Semeiotica medica: “Già gli antichi medici greci avevano parlato del semeiotikón: l’arte di riconoscere i semeîa, i segni o sintomi delle malattie. E di ‘sem(e)iotica’ o ‘sem(e)iologia’ come sintomatologia hanno continuato e continuano a parlare le moderne scienze mediche” (De Mauro). Il medico è un “semeiotico” nel senso che sa attribuire un significato (qualcos’altro) alle manifestazioni fisiche che rivestono un carattere patologico (qualcosa). Da un certo modo di tossire, ad esempio, il medico risale a possibili affezioni bronchiali e alle cause che possono averle determinate e suggerisce una terapia. Il medico opera dunque un’interpretazione di un segno naturale, secondo un meccanismo di tipo inferenziale, cioè una deduzione intesa a provare una conseguenza logica. «I sintomi furono tra i primi segni oggetto di studio scientifico e costituiscono una categoria storicamente importante per gli inizi della scienza dei segni». Quali sono i meccanismi semiotici osservabili durante una visita medica? Ispezione, palpazione, percussione (plessimetro), auscultazione (fonendoscopio). L’analisi di un segno naturale, di un sintomo, va collocata in un quadro più ampio, capace di tener conto di vari fattori, dal clima della regione in cui l’ammalato vive, alla sua età, alle sue abitudini di vita, ecc. (Ippocrate, Galeno). Divinazione del futuro: L’indovino ‘legge’ certi eventi naturali (volo d’uccelli, fulmine, inondazione …) come segni di una volontà superiore che in tal modo o manifesta, a seconda dei casi, collera, compiacimento verso le opere degli umani, o, per loro tramite, annuncia la sconfitta o la vittoria nel prossimo scontro tra eserciti nemici. Fisiognomia: L’esperto di fisiognomia interpreta le forme corporee degli individui come manifestazioni della loro sostanza spirituale e talvolta costruisce il suo codice interpretativo sull’analogia fra gli esseri umani e gli animali. Si prefigge di dedurre i caratteri psicologici e morali di una persona dal suo aspetto fisico, soprattutto dai lineamenti e dalle espressioni del volto. La riflessione sul segno è particolarmente ampia: non solo segno come segno linguistico, ma che come segno di diversa natura dalla parola. Nei Vangeli, la nozione di segno è spesso slegata dal linguaggio verbale, e si riferisce a: miracoli di Gesù, premonizione del futuro, indicazione o segnale, prova e verifica. La riflessione sul segno attraversa tutta la storia del pensiero occidentale, e ha la sua culla nell’antica Grecia. In Grecia lavorano i grandi filosofi (Platone, Aristotele, Epicuro, Zenone, ecc.) che hanno gettato le basi della teoria del segno e del segno linguistico in particolare. Fin dai tempi antichissimi, la realtà si presenta all’uomo come una trama di segni che occorre saper leggere e interpretare, adottando un corretto codice di decifrazione. Zenone «Per questo abbiamo due orecchie e soltanto una bocca, perché sia possibile ascoltare di più, e parlare di meno». ARISTOTELE Non è possibile conoscere e pensare senza i segni La logica è la forma del pensiero, il pensiero si sviluppa secondo categorie universali (es: se in una lingua abbiamo gli articoli, tutte le altre lingue dovrebbero avere gli articoli. Ovviamente questa teoria non regge ma per molto tempo si è pensato così. Oggi sappiamo che non è così perché molte lingue non hanno bisogno degli articoli). NOME (Qualcosa) sta per OGGETTO (qualcos’altro) Le lingua si differenziano tra loro per il nome non per le cose. Le cose esistono a prescindere dal loro nome. C’è la scelta del nome che è libera, ma il soggetto è stabile. Ad esempio la montagna sta lì, a prescindere dal nome che le viene dato. La scelta degli umani, cioè la libertà di nominare, riguarda la superficie. I nomi vengono associati alle cose secondo delle categorie universali. CRITICA AD ARISTOTELE L’idea di superare la visione universalistica di Aristotele perché non è vero che una cosa corrisponde ad un nome e viceversa e dunque non può essere universale. Il segno non è una cosa esterna che si attacca al contenuto, non è un’entità monodirezionale. La dimensione convenzionale è appannaggio per gli umani e si riferisce alla libertà di attribuire un numero e condividere convenzione come fatto sociale. Il fatto di dare un nome alle cose è un fatto universale e chiude la lingua, ma la lingua non può essere considerato un sistema chiuso, bensì aperto. La lingua è un sistema di relazione, non un sistema di regole chiuse; Le parole non sono l’etichetta delle cose.
