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E-Book

Orientarsi in rete
Didattica delle lingue
e tecnologie digitali

a cura di
Matteo La Grassa e Donatella Troncarelli

1
@ 2016 Becarelli, Siena
Viale Goffredo Mameli 14/16.
http://www.labecarelli.it
editore@labecarelli.it
telefono +390577226427

Prima edizione
Maggio 2016

LINFA - LINgue, Formazione, Apprendimenti


La collana LINFA accoglie contributi su temi inerenti la variazione
linguistica e i contesti plurilingui, i processi di apprendimento e, più
in generale, la didattica delle lingue moderne, concedendo uno spa-
zio privilegiato all’Italiano L2.
La collana, inoltre, pone particolare attenzione agli aspetti di interes-
se per quanti si occupano a vario titolo di insegnamento linguistico o
intendono acquisire competenze in questo settore.
Le riflessioni contenute nelle proposte di LINFA, basate su solide
basi scientifiche, mirano anche ad avere utili ricadute applicative per
meglio orientare interventi di progettazione didattica, per l’elabora-
zione di sillabi, la creazione di materiali e di prove di valutazione in
contesti di apprendimento diversi (in presenza e a distanza) e con
una pluralità di profili di apprendenti anche con caratteristiche ete-
rogenee.

Direttore
Donatella Troncarelli - Università per Stranieri di Siena

Comitato scientifico
Carmen Argondizzo - Università della Calabria
Eleonora Fragai - Ricercatrice indipendente
Ivana Fratter - Università degli Studi di Padova
Roberta Grassi - Università degli Studi di Bergamo
Elisabetta Jafrancesco - Università degli Studi di Firenze
Matteo La Grassa - Università per Stranieri di Siena
Maria Cecilia Luise - Università degli Studi di Firenze
Massimo Maggini - Università per Stranieri di Siena
Anthony Mollica - Brock University, Canada
Giuseppe Paternostro - Università degli Studi di Palermo
Donatella Troncarelli - Università per Stranieri di Siena
Andrea Villarini - Università per Stranieri di Siena

Grafica
Alessandro Bellucci

I volumi della collana sono sottoposti a peer review

ISBN 9788898466061
Titolo Orientarsi in rete

€. 10,00
LINFA - 1

Orientarsi in rete
Didattica delle lingue
e tecnologie digitali

a cura di
Matteo La Grassa e Donatella Troncarelli
INDICE

Una bussola per orientare la didattica con le tecnologie digitali:


introduzione........................................................................................ 6
Matteo La Grassa, Donatella Troncarelli

Parte I – Coordinate

1. Didattica delle lingue in prospettiva interculturale .......................24


Paolo Balboni

2. Nuovi e vecchi paradigmi nell’insegnamento delle lingue e culture


straniere in Rete................................................................................. 42
Donatella Troncarelli

3. Il docente di lingua e cultura italiana online: nuove competenze,


nuove prospettive, nuovi strumenti ................................................... 61
Andrea Villarini

4. I Social Network nella didattica dell’italiano L2 ........................... 80


Emanuela Cotroneo

5. Il Mobile learning e le nuove frontiere per la didattica delle lingue...110


Ivana Fratter
Parte II – Esperienze

6. Lo sviluppo della scrittura accademica in italiano L2 in percorsi


blended learning .............................................................................. 129
Elisabetta Jafrancesco

7. La flipped classroom: caratteristiche ed esperienze ..................... 165


Alessandra Giglio

8. Promuovere il dialogo e la consapevolezza interculturale in ambienti


virtuali.............................................................................................. 181
Matteo La Grassa

9. Comunicare l’italiano sul web.2.0: il promo Piazza Italia............ 209


Eleonora Fragai

10. Traduzione audiovisiva e consapevolezza pragmatica nella classe


d’italiano avanzata ........................................................................... 228
Laura Incalcaterra McLoughlin, Jennifer Lertola

Indice analitico ................................................................................ 249


Gli autori.......................................................................................... 252
introduzione

UNA BUSSOLA
PER ORIENTARE LA DIDATTICA
CON LE TECNOLOGIE DIGITALI
Matteo La Grassa, Donatella Troncarelli
Università per Stranieri di Siena

Insegnare e apprendere le lingue nella realtà contemporanea non può


ormai prescindere dall’impiego di tecnologie digitali. Oltre a essersi radi-
cate nella nostra vita quotidiana diventando mezzi privilegiati per la con-
sultazione di informazioni, per la gestione di servizi e per la comunica-
zione interpersonale a distanza, le tecnologie offrono, a quanti vogliono
avvicinarsi a un’altra lingua e cultura o migliorare le proprie competenze
in questo ambito, formidabili opportunità che non è possibile trascurare
in un mondo globalizzato in cui gli scambi commerciali e turistici si
intensificano, milioni di persone si spostano per trovare migliori oppor-
tunità di vita e di lavoro, masse di studenti si muovono ogni anno per
svolgere, in parte o per intero, il loro percorso di studi in un altro paese
e in cui quindi la necessità di padroneggiare più lingue e conoscere più
culture si fa sempre più strada.
Cogliere tali opportunità non è però sempre cosa semplice. La plu-
ralità dei mezzi a disposizione e la loro rapidità di evoluzione genera un
panorama fluido in cui anche chi, come il docente di lingua, da lungo
tempo è abituato a integrare la lezione con supporti tecnologici che pos-
sano ampliare le modalità di esposizione alla lingua, a introdurre aspetti
culturali e ad ampliare le occasioni di pratica, può avere difficoltà a orien-
tarsi. Nasce quindi la necessità di coadiuvare la formazione di coloro che
mirano a professionalizzarsi nel campo dell’insegnamento linguistico, o

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Orientarsi in rete. Didattica delle lingue e tecnologie digitali.

svolgono già questa professione, sostenendo il passaggio da saperi ogget-


tivi a competenze dinamiche, basate su conoscenze di base, capacità di
riflessione e analisi critica, ricerca di soluzioni.
Come evidenziano infatti studi e documenti europei1, essere docente
di lingua nel XXI secolo implica il conseguimento di una competenza
complessa, multidimensionale che si sviluppa nel tempo con il ricorso
a una pluralità di modalità formative e che non cessa con il concludersi
degli studi universitari o post lauream, ma prosegue lungo tutto l’arco
dell’esperienza professionale avvalendosi anche di apprendimento non
formale e informale2. In questa prospettiva risulta dunque rilevante, so-
prattutto per lo sviluppo della competenza relativa alle tecnologie, deli-
neare quadri di riferimento teorici che possano guidare la riflessione sul
valore pedagogico dell’impiego di diversi mezzi tecnici che, seppur nati
per altri scopi, possono essere efficacemente applicati alla didattica delle
lingue. La sola conoscenza del funzionamento di un determinato sup-
porto non può assicurare una efficace utilizzazione sul piano didattico
che richiede conoscenze inerenti alle modalità con cui una lingua viene
appresa, i processi cognitivi coinvolti, le strategie e le tecniche da uti-
lizzare per promuovere l’apprendimento, nonché la capacità di definire
obiettivi, pianificare percorsi ed elaborare attività.
Ugualmente utile è la capacità di aggiornare autonomamente le pro-
prie competenze tramite l’analisi di esperienze che possano costituire il
punto di partenza per ulteriori approfondimenti e la sperimentazione
di altre pratiche didattiche. L’abbondanza digitale in cui siamo immersi
richiede infatti il continuo contatto e confronto con l’operato di altri
docenti, esperti e ricercatori che possono indicare strade da percorrere o

1 Tra i documenti che trattano la formazione del docente di lingua, si ricordano il Profile for
Language Teacher Education – A Frame of Reference (Kelly, Grenfell 2004), che delinea gli aspetti
che rientrano nella formazione iniziale e in servizio, e l’European Portfolio for Student Teachers of
Languages (EPOSTIL) che rappresenta un strumento per la riflessione e l’autovalutazione delle
competenze in fase di sviluppo degli studenti futuri insegnanti di lingue. Per approfondimenti
vedi Diadori (2010) e Newby, Fenner, Jones (2011).
2 Nel Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente (Commissione delle Comunità
Europee 2000), viene definito non formale l’apprendimento che si svolge al di fuori da strutture
deputate alla formazione come per esempio luoghi di lavoro, associazioni, organizzazioni che
offrono servizi e informazioni ecc. L’apprendimento informale invece non è intenzionale e si
realizza attraverso la vita quotidiana.

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Orientarsi in rete. Didattica delle lingue e tecnologie digitali.

da abbandonare, strumenti da valutare, funzionalità da sfruttare, fornire


cioè una bussola, fatta di conoscenze collettive e condivise, che consenta
di navigare in un panorama tecnologico in continuo divenire e permetta
di raggiungere nuovi lidi.
La produzione scientifica incentrata sui temi dell’apprendimento e
insegnamento linguistico con l’ausilio di tecnologie educative è stata in
questi ultimi anni rilevante3, ma spesso l’estrema rapidità dell’evoluzione
tecnologica rischia di invalidarne la durevolezza nei casi in cui l’asse di
interesse sia particolarmente incentrato sull’analisi degli strumenti uti-
lizzati. Come viene segnalato più volte in questa opera, diventa sempre
più difficile stabilire quanto le tecnologie siano effettivamente “nuove”.
Ciò che era nuovo solo pochi anni fa, oggi può già risultare superato;
ciò che appariva straordinariamente innovativo può essere oggi del tut-
to noto e non più meritevole di sottolineatura; ciò che sembrava poter
esprimere grandi potenzialità, può non aver trovato cittadinanza all’in-
terno dei corsi di lingua e cultura. Un rischio, dunque, quello di essere
già in parte smentiti o apparire comunque poco aggiornati nel momento
stesso in cui si afferma qualcosa, con cui deve fare i conti chiunque in-
tenda scrivere di didattica e (nuove) tecnologie educative. Un rischio,
tuttavia, di cui sono ben consapevoli gli autori di questo volume i cui
contributi non si limitano a disegnare uno “stato dell’arte” delle tecno-
logie nella didattica e delle loro caratteristiche, ma includono riflessioni
ed esperienze relative a strumenti ideati in moltissimi casi in contesti e
con finalità che non hanno niente a che fare con la didattica delle lingue.
Rivolto a insegnanti di italiano a stranieri e a studenti inseriti in per-
corsi per la formazione di docenti, il volume si articola dunque in due
sezioni. La prima, dal titolo Coordinate, mira a illustrare i principi teo-
rici e concettuali sulla base dei quali valutare l’impiego delle tecnolo-
gie di Rete, considerare il ruolo degli attori coinvolti e operare scelte
consapevoli e didatticamente adeguate. La seconda sezione, Esperienze,
presenta invece esempi di applicazione delle tecnologie alla didattica se-
condo approcci, metodologie e articolazioni di diverso tipo, mettendo in
luce la pluralità di forme che tale applicazione può assumere e la varietà

3 Tra i volumi degli ultimi anni si segnalano: Balboni, Margiotta 2008; Caon, Serragiotto 2012;
Fratter, Jafrancesco 2014; Villarini 2010.

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Orientarsi in rete. Didattica delle lingue e tecnologie digitali.

di obiettivi che permette di conseguire. A prescindere dalla prospettiva


parzialmente differente assunta nelle due sezioni (maggiormente teorica
la prima; di taglio più applicativo la seconda), tutti i contributi sono co-
munque accomunati dal fatto di affrontare il tema, complesso e articola-
to, delle relazioni che si possono instaurare tra la didattica di una lingua
e di una cultura non materna e le tecnologie educative, considerando
queste ultime come un’ampia categoria che include la Rete, gli ambienti
di apprendimento e gli strumenti il cui uso didattico richiede un agevole
accesso a Internet.
In tutti gli articoli del volume, la “didattica con le tecnologie educa-
tive” viene quindi delineata come un concetto che si può definire in ma-
niera pienamente corretta solo se considerato nel suo complesso, senza
scindere gli elementi che lo compongono (“didattica”, da un lato; “tec-
nologie educative”, dall’altro) e senza considerarli come indipendenti e
non influenzabili reciprocamente. Nel momento in cui la didattica delle
lingue decide di utilizzare le tecnologie educative, essa non può rimanere
uguale a se stessa; né le tecnologie (nella maggior parte, come si è detto,
nate con obiettivi diversi da quelli didattici) possono essere utilizzate
nella stessa maniera in cui lo sono in altri campi.
Il rapporto virtuoso che deve nascere tra didattica della lingua e del-
la cultura e tecnologie educative, rappresenta un obiettivo auspicato e
ampiamente condiviso dalla glottodidattica, come traspare dalla lettura
di tutti i contributi inclusi in questo volume. Tuttavia, questa posizione
comune tra chi si occupa di didattica delle lingue sul piano della ricerca,
non è sempre seguita da pratiche ed esperienze coerenti con essa, in
particolar modo quando queste sono realizzate da parte di soggetti non
esperti del settore che, sfruttando le possibilità fornite dalla Rete, sono
in grado di elaborare proposte tecnicamente ben funzionanti, ma spesso
didatticamente discutibili, come si dirà meglio più avanti. Si pensi ad
alcuni Social Network e ad alcune Applicazioni creati da società o da
singoli autori che non hanno formazione specifica in ambito glottodi-
dattico.
In vari contesti di insegnamento è possibile osservare spesso una fun-
zione delle tecnologie che si potrebbe definire “sommativa”: alla didat-
tica in presenza, anche di qualità, si accosta semplicemente l’uso delle
nuove tecnologie educative senza che a ciò faccia seguito nessun reale

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Orientarsi in rete. Didattica delle lingue e tecnologie digitali.

cambiamento di prospettiva pedagogico, generando in questo modo, nel


migliore dei casi, una versione informatizzata di proposte già adottate
nella didattica d’aula. Leggendo alcuni contributi del volume, emerge
chiaramente come una funzione delle tecnologie educative considera-
ta intrinsecamente innovativa e migliorativa della didattica delle lingue
debba diventare un mito da sfatare. Un mito, appunto, che per usare le
parole di Balboni (nel presente lavoro) «può portare a un’equazione peri-
colosa: nuovo, moderno, innovativo = bene».
La commistione di vecchio e nuovo, di tradizionali e a volte inefficaci
metodologie ammantate da una superficie di modernità fornita dalle tec-
nologie digitali, può caratterizzare anche proposte didattiche che attual-
mente hanno grande successo di pubblico. Lo segnala Troncarelli già nel
titolo del suo contributo, individuando e descrivendo paradigmi didattici
vecchi e nuovi adottati nei percorsi di apprendimento e insegnamento
linguistico che prevedono l’utilizzo delle tecnologie di Rete. Internet ha
assunto, innanzi tutto, la funzione di enorme contenitore di risorse non
solo di input linguistico (testi scritti, audio, audiovisivi, iconici consulta-
bili come ipermedia), ma anche di utili strumenti di studio nonché di at-
tività di apprendimento che ogni studente può svolgere autonomamente
o che il docente può adoperare come materiale didattico durante le pro-
prie lezioni. È innegabile la funzione facilitante che, vista in quest’ottica,
la Rete riveste nel processo di apprendimento/insegnamento linguistico,
nonché il ruolo erosivo dei confini, ben più netti prima dell’avvento di
Internet, tra i due principali macro-contesti di apprendimento della lin-
gua e della cultura (straniera, quando appresa nel proprio paese; seconda,
quando appresa nel paese dove la lingua è parlata): la maggiore e conti-
nua disponibilità di input linguistico anche al di fuori del contesto classe
e la possibilità di interagire molto più agevolmente in forma scritta o
orale con parlanti madrelingua, limano molto le differenze tra L2 e LS.
La Rete utilizzata in questo modo, tuttavia, come emerge nel lavoro di
Troncarelli, riveste il ruolo di una sorta di enorme distributore di risorse a
un numero di utenti potenzialmente infinito, mentre non cambia sostan-
zialmente niente sul piano più profondo dei possibili valori aggiunti nel
processo di apprendimento di una lingua e di una cultura non materna.
In effetti, spesso nelle proposte realizzate per l’insegnamento della
lingua e della cultura non materna non si ritrova un evidente valore ag-

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Orientarsi in rete. Didattica delle lingue e tecnologie digitali.

giunto rispetto alla didattica d’aula: accanto a esperienze di buone prati-


che (si vedano, nel presente lavoro, gli esempi portati da Cotroneo sull’u-
so dei Social Network; Giglio per l’innovativa proposta avanzata dalla
flipped classroom; Jafrancesco per l’utilizzo delle piattaforme finalizzato
allo sviluppo delle competenze nella scrittura accademica; La Grassa per
lo sviluppo delle competenze culturali e Incalcaterra McLoughlin e Ler-
tola per lo sviluppo delle competenze pragmatiche), occorre rilevare che
la capacità della Rete di rivolgersi a un pubblico enorme e dislocato in
varie parti del mondo non determina di per sé evidenti ricadute positive
nell’elaborazione di percorsi didattici. Spesso, anzi, è vero il contrario e
si assiste a una sorta di “salto nel passato” della glottodidattica. Lo evi-
denzia chiaramente Troncarelli portando come esempio due modalità di
erogazione dei corsi che si stanno recentemente affermando negli ultimi
anni: i MOOC (Massive Open Online Courses) e le App. I primi sono
la dimostrazione più palese della capacità della Rete di raggiungere un
pubblico di apprendenti potenzialmente enorme (gli iscritti a ciascun
MOOC di lingua sono nell’ordine delle decine di migliaia) e tuttavia
questi corsi rischiano di riproporre modalità didattiche per nulla innova-
tive, incentrate sulla fruizione prevalentemente autonoma dei contenuti
proposti. Il quadro non cambia se si considera l’attuale uso delle App in
ambito linguistico: in molti casi, infatti, queste propongono attività in-
centrate solo su parole o su frasi in un’ottica puramente traduttiva, ripro-
ponendo modelli didattici già da tempo non utilizzati in quanto ritenuti
scarsamente efficaci. Un uso delle App, dunque, decisamente discutibile,
sebbene questi strumenti e più in generale l’uso delle tecnologie mo-
bili, rappresentino nuovi aspetti del processo di apprendimento/inse-
gnamento linguistico con cui sarà inevitabile misurarsi da qui in avanti.
L’uso delle tecnologie mobili dotate di connessione Internet, infatti, è
una realtà in forte espansione e in rapida evoluzione, come testimoniano
i dati emersi da diverse indagini presentati da Fratter nel suo articolo, ed
è inevitabile che anche gli approcci glottodidattici attenti allo sviluppo
della dimensione interculturale comincino a guardare con attenzione alle
loro possibili applicazioni in ambito linguistico educativo.
Il mobile learning, l’apprendimento con l’uso di tecnologie mobili, è
già oggi una realtà complessa e caratterizzata da sfaccettature diverse:
da quelle più pratiche (disponibilità e diffusione di questi supporti in

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Orientarsi in rete. Didattica delle lingue e tecnologie digitali.

contesti educativi ed eventuale opportunità di sfruttare i propri personali


dispositivi mobili) a quelle più strettamente legate alla didattica (possibi-
lità di abbattere in maniera ancora più evidente i limiti spazio-temporali
durante il proprio percorso di apprendimento; forte sostegno all’appren-
dimento di tipo informale ecc.), a quelle più recentemente emerse e in
fase di prima sperimentazione (didattica basata sui giochi o gamification).
Il mobile learning ci sembra una ulteriore chiara dimostrazione di
come le scelte sull’uso delle tecnologie nella didattica non siano neutrali:
scegliere di usare le tecnologie educative non equivale a usare strumenti
tra loro intercambiabili pensando che questi di per sé potranno rendere
più efficace una proposta didattica per il resto sempre uguale a se stessa
dal punto di vista metodologico. La scelta di insegnare una lingua e una
cultura non materna con le tecnologie, al contrario, implica un continuo
adattamento della propria metodologia in relazione anche al rapido cam-
biamento degli strumenti che possono essere utilizzati con scopi didat-
tici. La scelta opposta, ovvero considerare le tecnologie come strumenti
indifferenziati che richiedano tutt’al più un aggiornamento delle proprie
competenze tecniche e informatiche, è sicuramente quella meno dispen-
diosa per un docente, ma darà esiti per molti versi discutibili e didattica-
mente poco efficaci, come abbiamo detto sopra. L’efficace sfruttamento
delle tecnologie mobili sul piano dell’apprendimento linguistico è la pra-
tica dimostrazione della necessità di questo continuo processo adattativo
che auspichiamo: le questioni didattiche che il mobile learning ha aperto
sono ancora numerose e non possono essere interamente risolte facendo
riferimento alla normale didattica e-learning. Lo segnala ancora Fratter
nel suo contributo, evidenziando come modalità di insegnamento lingui-
stico e di elaborazione di materiali didattici adottate con l’uso delle tec-
nologie di Rete “tradizionali”, non sono replicabili quando si utilizzano
dispositivi mobili: a questi, per esempio, si confanno soprattutto micro-
attività linguistiche (bite-sized) con caratteristiche diverse dai learning
objects, ovvero le attività ideate per le piattaforme e-learning. La didattica
con i dispositivi mobili rappresenta pertanto una sfida con cui dovranno
misurarsi soprattutto i docenti che operano con un pubblico di appren-
denti giovani adulti, frequenti utenti di queste tecnologie.
Da quanto abbiamo detto appare chiaro che le tecnologie non devono
e non possono assumere un ruolo sostitutivo del docente. Esse invece

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Orientarsi in rete. Didattica delle lingue e tecnologie digitali.

moltiplicano le competenze necessarie per insegnare, spesso non com-


presenti in un unico docente, al punto che si sta ampliando il panorama
delle figure professionali (e della loro formazione) con ruoli tecnici ed
educativi che ruotano intorno alla didattica della lingua e della cultura
in e-learning. In alcuni particolari Social Network utilizzati nella didat-
tica delle lingue, viene attribuita molta importanza alla didattica tra pari,
alla capacità degli stessi apprendenti di rivestire il ruolo di docente per
altri compagni interessati allo studio della loro personale lingua madre,
o addirittura il ruolo di produttore di materiali didattici (si veda ancora
il contributo di Troncarelli). In generale, tuttavia, la figura del docente,
di tutor esperto ci appare assolutamente fondamentale per rendere ac-
cessibile la maggiore complessità che l’uso delle tecnologie introduce nel
processo di apprendimento della lingua e della cultura non materna. Il
docente, naturalmente, non dovrà essere considerato l’unico detentore di
conoscenze da dispensare ai discenti che le apprenderanno in maniera
passiva (cambiamento di prospettiva, questo, del resto già pienamente
compiuto da tempo, a seguito dell’affermarsi degli approcci umanistici-
affettivi e della didattica centrata sull’apprendente), ma egli sarà l’attore
del processo glottodidattico che dovrà operare le scelte metodologiche e
organizzative del percorso, la scelta dei materiali e le modalità di presen-
tazione anche per lo sviluppo delle competenze interculturali (Balboni,
in questo lavoro). Un percorso di insegnamento della lingua e della cul-
tura non materna che, quando si svolge in modalità e-learning, risulta
sotto molti aspetti più rigido di un percorso d’aula, come rilevato da
Troncarelli e come argomenta ampiamente Villarini nel suo contributo:
il docente ha minori spazi di manovra, minori possibilità di aggiustare
il tiro dei suoi interventi didattici sulla base della risposta degli appren-
denti con cui lavora. Ritorna, quindi, anche nel contributo di Villarini,
la fallacia del mito spesso diffuso tra i sostenitori acritici dell’e-learning
che considera la modernità della tecnologia didattica utilizzata come di-
rettamente proporzionale alla sua efficacia e alla possibilità di adottarla
indifferentemente nei contesti più diversi.
Accanto a criticità e nodi da sciogliere a cui abbiamo fatto riferi-
mento, l’uso delle tecnologie educative apre comunque nuovi panorami
pedagogici di grande fascino. In alcuni casi esse ci sembrano addirittura
contribuire a introdurre elementi di novità potenzialmente dirompenti

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Orientarsi in rete. Didattica delle lingue e tecnologie digitali.

che, se ne verrà dimostrata la validità, potranno spingere a ridiscutere


non solo criteri metodologici ma forse anche alcuni assunti psicopeda-
gogici fino a oggi condivisi dalla maggior parte di ricercatori e docenti
che si occupano di didattica delle lingue. La questione, in realtà, non è
nuovissima e si può far risalire a circa una decina di anni fa, da quando
cioè hanno cominciato ad affermarsi i corsi di lingua online che prevedo-
no una fruizione dei contenuti ben più libera e molto meno sequenziale
di quella prevista in un corso in presenza. La risposta glottodidattica
a questa nuova modalità fino a oggi è stata quella di elaborare attività
in formato elettronico (è il caso dei learning object per l’insegnamento
linguistico) e di adattare in qualche misura propri modelli operativi (si
pensi per esempio all’Unità di lavoro4 che si presta meglio di altri modelli
alla didattica in Rete), tuttavia ci sembra che manchi ancora una appro-
fondita riflessione sull’adeguatezza dei principi di apprendimento che
sono oggi un dato acquisito nella didattica delle lingue in aula. Ci rife-
riamo nello specifico al caso della flipped classroom o classe capovolta che
può essere creata anche per l’insegnamento di una lingua non materna,in
corsi totalmente online (si veda il contributo di Giglio). La flipped classro-
om, verso cui hanno mostrato interesse anche studiosi da sempre attenti
a questioni di linguistica educativa come Tullio De Mauro, in estrema
sintesi consiste nell’invertire i momenti della didattica tradizionalmente
intesa, delegando agli apprendenti il compito di studiare in maniera au-
tonoma i contenuti (soprattutto mediante materiale video) e dedicando il
tempo della lezione al loro commento e approfondimento. Le tecnologie
educative rivestono grande importanza nella realizzazione di questo tipo
di classe, non solo perché permettono agli studenti la fruizione da casa
dei contenuti forniti dal docente e l’accesso a risorse di apprendimento
presenti in Rete, ma anche perché, come si tornerà a dire successivamen-
te, favoriscono lo scambio e l’interazione con i compagni e i docenti. Se
prossime indagini dimostreranno la validità della flipped classroom anche
per l’apprendimento delle lingue straniere, non sarà il caso di ripensare
ai modelli operativi o addirittura alle teorie dell’apprendimento fin qui
adottati? Se le ricerche dovessero far emergere migliori risultati degli

4 Una accurata descrizione di questo e di altri modelli operativi si ritrova in Diadori, Palermo,
Troncarelli 2015.

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Orientarsi in rete. Didattica delle lingue e tecnologie digitali.

studenti che studiano le lingue in classi “capovolte”, potremmo ancora


affermare con assoluta certezza che le fasi dell’apprendimento linguistico
devono procedere dal generale al particolare, dalla globalità all’analisi e
alla sintesi? È, ovviamente, ancora prematuro trarre conclusioni di qual-
che tipo, ma è certo che la questione è stata posta e su questa dovremo
ragionare a partire da oggi. Quello appena citato è uno dei casi in cui in-
segnamento online e insegnamento in presenza possono trovare punti di
contatto, come afferma anche Villarini nel suo contributo. In particolare,
la riflessione teorica e la scoperta di nuovi principi metodologici operata
tenendo presente la didattica in ambienti virtuali, possono ripercuotersi
positivamente e suggerire nuove soluzioni anche a quanti operano in
contesti in presenza.
Nel quadro che stiamo delineando, un altro aspetto meritevole di at-
tenzione è la relazione che le tecnologie educative intessono con un ap-
proccio all’apprendimento (non solo linguistico) di tipo informale, non
legato a percorsi rigidamente strutturati e immodificabili, che può es-
sere integrato con un tipo di apprendimento più tradizionale e formale.
L’apprendimento informale sembra poter favorire risultati apprezzabili
anche nel campo della didattica delle lingue e gli ambienti virtuali si
prestano particolarmente bene a sostenere questo tipo di apprendimen-
to. Di grande interesse sono in particolare le esperienze di formazione
linguistica portate avanti sui Social Network (SN), ambienti virtuali in-
formali per definizione, inizialmente creati con scopi molto diversi da
quelli didattici, ma che col tempo si sono evoluti anche in questa dire-
zione. Il contributo di Cotroneo si incentra proprio su questa particolare
relazione che può instaurarsi tra apprendimento linguistico e ambienti
informali social le cui caratteristiche possono essere adattate alla propria
classe dal tutor/docente del corso.
In un’ottica glottodidattica i SN possono essere considerati veri e pro-
pri ambienti in cui sviluppare le proprie competenze linguistico-comu-
nicative anche grazie al fatto che, mediante l’interazione con altri utenti
(altri apprendenti di lingua e tutor esperti che formano una comunità
di apprendimento), possono essere favoriti i processi cognitivi e relazio-
nali già indicati da affermate teorie dell’apprendimento, costruttivismo
e connettivismo tra tutte. Fatti salvi i possibili rischi, soprattutto in ter-
mini di perdita della privacy e di una potenziale eccessiva commistione

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Orientarsi in rete. Didattica delle lingue e tecnologie digitali.

tra contesti didattici e ambiti privati, aspetto che peraltro può risultare
difficile da gestire o addirittura poco funzionale, quando sceglie di utiliz-
zare i SN come ambienti di apprendimento all’interno dei quali proporre
percorsi per l’insegnamento della lingua e della cultura non materna, il
docente avrà buone possibilità di sfruttare i vantaggi di un apprendimen-
to informale. Questo tuttavia, come segnala anche Cotroneo, non signifi-
ca necessariamente sostituire tout court un approccio formale che, se non
altro, è ancora quello adottato in contesti educativi come scuole e univer-
sità. Una erogazione dei percorsi di tipo blended in parte a distanza e in
parte in presenza potrebbe favorire la positiva integrazione degli aspetti
positivi dei due diversi approcci, quello formale e quello informale.
Ovviamente, anche quando si utilizzano le tecnologie educative, i
contesti di apprendimento linguistico possono essere diversi: formali
(p. es. scuole; università) e informali (p. es. associazioni che organizzano
corsi); diversi possono essere gli ambienti di apprendimento utilizzati
(p. es. Social Network; piattaforme e-learning; applicazioni su dispositi-
vi mobili) e diverse le modalità di erogazione degli interventi formativi
(interamente a distanza; blended; prevalentemente in presenza). In tutti
questi differenti casi, un elemento comune è costituito dal fatto che le
tecnologie educative consentono di creare comunità di apprendimento e
anche di pratica, molto più facilmente ed efficacemente di quanto non si
riesca a fare in una didattica tradizionale interamente svolta in presenza.
Gli apprendenti possono più facilmente lavorare insieme in maniera col-
laborativa, condividendo esperienze e competenze, risolvendo compiti
aiutandosi reciprocamente, accedendo alle risorse che offre la Rete e con-
dividendole, usufruendo della guida e del sostegno di un docente esperto.
Tutto ciò può indubbiamente avere ricadute positive non solo sui risul-
tati dell’apprendimento, ma anche sul piano motivazionale che favorisce,
nel caso dell’italiano L2, l’avvicinamento alla nostra lingua. Si apprende
se esiste alla base una motivazione a farlo e, di solito, la motivazione più
duratura è quella «basata sul piacere», secondo una categoria motiva-
zionale usata da Balboni (2014). Creare una comunità significa senza
dubbio creare uno scaffolding a cui appoggiarsi nel processo di appren-
dimento vero e proprio, ma può essere anche una fonte motivazionale
su cui fare leva quando si propongono interventi volti principalmente a
creare affiliazione e interesse verso la lingua e la cultura italiana. Fragai,

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Orientarsi in rete. Didattica delle lingue e tecnologie digitali.

per esempio, presenta nel suo contributo un interessante progetto volto a


dare rilevanza all’offerta formativa in italiano L2 del Centro FAST (For-
mazione e Aggiornamento anche con Supporto Tecnologico) dell’Uni-
versità per Stranieri di Siena. Il progetto denominato Piazza Italia, che
costituisce nel suo complesso un modello generalizzabile a numerosi al-
tri contesti, allestisce in una piattaforma e-learning spazi diversi in cui è
possibile esercitarsi sulla lingua (lo spazio Palestra) e, soprattutto, appro-
fondire aspetti della cultura italiana (gli spazi Biblioteca, Caffè, Cinema,
Museo, Ristorante). La condizione minima per la riuscita di un progetto
come quello descritto da Fragai non risiede tanto nel portato innovativo
dal punto di vista tecnico dello strumento che si utilizza (pure, ovvia-
mente, da non sottovalutare), quanto soprattutto nella capacità di creare
e mantenere attiva una effettiva comunità di apprendimento che dovreb-
be uscire dai limiti imposti da una piattaforma e-learning e aprirsi all’e-
sterno della Rete, sfruttando, come suggerisce l’autrice, anche le enormi
potenzialità comunicative di Social Network come Twitter.
La comunità di apprendimento, dunque, è il vero motore propulsi-
vo che più di tutto il resto contribuisce a rendere efficace una proposta
formativa per l’insegnamento della lingua non materna con l’uso delle
tecnologie educative. Ovviamente esso è avviato e potenziato grazie al
fatto che le persone interagiscono in ambienti di apprendimento vir-
tuali, anche quando realizzato in contesti formali come quelli scolasti-
ci o universitari. All’interno di atenei e centri linguistici sono sempre
più frequenti i corsi che prevedono una parte online, anche perché tale
scelta consente un abbattimento dei costi (che non deve essere tuttavia
confuso con un altro falso mito: quello della gratuità della formazione
a distanza!) e un risparmio di tempo che potrà essere reimpiegato nelle
lezioni in presenza per lavorare su particolari aspetti e attività. General-
mente, lavorare in modalità e-learning consente lo sviluppo delle abilità
orali ricettive, del parlato prevalentemente monologico (se si lavora in
modalità asincrona) e soprattutto delle abilità scritte. È il caso del corso
di scrittura accademica realizzato presso il Centro Linguistico di Ate-
neo dell’Università degli Studi di Firenze, descritto nel contributo di
Jafrancesco. Il percorso, erogato in formato blended, è stato realizzato in
un’ottica costruttivista, teoria dell’apprendimento i cui principi si sposa-
no particolarmente con un ambiente virtuale come la piattaforma Mo-

17
Orientarsi in rete. Didattica delle lingue e tecnologie digitali.

odle utilizzata, all’interno della quale si propongono attività complesse da


svolgere in modo collaborativo, come l’elaborazione di testi accademici
in lingua non materna. Ovviamente, in un contesto formale come quello
universitario, l’apprendimento non può essere demandato esclusivamente
all’interazione di tipo informale tra gli apprendenti, ma assumono mag-
giore peso anche i contenuti su cui gli studenti sono chiamati a lavorare.
Dunque, la scelta dei testi, i materiali utilizzati, i compiti assegnati, gli
strumenti e le modalità di interazione incidono fortemente sul percorso
di apprendimento, inteso come processo di condivisione e trasformazio-
ne della conoscenza, reso possibile, o quanto meno sicuramente facilitato
e amplificato, dall’uso delle tecnologie educative.
I vantaggi che possono derivarne se si lavora in ambienti di appren-
dimento virtuali adottando un approccio di tipo prevalentemente infor-
male, emergono anche quando i contenuti di apprendimento non sono
strettamente linguistici, ma sono maggiormente mirati allo sviluppo del-
la competenza interculturale.
La questione delle competenze culturali è, come è noto, legata a dop-
pio filo con quelle dell’insegnamento di una lingua non materna, ma
in questo lavoro essa riceve un’attenzione specifica e viene trattata da
punti di vista diversi. Balboni affronta la questione su un piano teori-
co, di ampio respiro, fornendo un originale modello interpretativo della
competenza comunicativa interculturale che, tra l’altro, fornisce ai do-
centi i riferimenti per poter operare le proprie scelte sul piano didattico
in questo particolare ambito. Il modello di Balboni risulta adeguato non
soltanto a interpretare la condizione di parlanti e apprendenti di una spe-
cifica lingua, ma è da considerarsi potenzialmente utilizzabile da parlanti
di qualsiasi profilo linguistico. L’autore dà conto della complessità della
didattica della lingua non materna che voglia adottare una prospettiva
interculturale segnalando, tra l’altro, potenziali punti critici in eventi co-
municativi che vedono coinvolti soggetti appartenenti a culture diverse.
Le abilità che dovrebbero essere messe in campo dai parlanti/agenti so-
ciali durante le loro interazioni, sono non soltanto linguistiche, ma anche
di tipo relazionale e includono, tra le altre, il decentramento del proprio
punto di vista, la sospensione del giudizio, la negoziazione dei significati,
la capacità di entrare in rapporto empatico con il proprio interlocutore.
Quale ruolo possono svolgere le tecnologie educative in queste relazio-

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Orientarsi in rete. Didattica delle lingue e tecnologie digitali.

ni, per lo sviluppo di una competenza comunicativo-interculturale? Esse


intervengono prevalentemente quando si lavora su un piano più stret-
tamente applicativo. Fondamentale diviene il ruolo dell’input – verbale,
audiovisivo o letterario – che grazie alla possibilità di utilizzare le tec-
nologie didattiche si rende facilmente disponibile, selezionabile e didat-
tizzabile per i docenti che intendono operare in un’ottica interculturale.
Gli interventi da realizzare, sfruttando al meglio la disponibilità di input
significativo dal punto di vista culturale, dovranno necessariamente es-
sere di natura diversa rispetto a quelli realizzati nella didattica di aspetti
linguistici: il docente, infatti, è chiamato soprattutto a fornire ai propri
apprendenti elementi interpretativi delle culture diverse dalla propria,
prevalentemente attraverso i processi di osservazione e classificazione,
piuttosto che tentare di insegnare una massa potenzialmente infinita di
aspetti culturali come elementi discreti.
Nel processo di sviluppo delle competenze interculturali, le tecnolo-
gie educative possono intervenire anche in modo diverso, per esempio
secondo la prospettiva adottata da La Grassa: non tanto come strumenti
che mettono il docente in condizione di favorire la riflessione intercul-
turale in contesto guidato, quanto come ambienti virtuali all’interno dei
quali sarà possibile interagire su specifici temi di discussione. Come sot-
tolineato da più autori in questo volume, anche La Grassa afferma che gli
ambienti virtuali si prestano molto bene allo scambio e alla condivisione
di esperienze, all’interazione dei partecipanti che possono sperimentare
forme di apprendimento collaborativo; in particolare, nel caso del pro-
getto esposto dall’autore, l’ambiente allestito favorisce il confronto infor-
male di modelli culturali differenti soprattutto nell’ottica, indicata anche
da Balboni nel suo contributo, di creare un setting per l’osservazione, la
categorizzazione e il confronto di aspetti culturali diversi più che tentare
un poco proficuo insegnamento unidirezionale di elementi caratteriz-
zanti le culture con cui si viene in contatto. Nel contributo viene spiegata
la scelta di adottare un modello di apprendimento di tipo informale che
preveda uno scambio paritetico e sostanzialmente autogestito dagli stessi
partecipanti all’interazione, principalmente adolescenti e giovani adulti
migranti presenti nel territorio italiano: si tratta di una scelta che pone il
progetto su un piano diverso rispetto ad altre esperienze di sviluppo delle
competenze interculturali realizzate in contesti scolastici. Tuttavia, come

19
Orientarsi in rete. Didattica delle lingue e tecnologie digitali.

segnala l’autore, il progetto non vuole porsi in contrapposizione rispetto


ad altre esperienze di natura più formale, quanto piuttosto rappresentare
una proposta integrativa a esse (una proposta, questa della integrazione
di approcci di insegnamento formali e informali, che è più volte emersa
dai contributi del presente volume).
La Rete, con la sua capacità di mettere in relazione persone dislocate
ovunque nel mondo, deve pertanto essere considerata anche per questo
importante aspetto finora poco esplorato: quello di riuscire a sostenere
la «consapevolezza interculturale» intesa come esito dell’interazione tra
soggetti il cui bagaglio culturale non è monolitico ma definito dal con-
tributo di più culture come nel caso, soprattutto, di adolescenti migranti.
Almeno in parte limitrofo al tema dello sviluppo delle competenze
interculturali è il tema dello sviluppo delle competenze pragmatiche a
cui vogliamo in ultimo accennare in questa introduzione, perché ancora
una volta le tecnologie educative possono assumere un ruolo di grande
importanza. Piattaforme di apprendimento e strumenti utilizzati per fare
interagire la comunità che, come si è detto più volte, è auspicabile venga
creata in percorsi di apprendimento delle lingue in e-learning, risultano
significativamente utili anche per un lavoro collaborativo che gruppi di
apprendenti possono fare relativamente alle scelte per la sottotitolazione
in lingua non materna di testi audiovisivi. È questo un campo in cui il
legame tra aspetti pragmalinguistici e culturali appare particolarmente
evidente e in cui, ancora, le tecnologie educative hanno un ruolo fon-
damentale, come ben descritto nel contributo di Incalcaterra, McLou-
ghlin e Lertola. Anche in campi tradizionalmente visti come distanti
dalle nuove tecnologie (competenze interculturali e pragmatiche), queste
possono dunque intervenire ed essere usate con grande profitto.
Concludiamo questa introduzione sottolineando ancora il punto
centrale che emerge dalla lettura di tutti i contributi, per quanto essi
siano eterogenei per punti di vista adottati, pubblici di apprendenti con-
siderati, competenze oggetto di attenzione, strumenti e ambienti di ap-
prendimento descritti. Le tecnologie educative non rappresentano uno
strumento neutro a disposizione del docente e di quanti si occupano di
didattica delle lingue; il loro uso richiede di acquisire competenze tecni-
che, ma soprattutto richiede una riflessione sul proprio metodo di inse-
gnamento che deve portare ai necessari adattamenti. Se ciò non avviene,

20
Orientarsi in rete. Didattica delle lingue e tecnologie digitali.

l’esito nell’uso delle tecnologie potrà variare da una posizione di massi-


mo profitto, ma comunque limitato sostanzialmente alla possibilità di
reperire e distribuire con più facilità contenuti a un numero più elevato
di studenti, a una massima disutilità, determinata da un uso pedagogi-
camente scorretto che potrà avere anche ricadute negative nel processo
di insegnamento/apprendimento linguistico. Sono invece le teorie peda-
gogiche, gli approcci, le metodologie, le tecniche e il loro coerente rac-
cordo a rappresentare la condizione necessaria, sebbene non sufficiente,
per fornire agli strumenti tecnologici la forza propulsiva che i docenti
possono utilmente impiegare nella didattica della lingua e della cultura
ad apprendenti non nativi.

21
Orientarsi in rete. Didattica delle lingue e tecnologie digitali.

Riferimenti bibliografici

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nente. URL: http://goo.gl/X5lq6E (ultimo accesso:16.03.2016).
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Villarini A. (a cura di), 2010, L’apprendimento a distanza dell’italiano come lingua straniera. Modelli
teorici e proposte didattiche, Firenze, Le Monnier.

22
prima parte

COORDINATE
capitolo i

DIDATTICA DELLE LINGUE


IN PROSPETTIVA INTERCULTURALE
Paolo E. Balboni
Università Ca’ Foscari, Venezia

1. La pericolosa e fuorviante percezione di nuovo e di moderno


in glottodidattica

Considerare nuove cose fermamente ancorate alla tradizione può


comportare la perdita di tale ancoraggio, fa correre il rischio di sotto-
valutare i dati provenienti dall’esperienza, ma soprattutto può portare a
un’equazione pericolosa: “nuovo, moderno, innovativo = bene”.
Forse bisogna esplorare, sebbene per cenni, tradizione e innovazione
in tre concetti che sono chiave per la nostra riflessione in questo contri-
buto: ci riferiamo all’ “approccio comunicativo”, visto che insegnare una
lingua oggi significa applicare la filosofia di tale approccio; alle “tecnolo-
gie glottodidattiche”, visto il contesto costituito dal volume al cui interno
stiamo contribuendo queste riflessioni; alla “dimensione culturale”, spe-
cifico apporto di questo saggio ai due elementi precedenti. Per quanto in
rapida sintesi, possiamo dire quanto segue.

1.1. L’approccio comunicativo

È ben vero che intorno al concetto di comunicazione come oggetto


e fulcro dell’insegnamento linguistico si è realizzata la grande rivolu-
zione glottodidattica degli anni Settanta, ma l’approccio comunicativo

24
Paolo Balboni

alle lingue non native è una realtà ben più antica di quella che risale a
40 anni fa: nella classicità questo era l’approccio seguito nelle cancellerie
dei faraoni o nelle domus romane, e comunicativo era l’insegnamento del
latino nei conventi medievali e dell’italiano nelle corti rinascimentali in
tutt’Europa: si insegnavano le lingue per comunicare, dove “comunicare”
significa sia interagire con altre persone, sia ricevere la comunicazione
di filosofi, letterati e perfino le parole di Dio! (Titone 1980; Kelly 1971;
Borello 2014; sul mondo antico, Ricucci 2014). La prospettiva comuni-
cativa non si spegne mai del tutto, e già nell’Ottocento sono chiaramente
orientati alla comunicazione Berlitz e Parmer, e poi Sweet, Jespersen nel
nostro secolo, e poi ancora l’Army Specialised Training Program dell’e-
sercito americano durante la guerra (Balboni 2009).
Certo, sono il Modern Language Project del Consiglio d’Europa, di
marca pragmalinguistica, e l’etnografia della comunicazione e la socio-
linguistica di Hymes e dei suoi Models of Interaction e On Communi-
cative Competence (1972a, 1972b) a fornire gli strumenti per una fon-
dazione scientifica dell’approccio comunicativo che per secoli era stato
basato su logiche intuitive: ma non erano una novità, erano il punto di
arrivo di un lungo percorso. Come non era una novità – per restare nelle
prospettive dell’ultimo secolo – la considerazione che la comunicazione
avviene in “eventi comunicativi”, nozione formalizzata da Hymes, carat-
terizzati da una “situazione sociale”, nozione formalizzata da Fishman;
né, importante ai nostri fini, era una novità che gli eventi comunicativi
erano immersi, calati, permeati dal “contesto culturale”, il cui ruolo nella
comunicazione è già stato studiato fin dagli anni Trenta da Malinowski
e Firth, e dagli anni Cinquanta da Hall e Lado; quindi: l’approccio co-
municativo è la prassi nella storia glottodidattica, interrotta per qualche
secolo, ma oggi recuperata; e nell’approccio comunicativo il ruolo del
contesto culturale è essenziale e non accessorio.

1.2. Le glottotecnologie

Tendiamo a usare come costrutto unitario “nuove tecnologie”, come


dimostra una scorsa, ancorché rapida, alla Bibliografia dell’educazione
linguistica in Italia disponibile in www.dille.it, anche se in realtà tutti gli
studenti di lingue nelle scuole e università sono nati dopo che il compu-

25
Paolo Balboni

ter aveva conquistato il ruolo primario tra tutte le tecnologie, quindi tan-
to “nuovo” non è; non solo: da decenni il computer ingloba le tradizionali
e per nulla “nuove” funzioni del registratore audio e di quello video, due
tecnologie obsolete (ma spesso definite “nuove” da chi confonde la “fun-
zione”, cioè riprodurre o effettuare registrazioni, con la “tecnologia”, la
macchina); anche Internet non è più nuova, è più anziana degli studenti,
come lo sono chat, mail e così via: sono forse “nuove” per una parte dei
docenti, ma non certo per uno studente che va all’esame di maturità:
otto anni fa, quando ha iniziato la scuola media e quindi il percorso di
individualizzazione e di progressiva padronanza degli strumenti offerti
dal mondo, aveva già a disposizione i Social Network, Skype, Youtube, i
programmi che scaricano canzoni e video, dizionari online ecc.
Inoltre, il ricorso alle macchine per l’insegnamento delle lingue non
è affatto nuovo: i manuali cartacei sono una macchina di trasmissione
asincrona di dati multimodali (linguistici e iconici); la lavagna tradizio-
nale è una macchina che serve alla trasmissione e fissazione sincrona,
anche se oggi è disponibile una lavagna interattiva e multimediale; gli
audio venivano usati fin dall’ASTP citato sopra e poi divennero il fulcro
metodologico dell’approccio strutturalistico e dei laboratori linguistici; i
film venivano usati fin dall’ASTP anche per una dozzina di ore la setti-
mana, e per tutti gli anni Settanta-Ottanta i manuali d’uso comune erano
corredati da diapofilm. Ma basterebbe ricordare che nel 1646 Comenio
ha scritto un trattato, Orbis pictus, sull’uso delle immagini in didattica…
Accentuare la dimensione innovativa può portare a una spesso grot-
tesca eterogeneità dei fini: per esempio, durante un blackout elettrico
o della Rete nelle aule iperattrezzate di LIM e proiettori, se le scuole
innamorate del “nuovo” non hanno una vecchia lavagna a muro la didat-
tica abortisce; peggio ancora, è il sottoutilizzo o l’utilizzo gratuito della
tecnologia, uso fine a se stesso e non volto all’ottimizzazione del processo
di acquisizione e insegnamento: per esempio, la riduzione del computer
a voltapagine elettronico, laddove in molti casi sarebbe più semplice vol-
tare pagine di carta; e così via.
Quindi: il supporto tecnologico per l’insegnamento delle lingue e, in
particolare, della cultura legata a una lingua ha una tradizione secolare,
anche se dalle incisioni colorate di Comenius siamo passati al video in
alta definizione di oggi.

26
Paolo Balboni

1.3. La cultura, la civiltà, la dimensione interculturale

I ragazzini latini non imparavano il greco perché ne avessero parti-


colarmente bisogno, soprattutto dal primo secolo in poi: ma attraverso
la lingua penetravano nella cultura greca, che sentivano come modello
di riferimento e che garantiva prestigio sociale. Gli aristocratici, i gover-
nanti, gli uomini d’arme e di commercio, dopo l’eclissi del latino nel xvii
secolo, studiavano le lingue per scopi pragmatici e non culturali, ma lo
loro figlie e mogli le studiavano per avvicinarsi alla musica e alla lettera-
tura, alla way of life lussuosa delle altre corti, alle culture ritenute punti
di riferimento e marcatrici di prestigio sociale.
Negli anni Venti e Trenta, quasi un secolo fa, Malinowski e Firth teo-
rizzavano l’impossibilità di studiare una lingua senza studiarne la cultu-
ra; negli anni Trenta e Quaranta Sapir e Whorf teorizzavano il fatto che
la cultura, e particolarmente il linguaggio, guidassero perfino la nostra
percezione della natura. Nell’ASTP dell’esercito americano, tra il 1943 e
il 1945, ben 12 ore su 36 erano dedicate agli area studies, supportati da
dischi e film.
Negli anni Settanta si formalizza l’approccio comunicativo, abbiamo
ricordato sopra, e la sua sintesi era che per comunicare correttamente
servisse la competenza linguistica, per comunicare efficacemente servisse
la competenza pragmalinguistica, per comunicare appropriatamente ed
evitare errori che possono inficiare il buon esito dello scambio comu-
nicativo anche tra parlanti pienamente padroni della lingua servisse la
competenza socio-culturale. Quest’ultima ha tre dimensioni:

a. sociolinguistica, che in questo caso focalizza principalmente i registri:


se gli errori di registro prevalgono sulla correttezza formale, impedi-
scono l’efficacia pragmatica;
b. cultura quotidiana, materiale, way of life: dall’organizzazione urbana
a quella della scuola, dall’articolazione dei pasti ai loro componenti
ecc. sono necessarie conoscenze specifiche per poter interagire in un
dato Paese;
c. civiltà, cioè valori di riferimento, way of thinking: l’idea che un popolo
ha di uomo, di giustizia, di relazioni umane e sociali, e così via. Sono
gli elementi che definiscono l’identità di quel popolo, i cui membri vi

27
Paolo Balboni

si riconoscono perché condividono questi modelli di classificazione e


valutazione della realtà.

Caon (2013-2014) ha ripreso la ricerca glottodidattica italiana da-


gli anni Sessanta e ha studiato il mutare dell’idea di cultura e civiltà
nell’insegnamento delle lingue straniere nel nostro Paese e a quel saggio
rimandiamo per l’approfondimento limitandoci qui a sintetizzarne il filo
conduttore:

a. negli anni Sessanta-Settanta, all’inizio della rivoluzione copernicana


in glottodidattica, come attestato dal primo convegno sul tema or-
ganizzato in Italia da Freddi (1968), la cultura/civiltà di un popolo è
vista come condizione utile, e in alcuni casi necessaria, per interagire
con i membri di quel popolo. L’idea di fondo è che si studi la civili-
sation per comunicare con i francesi, la Landeskunde per comunicare
con i tedeschi, la culture per l’inglese (britannico, all’epoca);
b. negli anni Ottanta-Novanta si consolida il percorso di integrazione
europea, e quindi incomincia ad affacciarsi l’idea che serva appro-
fondire non solo la civilisation francese o la Landeskunde tedesca,
ma anche cercare una prospettiva più ampia e inclusiva che formi il
nuovo cittadino europeo, come recitano molti documenti e studi del
Consiglio d’Europa dedicati all’educazione interculturale anche at-
traverso la lingua (Byram, Zarate 1994, 1997; Byram, Zarate, Neuner
1997; Grima Camilleri 2002; Byram 2003);
c. alla fine degli anni Novanta la prospettiva muta radicalmente: la glo-
balizzazione di fine secolo trasforma l’inglese in lingua franca: quindi
la dimensione interculturale non è più uno-a-uno, un italiano che
interagisce con un francese e quindi deve conosce la cultura di quel
popolo, ma è uno-a-x, in cui l’incognita x include tanto il turista bra-
siliano quanto il venditore cinese, tanto l’oligarca russo quanto lo stu-
dente finlandese in Erasmus (un approfondimento si può avere in
Brutt-Griffler 2002; McKay 2002; Seidlhofer 2004; Graddol 2006).

Il nostro primo volume dedicato alla comunicazione interculturale


– che era anche il primo in Italia – è del 1999: sono gli anni in cui dai
corsi di lingue delle aziende, dagli studenti in Erasmus, dalle persone

28
Paolo Balboni

impegnate nel turismo e nell’import/export viene la richiesta di punti di


riferimento, di guide che li aiutino a evitare le principali criticità della
comunicazione in lingua straniera o in lingua franca tra persone di diver-
se culture. L’idea di fondo di quel volume, conservata fino alla nostre ri-
cerche più recenti nel settore (Balboni, Caon 2014 e 2015) è quella di so-
stituire all’impossibile insegnamento della comunicazione interculturale
tout court l’insegnamento di un “modello di analisi e descrizione” della
comunicazione interculturale in modo che sia utilizzabile per sviluppare
una competenza comunicativa interculturale (in America si usa inter-
cultural communication competence, che definisce una competenza nella
comunicazione interculturale, mentre in Europa prevale intercultural
communicative competence, in cui è la competenza comunicativa a essere
declinata in prospettiva interculturale. In America non c’è interesse per
la natura epistemologica della intercultural communication competence
quanto piuttosto per l’uso di questa nozione in prospettiva meramente
commerciale in attività di valutazione della competenza in aziende mul-
tinazionali, nell’esercito, nelle università).
La parola chiave del nostro percorso di definizione del modello di
competenza comunicativa interculturale è “modello” e anch’essa, come
le tre nozioni che stiamo scorrendo in questo primo paragrafo, non è
affatto una novità, risale alle idee platoniche e, più recentemente, alla
teoria dei modelli elaborata tra gli anni Trenta e Sessanta da Tarski e col-
laboratori, teoria nata in ambito linguistico ma poi utilizzata soprattutto
in ambito matematico (per un approfondimento, rimandiamo al nostro
libro di epistemologia dell’educazione linguistica, del 2011). In estrema
sintesi, un modello è una struttura concettuale che, fino alla sua falsi-
ficazione, pretende di essere capace di descrivere un fenomeno in ogni
luogo e tempo: l’ipotesi è che questo modello descrivesse i problemi di
comunicazione interculturale tra gli Achei e i loro alleati asiatici davanti
a Troia, quello dei proconsoli romani che governavano le province, quel-
lo tra i vincitori della guerra seduti a Yalta, quello degli studenti d’oggi
che vanno in Erasmus e quello del Dr. Spock con il capitano Kirk sulla
Enterprise.

29
Paolo Balboni

2. Un modello di competenza comunicativa in prospettiva


interculturale

Nel mondo e in Italia si sono succeduti vari modelli di competenza


comunicativa in questi quarant’anni, ma nei primi anni del nostro secolo
abbiamo cercato di tradurre le varie definizioni in un modello più ampio,
che includesse la competenza comunicativa in ogni lingua – materna,
straniera, classica – in ogni tempo e luogo.
Riprendiamo dal nostro manuale del 2012 la più recente versione del
modello e la sua descrizione con un grafico (cfr. fig.1) può facilitare l’e-
splorazione di questo fondamentale concetto:

competenza mente mondo


linguistica

competenze padronanza delle capacità di


extra-linguistiche abilità linguistiche, agire
capacità di ‘fare’ lingua socialmente
con la lingua

competenze socio-
pragmatica e
(inter)culturale

fig. 1. Un modello di competenza comunicativa in una data lingua.

Lo schema si legge come segue: la competenza comunicativa è una realtà


mentale che si realizza come “esecuzione” nel mondo;
a. nella mente ci sono tre nuclei di competenze che costituiscono il “sapere
la lingua”:
- la competenza linguistica, cioè la capacità di comprendere e produrre
enunciati ben formati dal punto di vista fonologico, morfosintattico,
testuale, lessicale-semantico;
- le competenze extralinguistiche, cioè la capacità di comprendere e

30
Paolo Balboni

produrre espressioni e gesti del corpo (competenza cinesica), di va-


lutare l’impatto comunicativo della distanza interpersonale (compe-
tenza prossemica), di usare e riconoscere il valore comunicativo degli
oggetti e del vestiario (competenza oggettemica);
- il nucleo delle competenze contestuali relative alla lingua in uso: la
competenza sociolinguistica, quella pragmalinguistica e quella (inter)
culturale;
b. le competenze mentali si traducono in azione comunicativa, nel saper fare
lingua quando esse vengono utilizzate per comprendere, produrre, mani-
polare testi: si tratta delle cosiddette abilità linguistiche; questo mecca-
nismo di attualizzazione della competenza costituisce la ‘padronanza’ di
una lingua; la freccia centrale è duplice: da un lato, le competenze mentali
divengono performance nel mondo, dall’altro, dal mondo arrivano testi e
altri input che integrano, perfezionano, modificano, correggono le nostre
‘grammatiche’ mentali;
c. i testi orali e scritti prodotti attraverso il meccanismo di padronanza con-
tribuiscono a eventi comunicativi, governati da regole sociali, pragma-
tiche, culturali (una tavola rotonda in un convegno ha regole diverse da
quelle di una conversazione sullo stesso tema e con le stesse persone ma
realizzata al bar): è il “saper fare con la lingua”.

Questo modello tenta di descrivere la competenza comunicativa nella


lingua (o lingue) più importante, quella materna, e in altre lingue moderne
o classiche.
Nel momento in cui l’evento comunicativo include due madrelingua di
due lingue e culture diverse, nasce la necessità di articolare più in profondità
il modello visto sopra per renderlo adeguato a descrivere una situazione più
complessa. Riprendiamo il diagramma da Balboni, Caon (2015):
I riquadri, come risulta evidente, non fanno altro che riprendere lo sche-
ma di competenza comunicativa della prima figura e poi individuare per
ciascuno i punti critici.
La padronanza, cioè il fascio di abilità che da un lato portano le idee e le com-
petenze in lingua e comunicazione verso il mondo, e dall’altro consentono di
portare la lingua e la comunicazione dal mondo alla mente, è l’unico elemento
sostanzialmente differente tra il modello base di competenza a comunicativa

31
Paolo Balboni

fig. 2. Espansione dei punti critici nelle varie caselle della figura 1, nel momento in cui gli interlocutori
appartengono a lingue/culture differenti. Questa griglia è alla base della mappa internazionale della
comunicazione interculturale in www.unive.it/labcom.

