può anche essere ramificato oppure avvolto a gomitolo (come
nelle ghiandole sudoripare, di tipo glomerulare). Nell’uomo sono tubulari (semplici) le ghiandole gastriche e
intestinali, oltre a numerose altre presenti nella parete di vari organi cavi. Ghiandola tubulare composta può
essere considerato il rene. Le ghiandole alveolari semplici non sono presenti nell’uomo, ma ci sono le
alveolari composte, rappresentate dalle ghiandole mammarie. Non sono neppure presenti le ghiandole
acinose (né semplici né composte), mentre vi sono le ghiandole tubulo-acinose composte (ghiandole
salivari, pancreas e ghiandole lacrimali) e le tubulo-alveolari (ghiandole sebacee).

Che cosa si intende per ghiandole olocrine, apocrine ed eccrine? Fate degli esempi.
In base alle modalità di eliminazione del secreto vengono così definiti alcuni tipi di ghiandole esocrine, in
particolare quelle della pelle. Si definiscono olòcrine le ghiandole, come ad esempio le sebacee, le cui
cellule sintetizzano e accumulano il secreto fino a che le cellule stesse muoiono e vengono eliminate
assieme al secreto. Naturalmente una ghiandola olocrina deve sempre possedere adenomeri provvisti di
cellule giovani che possano rimpiazzare quelle che continuamente vengono eliminate. Si definiscono
apòcrine le ghiandole, come le sudoripare delle aree ascellare e ano-genitale, in cui il secreto si accumula
sotto forma di granuli nella zona apicale del citoplasma. I granuli si fondono in una o più gocciole di grandi
dimensioni che quando si staccano dalla cellula portano con sé anche parte del citoplasma apicale. Il
secreto quindi conterrà anche residui citoplasmatici. Infine si definiscono èccrine o meròcrine le ghiandole,
come la maggior parte delle sudoripare, le cui cellule eliminano il secreto sotto forma di microgocciole la cui
membrana si fonde con la membrana cellulare apicale, per permettere alle goccioline di aprirsi, scaricare il
secreto all’esterno e richiudersi senza quindi che la cellula abbia a perdere parte del suo citoplasma.
Sulla base del tipo di secreto le ghiandole (apocrine), si distinguono in sierose e mucose. Le prime
producono un secreto molto fluido ricco di acqua, sali minerali e proteine. Il pancreas, la ghiandola parotide
(salivare) e le lacrimali sono esempi di ghiandole sierose. Le seconde producono un secreto più denso,
vischioso, ricco di complessi proteico- mucopolisaccaridici (ghiandole duodenali e molte altre).

Quali sono le caratteristiche generali delle ghiandole endocrine?


Le ghiandole endocrine sono complessi di cellule secernenti, ciascuna delle quali riversa il suo secreto (detto
ormone) direttamente nel sangue o, in alcuni casi, nella sostanza intercellulare del connettivo che la
circonda (secrezione paracrina). Le cellule endocrine possono formare organi distinti, come la tiroide, la
surrenale, l’ipofisi, oppure possono essere ospitate a gruppi nella compagine di altri tessuti o organi, come
gli isolotti pancretici o le cellule interstiziali del testicolo. Infine possono essere disperse singolarmente nella
compagine di organi o tessuti diversi, come le cellule cromaffìni o argentaffìni. Si parla in quest’ultimo
caso di sistema endòcrino diffuso. Negli organi endocrini, che sono organi pieni, si distingue un
parenchima a funzione secernente, e uno stroma connettivale di sostegno, di solito rappresentato da
connettivo reticolare. E’ caratteristica la grande quantità di capillari sanguigni sinusoidi, con cui le singole
cellule endocrine vengono a contatto. Mancano i condotti escretori. Non si può riconoscere
un'organizzazione generale comune alle ghiandole endocrine, le cui cellule possono essere organizzate in
cordoni, in follicoli o a gruppi. Ogni ghiandola endocrina ha cellule con caratteri morfologici e funzionali
peculiari.

Caratteristiche generali dei tessuti connettivi.


I tessuti connettivi, meglio definiti tessuti a funzione trofo-meccanica, sono tessuti formati, oltre che da
cellule, anche da una sostanza intercellulare. Quest’ultima può essere liquida, con funzioni di trasporto,
come nel sangue, semisolida con funzioni trofiche e meccaniche come nei connettivi propriamente detti,
solida con funzioni meccaniche come nelle cartilagini, oppure solida e mineralizzata, con funzioni di
sostegno e di riserva minerale, come nel tessuto osseo. Nella sostanza intercellulare (o matrìce) sono
sempre presenti due componenti: la sostanza fondamentale amòrfa e le fibre collagene ed elastiche. Le
cellule dei tessuti connettivi possono essere diverse tra loro, sia per morfologia che per funzione. I tessuti
connettivi svolgono importanti funzioni di sostegno e di coesione tra cellule, tessuti ed anche organi,
costituendo impalcature tridimensionali per gli organi pieni (stromi) o lamine di appoggio per altri tessuti (il
derma e le tonache connettivali). Per la presenza della sostanza intercellulare rappresentano l’ambiente nel
quale i capillari sanguiferi "scaricano" l’ossigeno e i materiali nutritizi e dal quale, al contempo, prelevano i
cataboliti (CO2 e materiali di rifiuto). Infatti questi vengono qui scaricati dalle cellule di tutti i tessuti. Per
finire i tessuti connettivi rappresentanono l’ambiente nel quale avvengono le prime reazioni difensive
(immunitarie) dell’organismo all’ingresso di microrganismi estranei.
I tessuti connettivi si suddividono in:
TESSUTI CONNETTIVI PROPRIAMENTE DETTI
TESSUTI CARTILAGINEI
TESSUTI OSSEI
SANGUE e LINFA

Descrivete le cellule dei tessuti connettivi.


Nei tessuti connettivi si trova una popolazione cellulare piuttosto eterogenea, diversa a seconda del tipo di
connettivo. Per praticità verranno descritti i tipi cellulari del tessuto connettivo lasso, che li presenta tutti. I
fibroblàsti sono le cellule più numerose e sono presenti in tutti i connettivi. Sintetizzano i componenti delle
fibre collage ed elastiche. Hanno forma variabile, genericamente stellata o fusata. Non hanno capacità di
movimento ameboide e neppure di fagocitosi. Nelle fasi di riposo dall’attività sintetica si riducono di
dimensioni e vengono indicati come fibrocìti. I macròfagi sono cellule di forma variabile in quanto, dotati di
attività ameboide e fagocitaria, si spostano in continuazione entro la sostanza intercellulare. Se nel
connettivo penetrano materiali organici estranei (ad esempio batteri o antìgeni in genere) e si determina un
focolaio infiammatorio, i macrofagi vi accorrono, aumentando di volume, arricchendosi di lisosòmi e
fagocitando le particelle estranee. Producono interferone e presentano gli antigeni ai linfociti durante le
reazioni immunitarie. Le cellule adipose sono fibrociti che si sono specializzati per accumulare materiali
lipidici che trattengono come riserva. Se predominano numericamente sugli altri elementi, costituiscono il
tessuto adiposo. I mastociti o cellule granulose basòfile, sono grandi cellule mobili spesso abbondanti nel
connettivo che circonda i vasi sanguigni. Il loro citoplasma è ricco di granuli, che sono lisosomi contenenti
eparina (anticoagulante) ed istamina (vasodilatatrice). Intervengono nei fenomeni di infiammazione e
allergia. Le plasmacellule sono cellule di grandi dimensioni dal nucleo con cromatina a zolle periferiche e
citoplasma ricchissimo di reticolo endoplasmatico. Ciò indica una intensa sintesi proteica e infatti le
plasmacellule hanno il compito di sintetizzare le gamma-globuline (anticorpi).Derivano dai linfociti B attivati
dal contatto con un antigene. Se nel connettivo sono in atto fenomeni infiammatori anche lievi, si possono
trovare cellule del sangue quali i linfociti e e i granulociti neutrofili e eosinofili. Esistono organi costituiti da
tessuto connettivo ricchissimo di linfociti, che viene definito tessuto linfoide.

Parlate della sostanza intercellulare del tessuti connettivi.


La sostanza intercellulare (o extracellulare) dei tessuti connettivi è costituita da una componente amorfa,
detta sostanza fondamentale, e dalle fibre collagene ed elastiche. La sostanza fondamentale amorfa è
composta da acqua, elettroliti, sostanze organiche. Tali materiali possono variare sulla base degli scambi
metabolici col sangue che avvengono nel tessuto. Le componenti organiche stabili della sostanza
fondamentale, sono le glicoproteine strutturali e i proteoglicani. Questi ultimi sono macromolecole
proteiche cui si legano polisaccaridi complessi, i glicosaminoglicani (o GAG), che possono essere solforati
o no. Le glicoproteine strutturali costituiscono una fitta rete tridimensionale nella sostanza amorfa. Più
elevato è il numero di esteri solforici dei GAG, maggiore è la possibilità di instaurare legami tra di essi (ponti
zolfo), per cui la sostanza intercellulare potrà presentarsi più o meno densa e compatta. Ad esempio nel
tessuto connettivo lasso la consistenza è bassa, nelle cartilagini è molto elevata. Tra i glicosaminoglicani è
necessario ricordare l’acido ialuronico, presente in tutti i connettivi e in grado di regolare la viscosità della
sostanza fondamentale, in quanto le sue molecole hanno elevata affinità per l’acqua. La cartilagine, l’osso e i
tendini sono ricchi di condroitìnsolfato, le cui molecole si legano stabilmente mediante numerosi ponti
zolfo. Nel derma è presente il dermatànsolfato, che forma una rete più lassa. Nella sostanza fondamentale
sono immersi i fasci di fibre collagene ed elastiche e le cellule che caratterizzano il tessuto. L’acqua sempre
presente permette la diffusione e la distribuzione dei metaboliti. Nel tessuto osseo la mineralizzazione della
sostanza intercellulare è responsabile della caratteristica compattezza e rigidità del tessuto.
La componente fibrosa dei tessuti connettivi è rappresentata dalle fibre collagene e dalle fibre elastiche. Le
fibre collagene, le più diffuse, sono composte da una scleroproteina complessa, il tropocollagene,
particolarmente ricca degli aminoacidi glicina, prolina e idrossiprolina. Quest’ultima è presente solo nel
collagene, per il quale assume significato diagnostico. Alle fibre collagene è dovuta le resistenza dei
connettivi alla trazione. Infatti le fibre collagene sono inestensibili e molto resistenti. Al microscopio
elettronico appaiono come fasci di fibrille, scomponibili in microfibrille dalla caratteristica striatura trasversale
con periodo di 640 A. Ciascuna microfibrilla è composta dalle molecole filamentose del tropocollagene
avvolte a spirale. Le fibre reticolari sono fibre collagene organizzate in reti tridimensionali a costituire
l’impalcatura di vari organi pieni. Le fibre elastiche, diversamente dalle fibre collagene, sono estensibili e
quindi conferiscono al tessuto la possibilità di sopportare sollecitazioni meccaniche anche notevoli. Sono
costituite da fasci di microfibrille prive di striatura, formate dalla proteina filamentosa elastina.

Descrivete le caratteristiche del tessuto connettivo fibrillare denso.


