Luporini Leopardi Infinito
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"50 rue de Varenne", supplemento italo-francese di "Nuovi Argomenti", marzo 1989, n. 29, pp. 48-51.
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coit [alors] la vie de Ia fore méme avec a quelle elle éprouve la mort éternelle des choses et sa propre mort” * Cité par Leopardi dans fe Zibaldone, poge 1373 dit manascon. Crest du méine fragnrent (p. 1374) ques tré fe ttre de ce bref article quella inclinacione spain dell worso verso Uonfonto”) > Expression empruntée a A. Prete (Il pensieto poctan te, Feliriell, Milan, 1980) “hn Tate le opere, Sansoni; Florence, 1976. + Vour en particulier fe Dialogo di Malambrano e Farfa rello ef Le Dialogo di Torquato Tasso e del suo genio "En frameuis dans te texte © InG L, Dis petites Pitces philosophigues, Le remps qu'il fait, Cognac, 1985 (26 éd,, 1986). CE le fragment du Zib,, p. 41814182, of, Leopardi det Vidéo que Vinfinité du néant wesaste "que dans invagination ou dans le langage NAUFRAGIO SENZA SPETTATORE di CESARE LUPORINI Gli ci voleva del coraggio, penso, al venta nenne Giacomo Leopardi per intitolare quella illabi sciolti 0 dell’inco- breve poesia, quindici endec Llnfinito, Ma non era il corag; seienza, Prima di tutto il valore del termine, o, se si vuole, della parola: Vinfinito, sostantivo (con Viniziale maiuscola). A me sembra chiaro che non si deve attribuirgli, almeno in anticipo, aleun senso speculative. “Infinito” va preso nel significato pid corrente, negative , quale lo pud accogliere un qualsiasi lettore ‘apparte- nente alla nostra cultura: non finito, non limi tato, non terminato 0 conchiuso in se stesso. Leopardi terra sempre aperto un canale di co municazione fra *infinito” ¢ “indefinito”. Si possono citare in proposito svariati passi dello Zibaldone. Egli non si preoccupa per nulla di sapere se si tratta di un buon infinito © di un cattivo infinito, per adoperare In celebre formula di Hegel (che comunque Leopardi ignorava). Qui si tratta del resoconto di un'esperienza, Si presenta allora una specie di paradosso: co: me si_pud sperimentare Vinfinito, 0 anche semplicemente tentarlo? E— poiché sappiamo qualcosa della cultura di Leopardi ~ come pud pretenderlo uno che ha aderito alla filoso- fia cmpirista € sensista, assimilandone le moti vazioni di fondo e trasformandole in innumeri variazioni ¢ liberissime, inventive applicazi ni? Almeno indirettamente dovremo riuscire a rispondere Quella esperienza si svolge nel quadro di una situazione che non pud considerarsi ecce- zionale e irripetibile, ma piuttosto_iterativa: “sempre caro. mi fu quest’ermo colle,/ e que: sta sicpe...”. E un tipo di situazione sul quale Leopardi nello Zibaldone tomer pitt di-una volta, Per esempio, in mezzo a un discorso che costituisce una delle tante variazioni intor- no a quella che egli chiamava “la mia tcoria del piacere”, si legge: “...alle volte Panima de- siderera ed effettivamente desidera una veduta ristretta e confinata in certi modi, come nelle situazioni romantiche. La cagione @ Ia stessa, cive il desiderio dell'infinito, perché allora in luogo della vista, lavora Vimmaginazione ¢ il fantastico sottentra al reale. Lanima s'immagi- na quello che non vede, che quellalbero, quella siepe, quella torre gli nasconde, ¢ va errando in uno spazio immaginario, e si figura cose che non pottebbe, se la sua vista si esten- clesse da per tutto, perché il reale escludereb- be Pimmagina In questo testo troviamo gli elementi fonda. mentali di cui sara costituita l'antropologia fi- losofiea di Leopardi, (Quasi una costante ina ae ae eet hea Jai) Come ogni specie di vivente Puomo é - prima di tutto desiderio. Ma Tanimale-uomo & F doiato di immaginazione, componente essen- tiale della plasticita della sua natura ¢ quindi P della sua storicita. (Cid che noi chiamiamo Stagione”, come distinta facoltd della mente + gon & per Leopardi qualcosa di originario. Es- sa derivativa, una