32
Paolo Balboni

e quello di competenza comunicativa interculturale, che richiede non solo


abilità che richiede non solo abilità “linguistiche” ma anche abilità “rela-
zionali” (la cui natura può essere approfondita, oltre che nei capitoli che vi
ha dedicato Caon nel volume Balboni, Caon 2015, in Sclavi 2003; Albiero,
Matriardi 2006; Boella 2006; Anagnostopoulos et al. 2008; Luatti 2011):

a. saper osservare, decentrarsi e straniarsi, cioè saper azzerare l’impatto


di esperienze pregresse, idee, proiezioni, concezioni estetiche, valori
che condizionano lo sguardo nel momento del contatto con persone
di altre culture: decentrarsi significa vedere l’evento da una posizio-
ne “terza”, quasi osservando se stessi dall’esterno; straniarsi significa
cercare un distacco emotivo rispetto alla situazione, per evitare che
reazioni emozionali creino filtri – è la situazione più tipica di crisi
interculturale: un gesto, una parola, un atto neutro di un interlocutore
viene percepito come offensivo o aggressivo, quindi secondo due ca-
tegorie emozionali, dall’altro interlocutore;
b. saper sospendere il giudizio, per evitare il rischio visto nelle ultime
righe del punto (a). Categorizzare gli input è essenziale per vivere, ed
è quanto le emozioni, valutate cognitivamente, insegnano all’essere
umano, che compie operazioni di classificazione (bene/male, tran-
quillo/pericoloso, amichevole/aggressivo ecc.) in tempo reale, per po-
ter reagire appropriatamente. Nella comunicazione interculturale la
reazione deve essere sospesa, eventualmente giungendo a chiedere un
feedback esplicativo: «scusa, in Italia questo tuo gesto è molto offensi-
vo: volevi offendermi o nel tuo paese non lo è?»;
c. saper relativizzare, cioè avere la consapevolezza della parzialità del
nostro sguardo rispetto alla realtà;
d. saper ascoltare attivamente: significa superare le dicotomie viste al
punto (b) e, sulla base della consapevolezza descritta al punto ‘c’, porsi
nello stato di chi ascolta una persona intelligente, che per default non
è nemica, stupida, aggressiva ecc.: ascoltare per cogliere spiegazioni
implicite di alcuni atteggiamenti, per vedere se un dato per noi nega-
tivo viene tranquillamente superato nel resto del discorso, e così via.
L’ascolto attivo non è solo ascolto, può anche includere le richieste di
feedback viste sopra, o può includere verifiche attraverso un riassunto,
una sintesi di quanto detto;

33
Paolo Balboni

e. saper comprendere emotivamente: le emozioni giocano un ruolo


primario nella comunicazione interculturale e vanno quindi consa-
pevolizzate e controllate; i due meccanismi di base sono “l’empatia”,
ovvero la capacità di partecipare attivamente allo stato emozionale
dell’interlocutore riconoscendo la ‘qualità’ del suo vissuto emotivo, e
“l’exotopia” ovvero la capacità di riconoscersi diversi dagli altri e di
riconoscere la loro diversità – e riconoscere questa diversità, spesso
irritante o paurosa, come naturale, ovvia;
f. saper negoziare i significati: non sempre le differenze di cui sopra ci
sembrano accettabili, dal banale problema della gestione del catarro
in un evento con cinesi, in cui la negoziazione è semplice («per favore,
non sputare, mi dà il voltastomaco», «e tu, per favore, non soffiarti il
naso, mi dà il voltastomaco») a problemi più complessi, come l’invito
ad una lapidazione pubblica in Arabia o a una corrida in Spagna. Al
di là di questi casi estremi, il negoziare, il chiedere l’interpretazio-
ne corretta, l’evidenziare gli scopi per cui è stata detta una parola o
eseguito un gesto è fondamentale per una competenza comunicativa
efficiente.

(Ci sono possibilità di approfondimento ulteriore passim in molte del-


le opere citate e soprattutto in studi di origine americana, dove l’attenzione
alla valutazione della competenza interculturale – non della competenza co-
municativa interculturale – ha prodotto molta ricerca: Casmir 1997; Martin,
Nakayama, Flores 2002; Chen 2003; Samovar, Porter 2003; Chen, Starosta
2005; Bowe, Martin 2007; Cooper, Calloway-Thomas, Simonds 2007; Bratt
Paulston, Kiesling, Rangel 2012; Ting-Toomey, Chung 2012).

3. Didattica delle lingue in prospettiva interculturale

Fondiamo a questo punto le riflessioni che abbiamo svolto nei para-


grafi precedenti e consideriamole in prospettiva glottodidattica, focaliz-
zandoci sul ruolo dei progettisti dei materiali didattici e di coloro che
usano in classe tali materiali, i docenti.
La fonte necessaria dell’acquisizione di qualunque conoscenza è l’in-
put: ed è questo che forniscono materiali e insegnanti, insieme alla gui-

34
Paolo Balboni

da per la loro analisi e interiorizzazione, fornendo quello che Bruner


chiama Language acquisition support system, in modo da attivare il Lan-
guage acquisition device. Ora, quale input è necessario, e di che natura, e
attraverso quali strumenti, e con quali metodologie di fruizione, ai fini
di lavorare anche sulla dimensione interculturale quando si insegna una
lingua non nativa, straniera o classica che essa sia?

a. Input verbale: tutti i dialoghi e le letture presentano modelli culturali


propri del paese o dei paesi di cui si studia la lingua, nonché potenziali
punti di attrito interculturale laddove quei modelli non sono simme-
trici ai corrispondenti modelli culturali italiani (presupponendo l’ita-
liano come lingua/cultura materna degli studenti).
La lingua, per usare la metafora freddiana, è il precipitato di una cul-
tura, è il modo in cui una cultura si trasmette e si evolve, quindi ogni
input verbale dato in aula è potenzialmente utile sia per l’acquisizione
linguistica sia per quella interculturale, purché l’attenzione venga at-
tivata, purché vengano forniti strumenti di osservazione e di classifi-
cazione;
b. input audiovisivo: la mappa della comunicazione interculturale pre-
sente come work in progress ad accesso libero in www.unive.it/lab-
com mostra chiaramente come le principali differenze interculturali
in ambito comunicativo (quindi non quelle relative alle differenze nei
valori e nell’organizzazione sociale) siano collocate nella casella del
diagramma (vedi p. 2) che include la competenza extralinguistica e
cioè la comunicazione gestuale (cinesica), l’uso comunicativo della
distanza interpersonale (prossemica), la funzione comunicativa di og-
getti, vestiario, status symbols ecc. (oggettemica).
Nell’input di tipo (a) i linguaggi non verbali non sono visibili quindi
necessariamente sfuggono, mentre nei materiali audiovisivi essi sono
chiari ed evidenti spesso anche senza la mediazione dell’insegnante;
esistono materiali di supporto preziosi, come il Dizionario dei gesti
degli italiani in prospettiva interculturale (Caon 2010) che ha anche
una versione video, esistono molti video su Youtube, di solito di natu-
ra comica – e in cui le vittime principali sono gli italiani, che “parlano
con le mani”.
I materiali didattici sono molto raramente accompagnati da video,

35
Paolo Balboni

per ovvie ragioni di costi, per cui il compito di reperirli è affidato


all’insegnante che esplora google;
c. input letterario, categoria in cui includiamo anche canzoni e cinema:
è una tipologia di testi spesso usati in didattica a livelli avanzati, che
ha come caratteristica l’estrema cura con cui sono costruiti dall’autore,
dal regista, dal cantautore – cura linguistica e cura culturale, cura di
forma e cura di contenuto.
Proprio per questa attenzione a ogni dettaglio della comunicazione
(verbale e non) e del contesto culturale gli elementi di carattere inter-
culturale emergono spesso con maggiore evidenza che negli input di
tipo (a) e (b). In questo senso, dunque, il cinema è forse lo strumen-
to più potente per avviare gli studenti all’attenzione interculturale
(sull’intersezione tra educazione linguistica, letteraria e interculturale
si veda Caon, Spaliviero 2015).

Come utilizzare questi tre tipi di input per far emergere elementi
sia intraculturali, cioè propri della cultura che si esprime nella lingua
straniera o classica oggetto di studio, sia interculturali, che cioè possono
creare problemi di intercomprensione e di relazione interpersonale?
Come trasformare l’osservazione e la classificazione dei punti critici
nello sviluppo di una abilità relazionale non scholae sed vitae?
Il problema chiave che si trova a fronteggiare chi vuole insegnare
la comunicazione interculturale (atto che in apertura abbiamo definito
“impossibile”) è costituito dalla massa di possibili differenze intercul-
turali: essa è enorme ed è spesso difficile da percepire a causa del fatto
che spontaneamente applichiamo all’ermeneutica della altre culture i
nostri valori culturali, quelli che nella metafora di Hosftede sono noti
come softwares of the mind: leggiamo in greco racconti di stupri e appli-
chiamo il nostro orrore, laddove gli stupratori erano déi ed eroi, e questi
ultimi erano quasi sempre il frutto di uno stupro; vediamo in un film
danese come il Pranzo di Babette i commensali puritani che mangiano
in silenzio e interpretiamo questa scelta comunicativa come disappro-
vazione per un pranzo troppo ricco e tentatore, ma l’interpretazione è
frutto di una dissimmetria culturale: in Italia è vietato tacere a tavola, in
Danimarca lo si può tranquillamente fare e, anzi, una persona educata
non si dedica allo small talk mentre mangia; vediamo in telefilm ameri-

36
Paolo Balboni

cani colleghi di polizia, che dipendono completamente l’uno dall’altro e


passano giornate insieme, che si sono più volte salvati vicendevolmente
la vita, ma che non parlano delle proprie malattie o dei propri problemi
familiari perché vogliono la privacy, colleghi che si separano dopo anni
di lavoro comune senza neppure toccarsi, senza abbracciarsi, per l’orrore
della comunicazione basata sul contatto prossemico, ma che noi rischia-
mo di interpretare come freddezza emozionale, frutto di chissà quali
divergenze maturate in puntate precedenti che non abbiamo visto…
Di fronte a tale massa di possibili punti critici, quello che l’inse-
gnante di lingua non nativa può insegnare è costituito da due processi:
“osservare” e “classificare”. Per farlo è necessario prendere a riferimento
una mappa come quella che abbiamo riprodotta, in termine di model-
lo, nel paragrafo 2: trasformata in file word (o scaricata come tale dal
sito LabCom, citato sopra) la lista dei punti critici diviene l’indice di
un manuale personale, o di classe, un manuale da continuare a scrivere
lifelong a seconda degli incontri che la vita proporrà, dei viaggi, dei libri,
dei film, degli aneddoti sentiti da amici e colleghi, e così via.
La metodologia per realizzare questi processi è legata alla loro na-
tura:

a. osservare: “guardare” un video non significa “osservare”, perché


quest’ultimo verbo è connotato dall’intenzionalità e da uno sforzo
di analisi; né l’osservazione analitica è spontanea nella lettura di un
racconto o di un articolo di giornale o nell’ascolto di una canzone in
lingua straniera: l’osservazione interculturale, così come quella lin-
guistica, va guidata dall’insegnante, regista dell’insegnamento, lan-
guage acquisition support master, colui che, per dirla con Von Hum-
boldt, non insegna la lingua straniera ma crea le condizioni perché
qualcuno l’apprenda.
In ogni input che presenta ai suoi studenti l’insegnante può aggiun-
gere all’osservazione finalizzata alla lingua anche l’osservazione di un
elemento interculturale esplicito o implicito in quel testo; esistono
tecniche didattiche che facilitano questa operazione: per esempio,
guardare uno spezzone di film o di un talk show o di una pubbli-
cità togliendo l’audio consente di focalizzare l’attenzione sui gesti,
sulle espressioni, sulla distanza interpersonale, sugli oggetti usati in

37
Paolo Balboni

funzione comunicativa, sulle ‘divise’, da quella di uomo di successo a


quella di casalinga;
b. classificare all’interno della griglia quegli elementi emersi dall’osser-
vazione che sono diversi dagli omologhi elementi italiani, costruendo
lezione dopo lezione il proprio manuale di comunicazione intercul-
turale.

L’atto conclusivo di un processo di acquisizione è costituito dalla ve-


rifica e dalla conseguente valutazione. È possibile valutare la compe-
tenza comunicativa interculturale? Gli americani lavorano moltissimo
in questo ambito (si vedano sul tema Bennet 1993, 2001; Fantini 2000;
Oudenhoven, Van Der Zee 2002; Deardorff 2006, 2011; Kupka, Everet
2007; Dervin 2010), ma le loro ricerche e i molti convegni organizzati
dalla AFS (che in Italia è nota come Fondazione Intercultura) ci hanno
convinto che sia uno sforzo inutile perché offre risultati inattendibili, e
questo per due ragioni:

a. la difficoltà, se non impossibilità, di osservare e valutare un com-


portamento autentico: la valutazione misura un comportamento dal
quale si induce un’ipotesi sulla competenza, ma bisogna che i com-
portamenti siano per quanto possibili autentici. Osservare in classe
la comprensione di un testo scritto o orale, per quanto la situazione
non sia socialmente autentica, mostra un processo autentico, che av-
viene autenticamente in quel momento, la comprensione; lo stesso
vale per l’interazione con gli esaminatori o per la realizzazione un
monologo (sebbene prodotti in situazioni di ansia, in entrambi i casi:
dato di cui tener conto), e vale per un testo scritto dallo studente, per
scelte multiple lessicali o grammaticali ecc.: il valutatore può risalire
sebbene con una certa approssimazione dalla performance alla com-
petenza e può classificarla, per esempio, di livello B1; per osservare la
competenza comunicativa interculturale bisognerebbe porre lo stu-
dente all’interno di una situazione interculturale autentica, ma ciò è
impossibile nella maggior parte delle situazioni didattiche; metterlo
di fronte a un video consente di verificare la capacità di osservazione,
ma questa non coincide con la capacità d’uso, di azione sociale in
contesti interculturali, allo stesso modo in cui saper osservare la lin-

38
Paolo Balboni

gua e classificarne le parole secondo le parti del discorso non significa


saper usare la lingua; bisognerebbe creare una pluralità di situazioni
di possibile attrito interculturale (attrito linguistico, extralinguistico,
socio-pragmalinguistico, relazionale: gli elementi del modello), il che
è realisticamente impossibile;
b. ammesso che fosse possibile, c’è un elemento centrale della compe-
tenza comunicativa interculturale che non risulterebbe valutabile:
l’atteggiamento interculturale e relazionale.
Nella valutazione linguistica non sono in campo atteggiamenti: il fat-
to che nelle frasi secondarie in tedesco il verbo vada nell’ultima po-
sizione mentre nelle principali è in seconda posizione non è legato a
un atteggiamento emozionale e di gusto dello studente, sic est e tanto
basta; nella valutazione interculturale c’è sì una possibile dimensione
“grammaticale” costituita da “regole” che si possono conoscere, per
esempio il fatto che non si tocca il capo di un musulmano, che il ge-
sto a V con indice e medio significa “vittoria” se il palmo è rivolto
verso l’interlocutore mentre è un insulto con il palmo tenuto verso
chi parla, che l’OK con il pollice alzato è un insulto nel sudest asiati-
co e quello fatto con il cerchio di pollice e indice lo è in Russia ecc.;
ma nella valutazione interculturale bisognerebbe misurare soprattutto
l’abilità di saper sospendere il giudizio quando c’è un incidente, di sa-
per negoziare i significati extralinguistici e valoriali che costituiscono
potenziali punti d’attrito, e così via: questi “saper fare” interculturali
non sono elenchi di can do’s come quelli del Framework, sono atteg-
giamenti e strategie, e in quanto tali non sono valutabili se non molto
intuitivamente e in maniera soggettiva. Cioè inutile, ai fini di una
valutazione seria.

È possibile, dunque, un insegnamento delle lingue straniere e classi-


che che tenga conto della dimensione interculturale oltre che di quella
intraculturale?
È possibile, non è un problema di approccio, di tecnologie, di me-
todologia – solo di sensibilizzazione al problema e di attenzione a quel
grande fascio di messaggi che si affianca, nella comunicazione autentica,
alla lingua.
È solo un problema di formazione dei docenti.

39
Paolo Balboni

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capitolo ii

NUOVI E VECCHI PARADIGMI


NELL’INSEGNAMENTO
DELLE LINGUE E CULTURE
STRANIERE IN RETE

Donatella Troncarelli
Università per Stranieri di Siena

1. Introduzione

Negli ultimi decenni la rapida evoluzione e la capillare diffusione delle


tecnologie per l’informazione e la comunicazione (TIC) hanno condotto
non solo a una profonda trasformazione del modo in cui ci informiamo
e comunichiamo nella vita quotidiana, ma anche all’introduzione di ri-
levanti cambiamenti nelle modalità in cui insegniamo e apprendiamo in
una varietà di ambiti disciplinari, tra i quali quello linguistico. La didat-
tica delle lingue straniere, fortemente interessata all’uso delle tecnologie
al fine di ampliare l’esposizione a un input linguistico diversificato e di
sostenere il processo di apprendimento anche oltre i confini dell’aula,
rappresenta infatti uno degli ambiti maggiormente coinvolti dall’incal-
zante sviluppo tecnologico (Motteram 2013).
Il primo riflesso di questo sviluppo è senza dubbio l’opportunità di
accedere alla Rete che ha determinato un forte ampliamento della varie-
tà delle fonti di esposizione. Attingendo dal web, l’insegnante può infatti
facilmente selezionare testi scritti, orali, video o semplicemente iconici,
appartenenti a un’ampia gamma di generi e tipi, da utilizzare per la re-
alizzazione di interventi didattici. La lezione di lingua, precedentemen-
te ancorata al libro di testo e a pochi materiali integrativi, soprattutto
quando l’insegnamento aveva luogo in posti geograficamente lontani dal

42
Donatella Troncarelli

paese della lingua oggetto di apprendimento, è diventata oggi più varia,


articolata, mirata alle esigenze dei destinatari e stimolante, potendo con-
tare su una pluralità di media integrati in un unico supporto tecnologico,
coinvolgendo simultaneamente più sensi e attivando più modalità di ap-
prendimento (Maggini 2011).
L’ingresso delle tecnologie di Rete in classe ha comunque offerto an-
che altre opportunità a seconda del tipo di infrastruttura tecnologica
disponibile. Accanto all’impiego di sistemi di videoconferenza, che con-
sentono il collegamento in tempo reale con altre classi o altri parlanti
della lingua di apprendimento per interagire o collaborare allo svolgi-
mento della lezione, può essere previsto l’uso di aule dotate di rete di-
dattica1 o di pc portatili collegati a una rete WIFI, che permettono la
navigazione autonoma del singolo studente o di gruppi di studenti nel
web. Anche chi apprende può dunque trovare in Rete ulteriori fonti di
esposizione alla lingua e di pratica esercitativa, avvalersi di sussidi di
sostegno allo studio, ricercare documenti sulla vita, sulla cultura e sulla
società della quale sta imparando la lingua, svolgere da solo o in gruppo
attività mirate allo sviluppo di particolari competenze e abilità.
Inoltre lo sviluppo tecnologico ha reso possibile anche il trasferimen-
to della classe in Rete. La guida del docente e lo svolgimento di attività
con i compagni di corso possono essere infatti estesi oltre i limiti spazio-
temporali della lezione di lingua, grazie al ricorso a sistemi per la con-
divisione, la collaborazione e l’interazione disponibili online, ma anche
all’ausilio di applicazioni su dispositivi mobili che permettono di lavo-
rare insieme, pur lasciando a ognuno la libertà di seguire i propri tempi
di apprendimento. La classe infine può costituirsi direttamente in Rete
quando il corso di lingua è svolto completamente a distanza con l’im-
piego di piattaforme per l’e-learning o di altri sistemi che consentono la
gestione di contenuti di apprendimento, l’interazione tra i partecipanti,
l’accesso a risorse offerte dal web e il monitoraggio dell’apprendimento.
In questo panorama variegato e in continua evoluzione, diversi pa-
radigmi dell’applicazione della tecnologia alla didattica delle lingue si

1 Le reti didattiche consentono il collegamento e la messa in parallelo di tastiere, video, schede


audio dei pc presenti in un’aula in modo da poter trasmettere a tutti lo stesso file e da poter
gestire la postazione dello studente da quella del docente.

43
Donatella Troncarelli

sono avvicendati a volte ribaltando scenari precedenti, altre ridefinendo


la propria fisionomia e altre ancora riproponendo vecchie pratiche in
nuovi contesti. Scopo del presente contributo è di delineare un quadro
di tali paradigmi offrendo spunti di riflessione sulle modalità di insegna-
mento e apprendimento attivate, sui modelli formativi promossi e sui
ruoli degli attori coinvolti.

2. Dalle macchine per insegnare agli ambienti virtuali per la formazione


di massa

Verso la metà degli anni Novanta, Porcelli descriveva il ruolo del


computer nella didattica delle lingue ricorrendo alle metafore del ma-
gister e del pedagogus (Porcelli 1994). La prima considerava l’impiego di
questo strumento come sostitutivo del lavoro del docente tramite l’uso
di programmi intelligenti, in grado di guidare il processo didattico, mo-
nitorare l’apprendimento e valutare le prestazioni. La seconda metafora
si riferiva invece all’impiego del computer come coadiutore infaticabile e
ubbidiente al quale il docente si affida per poter far svolgere una plura-
lità di attività sulla lingua, per attuare percorsi di recupero o per fornire
ulteriori opportunità di esercitazione, gestibili anche in modo autonomo
da parte dello studente. A queste due modalità di utilizzo si aggiungeva
quella del pc come «sussidio didattico integrato» (Porcelli 1994: 138),
cioè come strumento attraverso cui condurre alcune delle attività previ-
ste nel percorso didattico, in modo da poter trarre vantaggio dalle poten-
zialità offerte dal mezzo tecnico, diventato ormai multimediale.
Nell’arco di circa un ventennio molte cose sono cambiate e l’impiego
del pc in ambito didattico ha preso strade non prevedibili e accantona-
to quelle che sembravano percorribili. I pacchetti chiusi, utilizzabili dal
singolo studente sul pc, si sono dapprima arricchiti diventando sistemi
più flessibili e reticolari, quindi fruibili secondo ritmi individuali di na-
vigazione e di fruizione, poi si sono trasferiti in Rete trasformandosi in
ambienti di apprendimento multirelazionali e aprendosi all’integrazione
con le innumerevoli risorse che il web offre. Le piattaforme per l’e-lear-
ning, cioè i LMS (Learning Management System) o i LCMS (Learning
Content Management System) su cui viene realizzata oggi la formazione,

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Donatella Troncarelli

consentono infatti, accanto alla gestione di materiali didattici e il moni-


toraggio delle attività svolte dagli utenti, anche varie forme di comuni-
cazione tra gli attori coinvolti nel processo formativo. L’apprendimento
non è guidato da una macchina diventata più intelligente, come ci si
poteva attendere negli anni Novanta del secolo scorso, né il pc agisce
come sofisticato dispensatore di attività da svolgere individualmente per
sviluppare competenze linguistiche tramite l’esercitazione costante. Il pc
continua a essere utilizzato come sussidio didattico integrato e, anche
quando la formazione è completamente mediata dalla tecnologia, il do-
cente non ha ceduto il suo posto, continua a essere presente, spesso nella
veste di tutor o di mentor, per gestire l’interazione didattica, orientare gli
studenti nello svolgimento di compiti, motivare la partecipazione, for-
nire spiegazioni, correggere e valutare. In altre parole l’azione didattica
è sempre gestita dall’insegnante che si avvale delle tecnologie per le po-
tenzialità che queste offrono. I vecchi paradigmi sono stati sostituiti da
nuovi che non relegano l’apprendente al ruolo di soggetto passivo ma lo
delineano come attore fortemente partecipe. Lo studente, posto infatti al
centro del processo formativo, sviluppa abilità e competenze usufruendo
dello scaffolding offerto dal tutor e dall’ambiente di apprendimento2, in-
teragendo con gli altri e impegnandosi in attività di peer teaching e peer
evaluation.
La dimensione sociale e collaborativa dell’apprendimento è subentra-
ta a quella autoistruttiva (Trentin 2008), sebbene questa non sia stata del
tutto scalzata. Micro- percorsi di apprendimento individuale sono infat-
ti compresi anche in ambienti formativi di matrice costruttivista3, dove

2 Il concetto di «scaffolding» è stato elaborato nell’ambito della prospettiva costruttivista


(vedi nota successiva): chi apprende ha necessità di essere aiutato da supporti umani, tecnici,
organizzativi. Lo scaffolding consiste quindi nell’assistere lo studente nello sviluppo delle abilità
e delle competenze utili al conseguimento di un obiettivo formativo centrato sui suoi bisogni.
Questo sostegno può esercitarsi sia sul piano esclusivamente intellettuale che sul piano emotivo
o sociale.
3 Il costruttivismo, come quadro teorico sull’apprendimento, si è andato affermando a partire
dagli anni Ottanta del secolo scorso soprattutto nell’ambito delle tecnologie didattiche. Nella
prospettiva costruttivista la conoscenza è considerata il risultato di una costruzione attiva del
soggetto, che integra nuove conoscenze con quelle già disponibili attraverso l’interazione sociale
e la negoziazione di significati, e non il frutto della trasmissione di informazioni da parte del
docente, concepito come dispensatore di sapere (Varisco 2002).

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Donatella Troncarelli

non sono totalmente escluse attività che il singolo studente è chiamato


a svolgere, ma dove queste vengono concepite come componenti di una
vasta gamma di compiti a sostegno dell’apprendimento, su cui riflettere
e confrontarsi con gli altri membri della community. Inoltre, alcuni dei
corsi di lingua offerti online continuano a proporre percorsi in cui l’ela-
borazione dei contenuti da parte degli apprendenti assume un ruolo cen-
trale nella formazione, che si configura quindi come autoistruzione in
cui il ricorso alla tecnologia supplisce la formazione in presenza guidata
da un docente. Sebbene questo tipo di corsi si svolga su piattaforme per
l’e-learning dotate di strumenti di comunicazione, l’interazione è infatti
limitata alle richieste di supporto inoltrate ai tutor per risolvere problemi
tecnici o per ottenere suggerimenti per l’uso dei materiali didattici. Vec-
chi modelli formativi, rivisitati in misura variabile in base agli obiettivi
della formazione e ai vincoli posti dal supporto tecnologico, convivono
dunque con i nuovi paradigmi, sempre più diffusi per la capacità di pro-
muovere modalità innovative e partecipative di apprendimento.
Questo è anche il caso dei MOOC (Massive Open Online Courses)
che, sempre più numerosi, stanno popolando la Rete da circa un quin-
quennio (Chakraborty 2015). Nati per rendere fruibile a un ampio pub-
blico la grande quantità di materiale digitale di cui dispongono le uni-
versità, non hanno incluso in un primo momento l’insegnamento delle
lingue straniere. Alcune proposte relative a questo ambito hanno iniziato
a circolare sul web negli ultimi due anni4. Si tratta di corsi in cui l’asse
portante è costituito da materiale videoregistrato, che può consistere in
unità didattiche oppure in lezioni tenute da un docente. Il materiale è
implementato e reso disponibile su una piattaforma, fornita da un provi-
der, la quale consente la gestione degli utenti, dei contenuti, dei percorsi
di apprendimento e delle interazioni tra i partecipanti.
I MOOC prevalentemente articolati per unità didattiche propongo-
no la visione di situazioni comunicative, seguita da spiegazioni relative
alle forme linguistiche, da esercizi e da attività basate sulla discussione
da svolgere insieme agli altri partecipanti su forum. Lo studente è gui-

4 Attualmente sono offerti corsi di spagnolo di livello A1 e A2, corsi avanzati di inglese e
francese, corsi di tedesco, olandese, portoghese e cinese per principianti e corsi di italiano. Questi
ultimi sono stati realizzati dal Wellesley College sulla piattaforma EDX e dall’Università per
Stranieri di Siena sulla piattaforma di Future Learn.

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Donatella Troncarelli

dato attraverso l’unità dalle istruzioni contenute nelle varie pagine di cui
si compone il percorso5. In quelli organizzati per lezioni in genere è il
docente che attraverso i videoclip dirige l’attività didattica, come nella
formazione in presenza, guidando lo studente all’uso delle risorse rese
disponibili per l’apprendimento o suggerendo lo svolgimento di eserci-
zi. Una ulteriore soluzione è rappresentata dalla presenza di una figura
guida che conduce lo studente lungo il percorso organizzato per unità
didattiche6. Tutte le modalità di realizzazione comprendono materiali
scaricabili di vario tipo - compresi i videoclip che possono non essere
tutelati da copyright, essendo il corso aperto e gratuito - attestazioni di
frequenza del MOOC e/o di superamento dell’esame di fine corso7.
In sintesi i MOOC recuperano elementi della formazione a distanza
definita di seconda generazione8, quali:
-- il ricorso alla tecnologia per sostituire l’insegnante che presenta il ma-
teriale, assegna le attività e valuta l’apprendimento;
-- l’uso del video per attuare la comunicazione uno a molti, spesso con-
figurandosi come un surrogato della lezione in presenza;
-- la limitazione della comunicazione molti a uno, cioè dello studente
con il docente o con chi gestisce il percorso formativo;
-- la sequenzialità dei contenuti e dei materiali che, in molte piatta-
forme, non lascia spazio a una consultazione reticolare, riducendo la
possibilità di intraprendere itinerari personali di apprendimento.

5 È costruito in questo modo, per esempio, il corso “Spanish for beginners” realizzato da
docenti della Universidad a Distancia de Madrid - UDIMA e offerto sulla piattaforma Iversity.
6 Sono così organizzati i corsi “Español Salamanca A2” offerto dall’Università di Salamanca
sulla piattaforma Miríadax e “Introduction to Italian”, proposto dall’Università per Stranieri di
Siena sulla piattaforma Future Learn.
7 Le attestazioni sono rilasciate dietro pagamento di una tassa e costituiscono, per molte
organizzazioni che offrono le piattaforme su cui implementare i MOOC, le forme principali
di introito. In alcuni casi è possibile sostenere un esame che consente di conseguire ETCS
(European Credit Transfer System), cioè crediti formativi universitari da parte dell’università che
offre il corso.
8 La prima generazione di formazione a distanza è considerata quella attuata tramite
corrispondenza, che ha caratterizzato la prima parte del secolo scorso. La seconda generazione
si è sviluppata grazie alla radio e alla televisione che hanno consentito di raggiungere un ampio
pubblico di ascoltatori. La terza generazione invece è quella legata all’uso della Rete.

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Donatella Troncarelli

Tali elementi sono però collocati in un nuovo supporto tecnologi-


co, costituito dalla piattaforma per la gestione del MOOC, che rende il
percorso facilmente aggiornabile, distribuibile, integrabile con risorse di
rete e con strumenti per la comunicazione mediata da computer. Vecchi
paradigmi incontrano quindi i nuovi e si fondono per dare vita a ulterio-
ri opportunità per la didattica. Il risultato di questo connubio dipende,
come osserva Rotta (2014), dagli orientamenti pedagogici seguiti.
L’efficacia dell’utilizzazione di un MOOC è sicuramente connessa da
un lato alla produzione di risorse specifiche, centrate sul conseguimen-
to di obiettivi ben delineati, piuttosto che all’utilizzazione di quelle già
disponibili per altri percorsi realizzati su supporti diversi, dall’altro alla
portata della dimensione sociale e collaborativa promossa per sostenere
l’apprendimento. Il lancio di un MOOC in Rete è preceduto da una
campagna di diffusione che riesce a coinvolgere un numero estrema-
mente elevato di persone. Di queste, solo un numero molto più restret-
to diventa partecipante attivo e una quota ancora più ridotta conclude
l’esperienza formativa, richiedendo una attestazione di partecipazione
(Perna, Ruby 2014). La cifra considerevole di abbandoni è da attribu-
ire, non solo alla gratuità del corso e alla vasta gamma di motivazioni
che spinge milioni di utenti a iscriversi, ma anche a uno dei limiti che i
MOOC condividono con la formazione di seconda generazione che in
parte reincarnano: l’isolamento dell’utente nello svolgimento del percor-
so di apprendimento. Se le attività proposte richiedono di interagire solo
o prevalentemente con i materiali didattici, l’isolamento e, di conseguen-
za, il rischio di abbandono aumentano. La creazione di un ambiente, in
cui si colloca il lavoro sui contenuti del MOOC, che stimoli la colla-
borazione e l’interazione con altri utenti, diventa quindi un fattore di
grande importanza sia sul piano motivazionale, sia su quello dell’efficacia
didattica poiché in grado di promuovere forme di apprendimento attivo,
basate su processi di costruzione della conoscenza che le tecnologie di
Rete sono in grado di sostenere.
Insomma, la riuscita e il futuro anche di un fenomeno di ampia riso-
nanza come i MOOC dipendono dal grado di fusione tra vecchi e nuovi
paradigmi nell’uso della tecnologia applicata alla didattica.

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Donatella Troncarelli

3. Dalle piattaforme alle App

Negli ultimi anni la tecnologia mobile ha conosciuto un considerevo-


le sviluppo e un’ elevata penetrazione a livello mondiale (vedi Fratter in
questo volume), sottraendo utenti al computer e ampliando il raggio di
utilizzazione della Rete:

Il fenomeno di erosione degli utenti Internet da desktop a favore del mo-


bile è ormai conclamato per i Paesi del vecchio mondo, mentre per i Pa-
esi del nuovo mondo, quelli che si approcciano ora all’utilizzo di Internet
- India, Cina, Brasile per esempio - è il punto d’accesso principale.
Le popolazioni di queste geografie saltano a piedi pari il passaggio da
computer (Brognara 2014: 7).

Per rispondere alle esigenze di una società sempre più on the move sono
state messe in circolazione applicazioni (App), utilizzabili su smartphone,
e tablet che agevolano la vita quotidiana offrendo una gamma disparata
di servizi: dal comprare voli o prenotare un albergo, al comunicare con
la famiglia e con gli amici, al giocare per occupare il tempo, al sostenere
l’uso o l’apprendimento delle lingue. Sul nostro dispositivo mobile pos-
siamo infatti scaricare App per disporre di dizionari mono o bilingue, di
traduttori automatici e di attività per memorizzare il lessico, esercitare
elementi grammaticali, costruire frasi, migliorare la comprensione.
Come nel caso dei MOOC, molte di queste App propongono vecchie
pratiche in nuovi contesti. Esercitazioni su elementi discreti della lingua,
quali singole parole e regole morfologiche, che un software riesce a gestire
molto bene, sono associate a giochi e all’interazione con altri utenti. Ne
è un esempio l’App Lern Deutsch - Stadt der Wörter realizzata dal Goethe
Institut e scaricabile gratuitamente da Google Play e Apple Store. Si
tratta di una applicazione rivolta ad apprendenti principianti di tedesco
per sviluppare la competenza lessicale. Le parole sono presentate isolata-
mente o in frasi utilizzabili nei luoghi riprodotti virtualmente nell’appli-
cazione e in cui l’apprendente può muoversi con un avatar, come la città,
il parco, la casa, il Goethe Institut, la stazione ferroviaria, l’hotel. Lungo
il proprio itinerario, l’utente svolge una serie di compiti, che consentono
di guadagnare delle monete virtuali, e incontra altri apprendenti, in quel

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Donatella Troncarelli

momento online, con i quali può giocare. I giochi sono sfide basate sulla
memorizzazione dei vocaboli che consentono di guadagnare premi per l’in-
gresso nella hall of fame. La grafica, la dimensione ludica e la competizione
con gli altri utenti, rendono l’attività motivante nonostante l’applicazione
riproponga, su un nuovo supporto tecnologico, il paradigma del pedagogus
che somministra in modo infaticabile esercizi e invia riscontri sulla presta-
zione dell’apprendente.
Un’altra applicazione basata su pratiche ormai poco utilizzate e consi-
derate superate per l’apprendimento delle lingue è Duolinguo. Lanciata nel
2012 e selezionata nel 2013 come App dell’anno da Apple Store e da Go-
ogle Play, utilizza infatti la traduzione da una lingua a un’altra come tecnica
didattica. Per poter imparare una lingua occorre quindi essere un parlante
di una lingua tra quelle da o per cui è possibile realizzare la traduzione. Per
esempio, i parlanti di lingua inglese possono apprendere spagnolo, francese,
tedesco, portoghese e italiano, quelli di lingua tedesca possono imparare
inglese, francese e spagnolo, mentre chi parla l’italiano può solo scegliere
attualmente tra inglese e francese9.
Il percorso offerto si articola in piccoli blocchi di attività, definiti unità10,
che ruotano intorno a un campo semantico o a un argomento grammati-
cale. Si tratta di materiale non analizzato nelle sue componenti costitutive
e presentato attraverso singole parole, negli stadi di apprendimento iniziali,
e successivamente tramite singole frasi. L’apprendimento si fonda sulla tra-
duzione da una lingua all’altra e sulla memorizzazione. Parole e frasi non
tradotte correttamente vengono ripresentate prima di concludere l’attività,
al termine della quale è possibile passare a quelle successive. Si accede a
un’altra unità quando si sono concluse le attività comprese in quella pre-
cedente. È invece consentito saltare blocchi di unità facendo un esame che
permette l’apertura di un ramo successivo lungo l’itinerario da percorrere.

9 Il lancio del corso di tedesco per italiani è previsto per il 7 luglio 2016 e conta attualmente
23370 interessati mentre quello di spagnolo è previsto per il 10 ottobre 2016 e conta 22480
interessati.
10 Non si tratta di unità comunemente intese in ambito glottodidattico ma di un insieme di
attività, chiamate lezioni, che utilizzano tecniche quali la traduzione da una lingua a un’altra,
la selezione in una scelta multipla di una traduzione, la lettura ad alta voce di una parola o di
una frase, la trascrizione di una parola o di una frase su cui l’apprendente riceve un feedback
immediato dal sistema.

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Donatella Troncarelli

Basando l’apprendimento sulla traduzione da una lingua a un’altra,


una serie di ostacoli si presentano all’utente dell’applicazione: traduzioni
corrette considerate errate dal sistema (cfr. fig. 1), errori di registro o
errate collocazioni11, frasi formalmente corrette ma improbabili o prive
di senso (cfr. fig. 2), impossibilità di dare valore alle forme linguistiche
venendo a mancare un contesto a cui riferirle12. Gli apprendenti hanno
però strumenti che consentono loro di contribuire al miglioramento del-
le traduzioni suggerendo frasi di arrivo alternative per una stessa frase di
partenza, oppure di presentare le loro perplessità ad altri utenti in linee
di discussione dedicate a ciascuna frase (cfr. fig. 2) e ricevere aiuto13.

fig. 1. Esempio di traduzione non accettata.

11 Viene per esempio considerata errata la frase «Deve mettere il succo in cucina» come
traduzione della frase inglese «She has to place the juice in the kitchen» traducibile invece per il
sistema con «Deve porre il succo in cucina».
12 Per esempio frasi al passato prossimo in italiano come «Non abbiamo giocato nel parco» sono
accettate sia se tradotte con il past tense («We didn’t play in the park») o al present perfect («We’ve
not played in the park») poiché non sono inserite in un contesto che consenta di cogliere il valore
funzionale dei due tempi verbali.
13 Grazie al contributo fornito dagli utilizzatori della App, le traduzioni sono molto migliorate
da quando è stata lanciata. Inizialmente venivano segnate errate le frasi con non contenevano la
stessa punteggiatura della frase di partenza e le frasi italiane senza soggetto, quando questo era
costituito da un pronome personale, oltre a traduzioni alternative ugualmente valide.

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Donatella Troncarelli

Per superare la noia che può derivare dalla ristretta gamma di attività
proposte e dalla ripetitività degli item, gli sviluppatori dell’applicazione
hanno previsto sfide e incentivi. L’apprendente può infatti accumulare
“lingot” (valuta virtuale di Duolinguo), che consentono di acquisire una
serie di vantaggi come l’accesso a unità su usi idiomatici della lingua, test
di progresso, sfide cronometrate per poter avanzare di livello, oppure può
perdere “cuoricini” ed essere costretto a iniziare di nuovo una attività,
come accade nei videogiochi.

fig. 2. Esempio di frase improbabile.

Se non fosse per la possibilità di interazione offerta alla comunità dei


suoi utilizzatori, Duolinguo si configurerebbe solo come un tentativo di
reintroduzione, attraverso una cornice tecnologica, di pratiche proprie
del metodo grammaticale traduttivo, le cui debolezze sono state messe in
luce dagli studi glottodidattici, soprattutto se impiegate ai primi livelli di
apprendimento linguistico (Balboni 1998, 2006). Attraverso il confronto
con gli altri viene invece attivata la riflessione sulle forme e sugli usi della
lingua che riesce a rendere l’impiego di una tecnica didattica, comunque
discutibile, più efficace per l’apprendimento e accettabile da parte degli
utenti. Il punto di forza della App non è tanto un percorso formativo ben
delineato e ludico, contrariamente a quanto potrebbe sembrare a prima
vista, quanto piuttosto la possibilità di condividere l’esperienza di appren-
dimento con altri utenti tramite azioni di sostegno reciproco, peer teaching

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Donatella Troncarelli

e la condivisione di informazioni su altre risorse disponibili in Rete per


imparare la lingua14. Ciò diventa particolarmente evidente nella sezione
“Immersione” dove gli utenti possono caricare un testo selezionato dal web
e tradurlo da una lingua a un’altra con l’aiuto di altri utenti. Si tratta di
un sistema di scrittura condivisa che consente di avere il testo originale
a fronte e di rivedere il lavoro di traduzione fatto da altri, approvare le
versioni realizzate e discutere in un forum dedicato i problemi incontrati
e proporre soluzioni. Utenti competenti nella lingua di apprendimento
possono quindi esercitare l’abilità traduttiva attraverso percorsi di learning
by doing15, collaborando alla riflessione interlinguistica e migliorando la
propria padronanza della lingua.
Come questi esempi mostrano, anche nel caso delle App i vecchi pa-
radigmi si fondono con i nuovi, andando a bilanciare i limiti dell’utilizzo
delle tecnologie come strumenti per esercitare l’automatizzazione di paro-
le, sintagmi o frasi, tramite la costante ripetizione e collocando l’apprendi-
mento in una dimensione sociale senza la quale chi apprende stenterebbe
a sviluppare competenze e a mantenere la propria motivazione a imparare.

4. Dall’apprendente fruitore all’apprendente produttore

Nella didattica delle lingue seconde l’apprendimento formale, cioè


realizzato attraverso la frequenza di un percorso formativo, e l’appren-
dimento spontaneo, cioè frutto di esposizione non guidata alla lingua,
sono sempre andati sottobraccio. Chi vuole imparare una lingua stranie-
ra generalmente dà inizio a questa esperienza con l’iscrizione a un corso
e poi, eventualmente, sceglie di proseguire recandosi nel paese dove la
lingua è utilizzata per gli scambi comunicativi quotidiani. Altri impa-

14 Trentin (2000) propone di distinguere l’apprendimento collaborativo, dove comunque


il docente o il tutor mantengono la regia delle attività da svolgere, mediando e dirigendo
l’interazione verso il conseguimento di obiettivi delineati, dall’apprendimento mutuato o reciproco
caratterizzato dall’organizzazione autonoma degli utenti che si sostengono vicendevolmente
nella risoluzione di problemi che emergono nello svolgimento del percorso formativo.
15 Nella sezione “Immersione” la traduzione non è utilizzata come tecnica didattica in quanto
gli utenti che vi partecipano hanno già una discreta competenza nella lingua e traducono per
migliorare le propria competenza di mediazione.

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Donatella Troncarelli

rano interagendo con i parlanti nativi e decidono solo successivamente


di frequentare un corso di lingua per migliorare la propria competenza.
Altri ancora iniziano a studiare una nuova lingua nel paese dove la lingua
è parlata, apprendendo in modo misto. Inoltre, metodi utilizzati in percor-
si di istruzione formale hanno tentato di avvicinare l’aula all’ambiente di
acquisizione naturale della lingua.
Con il ricorso alle tecnologie di Rete non solo il confine tra appren-
dimento di una lingua straniera, centrato su percorsi formali, e appren-
dimento di una lingua seconda, basata anche su processi di acquisizione
spontanea, è andato notevolmente assottigliandosi, dato che gli studenti
possono essere messi in contatto con parlanti nativi e possono fruire di
documenti come se si trovassero nel paese della lingua che stanno appren-
dendo, ma sono state notevolmente accorciate anche le distanze tra inse-
gnante e studente, produttore e fruitore di materiali didattici. Prima della
diffusione della Rete questi ruoli erano ben definiti e separati. Il docente
era colui che, avendo ricevuto una formazione specifica, aveva titolo a pro-
gettare e gestire l’azione formativa mentre lo studente era solo il ricevente
della formazione. Il parlante nativo poteva entrare in questo scenario nel
ruolo di assistente del docente o di informant, come era definito nel meto-
do audio-orale, per fornire il materiale linguistico su cui lavorare:

The technique Bloomfield and his colleagues used was sometimes known
as the “informant method” since it used a native speaker of the language
- the informant ­who served as a source of phrases and vocabulary and
who provided sentences for imitation, and a linguist, who supervised the
learning experience. The linguist did not necessarily know the language
but was trained to eliciting the basic structure of the language from the
informant. Thus the students and the linguist were able to take part in
guided conversation with the informant, and together they gradually le-
arned how to speak the language, as well as to understand much of its
basic grammar (Richards, Rodgers 2001: 51).

Ora all’apprendente, in quanto parlante della lingua materna o di al-


tre lingue di cui è competente, sempre più spesso si presentano occasioni
per uscire dal proprio ruolo e assumere quello di formatore. Molti Social
Network e piattaforme internazionali per l’apprendimento delle lin-

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Donatella Troncarelli

gue16, che si fondano sulla concezione del web come ambiente per
la condivisione e per lo scambio di conoscenze, richiedono infatti
a chi vi aderisce di dichiarare al momento dell’iscrizione le lingue
conosciute e il grado di padronanza. Una volta all’interno dell’am-
biente, l’utente svolge percorsi di apprendimento per le lingue che ha
scelto di imparare, può rivolgersi ad altri apprendenti per comunicare
attraverso servizi di chat e web conference17, ottenere feedback per at-
tività non correggibili automaticamente, come brevi produzioni orali
o scritte. Analogamente, gli altri apprendenti possono rivolgersi a lui
per conversare nella sua lingua materna, o nelle altre lingue di cui ha
un elevato livello di padronanza, e ricevere dal sistema richieste di
correzione di compiti. Ogni compito svolto o attività realizzata in
favore dalla comunità è riconosciuta con l’assegnazione di un pun-
teggio18 che permette di accedere a servizi, come lezioni a pagamento
o revisione di compiti da parte di esperti o di acquisire meriti attra-
verso i quali gli altri utenti possono capire il grado affidabilità di chi
è disponibile.
La collaborazione spontanea e quella guidata dal sistema sono
dunque alla base di questi ambienti in cui apprendimento formale e
informale si intrecciano fornendo a una moltitudine di persone ulte-
riori opportunità per imparare la lingua. Alcuni Network si spingono
comunque oltre e richiedono agli apprendenti anche la collaborazio-
ne per la realizzazione di materiali didattici di cui si compongono
i percorsi formativi. Questo è il caso di My Happy Planet dove gli
utenti possono essere guidati dal sistema a produrre lezioni e materiali
audiovisivi per altri membri della community. Anche le traduzioni, su
cui Duolinguo basa ogni nuova opportunità offerta ai parlanti di una
determinata lingua, sono realizzate dagli utenti. Quando un corso è in
“periodo di cova”, cioè è stato progettato o è in via di elaborazione (cfr.

16 Si tratta di ambienti, parte dei quali utilizzabili gratuitamente, che richiamano milioni di
persone. Solo Livemocha conta più di 16 milioni di utenti, un quinto dei quali studiano 6 lingue,
tanto che il sito ha temporaneamente sospeso le registrazioni da parte di nuovi utenti.
17 Nelle sezioni di chat gli utenti sono in molti Network sostenuti da strumenti di traduzione
istantanea e da tastiere virtuali per la scrittura in lingue con alfabeto diverso da quello dell’utente.
18 Per esempio in Busuu gli utenti guadagnano “bacche” che possono convertirsi in “stelle” o
“diamanti” mentre nella attuale versione di Livemocha si guadagnano “monete”.

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Donatella Troncarelli

fig. 3), viene lanciata una sorta di call for collaboration e chi ritiene di pa-
droneggiare la lingua di partenza e quella di arrivo a un livello adeguato
può offrire la propria adesione (cfr. fig. 4). Gli utenti che hanno lavorato
alla produzione compaiono poi come collaboratori nella scheda infor-
mativa relativa al corso.

fig. 3. Corsi in fase di elaborazione su Duolinguo.

Proprio perché basati sull’intreccio tra conoscenze personali degli


utenti e conoscenze parzialmente condivise anche da esperti del settore
dell’insegnamento delle lingue, i percorsi proposti da questi ambienti
sono generalmente di qualità didattica non elevata.
Il loro punto forte non risiede infatti nella solidità del percorso di-
dattico connessa a un chiaro quadro teorico di riferimento sull’appren-
dimento-insegnamento delle lingue che ne ha guidato la progettazione e
lo sviluppo, come per i corsi offerti da istituzioni o aziende specializzate
nella formazione linguistica, ma nella mole di conoscenze implicite ine-
renti a tante lingue che riescono a mobilitare e nel supporto offerto a
milioni di persone nello sviluppo di conoscenze procedurali, relative alla
lingua straniera oggetto di apprendimento.

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Donatella Troncarelli

fig. 4. Richiesta di collaborazione alla realizzazione di un corso.

Siamo dunque di fronte a un nuovo paradigma in cui la tecnologia si


configura come risorsa inesauribile per l’apprendimento, come agenzia
formativa che si affianca e a volte sostituisce quelle tradizionalmente de-
putate all’insegnamento delle lingue, consentendo di imparare in tempi
e modi diversi nell’arco della vita e incrementando il livello di plurilin-
guismo e pluriculturalismo degli abitanti del nostro pianeta. In altre pa-
role, si tratta dell’uso della tecnologia per la diffusione e l’incanalamento
dell’apprendimento non formale e informale19, connesso a tante attività
umane compreso l’uso del linguaggio, che valorizza ciascuno di noi come
parlante e quindi come portatore di conoscenze linguistiche e culturali
che possono contribuire allo sviluppo e all’aggiornamento di competen-
ze di tante altre persone.

5. Prospettive e nuovi paradigmi

Il ritmo veloce con cui avanzano le innovazioni tecnologiche nella


cosiddetta società della conoscenza e dell’informazione e si susseguo-
no applicazioni in campo educativo induce, più che a tirare conclusioni
sull’impiego delle tecnologie di Rete nell’insegnamento delle lingue e

19 Nell’apprendimento delle lingue l’apprendimento non formale e informale comprende quello


spontaneo, ma non coincide con esso. Quando, per esempio, uno studente è aiutato a fare un
compito da un altro studente o un bambino è aiutato da un adulto, l’apprendimento della
lingua avviene anche spontaneamente poiché questa viene usata per interagire, ma l’appren-
dimento si caratterizza prevalentemente come non formale in quanto non si realizza a seguito
di un percorso strutturato, impartito da un esperto dell’insegnamento delle lingue.

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Donatella Troncarelli

culture straniere, a considerare probabili prospettive di sviluppo.


Lo scenario in continua evoluzione, delineato nei precedenti para-
grafi, se da un lato propone vecchi paradigmi legati all’impiego delle
tecnologie come sostituto del docente che guida il percorso di appren-
dimento e fornisce un feedback sull’attività dello studente, dall’altro trac-
cia nuove strade in cui tali paradigmi sono ricollocati. La più marcata è
quella dell’apprendimento come processo dinamico e interattivo che si
realizza nella comunicazione e nel confronto con gli altri apprendenti,
nell’utilizzazione di più fonti e sussidi, nella costruzione autonoma della
conoscenza piuttosto che sulla sola fruizione di percorsi didattici strut-
turati, volti a esercitare singoli aspetti linguistici e pensati per essere uti-
lizzati in autoistruzione. Gli ambienti di apprendimento più aperti, che
lasciano maggiore spazio alla navigazione e all’esplorazione individuale,
assicurando l’accesso alle risorse che la Rete mette a disposizione e alla
comunicazione con gli altri utenti, offrono maggiori possibilità di svilup-
pare una competenza complessa come quella linguistico-comunicativa,
che mette in gioco una serie di sottocompetenze e richiede lo sviluppo
sia di conoscenze dichiarative, sia procedurali. Inoltre tali ambienti, af-
fiancando al supporto tecnologico quello umano dato dalla comunità di
riferimento, promuovono la continuità e la durata dell’apprendimento
nel tempo che, nel caso dello sviluppo della padronanza di un’altra lin-
gua, non è mai rapido.
La sperimentazione e la ricerca dovrebbero dunque indirizzarsi verso
l’individuazione di nuovi paradigmi e modelli operativi che conducano
a una efficace utilizzazione di questi ambienti, all’integrazione dell’ap-
prendimento formale, non formale e informale, allo sviluppo di strategie
per imparare a imparare la lingua in modo che il ricorso alla tecnologia
possa offrire ulteriori opportunità per il conseguimento di una compe-
tenza plurilingue e pluriculturale che può impegnare l’individuo lungo
tutto l’arco della vita. Inoltre, data la multidimensionalità della compe-
tenza linguistico-comunicativa, occorre che i modelli individuati possa-
no offrire un alto grado di flessibilità per poter soddisfare le esigenze di
una pluralità di profili di apprendenti i quali hanno motivazioni diverse
allo studio della lingua e necessitano dunque di poter interagire in dif-
ferenti contesti di comunicazione con livelli diversi di appropriatezza e
accuratezza.

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Donatella Troncarelli

Questo non esclude che nuove applicazioni di stampo istruzionista,


basate sullo sviluppo di isolate sottocompetenze e sull’esercitazione di
singoli aspetti della lingua, continueranno a essere messe in circolazio-
ne. Esercitazioni su elementi discreti di una lingua e correzioni della
perfomance dell’utente sono semplici da realizzare con il supporto tec-
nologico ma, come sappiamo dalla ormai pluriennale utilizzazione delle
tecnologie nella didattica delle lingue, conducono l’apprendimento poco
lontano dal punto di partenza.

59
Donatella Troncarelli

Riferimenti bibliografici

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60
capitolo iii

IL DOCENTE DI LINGUA E CULTURA


ITALIANA ONLINE: NUOVE
COMPETENZE, NUOVI OBIETTIVI,
NUOVI STRUMENTI

Andrea Villarini
Università per Stranieri di Siena

1. Introduzione

Se esiste un ambito di vera novità nella didattica delle lingue, questo è


certamente rappresentato dall’impiego nei corsi di lingua e cultura delle
nuove tecnologie.
In questo capitolo, quindi, cercheremo di argomentare intorno ai
cambiamenti che questa novità comporta riguardo alla figura del docente.
Riteniamo, infatti, che non si possa fare didattica online1 semplicemente
adattando metodi e comportamenti già in uso nella didattica d’aula. Altre
sono le condizioni di partenza, altri gli strumenti e altri devono essere i
saperi e le competenze che un docente di lingua deve saper attuare per
rendere al meglio in un corso a distanza riservato allo sviluppo di una
nuova lingua e cultura.
L’obiettivo dell’insegnante che si cimenta in un corso a distanza
dovrebbe essere quello di creare un setting di apprendimento diverso
e non semplicemente adattare materiale didattico usato per i corsi in

1 Per motivi che argomenteremo meglio più avanti, non esiste una terminologia univoca per
indicare la didattica che utilizza le nuove tecnologie. È possibile trovare vari termini e locuzioni:
digitale, a distanza, con le nuove tecnologie, e-learning e altre ancora. Anche in questo contributo
alterneremo queste espressioni in maniera sinonimica.

61
Andrea Villarini

presenza. Il rischio, altrimenti, è quello di ricadere nell’errore che agli inizi2


del fenomeno dell’italiano L2 in Italia si fece allorquando si affrontò la
questione delle scelte didattiche per migranti semplicemente replicando
le scelte didattiche fatte per gli apprendenti italofoni. Solo dopo ci si
rese conto che non era possibile affrontare la didattica per i migranti
con i sistemi adottati per gli italofoni e si lavorò alla creazione di una
nuova figura di docente di italiano che risultasse esperto di dinamiche di
apprendimento in contesto migratorio.
Lo stesso si deve fare ora che ci si trova di fronte a questa ulteriore
novità, affinché si possa arrivare nel più breve tempo possibile alla
definizione di un portfolio di competenze specifiche per chi intende
insegnare lingua e cultura italiana con le nuove tecnologie.

2. Per una definizione di «corso di lingua e cultura online»

Lavorare con le nuove tecnologie significa innanzitutto conoscere


l’ambito di applicazione delle nostre competenze e delimitare meglio di
quanto fatto sinora il nostro campo d’azione.
Si usa spesso il termine “frontiera” per indicare appunto i corsi online
e l’ambito di chi li usa per fare didattica delle lingue. La metafora è a
suo modo calzante, ma l’interpretare la didattica con le nuove tecnologie
solo e sempre come una perenne innovazione e sperimentazione può, a
nostro, avviso risultare controproducente. È tipico delle frontiere infatti
quell’idea di spingersi verso territori inesplorati, il lavorare in contesti
di innovazione sconosciuti ai più e questo è l’aspetto positivo del nostro
ambito di riferimento. Ma la “frontiera” prevede poi un approdo. Uno
stabilizzarsi delle conoscenze intorno a nuclei condivisi e certi. Fuor di
metafora, si deve passare dalla fase dove prevale l’idea che basti utilizzare
un pc in aula per garantirsi il successo nell’apprendimento, a una fase più
matura, dove solo determinati percorsi di apprendimento online sono
utili per lo sviluppo delle competenze linguistiche. Vediamo insieme.

2 Inizio che facciamo risalire alla prima decade degli anni Ottanta, quando cominciarono ad
arrivare in Italia i primi flussi migratori che posero, tra le altre cose, al centro la questione di quale
didattica adottare per questo nuovo pubblico di apprendenti.

62
Andrea Villarini

Per prima cosa, si deve arrivare a una condivisione anche solo


dell’apparato terminologico che ruota intorno alla didattica con le nuove
tecnologie. Andrebbe, in altri termini, codificato un “lessico familiare”
tra coloro che si occupano di didattica con le nuove tecnologie in grado
di sostenere e circoscrivere questo settore.
Per Egbert (2005: 4) le tecnologie didattiche possono intendersi
come «any form of electronic, chip driven technology and software that
it makes it run», mentre Levy e Stocwell (2006: 206-207) le definisco-
no come «authoring software learning management systems audio and
video conferencing; artificial intelligence and intelligent systems (LMS)
[…] audio and video conferencing; artificial intelligence and intelligent
systems; speech recognition and pronunciation-training technologies;
and mobile technologies». Più tranchant sono stati Erben, Ban e Caste-
neda (2009: 202) quando hanno definito le tecnologie a disposizione del
docente «technology refers to any electronic device used in classroom»3.
Il panorama terminologico in Italia non è da meno in quanto a com-
plessità. Facciamo un esempio: si parla spesso di corsi blended. Ma cosa
si intende esattamente con blended? Quanta percentuale di ore in pre-
senza sono necessari per qualificare un corso come blended? Il MIUR
ha cominciato a produrre qualcosa (circola un documento proprio sulla
nozione di blended) (MIUR 2014), ma forse si potrebbe insistere allar-
gando il discorso anche ad altri aspetti e termini. Arrivare così a creare
un lemmario di termini con relativa definizione cha funga da framework4
per chi intenda cimentarsi nella realizzazione di corsi online.
Questa varietà di definizioni, dalla più generale e onnicomprensiva a
quelle più restrittive che isolano le tecnologie dal resto degli strumenti
presenti in aula, sono a nostro avviso il segnale di uno stadio del processo
di definizione e messa a fuoco della questione. Uno stadio che testimonia
di una non ancora cristallizzata comprensione di cosa le tecnologie sono
e di cosa possono dare alla didattica delle lingue.
Intendiamoci subito su di un punto. Le tecnologie in aula sono

3 Tutte queste citazioni sono state riferite da Gruba e Hinkelman (2012: 14-15).
4 Il termine cita volutamente l’importante documento europeo che tanto ha fatto per la messa
a punto di criteri comuni per la definizione di competenza linguistica (Consiglio d’Europa
2002).

