Tullio Annunziata
Annunziata De Mauro,(Napoli)
(Napoli) natoilil 3131a marzo
marzoTorre
1932, è morto a Roma il 5 gennaio 2017.
Chi scrive non riesce a iniziare in altro
modo questo ricordo di Tullio De Mauro:
è troppo forte la commozione per la
perdita di una persona che per moltissimi
è stato, più e prima di un maestro, un
padre, un amico prodigo di consigli e
pronto a condividere le imprese della
ricerca scientifica e la quotidianità della
vita. La freddezza delle date ha però la
Tullio De Mauro dura consistenza della base di una analisi
di quello che De Mauro è stato e ancora
continua ad essere per tutti coloro che si misurano con le questioni
del linguaggio, dei processi di espressione verbale e non verbale, delle
lingue nella vita individuale e sociale, della funzione della scuola nello
sviluppo delle capacità linguistiche: De Mauro rimane un punto di
riferimento ineludibile per chiunque voglia confrontarsi con i modelli
generali dell'attività simbolica o con le concrete vicende culturali e
linguistiche italiane, e ancor più con le storie linguistiche delle italiane
e degli italiani. Anche se volessimo passare in rapida rassegna gli
ambiti sui quali De Mauro ha concentrato le sue riflessioni - sempre
geniali, profonde, anticipatrici - si sarebbe presi da stupore fino allo
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dipende il senso che l'azione di De Mauro potrà avere nelle vicende del
nostro Paese, e il peso di quanto potrà dare al mondo.
Ci poniamo queste domande anche perché nel giro di pochi mesi
alcune figure di grande spicco nel panorama culturale nazionale e
internazionale sono venute meno: De Mauro, appunto, il 5 gennaio
2017; per le altre basti citare Umberto Eco, scomparso il 19 febbraio
2016. Nati nello stesso anno e legati da amicizia e stima profonda,
Tullio e Umberto hanno rappresentato le punte più avanzate della
riflessione semiotico-filosofico-linguistica degli ultimi decenni in
Italia, influenzando in misura notevole gli assetti culturali e della
ricerca scientifica in tali ambiti con una risonanza che ha superato i
confini nazionali. Proprio la connotazione internazionale della loro
azione apre una ulteriore prospettiva alla questione: De Mauro è stato
un intellettuale solo italiano, cioè calato solo entro i confini della
riflessione linguistica, culturale e sociale italiana, o quanto ha fatto
suscita un interesse di portata internazionale?
Non è facile rispondere in modo compiuto a tali questioni, che
riguardano sì una singola personalità, ma che in realtà rimandano
a più generali questioni nazionali, come la formazione della classe
dirigente, la diffusione della cultura e le questioni della democrazia.
In questa sede cerchiamo di ricostruire alcuni temi del pensiero di De
Mauro facendo innanzitutto parlare proprio lui, esaminando, cioè, la sua
autoconsapevolezza sui processi che ha attraversato, vissuto, animato
nella sua vita. Questo percorso è stato raccontato proprio da lui stesso:
infatti, nei suoi ultimi anni ha pubblicato almeno tre volumi che,
apparentemente aventi una funzione autobiografica, ripercorrono le
vicende sociali e culturali italiane viste dalla prospettiva di un linguista, di
Tullio che era sì linguista, ma anche molto di più: si tratta di P rima persona
singolare passato prossimo indicativo (Roma: Bulzoni, 1998), Parole di giorni
lontani (Bologna: Il Mulino, 2006), Parole di giorni un po' meno lontani
(Bologna: Il Mulino, 2012). A questi si aggiunge Album glottofotografico
(curato insieme a Silvana Ferreri. Roma: Omnia Artis, 2002), dove
iconicamente si può ripercorrere la vita culturale e accademica italiana,
non solo quella di De Mauro, dagli anni Trenta al 2002.
Tullio si scusa ripetutamente per il carattere autobiografico di
queste opere rimarcando la sua ritrosia verso tale genere: il non
mettersi mai in mostra se non per assumersi una responsabilità diretta
è stato sempre un suo tratto caratteristico. Questo suo modo di essere
- schivo e sempre responsabile - lo ha trasmesso ai suoi allievi: non
ha fatto mai mancare un consiglio ai tanti giovani che gli chiedevano
un aiuto nei loro lavori di tesi, di dottorato, nelle loro ricerche; a
tutti ha dato ascolto; ma ai tanti entusiasti nel pubblicare i loro lavori
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dunque Dante sapeva che poteva non essere capito, meno male per me
che come Cavalcanti padre spesso non lo capivo bene (ivi).
Il tema della incomprensione, del perché non ci si capisca
nonostante la lingua appaia innanzitutto come un sistema di regole
deputato intrinsecamente a far funzionare bene la comunicazione,
ebbene questo processo di cui il bambino De Mauro ha costante diretta
esperienza, accompagnerà sempre lo studioso De Mauro nelle sue
riflessioni e nelle sue modellizzazioni sui processi di comprensione.
«Ora fammi vedere che hai capito», diceva mia madre ogni tanto a un
alunno. Quello diceva alcune cose incomprensibili per me, invece mia
madre diceva: «Ora sì, vedo che hai capito». Capire le parole non è un
rettilineo eguale per tutti, è una strada tortuosa, piena di false deviazioni
e con tangenti, e non tutti sanno procedere fino al punto giusto (p. 43).
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Base fu chiusa dal segretario del nuovo partito che gestiva la casa
editrice: questo per dire quanto De Mauro fosse un intellettuale libero,
non asservito a alcun partito, tanto meno a quello che una volta era il
Partito Comunista più grande dell'Occidente.