capacita acquisita come il ~ linguaggio.) "Hi combinarsi di desiderio vitale (Ja nozione di vitalita ha in Leopardi un posto enorme) ¢ © di immaginazione produce una miscela straor- - dinaria ¢ pericolosa: il desiderio di una felicita senza limiti, immensa, infinita, ontologicamen: te impossibile - la ‘struttura del mondo” lo esclude — € inconcepibile intcllettualmente. Ma indomabile nell’uomo, quando c’é vera vi- ta, La fine della speranza é la disperazione. La fine del desiderio perd & la morte nella vita 4 questa Ja conclusione matura di Leopar- Gi, in cui egli personalmente si riconoscer’ nel suoj ulsimi anni “Tendenza dell'uomo all'infinito”, “deside- tio d'infinito”, dunque, come Leopardi ci ri pete spesso. Ora qualche parola sulla poetica di Leopar di, per quel che qui ci concerne. La poesia degli antichi, la poesia delle belle immagini modernamente non é pit. possibile. $i puo soltanto ammirarla, I modern wionfo della scienza e della ragione analitica ha infer- to per sempre una ferita all'immaginazione umana, salvo che nei hambini presso i quali essa resta libera (la fanciullezza, aggetto per manente di nostalgia — come il primitivo, del resto - per uomo moderno). La poesia si é trasformata, soprattutto la poesia lirica, la sola ormai praticabile, II classi- co antagonismo tra poesia c filosofia si é atte nuato. I successi della ragione hanno prodotwo il paradosso di dare piena autonomia al senti mento (il “sentiment” dei romantici, sebbene Leopardi sia in polemica con essi) nei con- fronti delimmaginazione, Vi & ogai un rap- porto diretto fra ragione © sentimento, una specie di corto circuito che condiziona cio che resta dellimmaginazione. E esattamente il caso della poesia LYoyfiuit. Ma nella situazione in essa evocata vi @ una 19 differenza specifica anche rispetto a cid che Leopardi ci diceva nel passo dello Zrbuldoe che ho appena citato. ‘Non si tratra di una “situazione romantica” E vero: Pimmaginazione @ al lavoro indubbia- mente, ma non é libera, non sta vagebondan do: nessuna réverie, nessuna Sebuarnreret Partendo da una situazione di equilibrio © di guiete lo sguardo del soggetto volontariamen- te si concentra (“mirando”) la dove é Postaco- Jo, le siepe, per trapassarlo (andare al di la) con Fimmaginazione. Ma non alla ricerca delle belle immagini di un paesaggio nascosto, ben- si di cid che contiene ogni possibile oggetto sensibile, cio a dire lo spazio come tale, lo spazio vuoto, lo spazio astratto, lo spazio asso: luto di Newton, (0, se si vuole, T'intuizione pura dello spazio di Kant che perd Leopardi hon conosceva). Dove tutta Penergia immaginativa del sog: getto (“io nel pensier mi fingo”, inizio di verso molto marcato) @ tesa nello sforzo di raffigu- rarsi questo spazio infinito € assoluto. Con il corteggio necessario dei “silenzi sovrumani”, e di una quiete (guies, nozione quasi fisica) pro- fondissima: la connotazione di profondita in origine @ essa stessa spaziale, Leffetto esistenziale di questo sforzo, di questa immaginazione o finzione astratta, é ta: le che il cuore, ive i} centro della vita del- Findividuo, si spaventa. E la paura di questo yuoto, di questo nulla, Ma il poeta registra qui una sorta di reazione vitale: Pimmaginazione gia si sitrae, il soggetto non sprofonda (non ancora) in questo vuoto. Cid & espresso con tuna semplicita estrema, ellitticamente: “ove per poco il cor non si spaura" ‘A questo punto il soggetto é ormai divenuto disponibile per Pesterno, per la percezione esteriore; 2 una percezione acustica: “il vento odo stormir fra queste piante” Debussy udiva les claches & travers les feral. Jes. Quel fogliame epli lo vedeva: ¢ una sceno- grafia intrinsecata alla musica. Qui & quasi il contrario, Tutto si produce attraverso la sensa- vione sonora. La visualizzazione ne dipende. E tipico di Leopardi; fa superiorita specitica in generale Penorme importanza della perce- vione acustica, Grazie ad essa si arsiva anche