63
Andrea Villarini

sempre esistite. Il docente di lingua è, anzi, quello che è sempre stato più
al passo coi tempi in fatto di utilizzo di nuovi strumenti. È stato il primo
a utilizzare materiali non cartacei, il primo a utilizzare il laboratorio
didattico, il primo a introdurre i video e il primo ad usufruire dei CD-
ROM per presentare materiale didattico.
L’accumulo negli anni di questi strumenti ha fatto sì che ci si tro-
vasse ogni volta ad aggiornare l’utilizzo del termine “nuove tecnologie”.
Ciò che era nuovo negli anni Settanta del Novecento, non può essere
naturalmente più definito tale trent’anni dopo. Allo stesso tempo, però,
si è creata una specie di stratificazione della strumentazione in aula che
rende complicato distinguere ciò che è nuovo, da quello che in realtà è
solo un riuso di materiali preesistenti. Oggi però abbiamo un vero spar-
tiacque tra vecchi strumenti per la didattica delle lingue e nuovi. Un vero
“punto di non ritorno” che ci consente di separare nettamente un prima
e un dopo tra tecnologie didattiche per le lingue.
Ci stiamo riferendo all’utilizzo della rete Internet. È questo l’elemen-
to di novità in grado di separare, come tra ere geologiche, le tecnologie
che non prevedono il ricorso alla Rete e quelle che invece lo prevedono
(come per esempio le Lavagne Interattive Multimediali5), o che, addi-
rittura, sono possibili solo grazie alla Rete (come per esempio i corsi di
lingua online).
Riteniamo che la Rete rappresenti un salto in avanti nella didattica
così importante perché permette entrando in Internet di utilizzare una
quantità e una varietà di input mai vista in precedenza. Una tale vastità
e varietà da risultare a volte più che una risorsa quasi un problema per
il docente che si trova a dover gestire una quantità di input imprevista
e incontrollabile in partenza e a doverli riconnettere con quello da lui
selezionato all’interno della sua programmazione didattica6.
Un altro aspetto è secondo noi quello della valutazione dei risultati.
Prima abbiamo accennato alla fase di euforia e onnipotenza che le nuo-
ve tecnologie stanno attraversando in relazione alla didattica delle lin-

5 Le Lavagne Interattive Multimediali (LIM) sono delle superfici digitali che si possono
affiggere alle pareti delle aule e che consentono, oltre che di scrivere e mostrare immagini e video,
anche di collegarsi a Internet.
6 Su questo importante aspetto torneremo più avanti approfondendolo (cfr. par. 7.2).

64
Andrea Villarini

gue. Lo abbiamo detto pensando anche alla questione della valutazione


dell’efficacia didattica di questi interventi formativi. Se nella didattica
d’aula un grande lavoro sul language testing è stato fatto e molto possiamo
dire su come orchestrare un’efficace fase di valutazione delle competenze
acquisite (quando farla, con quali strumenti e tecniche, come giudicare
i risultati ecc.) poco o nulla sappiamo ancora sulla valutazione dei corsi
online. O meglio, sappiamo per esempio che parte della valutazione
deve riguardare i tempi di stazionamento in piattaforma (la cosiddetta
“tracciabilità”) da parte dell’apprendente, ma ancora poco sappiamo su
come giudicare questi dati, che conseguenze trarne e sul come incrociare
questi dati con quelli relativi alle loro performance linguistiche.
L’ultimo aspetto che ci pare utile sottolineare è legato proprio al lega-
me tra lingua e cultura che si ricerca attraverso le nuove tecnologie.
In un corso d’aula questo legame è gestito dal docente che in corso
d’opera si incarica di stabilire le varie connessioni tra la lingua di appren-
dimento e la cultura di riferimento. In alcuni casi sono i libri di testo che
suggeriscono attività che vadano in questa direzione, ma anche qui il più
delle volte è il docente che gestisce creativamente questo aspetto.
Quando si parla di corsi online, invece, tutto deve essere
necessariamente pianificato in precedenza7, per questo anche il legame
tra lingua e cultura deve essere esplicitato prima ancora di iniziare il
corso e non sempre questo viene fatto.
Questi che abbiamo detto rappresentano a nostro avviso i punti
cardinali che dovrebbero orientare l’operato del docente di lingua e
cultura. Un docente, abbiamo detto, che non si deve limitare a replicare
online quanto abitualmente svolge in presenza, ma deve calarsi in una
dimensione didattica nuova.
Corollario a questo è il tema della formazione del docente di lingua
e cultura online. Se ormai molte sono le attività formative (istituzionali
e non) riservate alla formazione del docente di lingua e cultura italiana
a stranieri, ancora pochissime sono quelle pensate per creare la figura

7 Se dovessimo dire qual è la principale differenza che si troverà ad affrontare un docente di


lingua e cultura online rispetto al tradizionale corso in presenza dovremmo proprio indicare la fase
di preparazione di un corso. Un corso d’aula può anche prevedere ampie dosi di improvvisazione,
mentre un corso online deve essere tutto molto pianificato in partenza perché al momento
dell’interazione con i corsisti tutto deve essere già previsto.

65
Andrea Villarini

del docente di italiano con le nuove tecnologie8. Corsi che non si limiti-
no solo a formare il docente con le nuove tecnologie (quasi tutti i corsi di
formazione prevedono una parte erogata via computer a distanza), ma che
lo formino per le nuove tecnologie. Su questo ancora resta molto da fare
e ancora di più resta da fare per creare un bacino di formatori in grado di
formare questi docenti.
Auspichiamo, quindi, che inizi presto una riflessione tra gli addetti ai
lavori su questo, per evitare che il terreno della didattica con le nuove tecno-
logie resti ad appannaggio di iniziative frutto solo di esperienze sul campo
prive della necessaria base teorico-metodologica.

3. Il docente di lingua e cultura italiana e le nuove tecnologie

Si è detto che il docente di lingua con le nuove tecnologie deve ricrearsi


una competenza in parte diversa da quella già acquisita lavorando in aula9.
La prima questione che va messa a fuoco è la nozione stessa di tecnologia.
Sembrerà paradossale, ma l’albero della conoscenza di un docente deve fon-
darsi, come detto, su radici condivise e che tali fino a oggi non sono state.
Prevale una certa visione della tecnologia a servizio dei docenti impe-
gnati nella diffusione delle lingue straniere abbastanza monolitica. Essa è o
interamente appropriata e da accogliere oppure, per i suoi detrattori, inte-
ramente inutilizzabile e si arriva a sostenere che niente di tecnologico può
esser utile in una classe di lingua. Ovviamente, la questione non è in questi
termini. Siamo in presenza di diversi strumenti, ognuno con pregi e limiti.
Non ha senso impostare la discussione basandosi su una contrapposizione
frontale tra didattica tradizionale e didattica tecnologicamente avanzata.
Ci sono aspetti che meritano di essere trattati tradizionalmente e aspetti
che potrebbero trovare assoluto vantaggio dall’essere trattati con le nuove
tecnologie.

8 Tra queste, ci sia consentito ricordare il Master ELIIAS (E-learning per l’Insegnamento
dell’Italiano a Stranieri) erogato dall’Università per Stranieri di Siena; a oggi, il primo e unico
master universitario pensato espressamente per formare la figura del docente di lingua italiana
con le nuove tecnologie.
9 Su questi aspetti si sofferma anche Blake (2013: 1-15).

66
Andrea Villarini

Collegata, in un certo senso, a quanto appena detto, è la questione che


ci porta spesso a confondere tecnologia con metodologia didattica. Le due
cose sono naturalmente ben distinte e non si diventa bravi insegnanti sola-
mente perché si è fini conoscitori delle nuove tecnologie
Questo aspetto ricorre spesso nella didattica delle lingue. Spesso, infatti,
si tende a confondere quelli che sono i mezzi con i quali intendiamo svilup-
pare la competenza linguistica con l’apparato teorico che serve a determina-
re l’orizzonte entro il quale le tecniche (e le tecnologie) acquisiscono senso
e significato. Di conseguenza, quando ci accingiamo, da docenti, ad allestire
un corso di lingua straniera a distanza non dobbiamo limitarci a selezionare
i mezzi con i quali intendiamo svilupparlo e il modo in cui questi mezzi
saranno fruiti dall’apprendente, ma dobbiamo partire da una forte e solida
riflessione teorica sulle metodologie didattiche adeguate per i nostri scopi.
Solo dopo possiamo cominciare a pensare a quale software per la creazione
di attività utilizzare.
E infine va considerato l’aspetto legato alla formazione teorica dei do-
centi che intendono utilizzare le nuove tecnologie, che è ancora molto ca-
rente.
Già Hanson-Smith (2006: 301) sosteneva che «one of the most signifi-
cant problems facing computer-using teachers is that no education curricu-
lum can prepare them for the swift and continuing changes that take place
in the world of technology». Le cose da allora non sono molto cambiate,
soprattutto nel nostro paese. Anche a livello di singoli insegnamenti, non è
che le cose vadano meglio, dal momento che sono ancora pochissimi quelli
espressamente ed esclusivamente dedicati alla formazione nella didattica
con le nuove tecnologie10. Tutto questo, dal nostro punto di vista, comporta
un rallentamento nella crescita del livello di preparazione e consapevolezza
dei docenti di lingua che usano le nuove tecnologie.

10 Naturalmente va meglio se consideriamo le porzioni di corso dedicate al nostro argomento,


ma qui si son presi in considerazione soltanto i corsi universitari che nei vari Corsi di Laurea si
occupano sin dal titolo di formare i futuri insegnanti all’utilizzo delle strumentazioni digitali a
fini didattici per la promozione della competenza in lingua straniera.

67
Andrea Villarini

4. Le nuove tecnologie stanno cambiando la figura del docente


di lingua e cultura italiana?

Un quesito che spesso ci si pone parlando di nuove tecnologie è se il


proliferare di questi strumenti digitali che consentono di fruire di cor-
si di lingua da qualsiasi postazione (a patto naturalmente di avere una
stabile connessione a Internet) in qualsiasi momento della giornata e a
costi a volte bassissimi o inesistenti, porterà alla trasformazione della
figura del docente e in qualche modo porterà alla sua scomparsa, almeno
nella configurazione classicamente intesa: presenza fisica in aula, dotato
di determinate competenze, in grado di maneggiare didatticamente de-
terminati strumenti per lo più cartacei.
Come tutte le affermazioni apocalittiche, anche questa stenta ad ave-
re un valore di verità accettabile. Non si vedono i presupposti perché si
possa affermare che il mondo della didattica delle lingue per come lo
abbiamo conosciuto finora verrà soppiantato dal mondo della didattica
digitale.
Indubbiamente, saranno sempre di più i corsi che non prevedono per
gli apprendenti l’accesso all’aula e saranno sempre diverse le modalità
di accesso ai corsi di lingua. Non più solo le classiche quattro mura di
un’aula, ma magari corsi online con tutor per piattaforme e-learning11,
canali YouTube riservati all’apprendimento delle lingue, fino a veri e
propri corsi interamente gratuiti definiti MOOC (Massive Open Onli-
ne Courses) che si vanno diffondendo sempre di più e che cominciano a
essere dedicati anche alle lingue. Ma il punto è: la diffusione sempre più
forte di queste forme alternative di didattica andrà a discapito dei corsi
d’aula? E il docente tradizionale sarà quindi sostituito da quello digitale?
Non si parlerà più di maestro di lingua, ma di tutor online, edutuber12
ecc.?
Non pensiamo che i due mondi siano così in conflitto, né così distanti
al punto da generare due universi paralleli privi di contatti tra di loro.
Semmai, riteniamo che l’evolversi della didattica con le lingue su suppor-

11 Le più diffuse, per il momento, sono Moodle, Atutor, Blackboard.


12 Usiamo questo termine, ripreso da “Il Venerdì di Repubblica” dell’11 marzo 2016, per indicare
coloro che utilizzano canali YouTube per insegnare, anche le lingue straniere.

68
Andrea Villarini

to digitale (anche esclusivo; privo, cioè, di qualsiasi riferimento all’aula


tradizionale) possa aumentare le opportunità anche per i docenti, non
solo per gli studenti.
Si aprono nuovi scenari e l’avvento delle nuove tecnologie consente
anche ai docenti di cimentarsi in nuove sfide didattiche e di individuare
nuove professionalità legate al mondo delle lingue.
Parliamo di nuove professionalità perché in passato occuparsi di for-
mazione linguistica voleva significare, per lo più, diventare o insegnante
o curatore di materiali didattici per l’insegnante. Si potrebbe qui aggiun-
gere anche la figura del valutatore della competenza linguistica a fini cer-
tificatori; ma essendo, come si sa, le certificazioni linguistiche legalmente
riconosciute per l’italiano solamente quattro13 non è questo un mercato
in grado di attrarre troppe persone. Oggi, invece, con l’avvento appunto
delle nuove tecnologie, si possono individuare molte possibilità lavorati-
ve e nuove figure professionali. Non solo il docente che appare in video,
che stabilisce il sillabo dei contenuti da presentare online e che cura le
attività didattiche (che è se vogliamo la figura più simile al docente d’au-
la) ma si aggiungono il tutor di percorso (colui che gestisce l’interazione
con i corsisti via forum o via chat), l’information broker che è la figura
deputata a raccogliere su Internet input linguistici da utilizzare nel corso
(video, testi, audio ecc.), il course designer che si occupa di modellare se-
condo le specifiche del mezzo che si intende utilizzare (piattaforme per
l’e-learning, canali video, piattaforme per MOOC ecc.) i vari contenuti
proposti dal docente o l’instructional designer che si occupa di affiancare
il docente nel trovare soluzioni didattiche sviluppabili al computer14.
Come si vede, anche solo procedendo per cenni come si è fatto noi,
sono già emerse una serie di figure professionali non previste in prece-
denza che vanno ad arricchire il panorama delle professioni legate al
mercato delle lingue. E tutto ciò grazie alle nuove tecnologie!

13 Le elenchiamo qui velocemente: CILS dell’Università per Stranieri di Siena, CELI


dell’Università per Stranieri di Perugia, IT dell’Università di Roma3 e PLIDA della Società
Dante Alighieri.
14 Per un quadro delle nuove professionalità dell’e-learning si rimanda anche a Bruschi, Ercole
(2005: 45-63).

69
Andrea Villarini

5. I vincoli che la didattica con le nuove tecnologie pone al


docente di lingua e cultura italiana

Per provare a mostrare le differenze principali tra un corso di lingua


in presenza e uno a distanza e conseguentemente indicare le differenti
competenze che un docente deve acquisire per poter operare corretta-
mente con le nuove tecnologie, proviamo a procedere indicando cosa non
sono i corsi digitali.
I corsi online non sono, naturalmente, la semplice trasposizione su
computer di un corso in presenza. Cambiando i supporti didattici, scom-
parendo l’aula (ovvero il luogo dove è possibile “guardare negli occhi gli
studenti”15 e prendere adeguate decisioni didattiche sul momento), cam-
bia tutto. Tutto deve essere pianificato in maniera diversa. Se un docente
d’aula, per esempio, ha la possibilità di modificare in corso d’opera il pro-
prio operato, quello alle prese con contesti digitalizzati deve pianificare
molto bene tutto dall’inizio perché cambiamenti frutto dell’interazione
diretta con gli apprendenti, come si è detto, sono molto difficili da attuare.
I corsi online non sono per tutte le tipologie di studenti. Questo aspetto
spiega anche perché non è necessario mettere in contrapposizione i corsi
d’aula in presenza con quelli a distanza. Varie indagini hanno dimo-
strato, infatti, che il pubblico di riferimento è sostanzialmente diverso
(Milani et al. 2013). Più giovane, più motivato a perseguire un risultato
spendibile socialmente, più abituato a stare seduto in aula ad apprendere
il primo; più maturo, con interessi verso l’apprendimento della nostra
lingua diversi e se vogliamo più sfumati, molto spesso già inserito nel
mondo del lavoro e per questo con meno tempo a disposizione il secon-
do16. L’incastro di questi doppi profili porta alla definizione di un doppio
pubblico che richiama esigenze formative in parte diverse. Interessante,
soprattutto, l’aspetto motivazionale e la diversa relazione con il mondo

15 Il riferimento è a Stevick (1982: 55) che nel suo manuale di didattica delle lingue di
impianto umanistico affettivo scriveva rivolto agli immaginari docenti che lo avrebbero letto
«non regolatevi in base a quello che dico qui [nel manuale, n.d.r.]. Regolatevi in base a quello che
sentite al momento nella vostra classe e agli sguardi che vedete sulle facce dei vostri allievi».
16 Naturalmente si sta parlando di profili tendenziali che rispecchiano la maggioranza dei
partecipanti alle due tipologie di corsi. Nulla vieta, quindi, di trovare in alcuni corsisti, di una o
dell’altra tipologia, motivazione diverse.

70
Andrea Villarini

del lavoro. Questi due aspetti, infatti, comportano un diverso approccio


al corso, un sistema di attese da parte dei corsisti molto diverso e con-
seguentemente esigenze formative diverse. Di tutto questo si deve far
carico il docente, immaginando percorsi digitali che siano in linea con
le richieste e le attese di un pubblico diverso (se mi iscrivo pagando una
quota anche sostanziosa, avendo l’obbligo di spendere due o tre ore del
mio tempo settimanale in un’aula avrò certamente una motivazione più
forte rispetto a chi comodamente dal divano di casa si collega di tanto in
tanto a un corso di lingua online consapevole che se anche fallisse il suo
progetto formativo avrebbe speso pochissimo, sia in termini economici
che di tempo dedicato all’impresa) e diventando esperto, quindi, di atti-
vità didattiche che siano in grado di soddisfare tali esigenze.
I corsi online non supportano tutte le metodologie didattiche possibi-
li e circolanti. Questo aspetto è tra i più importanti. Se in un’aula tradi-
zionale si può affermare legittimamente che «ogni metodo ha del buono,
da ciascuno si può imparare qualcosa» (Weber 1933), per un contesto di-
dattico digitale questo non è vero. Nel mondo della didattica delle lingue
in modalità e-learning esistono dei vincoli molto rigidi dati dal mezzo
con il quale si intendono veicolare i contenuti. Si può arrivare a dire che
il contenitore predomina sul contenuto, mentre nella didattica tradizionale
vale l’inverso. Nella storia dei metodi siamo passati da metodi molto
rigidi e centrati sulle spiegazioni grammaticali a metodi molto eclettici
dove, in taluni casi, si tendeva a escludere le spiegazioni grammaticali.
Da metodi molto centrati sulla figura del docente a metodi molto rivolti
verso la centralità dell’apprendente. Insomma, in aula è circolato di tutto
e tutto poi alla fine ha dato un qualche risultato.
Quando si passa alla didattica con il pc, quando cioè riversiamo den-
tro un sito Internet, dentro una piattaforma per l’e-learning o dentro una
piattaforma che ospita MOOC i nostri contenuti, il quadro cambia radi-
calmente. Da un ambiente di insegnamento abbastanza libero da vincoli,
si passa a un ambiente molto rigido dove, anche a causa dei limiti impo-
sti dalla tecnologia, solo alcune prassi didattiche possono essere trasferite
e conseguentemente solo determinate metodologie didattiche. Non solo,
ma mentre in aula il docente è libero di scartare da un metodo all’altro
sulla base delle esigenze che si palesano sul momento, in ambito digitale
questa possibilità è esclusa. Per quanto, infatti, si possano elaborare for-

71
Andrea Villarini

me di didattica a distanza aperte all’interazione con gli studenti e pronte


ad accogliere le loro esigenze in itinere, il margine di manovra è minimo.
Tutto, metodologia didattica compresa, deve essere pianificato prima an-
cora che il corso inizi. I margini di errore, come si può ben capire, sono
altissimi. Si deve scegliere e non si può cambiare idea una volta iniziato
il corso. Questo non fa altro che aumentare il livello di competenza ri-
chiesto al docente che si trova a pianificare un corso online. Intendiamo
dire che, se un docente d’aula può permettersi di procedere per tentativi
(provo con questo metodo e se non funziona provo con quest’altro), un
docente che opera in e-learning deve essere in grado di prevedere in par-
tenza i pro e i contro, le conseguenze di determinate scelte e quali passi
compiere per sollecitare determinate risposte dai corsisti e, in ultimo,
prevedere già proposte alternative che non rimangono in primo piano
ma che sono pronte ad attivarsi in presenza di determinati comporta-
menti da parte dei corsisti. Per tutto ciò, il livello di conoscenze e di
esperienze richiesto cresce sensibilmente.
I corsi online non supportano tutte le tecniche didattiche disponibili.
Per motivi analoghi a quanto appena detto per le metodologie, anche il
numero delle tecniche didattiche e relative tipologie si riduce drastica-
mente. I motivi sono sempre quelli richiamati in precedenza, il supporto
digitale limita e non consente di realizzare tutte le attività didattiche che
possono venire in mente. È vero che anche il supporto cartaceo (che è
quello usato da sempre e abitualmente per la didattica d’aula in presen-
za) in qualche modo pone dei vincoli, ma mai quanti ne pone il suppor-
to digitale. Si usa dire che il corso e-learning ha il grandissimo pregio
di poter essere usufruito ovunque e in qualsiasi momento, ma questa
possibilità è garantita proprio dal fatto che ciò che viene mostrato sullo
schermo o che viene richiesto di fare agli studenti sia compatibile infor-
maticamente17 con un qualsiasi dispositivo, con tutti i sistemi operativi e
con tutti i browser di ricerca su Internet. Questo obbligo (non possiamo
che usare un termine così perentorio) implica delle scelte molto radicali.
Ecco spiegata quella sensazione che si ha aprendo un corso totalmen-
te online di una certa povertà e staticità, abituati come siamo al trionfo di

17 Con questo termine intendiamo sottolineare le caratteristiche che sono imposte dal pc che si
intende utilizzare per fruire di un corso online.

72
Andrea Villarini

colori e di immagini di un libro cartaceo. Oppure, per restare nel campo


dei computer, a quel trionfo di animazioni, colori e suoni che sono i vi-
deogiochi. Ma, per l’appunto, i corsi di lingua online non sono dei vide-
ogiochi. Essi sono percorsi didattici che hanno l’esigenza, come detto, di
restare fruibili da tutti qualunque sia il proprio computer.

6. I vantaggi che la didattica con le nuove tecnologie riserva al


docente di lingua e cultura italiana

Nel paragrafo precedente ci siamo dilungati sui limiti che un docente


di lingua che intende operare usufruendo delle nuove tecnologie si tro-
verà a gestire. L’effetto potrebbe essere quello di pensare ai corsi digitali
come un mondo limitato per la didattica delle lingue e spingere i docenti
a non utilizzarli.
Ma un limite è al tempo stesso una sfida. Una sfida che al momento
riguarda la didattica digitale, ma che se vinta potrebbe ripercuotersi po-
sitivamente anche sulla didattica tradizionale.
I corsi online possono sviluppare competenza linguistica.
Su questo aspetto spesso si dibatte tra i docenti, con alcuni che so-
stengono che proprio i limiti indicati in precedenza non consentirebbero
di sviluppare competenza linguistica online. Ovviamente, questo non è
vero. Per l’online vale quello che vale per i corsi tradizionali. Esistono
corsi ben fatti che permettono di aumentare la competenza linguistica
e corsi mal fatti che fanno solo perdere del tempo a chi li frequenta.
Allo stesso tempo, così come esistono bravi docenti d’aula e pessimi do-
centi d’aula, esistono bravi docenti esperti di nuove tecnologie e pessi-
mi docenti che utilizzano molto male le nuove tecnologie. Continuare
a discutere su questo ci appare una battaglia contro il progresso e così
come tantissime tecnologie sono risultate molto utili per aumentare le
potenzialità formative (pensiamo a ciò che ha comportato negli anni
passati l’avvento delle audiocassette e poi dei videoregistratori e poi dei
laboratori di lingua con pc), lo è a maggior ragione Internet.
I corsi di lingua online sono un ambiente d’apprendimento molto
interessante per chi intende insegnare le lingue straniere.

73
Andrea Villarini

In linea di prosecuzione retta con quelli che non ritengono utile sfrut-
tare Internet per far apprendere le lingue, ci sono quelli che pensano che
gli ambienti di apprendimento digitali siano un ambiente non adatto
per lo sviluppo della competenza linguistica. Un docente di lingua, anzi,
dovrebbe starsene alla larga perché le sue esigenze non si conciliano af-
fatto con le necessità imposte dalla didattica tramite computer. Troppo
poca possibilità di interagire con gli apprendenti, troppo poca possibilità
di diversificare le attività didattiche; in poche parole: troppa rigidità. Ef-
fettivamente, lo abbiamo sottolineato anche noi in precedenza, questo
della rigidità può essere un problema, ma allo stesso tempo una spinta a
individuare per il docente soluzioni che possono poi tornare utili anche
per i corsi d’aula in presenza.
I corsi online possono sperimentare soluzioni che possono tornare
utili per i corsi in presenza.
Qui si riprende ciò che è stato detto al punto precedente e, se voglia-
mo, si riprende un filo rosso che pervade tutto il nostro contributo: i corsi
online e i corsi in presenza, pur tra le tante differenze che impongono ai
docenti competenze diverse, mantengono un rapporto di scambio con-
tinuo di soluzioni, di attività, di proposte. Anzi, proprio per i numerosi
vincoli imposti dal mezzo, vediamo i corsi online come un territorio per
la didattica in grado di dare risposte assai utili anche per i corsi in pre-
senza. Un po’ come avviene per molti altri settori della conoscenza, dove
si vanno a sperimentare soluzioni in condizioni estreme che poi tornano
utili anche nelle condizioni normali18; così nella didattica delle lingue sta
avvenendo grazie a Internet qualcosa di simile. Si prenda, per esempio,
la questione più dibattuta quando si parla della possibilità di realizzare
su Internet i corsi di lingua straniera: la difficoltà, per non dire la qua-
si impossibilità, di interagire con gli apprendenti, facendo venire meno
quello che è lo strumento principale utilizzato dal docente per migliorare
la competenza linguistica dei propri studenti in aula. Quando un docente
(insieme al resto del team di curatori dei corsi di lingua online) inizia a
progettare un corso, la prima cosa che fa è proprio quella di ipotizzare

18 Basti pensare, per esempio, a quello che avviene nell’ingegneria meccanica dove soluzioni
aerodinamiche sviluppate per consentire alle automobili di andare a velocità altissime vengono
poi adattate per migliorare andatura e stabilità delle nostre auto di serie.

74
Andrea Villarini

soluzioni che possano ovviare alla mancata interazione vis-à-vis con la


propria classe (in questo caso “classe virtuale”). Se si vanno a vedere i corsi
online, anche quelli che hanno numeri sterminati di partecipanti come
i MOOC19, essi contengono uno studio sulle modalità di interazione e
sulle attività in grado di stimolarla, sul tipo di feedback che è possibile
restituire a un numero così grande di corsisti. Ecco, tutte queste soluzioni
se funzionanti possono essere applicate anche in un corso d’aula.

7. Le nuove competenze che un docente di lingua e cultura


italiana online deve acquisire

Presentato il quadro generale non ci resta che provare a descrivere,


anche a mo’ di quadro riepilogativo, quelle che, a nostro avviso, rappre-
sentano le nuove competenze che un docente online deve acquisire per
poter operare al meglio in un contesto digitale.

7.1. Imparare a gestire diversamente il tempo

Un aspetto cruciale è quello che si riferisce al tempo di utilizzo di un corso


o, su scala più piccola, al tempo di realizzazione di una attività. Il tempo nella
didattica in contesti digitali si dilata e si destruttura (Gatto 2011: 297). Se in
aula il tempo è lineare20 (c’è sempre un prima e un dopo) nelle aule virtuali
il tempo diventa, appunto, destrutturato, privo di un solo asse di riferimento.

19 Questo tipo di corsi ha numeri enormi, che abbiamo definito sterminati in relazione ai
numeri abituali di un corso d’aula. Essi, infatti, raggiungono numeri di iscritti che si misurano
in decine di migliaia. Per esempio, il MOOC per insegnare italiano dal titolo “Introduction to
Italian”, realizzato da chi scrive in collaborazione con un gruppo di colleghi dell’Università per
Stranieri di Siena, ha raggiunto al momento in cui redigiamo il presente contributo, la cifra di
25.000 iscritti a un mese dalla chiusura delle iscrizioni.
20 Ci permettiamo su questo di rimandare a un nostro contributo (Villarini 2011) dove
abbiamo provato a definire il ruolo della variabile tempo nella didattica delle lingue in contesti
tradizionali. In quella sede, abbiamo proposto una visione che affianca alla visione del tempo
cronometrico (che è quella richiamata nel nostro contributo, fatta di un prima e di un dopo) il
tempo calendariale (la durata complessiva e il ritmo di lezioni del corso) e il tempo percepito
dallo studente. Si è in grado di giudicare la giusta durata di un’attività in aula solamente se si
tengono presenti gli altri due assi temporali.

75
Andrea Villarini

Negli spazi per la didattica in Rete, tutto è “in primo piano” e l’organizza-
zione dei contenuti procede non in maniera lineare, ma reticolare. Questo
ha delle conseguenze nel momento in cui un docente si trova a pensare al
proprio sillabo. Se in aula può scegliere di presentare un argomento alla volta
e, addirittura, di omettere di presentare un determinato argomento se vede
che la classe non è pronta a recepirlo, nei corsi online questa possibilità è
infranta dalla necessità di predisporre tutto in partenza e dalla necessità di
mostrare in schermo i contenuti del corso simultaneamente. La sequenza
di apprendimento, quindi, può essere solo suggerita e proposta ma non può
essere imposta all’apprendente.
Il docente dei corsi online, allora, deve imparare a gestire questa modalità
di fruizione molto più complessa rispetto a quella dei corsi di lingua d’aula. Se
poi in un corso di lingua tradizionale egli può scegliere di programmare brevi
tratti di corso e scegliere poi di aggiustare o riformulare il percorso strada
facendo sulla base delle richieste e dei bisogni dei corsisti, nei corsi digitali la
programmazione dovrà essere fatta molto più a lungo raggio. In taluni casi,
addirittura si deve prevedere l’intera sequenza dei contenuti, dall’avvio del
corso sino alla sua conclusione, senza possibilità di aggiustamenti in corso
d’opera. Un altro cambiamento che determina nuove competenze per il do-
cente è una certa dilatazione nei tempi di esecuzione delle attività da parte dei
corsisti. L’online, infatti, ha dei tempi di esecuzione molto più lunghi dell’au-
la. Una attività in presenza non può durare un tempo eccessivamente lungo
anche perché, generalmente, il tempo a disposizione del docente non supera
l’ora. Quando parliamo di online, il tempo scorre molto più lentamente. Ciò
che fa aumentare il tempo, non sono tanto i tempi di fruizione delle attività o
degli input (che restano su per giù invariati) ma il cosiddetto carico didattico
dello studente che nell’online si sviluppa con tempi molto più distesi.
Considerato quindi che un corso online non può durare tempi lunghissi-
mi, nella programmazione il docente deve acquisire quella particolare com-
petenza che lo porta a dosare i contenuti del corso in modo tale da garantire
un carico didattico adeguato per lo studente21.

21 Quanto detto vale naturalmente per le attività e per le proposte didattiche in modalità
asincrona (ovvero quando lo studente è libero di scegliersi i tempi di fruizione). Nell’online
continuano a esserci, però, anche tipologie di proposte didattiche che si svolgono in modalità
sincrona (docente e studenti contemporaneamente davanti al pc) dove i tempi sono simili a quelli
dell’aula.

76
Andrea Villarini

7.2. Imparare a gestire uno spazio di insegnamento non chiuso

L’aula è per definizione uno spazio racchiuso tra quattro mura. Que-
sto aspetto influenza le scelte didattiche di un docente molto più di
quanto si possa credere e di quanto venga abitualmente evidenziato nella
trattatistica sulla didattica delle lingue. Quando si passa all’online, grazie
a Internet, l’aula spalanca le sue porte. La gestione del percorso didattico
da parte del docente deve tener conto, quindi, di questo aspetto. Cosa
cambia? A nostro avviso, l’aspetto più stravolto è la gestione dell’input
da sottoporre allo studente. Mentre nei corsi tradizionali la possibilità
per il docente di appoggiare il corso su di un input controllato per gui-
dare secondo un piano programmato l’iter di sviluppo della competenza
linguistica dei propri allievi, nei corsi che si fondano su Internet questa
possibilità è molto più ridotta. Lo studente, per il fatto stesso di esse-
re entrato in un corso tramite Internet, ha a sua disposizione un input
molto più vasto e ricco. Sarà compito del docente quindi elaborare un
percorso di apprendimento che possa tener conto di questa ricchezza. In
pratica, è come se un corso online si avvicinasse moltissimo, da questo
punto di vista, alle forme di apprendimento spontaneo che si caratte-
rizzano appunto per un input molto più ricco e allo stesso tempo non
finalizzato agli scopi didattici. La distanza tra input appreso all’esterno e
input gestito direttamente dal docente si accorcia sino a creare una sorta
di corto circuito. Questo aspetto naturalmente ha dei lati negativi in
quanto complica la gestione dell’input da parte del curatore del corso, ma
allo stesso tempo può esser visto come un vantaggio perché gli stimoli ai
quali possono essere sottoposti gli apprendenti sono molti di più e molto
più ricchi.

7.3. Imparare a gestire l’alto tasso di autonomia dell’apprendente

Quando parliamo di online molto spesso si usa l’espressione «corsi in


autoapprendimento». L’espressione nasce quando con nuove tecnologie
si intendevano i corsi su CD-ROM o nei circuiti chiusi dei laboratori
linguistici, dove ci si collegava a dei computer che disponevano di attività
didattiche per lo sviluppo delle capacità linguistiche, ma privi di connes-
sione a Internet. Poi sono arrivati i corsi online che richiedono l’utilizzo

77
Andrea Villarini

della Rete e da quel momento il termine “autoapprendimento” ha perso


tantissimo del suo valore. Il corso online necessita al contrario di un alto
tasso di interazione tra i partecipanti, non è pensabile frequentare un
corso di lingua al computer senza impegnarsi a interagire con il resto
dei corsisti. Dal punto di vista del docente, questo comporta la necessità
di imparare a gestire percorsi di apprendimento che si fondano su un
approccio cooperativo tra i partecipanti. Allo stesso tempo però resta la
distanza (fisica soprattutto) dai propri corsisti che impone un alto tasso
di autonomia da parte loro.
Il web è uno spazio virtuale al quale tutti possono accedere secondo
i loro tempi e con una propria intensità di frequenza. Questo conferisce
al corsista un alto tasso di autonomia che deriva proprio dalla libertà di
“entrare” e “uscire” dall’aula virtuale quando si vuole.
Uno dei compiti di chi organizza un corso di formazione linguistica
a distanza, forse quello principale, diventa quindi quello di ideare delle
attività che consentano di essere usufruite in modalità asincrona, ma che
allo stesso tempo mantengano quel minimo di interattività tale da far
parlare ancora di approccio alla didattica di tipo cooperativo. Come si
può notare, un altro di quegli aspetti che se gestiti correttamente posso-
no far trovare soluzioni in grado di illuminare anche la didattica d’aula
tradizionale.

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Andrea Villarini

Riferimenti bibliografici

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79
capitolo iv

I SOCIAL NETWORK NELLA


DIDATTICA DELL’ITALIANO L2

Emanuela Cotroneo
Università degli Studi di Genova

1. Introduzione

Nell’ultimo ventennio l’insegnamento dell’italiano a stranieri, nei di-


versi contesti interessati da questo fenomeno, ha subito importanti tra-
sformazioni: come evidenziato in Diadori (2001, 2011) i nuovi approcci
glottodidattici, i nuovi ruoli del docente e le nuove tipologie di discen-
ti, ciascuna con i propri bisogni e le proprie motivazioni, hanno dato
origine a una serie di interrogativi sull’azione didattica: quale lingua e
quale cultura insegnare? Con quali metodologie? Con quali strumenti?
Se il Quadro Comune Europeo (Consiglio d’Europa 2002) ha segnato
una svolta nel panorama della didattica delle lingue moderne fornendo
a docenti, discenti e progettisti di corsi una base comune per l’appren-
dimento, l’insegnamento e la valutazione, l’innovazione più significativa
dal punto di vista degli strumenti è stata, senza dubbio, antecedente.
L’avvento di Internet ha portato, infatti, a partire dagli anni Novanta, un
ampliamento dell’offerta formativa: la successiva diffusione delle con-
nessioni a basso costo e l’uso di piattaforme e-learning hanno permesso
di superare le frontiere spazio-temporali, ottimizzando le occasioni di
pratica linguistica e favorendo lo sviluppo di corsi online (Poli 2004).
Nuovi scenari si sono, in seguito, sviluppati con il passaggio dal Web al

80
Emanuela Cotroneo

Web 2.01 e, conseguentemente, dall’e-learning all’e-learning 2.02.


Tra i diversi strumenti che gli insegnanti hanno a disposizione nell’at-
tuale panorama delle tecnologie didattiche, i Social Network emergono,
in particolare, per la loro ampia diffusione a livello mondiale e per il
coinvolgimento di diverse fasce di età: Facebook, per esempio, conta più
di un miliardo di utenti attivi. Possiamo dunque ipotizzare che molti dei
discenti che popolano le classi di italiano L2 siano utilizzatori, con di-
versi gradi di coinvolgimento, di questo ambiente virtuale, avvezzi quindi
a una serie di pratiche che, come vedremo, costituiscono attività utili
per la pratica linguistica. Accanto a strumenti come Facebook, troviamo
Social Network orientati all’apprendimento linguistico, come Livemo-
cha, e web services che permettono ai docenti di creare ambienti di Social
Networking ad hoc, come Ning.
In questo capitolo analizzeremo la spendibilità didattica dei Social
Network facendo riferimento alle diverse tipologie di strumenti esistenti
e alle potenzialità e agli eventuali limiti del loro impiego per l’appren-
dimento/insegnamento dell’italiano L2; dopo aver esplicitato il quadro
teorico di riferimento, forniremo inoltre alcune indicazioni pratiche al
fine di esemplificare le possibili attività da proporre in un contesto classe.

2. Le caratteristiche di un Social Network

Alla base del concetto di Social Network stanno, come emerge in Fini
(Fini 2006), alcuni studi di psicologia sociale, di sociologia e di antropo-
logia dei primi anni del secolo scorso noti come Social Network Theory.
La Social Network Analysis si occupa, in particolare, di studiare la strut-
tura delle reti interazionali che si instaurano tra gli individui: la società
è concepita come una rete di relazioni, le quali influiscono sul compor-

1 Il termine Web 2.0, coniato da O’Reilly nel 2004, si riferisce alla seconda generazione di Web,
più sociale e interattiva. Essa è, infatti, caratterizzata dalla maggiore facilità d’uso che permette
ai cibernauti di pubblicare online contenuti propri, divenendo utenti attivi, fruitori e costruttori
della Rete (O’Reilly 2004; Bergler, Trexler 2010).
2 Con e-learning 2.0 indichiamo, conseguentemente, l’e-learning che utilizza gli strumenti del
Web 2.0, mettendo l’accento sulla produzione attiva di contenuti da parte degli studenti (Downes
2005).

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Emanuela Cotroneo

tamento stesso dei partecipanti alla rete. Oggi possono anche costituirsi
online, grazie agli strumenti di Social Networking che permettono agli
utenti di entrare in comunità virtuali relazionandosi tra loro, sul piano
professionale o non professionale.
Le funzioni tipiche di un ambiente per il Social Networking online
sono rappresentate dai seguenti quattro elementi ( Jenkins et al. 2006,
Berger, Trexler 2010):

1. la pagina del proprio profilo, che descrive l’utente attraverso la con-


divisione di testi, video, immagini e link a risorse esterne;
2. la rete sociale, che è rappresentata da una lista di contatti con i quali
si è in relazione all’interno dell’ambiente;
3. il sistema di comunicazione pubblico, che permette di scrivere brevi
messaggi che vengono pubblicati sulla propria bacheca o sulla ba-
checa altrui;
4. il sistema di comunicazione privato, che è utilizzato per le comuni-
cazioni sincrone o asincrone.

Al di là delle specificità del singolo ambiente di Social Networking


analizzato, che andranno verificate e testate in funzione delle effetti-
ve necessità didattiche, le funzioni sopra descritte accomunano i diversi
Social Network esistenti e possono quindi costituire, nell’ottica di un
utilizzo didattico, elementi di base per la progettazione di attività che
ne sfruttino le potenzialità. In fig. 1 riportiamo un’esemplificazione delle
funzioni elencate, facendo riferimento al noto Social Network Facebook.
Come emerge dagli elementi indicati, in un ambiente di questa ti-
pologia è possibile mettere l’accento tanto sui contenuti quanto sull’in-
terazione sociale: trattandosi di una tecnologia vuota (Zucchermaglio
2000), gli utenti possono “riempirla” con materiali esistenti in Rete o au-
toprodotti, attorno ai quali si possono sviluppare flussi di comunicazio-
ne. È evidente, dunque, come questo strumento possa essere facilmente
adattato alle finalità didattiche che il docente si prefigge, proponendo
contenuti di tipo linguistico-culturale e utilizzando le funzioni di co-
municazione sincrona o asincrona per creare situazioni di contatto con
input in L2 e di produzione di output in L2.

82
Emanuela Cotroneo

fig. 1. Le funzioni che caratterizzano un Social Network: l’esempio di Facebook.

3. I presupposti teorici

Da un punto di vista prettamente teorico, l’uso educativo e didattico


dei Social Network viene supportato da una serie di teorie sull’apprendi-
mento. Nel par.2 abbiamo esplicitato le caratteristiche generali di questo
strumento ed evidenziato come l’interazione con la propria rete sociale,
attraverso la condivisione di post e commenti e attraverso la comunica-
zione pubblica e privata, sia alla base del suo utilizzo.
I Social Network permettono, innanzitutto, l’interazione tra gli utenti.
Il sociointerazionismo (Bruner 1991) enfatizza il ruolo dell’interazione
nell’apprendimento linguistico: il bambino, infatti, apprende la propria
lingua madre grazie all’interazione con gli adulti facendo leva sul Lan-
guage Acquisition Support System (LASS) ossia sul sostegno fornito nel
modellare e strutturare il proprio input e nel gestire l’interazione.
I Social Network, così come gli altri strumenti del Web 2.0,
enfatizzano il ruolo attivo e creativo dell’utente e creano un terreno
fertile per la collaborazione. Il costruttivismo (Kelly 1955; Piaget 1967;
Vygotskij 1984) sottolinea proprio questo ruolo attivo e creativo del

83
Emanuela Cotroneo

discente, legando le conoscenze alla situazione nella quale si apprende.


L’apprendimento avviene attraverso la collaborazione e la negoziazione
tra pari ed è, quindi, attraverso il confronto con gli altri apprendenti
e l’interazione cooperativa che si verificano le proprie ipotesi sul
funzionamento della lingua e si costruisce un ambiente che permette di
attivare e utilizzare le conoscenze (Serra Borneto 1998; De Marco 2000;
Diadori, Palermo, Troncarelli 2015).
I Social Network, così come gli altri strumenti del Web 2.0, hanno
assunto un ruolo particolare nella nostra quotidianità, influenzando le
modalità di comunicazione e di interazione. Il connettivismo (Siemens
2004) cerca di mettere in luce le caratteristiche dell’apprendimento
nell’era digitale, tenendo conto dei nuovi bisogni di apprendimento,
della struttura della conoscenza e del ruolo degli strumenti tecnologici.
Caratteristiche fondamentali della conoscenza nel XXI secolo sono la
sua vastità e il suo continuo aggiornamento: l’apprendente non può
esperire tutto lo scibile personalmente o accedere direttamente a tutta la
conoscenza e, dunque, vi accede attraverso le connessioni che si creano
con le fonti di conoscenza, siano esse persone, archivi o risorse digitali.
Le connessioni con altri individui e con altri surrogati di conoscenza
sono, quindi, fondamentali per l’apprendimento: ecco che ambienti come
i Social Network, che favoriscono le connessioni, possono rappresentare
un adeguato strumento per accrescere conoscenza nell’era digitale.

4. Potenzialità e limiti dell’uso dei Social Network

L’interesse della comunità scientifica rispetto all’impiego educativo e


didattico dei Social Network è testimoniato da una serie di studi che sono
stati realizzati nell’arco degli ultimi anni. Tale interesse costituisce oggi
un’importante sfida per la ricerca che si è concentrata sullo studio delle
loro potenzialità e dei loro limiti per l’apprendimento/insegnamento:
delineare nuovi modi di programmare la didattica e identificare i nuovi
bisogni di formazione per i docenti emergono come elementi cruciali
di questa sfida (Ranieri, Manca 2013; Trentin 2013). La riflessione
educativa e didattica va, inoltre, ricondotta alla disciplina oggetto di

84
Emanuela Cotroneo

apprendimento/insegnamento, mettendo in luce potenzialità e limiti


dello strumento utilizzato in funzione delle specificità della stessa.
Innanzitutto, è necessario chiarire che l’uso educativo e didattico
dei Social Network mette l’accento su un duplice aspetto formativo:
da una parte l’educazione ai media, ovvero la conoscenza dei diversi
media disponibili oggi, dall’altra l’educazione con i media, ovvero
l’apprendimento/insegnamento attraverso le diverse tecnologie didattiche
esistenti, in presenza e a distanza. Come sottolinea Trentin, è dagli stessi
discenti che proviene, informalmente, l’urgenza di fondere presenza e
distanza nei sistemi di apprendimento/insegnamento, come già accade
nella vita quotidiana: i Social Network, infatti, sono abituali strumenti di
comunicazione e interazione, utilizzati da diverse fasce di età e in diversi
ambiti, abbinando tecnologia di Rete e mobile. Se abituare i discenti
all’uso integrato di più risorse tecnologiche significa, oggi, favorire
l’accostamento di formazione verticale (da fonte autorevole a utente) e
orizzontale (tra pari) e di apprendimento formale e informale3, è evidente
come una delle competenze chiave del XXI secolo, l’imparare a imparare,
venga da ciò rafforzata e consolidata favorendo l’apprendimento lungo
tutto l’arco della vita (Trentin 2011, 2013).
Si tratta, inoltre, di strumenti utilizzati frequentemente e con facilità
da molti discenti, che portano ricadute positive in termini di interesse e
motivazione4 (Antenos-Conforti 2009; Cotroneo 2012a). Costituiscono
un valido sostegno nella creazione di gruppi virtuali di pratica e favori-
scono, conseguentemente, la socializzazione, la collaborazione e il peer le-

3 Con «apprendimento formale» intendiamo ciò che avviene in ambito scolastico e universitario
e che prevede il rilascio di una qualche certificazione; con «apprendimento informale», all’opposto,
ciò che avviene in modo non organizzato e non strutturato, nella quotidianità delle relazioni
familiari e lavorative e senza rilascio di alcuna certificazione. Tra le due si situa l’«apprendimento
non formale», come forma di apprendimento volontario ma non legato a situazioni nelle quali la
formazione sia la principale attività, come può avvenire in circoli e associazioni (Ranieri, Manca
2013).
4 Alcuni studi hanno rilevato come si tratti di strumenti molto diffusi soprattutto tra alcune
fasce di utenti: in Italia sono coinvolti maggiormente gli utenti delle fasce di età 36-45 e 19-24,
cioè i potenziali apprendenti giovani-adulti e adulti di italiano L2 (http://wearesocial.it/tag/
statistiche/). In ambito anglosassone il 70% degli studenti universitari di Medicina, per esempio,
li utilizza regolarmente (Sandars et al. 2008) mentre in ambito americano il 49.7% utilizza
Facebook comunicando con i compagni su tematiche relative ai corsi di studio (Caruso, Salaway
2008).

85
Emanuela Cotroneo

arning (Pempek, Yermolayeva, Calvert 2009; Gray, Lucas, Kennedy 2010;


Ranieri, Manca 2013). Tali strumenti, oltre a essere, nel caso specifico
della didattica delle lingue, una valida risorsa per entrare in contatto con
materiali in lingua target, offrono occasioni di pratica linguistica metten-
do il focus sulla qualità di ciò che si pubblica, in quanto i contenuti pro-
dotti dai discenti (post, commenti, video ecc.) sono destinati a un pub-
blico reale (Fratter 2010; Solomon, Schrum 2010). Anche dal punto di
vista quantitativo, utilizzare un Social Network ha dei vantaggi rispetto a
una tradizionale piattaforma e-learning: i discenti sono più attivi e inte-
ragiscono maggiormente (Schroeder, Greenbowe 2009; Lin et al. 2013;
Coccoli, Cotroneo 2013).
Per realizzare percorsi didattici efficaci è, però, opportuno, evidenziare
anche le criticità che possono emergere, al fine di prevenirle e limitarle.
Innanzitutto, trattandosi di strumenti spesso già utilizzati da docenti e
discenti5, la privacy e il confine tra vita privata e vita pubblica vengono,
in qualche modo, minati. Se il venir meno della privacy ha ricadute so-
prattutto sul piano educativo (Cotroneo 2012a), l’erosione del confine
tra la vita privata e quella pubblica ha conseguenze anche sull’erogazione
dei contenuti didattici: in ambienti di Social Networking non creati per
la didattica, come Facebook, i post didattici si mescolano a quelli privati,
creando rumore e distrazione e non permettendo di risalire ai contenu-
ti ricercati con facilità. Il confronto tra una tradizionale piattaforma e-
learning e un Social Network, infatti, evidenzia l’assenza di funzionalità
specifiche per l’apprendimento, soprattutto nel caso dei Social Network
non nati con finalità educative e didattiche (Ranieri, Manca 2013; Co-
troneo 2013a).
Le ricerche fin qui presentate rappresentano solo una parte degli studi
sviluppati, e in via di sviluppo, sul tema dell’apprendimento/insegnamen-
to con i Social Network. Se ci permettono, da un lato, di affermare le rica-
dute didattiche positive in termini di motivazione e coinvolgimento con
maggiore certezza, così come in termini di quantità e qualità dell’intera-
zione, rintracciando nella letteratura gli opportuni riferimenti scientifici,

5 Malgrado l’alto tasso di diffusione, può comunque persistere un tasso di digital divide, con
conseguente necessità di formare docenti e studenti all’uso di tali strumenti (Ranieri, Manca
2013).

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Emanuela Cotroneo

lasciano aperti ancora una serie di interrogativi su alcune criticità oltre


che sulle modalità di utilizzo per l’ottimizzazione dei processi di appren-
dimento/insegnamento linguistico: quale ruolo dare ai Social Network
nel percorso didattico? Quale Social Network utilizzare? Per esercitare
quali competenze e quali abilità? Come strutturare il materiale didattico?
Per provare a dare una risposta a tali interrogativi, nel seguente para-
grafo presenteremo le diverse tipologie di strumenti esistenti e forniremo
alcuni esempi di applicazione per l’apprendimento/insegnamento dell’i-
taliano L2.

5. Le tipologie di Social Network esistenti

Per comprendere le possibili applicazioni educative e didattiche dei


Social Network è opportuno descriverne le diverse tipologie esistenti.
Se, infatti, conoscere la struttura generale di questi ambienti permette ai
docenti di pianificare al meglio le attività didattiche, soffermandosi sulle
abilità linguistiche da esercitare, sui materiali da utilizzare e sulle tecniche
didattiche da proporre, avere un quadro completo degli strumenti esi-
stenti favorisce la scelta più adeguata in funzione dello specifico contesto
classe di riferimento e del ruolo che all’apprendimento online si desidera
attribuire.
A un’analisi delle risorse disponibili in Rete è possibile identificare tre
diverse tipologie di Social Network, tutti ambienti potenzialmente utili
per l’apprendimento linguistico e culturale. Nella prima tipologia rien-
trano i Social Network tout court, quelli nati per mettere in relazione gli
utenti in base ad amicizie reali o virtuali, interessi comuni o attività pro-
fessionali, come Facebook. Nella seconda tipologia, invece, si collocano i
Social Network orientati all’apprendimento linguistico, nati con precise
finalità didattiche ma svincolati da percorsi di formazione istituzionali e
formali, come Livemocha. Nella terza tipologia rientrano i web services
che permettono ai docenti di creare ex novo degli ambienti di Social Net-
working, come Ning. Ognuna di queste tipologie può offrire a discenti e
docenti occasioni per favore l’apprendimento/insegnamento linguistico,
con diversi gradi di integrazione rispetto ai percorsi presenziali eventual-
mente attivati. Ne forniamo in sintesi una trattazione descrivendone le

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Emanuela Cotroneo

caratteristiche e i possibili impieghi, attraverso esempi inerenti il settore


disciplinare di riferimento.

5.1. I Social Network nati senza finalità educative e didattiche

Facebook è il Social Network creato nel 2004 da Mark Zuckerberg,


allora studente di Computer Science, allo scopo di favorire il contatto e
le relazioni tra gli iscritti all’università di Harvard. Ben presto il servizio
viene esteso alle altre università e poi, nel 2006, a chiunque superi i tre-
dici anni di età (Kirkpatrick 2011; Guerrini 2012).

Ambito Social Network Link


generale Badoo http://badoo.com/
Bebo http://www.bebo.com/
Facebook https://www.facebook.com/
Friendster http://www.friendster.com/
Google+ plus.­google.­com
Hi5 http://www.hi5.com/
Meet up http://www.meetup.com/
Odnoklassniki http://www.odnoklassniki.ru/
Orkut http://www.orkut.com/Main#Home
QQ http://www.qq.com/
Qzone http://qzone.qq.com/
VKontakte http://vk.com/
Quag https://www.quag.com/
accademico Academia http://academia.edu/
femminile She said beauty https://www.shesaidbeauty.com/
cinematografico Mubi http://mubi.com/home

culinario New Gusto https://newgusto.com/


letterario Anobii http://www.anobii.com/

musicale MySpace https://new.myspace.com/

professionale LinkedIn http://it.linkedin.com/


turistico EViaggiatori http://www.eviaggiatori.it/

tab. 1. Alcuni esempi di Social Network.

Oggi Facebook è una delle piattaforme di Social Networking più uti-


lizzate al mondo, con più di un miliardo di utenti attivi appartenenti a

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Emanuela Cotroneo

diverse fasce d’età6. A distanza di più di dieci anni dalla creazione del Social
Network per antonomasia, gli utenti hanno a disposizione svariati ambienti
che li aggregano in base a interessi quali la musica, la cucina, il cinema o la
letteratura come sintetizzato in tab. 1. Non si tratta di ambienti nati con spe-
cifiche finalità educative e didattiche e sono, quindi, utilizzati dagli utenti nel-
la socializzazione, nel tempo libero e, in alcuni casi, nell’ambito professionale.

5.1.1. La spendibilità didattica di Facebook

Possiamo ipotizzare che molti dei discenti che popolano le classi di italiano
L2 siano utenti, con diversi gradi di coinvolgimento, di questi ambienti virtua-
li, avvezzi quindi a una serie di pratiche che, a un’attenta analisi, costituiscono
attività utili per la pratica linguistica. L’uso spontaneo e informale di questi
ambienti permette, infatti, di leggere e di ascoltare testi scritti e orali, di scrivere
e di commentare, di registrare testi audio e video e di condividerli con i propri
contatti: se ciò avviene utilizzando la lingua target, l’apprendente di italiano
L2 trova in essi una fonte inesauribile di input nonché molteplici occasioni di
output. Come afferma Addolorato, infatti:

[…] attraverso la condivisione di post di testi, video, il linkaggio relativo a


eventi o temi, si estendono potenzialmente la possibilità di familiarizzarsi
con la lingua, la cultura, le strategie linguistiche, la frequenza d’uso di un
termine, abbinate alla possibilità di effettuare una costante ricerca sul campo,
che permette di poter conoscere, pure a distanza fisica, il gergo giovanile, il
linguaggio politico, le ultime tendenze artistico-sociali di un determinato
gruppo umano accomunato da una lingua, da una determinata tradizione
(Addolorato 2009: 177).

Per esemplificare le attività linguistiche e culturali che derivano dall’uso


spontaneo dei Social Network faremo riferimento, in particolare, alla spendi-
bilità didattica di Facebook. In tab. 2 ne riportiamo gli elementi descritti al par.
2.1, esplicitando le attività linguistiche che è possibile consolidare utilizzandole.

6 I dati relativi al numero di iscritti, così come i dettagli sul coinvolgimento delle diverse
fasce d’età coinvolte, sono reperibili ai siti http://wearesocial.it/tag/statistiche/ e http://vincos.it/
osservatorio-facebook/.

89
Emanuela Cotroneo

Elementi di Facebook Spendibilità didattica

Comunicazione pubblica:
pubblicazione di aggiornamenti di Comprensione e produzione scritta, interazione scritta
stato e commenti.

Comunicazione pubblica:
Comprensione e produzione orale, produzione scritta,
pubblicazione di foto e video e
interazione scritta.
commenti.

Comunicazione privata:
Interazione scritta e orale.
comunicazione sincrona e asincrona.

Comprensione e produzione scritta, comprensione e


Rete sociale.
produzione orale, interazione scritta e orale.

tab. 2. Gli elementi di Facebook e la loro spendibilità didattica.

Come emerge in tab. 2, l’apprendente di italiano L2 che utilizza Fa-


cebook nelle proprie pratiche spontanee di Social Networking può eser-
citarvi e potenziarvi, grazie agli amici che fanno parte della propria rete
sociale virtuale e ai contenuti da essi condivisi, la propria competenza
linguistico-comunicativa, anche senza un docente che finalizzi le attività
all’apprendimento/insegnamento dell’italiano L2. In quest’ottica prende
forma una modalità di apprendimento di tipo incidentale, la cosiddetta
serendipity7, come riportato in Ranieri, Manca (2013). Se, infatti, osser-
viamo i seguenti esempi tratti da interazioni spontanee in Facebook (cfr.
fig. 1), possiamo facilmente rilevare come per l’apprendente di italiano
L2 essi costituiscano preziose occasioni di pratica linguistica, dipendenti
dai contenuti che la propria rete sociale condivide e dalle interazioni che
con essa vengono sviluppate. Maggiore è il numero di connessioni che
l’apprendente ha instaurato nel Social Network, maggiori sono i con-
tenuti con i quali può entrare in contatto e le possibilità di utilizzare la
lingua target con i nativi o con altri apprendenti.
Una delle attività più diffuse in Facebook è la pubblicazione di post
e commenti: tale pratica, insieme alle diverse opzioni per la comunica-
zione privata sincrona e asincrona, favorisce la discussione e lo scambio
di opinioni, così come la riflessione critica e la nascita di nuovi punti di

7 La serendipity «riguarda quelle situazioni in cui si scopre qualcosa di imprevisto, come quando
nella ricerca scientifica ci si imbatte in qualcosa di importante mentre si stava cercando altro»
(Ranieri, Manca 2013: 75).