AGOSTINO DI IPPONA (354-430)
Padre, Dottore e Santo della Chiesa Cattolica È stato definito «il massimo pensatore cristiano del primo millennio e certamente anche uno dei più grandi geni dell’umanità in assoluto». Riflette, per primo, sul funzionamento dei segni, ragionando sul loro potere comunicativo e sulle loro diverse tipologie. Si interroga sul segno, ne dà dunque alcune definizioni. De Doctrina christiana: Segno è ciò che viene usato per significare. Non tutto è segno, ma tutto in linea di principio può essere usato come segno, anche “cose” come il legno o la pietra, che non hanno la funzione primaria di significare. Le parole sono segni in senso stretto, nel senso che servono solo a significare; esse sono però anche cose, cioè hanno bisogno di un supporto materiale per funzionare come segni. Alcune cose non sono segno perché non hanno significato, quindi come ad essere dotati di significato? Sulla base dell’esperienza, ad esempio in alcuni paesi non c’è la neve quindi per loro questa non sarà un segno perché non riescono a rinviarla a qualcos’altro. Dei segni alcuni sono naturali altri intenzionali. Segni naturali: senza alcuna intenzionalità e volontà di significare, fanno conoscere, a partire da sé, qualcos’altro oltre a sé: come il fumo significa il fuoco; lo fa senza intenzione di significare, ma grazie all’osservazione e all’esperienza sappiamo che là sotto c’è il fuoco, anche se si vede solo il fumo. Siamo noi ad attribuire all’oggetto un significato perché esso non comunica di per sé, siamo noi a correlarlo ad un altro evento o fatto in virtù della nostra esperienza. Segni intenzionali: sono quelli che gli esseri viventi si scambiano gli uni con gli altri per far conoscere, per quanto è possibile, emozioni, sentimenti, stati d’animo e pensieri. C’è volontà soggettiva di far conoscere il proprio stato animo ad altri attraverso segni di valore contenuto. Le parole non sono soltanto le etichette delle cose, non solo fotografano la realtà ma evocano dei sistemi simbolici e valoriali (pensiero opposto a quello di Aristotele). Alcuni segni riguardano, la vista, l’udito, l’olfatto, il tatto. Per esempio quando ci viene in mente un odore lo ricolleghiamo ad un immagine interna, in base alla nostra esperienza. Ad esempio quando l’arbitro fischia dice cose diverse a seconda di cosa vuole comunicare, ad esempio quando fischia 3 volte vuol dire che la partita è finita. RELAZIONE A 4 VARIABILI: qualcosa sta per qualcos’altro x qualcuno in determinate circostanze. I segni servono per comunicare. Il linguaggio verbale è il più potente dei linguaggi, non si possono tradurre tutti i significati linguistici con un motivo musicale o altri linguaggi non verbali, ma le parole riescono a parlare e a tradurre tutti i sensi degli altri linguaggi. “il linguaggio verbale è onniformativo cioè può manifestare ogni possibile senso” Hjelmslev.