Il tessuto connettivo fibrillare (o fibroso) denso presenta come caratteristica fondamentale la grande
ricchezza di fibre collagene ed elastiche, ed una parallela minor quantità di sostanza fondamentale, la quale
è ricca di glicosaminoglicani solforati che danno consistenza al tessuto (dermatansolfato). Si presenta sotto
due forme: a fasci intrecciati e a fasci paralleli. In quest’ultimo predomina nettamente la componente
fibrosa e sono presenti esclusivamente i fibrociti. Un esempio di tessuto connettivo denso a fasci intrecciati si
trova nel derma, dove i fasci di fibre collagene ed elastiche hanno direzioni molto varie e costituiscono una
fitta trama tridimensionale. Ciò non significa che i fasci di fibre hanno orientamento casuale, in quanto si
riconosce sempre una direzione prevalente dei fasci, che rappresenta anche la direzione secondo la quale la
struttura connettivale (in questo caso il derma) dimostra la maggiore resistenza alle sollecitazioni
meccaniche (linee di Lànger). Il connettivo denso a fasci intrecciati è ricco di cellule, che sono sia fibroblasti
e fibrociti che macròfagi, cellule granulose basofile, plasmacellule ecc. Il tessuto connettivo a fasci paralleli è
invece tipico dei tendini, dove le fibre collagene si dispongono parallele tra loro, con poca sostanza
fondamentale e cellule rappresentate solo dai fibroblàsti e fibrociti. Le fibre collàgene hanno un tipico
andamento sinuoso e tra di esse vi sono numerose fibre elastiche. Quando il tendine trazione, per la
contrazione del muscolo al quale è inserito, la sinuosità delle fibre collàgene funge da ammortizzatore e le
fibre elastiche le riportano alla sinuosità originale una volta cessata la trazione.

Parlate dei tessuti cartilaginei.


I tessuti cartilaginei sono connettivi nei quali la sostanza intercellulare è notevolmente densa, compatta e
consistente, tanto da imprigionare al suo interno le cellule, che sono soltanto fibrociti detti condrociti.
Questi, entro le nicchie che li imprigionano, possono andare incontro una o due volte a mitosi, per cui spesso
di osservano piccoli gruppi di due, tre o quattro cellule, tutte figlie della stessa madre, detti gruppi isògeni. Il
GAG più rappresentativo della cartilagine è il condroitinsolfato, le cui molecole sono stabilmente legate da
numerosi ponti zolfo. Le cartilagini non sono vascolarizzate, per cui le cellule possono effettuare i loro
scambi metabolici solo per diffusione attraverso la sostanza extracellulare. A seconda della quantità di fibre
collagene ed elastiche presenti, si distinguono tre tipi di tessuto cartilagineo:
CARTILAGINE IALINA
CARTILAGINE FIBROSA
CARTILAGINE ELASTICA.
La cartilagine ialìna è ricca di sostanza intercellulare in cui sono sparse fibre collagene prive di un
particolare orientamento e la matrice intercellulare si presenta piuttosto omogenea, anche se diversamente
colorabile, di particolare consistenza per la ricchezza in GAG solforati, come si è gia detto, e acido
ialuronico che ne assicura la idratazione. Le lacune contengono gruppi isògeni formati da piccoli gruppi di
cellule o rotondeggianti. Come tutte le cartilagini non contiene vasi sanguigni e i processi metabolici cellulari
sono assicurati dalla diffusione dei materiali nella matrice. Ogni formazione cartilaginea è avvolta dal
pericondrio, una lamina di tessuto connettivo fibrillare denso a fasci intrecciati riccamente vascolarizzata,
che durante il periodo di accrescimento contiene giovani fibroblasti capaci di trasformarsi in condroblasti e
successivamente in condrociti. La cartilagine ialina riveste le superfici articolari ossee delle diartrosi,
costituisce le cartilagini costali e lo scheletro della piramide nasale, della laringe, bronchi e trachea. Anche lo
scheletro del feto è costituito da cartilagine ialìna, che verrà sostituita da tessuto osseo durante i processi di
ossificazione. La cartilagine fibrosa ha la matrice particolarmente ricca di fibre collagene orientate e
costituisce i dischi intervertebrali e il tessuto di unione delle ossa in tutte le sinfisi, e i menischi. La
cartilagine elastica, presenta una matrice particolarmente ricca di fibre elastiche, che rendono le strutture
cartilaginee pieghevoli e atte a sopportare sollecitazioni angolari senza rotture. Costituisce lo scheletro del
padiglione auricolare e della cartilagine epiglottide.

Parlate dei tessuti ossei.


I tessuti ossei sono caratterizzati dalla particolare consistenza della sostanza intercellulare, che è ricca di sali
minerali e imprigiona i fibrociti (osteociti) in nicchie o lacune. Poiché non vi è possibilità di diffusione di
materiali nella matrice, gli osteociti presentano sottili e lunghi prolungamenti citoplasmatici che penetrano in
un sistema di canalicoli che li fa comunicare tra loro e con i vasi sanguigni che a loro volta, entro il tessuto
osseo, decorrono in sistemi di canali. La superficie esterna delle formazioni ossee è rivestita da una lamina
di tessuto connettivo denso (periostio) ricca di vasi sanguigni e di fibroblasti giovani (osteoblasti), che
rimpiazzano gli osteociti che man mano muoiono. Mentre nel feto e nei primissimi anni di vita il tessuto
osseo viene definito non lamellare in quanto la sostanza intercellulare mineralizzata non dimostra una
particolare organizzazione, nello scheletro adulto la massima parte del tessuto osseo è di tipo lamellare.
Tale denominazione deriva dal fatto che gli osteoblasti, i quali producono la matrice intercellulare, "guidano"
la sua mineralizzazione sotto forma di lamelle di 3-10 mm di spessore, adiacenti tra loro, tra le quali
rimangono imprigionati. La matrice mineralizza attorno ad essi e ai loro prolungamenti, permettendo la
formazione delle lacune e dei canalicoli. Nella sostanza intercellulare sono presenti fasci di fibre collagene
ad orientamento perpendicolare in lamelle adiacenti, e glicoproteine capaci di legare ioni calcio e fosfati. La
componente minerale principale del tessuto osseo è la idrossiapatite (ortofosfato di calcio), sotto forma di
microcristalli distribuiti lungo le fibre collagene. Le cellule del tessuto osseo, osteoblasti e osteociti, derivano
dal connettivo embrionale (mesènchima). Gli osteociti rappresentano la fase "adulta" e quiescente degli
osteoblasti, racchiusi ormai entro le lacune. Poiché i tessuti ossei non hanno solo funzione meccanica ma
anche trofica, in quanto rappresentano una grande riserva di sali minerali che possono essere resi disponibili
per gli altri tessuti, contengono anche osteoclasti, grandi cellule plurinucleate di probabile derivazione
monocitaria, raccolte alla superficie delle formazioni ossee. Gli osteoclasti liberano, in seguito a stimoli
ormonali (paratormone), enzimi capaci di digerire la matrice organica e quindi permettere la liberazione di
ioni minerali nel sangue. Si indicano due tipi fondamentali di tessuto osseo lamellare:
TESSUTO OSSEO COMPATTO
TESSUTO OSSEO SPUGNOSO
Una particolare forma di tessuto osseo compatto è la dentina presente nei denti. Il tessuto osseo di forma
da preesistente mesenchima o cartilagine ialina, mediante processi indicati come:
OSSIFICAZIONE DIRETTA
OSSIFICAZIONE INDIRETTA

Qual è la struttura microscopica del tessuto osseo compatto?


Il tessuto osseo compatto, che è il più rappresentato nello scheletro adulto, viene così definito in quanto non
presenta spazi al suo interno e la sostanza intercellulare è costituita da sistemi di lamelle strettamente
aderenti. Queste si possono organizzare in strati concentrici attorno ad un canale contenente vasi sanguigni
e nervi (osteoni), oppuin strati a grande curvatura alla periferia dell’osso (lamelle circonferenziali), oppure
in gruppi di lamelle che occupano gli spazi tra gli osteoni (lamelle interstiziali). Di solito le tre organizzazioni
coesistono nell’osso. Si ricorda che gli osteociti sono sempre situati in lacune tra le lamelle. Gli osteoni sono
sistemi di lamelle concentriche attorno al canale di Hàvers, nel quale sono presenti i vasi sanguigni e dal
quale gli osteociti "pescano" con i loro prolungamenti, i materiali necessari alla loro sopravvivenza. Il tessuto
osseo compatto costituisce gran parte della parete della diafisi delle ossa lunghe, e la parte esterna delle
ossa piatte. Nelle ossa brevi forma un sottile rivestimento esterno.

In che cosa consiste la funzione trofica del tessuto osseo?


Il tessuto osseo, per la sua ricchezza di sali minerali, costituisce un grande "magazzino" al quale attingono
tutte le cellule degli altri tessuti in caso di bisogno. Gli ioni, soprattutto il calcio, possono essere, a seconda
delle necessità dell’organismo, depositati nel tessuto osseo oppure liberati da questo nel sangue. In tal
modo la calcemìa rimane costante. L’azione di accumulo e di liberazione, strettamente correlate, sono
regolate per via endocrina dagli ormoni calcitonina e paratormòne. Gli osteoclasti, attivati dal paratormone,
lisano la matrice organica liberando ioni nel sangue e quindi distruggendo lamelle ossee. Quando il sangue
porta nuovi sali minerali assorbiti dall’intestino, gli osteoblasti, attivati dalla calcitonina, riorganizzano la
matrice sotto forma di nuove lamelle osteoniche e interstiziali (tessuto osseo compatto) oppure trabecolari
(tessuto osseo spugnoso). Si deve sottolineare che la formazione di nuovi sistemi di lamelle permette
all’osso di sempre meglio adattarsi alle sollecitazioni meccaniche che riceve, ad esempio modificando
l’orientamento delle trabecole nelle parti spugnose dell’osso, o l’organizzazione delle fibre collagene nelle
lamelle degli osteoni. Tali processi permettono il continuo rimaneggiamento e modellamento dell’osso.

Descrivete gli elementi figurati del sangue.


Il sangue è formato dal plasma, che ne rappresenta la sostanza intercellulare liquida, e dagli elementi
figurati, che sono sia cellule che frammenti cellulari. Gli elementi figurati rappresentano il 45% del volume del
sangue, e sono formati da cellule (eritrociti e leucociti) e da frammenti di cellule, le piastrine. Il loro numero è:
ERITROCITI 5 milioni/mm3
LEUCOCITI 5-9000/mm3
PIASTRINE 2-300.000/mm3
Sono tutti elementi labili, cioè con durata limitata della vita, ed hanno differenti funzioni: gli eritrociti
trasportano i gas respiratori (ossigeno e anidride carbonica), i leucociti partecipano alle funzioni di difesa
dell’organismo, e le piastrine intervengono nei fenomeni di emostasi e di coagulazione. Mentre eritrociti e
piastrine circolano sempre entro i vasi sanguigni, i leucociti possono uscire nel connettivo attraverso la
parete dei capillari sanguigni, dove esercitano la loro funzione difensiva.
I leucociti si suddividono in:
GRANULOCITI neutrofili, basofili, eosinofili
LINFOCITI
MONOCITI
Gli eritrociti sono cellule altamente differenziate per il tra sporto dei gas respiratori. Hanno perso il nucleo e
gli organuli citoplasmatici, e il loro citoplasma è ripieno di una speciale proteina, l’emoglobina, le cui
molecole contengono ciascuna quattro atomi di ferro. La forma degli eritrociti, detti anche emàzie o più
comunemente globuli rossi, è a disco biconcavo, con diametro di 7,5 m, forma che conferisce una grande
superficie pur con volume ridotto e notevole idrodinamicità. Gli eritrociti hanno una vita media di 4 mesi, alla
fine della quale vengono fagocitati dai macròfagi degli organi emocateretici (milza, fegato, midollo osseo).
I granulociti sono cellule di grandi dimensioni (fino a 10 mm) con il citoplasma ripieno di granuli (lisosomi) dai
quali prendono il nome. A seconda degli enzimi contenuti nei granuli, e della colorabilità che essi
conferiscono ai comuni coloranti istologici, i granulociti si distinguono in neutròfili, con granuli che non si
colorano, basòfili, che assumono coloranti basici, eosinòfili o acidòfili, che assumono coloranti acidi come
l’eosina. I granulociti hanno movimento amebòide, possono passare attraverso le pareti dei capillari ed
entrare nel connettivo circostante e, essendo dotati di movimento ameboide, partecipano alla distruzione di
agenti patogeni. In particolare gli eosinofili partecipano alle reazioni allergiche e aumentano in caso di
infestazione da parassiti, mentre i basofili sono coinvolti nelle reazioni allergiche e nei casi di shock
anafilattico. I loro granuli contengono eparina (anticoagulante) ed istamina (vasodilatatore e
permeabilizzante).
I linfociti del sangue sono cellule ad azione immunitaria che utilizzano i vasi sanguigni come via di trasporto
verso i luoghi dell’organismo in cui è richiesta la loro presenza, in quanto possono passare facilmente
attraverso le pareti dei capillari (diapèdesi). Sono piccoli (8-10 m di diametro) e con un grande nucleo. Se
ne distinguono due famiglie, T e B, e sono i responsabili delle risposte immunitarie.
I monociti infine sono grandi cellule di 12-14 mm dal caratteristico nucleo a fagiolo, che rappresentano i
precursori dei macròfagi e di molti altri tipi cellulari.
Le piastrine non sono cellule, ma frammenti del citoplasma periferico di grandi cellule polinucleate del
midollo osseo, i megacariociti, che si staccano da essi e, ripiene di vescicole contenenti fibrinogeno,
serotonìna, istamina ed altri, partecipano ai processi di coagulazione del sangue.