90
Emanuela Cotroneo

vista (Cotroneo 2013a). L’esempio riportato in fig. 2 riporta un post di


un musicista italiano che propone una discussione sulle opere di alcuni
compositori del Novecento: il post sollecita un contributo attivo da parte
dei lettori che ascoltano i brani musicali non noti e li commentano, sulla
base delle sensazioni e degli stimoli ricevuti. Si tratta, com’è evidente, di
un’attività che richiede di mettere in gioco la propria abilità di compren-
sione, produzione e interazione scritta.
In fig. 3 è, invece, esemplificata la condivisione di una poesia e di un
video di canzone che può offrire la possibilità di approfondire l’abilità
di comprensione orale e la conoscenza linguistico-culturale attraverso
l’ascolto, la lettura del testo e la ricerca di parole non note, nonché la
conoscenza di contenuti letterari. In entrambi i casi la motivazione e
l’autonomia dello studente sono alla base del sopracitato apprendimen-
to incidentale che prende forma attraverso la navigazione spontanea in
Rete. Non vi è, dunque, una finalità didattica di fondo ma modalità di
interazione di questa tipologia possono divenire vere e proprie attività
linguistiche perché propongono testi, scritti e orali, che devono essere
compresi così come interazioni, prevalentemente scritte, che mettono in
gioco abilità ricettive e produttive.

fig. 2. Discussione in una pagina di Facebook (Cotroneo 2013a: 168).

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Emanuela Cotroneo

fig. 3. La condivisione di un testo letterario e di un video in Facebook (Cotroneo 2013b: 78).

Oltre a far creare profili personali, Facebook offre la possibilità di


seguire pagine tematiche e di entrare in gruppi che possono costituire
centri di interesse per gli apprendenti e i docenti di italiano L2. Se na-
vighiamo fra queste opzioni possiamo rilevare almeno quattro diverse
tendenze (Cotroneo 2013c):

1. pagine tematiche che hanno come destinatari apprendenti di italiano


L2 e che contengono micro-percorsi didattici, con l’obiettivo di con-
solidare e approfondire aspetti morfo-sintattici, lessicali e pragmatici
oltre che aspetti di tipo culturale (es. Noi parliamo italiano, e tu?);
2. pagine e gruppi che promuovono la lingua e la cultura italiana o che
ne approfondiscono aspetti specifici (es. Vocabolario italiano illustrato);

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Emanuela Cotroneo

3. applicazioni che mettono l’accento su aspetti morfosintattici, lessicali


e pragmatici e aspetti di tipo culturale (es. Italian Journey);
4. pagine e gruppi dedicati ai docenti (es. Il due blog).

Un primo passo verso la didattizzazione di Facebook può essere iden-


tificato nella segnalazione di queste risorse ai discenti che frequentano
corsi presenziali che, liberamente, durante il corso e dopo la conclusio-
ne dello stesso, possono usufruirne in maniera spontanea e incidentale.
Come far evolvere queste pratiche di Social Networking verso un appren-
dimento più guidato e strutturato? Forniamo nel seguente paragrafo al-
cuni esempi d’uso, allo scopo di esemplificare quanto è possibile erogare,
a livello di micro-percorsi didattici, in ambienti di questa tipologia.

5.1.2. Dalla serendipity al formato blended

Immaginiamo di tenere un corso presenziale e di voler ampliare il


tempo classe offrendo ai discenti la possibilità di interagire online at-
traverso Facebook. Possiamo utilizzare questo ambiente come una piat-
taforma e-learning che eroghi contenuti didattici, sfruttando le pratiche
spontanee che abbiamo sopra esplicitato. I discenti possono svolgere
attività in Facebook prima e dopo le attività presenziali, ottimizzando
le occasioni di contatto con l’input in italiano L2 e di produzione di
output, come rappresentato in fig. 4. La fase di motivazione, infatti, può
essere anticipata e svolta prima della lezione presenziale: un’immagine o
un video possono facilmente elicitare le preconoscenze sul tema che ver-
rà affrontato in classe e rappresentare uno stimolo per un brainstorming
iniziale. Conclusa l’attività presenziale i discenti possono reimpiegare
le conoscenze acquisite in maniera attiva e creativa, realizzando testi in
L2 di diverso formato che diano origine a flussi di comunicazione dove
esercitare ancora la competenza linguistica.

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Emanuela Cotroneo

fig. 4. Un esempio di integrazione di Facebook alla didattica presenziale.

Un’alternativa è quella di erogare contenuti svincolati dal percorso


didattico presenziale, che si esauriscano in Rete, ma che si ricolleghino
a esso in quanto a elementi lessicali, contenuti morfosintattici o cultura-
li affrontati. La struttura di Facebook si presta bene alla realizzazione di
micro-percorsi8 che si esauriscano nella combinazione di un contenuto
e un’azione da svolgere e che possano essere pubblicati in un unico post.
L’ambiente, infatti, aggiorna automaticamente l’ordine dei post in base
ai commenti ricevuti e non si adatta a percorsi didattici che prevedano
più post da seguire con un particolare ordine. In fig. 5 presentiamo un
esempio di micro-percorso didattico realizzato nella pagina Facebook
Lingua Italiana Per Stranieri (Progetto LIPS): si tratta di una pagina cre-
ata per erogare contenuti didattici per l’apprendimento dell’italiano L2,
svincolata da corsi presenziali. Chiunque voglia consolidare la propria
competenza linguistica può accedervi e svolgere le attività proposte, in-
teragendo con i nativi e i non nativi che ne seguono gli aggiornamenti.

8 In letteratura si parla di microlearning cioè di apprendimento basato sull’interazione


dell’apprendente con un singolo contenuto (es. un podcast, un video), che si focalizza su un unico
aspetto (es. comprendere un testo orale), la cui fruizione si esaurisce in pochi minuti e, spesso, in
mobilità (Kerres 2007).

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Emanuela Cotroneo

fig. 5. Un esempio di micro-percorso didattico.9

Come si evince dall’esempio riportato, l’attività richiede di fruire di un


unico contenuto (l’immagine con il testo che l’accompagna) e di svolgere
un’unica attività (produrre un output scritto). Tali attività, siano esse le-
gate ad attività presenziali o meno, possono essere proposte dal docente

9 Fonte: https://www.facebook.com/LinguaItalianaPerStranieri?fref=ts

95
Emanuela Cotroneo

attraverso il proprio profilo e i profili personali dei discenti, creando una


pagina tematica o un gruppo. A seconda dell’opzione scelta, le attività
potranno basarsi su una maggiore o minore apertura verso la Rete che si
traduce in maggiori o minori occasioni di contatto con l’input in L2 e di
produzione di output in L2 e in maggiore o minore qualità dei contributi,
come sintetizzato in tab. 310.

5.1.3. Una proposta didattica integrata: insegnare Facebook, insegnare in


Facebook

Le molteplici valenze dei Social Network sono evidenziate, in modo


dettagliato e preciso, da Ranieri e Manca (2013), tenendo conto di diver-
se dimensioni: quella tecnologica, quella cognitiva, quella etica e quella
sociale. Utilizzare un Social Network, infatti, significa sia comprenderne
le funzionalità tecniche sia sviluppare la capacità di ricerca e di produ-
zione dei contenuti, mettendo l’accento anche sul suo corretto uso, in
termini di etica e di sicurezza. Proporre l’uso di un Social Network ri-
chiede, quindi, una progressiva alfabetizzazione sullo strumento in modo
da adeguare le spontanee pratiche di interazione sociale, già note alla
maggior parte dei discenti, alle finalità educative e didattiche, mettendo
l’accento sulle diverse dimensioni in gioco. Le attività didattiche pre-
sentate in tab. 4, così come la loro descrizione, sono state selezionate
tra quelle ivi proposte; esplicitiamo, al fine di adeguarle all’ambito di-
sciplinare del quale ci occupiamo, le attività linguistiche che è possibile
svolgere a partire da esse, proponendo un esempio di consegna da pro-
porre alla propria classe di italiano L2. Prendiamo come Social Network
di riferimento Facebook, come già fatto al par. 2.2.1, in modo da poter
contestualizzare le attività proposte legandole a uno specifico ambiente.

10 È opportuno sottolineare come Facebook sia utilizzabile anche da minori (che abbiano
almeno tredici anni) e come sia necessario valutare attentamente l’opzione scelta in termini di
sicurezza. Il gruppo segreto, considerando gli aspetti riportati in tab. 3, sembra essere l’opzione a
maggiore tutela, seppur limitata in termini di apertura verso la Rete.

96
Emanuela Cotroneo

Uso di Modalità Interazione Apertura verso Criticità


Facebook la Rete

Profilo Insegnanti e I discenti L’apertura verso Non è possibile mantenere


studenti diventano interagiscono la Rete è massima la sequenzialità dei post e i
amici. con gli amici perché le interazioni messaggi inerenti le attività
e, quando avvengono didattiche si mescolano ad
concesso dalle con gli amici e altri messaggi.
impostazioni potenzialmente con C’è un annullamento della
di privacy, con gli amici di amici. privacy con ricadute sul
gli amici di piano educativo.
amici. L’apertura verso l’esterno non
è controllabile in termini di
qualità dei contributi e in
termini di sicurezza.

Pagina Gli studenti I discenti L’apertura verso L’apertura verso l’esterno non
mettono like a una interagiscono la Rete è massima è controllabile in termini di
pagina creata dal con tutti gli perché le interazioni qualità dei contributi e in
docente. utenti che possono avvenire con termini di sicurezza.
hanno messo i compagni di corso
like alla pagina e con esterni al corso
e non solo con ma dipendono dal
i compagni di grado di popolarità
corso. della pagina stessa.

Gruppo Gli studenti I discenti L’apertura verso la L’apertura verso l’esterno,


entrano in un interagiscono Rete è massima in quando prevista, non è
gruppo creato dal con tutti gli caso di gruppo aperto controllabile in termini di
docente che può utenti iscritti al e minima in caso di qualità dei contributi e in
essere aperto a gruppo. gruppo segreto. termini di sicurezza.
chiunque, chiuso
con possibilità
di essere visto da
tutti ma con ruolo
attivo riservato
solo ai discenti
selezionati dal
docente, o segreto,
con possibilità di
essere visto e usato
solo dai discenti
selezionati.

tab. 3. Profili, pagine e gruppi: principali caratteristiche.

97
Emanuela Cotroneo

Attività Descrizione Attività Esempio di consegna


didattica linguistiche
Dimensione Ricerca e Svolgere una Comprensione Cerca informazioni sull’ultimo
cognitiva valutazione di ricerca in Rete su scritta/orale e Festival di Sanremo e confronta
informazioni. un determinato interazione scritta le informazioni che hai ottenuto
argomento utilizzando e orale a seconda dalla tua lista di amici con le
un Social Network e del contenuto informazioni riportate sul sito
valutarne l’affidabilità utilizzato (post, ufficiale del Festival: http://www.
comparando con video, audio, chat, sanremo.rai.it.
diverse fonti. link esterno).
Produzione e Realizzare un Produzione scritta Realizza un video nel quale ti
condivisione di prodotto da e orale. presenti e parli di te: di dove sei?
contenuti. condividere nel Da quanto tempo sei in Italia?
proprio profilo, Perché studi l’italiano? Che cosa
utilizzando diversi ti piace e che cosa non ti piace
linguaggi mediali dell’Italia?
(testo, immagini,
video).
Information Proporre agli studenti Comprensione Cerca una stanza in affitto nella
problem solving. una situazione e produzione città dove svolgi il tuo soggiorno
problematica e scritta, interazione Erasmus.
chiedere loro di scritta.
cercare soluzioni
nei gruppi e nelle
comunità presenti
nei Social Network,
comparandole.
Dimensione Gioco di Creare un gruppo Comprensione e Il tuo quartiere ospita un grande
etica gruppo. chiuso e simulare una produzione scritta, numero di locali che causano
discussione su un comprensione e rumore nelle ore notturne e
problema. Gli studenti produzione orale, producono sporcizia. Alcuni sono
devono argomentare interazione scritta a favore della loro presenza, altri
il proprio punto di e orale. no. Realizza un video nel quale
vista e trovare contro- esprimi la tua opinione e guarda
argomentazioni per le i video dei tuoi compagni. Vota
proposte degli altri. attraverso un like le proposte
che ti trovano d’accordo e
trova argomentazioni contrarie
per quelli che non ti trovano
d’accordo.
Dimensione Lavoro Proporre un’attività da Comprensione e Dovete pubblicare un articolo
sociale collaborativo. svolgere in un gruppo produzione scritta, sulle festività italiane nel giornale
definendo ruoli e comprensione e online della scuola. Lavorate in
regole comunicative produzione orale, gruppo in base ai diversi ruoli
ed evidenziando interazione scritta assegnati e:
l’importanza di un e orale. 1. discutete sulle feste più
ruolo attivo. importanti e confrontatevi sulle
differenze con il vostro paese;
2. consultate fonti di diverso tipo
per ottenere informazioni sulle
festività;
3. scrivete l’articolo utilizzando
testo, immagini, video ecc.
Partecipazione Coinvolgere gli Comprensione Metti like alla pagina Lingua
a reti. studenti in progetti e produzione Italiana per Stranieri Lingua
di cooperazione a scritta e orale, Italiana Per Stranieri (Progetto
distanza tra scuole. interazione scritta LIPS) per conoscere altri studenti
e orale. che stanno apprendendo la lingua
italiana.
tab. 4. Esempi di attività da realizzare in Facebook.

98
Emanuela Cotroneo

Esaminata la spendibilità didattica dei Social Network nati senza fi-


nalità educative e didattiche e presentati alcuni esempi applicativi relati-
vi a Facebook, proponiamo, nel seguente paragrafo, un approfondimento
sui Social Network orientati all’apprendimento linguistico.

5.2. I Social Network per l’apprendimento linguistico

Negli ultimi anni sono stati sviluppati Social Network orientati


espressamente all’apprendimento/insegnamento linguistico: si tratta di
ambienti nei quali gli utenti creano reti sociali allo scopo di potenziare
la propria competenza linguistico-comunicativa e nei quali i contenuti
sono veri e propri percorsi di apprendimento. Gli sviluppatori mettono a
disposizione il materiale didattico erogandolo come in una tradizionale
piattaforma e-learning, ma la novità risiede nel ruolo che la rete sociale
acquisisce in questo ambiente: i nativi forniscono feedback a coloro che
apprendono una lingua, dando loro la possibilità di interagire attivamen-
te e di esercitare la propria competenza linguistico-comunicativa. L’af-
fiancamento dell’apprendimento informale, basato sulla collaborazione
tra pari, all’erogazione più tradizionale di contenuti, è alla base di Social
Network quali Livemocha, Babbel, Busuu e My Happy Planet (Bedini
2009; Troncarelli 2010; Cotroneo 2012a); ne sintetizziamo in tab. 5 le
informazioni principali per poi descrivere, a titolo esemplificativo, le ca-
ratteristiche di uno di essi.

Nome e sito di riferimento Lingue


Livemocha Offre corsi gratuiti/ a pagamento per
http://www.livemocha.com l’apprendimento delle principali lingue straniere.
Al corso multimediale si aggiunge il supporto
degli utenti madrelingua.
Babbel Offre corsi a pagamento (con prova gratuita)
http://www.babbel.com/learn-italian-online di francese, inglese, italiano, spagnolo, svedese,
tedesco. Al corso multimediale si aggiunge il
supporto degli utenti madrelingua.
Busuu Offre corsi gratuiti per l’apprendimento di
http://www.busuu.com/it/ diverse lingue straniere e utilizza sistemi di
comunicazione sincrona e asincrona.
My Happy Planet Offre corsi gratuiti per l’apprendimento di
http://www.myhappyplanet.com/my_home.php diverse lingue straniere con video e lezioni
caricati dagli utenti.
tab. 5. I principali Social Network per l’apprendimento linguistico (Cotroneo 2012a: 229).

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Emanuela Cotroneo

5.2.1. Il caso di Livemocha

Livemocha è il primo dei Social Network orientati all’apprendimen-


to linguistico. Si tratta di un sito che permette di partecipare a corsi di
lingua in autoapprendimento e agli iscritti di creare connessioni con i
parlanti nativi della lingua oggetto di studio. Propone materiali didattici
strutturati ai quali, però, si affiancano le interazioni con i parlanti nativi
della lingua oggetto di studio. Durante la registrazione, infatti, l’utente
indica la propria madrelingua e le lingue alle quali è interessato, diven-
tando potenziale docente della propria L1 e apprendente per le lingue
selezionate (Bedini 2009; Troncarelli 2010; Cotroneo 2012a). La rete
sociale diviene, in questo contesto, un sostegno all’apprendimento lin-
guistico, attraverso le funzioni esplicitate in fig. 6.

fig. 6. Le funzioni di Livemocha (https://learn.livemocha.com).

Per comprendere la struttura dei percorsi didattici erogati, analizzia-


mo di seguito la prima lezione di un corso base di lingua italiana (L’alfa-
beto e la pronuncia). La prima attività (Introduction) presenta i contenuti
con un video: l’alfabeto viene pronunciato mettendo in relazione fonema
e grafema. Segue la presentazione del lessico necessario nel percorso di-
dattico (Vocabulary), con una spiegazione e una frase per contestualizzare
ogni nuova parola. Le sezioni seguenti si focalizzano sull’uso di quanto
presentato (Usage, Usage practice), richiedono una pratica guidata con at-

100
Emanuela Cotroneo

tività a scelta multipla mentre le successive (Read and write, Read and
speak, Listen and write, Listen and speak) portano l’apprendente a un’ela-
borazione più autonoma, come esemplificato in fig. 7. Proprio in queste
ultime fasi entra in gioco il ruolo della rete sociale in quanto è possibi-
le richiedere un feedback ai parlanti nativi per le attività di produzione
scritta e produzione orale. L’apprendente guadagna punti svolgendo le
attività didattiche e aiutando gli altri apprendenti nel loro percorso di
apprendimento o li acquista online per sbloccare diversi tipi di attività.

fig. 7. Un esempio di attività didattica in Livemocha (https://learn.livemocha.com).

Tra le varie risorse che i docenti possono segnalare ai propri appren-


denti per il consolidamento linguistico e culturale, sia parallelamente ai
corsi presenziali, sia successivamente a essi per il mantenimento e la pra-
tica della competenza linguistica raggiunta, i Social Network di questa
tipologia costituiscono, senza dubbio, una buona pratica che sfrutta pie-

101
Emanuela Cotroneo

namente le potenzialità del Web 2.0 mettendo l’accento tanto sulla pos-
sibilità di fruire di materiale didattico strutturato e di creare attivamente
i contenuti (le produzioni scritte e orali) tanto sull’interazione con una
rete sociale costituita da nativi o apprendenti della stessa lingua.

5.3. Costruire un Social Network per la propria classe di italiano L2

L’ultima tipologia di Social Network è rappresentata dagli ambienti


costruiti ad hoc per il proprio contesto classe, nei quali vengono sele-
zionate funzioni e caratteristiche in base ai bisogni e alle necessità del
percorso didattico che si intende erogare (Berger, Trexler 2010). L’idea
di fondo dei web services che permettono di creare questi ambienti è che
si possa ricreare la struttura tipica dei Social Network, limitandola alle
sole necessità didattiche e al contesto classe nel quale si intende opera-
re. Assomigliano, infatti, a piattaforme e-learning11 perché si focalizzano
sull’apprendimento online dei discenti iscritti ma si ispirano alle fun-
zioni tipiche dei Social Network tradizionali, replicandone le modalità
di utilizzo attraverso la condivisione di contenuti e l’interazione tra gli
utenti. Ogni iscritto ha un proprio profilo, nel quale esprime la propria
identità virtuale ed entra in relazione con altri utenti che appartengono
alla propria rete sociale. Differentemente da una piattaforma e-learning,
tali ambienti sono spesso privi di strumenti specifici per l’apprendimen-
to/insegnamento12 e, differentemente dai Social Network come Facebo-
ok, presentano una rete sociale chiusa e limitata ai partecipanti al percor-
so di apprendimento. Ciò significa che il docente ne gestisce i contenuti
e gli accessi, limitando ai soli corsisti iscritti la possibilità di utilizzare
l’ambiente e i contenuti erogati e di interagire.
La fig. 8, che rappresenta un Social Network creato ad hoc con il ser-
vizio Ning, mostra le funzioni utilizzabili e le affinità con un Social Net-
work tradizionale. Si tratta di una risorsa veloce e facile da utilizzare: il
docente si registra e costruisce il proprio Social Network in pochi click,
selezionando le risorse e le funzioni che vuole includere. I forum posso-

11 Un confronto tra piattaforme e-learning e Social Network è riportato in Cotroneo (2012a).


12 Una tradizionale piattaforma e-learning, infatti, permette di gestire gli utenti attraverso
una procedura di iscrizione, la creazione di gruppi, la gestione di materiali, il monitoraggio e la
valutazione delle attività svolte (Monti Bonafede, Preti 2006).

102
Emanuela Cotroneo

no essere utilizzati per favorire il confronto e la discussione tra i discenti;


le immagini e i video possono rappresentare testi input per unità di la-
voro online mentre i box testuali e i link a pagine web possono arricchire
il Social Network dei contenuti oggetto di studio (Berger, Trexler 2010;
Cotroneo 2012a).

fig. 8. La home page di un Social Network creato con Ning (Coccoli, Cotroneo 2013: 152).

Come nei casi precedenti, un Social Network creato ad hoc può inte-
grarsi alla didattica presenziale, anticipando e posticipando fasi dell’uni-
tà di lavoro all’interazione online, o può affiancarvisi fornendo contenuti
che richiamino quanto già trattato in classe per fornire ulteriori occasioni
di pratica linguistica. In fig. 9 presentiamo un esempio di attività erogata
in Ning per studenti Erasmus: l’ambiente, in questo caso specifico, è sta-
to utilizzato parallelamente al corso presenziale, per potenziare la com-
prensione scritta e orale. Esattamente come accade nella condivisione di
un video in Facebook, si è presentato uno spot pubblicitario al quale si è
legato un quiz a scelta multipla per verificarne la comprensione.

103
Emanuela Cotroneo

fig. 9. Un esempio di micro-percorso didattico video-quiz erogato in Ning (Cotroneo 2013a: 174).

Le sperimentazioni svolte fino a oggi con questa tipologia di Social


Network hanno messo in evidenza potenzialità e limiti legati alla chiu-
sura di tali ambienti (Fini 2006, 2009; Coccoli, Cotroneo 2013; Manca,
Ranieri 2013). Infatti, l’uso di ambienti “chiusi”, nei quali la rete sociale è
limitata agli iscritti di uno specifico corso, controlla alcune delle criticità
emerse in precedenza (il rumore, il controllo della qualità dei contribu-
ti, la sicurezza), ma priva allo stesso tempo i partecipanti dell’elemento
chiave dell’apprendimento nell’era digitale: l’alto numero di connessioni
che, in ottica connettivista, rappresentano possibili fonti di apprendi-
mento e surrogati di conoscenza (Siemens 2004). Tale chiusura non ne
scoraggia l’uso ma, anzi, può adattarsi meglio a quelle situazioni didat-

104
Emanuela Cotroneo

tiche nelle quali sia necessario controllare alcuni aspetti del processo di
apprendimento/insegnamento, come in fase di alfabetizzazione infor-
matica (es. in caso di alto digital divide) o con utenti di particolari tipo-
logie (es. minori).
Forniamo di seguito (tab. 6), per concludere la trattazione di questa
tipologia di Social Network, un elenco di web services che possono essere
utilizzati per creare ambienti ad hoc, rimandando alla lettura di una serie
di ulteriori contributi per conoscerne le specificità e gli esiti di eventuali
sperimentazioni didattiche (Cotroneo 2012b; Coccoli, Cotroneo 2013a).

Nome e sito di riferimento Caratteristiche


Ning Servizio web, personalizzabile in quanto a
http://www.ning.com funzionalità e contenuti, è a pagamento con
tariffazioni diverse a seconda delle opzioni inserite.
Non richiede particolari competenze tecniche per
l’attivazione e la gestione.
Elgg Software open source installabile su server, è gratuito
http://elgg.org/index.php e richiede maggiori competenze tecniche per
l’installazione e la personalizzazione.
Software a metà tra open source e soluzione
Dolphin
commerciale, è a pagamento (con versione base
http://www.boonex.com/dolphin/
gratuita).
Twiducate Servizio web creato per l’uso in ambito scolastico,
http://twiducate.com/ è di facile uso ed è gratuito.
SocialGO Servizio web, è di facile uso ma a pagamento (con
http://www.socialgo.com/ versione base gratuita).

tab. 6. I servizi per la creazione di Social Network ad hoc (Cotroneo 2012a: 232).

6. Conclusioni

I Social Network, alla luce di quanto esposto in questo capitolo, rap-


presentano strumenti di alta spendibilità didattica. Molto diffusi nelle
pratiche di socializzazione online di discenti di diverse fasce di età, in
ambito personale e privato, essi si prestano facilmente all’impiego per la
didattica delle lingue in quanto centrati su due elementi fondamentali:
la condivisione di contenuti, potenziali testi input in lingua target, e l’in-
terazione con la propria rete sociale che, alla luce della teoria di Siemens
(2004), è un elemento chiave per accedere alla conoscenza. La facilità

105
Emanuela Cotroneo

d’uso e il ruolo attivo e produttivo degli utenti che li utilizzano, li ren-


dono adatti alla creazione di micro-percorsi di apprendimento da frui-
re online, in affiancamento a percorsi presenziali o, in alternativa, come
strumenti per l’autoapprendimento. La rassegna di strumenti presentata,
così come gli esempi di utilizzo relativi all’apprendimento/insegnamento
dell’italiano L2, hanno lo scopo di fornire alcune indicazioni di massima
per coloro che vogliano integrare e ampliare i propri percorsi didattici fa-
cendo leva sulla motivazione, l’interesse e il coinvolgimento dei discenti
oltre che sulla possibilità di creare comunità virtuali di apprendimento
che sfruttino le potenzialità degli ambienti aperti, come in Facebook, o
ne replichino le modalità di utilizzo in situazioni più controllate, come in
Ning, o, ancora, si situino in una posizione intermedia, come in Livemo-
cha. La scelta del Social Network più adeguato deve tenere conto, come
sempre accade in una didattica centrata sul discente, delle caratteristiche
dell’utenza, del suo grado di alfabetizzazione informatica e di autono-
mia così come delle risorse tecnologiche a disposizione e degli obiettivi
didattici che ci si prefigge di raggiungere. La sfida educativa e didattica
inerente i Social Network parte dallo strumento selezionato ma ricade
sulla programmazione svolta dal docente e sulla sua capacità di valutare
potenzialità e limiti rispetto al concreto contesto classe nel quale intende
operare.

106
Emanuela Cotroneo

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Emanuela Cotroneo

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Mubi. URL: http://mubi.com/home (ultimo accesso: 13.06.2015).

109
capitolo v

IL MOBILE LEARNING
E LE NUOVE FRONTIERE
PER LA DIDATTICA DELLE LINGUE

Ivana Fratter
Università di Padova

1. Introduzione

Nel presente articolo si mira a condurre una riflessione sull’appren-


dimento delle lingue e più nello specifico dell’italiano come L2 mediato
dalle TIC attraverso l’uso di dispositivi mobili (mobile devices), non solo
cercando di mettere in evidenza in che cosa si differenzia il mobile lear-
ning (m-learning) dal più generico e-learning, ma anche individuando il
valore aggiunto che deriva dall’uso di dispositivi mobili. Si cercherà di
offrire una ricognizione sullo stato dell’arte e sulle applicazioni del m-
learning nella didattica in relazione al loro grado di permeabilità.
Perché oggi parliamo di m-learning? Che cosa è cambiato rispetto a
qualche anno fa? Quali sono i fattori che hanno contribuito a trasforma-
re il modo di fruizione e di gestione delle risorse online, dell’accesso alla
Rete? Che sviluppo c’è stato nel settore della high technology negli ultimi
anni? Quali sono i dispositivi che hanno avuto il maggior impatto nella
vita quotidiana? Queste sono alcune delle domande a cui si cercherà di
rispondere nel presente articolo.
Il m-learning potrebbe essere considerato come una naturale, e dun-
que inevitabile, conseguenza dello sviluppo dell’hi-tech nella società
moderna; infatti straordinario è stato l’impatto che la diffusione dei di-
spositivi mobili, quali smartphone, tablet e computer portatili, ha avuto

110
Ivana Fratter

nella vita quotidiana di ogni persona. I dati offerti da alcune indagini


(Mazzoccola 2014; Audiweb 2015) ci mostrano come in Italia, analo-
gamente alla maggior parte dei Paesi del mondo, dal 2013 a oggi si è
registrata una diminuzione dell’uso della audience online1 da computer
a favore dell’uso dei dispositivi mobili; inoltre per quanto riguarda gli
utilizzatori di questi device si tratta prevalentemente di giovani in una
fascia d’età compresa tra i 18 e i 34 anni.
Altri tipi di indagini e ricerche, che riguardano più nello specifico
il mercato dell’e-learning e le sue prospettive per il futuro, sono fornite
da Docebo (2014) e in particolare nell’indagine «Mercato E-Learning
Trend e Previsioni 2014-2016», in cui non solo viene fornita una pano-
ramica sull’uso e sulla diffusione dell’hi-tech, ma al contempo vengono
date delle previsioni di massima riguardo alla vendita futura degli stessi.
In particolare nel report si prevede che scenderanno le vendite dei com-
puter e aumenteranno quelle dei tablet (dall’11,8% del 2013 al 16,5%
del 2017) e degli smartphone (dal 59,5% al 70,5%) (Docebo 2014: 28).
Questi dati sono preziosi per avere un quadro del mutamento dei con-
sumi della tecnologia, infatti l’aumento o la diminuzione dell’uso di un
certo tipo di tecnologia rispetto a un’altra implica anche un mutamento
nel tipo di approccio e nella modalità di fruizione delle risorse: si passa
da un uso, che qui chiameremo, di tipo «dedicato e fisso/stabile» della
tecnologia a un uso più «mobile e flessibile». Con il termine «uso dedica-
to e fisso/stabile» si intende indicare un uso della tecnologia che richiede
luoghi e tempi precisi: vi sono dunque uno spazio e un tempo dedicati
all’uso delle tecnologie in contesti, come il lavoro o lo studio; con il ter-
mine «uso mobile e flessibile», invece, si fa riferimento alla natura dei
dispositivi mobili utilizzati e utilizzabili in qualsiasi momento e in qual-
siasi luogo; questo tipo di fruizione implica tuttavia dei cambiamenti
sostanziali, di cui si parlerà nelle pagine che seguono.
La tecnologia mobile ha aperto, e aprirà in modo sempre più mas-
siccio, le porte a un nuovo modo di usare la stessa tecnologia; infatti «in
questi due anni, il Mobile Learning si è prepotentemente affermato come:
una nuova scelta metodologica, una nuova opportunità di business, una
nuova strategia per la gestione delle risorse umane» (Docebo 2014: 28).

1 Con audience online si misura la connettività a Internet in base al tipo di dispositivo utilizzato.

111
Ivana Fratter

2. Caratteristiche del m-learning

Il m-learning viene definito come insegnamento/apprendimento me-


diato da supporti mobili quali smartphone, tablet e/o Ipad, computer
portatili (laptop), ai quali si possono aggiungere anche le consolle, ovvero
dispositivi per giocare con i videogiochi (per es. X-Box, Play Station, Wii).
Come affermano Taxler e Wishart (2011: 6), alludendo anche alla dispo-
nibilità personale dei dispositivi che ciascun apprendente può possedere,
il m-learning «is not just e-learning on mobile devices». I dispositivi mo-
bili inoltre possono «play a particularly important role in the informal
learning environment: they can be used for communication, collabora-
tion, gathering and sharing of information» (Khaddage, Lattemann 2013:
3228). Il m-learning viene ancora definito come
«The exploitation of ubiquitous handheld technologies, together with
wireless and mobile phone networks, to facilitate, support, enhance and
extend the reach of teaching and learning» (MoLeNET 2014).
Alla luce delle definizioni fornite, nel presente contributo per m-lear-
ning si intenderà un apprendimento/insegnamento mediato da tecnologie
mobili con connessione in Rete e che può avvenire in luoghi e momenti
diversi a seconda delle esigenze dell’apprendente. Secondo tale prospetti-
va potrebbe sembrare che l’m-learning si differenzi dall’e-learning princi-
palmente per il tipo di dispositivi utilizzati, ma questo risulterebbe essere
invece piuttosto riduttivo e semplicistico. Infatti le differenze tra le due
modalità sono più profonde proprio come spiega Traxler (2009) che, at-
traverso la raccolta di alcune parole chiave caratterizzanti l’e-learning da
una parte e l’m-learning dall’altra, riesce a fornire una interessante map-
patura delle due modalità di apprendimento/insegnamento:

One view […] in looking at the characterizations of mobile learning


found in the literature finds words such as ‘personal’, ‘spontaneous’, ‘dis-
ruptive’ ‘opportunistic’, ‘informal’, ‘pervasive’, ‘situated’, ‘private’, ‘context-
aware’, ‘bite-sized’ and ‘portable’. These are contrasted with words from
the literature of ‘conventional’ e-learning such as ‘structured’, ‘media-rich’,
‘broadband’, ‘interactive’, ‘intelligent’ and ‘usable’. We can use these to
make a blurred distinction between mobile learning and ‘conventional’
e-learning (Traxler 2009: 5).

112
Ivana Fratter

Pertanto l’m-learning rispetto all’e-learning più in generale è caratte-


rizzato da una forte flessibilità, informalità, immediatezza d’uso; non va
però trascurato il fatto che sono gli stessi dispositivi che cambiano e che
modificano anche l’approccio all’uso. Questo risulta dunque essere più
immediato, si pensi per esempio alla accensione immediata del tablet,
e più user friendly grazie all’interfaccia con modalità touchscreen che la
rende semplice e interattiva e più familiare ( Johnson et al. 2014: 40). Da
non trascurare la loro portabilità, la versatilità del loro uso, la facilità di
navigazione e non da ultimo la disponibilità delle ormai numerosissime
App (cfr. par. 4).
Ma qual è il valore aggiunto dell’m-learning rispetto ad altri tipi di
apprendimento, tra i quali l’e-learning? In primo luogo il fatto che le per-
sone oggi possono essere connesse anywhere e anytime, infatti, è possibile
connettersi alla Rete in qualsiasi luogo ci si trovi e in qualsiasi momento
e al contempo è possibile partecipare ad attività, a discussioni ecc. Questo
fa sì che si possano ridurre anche i cosiddetti dead-time, ovvero i “tempi
morti” della giornata come per esempio il tempo di viaggio destinato allo
spostamento per ragioni di lavoro o di studio (p. es. in treno, in auto-
bus). Se questo aspetto da una parte può costituire un vantaggio, esso
può anche essere visto come uno svantaggio in quanto c’è il rischio che la
maggior parte del tempo della giornata si sia connessi alla Rete togliendo
pertanto spazio ad attività quotidiane più tradizionali come per esempio
visitare un luogo fisicamente e apprezzarne le bellezze anche dal punto di
vista sensoriale (odori, rumori, colori).
Il secondo valore aggiunto ascrivibile all’m-learning è la naturalezza
con cui viene favorito il passaggio da un apprendimento «non formale» e
«informale» ad uno «formale» e viceversa: il collegamento tra la didatti-
ca in aula (intesa come apprendimento formale) e l’apprendimento non
formale o informale (a seconda di come è stato progettato il percorso
didattico) grazie, per esempio, all’uso di Social Network come Facebook
o WhatsApp è particolarmente facilitato. Infatti il contatto tra le per-
sone può essere continuo e costante, ma soprattutto la collaborazione è
particolarmente facilitata grazie alla connessione alla Rete e ai dispositivi
mobili ma anche per il tipo di App, sempre più sviluppate e potenziate
nonché versatili.
Non da ultimo, si segnala il vantaggio dato dall’estrema compatibilità

113
Ivana Fratter

delle applicazioni ai diversi tipi di dispositivi e ai relativi sistemi operati-


vi, nonché la disponibilità di numerose App gratuite che permettono sia
la collaborazione tra più utenti per la realizzazione per esempio di task
collaborativi, sia la fruizione di materiali didattici.
L’m-learning, come anche l’e-learning in generale, ha come valore ag-
giunto l’aumento delle occasioni di apprendimento su vasta scala (p. es.
con i MOOC) dovuto alla possibilità di raggiungere gli utenti a distanza
in qualsiasi luogo essi si trovino e in qualsiasi momento, anche grazie
alla esponenziale diffusione pro capite dei dispositivi mobili documentata
dalle indagini sullo sviluppo dell’hi-tech (cfr. par. 1).

2.1. Ostacoli alla diffusione dell’ m-learning

La diffusione dell’m-learning non è ancora del tutto scontata, nume-


rosi sono infatti ancora gli ostacoli per la sua piena applicazione. Tra
le principali difficoltà che vengono annoverate nei documenti forniti
dall’UNESCO (2013: 31) vi sono i costi, la formazione del personale,
le scorrette abitudini d’uso. Per quanto riguarda i costi, si fa riferimento
in particolare al costo di alcuni dei dispositivi mobili che, pur diminuito
notevolmente, resta comunque alto per alcune categorie sociali e dunque
non accessibile alla gran parte della popolazione2. Sempre legata ai costi
vi è anche la spesa per la manutenzione e il controllo dei dispostivi in do-
tazione agli enti di formazione che, tuttavia, questo problema può essere
superato con l’approccio BYOD (Bring your own device) (cfr. par. 5).
Per quanto riguarda l’utilizzo dei dispositivi mobili la difficoltà non
riguarda l’utilizzo tout court degli strumenti ma la necessità di formare
i docenti al loro uso pedagogico, così come accade per la tecnologia in
generale (Fratter 2004; 2014).
Infine un aspetto che determina un pregiudizio all’introduzione dei
dispositivi mobili nella formazione degli allievi è dato dalle cattive abi-
tudini all’uso degli stessi; è il caso dell’errato uso dello smartphone nelle
scuole da parte degli studenti che porta come conseguenza alla messa

2 Una recente indagine (Fratter, Altinier in stampa), volta a indagare il “profilo tecnologico”
degli apprendenti in mobilità internazionale, ha messo in luce come l’uso dei dispositivi mobili
attualmente sia limitato agli smartphone e ai computer portatili mentre i tablet occupano ancora
una bassa posizione tra i dispositivi più utilizzati.

114
Ivana Fratter

al bando indiscriminata di tutti i dispositivi mobili nella scuola come


forma di prevenzione3. Spesso infatti l’m-learning è stato introdotto in
classe senza una adeguata pianificazione e preparazione (Shuler et al.
2013: 30) e più volte viene ricordato che l’uso dei dispositivi mobili quali
smartphone e tablet non implica necessariamente benefici e migliora-
menti nell’apprendimento/insegnamento. Per usare le parole di Baker
et al. (2014: 10): «smartphones and tablet are not like fire, a technology
from which one gets a benefit simply by standing near it».

3. Fare didattica con l’m-learning: modelli, approcci di


riferimento

Se con l’avvento della didattica online e in particolare con l’e-learning


sono stati dedicati diversi studi volti alla ricerca dei modelli pedagogici di
riferimento e alla ricerca di buone pratiche (Commissione delle Comu-
nità Europee 2007), anche per l’m-learning si rende necessaria non solo
una riflessione ma anche la ricerca dei modelli pedagogici più consoni
al tipo di apprendimento/insegnamento «it may also imply the presence
or otherwise of different underlying models of pedagogy and learning»
(Traxler 2009: 4).
Svariati sono stati gli approcci proposti nell’ambito dell’apprendimen-
to mediato dalla tecnologia nell’era di Internet tra i quali il costruttivi-
smo e il connettivismo (Siemens 2005); tuttavia l’approccio costruttivista
applicato agli ambienti di apprendimento mediati dalle TIC ( Jonassen
1994) e il costruttivismo socio-culturale ( Jonassen, Rohrer-Murphy
1999; Varisco 2002) sono quelli che hanno trovato la loro migliore appli-
cazione (Traxler 2009: 1), in particolare per l’apprendimento delle lingue
(Fratter 2004), proprio per la marcata impronta sociale che li caratterizza.
Non sono mancate applicazioni degli approcci basati sui task, Task Based
Learning (Nunan 1989), o sulla soluzione di problemi, sulla realizzazione
di progetti come per esempio il Project Work (Beckett, Slater 2005).

3 Infatti, come affermato nelle indicazioni dell’UNESCO (2013: 39): «negative social attitudes
regarding the educational potentials of mobile technology constitute the most immediate barrier
to widespread embrace of mobile learning».

115
Ivana Fratter

Oltre a una consapevole e motivata scelta dell’approccio più conso-


no al tipo di tecnologia utilizzata (computer portatili/fissi da una parte;
tablet/smartphone dall’altra), nella fase di progettazione didattica di at-
tività in Rete (Trentin 2014: 73) si richiede che venga considerata anche
la modalità di erogazione delle attività: in presenza; online; blended. Il
blended è stato largamente utilizzato per l’e-learning mediato da piat-
taforme come per esempio Moodle4 e trattandosi di una modalità di
insegnamento/apprendimento integrato tra aula e online, richiede una
progettazione dei contenuti e anche, e soprattutto, degli strumenti pre-
posti all’interazione. Con l’avvento dell’m-learning sempre più si parla
di «modelli ibridi di insegnamento» ( Johnson et al. 2014: 16) che non
solo includono la didattica in aula faccia a faccia, ma implicano anche
momenti a distanza estendendo così i periodi di apprendimento che non
risultano più circoscritti esclusivamente alla lezione ma prevedono mo-
menti al di fuori della classe strettamente connessi al gruppo di appren-
dimento e a gruppi a esso esterni. Tra le modalità ibride ascrivibili al
blended learning si possono menzionare le flipped classroom letteralmente
«classi capovolte»5: secondo questo metodo cambia il modo di gestire i
contenuti didattici e la loro erogazione e fruizione. La flipped classroom
bene si adatta all’m-learning in quanto il materiale che gli insegnan-
ti predispongono e creano per gli apprendenti (solitamente materiale
multimediale audio/video) può essere consultato e studiato molto più
agevolmente su supporti mobili trattandosi per esempio di brevi filmati
che a loro volta, grazie all’uso di App dedicate, possono essere modificati,
ampliati e annotati.
Con l’avvento dell’e-learning nel corso degli anni sono stati avviati
numerosissimi progetti riguardanti la formazione linguistica online, tra
i quali, per l’italiano come L2, il Progetto Padu@it-web6 all’interno del
quale si è cercato di delineare le caratteristiche di un apprendimento
significativo mediato dalle TIC (Fratter et al. 2010: 282) riprendendo

4 Modular Object-Oriented Dinamic Learning Environment, www.moodle.org.


5 Per un approfondimento si veda il contributo di Giglio in questo volume.
6 Il progetto «Padu@it-web» è stato sviluppato all’interno del CLA dell’Università di Padova
e ha visto la realizzazione di un corso di italiano online, A spasso con Virgilio, di livello A1 per
studenti in mobilità internazionale, cfr. URL: http://www.cla.unipd.it/progetti-e-attivita/
progetti-del-cla/paduit-web/ (ultimo accesso: 15.06.2015).

116
Ivana Fratter

largamente i parametri degli ambienti costruttivisti che vedono la par-


tecipazione attiva degli apprendenti per lo svolgimento di compiti reali
e autentici.
Questi stessi principi, individuati come validi per l’e-learning, ven-
gono ripresi da studi che riguardano l’m-learning e che indicano
l’apprendimento autentico come «Learning Initiative, typically focuses
on real-world, complex problems and their solutions, using role-playing
exercises, problem-based activities, case studies, and participation in vir-
tual communities of practice» ( Johnson et al. 2014: 30). Allo stato at-
tuale si tratta ancora di una sfida in quanto mancano precisi modelli di
riferimento pedagogici e le modalità di verifica dell’efficacia degli stessi.
Tuttavia, facendo riferimento a svariate sperimentazioni che hanno visto
introdurre i Social Network nella didattica delle lingue, è possibile, già
oggi, trovare diversi esempi di buone pratiche trasferibili parzialmente
anche all’m-learning. Per l’italiano come L2 sono state avviate diverse
sperimentazioni didattiche che hanno fornito degli esempi meritevoli di
nota7 (Fratter, Jafrancesco 2014).

4. Verso nuovi traguardi: le App e il Cloud

Sono trascorsi più di dieci anni ormai da quando, nel 2004, ebbe luo-
go la «Web 2.0 Conference» promossa dalla O’Reilly Media in cui per la
prima volta venne affrontato il tema del Web 2.0, che negli anni a seguire
ha avuto un impatto determinante nel trasformare il mondo di Internet
e delle TIC e ha rivoluzionato il modo di vivere la Rete, trasformando
gli internauti da utenti fruitori di contenuti a utenti creatori e utilizza-
tori degli stessi. Non da ultimo lo sviluppo di software open e utilizzabili
direttamente online ha dato il via alla generazione e alla distribuzione di
contenuti in modo reticolare, ha aperto le porte a una grande massa di
utenti facendoli diventare degli abitanti della Rete.
Più recentemente un ulteriore impulso si è avuto con la creazione e

7 Per alcuni esempi si veda l’utilizzo del Digital Storytelling (Baron, Zanetti in Fratter,
Jafrancesco 2014), oppure l’uso di Skype per facilitare la comunicazione interculturale (Telles,
Assuncao Cecilio 2014).

117
Ivana Fratter

la diffusione delle App, ovvero le applicazioni per smartphone e tablet


distribuite gratuitamente o a costi piuttosto contenuti e soprattutto ac-
quistabili direttamente online.
Le App sono attualmente una delle nuove frontiere da esplorare in
quanto offrono potenzialmente una ampia gamma di possibilità didat-
tiche; infatti, così come è accaduto per le applicazioni del Web 2.0 che,
pur essendo state create per un uso nella vita quotidiana, nel corso degli
anni sono state utilizzate anche negli ambienti di apprendimento (Frat-
ter 2010; Fratter, Jafrancesco 2010), ugualmente accade oggi per le App
che via via stanno diventando strumenti indispensabili per la quotidiana
gestione della vita di ciascuno di noi (calendari, annotazioni, creazione
di contenuti ecc.) e al contempo penetrano anche nella pratica didat-
tica. Come affermano Johnson et al. (2014: 8): «As social media have
pervaded many aspects of our informal lives, numerous applications for
teaching and learning have been developed». La forza di penetrazione
delle App sembrerebbe essere anche più massiccia rispetto alle applica-
zioni per i computer proprio per una delle peculiarità dei dispositivi mo-
bili, ovvero la mancanza di periferiche di archiviazione per la quotidiana
gestione di file di testo o multimediali e per la necessità di manipolarli
direttamente online. Da qui la diffusione dei servizi di cloud storage come
Dropbox, o Google Drive e tantissimi altri ancora. La diffusione di tali
servizi è stata recentemente documentata da una indagine secondo cui
emerge che «la tecnologia Cloud sta cambiando il modo in cui oggi le or-
ganizzazioni, gli impiegati e i partner interagiscono e lavorano insieme.
Grazie alle possibilità offerte dal cloud, infatti, non solo siamo in grado
di lavorare in modo più efficiente ed efficace, ma è addirittura la tecno-
logia stessa a divenire un vero e proprio strumento di collaborazione»
(Docebo 2014: 39).
Ne consegue che i dispositivi portatili grazie ai servizi di cloud storage
accrescono sempre più le caratteristiche dell’ m-learning nei suoi aspetti
di mancanza di vincoli di tipo spazio-temporale (anywhere e anytime).

118
Ivana Fratter

5. Le prospettive future dell’m-learning

Quali sono le prospettive che si intravvedono per il futuro dell’m-


learning? Uno dei nodi da risolvere riguarda la fornitura dei dispositivi
mobili agli utenti: in questa direzione va, per esempio, il programma one-
to-one 1:1 (Bocconi et al. 2013), utilizzato soprattutto nei paesi poveri,
sulla base del quale gli enti formatori mettono direttamente a disposizio-
ne degli utenti i dispositivi necessari all’apprendimento responsabiliz-
zandoli nell’utilizzo e nella cura degli stessi8; oppure l’approccio BYOD.
Con il termine BYOD si fa riferimento all’orientamento che via via si sta
affermando all’interno dei centri preposti alla formazione e che consiste
nel richiedere agli utenti/apprendenti di essere dotati di strumenti per-
sonali di lavoro e di apprendimento quali smartphone e tablet.
L’utilizzo dei dispositivi mobili personali ha numerosi vantaggi: in
particolare risulta essere particolarmente proficuo per gli enti formatori
in quanto non richiede loro di mettere a disposizione hardware per gli
utenti risparmiando in tal modo non solo sull’acquisto dei dispositivi ma
anche sulla manutenzione degli stessi, riducendo così i costi per l’acqui-
sto e la gestione della tecnologia.
L’approccio BYOD rende il dispositivo strettamente personale in
quanto dà l’opportunità a ciascun utente di personalizzarlo attraverso la
selezione e la raccolta delle proprie App necessarie alle attività personali
di studio/lavoro e svago più frequenti ( Johnson et al. 2014: 44).
La commistione di App, presenti nei dispositivi personali e utilizzate
dall’utente per differenti scopi, legati non solo alla formazione ma anche
allo svago, rappresenta oggi un ponte che unisce in modo sfumato le di-
verse forme di apprendimento tra di loro: apprendimento formale, non
formale e informale. L’approccio BYOD potrebbe essere visto proprio
come uno degli approcci in grado di favorire il superamento della sfida
che riguarda l’integrazione tra l’apprendimento formale e quello infor-
male ( Johnson et al. 2014) auspicata anche dalla Commissione Europea.

8 In relazione a questo programma si afferma: «Students should own their devices as this
helps them take responsibility for the device and is essential for the creation of personal mobile
learning environments that span formal, informal and non-formal learning settings» (Bocconi et
al. 2013: 10).

119
Ivana Fratter

Una ulteriore spinta alla diffusione del m-learning potrebbe venire


dalla sempre più massiccia diffusione e sviluppo delle risorse didattiche
aperte (Open Educational Resources OER9) che grazie alla loro versa-
tilità possono essere fruite in qualsiasi contesto didattico anche nell’ap-
prendimento informale e in qualsiasi momento tramite i dispositivi mo-
bili. Lo sviluppo delle OER è sentito come una impellente necessità,
soprattutto perché l’Europa secondo il rapporto «Educational and Trai-
nig. Monitor 2013» (Bocconi et al. 2013: 8) «is lagging» non solo per lo
sviluppo delle OER ma anche per lo sviluppo e la diffusione dei MOOC
(Massive Open Online Courses); dunque si auspica che nei prossimi anni
venga dato avvio alla realizzazione di risorse per scopi educativi, sia at-
traverso le App sia con la creazione di corsi MOOC. Ed è proprio grazie
alle TIC con le loro nuove dimensioni e sfaccettature che il processo di
apprendimento/insegnamento si avvia a nuove forme:

Today new technologies offer unprecedented opportunities to make


learning more effective, inclusive and engaging. Digital technologies can
improve effectiveness of resources through economies of scale, expand-
ing access to a wider number of people (e.g. through MOOCs and other
Open Educational Resources, OER) at lower costs or allowing teachers
to focus on what they do best by automating or offloading more routine
tasks. ICT can be used to foster more creative and innovative methods of
learning (including personalized and collaborative learning), and it has
the potential to facilitate collaboration, exchange and access to learning
resources (Bocconi et al. 2013: 18).

Attualmente i MOOC, basandosi sui presupposti educativi dell’ap-


prendimento autonomo, sono adatti soprattutto a un pubblico maturo
di apprendenti perlopiù adulti (Fratter 2014: 49); presumibilmente in
un prossimo futuro sarà possibile pensare a forme di MOOC anche per
pubblici con diverse fasce d’età.

9 Con Open Educational Resources (OER) si intende ogni tipo di risorsa educativa, sia essa video,
audio, in formato podcast o testuale, che sia stata progettata per l’insegnamento/apprendimento e
che è fruibile da insegnanti/studenti e più in generale da qualsiasi apprendente senza alcun tipo
di pagamento (UNSECO 2011: 9).

120
Ivana Fratter

6. Contenuti bite-size e fruizione game per l’m- learning

6.1. I contenuti bite-size

Gli elementi che differenziano l’m-learning dall’e-learning riguardano


anche il settore dell’instructional design (Trentin 2104); va da sé dunque che
la progettazione dei contenuti deve tenere conto inevitabilmente di fattori
insiti nel mobile; da qui la necessità di predisporre dei contenuti di appren-
dimento che rispettino specifici prerequisiti.
Due sono gli aspetti principali che caratterizzano e differenziano l’m-
learning rispetto all’e-learning e che sono racchiusi nelle due parole chiave
anywhere e anytime ovvero la caratteristica dei dispositivi mobili di essere
utilizzabili in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento. Tale assenza di vincoli
spazio-temporali però presenta al contempo due aspetti contraddittori tra
di loro: infatti, se da una parte rappresenta un vantaggio in quanto non ob-
bliga l’utente alla fissità di un determinato luogo, dall’altro, ovviamente, non
può determinare automaticamente la completa libertà di accesso in qualsi-
asi contesto. L’utente, in altre parole, non potrà prescindere dal contesto in
cui si trova e accedere in ogni caso ai dispositivi mobili per ciò che desidera
fare, per esempio ascoltare un podcast, leggere e rispondere a una mail e
molto altro ancora. Anche la disponibilità all’uso dei dispositivi mobili sen-
za limiti di tempo, se da un lato offre il vantaggio di rendere libero l’utente
di scegliere il momento migliore per utilizzare la tecnologia, dall’altro fa
sì che sia quasi impossibile non essere reperibili e non trovare il momento
per accedere. In qualche modo siamo sempre “rintracciabili” e i dispositivi
mobili possono essere considerati come una propaggine di noi stessi10.
Le due specificità su cui poggia l’m-learning devono essere anche il
punto di osservazione con cui progettare i contenuti di apprendimento (e-
content) e le attività (e-tivity) così come erano state pensate per l’e-learning
della prima generazione. Sia gli e-content che le e-tivity con l’m-learning
devono tenere conto dei vantaggi e degli svantaggi dell’essere anywhere e
anytime.

10 A tal proposito scrive Traxler (2011: 7): «The sim card in your phone could be seen to contain
the story of your life (at least at the present time)» e continua «This second-by-second account
of our lives is another way in which mobiles transform our sense of time passing».

121
Ivana Fratter

Prima di tutto la progettazione si dovrà basare sulla brevità e si do-


vrà pensare dunque a dei micro-contenuti, cosiddetti bite-sized learning
(bocconcini di apprendimento). Tali “bocconcini” richiamano alla pro-
gettazione dei Learning Object (LO) con cui nei primi anni di questo
secolo era stata permeata tutta la letteratura dell’e-learning in generale
(CNIPA 2007) e anche della progettazione didattica per l’italiano come
L2 (Fratter et al. 2010; Troncarelli 2010).
I LO per l’apprendimento su piattaforme dovevano seguire delle spe-
cifiche e degli standard precisi quali quelli forniti dal modello SCORM
(Sharable Content Object Reference Model), ma che nella progettazione di
materiali per lo sviluppo linguistico hanno dimostrato una forte rigidità
come affermano Fratter et al. (2010: 297): «SCORM pur dichiarandosi
pedagogicamente “neutrale”, tuttavia porta con sé una visione dell’istru-
zione a distanza orientata alla trasmissione della conoscenza e all’adde-
stramento e prevede un modello di comunicazione unidirezionale». Si
tratta dunque di un approccio didattico che si contrappone ai parame-
tri dell’apprendimento creativo e collaborativo e per questo il modello
SCORM per la produzione di materiale per lo sviluppo linguistico nel
corso degli anni sembra essere stato abbandonato.
Con l’avvento dell’m-learning per la progettazione degli e-content
sono stati introdotti i MLO (Mobile Learning Object), si tratta di «an in-
formation entity, digital, interactive, adaptable and reusable in different
contexts, designed to support an educational objective through a mobile
device situated or collaborative learning activities» (Castillo, Ayala 2012:
240). Si tratta comunque di una strada che deve ancora essere esplorata
completamente. Tuttavia in generale si evince che i contenuti per l’m-
learning sono diversi dai contenuti per l’e-learning più in generale non
solo dal punto di vista del formato – i dispositivi hanno schermi più
piccoli rispetto a un computer portatile, si pensi agli smartphone (4-7
pollici) e ai tablet (8-10 pollici) che devono contenere un numero ridotto
di oggetti e pulsanti per poter essere usabili – ma anche dal punto di vista
dei contenuti si deve tenere conto del fatto che essi vengono fruiti nei
contesti più disparati e con numerosi elementi di disturbo rispetto alla
normale concentrazione che si ha solitamente se si lavora al computer in
un luogo a esso dedicato; pertanto i contenuti per l’m-learning dovranno
essere:

122
Ivana Fratter

1. brevi, in quanto il tempo per l’esecuzione dei compiti è più limitato


e soggetto ad interruzioni frequenti;
2. attraenti, devono infatti incuriosire l’utente e devono “sedurlo” per
esempio attraverso il gioco o motivarlo attraverso continue sfide (p.
es. con il superamento di livelli, con l’ottenimento di badge);
3. usabili, devono essere facilmente utilizzabili dai dispositivi mobili.
Queste dunque alcune delle macro caratteristiche che dovrebbero
avere i materiali fruibili con dispositivi mobili.

6.2. Gamification e apprendimento

In ambito educativo, e non solo, sembra farsi strada un orientamento


basato sul gioco, sulla sfida che porta il nome di «gamification» e che sta
a indicare «the use of game mechanics in a non-game context to engage
users» (Shuler et al. 2013: 34) e ancora «when game design elements
(e.g. points, leader boards, and badges) are used in non-game contexts to
promote user engagement» (Sandusky 2014: 1).
Dunque l’uso della gamification nell’apprendimento implica una pro-
gettazione delle attività e dei percorsi didattici basata sulla pianificazione
di premi per mezzo per esempio di punti o di badge da consegnare in
base al tipo di attività. Tale approccio incoraggia gli apprendenti a svol-
gere le attività al fine di ottenere un premio facendoli allo stesso tempo
divertire. Lo scopo principale è, ovviamente, far sì che gli studenti siano
motivati a completare le attività e i compiti assegnati grazie alla sfida
insita nel compito stesso.
Sotto il profilo della motivazione l’approccio gamification ha come
obiettivo ultimo l’aumento della motivazione intrinseca (Sandusky 2014)
che viene vista secondo Buckley, Doyle come «the desire to perform a
learning activity for the pleasure one experiences while learning, intrin-
sic motivation towards accomplishment (desire to engage in an activity
for the pleasure and satisfaction experienced when accomplishing a dif-
ficult feat), and intrinsic motivation to experience simulation (engages in
an activity to be stimulated)» (2014: 4). Il modello di gamification (Huan,
Soman 2013) prevede due tipi di elementi: individuali e sociali. I primi
riguardano per esempio il tempo previsto per lo svolgimento delle attivi-

123
Ivana Fratter

tà, oppure i badge a esse assegnati come ricompensa per il lavoro svolto, e
ancora il passaggio ai livelli successivi se le attività vengono svolte corret-
tamente; i secondi, invece, riguardano attività di tipo sociale in cui sono
previsti compiti di tipo cooperativo o competitivo.
La gamification che passa attraverso Internet offre ai «gamers the
opportunity to join massively multiplayer online (MMO) role-playing
environments and to build online reputations based on their skills, ac-
complishments, and abilities» ( Johnson et al. 2014: 42). In questo caso
si parla di apprendimento basato sul gioco (game-based learning) dove il
gioco è alla base dell’apprendimento, in particolare i giochi online usati
a scopi educativi favoriscono la collaborazione e sviluppano la soluzione
di problemi, invitando all’esplorazione.
Se, come afferma Traxler (2011), è vero che le persone vorrebbero im-
parare in modo facile, allora la via della gamification sembrerebbe essere
una via percorribile. Si tratta, dunque, di esplorarla.