FERDINAND DE SAUSSURE 1857-1913:
Nacque a Ginevra il 26 novembre 1857 Padre della linguistica moderna Famiglia di grande spessore intellettuale Cours de Linguistique Générale scritto dai suoi allievi Vissuto come un solitario con pochi amici Temi saussuriani circolano in tutta la cultura del secondo Ottocento e in vari ambiti della linguistica. Per Semiologia intende: «una scienza che studi la vita dei segni nell’ambito della vita sociale» Secondo Saussure, la linguistica era solo una parte di questa nuova scienza, destinata a trattare anche gli altri sistemi di segni, quali la scrittura, i linguaggi dei sordomuti, i segnali militari, i riti simbolici nei quali è espressa e fortemente codificata un’intenzione comunicativa Semiotica non riduzionista e non appiattita sulla verbalità. Il fenomeno linguistico presenta eternamente due facce che si corrispondono e delle quali l’una non vale che in virtù dell’altra Il linguaggio ha un lato individuale e un lato sociale e non si può concepire l’uno senza l’altro. Il segno linguistico (parola o frase che sia) si scinde in due distinte realtà: A: quella della comunicazione immediata, nella quale osserviamo determinati segnali fisicamente percepibili, prodotti oralmente o per iscritto, fatti di un supporto materiale e di un senso B: quella psichica o mentale sottostante alle diverse realizzazioni individuali, nella quale il segno si configura come un’entità bifacciale composta da un’immagine acustica (significante) e un concetto (significato) Agostino e Saussure spiegano il meccanismo elementare della comunicazione umana usando terminologie figlie di epoche fra loro lontanissime. Agostino: 1. Se penso a ciò che dirò, c’è già una parola (verbum) dentro di me; 2. ma se voglio parlarti, cerco in qual modo far essere anche nel tuo cuore ciò che è già nel mio. 3. Cercando come possa arrivare a te e trovar posto nel tuo cuore la parola che occupa già il mio, assumo la voce e servendomene ti parlo. 4. Il suono della voce ti reca il significato (intellectus) della parola; 5. appena il suono della voce ti ha recato il significato della parola, il suono stesso passa oltre; 6. ma la parola che il suono ti ha recato è ormai nella tua mente e non si allontana dalla mia 7. Il suono della voce ha risuonato nel prestare il suo servizio poi è scomparso Il circuito delle parole (atto linguistico individuale) secondo Saussure: Dati due individui A e B, il punto di partenza del circuito è nel cervello di uno dei due individui, per esempio A, in cui i fatti di coscienza, che noi chiameremo concetti, si trovano associati alle rappresentazioni dei segni linguistici o immagini acustiche che servono alla loro espressione. Supponiamo che un dato concetto faccia scattare nel cervello una corrispondente immagine acustica: è un fenomeno interamente psichico, seguito a sua volta da un processo fisiologico: il cervello trasmette agli organi della fonazione un impulso correlativo all’immagine; poi le onde sonore si propagano dalla bocca di A all’orecchio di B: processo puramente fisico. Successivamente il processo si prolunga in B in un ordine inverso: dall’orecchio al cervello, trasmissione fisiologica dell’immagine acustica; nel cervello, associazione psichica di questa immagine con il concetto corrispondente. Attraverso questo processo Saussure spiega come avviene l’atto comunicativo, o parole. Il segno è concreto o astratto? Astratto. Noi però viviamo nel mondo della concretezza, cosa c’è di concreto? Il segnale. Entrambi credono che il segno sia un’entità a due facce: a) una fisica, oggetto di trattamento squisitamente fisiologico da parte degli organi di produzione (apparato fonatorio) e ricezione della voce (apparato uditivo); b) una mentale Vi è tuttavia un’importante differenza tra i due studiosi: Agostino ritiene che la controparte mentale della voce sia il solo significato (intellectus), e così sembra inclinare verso un modello lineare/elementare della comunicazione. Saussure spiega che prima di associarsi a un significato, la voce articolata in parole viene analizzata dal cervello nella sua immagine acustica, ovvero in un’immagine mentale della voce articolata. IL CIRCUITO DELLE PAROLE È questa immagine (detta significante) che istituisce il rimando al concetto (detto significato). Bisogna distinguere nel segno ciò che è astratto e ciò che è concreto. “che giornata è oggi” trasporto ciò che ho sentito ad un concetto. A