Quali sono i tessuti muscolari.


I tessuti muscolari sono caratterizzati da cellule allungate capaci di accorciarsi per la presenza, nel loro
citoplasma, di particolari proteine contrattili filamentose, organizzate in fasci (fibrille) paralleli all’asse
maggiore delle cellule. E’ importante ricordare che l’accorciamento è dovuto ad uno scivolamento delle
fibrille, per cui le cellule muscolari devono possedere dispositivi capaci di trasformare energia chimica in
energia cinetica. Le cellule dei tessuti muscolari sono tenute assieme da tessuto connettivo lasso ricco di
vasi sanguigni e fibre nervose. La ricca vascolarizzazione è giustificata dalla necessità di un elevato apporto
di ossigeno e di materiali nutritizi, e di eliminare al contempo i cataboliti, soprattutto acido lattico. Poiché i
tessuti muscolari vanno incontro ad accorciamenti e distensioni, sia i vasi che le fibre nervose hanno
decorso ondulato, per evitare stiramenti. Si riconoscono tre varietà di tessuto muscolare:
TESSUTO MUSCOLARE STRIATO SCHELETRICO
TESSUTO MUSCOLARE STRIATO CARDIACO o MIOCARDIO
TESSUTO MUSCOLARE LISCIO.

Descrivete il tessuto muscolare striato scheletrico.


Il tessuto muscolare striato scheletrico forma tutti i muscoli scheletrici e un piccolo numero di muscoli
dell’apparato respiratorio e digerente. Non è costituito da cellule, ma da sincìzi polinucleati, elementi
sovracellulari di grandi dimensioni derivati da fenomeni di endomitòsi e, in minor misura, di fusione di
cellule. Tali sincizi vengono detti fibre muscolari, sono di forma cilindrica, lunghi anche parecchi centimetri,
con diametro di qualche decimo di millimetro. Nel citoplasma (sarcoplàsma) sono molto numerosi i
mitocondri, che forniscono alla fibra l’energia necessaria alla contrazione, e molto sviluppato il reticolo
endoplasmatico liscio in una rete particolare di canali anastomizzati fra loro. I nuclei, numerosi, sono
localizzati alla superficie. Le fibre del tessuto muscolare scheletrico sono parallele tra loro e tenute assieme
da una trama di tessuto connettivo lasso (endomìsio), ricca di vasi sanguigni e fibre nervose. Ogni fibra
muscolare viene raggiunta da una fibra nervosa che vi prende rapporto con una particolare giunzione
sinaptica detta placca motrice, che le trasmette l’impulso per la contrazione. La caratteristica morfologica
più evidente delle fibre muscolari è la striatura trasversale, a bande chiare e scure alternate, dette
rispettivamente banda I (isotropa) e banda A (anisotropa). La striatura è dovuta alla particolare disposizione
delle miofibrille nel sarcoplasma delle fibre muscolari. Le miofibrille sono fasci di filamenti sottili e spessi
costituiti da molecole di proteine contrattili, sono tutte parallele tra loro e parallele all’asse maggiore della
fibra muscolare. Le miofibrille hanno una lunghezza molto inferiore a quella della fibra muscolare, e possono
essere suddivise in tante porzioni successive uguali, ciascuna delle quali è formata da un fascio di
miofilamenti sottili e spessi che sono parzialmente intercalati gli uni agli altri. Poiché le miofibrille sono tutte
perfettamente a registro tra loro, dove i filamenti sottili e spessi sono sovrapposti si ha l’impressione che la
fibra muscolare abbia una banda scura, dove ci sono solo filamenti sottili o filamenti si ha l’impressione di
una banda più chiara. Le varie porzioni successive di ogni miofibrilla si dicono sarcòmeri, per cui in ogni
fibra muscolare è presente una successione di sarcomeri tutti uguali tra loro, formati da miofilamenti
parzialmente intercalati e quindi apparirà striata. Le proteine contrattili che formano i miofilamenti sono la
miosina, filamentosa e provvista di una testa globulare: la molecola assomiglia ad una mazza da golf e un
fascio di molecole di miosina forma un miofilamento spesso. Ci sono poi l'actina, che assieme alla troponina
e alla tropomiosina costituisce i filamenti sottili. Durante la contrazione indotta dallo stimolo nervoso e da un
complesso meccanismo biochimico che prevede l’intervento di calcio, di ATP e di glucosio, i miofilamenti di
ogni sarcomero scivolano gli uni parallelamente agli altri accorciando ogni sarcomero e quindi l’intera fibra
muscolare.

Che cosa sono le proteine contrattili?


Le proteine contrattili sono molecole filamentose o globulari organizzate sotto forma di filamenti
(miofilamenti) nel sarcoplasma delle cellule e delle fibre muscolari (sono tuttavia presenti anche in altri tipi
cellulari). Sono rappresentate dalla miosina, le cui molecole filamentose a forma di mazza da golf, sono
raggruppate in fasci che costituiscono filamenti "spessi", e dall’actina, tropomiosina e troponina (la prima con
molecola globulare) che costituiscono i filamenti "sottili". I miofilamenti sono sempre orientati parallelamente
al maggior asse della cellula o della fibra muscolare, e durante la contrazione il loro scivolamento, gli uni
rispetto agli altri, porta all’accorciamento dell’elemento muscolare. Nelle fibre muscolari striate scheletriche e
nelle cellule miocardiche, i miofilamenti costituiscono i sarcomeri, nei quali di dispongono in modo da dare
l’impressione della striatura. Il termine "contrattile" attribuito alle proteine muscolari non significa che esse o i
miofilamenti si accorciano, ed è quindi improprio.

Descrivete il tessuto miocardico.


Il tessuto miocardico è il tessuto muscolare striato che forma la parete del cuore. La sua attività contrattile è
involontaria e indipendente dal sistema nervoso, che vi influisce solo accelerandola (ortosimpàtico) o
rallentandola (parasimpàtico, cioè nervo vago). Diversamente dal tessuto muscolare striato scheletrico, il
miocardio è formato da cellule e non sincizi polinucleati, cellule che hanno la stessa striatura a bande
alterne chiare e scure visibile nelle fibre muscolari. Le cellule miocardiche sono mononucleate, di forma
grossolanamente cilindrica con estremità spesso ramificate. Questa forma permette ad ogni cellula di
collegarsi a diverse altre su più piani, in modo che il tessuto muscolare cardiaco costituisce una sorta di rete
tridimensionale (anche se esiste un orientamento preferenziale secondo alcuni traiettori) che permette
all’intera parete muscolare del cuore di contrarsi uniformemente. L’organizzazione delle miofibrille di ogni di
ogni singola cellula miocardica corrisponde a quella di un sarcòmero. Le cellule miocardiche sono unite per
mezzo di giunzioni serrate e desmosòmi visibili al microscopio ottico sotto forma di strie scalariformi. Tali
giunzioni assicurano la trasmissione dell’impulso diffusamente e rapidamente lungo tutta la rete
tridimensionale costituita dalle cellule stesse. Nel tessuto miocardico si riconoscono due tipi di elementi, che
formano il miocardio comune, cioè l’insieme delle cellule muscolari che si contraggono e formano la parete
del cuore, e il miocardio specifico. Quest’ultimo è formato da cellule miocardiche differenziate che hanno
perso la capacità contrattile e si sono specializzate per distribuire gli impulsi contrattili (che sono autonomi e
autogenerantisi) alle cellule del miocardio comune. Gli elementi del miocardio specifico, raggruppati in nodi e
in fasci, costituiscono il sistema di conduzione del cuore.

Che cosa si intende per miocardio comune.


Il tessuto muscolare cardiaco è rappresentato da due componenti: il miocardio comune, che rappresenta la
gran parte della parete del cuore, e il miocardio specifico, quest’ultimo limitato ai nodi del seno e atrio-
ventricolare e al fascio di His, cioè al cosiddetto sistema di conduzione del cuore. Mentre questo ha
assunto la funzione di mantenere e distribuire gli impulsi alla contrazione in tutto il tessuto muscolare
cardiaco, il miocardio comune rappresenta la massa delle cellule contrattili. E’ organizzato sotto forma di
"sacchi", che costituiscono la parete di atrii e ventricoli. Ogni atrio ed ogni ventricolo ha il suo sacco
muscolare; inoltre ambedue gli atrii e ambedue i ventricoli sono avvolti da un sacco comune esterno. In
ciascun sacco, proprio o comune, le cellule miocardiche formano fasci ad orientamento elicoidale. I fasci del
sacco comune ventricolare all’apice del cuore compiono un vortice e passano a rivestire parzialmente la
faccia interna dei vetricoli, estroflettendosi nei muscoli papillari, importanti per il corretto funzionamento
delle valvole atro-ventricolari.

Descrivete il tessuto muscolare liscio.


Il tessuto muscolare liscio è formato da cellule di forma fusata e di dimensioni variabili, riunite a piccoli gruppi
nel connettivo a costituire piccole formazioni muscolari autonome (ad esempio i muscoli pilo-erettori del
derma) oppure in quantità più cospicue nelle tonache muscolari degli organi cavi. Possono partecipare a
formare lo stroma di alcuni visceri, come ad esempio la prostata. Nelle cellule muscolari lisce, che sono
mononucleate, il sarcoplàsma è ricco di miofibrille che però non sono organizzate in sarcomeri: i
miofilamenti sono paralleli tra loro, causano l’accorciamento della cellula per scivolamento reciproco, ma non
hanno disposizione tale da dare la striatura che è invece caratteristica del tessuto miocardico e del tessuto
muscolare scheletrico. Come le cellule miocardiche, anche quelle muscolari lisce non sono innervate
singolarmente ma gli impulsi vengono portati da fibre nervose simpatiche che rilasciano il mediatore
nell’ambiente interstiziale fra le cellule muscolari. La contrazione è dunque involontaria e in ogni caso più
lenta della contrazione della muscolatura striata.

Descrivete il tessuto nervoso.


Il tessuto nervoso è un tessuto che presenta alcune caratteristiche comuni a quelle dei tessuti epiteliali (la
derivazione embriologica è comune), come ad esempio quella di non possedere spazi intercellulari: tutte le
cellule nervose sono quindi a mutuo contatto tra loro. Ciò vale per il sistema nervoso centrale, mentre nel
sistema nervoso periferico le formazioni nervose sono spesso commiste ad altre formazioni, epiteliali o
connettivali. Non esiste dunque sostanza intercellulare nel tessuto nervoso, le cui cellule sono i neuroni e le
cellule gliali o di nevroglia. I neuroni sono cellule altamente specializzate, capaci di ricevere e trasmettere
stimoli, mentre le cellule gliali o di nevroglia hanno funzioni trofiche e di sostegno nei confronti dei neuroni,
oltre a partecipare alla loro attività. Il tessuto nervoso è riccamente vascolarizzato, diversamente dagli epiteli,
e presenta una debole trama connettivale che accompagna i vasi sanguigni nel loro decorso: il connettivo
manca a livello dei capillari che sono a diretto contatto con le cellule gliali. In tal modo gli scambi tra sangue
e neuroni sono di regola mediati dalla nevroglia, che costituisce la cosiddetta barriera emato-encefalica.