7. Conclusioni

Dai dati forniti sull’audience online (cfr. par. 1) si è visto che l’m-lear-
ning deve la sua fortuna alla forte crescita e alla diffusione dei dispositivi
mobili nella vita quotidiana. I dispositivi mobili sono di fatto diventati
un prolungamento del nostro corpo in quanto abbiamo assegnato loro
il compito di conservare parte dei dati della nostra vita e proprio il loro
essere “indispensabili” ha permesso anche che penetrassero in modo
massiccio nel settore dell’educazione e della formazione, così come era
accaduto per l’e-learning.
L’m-learning è diventato un fenomeno di enorme portata in cui si
intravvedono scenari innovativi e potenzialmente creativi. La portabilità
dei dispositivi e la facilità con cui è possibile creare e, al tempo stes-
so, condividere con qualsiasi utente qualsiasi tipo di materiali (filmati,
immagini, testi, audio) hanno sancito finalmente il superamento della
difficoltà d’uso delle TIC che un tempo non molto lontano le rendeva
dominio quasi esclusivo di una nicchia di pochi esperti.
La strada da percorrere per introdurre l’m-learning nella didattica
attualmente è sicuramente ricca di stimoli (dalla flipped classroom alla

124
Ivana Fratter

gamification), ma non è nemmeno priva di ostacoli, non solo per le scelte


metodologiche necessarie alla creazione e alla gestione dei contenuti (o,
come si è detto, dei “bocconcini di apprendimento”), ma anche per la
scelta dei dispositivi da utilizzare e per le difficoltà pratiche dovute alla
loro distribuzione e gestione.

125
Ivana Fratter

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127
seconda parte

ESPERIENZE
capitolo vi

LO SVILUPPO DELLA SCRITTURA


ACCADEMICA IN ITALIANO L2 IN
PERCORSI BLENDED LEARNING

Elisabetta Jafrancesco
Università degli Studi di Firenze

1. Introduzione

Con questo contributo si intende svolgere una riflessione sull’uso e


sulle potenzialità della piattaforma di apprendimento Moodle (Modu-
lar Object-Oriented Dinamic Learning Enviroment)1 per la creazione di
ambienti virtuali di apprendimento dell’italiano L2, a partire da percorsi
didattici erogati in modalità blended learning – che ricorrono cioè a un
tipo di progettazione didattica che integra e-learning e formazione in
aula, sfruttando la specificità di ciascuna modalità di insegnamento2 –
per lo sviluppo delle abilità di produzione e di interazione scritta per
scopi accademici in studenti stranieri universitari.
La proposta didattica a cui si fa riferimento rientra nel più ampio
quadro delle politiche universitarie per l’e-learning, nate dalle solleci-
tazioni di ambito comunitario in materia di innovazione dei sistemi di

1 Moodle è una piattaforma Learning Content Management System (LCMS) per la gestione
di utenti (LMS), corsi e contenuti (CMS), sviluppata in Australia nel 1999 da Dougiamas, in
base ai principi del costruttivismo sociale, e in uso in molti atenei italiani, fra cui anche quello
fiorentino.
2 Per approfondimenti sul blended learning, cfr. Ligorio, Cacciamani, Cesareni 2006; Ligorio,
Spadaro, Cucchiara 2008; Fratter, Jafrancesco 2010.

129
Elisabetta Jafrancesco

istruzione3 – accolte a livello nazionale da oltre un decennio4 –, che vedo-


no nelle potenzialità dei modelli pedagogici basati sulla Rete e sulle TIC
per la didattica uno strumento strategico per la società della conoscenza e
per il lifelong learning5. In questa prospettiva, l’“alfabetismo digitale”, che
consiste «nel saper utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecno-
logie della società dell’informazione (TSI) per il lavoro, il tempo libero e
la comunicazione» (Parlamento europeo, Consiglio dell’Unione europea
2006), rappresenta uno dei requisiti fondamentali, insieme ad altre com-
petenze di base, fra cui la capacità di lettura e di scrittura, per la partecipa-
zione attiva alla società e per l’acquisizione di competenze e di conoscenze
necessarie per vivere e lavorare nel mondo di oggi, come ribadito con for-
za anche negli obiettivi strategici del programma Istruzione e formazione
2020 (ET 2020) in materia di miglioramento della qualità e dell’efficacia
dell’istruzione e della formazione (Consiglio dell’Unione europea 2009).
L’uso critico e responsabile delle TIC, con la capacità di comunicare
nelle lingue straniere, rientra infatti fra le «competenze chiave»6, che l’i-
struzione e la formazione hanno il compito di sviluppare lungo tutto l’ar-
co della vita, con lo scopo di migliorare la qualità dell’apprendimento, di
favorire l’accesso a risorse e a servizi, di facilitare scambi e collaborazione
a distanza, e di consentire alle persone di adattarsi in modo flessibile a un
mondo che cambia rapidamente, caratterizzato da un alto grado di inter-
connessione (Parlamento Europeo, Consiglio d’Europa 2006)7.

3 A partire dalle conclusioni del Consiglio europeo di Lisbona del 2000, in cui nel definire
gli obiettivi dei sistemi di istruzione e di formazione si sottolinea la centralità delle competenze
digitali in tutte le fasce della popolazione.
4 Si fa riferimento, in particolare, al Decreto Moratti-Stanca del 2003 (DM del 17.04.2003,
in GU n. 98 del 29.04.2003), e successive modifiche (DM del 15.04.2005, in GU n. 104 del
6.05.2005), che regolamenta la formazione universitaria.
5 Si tenga anche conto del progetto OCSE sulla Definizione e Selezione delle Competenze
(DeSeCo), che identifica le key competence, fondamentali per la realizzazione e lo sviluppo
personali e per la cittadinanza attiva.
6 La lista completa delle competenze chiave è la seguente: 1. comunicazione nella madrelingua;
2. comunicazione nelle lingue straniere; 3. competenza matematica e competenze di base in
scienza e tecnologia; 4. competenza digitale; 5. imparare a imparare; 6. competenze sociali e
civiche; 7. spirito di iniziativa e imprenditorialità; 8. consapevolezza ed espressione culturale.
7 A livello italiano, in materia di competenze chiave per l’apprendimento permanente, cfr. i
DDMM n. 139 del 22.08.2007, n. 9 del 27.01.2010, n. 57 del 15.07.2010.

130
Elisabetta Jafrancesco

In questa ottica, tenendo conto anche delle caratteristiche dei desti-


natari riguardo all’uso delle TIC (cfr. infra, par. 2), il percorso didattico
oggetto del presente articolo si pone i seguenti due obiettivi principali:

1. sviluppare le attività di produzione/interazione scritta in italiano L2


degli studenti;
2. fornire ai destinatari del percorso didattico l’opportunità di potenzia-
re la propria competenza digitale.

Coerentemente con i documenti comunitari, la competenza digitale è


qui intesa come abilità di ricerca, di raccolta e di trattamento delle informa-
zioni per un loro uso critico, con un chiaro superamento della concezione
che si limita a identificare tale competenza con le abilità tecniche all’uso
degli strumenti che, con l’apprendimento linguistico, è alla base di ulteriori
apprendimenti. In altre parole, il corso di scrittura accademica, oggetto del
presente contributo, mira a offrire ai destinatari la possibilità di rafforzare
e aggiornare alcune delle competenze chiave per l’apprendimento perma-
nente, per lo sviluppo personale e per l’occupazione.
I destinatari del corso sono per lo più giovani adulti, con un alto livello
di competenza digitale, che consente loro di usare con disinvoltura i vari
strumenti della Comunicazione Mediata da Computer (CMC) e di pa-
droneggiare agevolmente la complessità tecnologica, sebbene soprattutto
con motivazioni legate alla sfera personale e al tempo libero, ma che hanno
in genere una scarsa familiarità di impiego della Rete e degli strumenti del
cosiddetto Web 2.0 a fini di studio o di lavoro8.
Per quanto riguarda la struttura del presente articolo, dopo questa breve
Introduzione, il secondo paragrafo presenta una sintetica analisi del profilo
dei destinatari del corso blended learning di scrittura accademica e dei loro
bisogni linguistico-comunicativi in italiano L2, relativamente alle attività
di produzione/interazione scritta, riportando inoltre i risultati di una bre-
ve indagine sulle competenze digitali degli studenti condotta all’inizio del
corso. Il terzo paragrafo è incentrato sul paradigma costruttivista sociocul-
turale, evidenziando le ricadute di tali teorie dell’apprendimento nel campo

8 Per approfondimenti sul tema del grado di alfabetizzazione tecnologica degli studenti
stranieri universitari, cfr. Fratter, Jafrancesco 2010; Fratter et al. 2010.

131
Elisabetta Jafrancesco

dell’istruzione e della formazione con l’uso delle TIC e della Rete. Il quarto
paragrafo focalizza l’attenzione sulla piattaforma e-learning Moodle, con
cui viene erogato il corso di scrittura accademica e attraverso cui è possi-
bile costruire apprendimento significativo, coerentemente con il modello
pedagogico costruttivista. Nel quinto paragrafo, infine, sarà presentato da
un punto di vista pratico di utilizzo il corso di scrittura accademica per
studenti universitari stranieri, incentrando l’attenzione sugli strumenti per
la collaborazione in Rete.

2. Destinatari e loro bisogni di apprendimento

I destinatari dei percorsi blended learning oggetto di questo contributo


sono apprendenti di italiano L2, giovani adulti, inseriti nell’Ateneo fioren-
tino, che usufruiscono, per la formazione linguistica, dei servizi offerti dal
Centro Linguistico di Ateneo (CLA).
Si tratta di studenti riconducibili principalmente alle seguenti due tipo-
logie:

a) studenti in mobilità internazionale (p. es. Erasmus+, Scienza senza


frontiere)9;
b) studenti iscritti ai vari Corsi di Laurea (CdL)10.

Gli studenti della prima tipologia sono numericamente il gruppo più


consistente – in base ai dati statistici relativi al 2014, essi rappresentano il
93,7% del totale degli iscritti al CLA –, mentre gli studenti dei vari CdL
rappresentano una ristretta minoranza (pari solo al 6,3%). Dato, questo,
che si rispecchia nella composizione delle classi, sia quella dei normali corsi
di italiano L2, che si svolgono in presenza, sia quella dei corsi di scrittura

9 Come è noto, Erasmus+ è il nuovo programma dell’UE per l’istruzione, la formazione,


la gioventù e lo sport per il periodo 2014-2020 (cfr. il sito Internet http://goo.gl/vCBKPM),
mentre Scienza senza frontiere è un progetto che favorisce la mobilità internazionale di studenti,
studiosi e ricercatori brasiliani verso università e centri di ricerca di alta qualificazione stranieri
(cfr. il sito Internet http://goo.gl/UDqy0J).
10 Per una analisi del profilo dello studente straniero universitario, cfr. Fratter, Jafrancesco 2010;
Fragai, Fratter, Jafrancesco 2012.

132
Elisabetta Jafrancesco

accademica blended learning, oggetto del presente articolo.


Focalizzando l’attenzione sugli utenti del CLA appartenenti al primo
gruppo (a), si tratta di studenti che partecipano a programmi che prevedono
la mobilità internazionale, oppure che sono in Italia grazie ad accordi interu-
niversitari, che svolgono un periodo di studio, di ricerca o di tirocinio presso
l’università italiana e, nel caso specifico, presso l’Ateneo fiorentino, con borse di
studio che in genere tendono a coprire l’intero anno accademico11, con ovvi ef-
fetti positivi sia sulla validità del soggiorno di studio all’estero, sia sull’organiz-
zazione della didattica universitaria, rispetto agli anni passati – agli inizi della
mobilità studentesca internazionale12 –, quando le borse di studio avevano una
durata inferiore13 e la partecipazione degli studenti alle attività formative, an-
che per la diversa organizzazione della didattica prima della Riforma univer-
sitaria del 3+2 (DM 509 del 3.11.1999), si limitava spesso alla sola frequenza
ai corsi.
Attualmente anche gli studenti stranieri con borse di studio di mobili-
tà internazionale, soprattutto Erasmus+, alla stregua degli studenti stranieri
iscritti ai vari Corsi di Laurea – gruppo (b) – e degli studenti italiani, seguono
corsi, sostengono esami, svolgono attività di tirocinio, partecipano cioè intera-
mente alle attività didattiche previste dall’università e sono sempre più spesso
chiamati, rispetto al passato, anche per le attività di verifica e di valutazione, a
gestire non solo la comunicazione orale, ma anche quella scritta, relativamen-
te ai generi testuali caratteristici dell’ambito universitario.
In altre parole, gli studenti stranieri universitari, soprattutto in relazio-
ne alle caratteristiche del loro soggiorno di studio in Italia, sono impegnati
quotidianamente, come gli studenti italiani, in attività di scrittura, con riferi-
mento sia alle normali attività didattiche (p. es. appunti, relazioni di tirocinio,
tesine ecc.), sia a quelle a carattere scientifico (divulgazione dei risultati di
indagini o di ricerche) e necessitano pertanto di interventi didattici volti a svi-

11 È il caso, per esempio degli studenti brasiliani del programma Scienza senza frontiere. Per
quanto riguarda gli studenti Erasmus, in base ai dati disponibili, relativi all’anno 2012-2013,
la durata media del periodo trascorso all’estero è pari a sei mesi (per i dati statistici cfr. il sito
Internet http://goo.gl/h0eVa3).
12 Il programma comunitario Erasmus nasce nel 1987 e coinvolge un numero di studenti in
Europa, pari a 3244 unità, di cui 220 in Italia.
13 Nella prima fase di attuazione del programma Socrates/Erasmus (1995-1996) la durata
media delle borse di studio era inferiore a sette mesi. Cfr. Jafrancesco 2004.

133
Elisabetta Jafrancesco

luppare la conoscenza delle tecniche di scrittura e di redazione testi, anche in


considerazione del generale stato di sofferenza delle competenze di scrittura
accademica degli studenti universitari stranieri – ma anche italiani14 –, legate
principalmente, da un lato allo svolgimento di una inadeguata formazione in
italiano L2 prima del soggiorno di studio in Italia, dall’altro al poco tempo
che in genere viene dedicato, nei normali corsi di lingua italiana, allo sviluppo
delle abilità di produzione/interazione scritta – in Italia come all’estero –, a
causa soprattutto dell’esiguità delle ore di ciascun modulo formativo, dell’ele-
vato numero degli studenti per classe, dell’impegno richiesto dalle attività di
scrittura15.
Come sottolineato da più parti (cfr., tra gli altri, Boscolo 2014), la
capacità di scrivere è una competenza fondamentale per gli studenti uni-
versitari, per la rilevanza della scrittura nel settore educativo in cui sono
inseriti, e in quello professionale, in cui opereranno in futuro. La «scrit-
tura, infatti», come sottolinea Novello (2012: 93), «sviluppando la capa-
cità di articolare idee, argomentare opinioni e sintetizzare prospettive
multiple è funzionale a comunicare in modo persuasivo con insegnanti,
pari, colleghi e con la collettività intera (Crowhurst 1990)». Tuttavia, gli
studenti stranieri, come anche quelli italiani, presentano carenze molto
accentuate nella scrittura, che riguardano sia la dimensione linguistica
(morfologia, sintassi, lessico, ortografia ecc.), sia la dimensione testuale.
I principali bisogni linguistico-comunicativi in italiano L2 degli stu-
denti stranieri dei Centri linguistici universitari, come evidenziano le
indagini disponibili (p. es. Fratter, Jafrancesco 2010; Fragai, Fratter, Ja-
francesco 2012), riguardano le attività proprie dell’ambito accademico,
in particolare quelle caratterizzate da elevati livelli di formalità, soprat-
tutto produttive e principalmente scritte (p. es. sostenere un esame orale,
scrivere una relazione/tesina ecc.). Infatti, anche quanti sono in grado
di interagire in modo adeguato con i compagni di studio e in situazioni

14 Fra i primi studi sulle competenze linguistiche degli studenti universitari, cfr. Lavinio,
Sobrero 1991.
15 In base ai dati di cui si dispone, presso i vari Centri Linguistici universitari, per ciascun livello
del QCER si offrono corsi che prevedono da 30 a 60 ore di lezione in aula e il numero di studenti
per classe varia da 20 a 40 unità.

134
Elisabetta Jafrancesco

di vita quotidiana, in relazione soprattutto alla loro L1 neolatina16, data


la scarsità delle ore di studio dedicate alla lingua italiana prima del loro
soggiorno nel nostro Paese (Fratter, Jafrancesco 2010; Fragai, Fratter,
Jafrancesco 2012), mostrano notevoli difficoltà a usare la lingua per svol-
gere compiti complessi (p. es. scrivere lettere formali, fare la sintesi di
testi ecc.) e per gestire la testualità propria del contesto universitario in
cui si trovano ad agire comunicativamente.
Lo sviluppo di una abilità complessa come la scrittura, soprattutto in
relazione alla gestione della testualità di ambito accademico, caratteriz-
zata da usi tecnico-specialistici della lingua (Cummins 2000), richiede
tempi lunghi, nonché specifiche e ricorrenti attività esercitative, e non
viene in genere affrontato adeguatamente nei normali corsi di italiano
L2, che si svolgono di solito in presenza e che sono costituiti da un
numero di ore molto limitato17, proprio a causa dell’impegno e del tem-
po che la scrittura richiede, mentre si ritiene che trovi una collocazione
appropriata in soluzioni didattiche blended learning, come quella oggetto
della presente riflessione, che consentono agli studenti di lavorare online
in modo autonomo, rispettando inoltre i propri ritmi di apprendimento.
Per concludere, la proposta formativa blended learning di scrittura ac-
cademica, illustrata in questo contributo (cfr. infra, par. 5), poiché adotta
una prospettiva pedagogica di tipo learner centered, si colloca in un qua-
dro di scelte operate sulla base di elementi conoscitivi sui destinatari e
sui loro bisogni linguistico-comunicativi in italiano L2, che sono legati
al contesto accademico di inserimento, in cui principalmente gli studenti
stranieri spendono le proprie competenze in italiano L2 e in cui nascono
le sollecitazioni allo sviluppo della competenza. Elementi, questi, fon-
damentali per la definizione degli obiettivi glottodidattici di qualsiasi
percorso di studio tarato sulle effettive caratteristiche degli studenti e sui
loro bisogni di apprendimento.

16 In base ai dati dell’Unione Europea relativi all’anno 2012-2013, il 53,9% degli studenti in
entrata in Italia con il programma Erasmus ha una L1 di origine romanza, in particolare, il 37,2%
spagnolo, il 9,6% francese, il 4,1% portoghese, il 3,0% romeno.
17 Al momento i moduli formativi in presenza sono di 30 ore, sebbene i livelli centrali della
competenza (B1 e B2) siano articolati in due sottomoduli (B1.1 e B1.2; B2.1 e B2.2) di 30 ore
ognuno.

135
Elisabetta Jafrancesco

2.1. Alcuni dati sugli studenti del corso

In relazione alla necessità, da parte dei docenti, di disporre di ele-


menti conoscitivi sugli apprendenti, su cui basare interventi didattici
che rispondano alle caratteristiche degli studenti, in questo paragrafo
si presentano alcuni dati relativi al questionario conoscitivo, riportato
in appendice, che viene somministrato all’inizio del corso di scrittura
accademica, in genere durante il primo incontro in presenza. Si tratta di
dati che ovviamente non consentono, per la loro esiguità numerica, di
fare generalizzazioni, ma che possono rappresentare un esempio di come
i docenti possono farsi un quadro preciso del profilo degli studenti, rela-
tivamente alle competenze digitali possedute, prima di iniziare un corso
che prevede l’uso di una piattaforma e-learning.
Il questionario, come è stato già evidenziato, mira a raccogliere in-
formazioni utili per la realizzazione dell’intervento formativo ed è in-
centrato sulla autovalutazione delle competenze digitali degli studenti
(Sezione C-Sezione F). Esso è costituito da 42 quesiti, quasi tutti, eccet-
to l’ultimo (Sezione G) a risposta chiusa. I vari quesiti sono raggruppati
nelle sezioni riportate nella tabella che segue (cfr. tab. 1).

Sezione Contenuti
Sezione A Informazioni personali
Sezione B Competenze linguistiche
Sezione C Uso di Internet
Sezione D Autovalutazione del livello di conoscenza di
− Software
− Servizi Internet
− Ambienti per la didattica a distanza
Sezione E Esperienze di partecipazione ad attività in Rete
Sezione F Accesso alla Rete
Sezione G Motivazioni e aspettative dal corso

tab. 1. Struttura del Questionario conoscitivo.

Dall’analisi delle informazioni personali (Sezione A), relative al corso


erogato nell’anno 2014-201518, risulta che 7 utenti su 10 sono studenti in

18 Il corso di scrittura accademica viene erogato in genere una volta all’anno, a cavallo fra il
ciclo invernale e quello primaverile, quando gli studenti stranieri mettono a fuoco la necessità di
perfezionare le proprie competenze in italiano L2, in concomitanza della redazione di relazioni,
tesi di laurea ecc.
136
Elisabetta Jafrancesco

mobilità internazionale – di cui 4 Erasmus – e 3 sono studenti iscritti all’u-


niversità (Corsi di Laurea, Master, Scuole di Dottorato). Vi è una netta
prevalenza di studenti di sesso femminile (9 su 10), che provengono da 7
paesi, di cui 3 UE (Spagna, Polonia, Gran Bretagna), 2 europei extra UE
(Bielorussia, Serbia) e due extraeuropei (Colombia, Stati Uniti). Per quanto
riguarda i settori di studio, sono studenti che fanno riferimento alle seguen-
ti Scuole: Studi Umanistici e della Formazione (3), Psicologia (2), Scienze
della Salute Umana (2), Agraria (1), Architettura (1), Ingegneria (1).
Relativamente alle competenze linguistiche (Sezione B) si tratta prin-
cipalmente di studenti di lingua spagnola (4), vi sono poi studenti di lingua
inglese (2), polacca (2), bielorussa (1), serba (1). Quanto alle comptenze in
italiano L2, la maggioranza degli studenti si autovaluta di Livello B2 (6),
poi vi sono studenti di Livello B1 (2), di Livello A2 (1) e di Livello C1 (1).
Nonostante il livello medio-alto di competenza dichiarato in italiano L2,
la maggioranza degli studenti ha alle spalle un numero di ore abbastanza
modesto di studio della lingua italiana: 151-250 ore (5), 1-150 ore (2), più
di 500 ore (2), 251-500 ore (1).
Passando all’uso di Internet (Sezione C), la quasi totalità degli studenti
(9 su 10) dichiara di usare Internet sia per lo studio, sia per utilità persona-
le. Inoltre, la totalità degli studenti possiede un proprio computer, portatile
(8) oppure fisso (2), e ha una connessione flat, cioè illimitata, 24 ore su 24.
Per quanto riguarda la competenza nell’uso di determinati software
(Sezione D), la maggioranza degli studenti dichiara di avere buona cono-
scenza dell’ambiente Windows (5, ottima; 3, buona) e di padroneggiare i
programmi di videoscrittura (6, ottima conoscenza; 3, buona conoscenza).
Abbastanza buona è anche la conoscenza dei fogli elettronici (4 buona;
2 ottima) e dei programmi per le presentazioni multimediali (3 buona; 3
ottima). Dati, questi, che, sulla base dell’esperienza di chi scrive, risultano
solo parzialmente veritieri. Infatti, gli studenti hanno dimostrato, durante
il corso, di saper utilizzare solo le funzioni di base delle applicazioni di
cui hanno valutato positivamente il loro livello di competenza, quali, per
esempio, le applicazioni del pacchetto Office: software di videoscrittura
(p. es. Word), per le presentazioni multimediali (PowerPoint) ecc. Molto
scarsa è invece, in base ai dati del questionario, la conoscenza di ambienti
per la creazione di pagine web (7 nessuna; 1 scarsa).
Inoltre, limitandosi a commentare i dati più significativi relativi ai ser-
vizi Internet, la netta maggioranza degli studenti dichiara di avere un’alta

137
Elisabetta Jafrancesco

competenza nell’uso dei principali motori di ricerca (8, ottima; 2, buona),


dei servizi di posta elettronica (8, ottima; 1, buona), di Skype (8, ottima;
1, buona), mentre ha poca competenza d’uso con gli ambienti per la co-
municazione di gruppo (newsgroup) (4 scarsa; 3 nessuna) e per la scrittura
collaborativa (4 scarsa; 3 nessuna).
Analizzando i dati relativi agli ambienti per la didattica a distanza, la
maggioranza dichiara di avere una conoscenza abbastanza buona delle
piattaforme e-learning (4, buona; 2, ottima) e di ambienti per la valutazio-
ne automatizzata dell’apprendimento (4, buona; 2, ottima), solo 3 studenti,
in entrambi i casi affermano di non averne alcuna.
Per quanto riguarda le esperienze di partecipazione ad attività in Rete
(Sezione E), si segnala che 5 studenti dichiarano di far parte di commu-
nity di rapporti sociali (Facebook) e 4 studenti di partecipare a gruppi di
discussione. Inoltre, 3 studenti hanno esperienza di corsi in Rete basati
sull’uso autonomo di materiali strutturati e 2 studenti di corsi in Rete ba-
sati sullo studio collaborativo.
Per quanto concerne l’accesso alla Rete, le ore serali e quelle del primo
mattino sono quelle preferite per svolgere le attività previste dal corso di
scrittura accademica.
Infine, per quanto riguarda le motivazioni e le aspettative che hanno de-
terminato l’iscrizione al corso (Sezione G), si riporta quanto scritto da tre
studenti, che sintetizza il punto di vista della classe, evidenziando la con-
sapevolezza e la sensibilità degli studenti relativamente alla

− complessità della scrittura, soprattutto di livello formale (diafasia);


− variazione diamesica della lingua (rapporto fra oralità e scrittura);
− correlazione esistente fra lettura e scrittura.

Tematiche, queste, che, con riferimento, in particolare, agli studi Bach-


tin (1986), sono centrali nelle riflessioni sulla scrittura del costruttivismo
sociale e che meriterebbero di essere approfondite.

Ho già frequentato alcuni corsi di lingua Italiana, ma non ho fatta mai tanta
attenzione alla scrittura. Si faceva sempre più la grammatica. Oltre di pensare
che la scrittura generalmente sia importante, pensavo anche di fare la prova di
conoscienza linguistica e questo corso mi sarà utile per fare meglio la parte di com-
presione scritta.

138
Elisabetta Jafrancesco

Volevo approfondire tutti questi argomenti che erano messi nella presentazio-
ne per trovare modo di comunicare in maniera formale su tutti questi campi,
perché vedo tante mancanze nella mia scrittura.
Credo che facendo questo corso imparerò molte cose per essere in grado di scri-
vire meglio, anche se imparerò a parlare meglio.

3. Quadro teorico di riferimento


Il modello pedagogico di riferimento per il corso di scrittura acca-
demica, oggetto del presente articolo, è di tipo learner centered e fa rife-
rimento alle teorie sull’apprendimento di tipo costruttivista. Tali teorie,
infatti, sono quelle che meglio si adattano ai mutati scenari della cono-
scenza e che, nel caso specifico, influenzano maggiormente la ricerca
relativa all’uso delle TIC nella didattica e, in particolare, nella didattica
delle lingue19.
Come è noto, la concezione costruttivista dell’apprendimento eviden-
zia la centralità del soggetto che apprende, non più ricettore passivo dei
significati predefiniti impartiti con istruzione, ma come individuo che
attivamente e intenzionalmente costruisce le proprie conoscenze, rie-
laborando in modo personale, attraverso i saperi posseduti, sensazioni e
emozioni, l’istruzione ricevuta e ristrutturando di continuo il proprio si-
stema di conoscenze attraverso l’interazione con l’ambiente esterno (co-
struttivismo socioculturale)20. Pertanto, con la prospettiva costruttivista,
si passa da una concezione dell’apprendimento teaching centered, a una
concezione learning centered, in cui il docente non è più il depositario di
saperi astratti e decontestualizzati, ma ha il compito di guidare i processi
di apprendimento, aiutando gli studenti nella costruzione consapevole e
nella ridefinizione delle conoscenze.
Lo sviluppo della conoscenza non consiste pertanto, come in una
concezione trasmissiva del sapere, caratteristica delle teorie comporta-
mentistiche, nel passaggio di conoscenze preconfezionate dal docente
al discente (approccio istruzionista), ma è frutto della costruzione attiva

19 Per una riflessione sugli assunti della pedagogia costruttivista e sull’uso delle tecnologie
digitali e della Rete, cfr. Fratter 2004b.
20 Cfr. Duffy, Jonassen 1992; Varisco 2002.

139
Elisabetta Jafrancesco

dello studente, ha carattere situato – cioè ancorato nel contesto concreto


–, e avviene attraverso la comprensione di prospettive multiple e attra-
verso forme di collaborazione e negoziazione sociale. L’istruzione non è
causa dell’apprendimento, ma ha un ruolo fondamentale nella creazione
di contesti significativi di apprendimento21, in cui lo sviluppo delle co-
noscenze è reso possibile.
Per Jonassen (1994), uno dei maggiori esponenti del costruttivismo
contemporaneo, gli ambienti di apprendimento significativo per la di-
dattica con le TIC hanno le seguenti caratteristiche:

− offrono rappresentazioni multiple della realtà;


− presentano la naturale complessità del mondo reale ed evitano le
eccessive semplificazioni;
− enfatizzano la costruzione e non la riproduzione della conoscenza;
− propongono compiti autentici, contestualizzando e non astraendo;
− presentano contesti di apprendimento del mondo reale, basati su
casi, piuttosto che su sequenze istruttive predeterminate;
− sollecitano pratiche riflessive;
− promuovono la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso
la negoziazione sociale.

In quest’ottica, l’apprendimento significativo si realizza quando gli


studenti possono investigare, esplorare, scrivere, costruire modelli, fare
comunità, comunicare con altri, progettare, visualizzare, valutare, e i ri-
sultati dell’apprendimento significativo consistono nella soluzione di
problemi (problem solving).
L’apprendimento significativo esalta dunque la centralità dell’intera-
zione nei processi di costruzione della conoscenza ed è inoltre attento a
tutte le dimensioni dell’apprendente: cognitiva, pratico-operativa, affet-
tivo-motivazionale, relazionale-sociale, metacognitiva. Si tratta, in altre
parole, di quei saperi (sapere, saper fare, saper essere, saper apprendere)22, che

21 Cfr. le riflessioni teoriche del cognitivismo di stampo costruttivista (Ausubel 1988).


22 Il sapere si riferisce alle conoscenze dichiarative che derivano dall’esperienza empirica e
dall’apprendimento formale; il saper fare alle abilità (skills), al sapere procedurale; il saper essere
alla competenza esistenziale, alle caratteristiche individuali, ai tratti della personalità, agli
atteggiamenti; il saper apprendere alle altre competenze, inteso anche come «sapere come».

140
Elisabetta Jafrancesco

riguardano la persona nel suo complesso e che sono implicati in ogni tipo
apprendimento.
Gli ambienti di apprendimento di stampo costruttivista sono di conse-
guenza sistemi complessi, contesti in cui si impara a interagire con gli altri
e in cui si sviluppano abilità e processi cognitivi di livello superiore, che
attengono alla sfera del pensiero critico, del pensiero creativo, della presa
di decisioni, della risoluzione di problemi. Un ambiente di apprendimento
con tali caratteristiche è un luogo di interazione, collaborazione e aiuto
reciproco per il raggiungimento degli obiettivi prefissati, in cui sono più
importanti i processi di elaborazione e costruzione dei contenuti, piuttosto
che i contenuti in se stessi.
Lo sviluppo tecnologico degli ultimi decenni, con la nascita di nuovi
strumenti per la comunicazione, ha avuto importanti ricadute nella didat-
tica di stampo costruttivista. Le potenzialità offerte dalle TIC e dalla Rete
consentono infatti la creazione di ambienti di apprendimento significativo,
che offrono rappresentazioni multiple della realtà e approcci non lineari
e poliprospettici, attraverso, per esempio, l’accesso a risorse su supporto
digitale e multimediale, oppure attraverso strumenti per la manipolazio-
ne, l’elaborazione e l’archiviazione di informazioni e testi. Inoltre, offrono
strumenti collaborativi, di comunicazione sincrona e asincrona, di suppor-
to e di monitoraggio online per studenti e docenti. È il caso, per esempio,
delle piattaforme di apprendimento come Moodle per la condivisione del-
le informazioni e delle attività da svolgere online23.
L’esistenza di set di strumenti per l’apprendimento/insegnamento, re-
alizzati al fine di migliorare e potenziare la qualità dell’istruzione e della
formazione, propri degli ambienti virtuali, consentono di parlare di ap-
prendimento collaborativo basato sul computer (Computer Supported Col-
laborative Learning, CSCL), il quale fa riferimento alla concezione dell’ap-
prendimento come processo sociale, che prevede la costruzione attiva della
conoscenza attraverso l’interazione di gruppo, lo scambio fra pari, e in cui
il ruolo del docente, di organizzatore e facilitatore dell’apprendimento, è
fondamentale. L’apprendimento collaborativo è caratterizzato dall’inter-

23 Per approfondimenti sul concetto di «apprendimento significativo» e sulle potenzialità della


piattaforma e-learning Moodle, cfr. Marconato 2011.

141
Elisabetta Jafrancesco

dipendenza tra i membri del gruppo24, dalla condivisione/ripartizione dei


compiti e dalla gestione del processo di gruppo25, e dall’obiettivo comune
di costruire qualcosa di nuovo/diverso, ottenendo dalla collaborazione un
valore aggiunto.
Negli ultimi decenni, per l’affermazione di modalità collaborative di
apprendimento, il rapido sviluppo tecnologico nell’ambito delle TIC è
stato determinante, a causa della nascita di una pluralità di sistemi e di
strumenti, fra loro integrati, che forniscono un supporto adeguato ai pro-
cessi sociali, educativi e di gruppo, implicati nelle attività di CSCL. Come
ricordato da più parti (p. es. Marconato 2011), nell’epistemologia costrut-
tivista, le tecnologie non sono veicoli per il trasferimento e per l’accesso
alle informazioni, ma cognitive tools di supporto all’apprendimento, che
promuovono la collaborazione e la socializzazione. Non si apprende dalle
tecnologie, ma diventando consapevoli, da un punto di vista metacogniti-
vo, dei propri processi di pensiero, che da esse sono supportati. L’apprendi-
mento, in altre parole, è frutto delle attività di pensiero e le tecnologie non
servono a semplificare e/o rendere più proficua la formazione con il ricor-
so a modalità operative digitali, ma sono risorse che stimolano proprio i
processi di pensiero, che migliorano l’apprendimento, risultando strumen-
ti particolarmente adatti, come dimostrano le ricerche in questo settore
(Fratter, Jafrancesco 2010, 2014), per sviluppare le attività di scrittura.
La scrittura infatti non è una semplice trasposizione del parlato e non
coincide con il testo scritto, in quanto implica operazioni cognitive parti-
colari (pianificare, formulare le idee ecc.), volte a raggiungere un obiettivo
specifico (informare, narrare, persuadere ecc.), di cui il testo scritto è il
risultato finale. Processi di pensiero a cui gli strumenti offerti dalle TIC,

24 Raggiungibile «attraverso obiettivi comuni (interdipendenza di obiettivo), la divisione


del compito (interdipendenza di compito), la condivisione di materiali, risorse, informazioni
(interdipendenza di risorse), l’assegnazione di ruoli diversi (interdipendenza di ruolo), e
ricompense di gruppo (interdipendenza di ricompensa)» (Comoglio, Cardoso 1996: 30).
25 In relazione al livello di collaborazione nel gruppo, si distinguono due modelli fondamentali:
1. lo shared minds, in cui i componenti del gruppo lavorano in stretta collaborazione, comunicano
costantemente fra loro e sviluppano forti dinamiche di interdipendenza. Si tratta di un modello
basato sulla condivisione delle decisioni e delle azioni fra i membri del gruppo durante le fasi
di progettazione, definizione e realizzazione del prodotto; 2. il division of labour, in cui i singoli
membri del gruppo, una volta stabilito il compito che devono svolgere, procedono con una certa
autonomia e poi collocano il proprio lavoro nel progetto complessivo.

142
Elisabetta Jafrancesco

fig. 1. Modello del processo di scrittura (Hayes e Flower 1980).

intesi come strumenti cognitivi, possono fornire un ausilio straordinario.


Si fa riferimento, in particolare, al modello processuale dei due studiosi
di scienze cognitive Hayes e Flower (1980), che affermano il concetto
di «scrittura come attività di pensiero», individuando tre processi o fasi
della composizione: pre-writing («pianificazione»), writing («stesura»),
re-writing («revisione»), nonché tecniche e strategie adeguate per lo
svolgimento delle varie fasi.

4. Piattaforma Moodle e ambienti di apprendimento


significativi

L’adozione presso il CLA di Firenze della piattaforma di appren-


dimento open source26 Moodle avviene, coerentemente con le scelte in

26 I sistemi software di una piattaforma open source, a differenza di quelli commerciali, hanno
licenze che consentono agli utenti di usare, studiare, modificare e ridistribuire il software,
adattandolo ai vari contesti, con l’aggiunta di nuove funzionalità e/o il miglioramento di quelle
esistenti, e condividendo le nuove versioni, controllate e verificate dalla vasta comunità degli
sviluppatori, che ne possono individuare con facilità eventuali errori e difetti.

143
Elisabetta Jafrancesco

materia di e-learning dell’Ateneo fiorentino, nell’anno 2005-2006, men-


tre le prime iniziative didattiche della Sezione di Italiano per stranieri
del CLA risalgono all’anno successivo, quando si sperimenta per la pri-
ma volta un corso blended learning di Italiano L2 di ambito accademi-
co (Livello C1) ( Jafrancesco, Rinaldi 2010). Il corso blended learning di
scrittura accademica, a cui si fa riferimento nel presente articolo, è stato
invece erogato per la prima volta nel 2010-2011 e giungerà questo anno
(2015-2016) alla sua sesta edizione, vedendo la partecipazione comples-
sivamente di circa 50 studenti.
La scelta della piattaforma e-learning Moodle, riguarda la sua corrispon-
denza a parametri riconosciuti a livello internazionale27 e il fatto di essere in
uso presso numerose università italiane e straniere. Moodle presenta inoltre
caratteristiche tecniche (p. es. fruibilità su vari browser e sistemi operativi,
sicurezza, controllo, tracciabilità degli accessi, interfaccia multilingue ecc.)
e strumenti per l’erogazione didattica (gestione dei corsi, sistema di help,
strumenti per la valutazione in itinere e complessiva, capacità di gestione
di gruppi di lavoro, reportistica ecc.) che rendono questa risorsa per l’e-
learning adeguata alle esigenze del CLA.
La piattaforma e-learnig Moodle, come altre piattaforme open source o
proprietarie che fanno riferimento ad approcci pedagogici di tipo costrut-
tivista, consente la creazione di ambienti di apprendimento significativi
(cfr. supra, par. 3), soprattutto attraverso gli strumenti collaborativi per la
didattica di cui dispone (p. es. chat, forum, wiki ecc.)28. Infatti, assumendo
un’ottica non trasmissiva del sapere, in cui apprendere significa costruire
in modo attivo la propria conoscenza sulla base delle proprie esperienze e

27 Tali parametri sono: a) la conformità agli standard per il contenuto, che assicura di avere a
che fare con un sistema che consente a strumenti e metodi di formazione l’interoperabilità e
la condivisione di risorse; b) l’estensione della comunità e la diffusione a livello nazionale, che
garantisce maggiori scambi di informazioni e maggiori possibilità di supporto e assistenza; c) la
corrispondenza ai requisiti di accessibilità, che consente l’accesso dei soggetti disabili (Legge n.
4 del 9.01.2004).
28 La chat è uno strumento per la comunicazione sincrona, che permette a più persone di
scambiarsi dei brevi messaggi scritti in tempo reale, durante lo svolgimento di una attività, per
risolvere rapidamente un problema. La chat consente la comunicazione uno-a-uno e molti-a-
molti. Il forum e il wiki sono software per la comunicazione asincrona, in cui gli interlocutori,
non essendo sincronizzati fra loro temporalmente, possono comunicare nei modi e nei tempi
ritenuti più opportuni. Il forum e il wiki consentono la comunicazione uno-a-molti e molti-a-
molti.

144
Elisabetta Jafrancesco

attraverso forme di interazione sociale, volte alla individuazione e alla so-


luzione di problemi (Varisco 2002), è fondamentale disporre di strumenti
coerenti con tale prospettiva, che permettono di creare ambienti di appren-
dimento, basati sulla condivisione di obiettivi comuni, sulla collaborazione
e sulla cooperazione, in cui si condividono le conoscenze, in cui è possibile
confrontarsi, discutere, negoziare e costruire significati29, sviluppando com-
petenze cognitive e metacognitive fondamentali, nella cosiddetta knowledge
society, in cui il saper divenire gioca un ruolo fondamentale.
In tali ambienti, in base alle teorizzazioni di Jonassen (2003, 2007), si
promuove un apprendimento che ha le seguenti proprietà:

− attivo, tramite l’interazione con l’ambiente, la manipolazione degli og-


getti in esso presenti, l’osservazione dei risultati delle proprie azioni30;
− costruttivo, con l’acquisizione di nuovi saperi, la ristrutturazione delle
conoscenze possedute;
− intenzionale, attraverso azioni finalizzate al raggiungimento di scopi
specifici;
− autentico, tramite il riferimento a casi reali, la riproduzione della com-
plessità della realtà;
− collaborativo, con il lavoro in comunità, la negoziazione delle soluzioni
ai problemi.

La didattica di matrice costruttivista, che ricorre all’uso delle tecnologie,


implica una profonda revisione dei paradigmi tradizionali dell’educazione,
poiché le potenzialità offerte dalle TIC e dalla Rete, creano ambienti di ap-
prendimento nuovi, in cui studenti e docenti assumono nuovi ruoli, che de-

29 Nella piattaforma e-learning Moodle, chat, forum e wiki, sono inclusi, insieme ad altri
strumenti fra le Attività, cioè quelle applicazioni che servono per garantire il coinvolgimento attivo
degli studenti nell’apprendimento e nei percorsi formativi, attraverso il sostegno dell’interazione
fra i partecipanti e l’apertura verso altri contesti di apprendimento, coerentemente con i modelli
pedagogici basati sulle TIC.
30 In tema di formazione universitaria, Chickering e Gamson (1997, cit. in Trentin 2008: 51)
individuano sette principi per l’apprendimento attivo: 1. favorire e incoraggiare il contatto fra
studenti e membri della facoltà; 2. Sviluppare reciprocità e collaborazione fra gli studenti; 3.
Adottare tecniche di active learning; 4. fornire rapidi feedback; 5. aiutare gli studenti nella gestione
dei tempi legati allo sviluppo delle attività di apprendimento; 6. Richiedere elevati livelli di
performance agli studenti; 7. Rispettare i diversi stili e ritmi di apprendimento.

145
Elisabetta Jafrancesco

vono essere colti nella loro specificità. La didattica con le TIC, se da un lato
arricchisce il lavoro del docente, dall’altro tende inevitabilmente a comples-
sificarlo, per la pluralità di competenze richieste per gestire in modo effica-
ce i processi di apprendimento. Tali competenze, come esplicitato in recenti
documenti europei in materia di qualità dell’istruzione e della formazione,
fra cui, per l’insegnamento linguistico, il Profilo europeo per la formazione dei
docenti di lingue (Grenfell, Kelly 2004/2010)31, non sono infatti di natura
unicamente disciplinare, ma hanno anche carattere didattico-pedagogico,
psicologico-sociale, informatico, relazionale, e sono da mettere in relazione
con le nuove funzioni – di istruttore, facilitatore, moderatore – che il docen-
te è chiamato a svolgere.

5. Il corso di scrittura accademica blended learning

Il corso di scrittura accademica, che si presenta in questo paragrafo,


come è stato già evidenziato, è di tipo blended learning, fa riferimento cioè
a una strategia di progettazione didattica che integra e-learning e forma-
zione in aula, sfruttando la specificità di ciascuna modalità di insegnamen-
to. In particolare, il blended learning consente di erogare elettronicamente
i materiali formativi, alternando momenti di apprendimento in presenza,
a momenti di apprendimento collaborativi attraverso la Rete, integrati a
momenti di apprendimento a distanza.
Al Centro linguistico di Firenze, la scelta di soluzioni blended learning
per l’italiano L2, riguarda non solo la possibilità di sfruttare al meglio gli
aspetti positivi della didattica online e di quella in presenza, ma anche l’e-
sigenza di far fronte a questioni di vario genere: organizzative, gestionali e
didattiche, che non è possibile approfondire in questa sede32, ma che sono

31 Cfr. anche il documento UNESCO sulle competenze dei docenti sulle TIC, in cui si puntua-
lizza, fra le altre cose, che i «docenti devono conoscere a livello base il funzionamento dell’har-
dware, delle applicazioni software, dei browser di navigazione, di programmi di comunicazione,
software di gestione e per realizzare presentazioni». Inoltre, in tema di organizzazione e gestione
degli ambienti didattici, i «docenti devono essere in grado di utilizzare la tecnologia nelle attività
con l’intera classe, con piccoli gruppi o con i singoli alunni, garantendo a ciascuno l’accesso agli
strumenti tecnologici» (UNESCO 2010: 28).
32 Per approfondimenti su questi aspetti, cfr. Jafrancesco 2014. Sui vantaggi del blended learning
in ambito universitario, cfr. Trentin 2008.

146
Elisabetta Jafrancesco

legate principalmente alla limitatezza delle risorse disponibili, al funzio-


namento della didattica nelle varie scuole, a cui il Centro linguistico offre
i suoi servizi, all’eterogeneità dei profili degli studenti (settori di studio,
tempo a disposizione per l’apprendimento dell’italiano L2, stili e ritmi di
apprendimento ecc.) (Fratter, Jafrancesco 2010).
In questo contesto ci si limita a sottolineare che le soluzioni blended
learning permettono di sviluppare competenze che altrimenti, cioè nella
didattica in aula di tipo tradizionale, non potrebbero essere adeguata-
mente sviluppate, soprattutto per i seguenti motivi:
− alto numero di studenti per classe;
− scarsa consistenza oraria dei corsi;
− tempi lunghi per lo svolgimento delle attività di scrittura.
Pertanto, considerando che gli studenti stranieri, come è stato già sot-
tolineato (cfr. supra, par. 2), padroneggiano con difficoltà le attività di
scrittura in italiano L2, sebbene siano impegnati a utilizzare quasi ogni
giorno questa abilità nel contesto accademico, in cui le attività scritte
sono di importanza fondamentale – dalla presa di appunti durante le
lezioni, alla sintesi dei testi di studio, alla stesura di relazioni, tesine ecc.
–, si ritengono necessari interventi didattici specifici, quali, per esempio,
il percorso didattico che qui si propone, non solo per la riuscita del sog-
giorno di studio in Italia, ma anche per la trasferibilità di alcune compe-
tenze in altri apprendimenti.

5.1. Struttura del corso

Il corso di scrittura accademica blended learning è di Livello B1-B2.


Ha carattere estensivo e dura complessivamente 10 settimane. Prevede
15 ore di formazione in presenza, articolate in 10 incontri con cadenza
settimanale di 1,5 ore ciascuno e 60 ore di attività online, che includono
lo studio individuale dei materiali forniti dal docente, lo svolgimento dei
compiti di scrittura, le attività collaborative in Rete, le esercitazioni.
Gli incontri in presenza, a eccezione del primo, servono a vari scopi,
fra cui i principali sono i seguenti:
− presentazione del lavoro da svolgere nei moduli;
− riflessione collettiva sui compiti realizzati;

147
Elisabetta Jafrancesco

− chiarimento di dubbi;
− svolgimento di attività su contenuti linguistici e testuali funzionali ai
compiti da svolgere/svolti ecc.
Il primo incontro in presenza, convocato per posta elettronica, dà ini-
zio al corso e serve a creare le condizioni ottimali per il suo svolgimento.
L’incontro ha le seguenti funzioni:
− conoscenza reciproca dei partecipanti (studenti, docente, tecnici in-
formatici);
− presentazione del corso, delle scelte metodologiche adottate e dei
criteri di valutazione;
− somministrazione di un questionario per il reperimento di informa-
zioni sugli studenti;
− formazione tecnologica all’utilizzo di Moodle, distribuzione di ma-
teriali cartacei di vario genere (p. es. breve guida all’uso della piatta-
forma e-learning);
− discussione su motivazioni e aspettative riguardo al corso;
− definizione degli impegni reciproci fra docente e studenti.

Il corso di scrittura è articolato in 5 moduli, ognuno dei quali è a sua


volta suddiviso in 2 sottomoduli, di durata settimanale. Ciascun sotto-
modulo è dedicato a uno specifico genere testuale. La scelta dei contenu-
ti testuali dei vari moduli, con l’obiettivo generale di soddisfare i bisogni
linguistico-comunicativi degli studenti, mirando a metterli in grado di
svolgere con successo il percorso di studio nell’università italiana, si è
orientata verso un tipo di testualità significativo nel contesto accademico
(p. es. lettera formale, abstract, schedatura di fonti bibliografiche, tesina
ecc.) e verso contenuti rilevanti sul piano culturale, anche in relazione
ai settori di studio degli studenti. Per la selezione dei generi testuali,
si è fatto riferimento da un lato alle indicazioni contenute nel Quadro
comune europeo di riferimento (o QCER, Consiglio d’Europa 2002) e nel
Sillabo di italiano L2 di Lo Duca (2006), dall’altro a studi e indagini
sulle motivazioni e sui bisogni linguistico-comunicativi degli studenti
stranieri universitari (Fratter 2004b; Jafrancesco 2004; Fratter, Jafrance-
sco 2010; Fragai, Fratter, Jafrancesco 2011).
Il formato del corso di scrittura accademica, nell’ambiente Moodle,

148
Elisabetta Jafrancesco

è per argomenti, cioè il corpo centrale della pagina principale del corso
è organizzato in sezioni, che contengono risorse e attività, di cui ognu-
na rappresenta un argomento del corso. La colonna centrale della pagina
principale del corso è suddivisa in due settori principali: 1. lo spazio di
servizio; 2. lo spazio di lavoro.
Nelle colonne di sinistra e di destra della pagina principale del corso,
vi sono alcuni blocchi (cfr. tab. 2), che fanno parte dell’interfaccia utente. I
blocchi hanno carattere informativo, oppure forniscono l’accesso ad alcune
funzioni.

Persone Presenta il link all’elenco degli iscritti al corso, da cui si può accedere al profilo
di ogni studente.
Messaggi Consente di vedere tutti i messaggi con uno specifico studente.
Attività Elenca le attività del corso (chat, forum ecc.), da cui si può accedere a una
pagina dedicata a ogni singola tipologia di attività.
Ricerca nei forum Permette di cercare tra i messaggi dei forum di discussione attraverso una ri-
cerca semplice o avanzata.
Amministrazione Consente al docente di visualizzare gli strumenti per la gestione del corso e
allo studente presenta il link al proprio profilo e alla pagina delle proprie va-
lutazioni.
Informativa per cookies Presenta la normativa relativa all’uso dei cookies
Calendario Segnala gli eventi del corso, le scadenze.
Prossimi eventi Riporta l’elenco degli eventi previsti a partire dalla data corrente, con la possi-
bilità di personalizzare il numero di eventi da visualizzare.
Attività recente Consente di visualizzare tutte le modifiche di un corso, a partire dall’ultimo
accesso dell’utente (p.es. ultime discussioni dei forum, aggiornamento delle
risorse ecc.).
Ultime notizie Permette di visualizzare gli ultimi messaggi pubblicati nel forum news.

tab.2. Moodle. I blocchi del corso di scrittura accademica.

Lo spazio di servizio (cfr. fig. 2) presenta materiali informativi di vario


genere, resi disponibili o come pagine di testo («Descrizione del corso»)
o come file DOCX e PDF (p. es. «Programma e calendario del corso»,
«Questionario conoscitivo», «QCER Griglia di autovalutazione» ecc.),
disponibili, questi ultimi, per il download. Vi sono poi strumenti per la
comunicazione all’interno del gruppo: per la comunicazione asincrona due
forum, di cui uno standard per uso generale («Forum del gruppo»), dedi-
cato a comunicazioni e avvisi di vario genere, inerenti al corso, ma anche a

149
Elisabetta Jafrancesco

eventi esterni (p. es. segnalazioni di mostre, eventi di vario genere); l’altro
dedicato a questioni prettamente linguistiche («Dubbi linguistici»). Per la
comunicazione sincrona, vi è la chat «Quattro chiacchiere», che è sempre
aperta, ma può prevedere anche sessioni in date e orari definiti, con la
presenza del docente, sebbene vi sia la tendenza, in questi casi, a preferire
l’utilizzo di Skype.

fig. 2. Moodle. Corso di scrittura accademica: spazio di servizio (Modulo 1).

Gli strumenti dello spazio di servizio appena descritti (forum, chat),


insieme alla messaggistica (sincrona e asincrona) servono per la comu-
nicazione interpersonale e/o di gruppo fra gli studenti e il docente con
scopi prettamente sociali, mentre la comunicazione fra tutti i partecipanti
al corso dello spazio di lavoro, descritta fra breve, gestita principalmente
attraverso forum e wiki, è funzionale allo svolgimento dei compiti, nel
contesto delle attività collaborative del corso.
A proposito della comunicazione, in un corso che presenta attività col-

150
Elisabetta Jafrancesco

laborative in Rete, come quello che qui si presenta, si sottolinea che essa è na-
turalmente un aspetto cruciale, pertanto è importante che la «strutturazione
logica della comunicazione fra i partecipanti, cioè quella nervatura che dovrà
garantire la corretta gestione dei flussi informativi e di scambio personale fra
i partecipanti» (Trentin 2008: 220-221), sia progettata con cura.
Lo spazio di lavoro vero e proprio (cfr. fig. 3) è costituito complessiva-
mente da 5 moduli, che hanno struttura fissa e ricorsiva, e che sono dedi-
cati a una selezione di 10 generi testuali. Ciascun modulo è suddiviso in
due sottomoduli. Ogni sottomodulo è incentrato su uno specifico genere
testuale. Nella sezione «Strumenti», vi sono materiali per lo studio indivi-
duale: una scheda sul genere testuale tematizzato (p. es. «Scheda: Lettera
formale»), associata a modelli esemplificativi interni o esterni alla scheda
stessa, come nel caso del «Facsimile di lettera formale».
Perché gli studenti possano giungere a padroneggiare determinati ge-
neri testuali è importante che ne conoscano le caratteristiche strutturali,
da qui la decisione di presentare, per ogni genere testuale affrontato, una
apposita scheda di approfondimento, contenente informazioni sull’artico-
lazione interna del genere testuale e sui suoi tratti costitutivi, con inoltre
alcuni suggerimenti linguistici utili.

fig. 3. Moodle. Corso di scrittura accademica: area di lavoro (Modulo 1).

151
Elisabetta Jafrancesco

Ogni sottomodulo prevede sempre un compito di scrittura individua-


le, descritto nel forum dedicato allo specifico genere testuale (cfr. fig. 4),
che viene inviato al docente per la correzione, e una o due attività di tipo
collaborativo, realizzate attraverso il forum e/o il wiki.

Carissimi,

la prima parte di questo secondo Modulo è dedicato al genere testuale e-mail e si articola in due fasi
di lavoro.

Fase 1
Leggete il file “M2 Scheda: E mail” per farvi un’idea delle caratteristiche di questo genere testuale e poi
analizzate nel Forum “Quando ‘ciao’ non va bene” che cosa non funziona a livello linguistico e a livello
di contenuti nei due esempi di e-mail presenti nel file “M2 Esempi di mail non adeguate”.

Non è necessario che in un intervento facciate un’analisi dettagliata di tutt’e due le e-mail, basta per
esempio scrivere una o due osservazioni di questo tipo:

Esempio 1: l’oggetto della mail “Corso di Anatomia”, secondo me, non è abbastanza esplicito perché non chiari-
sce in modo sufficientemente chiaro il contenuto della e-mail.

È una discussione, quindi vi consiglio di leggere gli interventi dei compagni e di intervenire nel forum
con le vostre considerazioni più di una volta.

Fase 2
Scegliete uno dei due esempi di e-mail contenuti nel file “M2 Esempi di mail non adeguate” e rielabo-
ratelo perché sia adeguato linguisticamente e nei contenuti, e inviatelo a me per la correzione attraverso
il Compito “E-mail rielaborata”.

Buon proseguimento di lavoro!


Elisabetta

fig. 4. Moodle. M2 Forum: Quando ciao non va bene.

L’attività «Compito» richiede agli studenti la preparazione di un ela-


borato scritto che viene realizzato in formato digitale e successivamente
caricato sul server del corso. I compiti, corretti dal docente secondo varie
modalità33 e inviati agli studenti attraverso la posta elettronica per le mo-
difiche necessarie, sono oggetto di valutazione, in base ai criteri di valuta-
zione della produzione scritta stabiliti in una apposita griglia, posta nello

33 Per esempio, attraverso la correzione rivelatoria, in cui il docente segnala la presenza degli
errori rimandando la correzione al singolo studente o all’intera classe, oppure attraverso la
correzione risolutiva, in cui l’insegnante segnala e corregge gli errori.

152
Elisabetta Jafrancesco

spazio di servizio. Gli elaborati prodotti dagli studenti a livello individua-


le sono sempre condivisi con l’intero gruppo. Il modulo include anche
la sezione «Esercitazione» e la cartella/le cartelle «Incontro in presenza».
L’esercitazione, resa disponibile sulla piattaforma nella fase conclusiva di
ciascun modulo, mira a verificare il raggiungimento da parte degli studenti
degli obiettivi formativi dell’intero modulo, presentando attività ed eser-
cizi riguardanti sia la dimensione testuale, sui due generi testuali oggetto
del modulo, sia la dimensione linguistica, su aspetti morfologici, sintattici
e lessicali coerenti con i contenuti affrontati. Si tratta prevalentemente di
prove di tipo chiuso (cloze, completamenti, scelte multiple ecc.), ma vi sono
anche prove semistrutturate (parafrasi, riassunti ecc.), che possono esse-
re corrette automaticamente dal sistema34, oppure affidate alla correzione
e alla valutazione del docente e/o dello studente. La risorsa «Cartella»,
denominata «Incontro in presenza», rende disponibili materiali di vario
genere e di differente formato, utilizzati negli incontri in presenza.

5.2. Strumenti per le attività collaborative del corso

Il corso di scrittura accademica blended learning prevede due tipi di at-


tività: compiti da svolgere individualmente e compiti a carattere collabo-
rativo. I primi sono svolti principalmente attraverso le attività compito e
quiz di Moodle, i secondi attraverso le attività forum e wiki35, ed entrambe
le tipologie di attività sono tutorate a distanza in modalità asincrona. Nel
presente paragrafo si intende focalizzare l’attenzione sui principali stru-
menti di lavoro collaborativo utilizzati nel corso di scrittura accademica: il
forum e il wiki.
Nell’ambiente Moodle, il forum è una attività molto facile da impostare,
che supporta vari tipi di comunicazione asincrona: uno-a-molti e molti-a-

34 Il modulo quiz di Moodle permette di progettare e realizzare prove di verifica di vario genere
(scelta multipla, vero/falso, domande con brevi risposte, cloze ecc.). I quiz possono permettere
ripetuti tentativi di risposta, con la registrazione automatica dei tentativi e con un sistema
automatico di valutazione delle risposte. Il docente può decidere se inviare feedback e/o mostrare
le risposte corrette.
35 Gli strumenti di Moodle sono suddivisi in due categorie: «attività» fra cui vi sono anche il
forum e il wiki, e «risorse», che consentono di mettere a disposizione degli studenti materiali
didattici di varia provenienza e formato.