livello di segnale (ovvero di concretezza) abbiamo diverse possibilità a seconda delle circostanze (può essere una bella giornata, brutta o faticosa) Il circuito può dividersi ancora come segue: a)Una parte esteriore (vibrazione dei suoni che vanno dalla bocca all’orecchio) e una parte interiore (comprendente tutto il resto); b)Una parte psichica e una parte non psichica (comprendente tanto i fatti fisiologici di cui sono sede i vari organi quanto i fatti fisici esterni all’individuo) c)Una parte attiva ed una parte passiva: è attivo tutto ciò che va dal centro di associazione d’uno dei soggetti all’orecchio dell’altro soggetto; è passivo tutto ciò che va dall’orecchio al centro d’associazione; d)Nella parte psichica localizzata nel cervello si può chiamare esecutivo tutto ciò che è attivo (c – i) e ricettivo tutto ciò che è passivo (i – c). PSICHICO, FISIOLOGICO E FISICO Il punto di partenza del circuito scaturisce da un fenomeno psichico nella mente di A che associa un concetto a un’immagine acustica. Questo è seguito da un fenomeno fisiologico: il cervello di A trasmette agli organi di fonazione un impulso correlativo all’immagine acustica. Infine ha luogo un fenomeno fisico: produzione di parole (onde sonore si propagano dalla bocca di A per raggiungere l’orecchio di B). Il circuito prosegue, poi, in un ordine uguale ma inverso: dall’orecchio di B l’immagine acustica arriva al suo cervello, dov’è associata con il concetto corrispondente. Il segno linguistico NON unisce una cosa a un nome, MA un concetto (significato) a un immagine acustica (significante). In altre parole le fonie e grafie non stanno da sole. Per capire come funzionano le lingue bisogna sapere come funzionano i segni. Per poter capire che quel segmento di suono articolato che ho appena sentito è [buongiorno] ho bisogno di disporre dello schema mentale /buongiorno/ che mi permette di riconoscerlo. È questa immagine (che Saussure chiama psichica, cioè mentale, detta significante) che istituisce il rimando al ‘concetto’, detto ‘significato’, (psichico anch’esso). In altri termini, è da /buongiorno/, non da [buongiorno], che passo al significato “buongiorno”. Ed è grazie a “buongiorno”, il significato codificato nella lingua della parola italiana buongiorno, che posso accedere alle eventuali sfumature con cui il mittente ha usato quella parola. Ogni lingua ha il suo sistema di classificazione. Ad esempio in arabo oltre al plurale esiste il duale che si riferisce solo a due persone. Tutto questo è guidato dall’arbitrarietà. “nonno piove!” la lingua può essere maneggiata. Il linguaggio non potrà mai essere lineare, avrà sempre bisogno di un interpretante di qualcuno che può dare senso a segni e parole. Il linguaggio diventa un sistema complesso di segni. La pioggia che vediamo cambia a seconda dei sensi. In messaggio il significato può tendenzialmente rimanere ed in altri casi no, questo ci fa capire come un messaggio può cambiare da un interlocutore ad un altro. Ma se il segno è irripetibile (per tutti diverso) come avviene la comunicazione? Langue vs parole: Piano mentale - Piano materiale Piano del contenuto - Piano dell’espressione Sociale - Individuale Costante – Irrepetibile La lingua è il prodotto sociale della facoltà del linguaggio ed un insieme di convenzioni necessarie. Preso nella sua totalità, il linguaggio è multiforme non si lascia classificare in alcuna categoria di fatti umani, poiché non si sa come enucleare la sua unità. Il linguaggio è una capacità innata. Alcuni studiosi pensano che abbiamo iniziato a parlare dall’uomo sapiens sapiens, altri pensano che l’uomo ha sempre comunicato anche se non ha sempre parlato. Ad esempio i bambini anche se da piccoli non parlano riescono ad esprimersi comunque (urlando, imitando, piangendo). Noi ci capiamo oggi perché esiste un italiano standard creato da alcune persone e che noi abbiamo convenzionalmente deciso di accettare. “E’ attraverso il funzionamento delle facoltà ricettiva e coordinativa che si formano nei soggetti parlanti delle impronte che finiscono con l’essere sensibilmente le stesse in tutti” Il bello della lingua è che funziona anche quando violiamo una regola, sbagliamo un congiuntivo o una regola grammaticale. Occorre una massa parlante perché vi sia una lingua. Contrariamente all’apparenza, in nessun momento la lingua esiste fuori del fatto sociale, perché essa è un fenomeno semiologico. La sua