avedere, mentre attraverso la sola_percezione visuale i suoni, i rumori, bt voce del mondo presente € vivo non si percepiscono. Ne cor segue che, in Leopardi, il presente percepito hha quasi sempre una certa durata che ne fa un concreto. E il caso della poesia L'lnfinito, Ia quale, a questo momento, si apre a una esperienza del tutto diversa rispetto alla precedente (spazia- Je) connessa al pensiero intellettuale ¢ non pitt all'intuizione immaginativa. E Voperazione del comparare: “vo comparando”, Termini di tale comparare sono la voce del presente ¢ il silenzio infinito, Vale a dire cid che resta della prima esperienza, La quale vi ne ad essere mediata dallidea dell'eterno: cid che non ha né inizio né fine. Che cosa vi é di pid eterno di uno spazio infinito e assoluto? Ma questa é Ja faccia rivolta all'indietro, la meno importante, rispetto al decorso della poesia. Nella facia rivolta in avanti leterno & Torizzonte (Jo dico in senso quasi husscrliano) entro cui emergono, subito dopo, le determi- nazioni temporal Qui richiedo una particolare attenzione: vo- glio sottolineare che non vi @ alcuna simmetria fra il discorso poetico di Leopardi intorno allo spazio € cid che egli viene a dirci a proposito di un’esperienza del tempo, il quale perd non & mai nominato in quanto tale. Sono nominate invece “le morte stagioni” € “la presente ¢ viva": una opposizione statica ¢ una scissione, una frattura fra passato © presente nel tempo vissuto. Nessuna dinamica temporale quale si trove- ra in altri canti di Leopardi (ad esempio La sera del di di festa). E nessuna intuizione 0 nozione del tempo (a differenza di quanto era avvenuto pet lo spazio) bensi la sua evocaz ne secondo un’esperienza fissata in termini oppositivi fra loro non mediati. E dungue, diversamente da quel che pensa maggior parte dei commentatori, mi sembra evidente che fra lo spazio intuizionale de L'In- Jinito ¢ la problematizzazione del tempo vissu- to che vi troviamo non vi @ alcuna omogeneit’ concettuale. Oserei dire che tutta Menergia poctica scat. risce da questa tadicale incongrui ‘Tale spazio € tale tempo non si compongo- no vicendevolmente, dunque. Essi hanno tut- tavia un elemento in comune, un elemento del tutto astratto: Pimmensita, o infinita; ma tale clemento non é sufficiente per una integrazio- ne reciproca. Leopardi ndn conosceva né Ein. stein né Minkowski (forse si pud intravedervi | Vesigenza...). Ne segue che in mezzo a (“tra”) guesta immensita il pensiero intellettuale spro- il naulragio (“il naufragar”, infinito sostantiva- to: denota azione) ¢ il mare, I mare “similitu dine dell’infinito”, come Leopardi lo definisce nella prima delle Operette morali, un racconto mitologico-parodico che ha il titolo Storia del genere umano. Ove il mare il dono di Giove agli uomini per venire incontro al loro deside- rio d'infinito, giacché non pud procurargli un infinito reale. = assai singolare che una poesia del tutto priva di metafore poetiche (il “suono” non & pet Leopardi una metafora del presente, bensi il suo sintomo diretto) termini con una raflica di tre metafore che si succedono rapidamente, Jegate Puna alPaltra Ma tra lannegamento e il naufragio vi & una tale vicinanza semantica che potrebbe perfino disturbare se_non si afferra il muta- mento di soggetto. Chi @ che fa naufragio? Non é il separato pensiero intellettuale, ma Mio” tutto intero. Lio” esistenziale che era impegnato totalmente nell’esperienza dell'infinitezza E Ora questo naufragare vien detto “dolce” La cosa in se stessa non @ sorprendente. Ma é sorprendente in Leopardi ('ultimo verso giun xe infatti inatteso) in quanto in lui Ja tension esistenziale tra finito e infinito dara luogo a - una *philosophie désespérante”, come egli ses so si esprimera, molti anni pitt tardi, scrivendo alPamico De Sinner La conclusione de Lilnfinito & un caso unico in Leopardi € va compresa fino in fondo. C’ un professore tedesco, un filosofo, Hans Blumenberg, che ha scritto