153
Elisabetta Jafrancesco

molti. Gli studenti, tutti insieme o in gruppi, possono comunicare fra loro e
con il docente, possono discutere, collaborare, elaborare contenuti condivisi,
attivando vari processi cognitivi, in modo ricorsivo e non sequenziale, quali
comprendere, applicare, analizzare, valutare, produrre36.
Il forum è fra gli strumenti più utilizzati nella didattica online e con-
sente agli studenti, trattandosi di comunicazione asincrona, di valutare con
attenzione i propri interventi e quelli degli altri studenti, prima e dopo
l’invio, contribuendo all’accuratezza della scrittura e alla qualità della com-
prensione. Inoltre, il confronto critico con quanto scritto dai compagni
rassicura gli studenti relativamente alla propria capacità di intervenire in
modo efficace, inducendoli ad assumersi maggiormente la “responsabilità”
dei propri contributi, promuovendo atteggiamenti autoriflessivi e soste-
nendo il loro ruolo attivo nel processo di apprendimento.
Il forum offre poi la possibilità di manipolare i messaggi da pubblicare,
consentendo ai partecipanti di esprimere la propria creatività, attraverso
un editor visuale HTML (Richtext editor), che permette di avere interfac-
cia tipo wordprocessor all’interno di una pagina web, rendendo possibile
la creazione di contenuti HTML, senza dover conoscere questo codice.
Nei messaggi è possibile inserire effetti grafici di vario genere, trasferire
immagini, creare link esterni, allegare file di qualsiasi formato.
Fra le varie tipologie di forum disponibili nella piattaforma Moodle,
il «forum monotematico», costituito da un solo argomento di discussio-
ne, disposto in una unica pagina, e il «forum standard per uso generale»,
dove tutti i partecipanti possono aprire nuove linee di discussione, sono i
formati maggiormente sperimentati nel corso di scrittura accademica. Gli
studenti, la cui sottoscrizione al forum è resa obbligatoria dal docente37,
ricevono in modo automatico sul loro sistema di posta elettronica, come in
una newsletter, copia di ogni nuovo messaggio pubblicato nel forum, faci-
litando i partecipanti a seguire lo sviluppo della discussione e stimolando il

36 Cfr. la tassonomia delle abilità e delle competenze di Bloom (1956), utilizzata per classificare
le risorse didattiche in Rete (Seitzinger 2010), che prevede, in ordine di importanza, i seguenti
livelli: conoscenza, comprensione, applicazione, analisi, sintesi, valutazione. Quella invece rivista
da Anderson e Krathwohl (Anderson et al. 2001), nata dalla convinzione che le abilità possono
essere acquisite e impiegate simultaneamente, senza un ordine preciso, comprende: memorizzare,
comprendere, applicare, analizzare, valutare, produrre. Cfr. Pantò, Petrucco 1998.
37 La sottoscrizione al forum può essere anche facoltativa.

154
Elisabetta Jafrancesco

gruppo a intervenire attivamente alla discussione comune. Oltre alla scelta


della modalità di sottoscrizione – obbligatoria, o facoltativa, è possibile
abilitare il tracciamento dei messaggi non letti e stabilire la dimensione
massima degli allegati. Vi è inoltre la possibilità di configurare numerose
altre impostazioni, fra cui, per esempio, quelle che consentono di attivare le
valutazioni dei messaggi dei forum, stabilendo le modalità di aggregazione
(media dei voti, voto più alto, voto minimo ecc.), la scala di valutazione,
l’arco temporale in cui si applicano le valutazioni.
Il wiki consente ai partecipanti di inserire e modificare una raccolta
di pagine web, mantenendo lo storico delle modifiche. Il wiki può essere
collaborativo, in cui tutti possono lavorarci, oppure individuale, in tal caso
ciascuno lavora sul proprio wiki. Inoltre, il wiki supporta le modalità di
gruppo di Moodle: «Senza gruppi», «Gruppi separati» e «Gruppi Visibili»,
dando vita complessivamente a cinque modalità di gestione possibili.
Il wiki, a differenza del forum, non è di facile utilizzo. La sua gestione
richiede infatti competenze specifiche, che sono al contempo tecniche, pe-
dagogiche e disciplinari (Calvani 2004). Inoltre, gli studenti, come mostrano
le indagini internazionali e italiane (p. es. Fratter, Jafrancesco 2010) sull’uso
delle TIC fra i giovani della digital generation, sebbene abbiano grande fami-
liarità con strumenti del Web 2.0 (p. es. blog, chat ecc.), usati però per svago e
per intrecciare nuovi rapporti di amicizia, non hanno alcuna familiarità con
il wiki, che risulta loro quasi sconosciuto (Fratter, Jafrancesco 2010) e che
sono in grado a stento di ricollegare all’enciclopedia online Wikipedia. Di
conseguenza, con riferimento anche al concetto di “trasparenza” contenuto
nel QCER, relativamente a obiettivi e metodologie didattiche utilizzate, ri-
guardo all’uso di strumenti come il wiki, è molto importante sensibilizzare
gli studenti al modello pedagogico di stampo costruttivista che è alla base
dei percorsi di apprendimento basati sulle TIC e all’importanza della coo-
perazione. Il wiki è uno strumento utile per il trasferimento di informazioni
e pertanto può essere utilizzato per la creazione di pagine con contenuti
informativi, modificabili solo dal docente, oppure da tutti i partecipanti. Il
wiki è inoltre una applicazione che, anche integrata con altri strumenti (p.
es. chat, Skype ecc.), consente di creare percorsi didattici incentrati sulla col-
laborazione, esplorazione, discussione dei partecipanti, adatta pertanto alla
co-elaborazione di contenuti e alla scrittura collaborativa. In base alla tas-
sonomia di Bloom, a cui è stato fatto riferimento parlando del forum (cfr.

155
Elisabetta Jafrancesco

supra, nota 36), i processi cognitivi attivati attraverso il wiki sono i seguenti:
comprendere, applicare, analizzare, valutare, produrre.
Il wiki è un editor di ipertesti e, come è stato già sottolineato, consente
varie forme di scrittura condivisa, permette cioè agli studenti di lavorare
insieme alla elaborazione di testi, che possono essere ampliati, modificati e
corretti in qualsiasi momento. Le vecchie versioni non vanno mai perdute
e possono essere ripristinare in qualsiasi momento. Il wiki presuppone un
alto livello di comunicazione e di collaborazione fra gli studenti, e può essere
utilmente associato a un forum apposito, in cui gli studenti, nelle varie fasi
della scrittura, si accordano sulle decisioni più opportune da prendere. Le
attività di Co-Writing, come è noto, richiedono al docente una attenta pro-
gettazione del processo di scrittura e delle attività caratteristiche delle fasi
di pianificazione, stesura, revisione del testo (cfr. par. 3), che Trentin (2008)
riassume nei seguenti momenti.
− Brainstorming;
− Definizione di indice/struttura;
− Stesura;
− Revisione;
− Nuova stesura;
− Editing conclusivo.
Come afferma Trentin (2008), le attività di Co-Writing sono molto com-
plesse, infatti l’esigenza di

organizzare e convogliare gli sforzi dei diversi autori deve conciliarsi con i
loro differenti punti di vista, nonché con la creazione del consenso nei con-
fronti di ciò che si va a sviluppare collaborativamente (Trentin 2008: 175).

Lo sviluppo collaborativo di un testo richiede infatti non solo abilità pro-


cedurali, ma anche affettive e sociali, che consentono agli studenti di coor-
dinarsi, di prendere decisioni, di risolvere i problemi, di gestire i conflitti, di
creare un’atmosfera di fiducia reciproca ecc. Abilità, queste, che un percorso
formativo che fa riferimento agli assunti del costruttivismo sociale, come
quello di scrittura accademica che è stato qui presentato, dovrebbe sviluppa-
re negli studenti, insieme alle competenze linguistiche e testuali, attraverso
una chiara e rigorosa definizione dei compiti da svolgere, delle modalità di

156
Elisabetta Jafrancesco

lavoro nel gruppo, delle corrette interazioni con il gruppo (Comoglio, Car-
doso 1996).
Il wiki consente varie strategie di scrittura condivisa: scrittura parallela,
scrittura sequenziale, scrittura in reciprocità (Trentin 1996; Fratter 2004a;
Anichini 2010). Nella scrittura parallela il testo da produrre è suddiviso in
varie parti, assegnate ad autori diversi; nella scrittura sequenziale la stesura
del testo è articolata in fasi e ogni intervento rappresenta la prosecuzione
del precedente; nella scrittura in reciprocità gli autori lavorano insieme e in
modo simultaneo a diversi gradi di condivisione. Il tipo di scrittura colla-
borativa più facile da gestire in Rete è la scrittura parallela, che, a differenza
delle altre modalità, garantisce un maggior livello di indipendenza reciproca
degli studenti. Infatti, ogni studente o ogni gruppo di studenti, a seconda
della modalità di gestione della classe prescelta, è impegnato nella scrittura
di una parte specifica del testo, che viene poi messa a disposizione del grup-
po nell’area di lavoro di wiki, infine il testo viene ricomposto dallo studente
– o dagli studenti – del gruppo con la funzione di editor.
La scrittura parallela richiede che si lavori di preferenza con generi te-
stuali scomponibili in parti non troppo interdipendenti fra loro (p. es. istru-
zioni per l’uso, FAQ, biografie ecc.). La scrittura parallela facilita senz’altro
lo svolgimento del lavoro a livello organizzativo, tuttavia si può verificare che
il docente debba sensibilizzare gli studenti perché siano responsabili anche
di quanto scritto da altri, per evitare che vi sia una realizzazione poco parte-
cipata del lavoro finale.
Il wiki presenta numerosi aspetti positivi per la didattica, anche se offre
solo formattazioni dei testi molto semplici. È uno strumento che sostiene
infatti la motivazione degli studenti, anche attraverso lo sviluppo di com-
petenze procedurali. Funziona anche con gruppi con competenze eteroge-
nee, favorendo forme di peer tutoring, e sviluppando le competenze sociali,
sviluppa sia le abilità ricettive, sia quelle produttive. L’uso di wiki sollecita
inoltre la partecipazione di tutti gli studenti al lavoro comune, nel rispetto
dei tempi di apprendimento e delle risorse di ciascuno, richiedendo al do-
cente di seguire assiduamente, a causa della loro complessità, i processi di
Co-Writing, sostenendo e stimolando gli studenti a partecipare attivamente
al lavoro. Fornire sopporto tecnico non è l’unico compito del docente, egli
infatti deve sostenere il gruppo anche a livello organizzativo, metodologico
e sociale.

157
Elisabetta Jafrancesco

6. Conclusioni
In questo contributo si è voluto riflettere sulle opportunità offerte dalla for-
mazione in Rete, legate, in particolare, all’uso della piattaforma di apprendi-
mento Moodle, che si basa sui presupposti del costruttivismo sociale e sull’ap-
proccio collaborativo, per lo sviluppo della scrittura accademica in italiano L2 in
studenti stranieri presenti nella università italiana. Se si considera l’apprendere,
come in ambito costruttivista, un processo sociale, è importante disporre di stru-
menti adeguati, come quelli offerti da Moodle, che permettano la creazione di
ambienti di apprendimento significativo, in cui si supportano la comunicazione
interpersonale e le attività collaborative, in cui si condividono i compiti e in cui
si lavora insieme per creare qualcosa di nuovo o di diverso, attraverso processi
collaborativi intenzionali e strutturati, incentrati sulla interazione (Kaye 1994),
favorendo la crescita personale e la condivisione delle conoscenze.
Una piattaforma di apprendimento come Moodle, consente di gestire la
formazione in Rete proponendo strumenti per interagire a distanza in modo
organizzato, dinamico e flessibile, in modalità sincrona e asincrona, attraverso
applicazioni di vario genere (chat, forum, wiki ecc.) che, se utilizzate in modo
collaborativo, consentono agli studenti di usare le proprie conoscenze e com-
petenze per risolvere problemi, apprendere dagli altri, sviluppando il pensie-
ro critico, competenze cognitive e metacognitive. Competenze, queste ultime,
strategiche per vivere e agire consapevolmente nella società della conoscenza,
coerentemente con le odierne politiche dell’istruzione e della formazione, che
si orientano verso modelli che considerano la conoscenza, la sua elaborazione e
la sua condivisione, come principale risorsa.
Nella società contemporanea, improntata sul saper divenire, è importante
che le persone sviluppino non solo saperi, ma anche competenze che consen-
tano loro di acquisire in modo rapido ed efficace conoscenze e abilità nuove,
per sapersi muovere in contesti complessi e in continuo movimento, quali sono
quelli della società globalizzata e fortemente interconnessa. In questo senso si
rende necessaria una formazione variabile e interattiva, incentrata sulla con-
divisione delle conoscenze, che mira ad accogliere le esigenze della società. In
questa prospettiva, le TIC mostrano il loro valore a condizione che vengano
usate come strumenti che consentono di apprendere in modo significativo e
che facilitano i processi di collaborazione, condivisione e trasformazione della
conoscenza, e non in modo tradizionale, vale a dire unicamente per presentare,
conservare, distribuire contenuti informativi, oppure per accedere più facilmen-
te alle informazioni.

158
Elisabetta Jafrancesco

Questionario conoscitivo
Informazioni personali, competenze linguistico-comunicative, competenze in-
formatiche e di utilizzo della Rete.

Sezione 1 - Informazioni personali

1 Nome e cognome
2 Sesso
3 Data di nascita
4 Stato di provenienza
5 Tipo di studente q LLP/Erasmus q CdL q Altro
6 Durata borsa di studio*
7 Facoltà in Italia
8 Corso di Laurea in
9 Recapito telefonico
10 E-mail

* Se studente/studentessa di mobilità internazionale.

Sezione 2 - Competenze linguistiche

11 Lingua madre ................................................................................................

12 Lingue conosciute e livello di competenza



A1 A2 B1 B2 C1 C2
Francese q q q q q q
Inglese q q q q q q
Italiano q q q q q q
Spagnolo q q q q q q
Tedesco q q q q q q
Altro (specificare_____________)
q q q q q q

13 Ore corsi di studio di italiano


q 1-150 ore q 251-500 ore
q 151-250 ore q più di 500 ore

159
Elisabetta Jafrancesco

Sezione 3 - Uso di Internet (sono possibili più alternative)

14 Utilizzo di Internet q per studio. q per hobby (social network).


q per utilità personale. q altro (specificare ______).

15 Collegamento a Internet q computer portatile. q computer fisso all’università.


attraverso q computer fisso a casa. q altro (specificare ______).

16 Tipo di connessione da q a tempo. q a traffico.


casa q 24 h su 24 h. q altro (specificare ______).

Sezione 4 - Autovalutazione del livello di conoscenza dei contenuti in elenco


(0=nessuna conoscenza; 3=ottima conoscenza)

0 1 2 3

Software
17 Ambiente Windows q q q q
18 Wordprocessor (p. es. Word) q q q q
19 Foglio elettronico (p. es. Excel) q q q q
20 Ambienti per creare presentazioni (p. es. PowerPoint) q q q q
21 Ambienti per creare pagine Web (p. es. FrontpPage) q q q q

Servizi Internet

22 Posta elettronica q q q q
23 Skype q q q q
24 World Wide Web q q q q
25 Motori di ricerca (p. es. Google) q q q q
26 Ambienti per la comunicazione di gruppo (p. es. newsgroup) q q q q
27 Ambienti per la scrittura collaborativa in Rete (p. es. blog) q q q q

Ambienti per la didattica a distanza

28 Piattaforme di apprendimento q q q q
29 Ambienti per valutazione automatizzata dell’apprendimento q q q q
30 Altro (specificare _____________________________) q q q q

160
Elisabetta Jafrancesco

Sezione 5 - Esperienze di partecipazione ad attività in Rete

Sì No
31 Gruppi di discussione (forum group) q q
32 Community di rapporti sociali online (p. es. Facebook) q q
33 Corsi in Rete basati sull’uso autonomo di materiali didattici strutturati q q
34 Corsi in Rete basati sullo studio collaborativo in gruppo q q
35 Altro (specificare _____________________________) q q

Sezione 6 - Accesso alla Rete


Per partecipare alle attività in Rete previste per questo corso mi collegherò
principalmente

36 nella prima mattina. q


37 nella mattinata. q
38 nel primo pomeriggio. q
39 nel pomeriggio. q
40 in serata. q
41 a notte inoltrata. q

Sezione 7 - Motivazioni e le aspettative che hanno condotto all’iscrizione


al corso

______________________________________________________________
______________________________________________________________
______________________________________________________________
______________________________________________________________
______________________________________________________________
______________________________________________________________
______________________________________________________________
______________________________________________________________

Grazie per la collaborazione!


Elisabetta

161
Elisabetta Jafrancesco

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164
capitolo vii

LA FLIPPED CLASSROOM:
CARATTERISTICHE ED ESPERIENZE

Alessandra Giglio
Università di Parma

1. Introduzione
Nel 2007, in una scuola superiore del Colorado, negli Stati Uniti, due in-
segnanti di chimica diedero vita a un nuovo modo di insegnare nelle proprie
classi: dato l’alto numero di studenti che avrebbero dovuto frequentare il loro
corso, i due insegnanti pensarono di videoregistrare le proprie lezioni e di
mettere a disposizione dei propri studenti i video così ottenuti. In questo
modo, essi trovarono un ingegnoso modo per guadagnare del “tempo presen-
ziale” con i propri studenti, dando spazio ad attività, laboratori, approfondi-
menti, ulteriori spiegazioni approfondite e personalizzate. La flipped classro-
om1 era ufficialmente nata.
La flipped classroom nasce quindi tra i banchi di scuola e viene sperimentata
per insegnare una materia disciplinare. È possibile applicare una metodologia
didattica di questo tipo anche all’insegnamento delle lingue straniere? In caso

1 Anche sulla terminologia che identifica tale metodologia non si è ancora raggiunto un
accordo univoco: in questa sede, denomineremo la metodologia come flipped classroom, sebbene
vi sia una sostanziale differenza tra flipped classroom e flipped learning, come sottolinea la stessa
Flipped Learning Network (2014): infatti, “capovolgere una classe” non significa necessariamente
capovolgere, rivoltare completamente l’intero processo di apprendimento, anche se “capovolgere
una classe” potrebbe essere il primo passo verso tale direzione. Tuttavia, in questo contesto,
utilizzeremo la denominazione che si sta attualmente diffondendo maggiormente in Italia,
ovvero quella, appunto, di flipped classroom, complice probabilmente il testo italiano più famoso
sull’argomento, ovvero il contributo di Maglioni e Biscaro (2014).

165
Alessandra Giglio

affermativo, come può tale metodologia interfacciarsi con altri approcci più
comunemente riconducibili all’insegnamento delle lingue straniere, come per
esempio il diffuso approccio comunicativo?
In questa sede, tenteremo di rispondere ad alcuni di questi interrogativi e
analizzeremo alcune situazioni didattiche in cui si è tentato di “capovolgere la
classe” di lingua italiana per stranieri in contesti universitari e scolastici, on- e
off-line.

2. Capovolgere la classe: cosa significa?

Secondo il rapporto annuale sull’istruzione di alto livello dell’NMC Hori-


zon ( Johnson et al. 2012), nel 2012 sarebbe nato un nuovo modo di insegnare
nell’ambito della scuola dell’obbligo:

Traditional lectures and subsequent testing are still dominant learning ve-
hicles in schools. In order for students to get a well-rounded education with
real world experience, they must also engage in more informal in-class activi-
ties as well as learning to learn outside the classroom. Most schools are not
encouraging students to do any of this, nor to experiment and take risks with
their learning - but a new model, called the “flipped classroom,” is opening
the door to new approaches. The flipped classroom uses the abundance of
videos on the Internet to allow students to learn new concepts and material
outside of school, thus preserving class time for discussions, collaborations
with classmates, problem solving, and experimentation ( Johnson et al. 2012).

Qualche anno più tardi, nel medesimo rapporto del 2013 ( Johnson et al.
2013) e del 2014 ( Johnson et al. 2014), la flipped classroom guadagna un ruolo
considerevole all’interno della lista delle tecnologie e strategie digitali emer-
genti. Il rapporto sulla Higher Education 2013 ( Johnson et al. 2013) della
NMC Horizon, inoltre, dà una definizione piuttosto precisa di ciò che è la
flipped classroom: essa presuppone un approccio didattico basato sull’Inquire-
based learning e su alcune strategie didattiche combinate che permettono allo
studente di costruire autonomamente il proprio percorso di apprendimen-
to. Un’ulteriore definizione di flipped classroom2, ancora, è quella fornita dalla

2 Una buona “definzione grafica” di flipped classroom è in fig. 1, mentre un’altrettanto incisiva
infografica si può trovare all’indirizzo http://www.knewton.com/flipped-classroom/ .

166
Alessandra Giglio

Flipped Learning Network (2014), secondo cui:

Flipped Learning is a pedagogical approach in which direct instruction


moves from the group learning space to the individual learning space, and
the resulting group space is transformed into a dynamic, interactive learn-
ing environment where the educator guides students as they apply con-
cepts and engage creatively in the subject matter.

fig. 1. Una definizione “grafica” di flipped classroom (tratta da: http://www.slu.edu/).

Il primo esperimento documentato di flipped classroom, come si diceva,


risale al 2007 in una scuola superiore del Colorado: i professori Bergmann
e Sams hanno adattato e “convertito” i loro tradizionali materiali Power-
Point per il loro tradizionale corso di chimica in alcuni file di PowerPoint
con commenti e video registrazioni, utilizzando un software di cattura
del proprio schermo di lavoro (Bergmann, Sams 2012a). In questo modo,
Bergmann e Sams sono stati finalmente in grado fronteggiare l’annoso
problema della grande affluenza di studenti al loro corso presenziale e i
conseguenti problemi logistici derivanti. Utilizzando delle videoregistra-
zioni per alcune delle sessioni di spiegazione dei contenuti tipici del corso,

167
Alessandra Giglio

i due docenti sono riusciti a ritagliare del tempo durante le lezioni per
aiutare individualmente i propri studenti, diventando una sorta di tutor, di
scaffolding per poter supportare gli studenti stessi durante il proprio pro-
cesso di apprendimento.
Il metodo di insegnamento di Bergmann e Sams (2012b) è nato nel
2007; nello stesso periodo, stava nascendo un’altra tecnologia chiave per
l’affermarsi della classe: nell’ottobre 2006, Google Inc. acquista una nuo-
va, interessante piattaforma, creata nel 2005 da tre dipendenti di PayPal,
che permetteva di condividere facilmente dei contenuti video attraverso la
Rete. Il nome di questa innovativa piattaforma era YouTube. Questo rivo-
luzionario modo di comunicare le informazioni attraverso i video ha con-
tribuito in modo significativo alla potente diffusione della democrazia che
sta (ancora) alla base del web attuale. Ma ancora più importante è stato il
ruolo che YouTube ha avuto per il successo del modo di insegnare chimica
di Bergmann e Sams: gli studenti potevano facilmente frequentare le le-
zioni, anche se per motivi vari non potevano essere presenti in aula, tramite
i video pubblicati sulla piattaforma. Questo ha permesso anche che l’in-
teresse e la motivazione per gli studenti (e anche per gli insegnanti!) ver-
so l’apprendimento/insegnamento della materia aumentasse: gli studenti
hanno iniziato a cooperare e lavorare insieme, aiutando quindi Bergmann
e Sams a diventare istruttori più proattivi che non conferenzieri distaccati.
Nello stesso periodo, un ulteriore fenomeno stava per diventare una
pietra miliare fondamentale nell’era dell’apprendimento attraverso Inter-
net: Salman Khan Amin, un educatore di origine bengalese che risiede
negli Stati Uniti, fonda la Khan Academy3, una piattaforma online gratu-
ita dove insegnanti provenienti da tutto il pianeta registrano e caricano i
propri video di lezioni e spiegazioni su ogni argomento, e dove studenti da
ogni parte del mondo fruiscono dei contenuti caricati in modo gratuito.
L’obiettivo finale di Khan era, ed è ancora, quello di diffondere la cono-
scenza e dare accesso a essa a chiunque e in qualsiasi parte del mondo.
L’ambizioso progetto di Khan costituisce attualmente uno dei repository di
videolezioni più utilizzati da studenti di tutto il mondo e anche da inse-
gnanti ed educatori che usano simili materiali come risorse aggiuntive per
le loro flipped classroom.

3 https://it.khanacademy.org/

168
Alessandra Giglio

3. Capovolgere la classe: in cosa consiste la metodologia


flipped?

La metodologia della flipped classroom si fonda sul cosiddetto “appren-


dimento per scoperta” delineato da Bruner (1961) e sul modello dell’In-
quiry-based learning (Banchi, Bell 2008), secondo cui gli studenti sono
parte attiva nello scoprire il proprio modo di risolvere un problema e nello
sviluppare una propria strategia per risolverlo.
In un simile panorama di apprendimento/insegnamento, gli studenti si
pongono al centro del proprio processo di apprendimento: la flipped classro-
om è una metodologia concreta per lo sviluppo di una didattica studente-
centrica, che non è sempre possibile realizzare in ambienti tradizionali e
con metodi di insegnamento usuali.
Un interessante valore aggiunto di questo tipo di metodologia è lo svi-
luppo di una coscienza Open Source che sta sorgendo tra gli educatori e gli
insegnanti. La quantità di risorse necessarie per “capovolgere una classe”
non è trascurabile: al fine di progettare e preparare un vero e proprio “cor-
so capovolto” è necessario un grande investimento, in termini di tempo,
risorse e sforzo da parte degli insegnanti ed educatori: l’insegnante, infatti,
deve preparare alcuni video e materiale extra per i suoi studenti, in modo
che essi ne possano fruire a casa, durante la fase di preparazione autonoma,
o in classe, durante la fase laboratoriale presenziale. Questo tipo di mate-
riale può essere direttamente prodotto e sviluppato dal singolo insegnante,
oppure si possono utilizzare alcune risorse aperte (OER, Open Educational
Resources) disponibili online. In tale panorama, realtà come la Khan Aca-
demy sono decisamente importanti, poiché rappresentano un ricco reposi-
tory, accessibile e facile da usare, in cui è possibile trovare le risorse neces-
sarie e adeguate per il proprio percorso d’apprendimento/insegnamento.
Un altro importante effetto collaterale della metodologia di classe ca-
povolta è lo sviluppo di competenze tecniche e personali degli studenti
stessi: perché gli studenti completino i compiti assegnati e acquisiscano
nozioni e concetti, hanno bisogno di sviluppare alcune strategie e tattiche
che richiedono la loro cooperazione, collaborazione e progressiva alfabe-
tizzazione digitale. Pertanto questo tipo di didattica, ben allineata con la
tassonomia di Bloom (Bloom 1956), sembra rispondere, in qualche ma-
niera, anche alle richieste dettate dal Quadro europeo delle qualifiche per

169
Alessandra Giglio

l’apprendimento permanente EQF (Commissione Europea 2008), che


misura l’apprendimento degli studenti considerando conoscenze, abilità e
competenze che ciascuno studente raggiunge.
Tuttavia, è importante ricordare che la metodologia della flipped classro-
om è tutt’altro che un nuovo modo di insegnare: come Maglioni e Bi-
scaro (2014) sottolineano, e come anche De Mauro (2014) ricorda nella
prefazione del medesimo libro, la flipped classroom sembra una rivoluzione
dell’insegnamento tradizionale, ma in realtà non lo è. Maria Montesso-
ri, quasi un secolo fa, mise in dubbio quel modello di insegnamento ex
cathedra che non è direttamente connesso con ciò che naturalmente ap-
prendiamo nella vita di tutti i giorni; lo stesso Vico, nel XVIII secolo, o
anche Socrate, quasi 2500 anni fa, avevano scosso la conoscenza nozionale
convenzionale sostenendo una più consapevole e critica acquisizione del
sapere (De Mauro 2014).

4. Capovolgere una classe di lingua straniera


In questo contributo si intende presentare un “modo capovolto” di con-
durre un corso di lingua straniera, sia in contesto universitario, sia in ambito
scolastico e di insegnamento “K-12”. Tuttavia, appare prima necessario de-
finire e descrivere brevemente un corso di lingua straniera tradizionale per
analizzare l’efficacia di questa particolare metodologia applicata all’insegna-
mento delle lingue straniere.
Nel 1972 l’etnolinguista Dell Hymes (1972) ha posto una pietra miliare
della didattica della lingua straniera definendo la comunicazione linguistica
come una nuova, effettiva competenza; egli sosteneva che, oltre a insegnare
le strutture linguistiche proprie della lingua target, «there are rules of use
without which the rules of grammar would be useless» (Hymes 1972: 278).
Con questa frase l’approccio comunicativo nasce ufficialmente. Dal 1970
l’approccio comunicativo nell’insegnamento di una lingua straniera si è
diffuso in tutto il mondo e oggi è uno degli approcci maggiormente adotta-
ti. L’approccio comunicativo tende a sottolineare l’importanza di insegnare
una lingua straniera in contesti reali; di conseguenza, elementi cruciali sono:
a) la situazione in cui avviene la comunicazione; b) i partecipanti all’intera-
zione; c) l’obiettivo dell’interazione; d) il contenuto della comunicazione; e)

170
Alessandra Giglio

il modo di comunicare il messaggio (Serra Borneto 1998: 141).


L’utilizzo di un tale approccio implica che è necessario definire alcu-
ne strategie di insegnamento; esse si possono riassumere in un sillabo
che includa: a) input contestualizzati e autentici; b) attività in cui gli
studenti sono impegnati personalmente a sviluppare le proprie strategie
comunicative (concentrandosi sul processo di apprendimento, piuttosto
che sul risultato derivante); c) impegno personale degli studenti nell’in-
terazione, dove la lingua straniera target viene utilizzata come mezzo di
comunicazione.
Tuttavia, l’aspetto linguistico di una lingua straniera non è l’unica
componente da prendere in considerazione: la cultura riveste un ruo-
lo di pari importanza, poiché influenza gli aspetti socio-comunicativi
dell’interazione nella lingua target ed è profondamente legata alla lingua
straniera stessa.
Nell’ambito di un approccio comunicativo di questo tipo, abbiamo
condotto alcune sperimentazioni di “classe capovolta” in contesto scola-
stico e universitario per l’insegnamento dell’italiano a stranieri: per ciò
che riguarda la sperimentazione in contesto universitario, essa è avvenuta
all’interno dei corsi di lingua italiana per principianti dell’Università del
Dalarna (Svezia), corsi che sono totalmente tenuti online; per ciò che
riguarda l’esperienza in contesto scolastico, si trattava dell’insegnamento
di corsi di italiano L2 a livello A1 del Quadro Comune Europeo di Rife-
rimento per le Lingue (Consiglio d’Europa 2002), in una scuola inter-
nazionale facente parte dell’International Baccalaureate Organization e
nell’ambito del programma di insegnamento Middle Years Programme4.
Nelle due sperimentazioni condotte, i corsi di italiano a stranieri era-
no rivolti a studenti con nessuna, o con scarsa, conoscenza della lin-
gua italiana: il livello di riferimento di entrambi i corsi è stato quello di
principianti (A1, nel caso della sperimentazione in contesto scolastico;
A2, nel caso della sperimentazione in contesto universitario). Il sillabo
del corso è stato diviso in due parti (denominate Level 1 e Level 2) e
ciascuna parte consisteva in 15 unità didattiche (denominate weeks). La
divisione del corso è stata determinata principalmente da due differenti
aspetti:

4 Per maggiori informazioni si rimanda a http://www.ibo.org.

171
Alessandra Giglio

- sia il sistema universitario svedese, sia il sistema scolastico interna-


zionale prevedono la divisione dell’anno accademico in due semestri;
ciascun semestre si compone di circa 15 settimane di studio;
- il libro adottato all’interno del corso è diviso a sua volta in due volumi
con 15 capitoli per ciascun volume.

Per queste ragioni, il sillabo del corso è stato suddiviso in 15 unità


didattiche, coerentemente sia con la scansione temporale del semestre,
sia con la struttura del libro di testo.
Ciascun livello del corso è diviso, quindi, in 15 unità didattiche: ogni
unità segue un pattern predefinito che ben si accorda con l’approccio co-
municativo e che prevede un input iniziale audio, video o testuale con al-
cune attività di corollario per esercitare la comprensione dello studente e
per introdurre la situazione comunicativa e il lessico e, allo stesso tempo,
per presentare le strutture linguistiche e comunicative che costituiscono
l’argomento principale dell’unità didattica; successivamente, lo studente
si esercita con alcune attività che sviluppano gli argomenti linguistici
principali dell’unità didattica, fino a utilizzare attivamente l’elemento
pragmatico e/o morfosintattico acquisito tramite attività di produzione
attiva (scritta e orale). A questo proposito, lo studente ha a disposizione
una serie di materiali didattici di approfondimento che hanno il compito
di agevolarlo nell’esecuzione di compiti individuali che vengono svolti in
autonomia.
In entrambi gli scenari educativi, il corso di italiano per principian-
ti è stato “capovolto” per la prima volta durante il semestre autunnale
del 2013: il tradizionale corso online per studenti universitari è stato
adattato sulla base di un approccio più sociale e collaborativo. La stessa
modalità di insegnamento è stata adottata nel semestre autunnale del
2014, con il corso presenziale presso la scuola internazionale Deledda
International School nell’ambito del Middle Years Programme.
Ciascuna unità didattica ha mantenuto la stessa struttura di base (cfr.
fig. 2), sebbene essa sia stata ridisegnata e ampliata con una serie di ri-
sorse digitali aggiuntive come, per esempio, i grammar pills video (cfr.
fig. 3), registrati appositamente dall’insegnante (una sorta di spiegazioni
grammaticali di alcuni argomenti linguistici e morfosintattici che, via
via, venivano affrontati all’interno del corso e del libro di testo), oppure
esercizi aggiuntivi fruiti nell’ottica OER.

172
Alessandra Giglio

Tuttavia, l’adattamento più evidente del corso in ottica di flipped classro-


om è nella natura del corso stesso: l’intero processo di analisi dello stimolo
reale, che prevedeva una fase di comprensione e di riflessione sullo stimolo
stesso – un processo, questo, che solitamente viene previsto, dall’approc-
cio comunicativo, all’inizio della lezione presenziale – è stato, appunto,
“capovolto” e gli studenti sono stati messi in condizione di provare a fare
ipotesi e congetture (individualmente o in gruppo), sia sugli elementi te-
stuali proposti (con attività di elicitazione delle preconoscenze, riflessione
sul lessico, anticipazione del testo), sia sugli elementi linguistici presenti
nei testi input. In questa maniera, gli studenti vengono messi in grado di
affrontare l’apprendimento degli aspetti linguistici secondo il proprio rit-
mo e secondo la propria modalità preferita. Inoltre, gli studenti dovevano
preparare alcuni esercizi e attività in vista della lezione sincrona/presen-
ziale. La lezione, quindi, è stata usata come momento per analizzare le
differenti ipotesi e per arrivare a una sorta di conclusione collettiva, il tutto
utilizzando solamente la lingua target e prevedendo delle intense sessioni
di partecipazione attiva da parte degli studenti.

fig. 2. Struttura di un’unità didattica del Level fig. 3. Esempio di “grammar pill video” utiliz-
2 del “corso capovolto” di italiano per princi- zato nel Level 1 del “corso capovolto” di italiano
pianti. per principianti.

173
Alessandra Giglio

5. Analisi dei dati derivanti dalle sperimentazioni condotte


Il corso di italiano per principianti, come già precisato, è stato speri-
mentato in modalità flipped durante i semestri autunno 2013 (HT13),
primavera 2014 (VT14), autunno 2014 (HT14) e primavera 2015
(VT15) presso l’Università del Dalarna (Svezia), tramite corsi eroga-
ti completamente in modalità online. Il corso prevede un totale di 15
incontri sincroni: ogni incontro si tiene al termine di ciascuna unità di-
dattica. Il corso di italiano per principianti in contesto scolastico è stato
somministrato in modalità flipped nell’anno scolastico 2013-2014 presso
la scuola internazionale Deledda International School, nell’ambito del
programma Middle Years Programme.
In questa sede, proponiamo i risultati derivanti da tali sperimentazio-
ni. Il dipartimento di lingua italiana dell’Università del Dalarna vanta
una storia piuttosto antica, sebbene l’Università di per sé sia molto gio-
vane. Nello specifico, il corso di lingua italiana per principianti esiste
da molti anni e, già in passato, era organizzato in una sorta di modalità
blended learning con alcuni compiti da svolgere a casa e alcuni contenuti
da fruire durante le lezioni sincrone. Pertanto, proporre una metodologia
flipped in un tale contesto non è stato particolarmente difficile, giacché si
è trattato di adattare alla flipped classroom una struttura già complessiva-
mente predisposta a questo tipo di metodologia.
Al di là della produzione di alcuni materiali di approfondimento e
documentazione autonoma, la variazione più significativa rispetto alla
modalità “tradizionale” di insegnamento del corso si riscontra nel modo
in cui gli incontri sincroni sono stati condotti: invece di essere una tradi-
zionale lezione frontale incentrata sulla spiegazione da parte del docente
dell’elemento linguistico-comunicativo presentato, con la metodologia
della flipped classroom essi sono diventati una sorta di spazio laboratoriale
in cui gli studenti si confrontano tra di loro, comunicano, approfondi-
scono le informazioni della lezione e si sforzano di utilizzare la lingua
target, risolvendo problematiche comunicative sulla base di uno stimolo
input e, in definitiva, esercitando e praticando la lingua target in contesti
comunicativi reali, ancorché virtuali.
Il corso per principianti in modalità flipped è stato erogato durante 4
semestri universitari e conta 112 studenti attivi che hanno terminato il
corso. In questo contesto, tuttavia, non è stato possibile lavorare anche

174
Alessandra Giglio

con un gruppo di controllo, dato che è stato attivato un unico corso per
ciascun livello durante i 4 semestri.
Il Deledda International School è un istituto relativamente giovane
nell’area metropolitana genovese. La scuola è stata creata nel 1999 ed è
stata immediatamente affiliata all’International Baccalaureate Organiza-
tion. Nell’anno scolastico 2013-2014, la scuola contava più di 200 studenti,
di cui il 10% stranieri. La necessità di prevedere dei corsi di lingua italiana
per studenti stranieri si è palesata fin dai primi tempi in cui la scuola ha
iniziato a operare sul territorio genovese5; inoltre, dal 2006, sono stati of-
ferti regolarmente corsi di italiano per stranieri a livello curricolare per gli
studenti stranieri che frequentano la scuola.
In un simile contesto didattico, il corso di italiano per principianti è
stato particolarmente utile durante l’anno scolastico 2013-2014: il cor-
so, per questioni legate all’orario scolastico delle diverse classi di studenti
coinvolte, è stato diviso in due corsi distinti del medesimo livello: sebbene
il numero di partecipanti al corso sia non rappresentativo (gli studenti
che hanno partecipato al corso sono in totale 4), l’indagine si configura
comunque come uno studio di caso e la divisione del corso in due gruppi
ha permesso di poter usufruire di un gruppo di controllo per la sperimen-
tazione della flipped classroom.
Il gruppo di studenti a livello universitario dell’Università del Dalarna,
composto da 112 studenti di età compresa tra i 18 e i 66 anni, ha espres-
so il proprio giudizio sulla metodologia della “classe capovolta” attraverso
alcuni questionari di gradimento. In questa sperimentazione, non presen-
tiamo i risultati dei test formativi intermedi e sommativi finali dato che
non è stato possibile compararli con un eventuale gruppo di controllo e,
pertanto, tali dati risulterebbero a nostro avviso poco significativi a provare
l’efficacia o meno di una simile metodologia didattica. Per ciò che concer-
ne la soddisfazione degli studenti universitari riguardo al corso, essi hanno
dimostrato un grande entusiasmo per il modo in cui il corso è strutturato:
il 79% degli studenti trova che sia utile avere a disposizione degli schemi
dettagliati di quanto è necessario fare per ciascuna unità didattica e ha
decisamente apprezzato le spiegazioni video registrate preventivamente (il

5 Per la descrizione di alcune buone pratiche didattiche realizzate in questa scuola si rimanda
a Giglio (2012).

175
Alessandra Giglio

95% degli studenti ha affermato di trovare particolarmente utile la possi-


bilità di visionare più volte la spiegazione). Inoltre, il 75% degli studenti
ha gradito particolarmente la tipologia di lezioni attive e coinvolgenti in
modalità sincrona, soprattutto perché la visione dei video pre-registrati ha
permesso di guadagnare dei minuti preziosi durante le lezioni in presenza
per permettere loro di utilizzare la lingua italiana in contesti comunicativi
reali con i propri colleghi di corso provenienti da ogni parte del mondo.
Il 43% degli studenti universitari, però, sottolinea che alcune volte sono
incorsi in difficoltà tecniche come, per esempio, l’utilizzo dello strumento
Adobe Connect, il sistema di videoconferenza messo a disposizione dall’u-
niversità e utilizzato durante le lezioni sincrone; è importante tuttavia sot-
tolineare che non sono state evidenziate altre particolari difficoltà tecniche
e, inoltre, simili disfunzioni erano state già segnalate in precedenza (da
circa il 50% degli studenti precedentemente iscritti) con l’impostazione
del corso in modalità “tradizionale”. Pertanto, ai fini della nostra indagine
è utile rilevare che gli studenti universitari non si sono imbattuti in parti-
colari difficoltà tecniche derivanti strettamente dalla metodologia flipped
sperimentata.
Considerando il corso di italiano per principianti del Deledda Inter-
national School, è stato possibile raccogliere i dati derivanti non solo dai
questionari di gradimento del corso, ma anche dai test sommativi di metà
del corso, che possono essere comparati con i risultati dei test del gruppo
di controllo. Tuttavia, è importante sottolineare che, viste le ridotte dimen-
sioni del campione - gli studenti che hanno partecipato al corso sono 4,
divisi in un gruppo di 2 allievi del “corso capovolto” e 2 studenti che face-
vano parte, invece, del gruppo di controllo - i risultati che riportiamo non
possono essere intesi come esaustivi né completi.
I risultati derivanti dai questionari di gradimento dimostrano che gli
studenti a livello scolare sono entusiasti del corso, anche se, la percentuale
di risposte positive dei questionari somministrati agli studenti universitari
riguardo al gradimento dell’esperienza è maggiore rispetto a quella de-
gli scolari (79% di apprezzamento a livello universitario, contro il 66% in
contesto scolastico); gli studenti, infatti, del Deledda International School
hanno apprezzato il modo in cui il corso è stato strutturato (con contenuti
flipped e materiale di approfondimento extra) perché hanno potuto avere
più libertà nello studio e possibilità di scelta nella progressione dei conte-

176
Alessandra Giglio

nuti del corso in base al proprio ritmo d’apprendimento («I like the ability
to study as little or as much as necessary before the lesson», DD, 16 anni,
studentessa statunitense; «It gives us more time to focus on things that
we don’t understand», PN, 15 anni, studentessa russa). Inoltre, gli studen-
ti hanno apprezzato la possibilità di poter chiedere, durante il momento
presenziale, chiarimenti sull’argomento di lezione più mirati, giacché sono
già stati esposti precedentemente alla spiegazione dell’argomento della le-
zione («I like the ability to already know the information before, so I can
ask questions when I have a teacher there with me», PN).
Tuttavia, gli studenti individuano anche alcuni elementi negativi della
metodologia di “classe capovolta” nel loro corso di lingua italiana per stra-
nieri: essi ritengono che ci voglia più tempo per essere ben preparati per la
lezione e, nel caso in cui non siano in grado di completare la preparazione
per la lezione presenziale, devono fare i conti con un senso di «under pre-
paration» (DD), di preparazione insufficiente che, altrimenti, non avreb-
bero sentito e che trovano sgradevole. Inoltre, gli studenti sottolineano
che a volte la struttura del corso risulta per loro confusa e si sentono spa-
esati nel percorso di apprendimento da seguire; infine, trovano difficoltà
a «balance the flipped method class with my other traditional method
classes» (DD), trovando difficile quindi il cambiamento di metodologia
tra lezioni con metodologie più innovative e lezioni che presuppongono
metodologie più tradizionali. Quest’ultimo punto rilevato dagli studenti è
particolarmente interessante in quanto sottolinea le difficoltà di introdurre
tale metodologia nella formazione K-12 italiana (fascia d’età, questa, che
finora è stata il principale destinatario di una simile metodologia). Il corso
di lingua in ambito scolastico è ben lungi dall’essere autonomo e indipen-
dente; al contrario, gli studenti suggeriscono che deve essere inserito in un
disegno di apprendimento più generale, che tenga conto della particolarità
multidisciplinare della formazione scolastica e che dovrebbe essere col-
lettivamente discusso e implementato da tutta la scuola per avere pieno
successo.
Con riferimento ai test sommativi tenuti a metà del corso, gli studenti
del “gruppo capovolto” e del gruppo di controllo mostrano un risultato
simile: le loro capacità di comprensione e produzione scritta sembrano
attestarsi in media allo stesso livello; allo stesso modo, sono sviluppate si-
milmente le loro capacità di comprensione e produzione orali. Tuttavia, la

177
Alessandra Giglio

perfomance nella sezione relativa alle competenze grammaticali e morfo-


sintattiche sembra pendere leggermente a favore del “gruppo capovolto”:
tali risultati sono probabilmente influenzati anche da un uso più esteso
delle spiegazioni grammaticali videoregistrate che sono state fruite più
volte, mentre la spiegazione tradizionale viene generalmente erogata una
volta sola.
In definitiva, i risultati derivanti dalla comparazione del corso di italia-
no del “gruppo capovolto” e del gruppo di controllo sembrano piuttosto
simili. Tuttavia, gli “studenti capovolti” hanno mostrato di aver sviluppato
sensibilmente altre soft skills e competenze che, altrimenti, avrebbero trova-
to difficoltà a far maturare. I risultati riportati nella succitata infografica di
Knewton6, che mostrano un aumento considerevole del superamento degli
esami universitari con modalità di flipped classroom, ci sembrano fin troppo
ottimisti; tuttavia, nonostante i risultati dei test sommativi siano presso-
ché identici, la metodologia di insegnamento capovolto sembra comunque
essere più vantaggiosa rispetto a quella tradizionale in quanto consente lo
sviluppo di capacità e competenze altrimenti raramente incoraggiato.
Un’ulteriore, parziale sperimentazione è stata condotta su un gruppo
di studenti universitari Erasmus dell’Università di Genova, di livello A2.
L’impostazione del corso è stata similare a quella proposta con gli stu-
denti dell’Università del Dalarna, sebbene sia stato necessario individuare
20, e non 15, unità didattiche differenti. La sperimentazione, tuttavia, è
stata poco produttiva, in quanto gli studenti Erasmus non ricevono dei
crediti formativi specifici per simili corsi e, quindi, sono poco stimolati a
partecipare alle lezioni regolarmente, complici anche le sovrapposizioni di
orario di corsi curricolari. Per questo motivo, spesso gli studenti parteci-
panti frequentavano alcune lezioni (presumibilmente, quelle che affron-
tavano gli argomenti linguistici e morfosintattici ritenuti personalmente
più ostici) e, successivamente, lasciavano il corso per privilegiare lo studio
di altre materie. Per questa ragione, è stato impossibile raccogliere dei dati
precisi e utilizzabili in sede di analisi. È stato possibile, invece, intervista-
re alcuni studenti che avevano frequentato più assiduamente il corso, in
modo da chiedere loro come avessero trovato la metodologia flipped. In
questo senso, gli studenti ritengono utili i materiali aggiuntivi («i video

6 Cfr. nota 2.

178
Alessandra Giglio

sono stato molto utili» GARR, studente portoghese) e hanno apprezza-


to la struttura del corso; inoltre, hanno particolarmente gradito le lezioni
improntate alla pratica e all’utilizzo della lingua in contesti comunicati-
vi reali («Sono piaciuto tutte le attività, è stato molto divertente» ACC,
studentessa spagnola).

6. Conclusioni

Le sperimentazioni didattiche qui presentate con la metodologia


dell’insegnamento capovolto sono ben lungi dall’essere esaustive e com-
plete. Tuttavia, sembra possibile mettere in luce alcuni elementi interes-
santi emersi da questi primi risultati.
La metodologia di apprendimento capovolto applicata al corso di ita-
liano per principianti sembra dare risultati di apprendimento simili rispet-
to ai metodi tradizionali di insegnamento; tuttavia, presenta anche altri
interessanti aspetti, come lo sviluppo delle capacità collaborative e sociali,
l’incremento di motivazione tra gli studenti e lo sviluppo di competenze
tecnologiche. Gli studenti sembrano apprezzare questo tipo di metodo,
giacché permette di avere una maggiore libertà di studiare al proprio rit-
mo e secondo il proprio stile di acquisizione di conoscenze, come anche la
teoria delle intelligenze multiple di Gardner ha suggerito (Gardner 1983).
Inoltre, una simile metodologia consente l’utilizzo della lingua target in
contesti e situazioni reali, attività che anche l’approccio comunicativo pro-
muove da decenni.
In conclusione, sulla base di questi primi risultati, sembra che il metodo
di apprendimento capovolto possa decisamente costituire un valore ag-
giunto nell’insegnamento delle lingue straniere, anche se dovranno essere
considerati con attenzione la tipologia degli studenti e il contesto scola-
stico o formativo in cui sono inseriti. È indubbio che una metodologia
glottodidattica di questo tipo meriti ancora attenzione e altri studi futuri,
in modo da verificare quali siano realmente le caratteristiche essenziali
che possono fare la differenza, in termini di produttività e apprendimento
linguistico.

179
Alessandra Giglio

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180
capitolo viii

PROMUOVERE IL DIALOGO E LA
CONSAPEVOLEZZA INTERCULTURALE
IN AMBIENTI VIRTUALI

Matteo La Grassa
Università per Stranieri di Siena

1. Introduzione

La natura sempre più composita dal punto di vista etnico e culturale


che caratterizza le società contemporanee ha fatto emergere una serie
di questioni, non ancora risolte specialmente nei paesi di più recente
immigrazione come l’Italia, relative alle misure da adottare per favorire
una reale e non conflittuale integrazione1 dei migranti. Per affrontare
in maniera efficace tali questioni, in Europa da qualche anno si guar-
da con crescente interesse al ruolo che possono rivestire le Tecnologie
per l’Informazione e la Comunicazione (TIC), non solo per facilitare
l’inserimento lavorativo o la riqualificazione professionale dei migranti,
ma anche per rendere più efficace la loro integrazione sociale. Sono di-
versi, infatti, i documenti elaborati in ambito europeo che sottolineano
l’importanza dell’uso delle TIC con finalità formative2 e occupazionali

1 Il termine “integrazione” è, in alcuni casi, usato in contrapposizione a termini come


“multiculturalismo” e “pluriculturalismo” (anche questi assumono sfumature di significato diverse
tra loro). Tuttavia, in questo contributo si userà il termine “integrazione” con una accezione che
non sottende nessuna idea di assimilazione delle culture migranti a quella della comunità del
paese ospitante.
2 Di prioritaria importanza è l’uso delle TIC con lo scopo di migliorare le competenze
linguistiche di migranti, specialmente durante il primo periodo di permanenza nel paese di arrivo
(Redecker et al. 2010).

181
Matteo La Grassa

anche per i migranti (Commissione Europea 2005), in linea con i princi-


pi secondo cui l’Europa dovrebbe diventare la società basata sulla cono-
scenza più competitiva e dinamica del mondo3. È naturale, pertanto, che
l’uso delle TIC diffuso presso tutti coloro che vivono nei paesi europei,
e quindi anche tra i migranti, rappresenta una condizione fondamentale
per favorire la realizzazione di questo obiettivo.
Con riferimento ai migranti bambini e adolescenti, l’attenzione si è
fino a ora focalizzata prevalentemente sul sostegno e il miglioramento
del livello di educazione in contesto formale. L’uso delle nuove tecnolo-
gie è stato promosso, infatti, principalmente come supporto da utilizzare
in contesto scolastico o comunque per attività strettamente correlate a
esso: in primo luogo produzione e distribuzione di materiali didattici
mirati agli apprendenti per facilitare il superamento delle loro difficoltà
linguistiche. Minore attenzione, invece, è stata prestata all’utilizzo delle
nuove tecnologie con lo scopo di migliorare le abilità e le competenze
interculturali dei giovani migranti.
In questo quadro si sviluppa il progetto di ricerca denominato CAL-
COTE4 che viene qui presentato: nello specifico saranno definite le
principali caratteristiche di un ambiente online pensato per lo sviluppo
delle competenze interculturali di adolescenti non italiani. L’obiettivo
che si intende perseguire mediante la realizzazione e l’utilizzo di questo
ambiente è quello di favorire un processo di inclusione attraverso la dif-
fusione di conoscenze interculturali e l’allargamento delle reti di socialità
da realizzare tramite l’uso delle TIC. Il raggiungimento di tale obiettivo
contribuirà all’ampliamento del bagaglio pluriculturale e plurilingue dei
giovani immigrati e, più in generale, sosterrà una loro migliore integra-
zione nel territorio, come dimostrato da studi svolti in ambito europeo.
Lo sviluppo delle competenze interculturali rappresenta una condizione
fondamentale per un efficace inserimento degli adolescenti immigrati
nella nostra società, a prescindere dal fatto che essi siano nati in Italia o
abbiano vissuto in prima persona un percorso migratorio. Verranno indi-

3 Si tratta dei principi enunciati nel trattato di Lisbona del 2000.


4 Il progetto CALCOTE (Conosci gli ALtri, COnosci TE stesso) è stato sviluppato
dall’Università per Stranieri di Siena in collaborazione con SILOG, una società toscana di
consulenza informatica e sistemistica.

182
Matteo La Grassa

cati di seguito i presupposti teorici su cui si basa il progetto CALCOTE


e saranno descritte le principali caratteristiche dell’ambiente online che
lo rendono il luogo all’interno del quale gli utenti potranno realizzare le
varie forme di “dialogo interculturale”, favorendo il loro decentramento
da una prospettiva monoculturale e il riconoscimento del valore di cultu-
re diverse dalla propria (Baraldi 2003).

2. Principali bisogni del pubblico di riferimento: studenti


con cittadinanza non italiana

Molte caratteristiche proprie del fenomeno migratorio in Italia sono


ormai note: la continua crescita5 (confermata anche in tempi di rilevante
crisi economica per l’Italia), la diffusione a macchia di leopardo, la varietà
dei paesi di provenienza, la tendenza alla stabilizzazione sul territorio.
Uno degli effetti di quest’ultimo aspetto del fenomeno migratorio co-
stituisce un elemento di relativa novità rispetto ai primi anni Duemila:
si tratta della rilevante presenza degli studenti non italiani6 nelle scuole
secondarie di primo e di secondo grado, sebbene la maggiore presenza
percentuale sia ancora concentrata nelle scuole elementari. Il gruppo di
studenti iscritti in questi ordini di scuola è tutt’altro che indifferenziato
per età, periodo di arrivo, percorso formativo svolto nel paese di origine,
vissuto personale, rilevanza del gruppo etnico in Italia ecc. Le istituzioni
e la scuola hanno, in alcuni casi, sottovalutato le possibili difficoltà in cui
possono imbattersi gli studenti adolescenti non italiani: la risposta a tali
difficoltà, in realtà non semplici da individuare, si è focalizzata soprattut-
to sulla questione dello sviluppo delle competenze linguistiche in italia-
no, limitandosi a offrire, tuttavia, una proposta formativa in genere poco
differenziata e limitata nel tempo. Nella maggior parte dei casi l’atten-

5 Per una dettagliata presentazione dei dati quantitativi relativi alla presenza, ancora in crescita,
dei migranti in Italia e per la descrizione dei vari aspetti a essa connessi, si rimanda principalmente
al IDOS (a cura di) – Dossier Statistico 2013.
6 Nei documenti ministeriali, tutti questi studenti vengono genericamente definiti «con
cittadinanza non italiana» includendo quindi, nonostante le opinioni contrarie di molti esponenti
del mondo della scuola e delle istituzioni, anche chi è nato e vissuto da sempre in Italia.

183
Matteo La Grassa

zione si focalizza sugli studenti da poco inseriti a scuola e che presentano


evidenti problemi dovuti alle loro limitate competenze linguistico-co-
municative. Paradossalmente, però, questi problemi rappresentano anche
quelli più semplici da risolvere, come dimostra il fatto che la lingua della
comunicazione di base viene acquisita in tempi relativamente brevi da
tutti gli studenti non italiani. Minore attenzione è stata finora, attribuita
allo sviluppo di competenze necessarie per lo svolgimento di compiti
complessi in contesto scolastico7; tali competenze sono, invece, quelle
che più di altre dovrebbero essere esercitate in contesto formale: se, in-
fatti, lo studente straniero sarà esposto per la maggior parte del tempo
a input linguistico in italiano anche fuori dalla classe e avrà numerose
occasioni di esercitare la lingua della prima comunicazione con i coeta-
nei italiani in vari contesti, lo stesso, ovviamente, non potrà avvenire per
lo sviluppo delle competenze necessarie a gestire la comunicazione e la
testualità che si realizzano in ambito quasi esclusivamente scolastico e
che, di conseguenza, richiederebbero la presenza di percorsi di formazio-
ne specificamente rivolti al loro sviluppo. Quanto sinteticamente detto
contribuisce a determinare la maggiore percentuale di insuccesso scola-
stico degli studenti non italiani rispetto ai coetanei italiani: i dati, infatti,
(Anno Scolastico 2013/2014), segnalano una consistente differenza nel-
la percentuale degli ammessi agli esami della scuola secondaria di primo
grado (97,5% degli italiani contro il 92% degli studenti non italiani) e
ancor di più tra gli ammessi agli esami della scuola secondaria di secondo
grado (89,1% degli italiani contro il 76,3% dei non italiani)8. La que-
stione dello sviluppo delle competenze linguistiche di livello superiore a
quello basico è pertanto uno degli aspetti che non va assolutamente sot-
tovalutato per conseguire un pieno e proficuo inserimento degli studenti
non italiani nella nostra società e per garantire loro le stesse opportunità
rispetto ai coetanei italiani.
Se, tuttavia, la riflessione sulla questione dello sviluppo delle com-

7 Esistono, ovviamente, lodevoli eccezioni. Tra queste si segnala l’offerta linguistico-formativa


che la Provincia di Siena in collaborazione con l’Università per Stranieri di Siena ha indirizzato
specificatamente agli studenti iscritti nelle scuole secondarie superiori e agli insegnanti di materie
linguistiche e non linguistiche che si trovano a operare con essi. Per una descrizione di questa
offerta si rimanda a Troncarelli, La Grassa (2014).
8 Fonte: Elaborazione ISMU su dati MIUR. Cfr. http://goo.gl/ev5hYy.

184
Matteo La Grassa

petenze linguistico-comunicative necessarie per la lingua dello studio


è stata avviata e si cominciano a mettere in atto azioni volte al loro so-
stegno, non si rileva la medesima attenzione verso un altro aspetto di
fondamentale importanza per creare le condizioni di una reale integra-
zione dei giovani immigrati, ovvero quello relativo allo sviluppo della
loro competenza culturale.