natura sociale è uno dei suoi caratteri interni” La langue rappresenta il momento sociale del linguaggio ed è costituita dal codice di strutture e regole che ciascun individuo assimila dalla comunità di cui fa parte. La parole consiste nell’esecuzione individuale del linguaggio. E’ il modo in cui il soggetto che parla utilizza il codice della lingua in vista dell’espressione del proprio pensiero personale. Secondo Saussure il segno non designa più la faccia esterna dell’entità linguistica, cioè l’immagine acustica o significante ma è un’unità inscindibile di significato e di significante. A partire da una concezione ‘debole’ dell’arbitrarietà per cui è immotivato il singolo rapporto tra significante e significato all’interno del segno, Saussure arriva a proporne una ‘radicale’, che riguarda non solo il significante, ma coinvolge ambedue le facce del segno e i rapporti tra i segni. Il segno non esiste mai isolatamente come un atomo chiuso in se stesso. Il segno esiste solo in un sistema che esso costituisce con gli altri segni. Vi sono due sfere di rapporti, denominati sintagmatici e associativi, che corrispondono a due forme di attività mentale. • Rapporti sintagmatici: rapporti che le parole contraggono nel loro concatenarsi nella catena parlata e che si fondano sul carattere lineare del significante, cioè sul fatto che gli elementi del significante non possono essere simultanei ma si presentano gli uni dopo gli altri. Rapporto in praesentia. • Rapporti associativi (da Hjemlslev poi denominati ‘paradigmatici’) sono invece rapporti memorali: le parole che presentano qualcosa in comune si associano nella memoria formando dei gruppi. Le parole non si associano nella nostra memoria in modo casuale e nemmeno secondo un ordine alfabetico come accade in un dizionario. Le parole si collegano tra loro per categoria e paradigma grammaticale, per base e radice, per relazioni di senso (sinonimi, antonimi, unità polirematiche), ma anche per semplice assonanza o per occasionali associazioni con nuclei emotivi personali. Rapporto in absentia. Così la parola insegnamento può evocare sul piano associativo una folla di altre parole (insegnare, educazione, apprendimento) e sul piano sintagmatico può essere combinabile con molte altre come pubblico, privato, scolastico ecc.
CHARLES SANDERS PIERCE (1839-1914)
Definisce un Segno come qualcosa che da un lato è determinato da un Oggetto e dall’altro determina una idea nella mente di una persona. OGGETTO – SEGNO – INTERPRETANTE (idea mentale). Un segno ha una relazione triadica con il suo oggetto e il suo interpretante. Carattere permanentemente interpretativo della semiosi umana: anche in questo caso c’è il superamento della dimensione monodimensionale di Aristotele. Ogni processo semiotico non consiste nella messa in corrispondenza di un dato evento a un corrispondente valore o significato, bensì in una dinamica terziaria, nella quale avvengono tre distinti passaggi: 1. Il processo è messo in moto da un’esperienza empirico-percettiva, da un qualcosa nella realtà; 2. La mente dell’interprete (mittente o destinatario) reagisce producendo una «lettura» di tale esperienza, consistente in una prima elaborazione conoscitiva (schema senso motorio) e in una forma sensibile che lo rappresenta Charles 3. Tale lettura si concretizza immediatamente in una riformulazione dell’esperienza attraverso un gesto, un comportamento, una parola, una frase, insomma attraverso un’interpretante. L’Oggetto, nella sua datità sensoriale (punto di partenza del processo semiotico) agisce sulla nostra mente che se lo rappresenta in termini di oggetto immediato. Questo oggetto immediato (componente iconica del processo) forma il contenuto del segno cui corrisponde un supporto materiale o ‘representamen’. Pierce introduce: ICONE: il significante somiglia in qualche modo a ciò che il segno indica. Design al’oggetto nei suoi caratteri propri. Ha un rapporto di somiglianza con la realtà denotata. Motivate naturalmente/intenzionali come le carte geografiche e le mappe SIMBOLI: solo se il rapporto significante/significato avviene secondo convenzioni. Motivati culturalmente/ intenzionali, ad esempio il fatto che per l’anello matrimoniale sia il simbolo del contratto matrimoniale. INDICI: rapporto di continuità spaziale (banderuola del vento indica direzione del vento) motivati naturalmente/ non intenzionali ad esempio lo sbadiglio volontario che