Tullio De Mauro, la politica, la scuola
«[...] nel 1940», dissi con tono dell'ovvio. E lei: «Sì, ma tu non fai il
filologo? Come mai sai queste cose e conosci Franco Ciarlantini?». Mentire
spudoratamente dicendo la verità: «Era una personalità di rilievo nel fascismo
degli anni 30. Impossibile per me dimenticarlo». Non ho più rivisto quella
amica di una sera e a quarantanni di distanza sento ancora vergogna per
quella mia (dicevano i casuisti gesuiti) soppressici veri etsuggestio falsi (p. 51).
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De Mauro e il plurilinguismo
Da dove viene a De Mauro l'attenzione costante e intensa per il
plurilinguismo, da lui posto a fondamento dei modelli teorici dei fatti
di lingua, a fondamento dei suoi modelli teorici dei fatti di lingua,
nonché delle sue proposte linguistico-educative? Anche su questo
tema è possibile ritrovare una radice personale nelle sue esperienze
dell'infanzia.
« [...] è latino. Vuol dire il più grande di tutti gli dei» (p. 61).
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(e dei 'pensierini' nei primi anni delle scuole elementari) le due attività
principali. De Mauro, riprendendo innanzitutto le posizioni di inizio
Novecento di Giuseppe Lombardo Radice, rifiutava del tema la sua
esaltazione della verbosità, dell'inutile ampollosità e di conseguenza
della lunghezza del testo considerata dalla scuola comunque
parametro positivo; rifiutava soprattutto il fatto che il tema non era
oggetto di istruzione e formazione scolastica: l'abilità di scriverlo era
considerata già presupposta dalla scuola, che pertanto abdicava al suo
compito di strumento di formazione per confermare il suo ruolo di
discriminatore fra chi entrava a scuola con competenze in italiano già
formate e chi, non possedendole a causa della collocazione sociale,
trovava nella prassi scolastica solo lo strumento della sua esclusione
sociale.
De Mauro alimenta la sua critica al tema scolastico con un ricordo
personale, lui che era davvero una persona che sapeva scrivere, si
di scienza, sia di altro. A scuola gli viene assegnato un tema; pens
di svolgerlo in modo originale, e comunque, come era solito, di no
farlo molto lungo:
mi era venuta un'idea, partire con periodi brevi all'inizio, poi sempre
più ampl. Ne ero fiero, una cosa da mandare in brodo di giuggiole quei
miei colleghi di oggi che si sforzano di mostrare le tracce iconiche nel
linguaggio: il mio tema era tutto iconico almeno nella sintassi (p . 46).
Il tema scritto da Tullio viene valutato, invece, negativamente:
la scuola non solo non insegnava a scrivere temi, ma presupponev
che li si sapesse già scrivere secondo un modello che, non esplicitato,
apparteneva al sistema di riferimenti di ideologia linguistica e cultura
che alimentavano la prassi scolastica al di là dei programmi formali.
La critica al tema, anche basata su una negativa esperienza personale,
diventa la critica a tutte le prassi didattiche non esplicitate nell
regole, non rese oggetto di formazione, considerate già possedute dagl
allievi, demotivate e demotivanti, prive di ricadute effettivament
misurabili sulle competenze degli allievi, prive di utilizzabilità ne
contesti comunicativi extrascolastici:
C'era tra noi questa polemica: io gli consegnavo temi di mezza pagina,
una pagina, e in uno avevo autorizzato il diritto-dovere alla concisione.
Mi disse allora: "Guardi, io sono d'accordo con Lei [•••] Ma badi, nessun
altro collega lo farebbe. Stia attento, scrivere a lungo magari a vuoto è un
principio sacro nella nostra scuola." Qualche tempo dopo Calogero scrisse
nel Mondo alcuni articoli assai belli sulla vuotaggine e perfino immoralità
degli sproloqui cui l'uso del tema invita. Poi, negli anni, ho scoperto un
vero almanacco di Gotha della nostra cultura che ha espresso le stesse
condanne: Croce, Gentile, Giuseppe Lombardo Radice, padre Pistelli,
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mi rendo conto ora che allora, e così anche poi, ho concepito le imprese
editoriali come frutto di un lavoro collettivo (p. 102).
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Dizionario delle parole straniere nella lingua italiana (coautore Marco Mancini).
Milano: Garzanti, 2001. Print.
Orientarsi nella nuova università (con Franco De Renzo). Bologna: Il Mulino,
2001, 20044. Print.
Prima lezione sul linguaggio. Bari: Laterza, 2002. Print.
Contare e raccontare (con Carlo Bernardini). Bari: Laterza, 2003 1,2 20053. Print.
La fabbrica delle parole. Torino: UTET libreria, 2005. Print.
Dizionarietto di parole del futuro. Bari-Roma: Laterza, 2006. Print.
Primo Tesoro della Lingua Letteraria Italiana del Novecento. Torino: UTET-
Fondazione Bellonci, 2007 (DVD, Introduzione anche su carta). Print.
Lezioni di linguistica teorica. Roma-Bari: Laterza, 2008. Print.
Il linguaggio tra natura e storia. Milano-Roma: Mondadori Education-Sapienza,
2008. Print.
Grande dizionario italiano dei sinonimi e dei contrari. 2 voli. Torino: UTET, 2010.
Print.
La lingua batte (con Andrea Camilleri). Bari-Roma: Laterza, 2013 l, 2014 3. Print.
Storia linguistica dell'Italia repubblicana dal 1946 ai nostri giorni. Bari-Roma:
Laterza, 2014, 2a ed. 2015. Print.
In Europa son già 103. Troppe lingue per una democrazia? Bari-Roma: Laterza,
2014. Print.
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