3. Un modello di competenza multiculturale: la proposta


del Quadro comune europeo di riferimento

Il fatto che la lingua e la cultura rappresentino due facce della stessa


medaglia e formino un binomio inscindibile è un concetto che ormai
da tempo fa parte del bagaglio di conoscenze comuni a quanti si oc-
cupano a vario titolo di educazione linguistica e didattica delle lingue9.
Una efficace sistematizzazione teorica di questo concetto così familiare
agli addetti ai lavori, si ritrova nel modello di competenza multiculturale
proposta dal Quadro comune europeo di riferimento per le lingue, da ora in
poi QCER (Consiglio d’Europa 2002).
Il modello preso in considerazione, non solo individua competenze
e abilità utilizzate nel processo di apprendimento e uso di una lingua,
ma fornisce anche importanti indicazioni per interpretare il ruolo che
assume, nella formazione del profilo di un apprendente, la conoscenza di
aspetti culturali propri e altrui.
Per capire meglio come funziona questo modello, una breve ma ne-
cessaria premessa va innanzitutto fatta sull’approccio che il QCER de-
finisce “orientato all’azione”: qualsiasi parlante usa la lingua (la propria
lingua madre o una lingua non materna) prevalentemente per realizzare
specifici compiti in determinati contesti e raggiungere, in questo modo,
gli obiettivi comunicativi che si è prefisso. Ne consegue che nella rea-
lizzazione di tali compiti non verranno messe in campo esclusivamente

9 Basti pensare al fatto che è ormai raro non trovare il binomio “lingua-cultura” nella
denominazione sia dei corsi che dei materiali didattici.

185
Matteo La Grassa

competenze linguistiche stricto sensu e competenze sociopragmatiche10,


ma anche competenze non linguistiche, definite dal QCER “competen-
ze generali” e declinate all’interno delle categorie “sapere”, “saper fare”,
“saper essere”, “saper apprendere”.
In questo modo, nella definizione del profilo di competenze di un
parlante-attore sociale, entra in gioco in maniera rilevante la competen-
za culturale: ogni soggetto, infatti, mette in campo le sue competenze
culturali, la sua conoscenza del mondo, al fine di svolgere determina-
ti compiti anche quando agisce in una società che non è quella della
sua comunità di appartenenza; al contempo, egli tenderà a sviluppare
la conoscenza della società e della cultura delle comunità diverse dalla
propria e l’interpretazione che riuscirà a farne senza deformarle sulla
base di errati stereotipi andrà ad arricchire il suo bagaglio di competenze
personali.
La proposta del QCER non si limita, tuttavia, a indicare la necessità
di conoscere aspetti della società e della cultura correlati con la comuni-
tà che parla la lingua con cui si viene a contatto, ma essa supera questa
concezione introducendo il concetto di “consapevolezza interculturale”.

3.1. Dalla competenza culturale alla consapevolezza interculturale

Per poter spiegare il cambiamento di prospettiva che induce a parlare


principalmente di “consapevolezza interculturale” invece che di “compe-
tenza culturale”, occorre innanzitutto spiegare i termini della questione.
Definire precisamente cosa si intende per competenza culturale non è
una operazione del tutto scontata: una corretta definizione, infatti, pre-
suppone una chiara idea di cosa si intenda per “cultura”; tuttavia, tale
concetto può essere interpretato in vario modo. Nella prospettiva adot-
tata in questo lavoro, per esempio, si intende non solo e non tanto l’insie-
me di artefatti realizzati da un popolo che assume un particolare valore
all’interno di una determinata comunità. Questa concezione, di per sé

10 Mettendo sullo stesso piano le competenze linguistiche e comunicative – il QCER parla


infatti di competenze linguistico-comunicative – viene in qualche modo risolta la questione della
prevalenza delle une o delle altre nel processo di apprendimento linguistico che ha lungamente
caratterizzato il dibattito in glottodidattica. Per una presentazione dei diversi modelli di
competenza linguistica si rimanda a Diadori, Palermo, Troncarelli (2015).

186
Matteo La Grassa

lecita, che considera la conoscenza culturale strettamente dipendente


dalla possibilità di conoscere, ed eventualmente apprezzare, i prodotti
artistici, musicali, letterari di un popolo, non è tuttavia l’unica che è pos-
sibile adottare. Con il termine “cultura”, infatti, ci si può riferire anche
a tutte le forme di organizzazione sociale e alle modalità di risposta ai
bisogni naturali proprie di una comunità. Nell’ambito di questo progetto
che, si ricorda, si rivolge prevalentemente ad adolescenti immigrati e figli
di immigrati presenti in Italia, si è ritenuto più proficuo fare riferimento
prevalentemente, sebbene non esclusivamente, a questa seconda acce-
zione del termine “cultura”. Da questa scelta, come diretto corollario,
ne consegue che lo sviluppo della competenza culturale risulterà legato
prevalentemente ad aspetti relativi alla conoscenza della cultura intesa
in senso antropologico, dunque senza particolare riferimento ai prodotti
culturali di qualità che ogni popolo produce.
Obiettivo del progetto che si descrive in questo contributo è, tuttavia,
quello di andare oltre lo sviluppo di una competenza culturale che pre-
veda soltanto la conoscenza dei modelli della propria cultura d’origine e
della cultura ospitante, provando a sviluppare, invece, una piena “consa-
pevolezza interculturale” nei termini descritti dal QCER. Il documento,
considerata la condizione plurilingue e pluriculturale che da tempo ca-
ratterizza i paesi europei e che non è limitata soltanto al contatto tra due
lingue e due culture diverse11 – quella della comunità autoctona e quella
della comunità ospite – fa riferimento a una competenza che preveda
la consapevolezza dei modelli di classificazione della realtà propri della
cultura di appartenenza e la conoscenza, ed eventualmente l’apprezza-
mento, di modelli non di una sola, ma di più culture. Ogni cittadino,
infatti, si trova ormai a muoversi all’interno di uno spazio linguistico e
culturale in cui si realizzano il contatto e la contaminazione tra numero-
se lingue e culture.
Lo sviluppo della “consapevolezza interculturale” va dunque oltre la
competenza socioculturale che si può sviluppare nei confronti di ele-
menti e di aspetti della cultura di un paese nel quale ci si trova a vivere. Il

11 A questo proposito è utile fare riferimento alla posizione di Vedovelli che parla di «lingue
immigrate» indicandone nel nostro Paese oltre 130. Un numero così alto è un chiaro indicatore
della situazione estremamente differenziata dal punto di vista linguistico e culturale che
caratterizza l’Italia.

187
Matteo La Grassa

concetto di consapevolezza interculturale estende l’ambito di riferimen-


to a più culture e implica che si realizzino una serie di processi, in genere
sequenziali e tra loro interrelati. Nello specifico, è possibile individuarne
almeno tre:

- Conoscenza dei modelli culturali relativi alla propria cultura.


Ogni soggetto è portatore di modelli di interpretazione, di regole di
comportamento, di aspetti di organizzazione della quotidianità, di valori
che sono determinati in maniera rilevante dal contesto sociale in cui vive.
Mentre per un adulto tali elementi assumono i tratti della stabilità, o
almeno della minore mutevolezza, un adolescente immigrato vive sen-
za dubbio una condizione maggiormente fluida, sebbene avrà comunque
elaborato chiavi di lettura determinate dalla cultura di appartenenza. Il
primo passo per lo sviluppo delle sue competenze consisterà dunque nel
prendere consapevolezza dei modelli culturali relativi alla propria cultura.

- Relativizzazione dei modelli culturali di appartenenza e conoscenza di al-


tri modelli culturali.
La seconda fase consiste nella presa di coscienza che i modelli cul-
turali interiorizzati propri del gruppo sociale di appartenenza non sono
gli unici con cui ci si deve confrontare. Questa consapevolezza, in molti
casi, viene maturata in prima persona dagli adolescenti che, soprattutto
quando sono migrati da diversi anni, si trovano a vivere in un contesto
in cui sono esposti a sollecitazioni di modelli che fanno riferimento a
culture diverse.

- Accettazione ed eventuale apprezzamento di altri modelli culturali.


Conoscere altri modelli culturali non implica di per sé una ristruttu-
razione dei propri schemi, né una reale possibilità di dialogo intercultu-
rale che sostenga lo sviluppo delle competenze tra i soggetti che vi par-
tecipano. Per avvicinarsi a tale obiettivo occorre andare oltre la semplice
conoscenza di tratti di culture diverse. L’ultima fase per uno sviluppo di
una reale consapevolezza interculturale è definito proprio da questo pro-
cesso che presuppone il distacco da una prospettiva monoculturale e lo
sforzo per arrivare a una accettazione e a un eventuale apprezzamento di
culture diverse dalla propria. Ciò non significa affatto un atteggiamento

188
Matteo La Grassa

acritico di tutto ciò che proviene da culture diverse, ma implica un dia-


logo e un confronto che porti alla assimilazione di nuove forme culturali
e alla ridefinizione dei propri personali modelli in base ai nuovi contatti
che si è avuto modo di sperimentare. Il percorso non deve, ovviamente,
essere unidirezionale: sarà pertanto fondamentale creare le condizioni
per uno scambio paritario all’interno del quale i partecipanti abbiano la
possibilità di confrontarsi e consentire il passaggio di differenti forme
culturali.

La condizione pluriculturale – che può verificarsi anche in ambien-


ti virtuali – intesa come compresenza di numerose comunità e culture
diverse, caratterizza le società contemporanee, determinando la molti-
plicazione dei contatti e delle relazioni non più limitate allo scambio tra
due sole culture, una propria della comunità ospitante, l’altra propria di
quella ospite.
Per il giovane migrante, la promozione di un dialogo interculturale
che preveda la partecipazione di soggetti di culture diverse, favorisce le
condizioni per relativizzare sia la centralità della propria cultura d’origi-
ne, sia la percezione della cultura del paese in cui egli vive: questa, pur
restando probabilmente quella con cui si confronterà più frequentemen-
te, potrà essere considerata, in fondo, una delle tante con cui è possibile
entrare in contatto.

4. Un ambiente virtuale per lo sviluppo della consapevolez-


za interculturale

All’interno del quadro che è stato sinteticamente descritto, con l’obiet-


tivo di generare e sostenere lo sviluppo della consapevolezza intercultura-
le nel pubblico di adolescenti immigrati e figli di immigrati, si è ritenuto
che le nuove tecnologie rappresentassero uno strumento di grande utilità.
Alcuni studi evidenziano infatti che gli immigrati sono frequenti fruitori
di nuove tecnologie con lo scopo, tra l’altro, di mantenere i rapporti con
i membri della rete familiare e amicale rimasti nel loro paese di origine o

189
Matteo La Grassa

emigrati in altri paesi12. Viene pertanto smentita la presenza del cosiddet-


to digital device tra autoctoni e immigrati, anzi questi ultimi dimostrano
di avere spesso maggiore dimestichezza con l’uso delle nuove tecnologie.
Anche per quanto riguarda gli adolescenti, uno studio relativamente re-
cente svolto in ambito italiano evidenzia il fatto che non vi è differenza
sostanziale nella frequenza d’uso delle nuove tecnologie tra italiani e im-
migrati, sebbene il loro utilizzo sia sotto certi aspetti differente (Vittadini
2009).
La scelta di un ambiente virtuale per sviluppare le competenze cultu-
rali appare pertanto giustificata se si considera la familiarità nell’uso delle
nuove tecnologie da parte del pubblico preso in considerazione. Oltre a
tale aspetto, la realizzazione di un ambiente virtuale è stata dettata dal
fatto che esso si può caratterizzare come uno spazio all’interno del quale
l’adolescente immigrato13, che vive una fase della vita particolare per la
definizione dei propri tratti identitari, può trovare importanti conferme
e sperimentare esperienze utili a costruire la sua articolata identità più
facilmente di quanto non riuscirebbe a fare interagendo esclusivamente
in luoghi reali14 (Zinant 2009). L’utilizzo delle nuove tecnologie forni-
sce, infatti, la possibilità di far parte di reti sociali e amicali diverse; sarà
possibile pertanto interagire: con amici e coetanei italiani; con amici e
coetanei del paese di origine; con amici e coetanei del paese di origine
ma residenti in Italia; con amici e coetanei di altri paesi residenti in Italia,
nel loro paese o in altri paesi esteri; con i membri della propria famiglia
d’origine. Le appartenenze a gruppi e reti sociali diverse non rimangono
in opposizione tra loro, ma coesistono e possono arricchirsi reciproca-
mente. Nell’ambiente virtuale, anche grazie all’abbattimento dei vincoli
spaziali che esso consente, può nascere e svilupparsi in modo spontaneo
il dialogo interculturale tra persone appartenenti a culture diverse. Lo
spazio virtuale, infatti, rende possibile la creazione di reti transnazionali,

12 Per una rassegna degli studi sull’utilizzo delle nuove tecnologie da parte dei migranti si
rimanda a Premazzi (2010).
13 O anche adolescente “transculturale” come viene definito in alcuni studi (tra gli altri Riva, De
Cordova 2009), per sottolinearne l’esposizione a modelli culturali molteplici.
14 Si tenga presente che l’interazione in ambienti virtuali non va a intaccare negativamente
quella che avviene in ambienti reali; anzi, per molti adolescenti immigrati essa serve da rinforzo
dei legami già nati in altri contesti.

190
Matteo La Grassa

moltiplica le possibilità di interazione tra utenti di tutte le culture e ridu-


ce, in questo modo, il rischio a cui si è accennato di una contrapposizione
tra una cultura dominante della comunità del paese meta di emigrazione
e una cultura debole che appartiene alla comunità migrante. Nel processo
sottostante agli esiti che possono scaturire dal contatto tra culture diverse,
l’uso delle nuove tecnologie non ha pertanto un ruolo neutrale, ma è di
esso parte integrante.
Secondo alcune linee di ricerca (Berry 1997), dal contatto tra culture
differenti possono scaturire diversi esiti e, tra questi, quello più desidera-
bile dovrebbe portare a una integrazione che prevede il mantenimento e
la valorizzazione della cultura di origine e, contestualmente, il coinvolgi-
mento attivo dei migranti nella società del paese ospitante. Sebbene que-
sta descrizione degli esiti del contatto culturale sia condivisibile, tale vi-
sione sembra sottostimare la dimensione intergruppale della costruzione
dell’identità: oggi più che in passato, il contatto culturale non è un pro-
cesso che riguarda solo il singolo, ma coinvolge anche i soggetti e i gruppi
con cui esso interagisce. Tale aspetto è amplificato dall’uso delle nuove
tecnologie che favoriscono la moltiplicazione delle interazioni, la ridu-
zione della dimensione individualista nelle fasi di contatto con gli altri e
generano, soprattutto con riferimento alle tecnologie mobili, momenti di
socializzazione indipendenti da limiti spazio-temporali costrittivi.
Considerate le caratteristiche socio-anagrafiche e culturali dei prin-
cipali destinatari del progetto e gli obiettivi che si vogliono conseguire,
l’ambiente virtuale si candida, in sintesi, ad essere uno spazio privilegiato
per promuovere lo scambio su numerosi contenuti e, di conseguenza, a
favorire lo sviluppo della consapevolezza interculturale.

5. Una proposta di apprendimento informale

Da quanto fin qui detto, appare chiaro che il Progetto CALCOTE


vuole a tutti gli effetti promuovere “apprendimento”, intendendo con
questo termine un processo di sviluppo di nuove competenze e di adatta-
mento e ristrutturazione di competenze già possedute. Pertanto, insieme
alla scelta di creare un ambiente di interazione virtuale, e strettamente

191
Matteo La Grassa

correlato con essa, ha rivestito una importanza fondamentale la defini-


zione dell’approccio all’apprendimento da adottare.
Secondo una tassonomia, che si ritrova anche in numerosi documenti
europei sulla formazione, si è soliti distinguere tra modalità di appren-
dimento “formale”, “non formale” e “informale”, ciascuna caratterizzata
da proprie specificità. In sintesi, l’apprendimento formale si realizza in
un ambiente istituzionale, prevede percorsi formativi definiti, modalità
di verifica e, nella maggior parte dei casi, il conseguimento di un titolo di
studio o di un certificato riconosciuto; l’apprendimento non formale ha
in genere caratteristiche simili a quello di tipo formale, ma non prevede
il conseguimento di un titolo riconosciuto15; l’apprendimento informale,
infine, può realizzarsi in ambienti non istituzionali, si sviluppa a partire
da esperienze concrete e solo successivamente promuove forme di osser-
vazione e riflessione, presenta percorsi formativi flessibili e non definiti
a priori, ma variabili sulla base delle personali scelte del soggetto in ap-
prendimento16.
La modalità di formazione che si vuole proporre con il progetto che
è stato sviluppato è, per una serie di motivi, di tipo informale17. Consi-
derato che il pubblico di utenti a cui ci si rivolge è inserito in percorsi
educativi regolari, si è scelto di proporre una offerta di tipo totalmente
diverso, anche con l’intento di non replicare esperienze tipiche dell’ap-
prendimento scolastico che, per motivi di varia natura che qui non ver-
ranno analizzati, rischiano di essere vissute dai giovani immigrati come
poco motivanti. La volontà di far percepire l’ambiente virtuale realizzato
come uno spazio nettamente separato da quello educativo istituziona-
le, si giustifica anche con la sostanziale differenza dei contenuti tratta-
ti: l’obiettivo, infatti, non è quello di migliorare le abilità di studio e le

15 Un esempio è quello dei corsi di lingua tenuti in sedi non istituzionali come associazioni no
profit, scuole private ecc. Le modalità di insegnamento possono essere anche molto simili rispetto
a quelle dei corsi tenuti in sedi istituzionali, ma non viene rilasciato un titolo riconosciuto.
16 Efficace è, a questo proposito, la metafora proposta da Cross (2006) che paragona
l’apprendimento formale a un viaggio in autobus con strade e fermate già definite a priori;
l’apprendimento informale, al contrario, sarebbe più simile a un viaggio in bicicletta durante il
quale è possibile seguire il percorso che si ritiene più interessante, decidere di cambiarlo, scoprire
luoghi che non si era pensato di visitare all’inizio del viaggio.
17 Si segnala che forme di apprendimento non formale e informale sono valorizzate, in maniera
crescente, anche da parte delle istituzioni europee (Commissione Europea 2012).

192
Matteo La Grassa

competenze nelle materie curricolari18, ma piuttosto quello di sviluppare


competenze interculturali a cui in contesto educativo può essere data
attenzione soltanto a latere degli insegnamenti disciplinari. La didatti-
ca interculturale caratterizza (o dovrebbe caratterizzare) l’insegnamento
nelle nostre scuole già da diversi anni, così come suggerito anche dalle
direttive ministeriali (La Grassa 2004); per limitarci a un esempio, tutte
le materie di studio dovrebbero essere presentate con una prospettiva
non etnocentrica in modo da sostenere il dialogo e il confronto tra stu-
denti che hanno culture diverse. Tuttavia, e non potrebbe essere diversa-
mente, in questi contesti gli ambiti su cui focalizzarsi e a partire dai quali
avviare una riflessione e un confronto interculturale, devono rimanere i
contenuti delle materie disciplinari.
La proposta elaborata da questo progetto mantiene e sviluppa gli
aspetti fondamentali dell’educazione interculturale ritenuta pedagogi-
camente valida, come tra l’altro sostenuto da molta letteratura sull’ar-
gomento (D’Ignazi 2005; Pinto Minerva 2002); diverso è però il focus
di interesse: non vengono presi in considerazione, infatti, contenuti di
materie disciplinari, ma contenuti riguardanti i principali aspetti che
aiutano a definire la “cultura” di un popolo, con l’accezione che è stata
spiegata nel paragrafo 3. Si ritiene che tale scelta possa determinare una
serie di vantaggi a cui si accenna sinteticamente:

-- mettere a frutto principi pedagogicamente validi (quelli riconducibi-


li al dialogo e al confronto interculturale) facendo leva su contenuti
motivanti e vicini al vissuto degli adolescenti migranti;
-- consentire la gestione autonoma della comunicazione nell’ambiente
virtuale da parte degli utenti, senza alcuna valutazione di un esperto
esterno, ampliando in questo modo la loro potenziale partecipazione;
-- evitare il rischio di sovrapposizione con la proposta formativa rea-

18 Si auspica, ovviamente, che sostenendo lo sviluppo delle competenze interculturali degli


adolescenti immigrati si possano avere anche positive ricadute sul percorso educativo che essi
stanno svolgendo. Inoltre, esistono punti di contatto tra alcuni contenuti proposti nell’ambiente
virtuale e alcune materie disciplinari e, in relazione a queste, si potrà pensare a una interazione
tra l’apprendimento formale scolastico e quello informale nell’ambiente virtuale. Tuttavia, al
momento, il progetto persegue obiettivi di apprendimento sostanzialmente diversi da quelli
proposti in contesto educativo.

193
Matteo La Grassa

lizzata dalla scuola o la creazione di una sorta di surrogato che ne


ricalchi contenuti e modalità, limitandosi alla mera trasposizione di
questi in ambiente virtuale.

Dunque, gli obiettivi che si intendono conseguire e i contenuti trattati


giustificano l’adozione di un approccio di tipo totalmente informale. Ol-
tre a quanto appena detto, si tenga presente che un approccio informale ri-
sulta particolarmente indicato per favorire un percorso di apprendimento
interculturale (European Youth Centre 1995), perché porta a considerare
i giovani adolescenti come i primi responsabili del loro apprendimento e
li sostiene nella scoperta non eterodiretta di efficaci strategie e modalità
per rapportarsi con successo alla complessa realtà culturale in cui agiscono.
Un altro fattore che sostiene la scelta di un approccio informale è co-
stituito dalle specifiche caratteristiche dell’ambiente virtuale che è stato
realizzato. Dopo la notevole attenzione rivolta alle piattaforme e-learning
a lungo considerate lo strumento più idoneo per la realizzazione e l’eroga-
zione della didattica a distanza, recentemente sembra emergere una visio-
ne in parte più critica nei confronti della portata realmente innovativa che
le piattaforme possono avere in ambito didattico e formativo. La critica
non riguarda tanto aspetti di tipo tecnico, quanto piuttosto alcuni limiti
nella loro versatilità e usabilità in rapporto agli obiettivi dell’utente. Fermi
restando tutti i noti vantaggi relativi all’abbattimento dei vincoli spazio-
temporali e alle possibilità in termini di archiviazione e distribuzione di
materiali didattici in vari formati, le piattaforme dimostrano alcuni limiti
nella effettiva capacità di promuovere l’apprendimento informale (Bona-
iuti 2006). Esse, infatti, si prestano bene, alla realizzazione di corsi online,
che da un lato presenteranno i ben noti vantaggi della didattica e-learning,
ma che, d’altra parte, rappresentano una proposta di formazione con ca-
ratteristiche tipiche dell’istruzione formale19.
La proposta di apprendimento informale realizzata con il progetto de-

19 Con ciò non si intende affatto tacciare di inefficacia la realizzazione di corsi online su
piattaforme e-learning. Specialmente per alcune tipologie di corsi, per esempio quelli di lingua
straniera (cfr. Troncarelli 2010; Torsani 2009), i vantaggi sono molteplici e dipendono non solo
dalle caratteristiche tecniche del mezzo, ma dall’approccio pedagogico e metodologico che esse
consentono (o, meglio, richiedono) di adottare. Senza che ciò implichi un giudizio di merito, è
innegabile, tuttavia, che si tratti di proposte di tipo formale.

194
Matteo La Grassa

scritto in questo contributo ha trovato il suo naturale canale di trasmis-


sione nell’ambiente virtuale realizzato che presenta caratteristiche di per-
sonalizzazione e flessibilità diverse da quelle delle piattaforme e-learning
più comunemente utilizzate in ambito didattico (Moodle e A-tutor, per
esempio); a sua volta l’elaborazione di tale ambiente, ha di fatto richiesto
che fosse adottato un approccio informale: mezzo di trasmissione della
proposta formativa e approccio metodologico si sono dimostrati, pertanto,
reciprocamente interrelati.
Concludendo, il progetto CALCOTE non ha inteso avanzare una cri-
tica all’apprendimento formale in ambito educativo e proporre approcci
diversi per favorire l’apprendimento di argomenti, come quelli delle ma-
terie curricolari, che si prestano per loro natura a essere presentati princi-
palmente in contesti educativi tradizionali. La funzione della scuola come
ambiente di accoglienza, socializzazione e apprendimento20 resta ovvia-
mente insostituibile, sebbene sia possibile e, si ritiene, opportuno, pensare
a forme di integrazione tra apprendimento formale e informale. Il proget-
to CALCOTE va, tuttavia, in un’altra direzione; ci si augura comunque
che la valorizzazione dei punti di contatto tra la proposta realizzata e i
percorsi formativi scolastici possa rappresentare un possibile e proficuo
sviluppo della ricerca sull’educazione interculturale.

6. L’ambiente virtuale

6.1. Il quadro teorico

Adottare un approccio informale all’apprendimento e servirsi degli


strumenti che possono favorirlo non implica, ovviamente, l’assenza di un
quadro di riferimento teorico, cosa che rischierebbe di generare una sor-
ta di anarchia pedagogica. L’adozione di un approccio informale all’ap-
prendimento, nei termini in cui si è cercato di definirlo nel paragrafo
precedente, non è infatti in contrapposizione con i principi che sono stati
tenuti in considerazione per la realizzazione dell’ambiente virtuale. Più

20 Si veda, a questo proposito, anche la critica di Calvani (2008) verso i troppo facili entusiasmi
nell’adozione di un modello di conoscenza connettivista in contesto scolastico istituzionale

195
Matteo La Grassa

precisamente, l’ambiente intende sostenere forme di apprendimento di


tipo collaborativo per cui l’aspetto interazionale risulta di prioritaria im-
portanza. Lo sviluppo delle competenze, dunque, non sarà generato dalla
semplice fruizione in autonomia di materiali e risorse a cui si potrà acce-
dere in vario modo, ma principalmente dalla condivisione di competenze
già possedute e dalla costruzione, mediante il dialogo e il confronto tra
gli utenti, di nuove competenze. Il quadro teorico-metodologico all’in-
terno del quale è stata sviluppata la proposta del progetto CALCOTE è
quello delle teorie di stampo costruttivista e, in particolare, del costrut-
tivismo sociale (Varisco 2002). Secondo queste teorie l’apprendimento
non è considerato un processo imitativo e autonomo ma, soprattutto,
il frutto di un processo che deve prevedere l’interazione con il gruppo
dei pari, gli strumenti e le risorse esterne21. Come è facilmente intuibile,
l’ambiente all’interno del quale sostenere questa modalità di apprendi-
mento e gli strumenti da utilizzare all’interno di questo ambiente non
hanno una incidenza trascurabile: essi consentono e, allo stesso tempo,
favoriscono un apprendimento di tipo collaborativo.

6.2. Spazi, strumenti e modalità di comunicazione

L’ambiente virtuale che è stato realizzato è un portale diviso in ma-


croaree tematiche. Ciascuna macroarea si riferisce a uno specifico aspet-
to della cultura da intendersi con l’accezione che è stata presentata nel
par. 3. Nella versione attuale l’ambiente presenta 4 macroaree (cibo e
cucina; musica; feste e tradizioni; luoghi di interesse) che sono state in-
dividuate sia tenendo conto dei principali temi trattati nei corsi di lingua
volti anche allo sviluppo delle competenze culturali, sia di indagini svolte
sul campo22.

21 Il costruttivismo sociale prevede anche l’interazione con gli esperti che tuttavia, per i motivi
esposti nel par. 5, non è stata considerata in questo progetto.
22 Sono stati, infatti, somministrati questionari a studenti di cittadinanza non italiana
iscritti nelle scuole secondarie superiori di Siena e provincia. Inoltre, sono stati somministrati
questionari a studenti non italiani iscritti ai primi anni dei corsi universitari con età compresa
tra i 21 e i 25 anni. Infine, sono stati considerati come gruppo di controllo studenti italiani di
età diverse. I questionari avevano lo scopo di indagare sull’uso dei Social Network da parte di
giovani e adolescenti e di individuare le aree tematiche da essi considerate di maggiore interesse
per realizzare uno scambio interculturale.

196
Matteo La Grassa

Al momento del primo accesso nell’ambiente è necessario perfezio-


nare una iscrizione e si avrà la possibilità di indicare la principale macro-
area di interesse culturale23. Questo implica che, a ogni accesso, si verrà
reindirizzati nella sezione di principale interesse.
In ogni sezione sono presenti tre ambienti separati e strumenti di
comunicazione diversi: un forum; un blog tematico; una chat.
Il forum è lo spazio all’interno del quale possono avvenire tutte le
interazioni relative agli argomenti afferenti alla sezione in cui ci si trova.
La funzione dei forum in contesto didattico è nota: in questo spazio,
infatti, gli utenti potranno interagire, partecipare a discussioni in cor-
so o aprire nuove linee di discussione, operando come una comunità di
apprendimento all’interno della quale ogni soggetto potrà sentirsi inco-
raggiato ad apportare il proprio personale contributo, anche nel caso in
cui abbia competenze di base inferiori a quelle degli altri24. Dovrebbe
essere limitato, pertanto, il rischio di scarsa partecipazione, grazie alla
cosiddetta «partecipazione periferica legittimata» (Varisco 2002: 117)
tipica dell’interazione in Rete: ognuno potrà contribuire alla discussione
e alla condivisione delle conoscenze del gruppo rispettando le proprie
personali modalità di interazione che possono anche prevedere un perio-
do di partecipazione solo osservativa. Per i motivi che sono stati esposti
precedentemente, il forum non sarà moderato da un tutor esterno, ma
sarà autogestito dagli utenti i quali potranno segnalare i messaggi come
inappropriati (nel caso in cui non siano coerenti con l’area di riferimen-
to) o potranno esprimere il loro gradimento rispetto a essi.
Il blog tematico è un altro fondamentale spazio di interazione. In que-
sto blog si possono inserire messaggi, foto e video correlati con il tema
dell’area in cui ci si trova. Il materiale inserito, che viene presentato in
ordine cronologico, può essere indicizzato con parole chiave: in questo
modo, inserendo le parole chiave nel motore di ricerca presente nell’am-
biente, l’utente potrà facilmente trovare i messaggi di suo interesse. Inol-

23 Tale scelta, in ogni caso, potrà essere modificata in qualsiasi momento.


24 Si intende, ovviamente, che le competenze di partenza non devono essere diametralmente
opposte. Tale condizione, infatti, è una delle cause possibili per cui si può scegliere di non
sostenere un gruppo di apprendimento in ambiente virtuale. In ogni caso, è innegabile che una
comunità di apprendimento che interagisce in Rete è caratterizzata, di per sé, da una maggiore
accettabilità di membri del gruppo con competenze di livello eterogeneo.

197
Matteo La Grassa

tre, a ogni messaggio potrà essere attribuita una valutazione con una
scala da uno a cinque: ciò favorirà il sostegno della discussione su temi
coerenti con l’area di riferimento grazie esclusivamente all’autoregola-
mentazione del gruppo. Infine, ogni utente potrà condividere qualsiasi
messaggio postato sul blog con i più comuni Social Network (Twitter,
Facebook, Google+) favorendo l’apertura dello spazio virtuale anche a
potenziali utenti esterni e allargando, in questo modo, la rete della co-
munità di apprendimento.
Uno strumento di comunicazione sincrona è la chat che può essere
utilizzata da ogni pagina del portale; essa consente di comunicare in
tempo reale con gli altri utenti online con cui si è entrati in contatto
precedentemente.
Oltre a questi strumenti di comunicazione, in ogni area sono state
inserite risorse esterne tematicamente coerenti ed è stato aggiunto un
Feed RSS che dà notifica e consente di raccogliere gli aggiornamenti di
uno o più siti di particolare rilievo per l’area all’interno della quale ci si
trova. Anche questa scelta, come la possibilità di condividere sui Social
Network gli articoli del blog tematico, va nella direzione di aprire verso
l’esterno gli spazi di discussione dell’ambiente virtuale, in un’ottica che
sostenga ancora di più l’apprendimento di tipo informale che ha tra i
suoi fondamenti, per l’appunto, la condivisione di conoscenze che non
provengono soltanto dai singoli membri della comunità, ma che sono, per
così dire, distribuite25 anche all’esterno di essa e a cui è possibile accedere
anche grazie all’ausilio di supporti tecnici (Calvani 2005).
La possibilità di accedere a risorse esterne e gli strumenti di comuni-
cazione inseriti nello spazio virtuale consentono di sfruttare pienamente
i vantaggi del Web 2.0 in termini di densità e qualità dell’interazione: si
tratta, infatti, di un tipo di comunicazione molti a molti, non eterodiretta,
che può essere realizzata in modalità asincrona (con il forum e i blog) e
sincrona (con la chat). Inoltre, la comunicazione sfrutta sistemi semiotici
diversi (testo scritto, immagini, foto e video), aspetto, questo, di grande
utilità considerati i contenuti su cui si incentrano le aree del portale.

25 La concezione che la conoscenza non venga solo costruita dal singolo o dal gruppo (come
affermato dagli approcci costruttivisti), ma esista distribuita anche al di fuori di esso, è propria
degli approcci di tipo connettivista (Siemens 2005).

198
Matteo La Grassa

Una considerazione, infine, va fatta sui potenziali rischi che possono


concretizzarsi durante le interazioni che si realizzeranno nell’ambiente
virtuale. Considerata l’età degli apprendenti e il fatto che le interazioni
non prevedono l’intervento di un tutor, i rischi sono sostanzialmente di
due ordini diversi:

- possibilità che le discussioni si focalizzino su argomenti che niente


hanno a che fare con le aree tematiche dell’ambiente;
- rischi di flaming.

Si tratta di rischi spesso insiti nella comunicazione online e la possi-


bilità di arginarli, se si manifestano, è piuttosto problematica; per questo
motivo si è cercato di adottare degli accorgimenti che potrebbero favo-
rirne il controllo. Nel primo caso, per limitare il rischio di far volgere le
interazioni verso argomenti completamente diversi rispetto a quelli pro-
posti, nei tutorial elaborati per il corretto uso dell’ambiente, si è specifi-
cato di utilizzare gli spazi e gli strumenti di comunicazione in maniera
coerente con il tema dell’area, sottolineando la differenza tra l’ambiente
del progetto CALCOTE, che ha lo scopo di sviluppare prevalentemente
la consapevolezza interculturale, e gli altri Social Network che possono
avere, invece, scopi completamente diversi.
Il rischio di flaming, ovvero che si generi una conversazione dai toni
accesi e poco rispettosi della netiquette che deve essere mantenuta nelle
interazioni online, dovrebbe essere limitato dagli stessi utenti che, come
si è accennato, hanno la possibilità di segnalare agli altri membri del
gruppo la presenza di messaggi inappropriati. Questo privilegio concesso
agli utenti dovrebbe fungere da deterrente verso i soggetti maggiormen-
te provocatori che spesso sono presenti nei gruppi che interagiscono in
Rete.

6.3. La dimensione sociale nell’ambiente

Considerati obiettivi, natura e contenuti del progetto, si auspica che il


gruppo di utenti dell’ambiente virtuale realizzato possa agire come comu-
nità di apprendimento. Da quanto si è detto finora, appare chiaro che il
progetto non intende sviluppare un apprendimento autonomo, in cui l’u-

199
Matteo La Grassa

tente da solo fruisce di risorse che gli sono messe a disposizione. Il valore
aggiunto nella creazione di un ambiente di apprendimento virtuale, infat-
ti, risiede nel sostegno che esso può dare a forme di apprendimento col-
laborativo che si generano dall’interazione di un gruppo (Trentin 2008).
Esistono gruppi di tipo diverso che interagiscono online. Prendendo
in considerazione la tassonomia proposta da Calvani (2005), si segnala
che tutti i gruppi virtuali generano forme di apprendimento collabora-
tivo, ma si differenziano per scopo, natura dell’affiliazione che li ha ge-
nerati, natura della relazione tra i membri che li compongono, coerenza
interna al gruppo e durata della loro esistenza. Tenuto conto di questi
criteri, si ritiene che gli utenti dell’ambiente che abbiamo descritto do-
vrebbero configurarsi come una comunità di apprendimento. Infatti, il
gruppo che interagisce in CALCOTE:

-- dovrà avere almeno un obiettivo condiviso (lo sviluppo della consa-


pevolezza interculturale) che costituirà anche il motivo prevalente
per cui si appartiene alla comunità;
-- si costituirà come gruppo in maniera volontaria, coerentemente con
l’approccio di tipo informale che viene proposto;
-- instaurerà una relazione di tipo prevalentemente affettivo-emozio-
nale, assolutamente paritaria tra i membri del gruppo;
-- sarà caratterizzato da una coerenza interna determinata dalla condi-
visione delle esperienze;
-- avrà una durata che dipenderà dalla sussistenza dell’interesse verso i
contenuti proposti26.

Perché un qualsiasi gruppo di apprendimento virtuale possa mettersi


insieme e conseguire obiettivi di apprendimento significativo, è neces-
sario che si verifichino delle condizioni minime. Si è già accennato, per
esempio, al fatto che se le competenze tra i membri sono fortemente
eterogenee, sebbene l’apprendimento virtuale favorisca la partecipazione
anche dei soggetti meno competenti secondo i propri stili e ritmi, biso-

26 La durata della comunità, pertanto, non potrà essere indicata a priori, ma potrà dipendere,
per esempio, anche dal rinnovato interesse dei membri del gruppo o dalla proposta di nuovi
contenuti. Inoltre, l’ambiente rimane uno spazio aperto all’ingresso di tutti i soggetti interessati
e ciò potrebbe prorogarne la durata per un periodo indefinito.

200
Matteo La Grassa

gnerà valutare con attenzione l’opportunità di creare una comunità. Un


altro aspetto da considerare è la motivazione di partenza a far parte di un
gruppo: se questa risulta assente o molto scarsa i risultati potranno essere
deludenti. Anche secondo il modello di Garrison et al. (2000) una delle
condizioni necessarie per la creazione di comunità di apprendimento è
la social presence, ovvero la condizione per cui i membri si sentono par-
te di un gruppo27. Al fine di facilitare e sostenere queste condizioni, si
ritiene che si debba fare leva non solo sull’obiettivo condiviso dai vari
membri (lo sviluppo della competenza interculturale), ma anche su un
aspetto di natura diversa che caratterizza i cosiddetti “nativi digitali”,
ovvero la tendenza a esprimere la propria individualità, aspetto palese-
mente presente nei Social Network (Besana 2012). Esprimere la propria
individualità fornendo, per esempio, alcune informazioni su se stessi e
sui propri interessi, contribuirà a far percepire l’ambiente virtuale come
non asettico e come uno tra i possibili ambienti di socialità, favorendo al
contempo la possibilità di entrare in contatto e conoscere gli altri utenti
che partecipano al progetto e, di conseguenza, incrementare le relazioni
e lo scambio interculturale. Nell’ambiente virtuale che è stato costruito
è prevista, dunque, un’area personale in cui sono presenti strumenti che
vengono descritti sinteticamente nei paragrafi seguenti.

6.3.1. Il profilo

Ogni utente dello spazio virtuale avrà la possibilità di definire un pro-


prio profilo personale, inserendo, se vuole:

-- i propri contatti (e-mail, telefono ecc.);


-- un testo introduttivo su di sé e sui propri interessi;
-- una fotografia che apparirà accanto al proprio nome, nella notifica di
ogni attività svolta nell’ambiente;
-- i siti Internet maggiormente frequentati;
-- altre informazioni sulle attività che si intendono svolgere, correlate
con i temi trattati nell’ambiente.

27 Per una sintesi dell’ipotesi relativa al ruolo giocato da Internet nella creazione di nuove forme
di socialità si rimanda a Rivoltella (2003).

201
Matteo La Grassa

Il profilo sarà visibile a tutti coloro che rientrano nella cerchia di


amicizie dell’utente. La possibilità di definire un profilo personale, lungi
dall’essere un diversivo poco collegato con i contenuti trattati, rappresen-
ta invece un fondamentale strumento per creare una identità di gruppo e
sentirsi accettati come membri di tale gruppo, condizione, questa, neces-
saria per la costruzione della comunità di apprendimento.

6.3.2. Il blog personale

Oltre al blog tematico, nell’ambiente è stato inserito un microblog per-


sonale. In questo caso, il blog è esclusivamente testuale ed è pensato per
rivestire funzioni diverse rispetto a quello tematico (cfr. par. 6.2).
In questo spazio, infatti, l’utente può sia commentare le attività svolte
dagli altri, sia inserire messaggi personali che saranno visibili e commen-
tabili dalla sua cerchia di amici. L’interazione è incentrata su contenuti
non necessariamente interrelati con quelli trattati nelle varie aree tema-
tiche e, pertanto, può avere anche una funzione importante nel rendere
più coeso il gruppo che interagisce nell’ambiente.
Rispetto ad altri strumenti, il blog si colloca in uno spazio limitro-
fo tra la dimensione personale e quella relazionale e riesce a coniugare,
inoltre, gli aspetti tradizionali della narrazione con la tecnologia digitale
(Bruni 2009). Il blog, infatti, ha una funzione simile a quella di un diario
e favorisce la presentazione di argomenti legati al proprio vissuto; a dif-
ferenza di un diario cartaceo, però, è possibile una interazione, ancorché
non totalmente libera come nel forum, tra l’autore e i suoi lettori.
Il blog è coerente con una visione connettivista del sapere (Susca, De
Kerckhove 2008): il suo utilizzo, infatti, consente e sostiene il rapporto
tra il singolo autore e i lettori; gli utenti del blog hanno, inoltre, la pos-
sibilità di commentare i messaggi e generare connessioni con altri siti e
blog, permettendo, in questo modo, uno scambio virtuoso tra autore, altri
membri del gruppo, risorse a esso esterne.
Le particolari caratteristiche di questo strumento, che stimolano la
narrazione di sé e permettono il commento e l’interazione su quanto si
scrive, potranno rivelarsi importanti soprattutto per il principale pubbli-
co di riferimento del progetto: il blog può diventare lo spazio per mettere
in atto il «metodo narrativo» (Demetrio 2009), dando all’autore la pos-

202
Matteo La Grassa

sibilità di condividere con un gruppo di cui è entrato a far parte alcune


esperienze personali, come quella della migrazione, che in altri contesti
potrebbero risultare più difficili da raccontare.
In conclusione, si ritiene che il blog personale possa rappresentare
uno strumento utile innanzitutto per valorizzare l’identità di chi lo gesti-
sce, aspetto particolarmente importante nel progetto CALCOTE, e allo
stesso tempo uno spazio, più “riservato” per sviluppare la consapevolezza
interculturale.

6.3.3. La bacheca

La bacheca è uno spazio visibile anche ad altri utenti in cui è possi-


bile tenere traccia delle proprie attività nell’ambiente e avere notifiche
sulle proposte di attività che sono state ricevute o che si sono inviate ad
altri contatti; si possono visualizzare, inoltre, le persone con cui si è in
contatto e vedere quali attività hanno svolto (se hanno inserito messaggi,
segnalato link esterni ecc.). Nella bacheca, infine, può essere espresso un
pensiero personale che apparirà a chi sarà interessato a vedere il profilo
dell’autore. La bacheca ha pertanto sia una funzione pratica, sia una ri-
caduta motivazionale: infatti, tenere traccia delle attività svolte da sé e
dagli altri, aiuta a controllare in maniera pratica e con più efficacia i temi
di discussione trattati e può risultare, anche se in maniera indiretta, un
incentivo a partecipare più attivamente alle discussioni in corso.

6.4. Spazi, strumenti e modalità per la riflessione sulla lingua

Come si è detto più volte, il progetto CALCOTE ha come obiettivo


principale lo sviluppo della consapevolezza interculturale degli utenti,
ovvero giovani migranti di nazionalità non italiana. La lingua veicolare
utilizzata nell’ambiente è l’italiano, di conseguenza tutte le interazioni
avverranno in questa lingua. Ne consegue, pertanto, che in varia misura
potranno essere sviluppate anche le competenze linguistico-comunicati-
ve in italiano28 dei giovani che partecipano al progetto. Accanto a questo

28 Non essendo prevista una forma di comunicazione orale, le abilità sviluppate saranno
prevalentemente quelle scritte.

203
Matteo La Grassa

sviluppo delle competenze, che si potrebbe definire “incidentale” nel sen-


so che non viene proposta una riflessione specifica, ne viene promosso
un altro in cui il focus risulta più chiaro: un’area dell’ambiente, infatti,
sarà dedicata esplicitamente allo sviluppo delle competenze linguistico-
comunicative. In tale area, utilizzando gli strumenti che sono già stati
descritti (cfr. par. 6.2), ciascun membro della comunità potrà esplicitare
i suoi dubbi sulla lingua italiana e ricevere dagli altri utenti risposte o
indicazioni utili per reperirle. Inoltre, coerentemente con l’approccio e
la teoria dell’apprendimento su cui si basa il progetto, saranno disponi-
bili in tutte le pagine dell’ambiente strumenti di facilitazione linguistica
come dizionari multilingui e traduttori che sosterranno lo sviluppo del-
le competenze e, allo stesso tempo, faciliteranno la comprensione degli
articoli e dei messaggi da parte degli utenti con abilità linguistiche non
ancora pienamente sufficienti a decodificarli in maniera autonoma, con
una comprensibile ricaduta in termini di maggiore partecipazione anche
di chi possiede limitate competenze, come potrebbero essere gli adole-
scenti da poco arrivati in Italia.
Infine, si segnala che l’ambiente prevede un’area specifica di intera-
zione sugli aspetti che in modo maggiormente evidente mostrano il
forte legame tra lingua e cultura. In tale area sarà possibile, sempre uti-
lizzando l’italiano, riflettere su come le lingue rappresentino uno dei più
evidenti prodotti culturali di un popolo e come esistano in ogni lingua
numerose indicazioni, principalmente di tipo pragmatico-lessicale, in
cui sono rintracciabili peculiarità proprie della cultura che le ha prodot-
te. Uno spazio che dovrebbe arrivare a suggerire, insomma, di conside-
rare le lingue non solo come un mero strumento di comunicazione, ma
anche, allo stesso tempo, strumenti di espressione di sé e di particolari
visioni del mondo, ciascuna meritevole di essere considerata di pari di-
gnità rispetto alle altre.

7. Conclusioni

Gli adolescenti e i giovani con cittadinanza non italiana presentano


profili eterogenei che vanno presi in esame in maniera diversa in base alle
caratteristiche che presentano: si tratta, infatti, di soggetti che possono

204
Matteo La Grassa

essere nati in Italia o essere arrivati nel nostro paese da tanti anni; oppure
di persone da poco arrivate in Italia e che possono già aver sperimentato
in prima persona uno o più percorsi migratori. Un atteggiamento comu-
ne nei loro confronti è quello di considerarne prevalentemente gli aspetti
correlati con le limitate competenze linguistiche: vengono spesso orga-
nizzati, per questo motivo, laboratori linguistici e corsi di lingua italiana.
Tuttavia, anche su questo piano, l’attenzione non è ancora sufficiente:
una volta conseguite le competenze linguistiche necessarie per muoversi
nei contesti di comunicazione quotidiana, si pensa erroneamente che il
giovane immigrato possa non aver più bisogno di sostegno linguistico
quando, al contrario, le difficoltà maggiori sorgono proprio nella gestione
della testualità di tipo formale usata in ambito scolastico e accademico.
Un altro aspetto, ancora più trascurato rispetto a quello linguistico,
riguarda l’inserimento29 sociale del giovane migrante raggiungibile gra-
zie allo sviluppo delle sue competenze culturali. Il progetto che è stato
esposto in questo contributo con riferimento ai suoi presupposti teorici
e ai principi metodologici, cerca proprio di dare priorità allo sviluppo
delle competenze culturali e, in secondo luogo, linguistico-comunicative
dei migranti. È nostra convinzione che un adeguato sviluppo delle com-
petenze culturali, o meglio della consapevolezza interculturale come si
è specificato nel par. 3, che preveda la valorizzazione delle identità e
delle culture di ogni soggetto, rappresenti un obiettivo da perseguire se
si vuole sostenere una società autenticamente pluriculturale. La sfida che
ci si pone con questo progetto è quella di avvicinarsi a tale ambizioso
obiettivo in maniera nettamente diversa rispetto alle modalità educative
tradizionali, avanzando cioè una proposta di tipo totalmente informale e
utilizzando le nuove tecnologie.
Non si nega che la realizzazione del progetto potrebbe dover far fron-
te ad alcune difficoltà di ordine pratico (come la disponibilità30 effettiva
delle tecnologie che richiedono connessione a Internet o le questioni re-
lative alla tutela della privacy) e, forse, anche legate alle differenze cultu-

29 Si è già chiarita all’interno di questo contributo la valenza neutra e non assimilatoria data a
termini come “integrazione” o “inserimento”.
30 Si sottolinea che la difficoltà potrebbe riguardare l’accesso alla Rete, non la capacità d’uso
delle nuove tecnologie relativamente alle quali i dati sono incoraggianti.

205
Matteo La Grassa

rali dei partecipanti; si pensa, per esempio, a forum di discussione che gli
utenti avranno la possibilità di aprire anche su argomenti potenzialmente
più conflittuali e complessi da gestire, come la religione o l’atteggiamen-
to verso la sessualità nelle diverse culture. D’accordo con Lévi-Strauss si
ritiene, tuttavia, che lo sviluppo di una società scaturisca principalmen-
te laddove sia presente un certo “scarto differenziale” delle culture dei
membri che ne fanno parte e ci si augura pertanto che anche il progetto
CALCOTE possa contribuire a far riflettere quanti vi parteciperanno
sul fatto che la eterogeneità e la differenza culturale rappresentano una
fonte potenziale di arricchimento personale e delle comunità.

206
Matteo La Grassa

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208
capitolo IX

COMUNICARE L’ITALIANO SUL


WEB.2.0: IL PROMO PIAZZA ITALIA

Eleonora Fragai
Università per Stranieri di Siena

1. Introduzione

Obiettivo di questo contributo1 è quello di fornire una serie di rifles-


sioni sulle attività promozionali del Centro FAST (Formazione e Aggior-
namento anche con Supporto Tecnologico) dell’Università per Stranieri
di Siena, il Centro di ricerca e servizi che si occupa di progettazione e di
realizzazione di corsi di formazione tramite piattaforme per l’e-learning
destinati a studenti, a docenti e a formatori di formatori su tematiche ri-
guardanti l’apprendimento/insegnamento dell’italiano L2.
In particolare, il lavoro è finalizzato a definire un progetto di formazio-
ne in italiano L2 su temi legati alle manifestazioni della cultura italiana,
sia tradizionali che contemporanee, apprezzate tra pubblici di stranieri,
con l’obiettivo di generare interesse verso la lingua e la cultura italiana.
In questa prospettiva il progetto di formazione è stato elaborato secondo
le modalità di un Promo, inteso come “vetrina” dell’offerta formativa del
Centro FAST per l’apprendimento online dell’italiano L2, gratuito e li-
beramente accessibile sulla piattaforma A-Tutor, e funzionale ad attrarre

1 Il presente lavoro è il risultato di un percorso di studio svolto nell’ambito del “Corso di


Perfezionamento Progettazione e Produzione di percorsi di apprendimento online” del Centro
FAST dell’Università per Stranieri di Siena, a.a. 2013/14, ed è stato condotto in parte insieme
a due colleghe, Paola Bolognesi e Sara Ferracin, con le quali è stata delineata l’impostazione di
massima del progetto pilota mirato alla promozione dell’italiano L2 (cfr. par. 3).

209
Eleonora Fragai

successivamente i potenziali apprendenti interessati alle proposte e ai ser-


vizi del Centro di ricerca dell’Università per Stranieri di Siena.
L’ipotesi di gestione del materiale promozionale è, inoltre, collegata alle
modalità di pubblicizzazione del Promo e, di conseguenza, dell’offerta for-
mativa in italiano L2 del Centro FAST tramite l’uso di Twitter, che ha
enormemente modificato il modo in cui gli utenti di un servizio cercano
informazioni, le condividono e prendono parte attiva nel promuovere o
meno il servizio stesso.
Il presente lavoro si articola in tre parti. Dopo la parte introduttiva,
dedicata a questioni terminologiche e alla definizione del termine “Social
Media” come iperonimo di “Social Network”, nella sezione centrale del
contributo vengono illustrati più dettagliatamente alcuni aspetti a caratte-
re metodologico riguardanti il contesto operativo per la realizzazione del
Promo. La parte conclusiva del lavoro si sofferma su alcune delle caratte-
ristiche più significative di Twitter, illustrandone le principali funzioni e le
modalità d’uso, elencate soprattutto nell’ottica di un impiego nell’ambito
della comunicazione web a scopo promozionale; viene proposto, infine, un
possibile modello d’uso di Twitter, sicuramente suscettibile di integrazioni,
esaminandone le opportunità per la diffusione dei contenuti del Promo
e di ulteriori percorsi di formazione in italiano L2 proposti dal Centro
FAST.

2. Nuovi scenari di comunicazione sul Web 2.0: Social Media e


Social Network

La rapida evoluzione delle tecnologie digitali e la diffusione di strumenti e


di risorse del Web 2.0 hanno cambiato i modi di reperire informazioni, di creare
relazioni personali, di utilizzare prodotti e servizi.
Tra i cambiamenti più evidenti, che il Web 2.02 ha introdotto – di cui Tim

2 Secondo Tim O’Reilly il Web 2.0 «is the business revolution in the computer industry caused
by the move to the internet as platform, and an attempt to understand the rules for success on
that new platform. Chief among those rules is this: build applications that harness network
effects to get better the more people use them» (fonte: http://goo.gl/G0E1G). Per una riflessione
sul significato del termine Web 2.0, caratterizzato dall’uso di applicazioni, piattaforme e software
che favoriscono la collaborazione, la condivisione e l’interazione tra utenti, e sulle differenze con
il web di prima generazione, più statico, cfr. Fratter, Jafrancesco 2010.

210
Eleonora Fragai

O’Reilly suggerisce la caratteristica principale, cioè la possibilità di usare


Internet come una vera e propria piattaforma applicativa – sono senz’altro
quelli legati allo sviluppo dei Social Media3 e alla loro dimensione interat-
tiva ad aver avuto un ruolo fondamentale nel creare ambienti sociali in
cui sia possibile «esprimere la propria identità, usufruire di servizi, creare
reticoli sociali per dialogare con gli amici, sviluppare creatività e nuove
professioni» (Lovari, Martari 2013: 2). Tra i Social Media rientra la cate-
goria specifica dei Social Network (SN), cioè servizi disponibili sul web
che permettono lo scambio di contenuti generati dagli utenti e offrono la
possibilità di «articolare e rendere visibili online le proprie reti sociali, in
un processo di selezione e/o accumulazione che crea e mette in evidenza
relazioni che raramente sarebbero attivate nella vita offline dei cittadini»
(Lovari, Martari 2013: 4).
Riguardo alla questione della distinzione terminologica tra i due
termini, «Social Media» e «Social Network», Kaplan e Haenlein (2010:
60) considerano il primo come iperonimo del secondo e includono al suo
interno i seguenti tipi di Social Media:

- collaborative projects (p. es. Wikipedia);


- blogs (diari online);
- content communities (p. es. You Tube, Flickr);
- social networking sites (p. es. Facebook, Twitter);
- virtual game worlds (p. es. World of Warcraft)
- virtual social worlds (p. es. Second Life).

I SN, considerati, dunque, come sottocategoria dei Social Media, sono


piattaforme caratterizzate da tratti in comune che li contraddistinguono
rispetto ad altri Social Media e che in Berger, Trexler (2010: 160) sono
così elencati:

- la pagina del proprio profilo (o profile page), che fornisce una descri-
zione di se stessi, attraverso la condivisione di testi, video e immagini;
- la rete di amicizie (o network of friends), che è visualizzata attraverso
una lista di contatti con i quali si è in relazione all’interno del Social
Network;

3 Per un’analisi quantitativa sulla crescita dell’uso dei Social Media a livello mondiale, cfr.
Nielsen Company 2013.

211
Eleonora Fragai

- un sistema di comunicazione pubblico (o public commenting system),


che permette di scrivere messaggi che vengono pubblicati sulla pro-
pria bacheca o sulla bacheca altrui;
- un sistema di comunicazione privato (o private messaging system), che
è utilizzato per le comunicazioni sincrone (chat) o asincrone (e-mail).

È sicuramente la facilità con cui, tramite i SN, si possono creare reti


sociali di individui, connessi tra loro per vari scopi di comunicazione
(affettivi, culturali, educativi, professionali, commerciali ecc.), che contri-
buisce a qualificare il web come social e come spazio pubblico, dove si ali-
menta lo scambio di «informazioni personali tra componenti di gruppi
di interesse per agevolare l’attivazione di relazioni sociali o professionali
tra persone» (Rotta 2008: 24), anche in modalità bottom-up, attraverso
nuove pratiche di interazione, come il social bookmarking e il tagging delle
informazioni, che ottimizzano, almeno in teoria, la condivisione e la ri-
cerca delle risorse reperite, agevolandone l’accesso in modo più dinamico
rispetto al passato4.
Con i SN gli utenti hanno così la possibilità non solo di ricevere
informazioni secondo il tradizionale approccio top-down, caratteristico
di enti istituzionali pubblici, ma anche di generare contenuti e di con-
dividerli con le community a cui appartengono, aumentando in maniera
rapida la platea di altrettanti potenziali utenti in altrettante community.
Gli enti istituzionali pubblici hanno, quindi, l’opportunità di usare nuovi
canali di comunicazione5 che implicano un ruolo attivo da parte degli
utenti chiamati a dialogare con l’ente istituzionale stesso e a partecipare a
discussioni e a conversazioni, fornendo feedback e commenti personali in
modo da instaurare un dialogo a doppio senso dovunque si trovi l’utente
e senza limiti temporali.
In questa prospettiva i SN rappresentano per gli enti pubblici, e non
solo per le aziende, una modalità semplice, veloce, efficace con cui rag-
giungere nuovi utenti, ampliare la propria community di riferimento e,

4 Su tali aspetti relativi al campo di interesse dell’Information brokering, cfr. Rotta 2008, a cui
si rinvia anche per una riflessione sui rischi che tali pratiche di interazione possono comportare
per una reale ed efficiente condivisione delle risorse nel «web semantico».
5 A questo proposito si segnalano le linee guida del Vademecum 2011, in cui si suggeriscono
buone pratiche per la gestione dei Social Media nell’ambito della Pubblica amministrazione.

212
Eleonora Fragai

al tempo stesso, sperimentare nuove forme comunicative a carattere in-


terattivo e partecipativo per attrarre i potenziali utenti e/o clienti anche
secondo dinamiche legate alla definizione di strategie di Social Media
Marketing dei propri prodotti e servizi.

3. Il Promo Piazza Italia su A-Tutor: la formazione

Delineato lo sfondo generale entro il quale si colloca questo lavoro,


occorre definirne più in dettaglio le scelte metodologiche che hanno ri-
guardato la progettazione del materiale didattico, proponibile nel forma-
to di un Promo, denominato in modo evocativo Piazza Italia. Il Promo
è pensato per la pubblicizzazione delle attività di formazione in italiano
L2, proposte dal Centro FAST e allestite sulla piattaforma open source
LCMS A-Tutor6 anche con l’integrazione di altri programmi-autore per
la realizzazione di attività didattiche (Hot-Potatoes ed Exelearning). Lo
spazio promozionale, proprio per la sua natura pubblicitaria, sarà diretta-
mente accessibile dalla pagina web del Centro FAST e utilizzabile dagli
utenti, senza iscrizione con nome utente, né password, in modalità di
autoapprendimento attraverso l’interazione esclusiva tra utente e com-
puter.
Il Promo Piazza Italia è costituito da un insieme di materiali creati
per un tipo di apprendimento “non formale”, che non si accompagna,
cioè, a una certificazione finale della competenza acquisita7, e intende
offrirsi come ponte linguistico-comunicativo e culturale per generare
interesse verso corsi di italiano L2 più strutturati che l’utente potrebbe
decidere di frequentare successivamente.
Destinatari del Promo Piazza Italia sono, pertanto, i potenziali pub-
blici di italiano L2, interessati all’offerta formativa online proposta dal
Centro FAST; in questo senso si presume che la tipologia dei futuri
apprendenti possa corrispondere a quella di un pubblico di età giovane-

6 La piattaforma open source LCMS A-Tutor «non richiede nessuna esperienza o formazione
specifica per la realizzazione di corsi e materiali in modalità e-learning ed è compatibile con
qualsiasi tecnologia standard» (Troncarelli 2010b: 41).
7 Sulla distinzione tra i concetti di apprendimento «formale», «non formale», «informale»,
rintracciabile nei documenti europei, cfr. Troncarelli 2010a.