è sinonimo di noia. L’oggetto che è il punto di partenza secondo Pierce agisce sulla mente (astratto) poi forma il contenuto a cui corrisponde un supporto materiale (rapresentamen). Ognuno di noi avrà sulla base di alcune associazioni la sua interpretazione autonoma. INTERPRETANTE: momento in cui dal correlato esterno si passa all’elaborazione mentale autonoma. Ogni processo di comprensione si traduce nel passaggio da un interpretante a un altro, con una continua opera di riformulazione interpretazione che non coinvolge più direttamente l’oggetto, ma si muove asintoticamente verso di esso. Secondo Peirce, la semiosi è illimitata, consistendo nell’eterna ‘fuga degli interpretanti’. Esempio: conferenza su determinati fatti storici 1) Parole conferenziere = serie di interpretanti riferiti a quei fatti 2) Uditori: non produrranno nelle loro menti interpretanti equivalenti 3) Rielaborazioni ulteriori: cali di attenzione, rumori, sovrapporsi di altri pensieri, barriere socioculturali, linguistiche, psicologiche, ecc. Numerosissimi differenti interpretanti intorno alle stesso oggetto (il fatto storico che ha occasionato il processo). SEGNO o REPRESENTAMEN (significante) è qualcosa che sta per qualcuno (interprete) al posto di qualcos’altro (oggetto) sotto certi aspetti o capacità. OGGETTO IMMEDIATO (contenuto del significante); OGGETTO DINAMICO (oggetto reale). INTERPRETANTE evidenzia che un segno si riferisce a un dato oggetto; INTERPRETE coglie il legame tra segno e oggetto. Ad un interprete non corrisponde necessariamente un solo interpretante. CODICE: Insieme di istruzione che ci permette di: 1.Riconoscere un segno come segno di quel sistema semiotico 2.Produrre altri segni con le stesse caratteristiche morfologiche 3.Stabilire, nell’ambito dei segni previsti dal sistema, le corrispondenze fra elementi espressivi ed elementi di contenuto 4.Indicare le modalità di combinazione dei segni fra di loro INDIZIO: Termine più comprensivo che può essere applicato a ogni genere di variazione dello stato fisico, anche molto mediata culturalmente. Esempio: Investigatore Sherlock Holmes: macchia di fango sui calzoni, marca di sigaro, occhiali neri e barba bianca, modo in cui una persona è vestita, ecc.
CLAUDE SHANNON 1916-2001
Matematico americano che alla fine degli anni quaranta ha elaborato un modello elementare della comunicazione e ha cercato di illustrare la struttura astratta della comunicazione anche in riferimento alle applicazioni telefoniche. Un processo di comunicazione avviene quando si ha passaggio di un ‘messaggio’ da un ‘mittente’ (uomo, altro tipo di animale o macchina debitamente predisposta) a un ‘destinatario’ (anch’esso uomo, altro tipo di animale o macchina). Perché tale messaggio avvenga è necessario che le componenti (i segni) siano costruite secondo certe regole e combinate seconde altre regole (‘codice’). Infine il ‘contesto’ in cui la comunicazione si realizza gioca un ruolo ora più ora meno importante a seconda del tipo di codice (ad esempio differenza tra linguaggio verbale e linguaggio dell’aritmetica elementare). Modello non riferito alla normale comunicazione quotidiana.
ROMAN JAKOBSON 1896-1982
1960: idea della comunicazione applicata all’analisi del linguaggio. In ciascun atto comunicativo non sono solo compresenti i sei elementi indicati da Shannon (mittente, destinatario, messaggio, codice, canale e contesto), ma anche le ‘funzioni’ che questi privilegiatamente svolgono. Funzione fatica, referenziale, poetica, metalinguistica, conativa, emotiva. Ciascuna di queste funzioni può assumere un rilievo maggiore delle altre, grazie alla diversa salienza ora di questo ora di quell’elemento del processo comunicativo. Alcuni esempi: 1. Elementi deittici o indicali (cioè fatti per indicare) ad es. qui, là, questo, nella misura in cui mettono in evidenza il contesto extralinguistico, svolgono una funzione referenziale. Alcuni esempi: Il treno parte alle 6 2. Le esclamazioni, le interiezioni e tutte le forme linguistiche utili a rappresentare il punto di vista del mittente svolgono una ‘funzione espressiva o emotiva’ Che bella sorpresa! 3. Forme come l’imperativo, pronome di seconda persona singolare o plurale, ecc. mettono in evidenza il destinatario e svolgono dunque una ‘funzione conativa’. Chiudi la porta! 4. Le forme che si riferiscono al canale cercando di verificarne la tenuta (‘mi sentite?’, ‘tutto chiaro?’ svolgono una ‘funzione fàtica’ 5. Le forme che si riferiscono al codice, tematizzandone il funzionamento generale (es. libro di grammatica) svolgono dunque una ‘funzione metalinguistica’ 6. Le forme che mettono in evidenza il messaggio, realizzano la cosiddetta funzione poetica: non specifica della poesia propriamente detta, ma ha luogo tutte le volte che, anche nel linguaggio comune cerchiamo di valorizzare in modo speciale le risorse linguistiche utilizzate, per potenziarne il significato. Servono a trattenere l’attenzione del destinatario sul messaggio dando alle parole che lo costituiscono qualcosa di più del valore che esse avrebbero in un discorso puramente funzionale. Es un passo di Dante
«La semiotica non si occupa dello studio di un particolare tipo di oggetti, ma di
oggetti ordinari in quanto (e solo in quanto) partecipi della semiosi». La semiosi, a sua volta dipende dal fatto che qualcuno interpreti qualcosa come segno, come alcunché dotato di senso. Se stanno così le cose, tutto può potenzialmente diventare un segno. L’importante è che ci sia un atto interpretativo a fondare la semiosi. La semiotica è quindi vista prevalentemente dalla prospettiva dell’interprete. In questo senso: la semiosi è il perno della vita culturale nel suo complesso; la portata della semiosi va al di là della realtà umana e delle altre forme animali: comprende tutte le forme di vita dalle più umili pianticelle agli organi propri degli animali superiori (Thomas Sebeok). Semiotica globale: Thomas Sebeok (1920-2001): tre componenti della biosfera Produzione (piante) Ingestione (animali erbivori, carnivori e onnivori) Forme dedite alla decomposizione (funghi) Tre momenti della vita del segno I produttori all’oggetto che fa da base al processo semiotico Gli ingestori ai segni che istituiscono il processo di rinvio I decompositori all’interpretante che sposta il meccanismo di rinvio e produce nuove condizioni perché la semiosi riparta ex novo. La semiotica di Morris, filosofo pragmatista americano, rielabora spunti presenti nelle teorie di Peirce sviluppandoli in una prospettiva che valorizza il ruolo dell’interprete. Una delle sue opere importanti è Foundations of the Theory of Signs (1938, nuova trad. it. Lineamenti di una teoria dei segni, 1999). Per Morris la semiotica non è semplicemente una disciplina scientifica tra le tante, ma è organon o strumento di unificazione, in quanto sta con le altre scienze in un rapporto duplice: a) è una di esse; b) è uno strumento comune. Per Morris la semiosi è il processo dell’interpretazione, cioè il processo in cui qualcosa funziona come segno. Una cosa è un segno solo quando e in quanto è interpretata da un interprete come segno di qualcos’altro. Tutto può quindi potenzialmente diventare un segno, a patto che vi sia un atto interpretativo a fondare la semiosi. In questa prospettiva l’universo dei segni comprende l’intero mondo animale, umano e non umano. Partendo dall’ipotesi che la semiosi possa essere schematizzata come una relazione triadica di veicolo segnico(1), designatum cioè il significato (2) e interprete(3), Morris propone tre dimensioni di analisi del linguaggio (o codice): • Sintattica: studio delle relazioni tra segni linguistici più precisamente studio delle possibili combinazioni tra significanti; • Semantica: studio della relazione tra segni e oggetti; • Pragmatica: studio del rapporto dei segni con i loro interpreti o utenti. Queste dimensioni sono solo aspetti di un processo unitario: il processo di semiosi deve essere considerato. Occorre la ‘semiotica pura’ da quella ‘descrittiva’ e ‘applicativa’. • Semiotica pura: elabora una metalingua per discutere dei segni • Semiotica descrittiva: applica questa metalingua a esempi concreti di segni; • Semiotica descrittiva: studia i segni effettivi: quasi tutta la zoosemiotica è in questo senso descrittiva e la stessa Enciclopedia, nella misura in cui si occupa della lingua della scienza è essa stessa un caso importante di semiotica descrittiva. A differenza di Saussure, per il quale la semiotica è una parte della psicologia sociale e si occupa dei fatti semiotici umani, per Morris la semiotica è parte dello studio dei comportamenti naturali. Da qui la sua attenzione al modello comportamentistico. Attraverso questo aggancio con le scienze naturali la semiotica diventa una disciplina che deve assumere il metodo di ricerca delle scienze naturali (descrizione sulla base