Descrivete le caratteristiche morfo-funzionali del neurone.


I neuroni sono cellule dalle caratteristiche morfologiche e funzionali molto particolari. Hanno un corpo
cellulare, detto soma o pirenòforo, dal quale si dipartono uno o più prolungamenti diversi, i dendriti e i neuriti,
che si distinguono per alcune particolarità morfologiche e soprattutto per la direzione secondo cui viaggia in
essi l’impulso nervoso: nei dendriti viaggia in senso centripeto (verso il pirenoforo), nei neuriti viaggia in
senso centrifugo. Tutti i neuroni hanno un solo neurite, ma possono avere anche molti dendriti. Su questa
base si distinguono tre tipi di neuroni: unipolari se possiedono il solo neurite e nessun dendrite; bipolari se
possiedono il neurite e un solo dendrite, e multipolari se, oltre al neurite, posseggono più di due dendriti. Tra
neuroni bipolari bisogna ricordare i neuroni pseudounipolari o "a T", in quanto a causa del ripiegarsi del
pirenoforo e dell’avvicinamento dei due prolungamenti, questi si sono fusi in uno solo, che è unico all’origine
ma si divarica "a T" ad una certa distanza. Il neurone sembra che abbia un solo prolungamento e quindi
sembra unipolare. I neuroni presentano forme e dimensioni molto diverse, alcuni sono caratteristici delle
parti nervose in cui si trovano, come le cellule di Purkinje del cervelletto o le cellule piramidali della
corteccia cerebrale. I neuroni sono organizzati in catene neuronali, cioè prendono contatto gli uni con gli
altri per mezzo delle estremità dei neuriti, dove si trovano particolari giunzioni dette sinapsi. Poiché il neurite
è spesso molto ramificato, ogni neurone può prendere contatto contemporaneamente con moltissimi altri
neuroni: fino a 300.000. Dove la superficie di un neurone non è toccata dalle sinapsi, ci sono le cellule di
nevroglia a costituire la barriera emato-encefalica. Frequentemente, ma non sempre, il neurite prossiede un
particolare rivestimento gliale detto guaina mielinica, che è costituita da una serie di avvolgimenti a spirale
attorno al neurite stesso (proprio come una benda attorno ad un dito) di ampie lamine citoplasmatiche di
cellule gliali, e precisamente gli oligodendrociti nel sistema nervoso centrale, e le cellule di Schwann nel
sistema nervoso periferico (nervi). Data la componente fosfolipidica delle membrane plasmatiche, fasci di
neuriti provvisti di guaina mielinica (fibre mieliniche) hanno un aspetto bianco candido che giustifica il
termine di sostanza bianca per la parte di tessuto nervoso da esse prevalentemente costituita.
Il tessuto nervoso è organizzato diversamente nei diversi organi del sistema nervoso centrale.
Frequentemente i corpi dei neuroni, o pirenofori, sono riuniti a formare raggruppamenti colonnari o sferoidali
(colonne e nuclei rispettivamente) immersi in un ambiente formato dai prolungamenti dei neuroni stessi,
prevalentemente i dendriti o i neuriti amielinici. Si parla allora di sostanza grigia, intendendo le parti di
tessuto costituite dai corpi neuronali raggruppati, e di sostanza bianca, intendendo le parti di tessuto
costituite dai prolungamenti neuritici dei neuroni e prive dei pirenofori. La sostanza grigia può anche, in
alcuni organi nervosi, formare delle spesse lamine che rivestono superficialmente la sostanza bianca, dove i
corpi dei neuroni sono organizzati a strati sovrapposti: si parla allora di sostanza grigia corticale o di
corteccia.
Attenzione alla pronuncia:
GLIALI si pronuncia con la G iniziale dura.
NEVROGLIA vuole la G dolce
PURKINJE si pronuncia PURCHINI, con l'accento sulla U
SCHWANN si pronuncia SCVAN con la SC come SCI.

Com’è fatta una sinapsi?


I neuroni sono collegati funzionalmente tra loro a con altre cellule o elementi (ad es. con le fibre muscolari)
mediante particolari giunzioni, le sinàpsi, che si stabiliscono tra la terminazione di un ramo neuritico di un
neurone e un dendrite, il neurite o il pirenoforo di un altro neurone. A livello della sinapsi l’impulso nervoso
viene trasmesso da un neurone all’elemento successivo, unidirezionalmente, cioè senza che possa ritornare
al primo neurone. A seconda del punto di appoggio della sinapsi, si distinguono:
SINAPSI ASSO-DENDRITICHE
SINAPSI ASSO-SOMATICHE
SINAPSI ASSO-ASSONICHE
Ogni neurone riceve di regola le sinapsi da più neuroni diversi e a sua volta si mette in contatto sinaptico con
molti altri neuroni. Se il secondo elemento non è un neurone, si preferisce parlare di giunzione cito-
neurale. La sinapsi è costituita da tre elementi: il bottone sinaptico, lo spazio o fessura intersinaptica e
la zona post-sinaptica o punto attivo della sinapsi. Il bottone sinatico rappresenta l’estremità del ramo
neuritico: contiene neurofilamenti e mitocondri, e soprattutto vescicole sinaptiche contenenti il mediatore
chimico o neurotrasmettitore. Quando le vescicole si aprono alla superficie della membrana, scaricano
nell’intervallo sinaptico il neurotrasmettitore, che depolarizza la membrana del neurone successivo a livello
del punto attivo. Dopo il passaggio dell’impulso dal bottone sinaptico alla zona post-sinaptica, il
neurotrasmettitore viene disattivato da sistemi enzimatici e la sinapsi si disattiva. L’intervallo sinaptico è di
soli 12-13 nm.

Che cosa sono le guaine mieliniche?


Il neurite, o assone, è sempre rivestito da cellule di nevròglia: l’assone con il suo rivestimento gliale è detto
fibra nervosa. Spesso il rivestimento gliale assume un particolare ispessimento e prende il nome di guaina
mielinica. Si distingueranno allora neuroni con fibre mieliniche e neuroni con fibre amieliniche. Nei primi il
rivestimento gliale viene formato dalle cellule di Schwann nel SNP e dagli oligodendrociti nel SNC. La
guaina mielinica è una sorta di avvolgimento a spirale più o meno ispessito della membrana plasmatica della
cellula gliale la quale, come una benda attorno al dito, abbraccia più volte l’assone. Siccome più cellule gliali
successive contribuiscono a formare la guaina mielinica, questa risulta composta da porzioni consecutive
separate da brevi intervalli detti nodi di Ranvièr. Di solito lo spessore della guaina mielinica, e quindi il
numero degli avvolgimenti di cui è formata, è proporzionale al diametro dell’assone e questo a sua volta è
proporzionale alla sua lunghezza. Inoltre, la velocità di conduzione degli impulsi nervosi è direttamente
proporzionale al calibro della fibra nervosa e nelle fibre amieliniche la velocità è la più bassa. Poiché la
guaina mielinica risulta costituita da una serie di avvolgimenti di membrane plasmatiche, e poiché queste
ultime sono costituite in prevalenza da fosfolipidi, le fibre mieliniche hanno il caratteristico colore bianco di
queste sostanze. Nel SNC esse sono raggruppate in fasci, l’insieme dei quali costituisce la sostanza
bianca.
Attenzione alla pronuncia:
NEVROGLIA di pronuncia con la G dolce.
SCHWANN si pronuncia SCVAN con la SC dolce come SCI.
RANVIER si pronuncia RANVIE'

Che cosa si intende per sostanza bianca e sostanza grigia?


Per sostanza bianca si intende quella organizzazione del tessuto del sistema nervoso centrale formata
essenzialmente da fibre mieliniche, anche se non mancano le fibre amieliniche. La glia è costituita
essenzialmente da astrociti fibrosi e da oligondendrociti, in stretto rapporto con la rete dei vasi sanguigni.
Nella sostanza bianca si riconoscono i fasci di fibre costituenti le vie nervose.
Per sostanza grigia si intende quell’organizzazione del tessuto del sistema nervoso centrale in cui si
riconoscono i pirenofori dei neuroni, i loro dendriti ed i loro neuriti amielinici brevi oppure la parte iniziale
dei neuriti amielinici lunghi e di quelli mielinici. Poiché stiamo parlando di tessuto nervoso, tra i neuroni ci
sono le cellule di nevroglia (soprattutto astrociti) e i vasi sanguigni. La sostanza grigia si può organizzare
sotto forma di lunghe colonne o di nuclei, completamente circondati dalla sostanza bianca oppure sotto
forma di cortecce che rivestono in superficie masse di sostanza bianca. In quest’ultimo caso i corpi dei
neuroni formano strati sovrapposti (citotettonica).

Descrivete la nevroglia.
La nevroglia rappresenta quell’insieme di cellule del tessuto nervoso che occupano tutti gli spazi tra i neuroni
e i vasi sanguigni, sia con funzione trofica che di sostegno. Nel SNP si trovano due tipi di cellule gliali: le
cellule di Schwann, che formano le guaine mieliniche degli assoni periferici, e le cellule satelliti che
rivestono i corpi dei neuroni "a T" o pseudounipolari dei gangli spinali. Nel SNC si trovano invece gli
astrociti, grandi e con la forma irregolarmente stellata, che vanno a costituire la barriera emato-encefalica,
gli oligondedrociti, piccoli ma con ampie ali citoplasmatiche con cui abbracciano vari assoni costituendo la
loro guaina mielinica, le cellule ependimali, che rivestono come un vero e proprio epitelio le cavità interne
del SNC, e infine le cellule di microglia, capaci di movimento ameboide e con funzione simile a quella dei
macròfagi del connettivo.

APPARATO LOCOMOTORE
Descrivete la struttura microscopica dell’osso.
Nelle ossa lunghe la diafisi è formata da tessuto osseo compatto di tipo osteonico e solo alla periferia
superficiale e profonda presenta sistemi di lamelle ad ampio raggio concentriche al canale midollare. Alla
superficie di quest’ultimo c’è un trabecolato spugnoso occupato da midollo osseo. Le epifisi sono
essenzialmente formate da tessuto osseo spugnoso le cui trabecole, soprattutto nelle ossa sottoposte a
sollecitazioni meccaniche rilevanti e continue, si organizzano secondo orientamenti spaziali precisi. Le ossa
brevi sono organizzate strutturalmente come le epifisi delle ossa lunghe, cioè tessuto osseo spugnoso
rivestito da un sottile, strato di compatto. Le ossa piatte infine sono formate da due strati di tessuto osseo
compatto a lamelle pianeggianti, che racchiudono uno strato di tessuto osseo spugnoso, talora limitatissimo.
La struttura microscopica di un osso si modifica in continuazione, sia per i fenomeni di modellamento
durante il periodo della crescita, sia per rimaneggiamento durante tutta la vita. Non si dimentichi la funzione
metabolica del tessuto osseo, che è una grande riserva di sali minerali per tutto l’organismo. Le sollecitazioni
meccaniche modificano in continuazione l’organizzazione del tessuto osseo, così come lo stato nutrizionale
e l’età. Si deve ricordare ad esempio che l’orientamento spaziale delle trabecole del tessuto osseo spugnoso
è strettamento collegato alle sollecitazioni meccaniche cui è sottoposto: si ricordi come sono organizzate
l’epifisi prossimale del femore o quella distale della tibia unitamente a calcagno ed astragalo. Il tessuto osseo
è riccamente vascolarizzato: i vasi penetrano nel tessuto provenendo dal periostio e decorrono tra le
lamelle delle trabecole spugnose e nei canali di Havers.