un piccolo” libro affascinante: Naufragio con spettatore (Schiffhrach mit Zuschaner), sottotitolo * Para * fonda, il che @ detto con una metafora molto marcata: “s'annega il pensier mio” Questa metafora ne porta con sé altre due: i : 4=< dgma di una metafora esistenziale”. I riferi mento & ai primi versi del secondo libro del De rerum natura. Lo spettatore, al sicuro sulla terra ferma, @ il saggio epicureo che contem- pla, senza compincimento, ma anche senza foflerenza, la tempesta che travolge altri uo- nini. Ma Blamenberg ha scelto come epigrafe del suo libro il detto di Pascal: “vous ées embargue™ Noi tutti siamo imbarcati —e Leopardi lo & Egli non era un saggio epicureo. La doleez- aa del suo naufragio una doleezza mistica, una dolcezza di estasi, Questa parola, estasi, & adoperata da Leopardi stesso nello Zibaldone per indicare situazioni analoghe, in cui *T'ani- mo si perde”. E la dolcezza dell'annientamen- to dell’esistenza finita, della sua autodissolu- zione. Ma, attenzione, non in un grande tutto, non nel pleroma delPessere, ma nel vuoto del nulla, grande tema, sempre, di Leopardi. Naw: fragio di cui egli solo - io” — & testimone ¢ protagonista, Naufragio senza spettatore: né dio né uo- mo. INFINITO E INDEFINITO Giacomo Leopardi sosteneva che il linguag. gio & tanto pid poetico quanto piit @ vago, impreciso. ~ (Noterd per inciso che L'italiano @ Punica lin- gua —creda— in cui “vago” significa anche gr: Zioso, attraente: partendo dal significato orig nale (wandering) la parola “vago” porta con sé un'idea di movimento e mutevolezza, che s'a socia in italiano tanto all’incerto e all’indefinito quanto alla grazia, alla piacevolezza) ; Per mettere alla prova il mio culto dell’esat- | tezza, andr a tileggermi, i passi dello Zibaldo- [nein cui Leopardi fa Pelogio del “vago”. Dice Leopardi: “Le parole loutano, antico e simili sono pocticissime e piacevoli, perché destano idee vaste, e indefinite...” (25 Settem. bre 1821). “Le parole notte, notturno ec., le descrizioni della notte sono poeticissime, per- ché Ja notte confonidendo gli oggetti, 'animo non ne concepisce che un’immagine vaga, in- distinta, incompleta, si di essa che di quanto essa contiene. Cosi ascurita, profondo, ec. ec.” (28 Settembre 1821). Le ragioni di Leopardi sono perfettamente esemplificate dai suoi versi, che danno loro Paurorita di cid che & provato dai fatti, Conti: nuo a sfogliare lo Zibuldone cercando altri 51 di ITALO CALVINO esempi di questa sua passione ed ecco trovo tuna nota pid lunga del solito, un elenco di situazioni propizie allo stato d’animo dell"*in- definito” Ia luce del sole © della Tuna, veduta in Iwogo do- ‘essi non si vedano e non si scopra la sorgente della Juce; un Iuogo solamente in parte iuminato da essa Juce; i iflesso di detta luce, ej vari effetti material che ne derivano; il penetrare di deita luce in luoghi dov'ella divenga incertae impedita, © non bene si distingia, come attraverso un canneto, in una seb, per li balconi socchinsi ec, ec. la detta luce veduta In huogo, oggetto ec. dov'ella non entri ¢ non perco- ta dirittamente, ma vi sia ribattuta ¢ diffusa da qual che altro luoge od oggetto ec. dov'ella venga a bat tees inan anita veto al dente oa fuori in una loggia parimente ec. quei luoghi dove la luce si confonde ec. ec. colle ombre, come sotto un porti- o, in una loggia elevata e pensile, fra le rupi ¢ i hhurroni, in una valle, sui colli veduti dalla parte dellombra, in modo che ne sieno indorate le cime; iDrifleso che produce, per esempio, un vetro colo: rato st qucyli oggetti su cui si rilewtono i raget che passano per detio vetro; tutti quegli oggetti insom- tna che per diverse material © menome eircustanze {sungono alla nostra vista, elif ec, in mode incerto, nal distinto, imperfetto, incomplete, 0 fuor del'or dlinatio ec Feco dungue cosa richiede da noi Leopardi per farci gustare la bellezza dellindeterminato
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