In che cosa consistono i processi di ossificazione?


Lo scheletro del feto è costituito da elementi cartilaginei e connettivali che in tempi diversi daranno origine
allo scheletro osseo. La cartilagine e il tessuto connettivo, a partire dall’8° settimana di vita embrionale,
vengono invase da condroclasti, cellule che distruggono la cartilagine, e da osteoblasti, cellule che
depositivano e organizzano la matrice ossea mineralizzata. Così, mentre cartilagine e connettivo vengono
distrutti, si organizza nuovo tessuto osseo, dapprima privo di organizzazione (t.osseo non lamellare), e
molto più tardi di tipo lamellare.
Si parla di ossificazione diretta, quando dal tessuto connettivo fetale (derivato dal mesènchina
embrionale) si passa direttamente alla fase ossea. Ciò avviene ad esempio nelle ossa della scatola cranica,
che alla nascita sono ancora parzialmente formate da lamine connettivali (le fontanelle). Si parla di
ossificazione indiretta quando il connettivo embrionale dà origine a formazioni cartilaginee che verranno
invase e lentamente sostituite da tessuto osseo. Nella maggior parte delle ossa lunghe, tra diafisi ed epìfisi
rimane per lungo tempo uno strato di cartilagine che, eroso e sostituito da osso da una parte e
riproducendosi dall’altra, permette l’allungamento dell’osso stesso (metàfisi).

Parlate dei processi di modellamento e rimaneggiamento osseo.


Fino a circa 20 anni lo scheletro si accresce, in quanto in alcune ossa lunghe permane la cartilagine
metafisaria tra diàfisi ed epìfisi la quale, erosa da una parte e riproducendosi dall’altra, permette che
sempre nuovo tessuto osseo venga organizzato e quindi che l’osso si allunghi. Il tessuto osseo che si forma
in seguito alla sostituzione della cartilagine e del connettivo fetali è di tipo non lamellare, che verrà in
seguito, e in tempi diversi da osso ad osso, sostituito da tessuto osseo lamellare, compatto e spugnoso.
Anche una volta raggiunte le loro dimensioni definitive tuttavia, le ossa non rimangono stabili, ma vanno
incontro per tutta la vita a fenomeni di modellamento, per sempre meglio sopportare le sollecitazioni
meccaniche, e di rimaneggiamento, per ricostruire la matrice persa durante i fenomeni di riassorbimento
dovuti ai meccanismi di omeostàsi minerale cui l’intero scheletro partecipa, in ciò pilotato dall'apparato
endocrino (paratiroidi e tiroide). I due processi non sono distinti e separati, ma sono strettamente
interconnessi, in quanto quando, dopo la distruzione di vecchie lamelle ad opera degli osteoclasti, vengono
ricostruite nuove lamelle dagli osteoblasti, queste vengono organizzate in modo da tener conto delle
sollecitazioni meccaniche cui l’osso è sottoposto.

Descrivete le sinartrosi e fate degli esempi.


Le sinartròsi vengono definite anche articolazioni per continuità, in quanto le due ossa che partecipano a
questo tipo di articolazione sono mantenute unite e praticamente impossibilitate a muoversi, da tessuto
connettivo. Si distinguono tre gruppi di sinartrosi:
SINDESMOSI (o sutùre): le ossa sono unite da connettivo fibroso.
SINCONDROSI: le ossa cono unite da cartilagine ialina.
SINFISI: le ossa sono unite da cartilagine fibrosa.
Tra le sindesmòsi o sutùre si possono ricordare quelle che uniscono le ossa della scatola cranica, che
hanno la particolarità di avere i margini dentellati e ingranati. Una particolare sindesmosi è la gonfòsi della
radice del dente nell’alveolo. In alcuni casi il connettivo interposto ossifica e le due ossa si saldano in una
sinostòsi, che perde le caratteristiche di articolazione. Tra le sincondròsi si può ricordare l’articolazione tra
sterno e prima costa oppure tra occipitale e piramide del temporale. Per finire tra le sìnfisi si ricorderà
l’articolazione tra le due ossa pubiche ma anche la serie dei dischi intervertebrali, che rappresentano
sìnfisi particolari in quanto al centro del disco cartilagineo tra i due corpi vertebrali il tessuto è molto idratato.
Questa porzione, detta nucleo polposo, costituisce una sorta di perno sul quale i due corpi vertebrali
possono leggermente inclinarsi. E sarà la somma dei piccoli movimenti permessi da ciascun disco
intervertebrale a permettere i ben più ampi movimenti dell’intera colonna vertebrale.

Descrivete le diartrosi.
Le diartròsi vengono definite articolazioni per contiguità in quanto le due o più ossa che partecipano
all’articolazione sono solo vicine ma non unite. Sono mantenute in tale posizione da un manicotto di
connettivo fibroso, la capsula articolare, entro la quale un liquido a funzione trofica e lubrificante (il liquido
sinoviale) impedisce il contatto diretto fra di esse. Le diartrosi permettono movimenti più o meno ampi a
seconda della forma delle superfici articolari contigue. Quando la forma delle due superfici non è
complementare, lamine fibrocartilaginee (menischi) compensano le eventuali differenze e contribuiscono ad
una migliore distribuzione delle sollecitazioni meccaniche. Le diartrosi vengono suddivise in base alla forma
delle superfici articolari (l’una concava e l’altra convessa) e quindi sulla base dei movimenti che permettono
alle ossa. La forma più semplice di diartrosi è l’artròdia: le due superfici articolari sono più o meno
pianeggianti e le due ossa non possono compiere movimenti angolari, ma solo leggeri scivolamenti l’una
rispetto all’altra. In molti casi non è permesso alcun movimento significativo. Esempi di artròdie li troviamo tra
osso sacro e anca (poco mobile) e tra patella e femore (molto mobile). Il massimo della mobilità è
teoricamente permesso da superfici articolari di forma semisferica (una concava e l’altra convessa). In
questo caso si parla di enartròsi, e l’esempio classico è l’articolazione tra anca e femore (art.coxo-
femorale). Il femore può teoricamente compiere movimenti di rotazione e angolari piuttosto ampi, ma in
realtà limitati da porzioni ossee accessorie come i trocantèri, da legamenti e dalla stessa rigidità della
capsula articolare. Un’ altra enartròsi molto nota si trova tra omero e scapola. Se le superfici articolari sono
di forma ellissoidale, si parla di condilartròsi e le superfici sono dette còndili. In questo caso sono possibili
movimenti prevalentemente angolari, maggiori secondo l’asse minore e minori secondo l’asse maggiore del
còndilo. Spesso due còndili sono appaiati nella stessa articolazione, per cui il movimento è possibile
secondo un solo asse. Tipico il caso del ginocchio (tra femore e tibia) oppure tra mandibola e osso
temporale: sono permesse solo estensioni e flessioni. Un caso particolare si condilartròsi è la sella: una
delle due superfici articolari possiede un rilievo e l’altra una docciatura, che permettono un movimento solo
attorno all’asse maggiore delle due ossa. Un'articolazione a sella importante si trova nella mano, tra carpo
(osso trapezio) e primo metacarpale, dove permette il movimento di opposizione del pollice al mignolo.
Quando le superfici articolari della diartrosi hanno forma cilindrica (una concava e l’altra convessa) si parla di
gìnglimi. Se ne riconoscono due tipi, a seconda che l’asse del cilindro sia perpendicolare all’asse dell’osso
(lungo) o sia parallelo all’asse. Nel primo caso il gìnglimo viene definito troclea, nel secondo caso trocoide.
Abbiamo una troclea tra l’epifisi distale dell’omero e l’ulna, che permette la flessione e l’estensione
dell’avambraccio, e un’altra troclea tra l’epifisi distale della tibia e l’astragalo, la quale permette ugualmente
l’estensione e la flessione del piede. Due ginglimi trocoidi si trovano nell’avambraccio. Permettono la
rotazione del radio rispetto all’ulna e determinano la pronazione e la supinazione della mano. A livello
dell’epifisi prossimale, il radio ruota su se stesso, attorno al proprio asse, mentre a livello dell’epifisi distale
ruota attorno all’ulna.

Parlate delle capsule articolari, dei legamenti e del liquido sinoviale.


Tutte le diartròsi, essendo formate da ossa vicine ma non unite (sono articolazioni per contiguità),
posseggono un manicotto fibroso che circonda le porzioni ossee vicine e le tiene unite. Il manicotto fibroso
viene denominato capsula articolare e al suo interno contiene il liquido sinoviale, che ha funzioni trofiche
nei confronti delle superfici articolari le quali, essendo formate da cartilagine ialìna, non sono vascolarizzate.
Ha anche funzione lubrificante in quanto contribuisce a impedire che le due o più superfici si tocchino. Il
liquido sinoviale viene dializzato dal sangue ad opera delle cellule di un particolare strato di connettivo che
tappezza la superficie interna delle capsule, la membrana sinoviale. Il liquido sinoviale è limpido e
leggermente viscoso, contenendo glicoproteine e mucopolisaccaridi. Viene prodotto in continuazione e
continuamente riassorbito. Entro la capsula articolare, soprattutto nelle diartrosi dove le due superfici non
sono complementari o dove le sollecitazioni meccaniche sono intense, possono essere presenti lamine di
cartilagine fibrosa, dette menischi. Se la lamina fibrocartilaginea divide completamente la capsula in due
camere, viene detta disco. La maggiore o minore robustezza della capsula articolare condiziona il
movimento delle ossa, così come la presenza di cordoni fibrosi o fibro-elastici, i legamenti, sia all’interno
della capsula che all’esterno, tesi secondo diverse direzioni. La funzione dei legamenti non è solo
meccanica, in quanto contengono terminazioni nervose propriocettive che danno continuamente
informazioni al SNC sul loro stato di tensione e quindi sulla posizione reciproca delle due ossa.

Descrivete il neurocranio.
Il neurocranio, o scatola cranica, rappresenta la parte supero-posteriore del cranio. Ha forma pressochè
ovoidale e presenta una volta, costituita dall’osso frontale, dai due parietali e dall’occipitale; due pareti
laterali, costituite ancora dal frontale, dalle grandi ali dello sfenoide, dalle squame dei due temporali e ancora
dai due parietali. Infine presenta una base complessa, a cui sono articolate le ossa dello splancnocranio,
formata dall’occipitale, dai due temporali, dallo sfenoide e dal frontale. Chiude l’incisura etmoidale del
frontale la lamina cribrosa dell’ etmoide, osso che partecipa tanto al neurocranio che allo splancnocranio,
come d’altronde lo sfenoide e il frontale. La base cranica è attraversata dal grande forame occipitale che dà
passaggio al midollo spinale, e da una serie di altri fori per vasi e nervi. Le ossa del neurocranio sono
articolate per mezzo di sutùre dentate, con l’eccezione del temporale, la cui squama si articola con il
parietale per mezzo di una sutura squamosa. Infine la piramide del temporale si unisce al corpo
dell’occipitale con una sincondròsi. Il neurocranio, per mezzo dei due còndili dell’occipitale, si articola con
la prima vertebra cervicale, detta atlante in quanto ricorda il gigante che sorreggeva il mondo. Mentre la
superficie esterna è notevolmente liscia (con l’eccezione della rugosità della squama dell’occipitale per
l’inserzione dei muscoli del collo, la superficie interna si presenta solcata, soprattutto a livello dei parietali,
dalle impronte delle arterie cerebrali. Un importante punto di repere è la sella turcica dello sfenoide, dove
ha sede la ghiandola ipofisi. Le ossa del neurocranio sono tutte ossa piatte, con l’eccezione di parti del
temporale (piramide e processo mastoideo), dello sfenoide (corpo), dell’occipitale (corpo) che hanno la
struttura delle ossa brevi. Il frontale, l’etmoide e lo sfenoide sono ossa pneumatiche.

Descrivete l’osso sfenoide.


Lo sfenoide appartiene al neurocranio, di cui contribuisce a formare tanto la base che le pareti laterali.
Appartiene anche allo splancnocranio, in quanto partecipa alla parete delle cavità orbitarie e delle cavità
nasali (parete posteriore e seni paranasali). E’ un osso di forma complessa, con un corpo pressocchè
cubico, scavato all’interno dal seno sfenoidale (che fa parte dei seni paranasali), dal quale si dipartono
lateralmente due processi allungati pari, le piccole e le grandi ali. Altri due processi pari più ridotti dal corpo
si dirigono verso il basso, i processi pterigoidei. La faccia superiore del corpo presenta una docciatura
limitata sia anteriormente che posteriormente da due rilievi che le danno u n vago aspetto di sella da cavallo
arabo, per cui è stata denominata sella turcica. Questa rappresenta un punto di riferimento importante, in
quanto in essa è situata, ben protetta, la ghiandola ipòfisi. Le piccole ali, piuttosto sottili, partono dagli
spigoli superiori del corpo, si dirigono in avanti e poi lateralmente. Il loro margine anteriore si articola, con
una sutùra, con il margine posteriore della porzione orizzontale dell’osso frontale. Le grandi ali, laminari ed
ampie come le ali di una farfalla, nascono dalle pareti laterali del corpo e si dirigono lateralmente. Sono tozze
e di forma piramidale, per cui presentano una faccia anteriore, una faccia laterale e una posteriore. La faccia
anteriore contribuisce a formare la parete dell’orbita, la faccia laterale contribuisce a formare la parete
laterale del neurocranio, e la faccia posteriore contribuisce a formare la base del neurocranio (fossa
cerebrale).Tra le grandi e le piccole ali rimane la fessura orbitaria superiore, attraverso cui passano vasi e
nervi dell’occhio. Infine i processi pterigoidei, diretti verso il basso, danno inserzione ai muscoli pterigoidei
(masticatori) e a legamenti. Lo sfenoide è un osso piatto.

Descrivete lo splancnocranio.
Lo splancnocranio è il complesso osseo che costituisce lo scheletro della faccia. Prende nome dal fatto che
in esso si aprono alcuni apparati viscerali (respiratorio, digerente). E’ formato da ossa piatte talora molto
complesse, tra le quali il mascellare, che è un osso pneumatico scavato da un seno paranasale (seno
mascellare). Lo zigomatico è invece un osso breve. Questo stesso osso, assieme al mascellare e al
lacrimale (tutti pari) partecipano con l’etmoide e lo sfenoide, a formare la parete della cavità orbitaria. Il
mascellare, il palatino, il nasale, l’etmoide, i due turbinati (o cornetti, tutti pari), partecipano a formare le
pareti delle cavità nasali, che sono separate da un osso impari mediano, il vomere. Le ossa che circondano
le cavità nasali sono pneumatiche (mascellare, etmoide, frontale, sfenoide) in quanto scavate dai seni
paranasali, che hanno la funzione di alleggerire il blocco facciale, ma anche di mantenere riscaldata l'aria
attorno alle cavità stesse. Anche la mandibola è un osso impari ed è anche l’unico mobile della testa,
essendo articolato con l’osso temporale per mezzo di due còndili che le permettono movimenti di
abbassamento e innalzamento e scarsi movimenti di lateralità. L’osso mascellare e la mandibola presentano
una serie di 8 scavature ciascuno, in cui sono inseriti i denti (alveoli dentali) qui articolati per mezzo di
gonfòsi. La cavità boccale è delimitata superiormente dai processi palatini dei due mascellari e dalle due
ossa palatine, latero-anteriormente dai processi alveolari sia dei mascellari che della mandibola e dal corpo
e dai rami della mandibola. Il pavimento della cavità boccale è muscolare. Le ossa dello splancnocranio
sono articolate tra loro per mezzo di sindesmòsi (sutùre) talora sinostosate.

Descrivete la mandibola.
La mandibola è un osso impari dello splancnocranio, articolato mediante due còndili con la piramide
dell’osso temporale. Può compiere movimenti di abbassamento e innalzamento ad opera dei muscoli
masticatori (massetere e temporale, pari) inseriti su di essa. Inoltre può compiere limitati movimenti di
lateralità ad opera dei muscoli pterigoidèi. La mandibola è un osso piatto, con un corpo appiattito a forma
di ferro di cavallo che si prolunga posteriormente verso l’alto per mezzo di due rami. Questi terminano
biforcandosi in un processo anteriore a forma di pinna di pescecane, il processo coronoideo, ed uno
posteriore che termina con un còndilo, il processo condiloidèo appunto. Mentre il primo dà inserzione al
muscolo temporale, il secondo si articola con il rispettivo còndilo della piramide dell’osso temporale. Il
muscolo massatere si inserisce sulla faccia esterna del corpo: assieme al muscolo temporale ha la funzione
di sollevare la mandibola, mentre il suo abbassamento è determinato dalla contrazione dei muscoli
sovraioidei. Sulla faccia interna del ramo è presente una piccola sporgenza appuntita, sita in
corrispondenza del foro di ingresso del ramo mandibolare del nervo trigemino, che va ad innervare i denti.
La sporgenza, detta spina di Spix, è un punto di repere importante per il medico dentista che debba
eseguire un'anestesia dell’arcata dentaria inferiore. I denti, in numero di 16 a evoluzione completa, sono
infatti inseriti negli alveoli posti lungo il bordo superiore del corpo, detto processo alveolare e qui mantenuti
fissi per mezzo di gonfòsi.

Descrivete la colonna vertebrale.


La colonna vertebrale rappresenta l’asse portante del nostro corpo, dando sostegno e attacco allo scheletro
del tronco e degli arti. E’ formata da una serie lineare di 33 o 34 ossa brevi, le vertebre, articolate l’una con
l’altra per mezzo di particolari sìnfisi, costituenti i dischi intervertebrali, e di altre che vedremo. Si
distinguono sette vertebre cervicali, che formano lo scheletro del collo e sorreggono la testa, quindi dodici
vertebre toraciche che partecipano allo scheletro del torace e danno attacco agli arti superiori, cinque
vertebre lombari, cinque vertebre sacrali fuse (sinostòsi) nell’osso sacro, e infine quattro o cinque vertebre
coccìgee rudimentali anch'esse fuse assieme. Osso sacro e còccige partecipano allo scheletro del bacino.
La colonna vertebrale è situata dorsalmente nel piano di simmetria e mentre è rettilinea se osservata dal
davanti, si presenta sinuosa osservata di lato. In senso cefalo-caudale, presenta prima una convessità
anteriore (lordòsi cervicale) quindi una concavità anteriore (cifòsi toracica), quindi ancora una lordòsi
lombare e un’ultima cifòsi sacro-coccigea. Le curvature della colonna vertebrale sono importanti per le
funzioni di sostegno e di equilibrio dinamico: unitamente ai muscoli inseriti su di essa infatti la colonna
vertebrale, soprattutto in stazione eretta e durante la deambulazione, funge da vero e proprio
ammortizzatore per le sollecitazioni che impegnano l’intero corpo. Non a caso queste curvature cominciano
a delinearsi quando il bambino inizia a camminare e non prima. Le articolazioni tra le vertebre rappresentate
dai dischi intervertebrali (sìnfisi) e da artrodìe tra i processi articolari degli archi, di cui parleremo tra poco,
permettono piccole inclinazioni tra vertebra e vertebra, che però sommate determinano gli ampi movimenti
che la colonna vertebrale nel suo insieme può compiere.
Le vertebre sono ossa brevi costruite secondo uno schema comune, anche se ogni gruppo ha alcune
caratteristiche peculiari. Le prime due cervicali, in particolare, sono atipiche. Con l’eccezione di queste ultime
(atlante ed epistrofèo), infatti, tutte le vertebre hanno un corpo pressochè cilindrico, al quale è fissato,
posteriormente, un arco, dotato di tre prolungamenti, uno diretto all’indietro (apòfisi spinosa), e due
lateralmente (apòfisi trasverse). Queste all’origine, posseggono faccette articolari sporgenti verso l’alto e
verso il basso, in modo che anche a questo livello le vertebre siano articolate tra loro: si tratta in questo caso
di artrodìe. Tra corpo e arco rimane uno spazio, il foro vertebrale: l’insieme delle vertebre sovrapposte
determina allora il canale vertebrale, in cui è accolto il midollo spinale. Per la presenza di due incisure alla
base degli archi, una superiore e una inferiore, a vertebre sovrapposte si formano i forami intervertebrali,
attraverso cui passano i nervi spinali. Il corpo delle vertebre aumenta di dimensioni dalle cervicali alle
lombari, così il processo spinoso, bifido nelle cervicali, allungato e inclinato verso il basso nelle toraciche,
diventa tozzo e rettangolare nelle lombari. Le cinque vertebre sacrali sono fuse assieme a costituire un unico
osso, il sacro, di forma pressocchè trapezoidale, che costituisce la parte posteriore del bacino. E’ articolato
lateralmente mediante due ampie superfici a forma di orecchio, alle ossa dell’anca. Le articolazioni sono
artrodìe. Inferiormente il sacro si articola con il còccige, piccolo e rudimentale, a sua volta derivante dalla
sinostòsi di quattro o cinque vertebre piccole e ridotte. Dalla colonna vertebrale originano i muscoli spino-
appendicolari, che si portano alla cintura scapolare, i m.spino-costali, che vanno alle coste, e in profondità
i m.spino-dorsali, intrinseci della colonna stessa, Tra i muscoli spino- appendicolari si devono ricordare il
trapezio e il grande dorsale, che portano all’indietro la spalla e il braccio. I m.spino-costali, inseriti sulle coste,
agiscono come muscoli inspiratori o espiratori, a seconda della direzione delle fibre. Per finire tra i muscoli
spino-dorsali, che hanno la funzione di contribuire al mantenimento della stazione eretta, si deve ricordare il
m.lunghissimo del dorso, o sacro- spinale, che origina a livello dell’osso sacro e si inserisce alla base
cranica.

Descrivete le articolazioni tra le vertebre.


Le articolazioni tra le vertebre, pur permettendo limitati movimenti a due ossa adiacenti, permettono notevole
mobilità all’intera colonna vertebrale semplicemente per la somma dei piccoli movimenti. La colonna
vertebrale si articola superiormente con il neurocranio (osso occipitale), a livello dell’atlante, tramite due
condilartròsi. Inferiormente invece l’osso sacro si articola mediante due ampie artrodìe con le due anche e
partecipa alla formazione del bacino. Le vertebre del tratto toracico si articolano con le coste e
contribuiscono alla formazione della gabbia toracica. Le articolazioni tra le vertebre si possono riassumere
come segue:
1. Tra i corpi vertebrali sono presenti sìnfisi che costituiscono i dischi intervertebrali.
2. Tra il dente dell’epistrofèo e l’arco anteriore dell’atlante si trova un gìnglimo trocoide che partecipa ai
movimenti di rotazione della testa.
3. Tra i processi articolari posti alla base degli archi vertebrali sono presenti artrodìe.
Di particolare interesse sono le sinfisi tra i corpi vertebrali, che costituiscono i dischi intervertebrali. Questi
sono formati da cartilagine fibrosa che nella parte centrale del disco è particolarmente idratata, tanto da
costituire un nucleo polposo, una specie di bolla semiliquida che funge da perno sul quale i due corpi
vertebrali adiacenti possono compiere lievi inclinazioni. I dischi intervertebrali sono noti per i fenomeni di
compressione che possono subire in seguito a traumi o altre cause, che li portano a dilatarsi oltre il bordo del
corpo vertebrale. L’ernia del disco che così si forma può portare alla compressione di rami nervosi che
decorrono nei forami interverbrali, con dolori intensi o anche lesioni dei nervi stessi.

Parlate delle vertebre cervicali.


Le vertebre cervicali formano lo scheletro del collo. Sono sette, di cui la prima e la seconda, atlante ed
epistrofeo rispettivamente, sono atipiche. A parte queste, che descriveremo più oltre, le altre vertebre
cervicali hanno come caratteristica comune il corpo relativamente piccolo e quasi quadrandolare, e i processi
trasversi poco sviluppati e provvisti di un foro attraverso cui passa l’arteria vertebrale diretta al circolo
anastomotico di Willis. Infine le vertebre cervicali hanno il processo spinoso bifido che progressivamente si
allunga e si inclina verso il basso. A questo proposito la VII vertebra cervicale ha un processo spinoso
particolarmente sporgente e facile da palpare, per cui viene detta vertebra prominente: la si può individuare
con facilità durante la flessione della testa. Le prime due vertebre cervicali, si diceva, sono atipiche: la prima
è l’atlante, così detta dal nome del gigante mitico che sulle spalle reggeva il mondo: l’atlante per contro
sorregge la testa. L’atlante non ha il corpo, che si è saldato all’epistrofèo, la II vertebra, del quale costituisce
il dente. Al suo posto è rimasto un arco anteriore, per cui la vertebra ha l’aspetto di un anello irregolare.
Dove arco anteriore e posteriore si saldano, due rigonfiamenti, le masse laterali, ospitano superiormente le
facce articolari per i còndili dell’occipitale, e inferiormente due faccette pianeggianti per le artrodìe con
l’epistrofeo. Il dente di quest’ultimo si articola con un ginglimo trocoide con la faccia interna dell’arco
anteriore dell’atlante.
Descrivete lo scheletro del torace.
Il torace è una gabbia ossea costituita dal tratto toracico della colonna vertebrale posteriormente, dallo
sterno anteriormente e, tra queste due parti ossee, dalle dodici paia di coste. Gli spazi tra le coste sono
chiusi dai muscoli intercostali mentre inferiormente la gabbia toracica è chiusa dal diaframma.
Superiormente si apre negli spazi viscerali del collo. Le coste sono ossa piatte nastriformi, arcuate, articolate
posteriormente con le vertebre toraciche e anteriormente con lo sterno. Ciò vale per le prime 7 paia (coste
sternali) , in quanto l’ottava si articola con la settima, la nona con l’ottava e la decima con la nona (coste
asternali). Le ultime due terminano libere (coste fluttuanti). Le articolazioni tra coste e vertebre sono
doppie, in quanto la testa di ogni costa si articola con il corpo vertebrale (di solito la faccetta articolare è tra
due corpi vicini) e anche con il processo trasverso. Le articolazioni tra coste e corpi vertebrali sono
condilartrosi, mentre quelle con i processi trasversi sono artrodìe. L’ articolazione tra prima costa e sterno
è una sincondrosi, mentre le successive sei coste, per mezzo di una lunga cartilagine costale, si articolano
con lo sterno mediante condilartrosi. Lo sterno è un osso piatto costituito da tre parti: la superiore è il
manubrio, di forma trapezoidale, l’intermedia è il corpo e quella terminale è il processo xifoideo o ensiforme,
appuntito e frequentemente cartilagineo. Lungo i lati dello sterno vi sono le faccette articolari per le prime
sette paia di coste, mentre agli angoli superiori del manubrio vi sono le superfici articolari per le clavicole
(condilartrosi a sella). Si ricorda che quest’ultima articolazione è quella che permette all’omero, mediante
una rotazione dell’intera cintura scapolare che qui fa perno, di proseguire l’abduzione (rotazione verso l’alto)
anche dopo aver raggiunto la massima permessa dall’enartrosi scapolo-omerale. Gli spazi tra le coste sono
chiuse dai muscoli intercostali, due per ogni spazio (interni ed esterni) con funzione respiratoria.
Internamente al torace, con significato espiratorio in quanto favorisce l’abbassamento delle coste, c’è il
muscolo trasverso del torace, mentre hanno significato insipiratorio i muscoli elevatori delle coste, posteriori.
Inferiormente la gabbia toracica è chiusa dal diaframma, potente muscolo inspiratorio. I muscoli toraco-
appendicolari, come dice il loro nome, originano dal torace e si portano all’omero o alla cintura scapolare: il
muscolo grande pettorale, a forma di ventaglio, adduce il braccio; il muscolo piccolo pettorale, sottostante al
precedente, inserito alla scapola, sposta in avanti e in basso la spalla; il dentato anteriore, laterale, eleva le
coste e sposta in avanti la scapola.

Descrivete la cintura scapolare.


La cintura scapolare rappresenta la parte dello scheletro dell’arto superiore (spalla) che lo unisce al tronco
(torace). E’ costituita da due ossa piatte, la clavicola e la scapola, delle quali solo la clavicola si articola con il
torace a livello dello sterno (condilartròsi a sella). La scapola è un osso triangolare a base superiore,
appoggiato, con l’interposizione di muscoli, alla faccia posteriore del torace, sulle coste. Mentre la sua faccia
anteriore è liscia, quella posteriore presenta un rilievo voluminoso, la spina, che la divide in due parti. La
spina si prolunga oltre l’angolo superiore laterale e forma un processo tozzo e arcuato verso l’avanti,
l’acròmion. Sull’estremità di questo si articola la clavicola con una robusta artrodìa. L’angolo supero-
laterale della scapola è slargato e presenta una faccia articolare leggermente concava, la cavità glenoidea
nella quale, completata da un anello fibroso che la circonda, si articola la testa dell’omero mediante una
enartròsi. La cavità glenoidea è sormontata da un processo arcuato a forma di dito diretto in alto in avanti e
lateralmente, detto processo coracoideo, sul quale si inseriscono i muscoli piccolo pettorale, coraco-
brachiale e bicipite. La clavicola è un osso piatto allungato a forma di S. L’estremità prossimale si articola
con il manubrio dello sterno per mezzo di una condilartrosi a sella, mentre l’estremità distale, laterale, si
articola con l’acromion per mezzo di una artrodia.
La cintura scapolare è molto leggera e particolarmente adatta a favorire i movimenti dell’arto superiore.
L’articolazione con lo sterno permette alla clavicola di sollevarsi e proiettarsi in avanti o all’indietro, mentre la
scapola può oscillare a pendolo, scivolare sulla gabbia toracica o addirittura portarsi perpendicolare ad essa.
Su questi spostamenti si fondano ulteriori movimenti dell’omero, facilitati dalla lassità della capsula della
articolazione scapolo-omerale. Concorre alla mobilità della cintura scapolare e dell’arto superiore un gran
numero di muscoli, rappresentati sia da muscoli toraco-appendicolari (piccolo pettorale e dentato
anteriore) che spino-appendicolari, come il muscolo trapezio (che si inserisce alla clavicola, acromion e
spina della scapola), il muscolo elevatore della scapola e i romboidi. I muscoli della spalla originano dalla
cintura scapolare e si inseriscono sull’omero. Sono rappresentati dal deltoide, che abduce il braccio, il sovra-
e sottospinato, che ruotano all’esterno il braccio, e altri con origine dalla scapola.

Descrivete lo scheletro dell’avambraccio.


Lo scheletro dell’avambraccio è formato da due ossa lunghe, disposte parallelamente tra loro e parallele
all’asse dell’arto in posizione anatomica, l’ulna, situata medialmente, e il radio lateralmente. Ambedue
hanno una diafisi a sezione pressoché triangolare, con un margine acuto cui è fissata una lamina
connettivale, la membrana interossea che unisce le due ossa. L’ulna ha un’epifisi prossimale molto
voluminosa, a forma di chiave inglese, con un rilievo posteriore arcuato a concavità anteriore, l’olècrano,
nella cui concavità è presente la faccetta articolare a tròclea per l’omero. Lateralmente l’epifisi prossimale
presenta la faccetta articolare concava per il capitello del radio (gìnglimo trocoide). L’epifisi distale è molto
meno voluminosa, rotondeggiante, e ancora lateralmente presenta una faccetta articolare concava per
l’epifisi distale del radio. Anche in questo caso si tratta di un ginglimo trocoide. Distalmente l’ulna prende
rapporto con l’osso piramidale del carpo, con l’interposizione di un menisco, e contribuisce a formare
l’articolazione a condilo tra le ossa dell’avambraccio e carpo. Il radio, al contrario dell’ulna, ha l’epifisi
prossimale piccola e quella distale voluminosa. L’epifisi prossimale ha forma cilindrica, a capitello, e può
ruotare sul proprio asse costituendo un ginglimo trocoide con la faccetta articolare dell’ulna. L’epifisi distale è
ingrossata, con la faccia anteriore pianeggiante sulla quale decorre l’arteria radiale: premendo leggermente
su questa regione è possibile percepire le sue pulsazioni perché il vaso sanguigno non può approfondarsi
nei tessuti molli (polso). L’epifisi distale del radio forma una condilartrosi con le ossa prossimali del carpo. Il
condilo è completato lateralmente dall’epifisi distale dell’ulna. I numerosi muscoli dell’avambraccio
permettono sia i movimenti di flessione che di estensione della mano, che quelli di spostamento laterale,
anche se più limitati. Inoltre i due ginglimi trocoidi tra ulna e radio permettono la supinazione e la pronazione
della mano. Durante questi movimenti, il radio ruota su se stesso, attorno al proprio asse, a livello del
gomito, mentre ruota attorno all’ulna a livello distale. Infatti, con la mano in pronazione il primo dito, che era
laterale, diventa mediale. Nella posizione di pronazione della mano, il radio è quindi incrociato a X con l’ulna.

Descrivete lo scheletro della mano.


La mano è costituita da tre gruppi di ossa che, in senso prossimo distale, sono: il carpo, il metacarpo e le
falangi. Il carpo è costituito da otto piccole ossa brevi disposte su due file, di cui quella prossimale si articola
con radio e (indirettamente) con l’ulna per mezzo di una condilartrosi. Il metacarpo, cioè il gruppo di ossa
intermedie, è costituito da 5 ossa lunghe disposte a raggiera poco accentuata: sono tutte poco mobili tranne
la prima. Carpo e metacarpo formano il corpo della mano, che ha una leggera concavità anteriore. Infine le
ossa più distali sono le falangi, e rappresentano lo scheletro delle dita: sono tre per ogni dito, con la
eccezione del primo che ne ha solo due. Le piccole ossa carpali sono articolate tra loro per mezzo di artrodìe
e sempre con artrodie si articolano con le ossa metacarpali, tranne che con il primo. Qui infatti è presente un
còndilo a sella che permette al primo dito una mobilità di gran lunga superiore alle altre dita. In particolare
permette la sua opposizione al quinto dito, movimento determinante per la forza della prensione. Le
articolazioni tra ossa metacarpali e falangi sopo condilartrosi. Solo l’articolazione tra primo metacarpale e
prima falange è una tròclea, così come sono troclee le articolazioni tra le falangi. I movimenti delle falangi
possono essere infatti solo flessioni ed estensioni. Per la sua particolare conformazione l’articolazione
radio-carpica permette una notevole libertà alla mano, che può compiere tutti i movimenti angolari e di
circumduduzione, anche se con qualche limitazione. La mano dell’uomo, e dei primati in genere, è un
esempio di combinazione di movimenti articolari e muscolari, che ne fanno uno strumento dalle prestazioni
molteplici e specializzate. Responsabile di questo è soprattutto il pollice (primo dito), che lavora come una
pinza nel movimento di prensione, opponendosi alle altre dita e/o al palmo della mano. Si è già sottolineato
come sia in particolare la sua articolazione a sella carpo-metacarpica, molto mobile, a determinarne le
cararatteristiche, assieme ai numerosi muscoli di cui la mano dispone, che formano l'eminenza tènar e
l'eminenza ipotènar.

Quali sono e che movimenti permettono le articolazioni dell’arto superiore?


L’arto superiore è formato da due parti principali: la cintura scapolare che lo unisce al tronco, e la parte
libera, a sua volta costituita da tre parti: braccio, avambraccio e mano. La cintura scapolare ha
caratteristiche di massima leggerezza e libertà, tendenti a favorire i movimenti di tutto l’arto. La cintura, nella
quale scapola e clavicola agiscono come una struttura unica, essendo strettamente legate a livello
dell’artrodìa tra clavicola e acromion, è collegata al tronco per mezzo dell’unica articolazione sterno-
clavicolare. Questa articolazione permette alla clavicola di sollevarsi e di proiettarsi in avanti o all’indietro,
mentre la scapola può oscillare a pendolo, scivolare sulla gabbia toracica o addirittura portarsi
perpendicolare ad essa (scapola ad ala). Su questi spostamenti si fondano gli ulteriori movimenti dell’omero
(enartrosi scapolo-omerale) facilitati dalla lassità della capsula. Naturalmente concorrono alla mobilità della
cintura scapolare e dell’arto superiore i numerosi muscoli della spalla, spino-appendicolari e toraco-
appendicolari. L’omero è articolato con la cavità glenoidea della scapola per mezzo di un’enartrosi, i cui
movimenti sono limitati solo dalla presenza della grande tuberosità dell’omero che, al massimo
dell’abduzione, viene contrastata da acromion e clavicola. Come si è detto, la lassità della capsula articolare
favorisce i movimenti dell’osso del braccio, anche se può essere causa di facili lussazioni. A livello del
gomito troviamo tre articolazioni protette dalla stessa capsula: tra omero e ulna, tra omero e radio e tra ulna
e radio. La flessione e l’estensione dell’avambraccio sono permesse dalla trochea tra omero e ulna, ma
aiutate dalla condilartrosi tra l’omero e il capitello del radio. Il gìnglimo trocoide tra ulna e radio, permettendo
la rotazione del radio attorno al proprio asse, partecipa ai movimenti di supinazione e pronazione della
mano. A livello del polso radio e ulna sono articolati per mezzo di un altro ginglimo trocoide: questa volta
però il radio ruota attorno all’ulna e gli assi delle due ossa si incrociano ad X durante la pronazione della
mano. Mentre l’epifisi distale dell’ulna non prende diretto rapporto con il carpo, essendo separata da questo
da un menisco, l’epifisi distale del radio ha la forma di un condilo concavo (art. radio-carpica) che permette
alla mano ampi movimenti angolari e di circumduzione. Per i movimenti della mano sono determinanti i
muscoli dell’avambraccio. Nella mano troviamo diverse articolazioni: tra le piccole ossa carpali ci sono
artrodie, così come per mezzo di artrodie le ossa della fila distale del carpo si articolano con le metacarpali,
tranne che con il primo. Qui infatti è presente un còndilo a sella che permette all’intero primo dito una
mobilità di gran lunga superiore alle altre dita. In particolare permette l’opposizione del primo al quinto dito,
movimento determinante per la forza della prensione. Le articolazioni tra ossa metacarpali e falangi, sopo
condilartrosi. Solo l’articolazione tra primo metacarpale e prima falange è una troclea, così come sono
troclee le articolazioni tra le falangi. I movimenti delle falangi possono essere infatti solo flessioni ed
estensioni. La mano dell’uomo e dei primati in genere, è uno strumento dalle prestazioni molteplici e
specializzate. Responsabile di questo è soprattutto il pollice (primo dito), che lavora come una pinza nel
movimento di prensione, opponendosi alle altre dita e/o al palmo della mano. Si è già sottolineato come sia
in particolare la sua articolazione a sella carpo-metacarpica, molto mobile, a determinarne la funzionalità,
assieme ai numerosi muscoli di cui la mano dispone.

Descrivete la cintura pelvica.


La cintura pelvica, o bacino, è formata dalle due ossa dell’anca e dalla porzione sacro-coccigea della
colonna vertebrale, e rappresenta la struttura ossea mediante la quale la parte libera dell’arto inferiore si
articola al tronco. Nel suo complesso ha la forma di un recipiente tronco-conico ampiamente aperto verso
l’avanti, con base maggiore in alto. Il bacino delimita una cavità pelvica, al suo interno, che rappresenta la
parte inferiore della cavità addominale. La parete posteriore della cavità pelvica è formata dall'osso sacro e
dal coccige, le pareti postero-laterali sono formate dalle due anche e la parete anteriore, ampiamente
svasata e aperta, è ancora costituita dalle due anche, in particolare le porzioni pubiche. Inferiormente il
bacino è aperto con lo stretto inferiore, che ha margini irregolari e nel vivente è chiuso da un diaframma
muscolo-membranoso, il diaframma pelvico. Lateralmente all’esterno le due anche presentano le due
fosse acetabolari per l’articolazione con la testa del femore (enartròsi). La cavità pelvica viene suddivisa in
due parti da un piano trasversale, obliquo verso l’avanti, in corrispondenza di un rilievo arcuato che dal
margine anteriore della faccetta auricolare (artodìa tra sacro e anca) si porta prima lateralmente in basso e
poi in avanti e medialmente per terminare sul pube: la linea arcuata. Le due linee arcuate controlaterali,
assieme alla sporgenza formata dalla sinfisi lombo-sacrale, costituiscono il bordo di un’apertura di forma
ovalare o cuoriforme detta stretto superiore. La parte di cavità pelvica situata superiormente al piano
passante per lo stretto superiore, viene detta grande pelvi, mentre la parte di cavità pelvica situata
inferiormente (e di forma grossolanamente cilindrica) viene detta piccola pelvi. Esistono alcune differenze
tra il bacino maschile e quello femminile. Quest’ultimo, in rapporto anche alle peculiari funzioni che svolge
durante la gravidanza e soprattutto il parto, presenta lo stretto superiore ellittico trasversalmente, mentre nel
maschio è in forma di cuore di carta da gioco. Questo per la minore sporgenza della sinfisi lombo-sacrale
(promontorio del sacro) nella femmina. L’ileo è inoltre più svasato e inclinato verso l’esterno, per cui il
bacino è mediamente più largo nella donna. Infine la sinfisi pubica è più bassa e il forame otturato di forma
ovoidale anziché triangolare nel maschio. La maggiore larghezza del bacino femminile determina una
maggiore distanza tra le teste dei femori, che risultano più obliqui nella donna, e ciò si riflette sulla
deambulazione che nella donna è caratteristicamente ondeggiante. Il bacino riceve il peso del tronco, della
testa e degli arti superiori dalla colonna vertebrale, e li scarica sull’arto inferiore tramite l’articolazione coxo-
femorale. Per l’azione combinata dei grandi glutei, del muscolo retto addominale e del muscolo tensore della
fascia lata, la cintura pelvica si mantiene eretta e in posizione di equilibrio dinamico rispetto ai femori e, a
sua volta, determina l’equilibrio del tronco sia nelle posizione statiche che durante il movimento. Oltre a ciò il
bacino svolge la funzione di contenzione e protezione dei visceri in esso contenuti.

Qual è l’importanza dello stretto superiore del bacino?


Ci si riferisce al bacino femminile, date le peculiari funzioni che svolge durante la gravidanza e il parto.
Intanto possiamo ricordare che la cavità pelvica viene suddivisa in due parti da un piano trasversale, obliquo
verso l’avanti, in corrispondenza di un rilievo arcuato da dal margine anteriore della faccetta auricolare
(artodia tra sacro e anca) si porta prima lateralmente in basso e poi in avanti e medialmente per terminare
sul pube. Le due linee arcuate controlaterali, assieme alla sporgenza formata dalla sinfisi lombosacrale
(promontorio del sacro), costituiscono il bordo di un’apertura di forma ovalare o cuoriforme detta stretto
superiore. La parte di cavità pelvica situata superiormente al piano passante per lo stretto superiore, viene
detta grande pelvi, mentre la parte di cavità pelvica situata inferiormente (e di forma grossolanamente
cilindrica) viene detta piccola pelvi. Lo stretto superiore femminile ha forma grossolanamente ovalare per la
minore sporgenza, rispetto al maschio, della sinfisi lombo-sacrale. Poiché durante il parto lo stretto superiore
rappresenta il punto più stretto del canale del parto, è evidente che i suoi diametri devono essere tali da
poter lasciare passare la testa del bimbo che sta per nascere. Si indica la testa in quanto questa è la parte
più voluminosa del feto a termine: se la testa non passa attraverso lo stretto superiore, il parto non può
avvenire per via naturale attraverso il canale del parto, ma mediante l’incisione della parete addominale e
uterina (parto cesàreo). Le dimensioni medie dello stretto superiore in una donna adulta sono:
diametro antero-posteriore - 11cm;
diametri obliqui - 12 cm;
diametro trasverso max - 13,5 cm.
Descrivete lo scheletro della coscia.
Lo scheletro della coscia è costituito dal femore. Questo è un osso lungo con diàfisi cilindrica e leggermente
arcuata, percorsa posteriormente da un rilievo rugoso, la linea aspra, che si biforca alle due estremità, e che
rappresenta la linea di inserzione di numerosi muscoli. L’epìfisi prossimale ha una forma caratteristica:
presenta una testa pressochè sferica inclinata medialmente e sostenuta da un cilindro osseo, il collo
anatomico, il cui asse forma un angolo di circa 120° con l’asse della diàfisi. Alla base del collo anatomico si
trovano due rilievi rugosi, il grande trocantere laterale e il piccolo trocantere postero-mediale. Anche questi
danno attacco ai tendini di muscoli. La testa del femore si articola con l’acetàbolo dell’anca mediante una
tipica enartròsi, i cui movimenti sono limitati solo dalla robustezza della capsula articolare e dalla presenza
del grande trocantere, che non permette che l’abduzione del femore vada oltre un certo limite. La testa è
trattenuta nella fossa dell’acetabolo, oltre che dalla pressione negativa dello spazio capsulare, anche da un
legamento che parte dal polo interno della testa e si fissa alla parete interna dell’acetabolo stesso.
Distalmente la diàfisi del femore si allarga in una epìfisi di forma quasi piramidale, con una faccia posteriore
appiattita (piano poplìteo) e una faccia inferiore formata da due voluminosi còndili con asse maggiore
sagittale. I due còndili, paralleli quindi tra loro, sono fusi anteriormente e separati posteriormente da una
profonda incisura. Anteriormente le superfici articolari condiloidee proseguono nella superficie di
articolazione per la patella (o rotula). Quest’ultima articolazione si può considerare un’artrodìa, anche se la
patella, osso sesamoide, è compreso entro il tendine del muscolo quadricipite. I due condili femorali
prendono rapporto con i còndili della tibia, con l’interposizione di due menischi di forma semilunare. Vari
legamenti interni all’articolazione rendono estremamente efficiente la complessa articolazione del ginocchio.
I due femori sono inclinati nel piano frontale: le due epìfisi prossimali sono cioè ampiamente separate
essendo ciascuna articolata con il rispettivo acetabolo dell'anca, ma le epìfisi distali sono ravvicinate a livello
delle ginocchia. L’inclinazione dei femori è più accentuata nella donna, data la maggiore larghezza del
bacino rispetto all’uomo, e questo determina la caratteristica camminata "ondeggiante" femminile. Il femore
può compiere movimenti di flessione, estensione, adduzione e abduzione, e infine circumduzione anche se
la abduzione, come si è detto, è limitata dalla robustezza della capsula dell’articolazione coxo-femorale, ad
opera dei numerosi muscoli che su di esso si inseriscono o da esso prendono origine.
Al piccolo trocantere si inserisce il m. iliaco (ventre dell’ileo-psoas), mentre da esso origina il m. vasto
laterale (quadricipite). Al grande trocantere si inserisce il m. piriforme, così come il medio e piccolo gluteo ed
altri muscoli della parte posteriore dell’anca. Il m. grande gluteo, potente e decisivo per il mantenimento della
stazione eret