213
Eleonora Fragai

adulta con motivazioni genericamente culturali8 e con competenze di


base nella gestione dell’e-learning.
Obiettivo generale del Promo Piazza Italia è, allora, la creazione di
uno spazio virtuale che, con maggiore visibilità rispetto ai tradizionali
strumenti di comunicazione, crei interazione e senso di coinvolgimento
tra gli utenti di riferimento interessati al contatto con contenuti cultu-
rali veicolanti l’idea di italianità. Il Promo Piazza Italia è organizzato
secondo una struttura ad albero, con nodi di navigazione espandibili in
sottolivelli, che permette all’utente di navigare in modo intuitivo attra-
verso gruppi di informazioni organizzati in modo gerarchico. I nodi di
navigazione principali sono sette e indicano gli “Ambienti” di cui si com-
pone il percorso, come indicato nella fig. 1, dove si presenta la mappa di
navigazione dei contenuti.

fig. 1. Promo Piazza Italia: mappa di navigazione.

Gli “Ambienti” del Promo Piazza Italia hanno finalità diverse


all’interno del percorso di navigazione e, sulla base degli obiettivi che
si propongono, risultano raggruppabili nelle seguenti tre categorie:
presentazione, formazione ed espansione (cfr. tab. 1).

8 Sul cambiamento dei pubblici e sulle motivazioni allo studio dell’italiano all’estero, cfr. De
Mauro et al. 2002.

214
Eleonora Fragai

Ambienti Obiettivi

Ambiente di L’Ambiente “Piazza Italia” è dedicato alla presentazione del Promo e delle modalità
presentazione: di navigazione dell’intero percorso, e non prevede attività da svolgere. In questo
Piazza Italia spazio è disponibile il collegamento alla Griglia di autovalutazione dei livelli di
competenza del Quadro comune europeo di riferimento9 (Consiglio d’Europa 2002:
34-35), necessaria all’utente per identificare il proprio profilo di competenza in
italiano L2. In questa pagina sono previsti, inoltre, l’inserimento di un tutorial
con le indicazioni per condividere contenuti sul profilo Twitter del Centro FAST,
e altri strumenti integrativi, quali un Glossario interno alla Piattaforma per la
consultazione di termini presenti nei testi e link a risorse di Rete esterne, come un
dizionario online monolingue italiano-italiano o bilingue italiano-inglese10.

Ambienti di Gli Ambienti formativi costituiscono gli spazi di lavoro veri e propri del Promo
formazione: e presentano attività incentrate su contenuti sensibili per un apprendente che si
Biblioteca, Caffè, avvicina allo studio dell’italiano con motivazioni generiche e legate alla tradizionale
Cinema, Museo, identità culturale italiana, quali la letteratura, l’arte e il cinema, ma anche a nuovi
Ristorante fenomeni culturali che rendono attrattivo lo studio della lingua italiana tra i
pubblici stranieri, come il design, la gastronomia e l’enogastronomia (De Mauro et
al. 2002; Bagna, Barni 2007).

Ambiente di L’Ambiente “Palestra” è uno spazio di raccordo tra i vari Ambienti formativi, in
espansione: cui sarà possibile reperire attività di espansione sui vari indici linguistici, presenti
Palestra nei testi del Promo e oggetto di riflessione opzionale da parte degli utenti. I
contenuti grammaticali sono volutamente sistematizzati in uno spazio a sé, proprio
perché l’obiettivo principale del Promo è la focalizzazione sui contenuti culturali;
considerata, tuttavia, la differenza di stili di apprendimento, nell’Ambiente “Palestra”
verranno proposte attività finalizzate esplicitamente alla riflessione metalinguistica,
accessibili tramite link forniti nelle schermate delle attività.

tab. 1. Promo Piazza Italia: Ambienti e obiettivi.

I cinque Ambienti di formazione di Piazza Italia hanno una struttura


modulare e ricorsiva composta da una pagina principale in cui, oltre alla
segnalazione di link a risorse di Rete esterne, autorevoli e significative
per l’approfondimento degli aspetti culturali proposti, si presentano gli
obiettivi generali che saranno affrontati e le indicazioni procedurali per
la navigazione dei contenuti distinta per profili di competenza.910
Dalla pagina principale di ogni Ambiente il percorso si ramifica, in-
fatti, in tre sessioni secondo il modello tripartito nei profili A (Utente
basico), B (Utente indipendente) e C (Utente competente) proposto dal

9 Per una lettura in chiave critica del documento europeo, cfr. Vedovelli 2010.
10 Sull’utilizzo dei dizionari in rete come risorsa per l’apprendimento autonomo, cfr. Troncarelli
2014.

215
Eleonora Fragai

Quadro comune europeo di riferimento, rispetto al quale gli utenti possono


autovalutarsi tramite la griglia di autovalutazione accessibile dalla pagina
principale dell’Ambiente “Piazza Italia” (cfr. par. 3.2).
Ogni sessione, relativa a un determinato profilo di competenza, in-
clude a sua volta la presentazione degli obiettivi specifici della sessione,
un’unica attività di comprensione scritta o orale, e un’unica attività lessi-
cale, focalizzata sulle aree lessicali presenti nel testo dell’attività di com-
prensione. Si ritiene che tale scelta sia adeguata proprio per rispondere
alle aspettative di un utente che decida di seguire il percorso del Promo,
fruibile esclusivamente in autoapprendimento a distanza e necessaria-
mente “leggero” in termini di quantità di attività da svolgere e di durata
delle stesse per prevenire l’abbandono da parte dell’utente (cfr. fig. 2)11.

fig. 2. Promo Piazza Italia: ambienti, profili di competenza, sessioni.

11 Per quanto riguarda, in particolare, il formato delle attività, la scelta della tipologia delle prove
è strettamente dipendente dal tipo di percorso formativo, fruibile in autoapprendimento, e si
basa pertanto unicamente su prove chiuse: abbinamenti, cloze, completamenti, individuazione di
informazioni, scelte multiple, riordini. Il feedback, «uno degli elementi portanti del successo dei
materiali per l’autoapprendimento» (Fratter 2004: 92), verrà fornito al termine delle attività con
la visualizzazione delle risposte corrette o sbagliate.

216
Eleonora Fragai

Il percorso del Promo è focalizzato, dunque, su obiettivi parziali della


competenza linguistico-comunicativa, che prevedono lo sviluppo dell’a-
bilità di comprensione scritta e orale, e delle conoscenze lessicali tramite
il contatto con i testi dei cinque ambienti formativi, e lo sviluppo della
competenza morfosintattica, se l’utente sceglie di navigare all’interno
dell’Ambiente “Palestra”.
In questa prospettiva il Promo non è un corso formalmente struttu-
rato secondo le varie componenti della competenza linguistico-comuni-
cativa; la progettazione dello spazio promozionale si rifà, dunque, a un
modello progettuale per obiettivi parziali, come è naturale che avvenga
nella pianificazione di un percorso formativo destinato esclusivamente
alla fruizione individuale in autonomia senza la guida di un docente o
di un tutor e in assenza di attività di tipo collaborativo con altri utenti
(Troncarelli 2010b).
Le sessioni di ogni Ambiente sono, inoltre, identificabili come blocchi
di apprendimento assimilabili a Learning Object (LO) definiti «insiemi
di elementi minimi, costituiti da un testo, un’immagine, un video, un’at-
tività ecc., che consentono l’acquisizione di abilità o conoscenze rispetto
ad un obiettivo formativo» (Troncarelli 2010b: 43). In questo senso le
attività che compongono ogni sessione presentano una delle principali
caratteristiche dei LO, l’autoconsistenza, fondata sull’autonomia didat-
tica dei contenuti a garanzia della loro riusabilità in un altro contesto
formativo e con obiettivi diversi (Fallani 2013).

4. Il Promo Piazza Italia su Twitter: la comunicazione

Definiti gli obiettivi, la struttura e le scelte metodologiche che sotto-


stanno alla progettazione del percorso formativo a scopo promozionale,
occorre individuare quali siano, tra le tante disponibili, le modalità più
adeguate per aumentare la visibilità dei contenuti del Promo Piazza Ita-
lia e dei servizi per l’italiano L2 offerti dal Centro FAST presso un più
ampio pubblico di utenti.
L’ipotesi di gestione di tali aspetti, che rappresenta uno degli obiettivi
principali di questo lavoro, si basa sulla convinzione che il Social Net-
work Twitter possa essere utilizzato con un proprio profilo dal Centro

217
Eleonora Fragai

FAST per ottenere una maggiore influenza sulla propria community e


per allargare efficacemente la fascia di potenziali utenti dell’offerta for-
mativa in italiano L2.

4.1. Twitter: caratteristiche, diffusione, funzionalità

La scelta di Twitter è giustificata dal fatto che ben si presta, per alcune
sue caratteristiche di risorsa del Web 2.0, a essere utilizzato in attività che ne
rendono opportuno l’impiego per la diffusione e la condivisione di contenuti
presso un vasto pubblico di utenti.
Che cos’è Twitter? Creato nel 2006 a San Francisco dalla Società
Odeo, Twitter è un servizio gratuito di social networking12, basato sulla
condivisione di messaggi di testo molto brevi, tweet appunto (dall’inglese
“cinguettio”), della lunghezza massima di 140 caratteri, che consento-
no di interagire con un numero illimitato di utenti in modo rapido ed
efficiente, due aspetti che hanno contribuito alla progressiva crescita di
questo SN a livello globale.
Twitter è definito anche come microblogging perché presenta alcune
caratteristiche proprie dei blog, come la presenza dei collegamenti per-
manenti e la disposizione degli interventi in ordine cronologico inverso,
nonostante il numero limitato di caratteri a disposizione nei messaggi,
che lo rende più assimilabile alla comunicazione tramite SMS, l’assenza
di tag di classificazione dei post e la portabilità dei tweet su diverse piat-
taforme siano tratti peculiari che lo differenziano dal blog (Conti 2010).
I dati quantitativi delle indagini sulla penetrazione di Twitter a livel-
lo mondiale13, soprattutto tra giovani adulti, ne confermano la crescita
tendenziale: nell’ottobre del 2013 Twitter ha avuto 232 milioni di utenti
attivi nel mese con un aumento di 14 milioni rispetto al mese prece-
dente, con un totale di 904 milioni di account registrati, mentre è stato
calcolato che sono circa 500 milioni i tweet che viaggiano ogni giorno in

12 Con tale significato è stato considerato Twitter in questo contributo, secondo l’accezione
fornita nel par. 2.1.
13 Per una panoramica, in particolare, sui dati quantitativi sull’uso e sulla diffusione di Twitter
in Italia, cfr. Della Dora 2013a.

218
Eleonora Fragai

Rete14. Riguardo allo sviluppo di Twitter nei consumi mediali, interessan-


ti sono, inoltre, i dati di indagini che registrano, rispetto agli altri SN, il
primato assoluto di Twitter se si considera la modalità di connessione da
dispositivi mobili15 (Nielsen Company 2013).
Quali sono i motivi di questo apprezzamento di Twitter da parte degli
utenti? Sicuramente fra i maggiori vantaggi di questa risorsa del Web 2.0
vanno segnalate la relativa facilità d’uso e la rapidità con cui si rendono
visibili ai propri follower informazioni e link a risorse di Rete, a condizio-
ne che se ne conosca sufficientemente la sintassi.
Dal momento che non rientra negli scopi di questo lavoro una descri-
zione dettagliata del linguaggio di Twitter, vengono presentati di seguito
(cfr. tab. 2) solo alcuni termini-chiave relativi alle principali funzioni e
caratteristiche utili alla comprensione di base di questo SN.
Per quanto riguarda, invece, l’uso di Twitter per l’apprendimento,
argomento che per il taglio dato a questo lavoro sarà solo accennato,
occorre evidenziare che, nonostante le posizioni sull’efficacia o meno della
piattaforma social siano controverse, Twitter si offre come spazio ideale
per il lavoro collaborativo in un’ottica di peer education, poiché facilita:

la ricerca e la costruzione dell’informazione, la comunicazione sintetica e


la cooperazione tra soggetti distanti, la costituzione di community con alti
livelli di interazione. A questo proposito, Twitter si rivela un ambiente propi-
zio per realizzare tale tipo di crescita parallela e cooperativa, in primo luogo
in quanto è una delle manifestazioni più semplici dell’uso delle nuove tecno-
logie, ed inoltre perché si basa sulla forma espressiva scritta, che l’insegnante
sente come particolarmente congeniale al suo stile cognitivo poiché si è for-
mato su una cultura di tipo essenzialmente testuale. In tal modo, il docente si
pone in qualità di coutilizzatore di ambienti di apprendimento già progettati
per consentire percorsi attivi e consapevoli. (Spadavecchia 2010: 121).

14 Fonte: http://goo.gl/wjYl0a.
15 Le applicazioni dei SN per i dispositivi mobili (tablet, smartphone, i-pad, i-phone, computer
portatili) sono versioni ottimizzate «che risultano generalmente più accessibili rispetto alle
versioni tradizionali. Pur presentando gli stessi contenuti e le funzionalità essenziali, le versioni
per il mobile hanno generalmente un layout estremamente semplificato e possono risultare di
più facile utilizzo anche per gli utenti che hanno una scarsa dimestichezza nell’utilizzo delle
tecnologie informatiche», (Vademecum 2011: 64). Sull’aumento dell’uso dell’audience online da
dispositivi mobili, cfr. Fratter in questo volume.

219
Eleonora Fragai

Funzione Descrizione
Following e Alla base dell’interazione su Twitter è il follow, cioè l’azione di “seguire” altri utenti
Follower in modo da riceverne il flusso di tweet nella propria homepage: i following sono gli
utenti che si è scelto di seguire, i follower sono gli utenti che seguono il loro profilo. In
particolare, i following rappresentano una risorsa importantissima per aggiornarsi sugli
argomenti che interessano maggiormente.
Tweet Il tweet è un breve messaggio di testo postato da un utente, al quale può essere allegato
un video, un’immagine, oppure un link. Il limite di caratteri fissato per ogni tweet
caricato su Twitter è di 140 caratteri.
Hashtag (#) Serve per contrassegnare, tramite il simbolo del cancelletto, l’argomento principale di un
tweet. Gli hashtag sono dei tag che possono essere inseriti nei propri tweet per indicizzare
i contenuti da evidenziare: cliccando su un determinato hashtag è possibile ricercare e
rendere visibili tutti i tweet che trattano di un certo argomento. Gli hashtag sono, dunque,
un utile strumento per cercare nuovi account da seguire e nuove conversazioni a cui
partecipare.
Mention (@) Si usa, tramite il simbolo della chiocciola, per citare nel proprio tweet altri profili di
utenti. Grazie alla mention, è possibile attirare l’attenzione sui propri contenuti: questa
funzione, infatti, comporta una notifica automatica nel profilo di chi è stato menzionato
e in tal modo si crea un collegamento tra due account con la possibilità di iniziare nuove
conversazioni. La mention è utilizzata anche come modalità di citazione, se con il tweet si
condivide un articolo, un sito o un’opinione altrui, tramite l’espressione “via @nome”.
Retweet Consente di condividere tweet di altri profili e di rendere visibile sul proprio profilo il
tweet di un altro utente che ha pubblicato un contenuto che sarà condiviso con i propri
follower; in tal caso la persona riceverà una notifica dell’avvenuto retweet.
Aggiungi un Permette di generare, tramite il tasto per il retweet, un nuovo tweet che cita integralmente
commento quello originale, ma offre anche la possibilità di aggiungere un commento di 116
caratteri e di personalizzare il testo del tweet postato da altri utenti.
Rispondi Offre la possibilità di commentare i tweet dei propri follower, cliccando sul tasto
“Rispondi” per far comparire in automatico un campo di testo con all’interno la
chiocciola, simbolo per la mention, seguita dal nome dell’utente a cui si vuole inviare la
risposta.
Preferiti Consente di salvare, dal tasto che indica la stellina, un tweet ritenuto interessante nello
spazio dedicato del proprio menu per successivi approfondimenti sui contenuti del
tweet, per esprimere il proprio accordo su un’opinione, per ringraziare quando si è stati
menzionati o per mostrare semplicemente interesse verso un altro profilo.
Liste Permette di riunire profili di utenti, non necessariamente tra i propri following, che
sono focalizzati su uno stesso ambito di interesse per monitorare e filtrare notizie e
informazioni su un argomento specifico.
URL Dato il limite massimo di 140 caratteri disponibili su Twitter, spesso gli indirizzi dei siti
abbreviati internet devono essere accorciati tramite strumenti come Google URL Shortener, che
abbreviano un URL, o lasciano che Twitter tagli in automatico il link troppo esteso.

tab. 2. Twitter: principali funzioni.

Riguardo alle molte opportunità che Twitter offre ai docenti16 e agli


studenti, ecco di seguito alcuni dei diversi modi di usare il SN per fare

16 Sulla formazione richiesta nell’ambito delle TIC al docente di lingue nella “società complessa”
cfr. Fratter, Jafrancesco 2014.

220
Eleonora Fragai

didattica, presentati, ovviamente, solo a titolo esemplificativo e come lista


aperta e continuamente aggiornabile (Barrett 2014):

- raccogliere dati su argomenti o fatti storici, geografici, scientifici da


rielaborare in relazioni o articoli scientifici;
- collazionare opinioni personali;
- riassumere in concetti chiave degli argomenti concordati;
- identificarsi in un famoso personaggio e riassumere le sue idee, punti
di vista ed esperienze;
- alternare pro e contro in relazione a un problema;
- esprimere più punti di vista diversi su uno stesso argomento o pro-
blema;
- scrivere una storia a partire da una frase comune proposta come punto
di partenza;
- trovare la collocazione geografica di altre persone chiedendo loro di
fornire le loro coordinate geografiche su Twitter;
- realizzare giochi di parole;
- raccogliere link utili su determinati argomenti.

Oltre a questi aspetti collegati a contesti formali di apprendimento,


va sottolineato, infine, il ruolo che l’apprendimento informale17 riveste su
Twitter con tutto ciò che ne consegue possibilità di essere “autori” sul web
tramite la creazione di contenuti, la condivisione degli stessi (p. es. docu-
menti, fotografie, video, siti preferiti) e l’opportunità di sviluppare svariate
forme di interazione sociale tra pari, come dimostrano l’ormai ampia let-
teratura specialistica sul tema e le tante risorse reperibili sul web18.

17 Cfr., per esempio, Buchem 2011, che introduce il concetto di apprendimento “fortuito” nel
contesto di microblogging, discutendo le implicazioni che le scoperte impreviste e inattese hanno
per un apprendimento di tipo informale secondo la modalità di ricerca serendipity.
18 Non è immediata la selezione delle molteplici risorse di Rete e dei numerosi siti utili per
approfondire temi e punti di vista relativi all’uso di Twitter per l’e-learning; a tale proposito
si rinvia a due fonti autorevoli, cortesemente segnalate dal Prof. Mario Rotta, ricche di link
a risorse esterne e di spunti di riflessione sull’impiego di Twitter nella didattica: http://goo.
gl/P9q2y2; http://goo.gl/qeRn1q. Per quanto concerne, in particolare, l’uso di Twitter per
l’insegnamento dell’italiano L2, cfr. Cotroneo 2012, utile anche per un’ampia panoramica sulla
letteratura specialistica collegata a questo tema. Sulla relazione tra Social Network ed educazione
in generale, cfr., invece, Ranieri, Manca 2013.

221
Eleonora Fragai

4.2. Comunicazione social: un’ipotesi di gestione

La focalizzazione sugli aspetti che qualificano lo stile di interazione di


Twitter rimanda all’ipotesi di gestione del percorso formativo proposta in
questo contributo e basata sull’importanza strategica del SN nel migliorare
la comunicazione a scopo promozionale del Centro FAST, aumentandone
la visibilità su più canali di comunicazione: per sostenere e incrementare la
domanda di italiano L2 è fondamentale, infatti, che le agenzie formative
istituzionali sviluppino progetti di formazione, associandoli a tecnologie in
grado di stimolare dinamiche di interazione diretta con i propri potenziali
utenti secondo modalità di comunicazione tipiche del Web 2.0. Proprio per
questa sua dimensione applicativa, il modello metodologico di riferimen-
to, basato su un’esperienza specifica realizzata per il Centro FAST, potreb-
be essere generalizzabile e proponibile con gli opportuni riadattamenti ad
altri contesti formativi per l’apprendimento dell’italiano L2 online.
Con particolare riferimento al percorso presentato in questo contri-
buto, segnaliamo che il Centro FAST potrebbe sfruttare nuove modalità
di comunicazione social per raggiungere un più vasto pubblico di italiano
L2, garantendo la fruizione condivisa su larga scala dei contenuti lingui-
stico-comunicativi e culturali del Promo Piazza Italia – accessibile gratu-
itamente dalla piattaforma A-Tutor dell’Università per Stranieri di Siena
– e pubblicizzando, allo stesso tempo, altre azioni formative non gratuite
attraverso le opportunità messe a disposizione da Twitter19.
Tramite la creazione di un proprio account su Twitter sarebbe, infatti,
possibile costruire una community di utenti e di potenziali clienti di corsi
di italiano L2, legata all’identità formativa del Centro FAST, che potrebbe
interagire e dialogare con il Centro FAST, superando in tal modo l’ap-
proccio tradizionale top-down, caratteristico delle istituzioni universitarie,
a cui spesso è associata un’idea di inaccessibilità e di complessità nella co-
municazione.
Visto da questa angolazione, Piazza Italia, allora, non sarebbe più solo
e semplicemente un contenitore di attività didattiche per l’italiano L2

19 A scopo informativo si segnala il Progetto Tweetaliano dell’Università per Stranieri di Perugia,


esperimento didattico a livello accademico che coniuga, in questo caso, la didattica dell’italiano
L2 con l’uso di Twitter, ma che sicuramente aumenta anche la visibilità dell’Ateneo perugino in
Rete, cfr. Quaggia (2013: 145-148).

222
Eleonora Fragai

volte a suscitare interesse verso percorsi didattici formali a cui iscriversi


successivamente, ma anche un catalizzatore di conversazioni su contenuti
linguistico-comunicativi e culturali che gli utenti potrebbero condurre su
Twitter, interagendo con il Centro FAST e tra loro su temi di interesse.
In concreto, il Centro FAST avrebbe la possibilità di instaurare nuove
forme di interazione con il pubblico tramite la creazione di una propria
community e di condividere su Twitter i contenuti del Promo Piazza Italia
legati ad aspetti significativi della cultura italiana. Creata la community di
riferimento – allargabile in modo esponenziale grazie ai collegamenti di
varia natura che esistono tra gli utenti – i partecipanti, a loro volta, sareb-
bero incoraggiati a co-creare contenuti, postando commenti, esprimendo
opinioni, condividendo testi, suggerendo collegamenti a siti web, divenen-
do, insomma degli User Genereted Content20, secondo un tipo di comunica-
zione multirelazionale, basato sul rapporto “molti a molti” attraverso forme
di engagement21 che contribuirebbero ad allargare la visibilità del Centro
FAST.
Perché il profilo del Centro FAST sia efficace, è fondamentale curare
l’interazione con gli utenti, seguendo le consuete buone pratiche di social
marketing su Twitter22, di cui sinteticamente si riportano alcuni suggeri-
menti per la scelta dei follower, per la selezione dei contenuti da proporre
nei tweet e nei retweet, e per la modalità di comunicazione con cui condi-
viderli.
- Chi seguire? È importante scegliere following che siano fonti di in-
formazione autorevoli e selezionare con attenzione i profili di enti, as-
sociazioni, studiosi, scuole, riviste con interessi affini e attivi nel campo

20 Tramite i Social Media e i siti open content l’utente da passivo fruitore di contenuti diventa
creatore ed elaboratore dei contenuti stessi. Ciò significa che l’«utente è abilitato alla scrittura
e può intervenire liberamente, proponendo materiali, link multimediali, riflessioni e commenti
personali, notizie, fotografie e così via» (Quaggia 2013: 142).
21 Engagement, termine chiave nell’ambito della comunicazione aziendale tramite i SN,
significa letteralmente «coinvolgimento» e indica varie azioni volte a stimolare tra gli utenti
conversazioni e interazioni sul valore e l’identità di un certo marchio o di una certa azienda,
creando un rapporto continuativo con le persone interessate. Per quanto riguarda, in generale, le
strategie di web marketing legate all’engagement cfr., tra gli altri, Cucchi 2013.
22 Sulle modalità di presenza di marchi e aziende nei Social Network, primo fra tutti Twitter,
cfr. Della Dora 2013b.

223
Eleonora Fragai

dell’insegnamento dell’italiano L2, per tenersi aggiornati sui contenuti


che interessano. Su Twitter è poi disponibile la funzione “Scopri”, nella
quale si trovano, oltre agli hashtag di tendenza e più popolari, anche i
suggerimenti utili su chi seguire, basati sulla tipologia del profilo dei
following già scelti.
- Che cosa twittare e retwittare? È fondamentale condividere nei twe-
et e nei retweet contenuti multimediali (testi, video, immagini, link)
d’interesse per la lingua e per la cultura italiana, indicizzandoli con i
relativi hashtag. Tali contenuti, nel caso che stiamo descrivendo in que-
sto contributo, sono legati ai temi culturali proposti negli ambienti del
Promo (cfr. par. 3.2), ma anche ad argomenti e notizie non strettamen-
te connessi al Promo, che possono, tuttavia, risultare interessanti per i
follower del Centro FAST (p. es. informazioni su eventi e iniziative
del Centro FAST, anche attraverso modalità di Live tweeting23, e link
a risorse web per l’italiano L2, come il sito dell’Accademia della Cru-
sca, utili per l’approfondimento di contenuti linguistico-culturali). È
importante, inoltre, usare il retweet per condividere tweet altrui, dopo
aver verificato la loro rilevanza, in modo da non risultare troppo auto-
referenziali, e tweet dei propri follower per promuovere una relazione
di interscambio con i propri interlocutori, dimostrando apertura nei
loro confronti.
- Come comunicare? È basilare utilizzare modalità di comunicazione
amichevoli, e non secondo atteggiamenti di autorevolezza tipici degli
enti istituzionali, caratterizzate sia da uno stile di tipo informativo,
contraddistinto da una posizione neutra rispetto al messaggio da tra-
smettere, sia da uno stile di intrattenimento, se si vuole trasmettere
un’emozione positiva ai propri follower (Kaplan, Heinlein 2010: 66).

L’uso di Twitter per la promozione dell’offerta formativa in italiano L2


del Centro FAST potrebbe offrire, in sintesi, interessanti prospettive di
sviluppo tramite canali di comunicazione diversi da quelli usati in passato
attraverso nuove modalità di coinvolgimento degli utenti e fondate sul

23 Con il termine Live tweeting ci si riferisce all’azione di diffondere in tempo reale via Twitter
un evento cui si sta assistendo “in presenza”; sugli obiettivi e sulle modalità di questa forma di
comunicazione cfr. Amadei (2013).

224
Eleonora Fragai

presupposto che «it seems undisputable that (Mobile) Social Media will
be the locomotive via which the World Wide Web evolves». (Kaplan,
Heinlein 2010: 68).

5. Conclusioni

Il progetto di massima per la realizzazione del Promo Piazza Italia è


stato fondato sul presupposto che, ricorrendo alle risorse messe a dispo-
sizione da Twitter, si possano ottenere risultati migliori, rispetto a quelli
perseguibili con gli strumenti tradizionali di comunicazione, in termini di
attrazione dei potenziali pubblici di italiano L2 interessati al contatto con
la lingua e la cultura italiana.
Grazie ad alcune sue caratteristiche, Twitter può essere considerato un
canale di comunicazione privilegiato per sviluppare forme di interazione
comunicativa rapide ed efficaci sui contenuti del Promo e, quindi, anche
un’utile risorsa per azioni di social media marketing e di engagement, attra-
verso le quali il Centro FAST può coinvolgere, in qualunque momento e
in modo immediato, i potenziali apprendenti di corsi che offre per l’ap-
prendimento dell’italiano L2 in contesto formale.
Nella convinzione che oggi non sia immaginabile trascurare tipi di in-
terazione sempre più veicolati e potenziati dai SN, è con questo obiettivo
che il Centro FAST potrebbe creare su Twitter una community di pubblico
dove gli utenti possono interagire tra loro, scambiare informazioni con il
proprio gruppo di pari e condividere commenti o opinioni sui contenuti
del Promo e su altri temi coerenti con essi.
Il progetto per la realizzazione di Piazza Italia, in conclusione, inten-
de offrire un contributo alla riflessione sulla diffusione di nuove risorse
comunicative basate sul Web 2.0: sfruttando, insomma, il potenziale di un
Social Network come Twitter, enti e centri che si occupano di diffusione
della lingua e della cultura italiana potrebbero affrontare in modo più ef-
ficiente alcuni aspetti che riguardano la promozione delle proprie attività
con azioni mirate ad aumentare la propria visibilità e ad ampliare, in tal
modo, le potenziali fasce di utenti interessati alla formazione in italiano L2
tramite modalità e-learning e secondo una dimensione che è all’incrocio
tra apprendimento “non formale” e “informale”.

225
Eleonora Fragai

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227
capitolo X

TRADUZIONE AUDIOVISIVA
E CONSAPEVOLEZZA PRAGMATICA
NELLA CLASSE D’ITALIANO AVANZATA
Laura Incalcaterra McLoughlin & Jennifer Lertola
National University of Ireland, Galway1

1. Introduzione

Questo articolo presenterà l’uso della traduzione audiovisiva (AVT)


finalizzata allo sviluppo della competenza pragmatica nella classe di ita-
liano lingua straniera (LS). Lo studio trae ispirazione dalla ricerca esi-
stente nel campo della (im)politeness2 e della percezione del linguaggio
emotivo tra parlanti non madrelingua (non native speakers: NNS), ma si
concentra sull’acquisizione della lingua straniera e sul ruolo della tra-
duzione audiovisiva nello sviluppo della consapevolezza e competenza
pragmatica in LS. In particolare saranno discussi l’uso dell’AVT nelle
classi di lingua, le opportunità offerte dalla piattaforma ClipFlair per
l’impiego dell’AVT nell’insegnamento e apprendimento delle lingue e
come essa può essere sfruttata per stimolare la riflessione su aspetti prag-
matici interculturali. Si analizzerà quindi l’atteggiamento degli studenti
rispetto alla traduzione del linguaggio scortese nella sottotitolazione di
un testo audiovisivo dalla seconda (L2) alla prima lingua (L1) e le impli-
cazioni per l’acquisizione della LS.
Si ritiene che la riflessione sulla percezione dell’impatto emotivo di

1 Pur essendo il frutto di una riflessione comune, il lavoro risulta così suddiviso: Incalcaterra
McLoughlin è autrice dei parr. 1, 3, 5; Lertola è autrice dei parr. 2, 4, 6.
2 In italiano (s)cortesia.

228
Laura Incalcaterra McLoughlin & Jennifer Lertola

bestemmie e altri tabù o espressioni volgari e sulla loro equivalenza (o


meno) in traduzione possa aiutare a migliorare la capacità degli studenti
di comunicare in modo appropriato in un determinato contesto inter-
culturale. Si ritiene inoltre che la traduzione audiovisiva, in particolare,
possa risultare estremamente utile a tale fine, dal momento che i testi
su cui gli studenti lavorano, forniscono esempi di atti di comunicazione
orale in situazioni realistiche.
Nonostante sia stato ampiamente dimostrato che il linguaggio filmi-
co si differenzia dalla conversazione spontanea, il dialogo audiovisivo ap-
pare comunque estremamente efficace nell’apprendimento delle lingue
(Pavesi 2012), specialmente se usato in situazioni in cui l’accesso a input
spontaneo è limitato e la comunicazione è confinata all’interazione in
contesto scolastico, separato dalla realtà linguistica dell’ambiente in cui
si vive. Barón Parés nota come «una gran parte della ricerca svolta finora
nel campo dell’ILP (Interlingual Pragmatics) sia generalmente imposta-
ta in contesti naturali o di esperienze all’estero»3 (2012: 175) piuttosto
che in situazioni di apprendimento della lingua straniera in classe. Il pre-
sente articolo si concentra invece proprio su queste ultime, riconoscendo
la differenza tra apprendimento di una lingua in contesti LS e L2.
Mey osserva che la pragmatica non è «limitata agli aspetti grammati-
calmente codificati della lingua» (2001: 6) in quanto l’atto comunicativo
è influenzato anche dal contesto situazionale. A questo proposito, con-
sideriamo i testi audiovisivi come un ottimo strumento per introdurre
la riflessione sugli aspetti pragmatici della lingua straniera ed eventual-
mente svilupparne consapevolezza e competenza poiché essi rappresen-
tano atti comunicativi orali dinamici e completi di elementi linguistici,
paralinguistici, extralinguistici e culturali.

2. AVT nelle classi di lingua: metodologia e strumenti

Audiovisual Translation (AVT) indica il trasferimento linguistico nei


media audiovisivi ed è generalmente diviso in due modalità: captioning e
revoicing. Captioning comprende tutte le forme di inserimento di scrittu-

3 Tutte le traduzioni sono a cura delle autrici.

229
Laura Incalcaterra McLoughlin & Jennifer Lertola

ra nel testo audiovisivo: nuvolette, testo a fianco dell’immagine, interti-


toli e sottotitoli. Il revoicing invece comprende tecniche di trasferimento
orale del parlato audiovisivo quali il doppiaggio e il voice-over. La sot-
totitolazione è la forma di captioning più conosciuta e consiste nel tra-
sferimento del parlato in forma scritta, è pertanto una traduzione con-
densata del testo parlato originale e, come già accennato, può essere sia
intralinguistica che interlinguistica. La sottotitolazione interlinguistica
implica traduzione e può essere standard (L2L1) o inversa (L1L2).
Quella intralinguistica, invece, è una trascrizione condensata del discor-
so originale, nella stessa lingua. Per quanto riguarda il revoicing, invece, il
doppiaggio è la traduzione, adattamento e registrazione della traccia au-
dio originale in una lingua differente. Il voice-over è la registrazione della
traduzione del dialogo originale, il cui volume non viene completamente
azzerato per cui esso è ancora presente in sottofondo.
L’utilizzo di materiale audiovisivo nell’apprendimento delle lingue è
una pratica ampiamente diffusa e sin dagli anni Ottanta del Novecen-
to materiali autentici e non autentici sono stati accompagnati da sot-
totitoli per facilitarne la comprensione. Nel corso degli anni, vari studi
hanno dimostrato il valore pedagogico dell’esposizione sia a sottotitoli
intralinguistici sia interlinguistici per il miglioramento della compren-
sione orale e scritta, della produzione orale oltre che dell’acquisizione
di aspetti grammaticali e dell’ampliamento lessicale. Grazie al crescen-
te interesse da parte di ricercatori e insegnanti per l’uso dei sottotitoli
nell’apprendimento e grazie allo sviluppo di nuove tecnologie, la sotto-
titolazione attiva da parte degli studenti è ormai una realtà. Negli ultimi
dieci anni studi empirici hanno dimostrato gli effetti positivi dell’uso
della sottotitolazione, per l’acquisizione del lessico (Bravo 2010; Lertola
2012), per lo sviluppo della comprensione orale (Talaván 2010, 2011;
Talaván, Rodríguez-Arancón 2014b) e della produzione scritta (Talaván,
Rodríguez-Arancón 2014a) ma anche della consapevolezza (inter)cultu-
rale (Borghetti, Lertola 2014) e pragmatica (Incalcaterra McLoughlin
2009). La traduzione audiovisiva, e in particolare la creazione dei sot-
totitoli, oltre a favorire l’apprendimento linguistico può essere usata ef-
ficacemente per evidenziare aspetti pragmatici della comunicazione che
altrimenti non sarebbero notati. Infatti durante il processo di sottoti-
tolazione - traduzione e sincronizzazione dei sottotitoli con il video ri-

230
Laura Incalcaterra McLoughlin & Jennifer Lertola

spettando limiti spaziali e temporali - gli apprendenti devono analizzare il


contesto in cui avviene la comunicazione, capire e trasmettere il messaggio
in modo appropriato.
La Commissione Europea ha riconosciuto il potenziale della sottotito-
lazione attiva finanziando progetti volti alla creazione di strumenti tecno-
logici pensati specificamente per l’apprendimento delle lingue. Il progetto
Learning via Subtitles (LeViS), iniziato nel 2006 all’interno del program-
ma Socrates LINGUA 2 e conclusosi nel 2008, ha sviluppato un prototipo
di software per sottotitolare (LVS) che permetteva agli insegnanti di creare
attività riutilizzabili e promuoveva la comunicazione con gli apprendenti.
Nel periodo 2011-2014 la Commissione ha sostenuto un nuovo progetto,
ClipFlair4, tramite il programma Lifelong Learning dell’Unione Europea.
ClipFlair amplia l’ambito di impiego della traduzione audiovisiva nell’in-
segnamento e apprendimento delle lingue, in quanto permette di svolgere
attività non solo di sottotitolazione (captioning) ma anche di doppiaggio,
voice-over, audiodescrizione, narrazione, ecc. (revoicing), offrendo quindi
l’opportunità di esercitarsi in compiti e contesti molto diversi tra loro.

2.1. La piattaforma ClipFlair

I partner ClipFlair hanno creato una piattaforma, accessibile dal sito


http://clipflair.net/.
La Home page permette di accedere a una serie di risorse: una galleria di
attività già pronte e selezionabili attraverso diverse funzioni di ricerca (li-
vello di competenza linguistica, età, argomento, ecc.), una galleria di video e
immagini, ClipFlair Social Network e ClipFlair Studio. Il “Social” ospita la
comunità di Social Network e include vari tutorial, blog, forum e gruppi di
interesse specifico, permettendo così agli utenti di reperire materiale espli-
cativo, condividere il proprio lavoro, formare gruppi, cooperare e interagire.

4 Per approfondimenti si rimanda al sito: http://clipflair.net/ (ultimo accesso:15.05.2015).


ClipFlair rappresenta uno sviluppo del precedente progetto LeViS e alcuni dei partner hanno
fatto parte del consorzio di dieci università che lo ha realizzato: Universitat Pompeu Fabra
(Spagna), Computer Technology Institute (Grecia), Universitat Autònoma de Barcelona
(Spagna), Imperial College London (Regno Unito), Universitatea “Babeş-Bolyai” (Romania),
Universidad de Deusto (Spagna), Taillinn University (Estonia), University of Warsaw (Polonia),
Universidade do Algarve (Portogallo) e National University of Ireland (Galway, Irlanda).

231
Laura Incalcaterra McLoughlin & Jennifer Lertola

Lo “Studio” invece è l’area di lavoro, in cui è possibile creare e mani-


polare le attività (cfr. fig. 1). Qui gli autori delle attività possono inserire
riquadri (components) che contengono video, testo, sottotitoli, esercizi di
revoicing, immagini e mappe.

fig. 1. L’interfaccia dello “Studio” di ClipFlair.

Il progetto contiene oltre 300 attività per tutti i livelli del Quadro
Comune di Riferimento per le Lingue (2001) e una varietà di lingue
europee ed extraeuropee. Le attività ClipFlair sono pensate per varie
modalità di apprendimento (guidato o auto-apprendimento, in classe
o a distanza) e per contesti diversi (università, scuole, corsi per adulti).
Inoltre, la piattaforma ClipFlair è estremamente versatile in quanto è ac-
cessibile online e non richiede pertanto l’installazione di alcun software5.

5 È tuttavia necessario avere installato Microsoft Silverlight sul proprio computer. Questo
software gratuito è scaricabile dal sito https://www.microsoft.com/silverlight/

232
Laura Incalcaterra McLoughlin & Jennifer Lertola

3. Quadro teorico

Gli atti linguistici sono modellati da regole sociolinguistiche e rispon-


dono a obiettivi funzionali. La comprensione di queste regole e obiettivi
è indispensabile se un apprendente intende interagire in modo appro-
priato e significativo in un ambiente in cui si parla una lingua straniera.
Parolacce e volgarità sono aspetti peculiari degli atti linguistici il cui uso
e la cui distribuzione nel parlato dipendono da variabili sociolinguistiche
quali l’età degli interlocutori, il sesso, lo stato sociale, il contesto ecc., ma
sono atti a cui raramente gli apprendenti vengono esposti nella classe
di LS. Eppure il linguaggio volgare e osceno è utilizzato spesso e ha un
considerevole peso connotativo.
La ricerca sulla frequenza d’uso delle parolacce nell’inglese parlato ha
prodotto risultati diversi, attribuibili alle diverse interpretazione di cosa
costituisca una parolaccia (Beers Fägersten 2012). Per quanto riguar-
da l’italiano, nel loro Lessico di frequenza dell’italiano parlato, De Mauro
et al. (1993) posizionano l’espletivo “cazzo” al numero 722 su 500.000
token. Non sembra quindi superfluo o fuori luogo includere una rifles-
sione sull’uso – e sull’intenzione che sottende all’uso – di parolacce e
altre espressioni scortesi nell’insegnamento della lingua straniera. Natu-
ralmente, il linguaggio scortese va presentato all’interno di un contesto
e non in isolamento, in quanto è il contesto che determina il grado di
offensività percepita di un’espressione (Beers Fägersten 2007: 32).
Le parolacce sono espressioni linguistiche che rivestono svariate fun-
zioni (Dewaele 2004), in quanto esse possono sottolineare non solo un
comportamento aggressivo ma anche, per esempio, il livello di coesione
di un gruppo sociale, e aiutano a stabilire il grado di informalità degli atti
comunicativi. Jay e Jenschewitz (2008) sostengono che queste espressioni
hanno impatto maggiore nella madrelingua, mentre il loro impatto di-
minuisce progressivamente quando si passa alla seconda, terza lingua e
così via. Gli autori dimostrano anche che i parlanti madrelingua «sono
più sensibili all’influenza delle variabili contestuali in scenari imprecativi
rispetto ai non madrelingua» ( Jay, Jenschewitz 2008: 284) e definisco-
no le variabili contestuali come «la relazione tra parlante e ascoltatore,
l’ambientazione fisica e sociale, l’argomento della discussione» ( Jay, Jen-
schewitz 2008: 285).

233
Laura Incalcaterra McLoughlin & Jennifer Lertola

Harris et al. (2003) affermano che le differenze emotive tra L1 e L2


sono generate dal contesto in cui avviene l’acquisizione della lingua stes-
sa. Mentre la L1 viene generalmente appresa in contesti familiari in cui
emozioni potenti sono fortemente radicate, la L2 è solitamente imparata
in ambienti più neutri, come la scuola o il lavoro, e quindi tende a essere
associata a nozioni di controllo e autonomia. In linea con i risultati di
studi precedenti svolti su parlanti monolingui, la ricerca psicologica di
Harris et al. mostra che le parole tabù suscitano forti reazioni involonta-
rie e, di nuovo coerentemente con precedenti studi su parlanti bilingui,
che i parlanti bilingui provano più ansia quando incontrano parole tabù
in L1 piuttosto che in L2. Ulteriori ricerche dimostrano che parolacce e
altre parole tabù influiscono positivamente sulla ritenzione mnemonica.
Lieury et al. (1997) hanno dimostrato che in test di richiamo mnemoni-
co differito queste parole avevano quattro volte più probabilità di essere
ricordate rispetto a parole neutre.
Ciò considerato, in questo articolo ci proponiamo di verificare se
aiutare gli studenti a notare le “variabili contestuali” possa influenzare
la loro percezione dell’impatto di parolacce e altre espressioni scortesi
e aumentare la loro consapevolezza pragmatica in LS e se questo, a sua
volta, possa influenzare le loro scelte traduttive.
Si tiene a precisare che traduzione va intesa qui come attività peda-
gogica, secondo la definizione di Klaudy (2003): un esercizio funziona-
le all’acquisizione della lingua, in cui il testo tradotto è strumentale al
raggiungimento di una maggiore competenza linguistica. La traduzione
nell’apprendimento della lingua è stata in linea di massima trascurata
dalla linguistica applicata. Tuttavia, negli ultimi anni una nutrita schiera
di ricercatori ne suggerisce l’uso per migliorare l’apprendimento della
lingua in una prospettiva comunicativa.
Källkvist (2004) discute degli effetti della traduzione sulla compe-
tenza in L2 e sostiene che la traduzione coinvolga gli apprendenti in un
processo cognitivo profondo che ne aumenta la ritenzione mnemonica.
Inoltre uno studio sperimentale di Laufer e Girsai (2008) rivela che l’in-
segnamento del lessico trae vantaggio da una prospettiva interlinguisti-
ca, che comprenda la traduzione e il confronto con la L1 dell’appren-
dente. Anche Laviosa e Cleverton (2006) propongono una metodologia
per l’acquisizione lessicale e grammaticale basata su traduzione e attività

234
Laura Incalcaterra McLoughlin & Jennifer Lertola

di mediazione linguistica autentiche. House definisce la traduzione una


«pratica pragmatico-comunicativa» (2008: 137) e ne consiglia l’uso per
promuovere la competenza pragmatica nelle classi di lingua. L’autore
suggerisce di proporre agli apprendenti un’ampia gamma di attività tra-
duttive mirate alla ricerca di equivalenza pragmatica attraverso l’analisi
della relazione tra «le forme linguistiche e le loro funzioni comunicative»
(House 2008: 147).
Le traduzioni sono atti comunicativi che rivestono una funzione prag-
matica in quanto permettono alla comunità target di comprendere testi
originariamente prodotti per una diversa comunità linguistica. Quindi,
perché esse abbiano rilevanza per gli apprendenti e possano aiutarli ad
aumentare la loro competenza comunicativa, le attività di traduzione de-
vono poter realizzare questa funzione pragmatica. Ed è proprio in questa
ottica che si inseriscono le attività di traduzione audiovisiva.
Come già accennato, la ricerca sull’uso di attività di traduzione au-
diovisiva nella classe di L2/LS si è concentrata principalmente sugli
effetti della sottotitolazione interlinguistica sull’ampliamento lessicale,
sullo sviluppo della comprensione orale e della produziona scritta ma
scarsa attenzione è stata prestata invece agli effetti della sottotitolazione
interlinguistica sullo sviluppo della consapevolezza e competenza prag-
matiche in apprendenti di L2/LS. Uno studio condotto da Incalcaterra
McLoughlin (2009) suggerisce che, nello svolgere attività di sottotito-
lazione, anche studenti con livelli di competenze linguistiche più bassi
(A1-B1 del QCER) diventano consapevoli delle caratteristiche pragma-
tiche del testo originale.
Lo studio qui presentato riprende questa precedente ricerca e fa parte
di un progetto più ampio che mira a stabilire gli effetti della sottotito-
lazione sull’acquisizione lessicale nelle classi di lingua straniera. Ogget-
to di analisi è qui il comportamento degli apprendenti nella traduzione
del linguaggio scortese durante la sottotitolazione standard (L2→L1).
Come già ricordato, Jay e Jenschewitz osservano un impatto maggio-
re delle parolacce nella lingua madre. Nella nostra ricerca , gli studen-
ti dovevano sottotitolare un testo audiovisivo che comprendeva alcuni
espletivi volgari. Pertanto essi si trovavano di fronte espressioni volgari
presumibilmente a impatto minore – in quanto presentate nella LS – e
dovevano trasferirle in un contesto a impatto maggiore, la loro L1. Lo

235
Laura Incalcaterra McLoughlin & Jennifer Lertola

scopo era vedere come gli studenti reagivano alla presenza di parolacce
e altre espressioni scurrili presentate in LS e come si comportavano nel
tradurle. L’ipotesi di ricerca era che se l’impatto emotivo delle parolacce
è più alto in L1, allora la loro traduzione da LS a L1 dovrebbe produrre
una versione indebolita dell’originale.

4. Lo studio

Lo studio che andiamo a presentare consiste nella sottotitolazione


da parte di studenti di italiano L2 di una scena tratta da un film italiano
in cui sono presenti diversi esempi di linguaggio scortese. Esporremo
quindi il contesto dello studio, la scelta del testo audiovisivo e l’analisi
del linguaggio scortese effettuata prima dell’inizio della fase sperimen-
tale della ricerca. Infine discuteremo le scelte traduttive dei partecipanti.
Lo studio è articolato in due indagini condotte presso la Natio-
nal University of Ireland, Galway. Alla prima hanno partecipato cinque
studenti del corso di laurea Bachelor of Commerce International (Ho-
nours), quattro ragazze e un ragazzo, con livello di italiano A2. L’età
media era di 19 anni e la madrelingua l’inglese. Questi studenti hanno
lavorato in gruppo e i sottotitoli sono frutto della loro collaborazione. Li
identificheremo pertanto come gruppo dei sottotili collaborativi (SC).
Alla seconda indagine hanno partecipato quindici studentesse del se-
condo anno del corso di laurea Bachelor of Arts (Honours). Erano tutte
ragazze con una età media di 23 anni e anche il loro italiano era di livello
A2. Undici studentesse erano di madrelingua inglese, una francese, due
tedesca, una portoghese e una spagnola. In questo caso il lavoro è stato
individuale. Le studentesse che non erano di madrelingua inglese, quin-
di, traducevano dalla L3 alla L2. All’interno di questo gruppo identifi-
cheremo i sottotitoli individuali delle madrelingua con SI e i sottotitoli
individuali delle non-madrelingua con SI-NNS.
Dopo alcune lezioni in cui venivano illustrati i fondamenti teorici
della sottotitolazione e le caratteristiche tecniche del software da uti-
lizzare, gli studenti hanno guardato una scena del film comico Manuale
d’amore. La scena selezionata mostra il personaggio principale, il giovane
Tommaso, che sostiene senza successo una serie di colloqui di lavoro e

236
Laura Incalcaterra McLoughlin & Jennifer Lertola

poi incontra casualmente due ragazze quando un gatto nero attraversa la


strada davanti a lui. Questa breve sequenza è stata scelta perché l’età dei
personaggi è simile a quella degli apprendenti coinvolti e la situazione
descritta non è lontana dalla loro realtà. Viaggiando in Vespa, Tommaso
narra in prima persona e commenta gli eventi della sua vita rivolgendosi
a un pubblico immaginario, ma il monologo è interrotto dai dialoghi
che si svolgono durante i colloqui di lavoro e, più tardi, durante il suo
incontro con Giulia e Carlotta. Il linguaggio scortese è presente sia nel
monologo narrativo che nel dialogo con le due ragazze.
Al fine di classificare gli enunciati scortesi contenuti nel testo au-
diovisivo, ci siamo avvalse delle “superstrategie” identificate da Culpeper
(cit. in Culpeper et al. 2003: 1554-1555) incrociandole con la classifica-
zione delle imprecazioni fornita da Jay (1992, 2000). Culpeper elenca le
seguenti cinque superstrategie:

Bald on record impoliteness. Quando l’intenzione del parlante è quella di


attaccare la “faccia” dell’interlocutore.

- Positive impoliteness. Il parlante adotta una serie di strategie per


danneggiare la “faccia positiva” dell’interlocutore, cioè il suo desiderio
di essere accettato e approvato dagli altri. Tali strategie includono l’uso
di marcatori di identità inappropriati, l’uso di espressioni tabù, ecc.
- Negative impoliteness. Il parlante adotta una serie di strategie per
danneggiare la “faccia negativa” dell’interlocutore, cioè il suo desiderio
di non vedere invaso il proprio spazio personale. Le strategie utilizzate
in questo caso comprendono condiscendenza, scorno, ridicolizzazione,
l’associazione dell’altro a concetti negativi ecc.
- Sarcasm/mock politeness. Il parlante utilizza forme di cortesia
palesemente false, ipocrite.
- Withhold politeness. Il parlante tace o non si comporta cortesemente
come l’interlocutore si aspetterebbe.

Jay invece analizza l’uso offensivo delle volgarità in contesti situa-


zionali reali: «La parolaccia soddisfa i bisogni emotivi del parlante e in-
fluisce emotivamente sull’ascoltatore» ( Jay 2000: 9). Tuttavia la scurri-
lità non è sempre usata come insulto ma può servire da intensificatore

237
Laura Incalcaterra McLoughlin & Jennifer Lertola

grammaticale impiegato per amplificare la forza di un enunciato e, a


livello interpersonale, sottolineare l’atteggiamento negativo del parlante
rispetto all’ascoltatore (Culpeper et al. 2003: 1561). Jay propone quindi
una categorizzazione delle espressioni volgari che si inseriscono nella
strategia della positive politeness di Culpeper. Le categorie identificate
da Jay sono: profanità, blasfemia, tabù, volgarità, slang, epiteti, insulti
e diffamazione, e scatologia. Data la rilevanza di queste categorie per
la nostra analisi sia del testo audiovisivo che dei sottotitoli dei soggetti
coinvolti, ne forniamo qui di seguito una breve descrizione e le iniziali
identificative, che useremo poi per classificare le occorrenze di impolite-
ness nel testo di partenza e in quelli di arrivo.
Profanità (P) è l’uso di terminologia religiosa che non rispetta le fedi
religiose. Diverse espressioni comuni usano terminologia religiosa non
per denigrare la religione ma solo per ignoranza o indifferenza. La bla-
sfemia, invece, è un attacco consapevole ad una religione.
Tabù (T) comprende linguaggio osceno che normalmente crea im-
barazzo e il cui uso in pubblico è limitato da restrizioni esplicite – per
esempio la censura televisiva, giornalistica ecc. – o implicite – come nel
caso di genitori che evitano l’uso di terminologia specifica parlando di
organi genitali con i loro bambini (Arango, cit. in Mercury 1995).
Oscenità (O) è il linguaggio considerato offensivo dalla legge o da
un’autorità. Si riferisce spesso, ma non esclusivamente, a espressioni di
natura sessuale.
Volgarità (V) non è necessariamente oscena, profana o indecente. Il
termine denota piuttosto il linguaggio più comune, non sofisticato, di
classi sociali basse.
Slang (S) è il linguaggio che contraddistingue un gruppo sociale, de-
finito per età, sesso, specializzazione professionale, localizzazione geo-
grafica ecc.
Epiteti (E) sono tirate di linguaggio emotive, generalmente causate
da rabbia e frustrazione. Sono interiezioni di una o due parole (cavolo,
dannazione ecc.) non necessariamente rivolte a un interlocutore in par-
ticolare.
Insulti e Diffamazione (I&D) sono attacchi verbali intenzionali rivol-
ti contro l’interlocutore, usati con l’intenzione di ferirlo. Gli insulti fanno
riferimento a caratteristiche fisiche, mentali o psicologiche dell’interlo-

238
Laura Incalcaterra McLoughlin & Jennifer Lertola

cutore, siano esse reali o immaginarie (grassone, imbecille, ecc.), mentre


la diffamazione può essere etnica, razziale o sociale e rivela pregiudizi o
stereotipi (negro terrone, ecc.).
Scatologia (SC) si riferisce a termini che descrivono escrementi e i
processi fisici a loro collegati. Sono particolarmente comuni nel linguag-
gio dei bambini (pipì ecc.).
Facendo riferimento incrociato alle strategie di Culpeper e alle cate-
gorie di Jay, abbiamo creato una griglia di analisi del testo audiovisivo di
partenza. Dopo aver trascritto il testo parlato, abbiamo usato le super-
strategie della impoliteness elencate da Culpeper per identificare gli atti
scortesi. Abbiamo poi applicato le categorie di Jay per effettuare un’ulte-
riore e più affinata analisi dei casi di positive impoliteness, come mostrato
nella tabella 1 (le occorrenze di linguaggio scortese sono evidenziate in
corsivo, categorizzate e numerate).

Bald on record Positive impoliteness Negative Sarcasm


impoliteness impoliteness

Dai vai và! Vai! che cazzo può accadere di peggio? (T-1) Sì, però bello Complimenti!
Vai! Vai! Vai ti fatti curare per-
prego, vai! Ho Hai beccato la giornatina sbagliata, stron- ché sei troppo Allora signo-
capito perfetta- za! (I&D-1) nervoso! rino! Defilé.
mente che gioco Va bene? Così
Madonna Santa! (P-1) la sfiga me
stai a fa’! Quindi
vai! Sei un’egoista del cazzo, sei! Capito? Un’e- la prendo io
goista del cazzo! (I&D-2) invece che te!
La sfiga è tua, Anzi l’ho presa
capito? Pigliala e Oh, ma che cazzo vuoi? (T-2) doppia perchè
impara a vivere! Ma quale gatto nero, coglione? (I&D-3) il gatto nero era
il mio!
È sto cretino che dice il gatto nero, la
sfiga del gatto nero, deficiente! (I&D-4)
Oggi va tutto di merda (SC-1)
Una figura di merda (SC-2)
Cretino! Cretino! Sei veramente un cretino!
Cretino! (I&D-5)
Cretino. (I&D-6)
Oh Madonna! Oh Madonna! Oh Ma-
donna! Oh Madonna! (P-2-4)

tab. 1. Analisi di linguaggio scortese in una scena di Manuale d’amore.

239
Laura Incalcaterra McLoughlin & Jennifer Lertola

Nel dialogo audiovisivo della scena selezionata, abbiamo identificato


quattro delle otto categorie di imprecazioni proposte da Jay: tabù (caz-
zo), insulti e diffamazione (stronza, egoista del cazzo, coglione, cretino, de-
ficiente), profanità (Madonna santa, Madonna) e scatologia (merda).

5. Traduzioni del linguaggio scortese

La parola italiana tabù cazzo appare in due frasi del dialogo audiovisi-
vo. Nella prima frase, la parola tabù esprime lo stato emotivo del parlante
che, in seguito al suo colloquio di lavoro infruttuoso, si rivolge retorica-
mente al suo pubblico immaginario chiedendo che cazzo può accadere di
peggio? Nella sua traduzione in inglese, il gruppo SC omette l’espressione
offensiva (what else could go wrong now?), così come la maggior parte
delle studentesse nei gruppi SI e SI-NNS. Solo quattro soggetti hanno
mantenuto il linguaggio offensivo nella traduzione, optando in tre casi
per hell (con variazioni di what the hell...?) e in un caso per shit (can this
shit get any worse?).
Nella seconda frase, l’espressione tabù serve a esprimere la rabbia del
parlante nei confronti dell’interlocutore: ma che cazzo vuoi? Il protago-
nista, Tommaso, fraintende l’intenzione di una delle due ragazze che si
ferma di fronte alla casa della sua amica, pensando che si sia arrestata per
farsi sorpassare da Tommaso proprio mentre un gatto nero attraversava
la strada, in modo che la sfortuna associata al gatto toccasse Tommaso e
non lei. Tommaso, frustrato e irritato, diventa verbalmente aggressivo nei
confronti della ragazza, che non ha alcuna idea a cosa lui si stia riferendo.
La ragazza quindi risponde arrabbiata all’aggressione verbale. Anche in
questo caso gli studenti del gruppo SC hanno deciso di escludere il lin-
guaggio offensivo dalla loro traduzione (what do you want?). I gruppi SI
e SI-NNS invece hanno usato la traduzione fuck in 13 casi e hell in due
casi (uno ciascuno per entrambi i gruppi), mentre in un solo caso il tabù
è stato eliminato (what do you want?) da uno studente appartenente al
gruppo SI.
Il dialogo audiovisivo presenta anche un certo numero di insulti
durante la colluttazione verbale tra i due personaggi, Tommaso e Car-
lotta, che si contrattaccano animatamente nel reciproco tentativo di sal-

240
Laura Incalcaterra McLoughlin & Jennifer Lertola

vare la faccia. Nel suo monologo interiore, Tommaso offende Carlotta


chiamandola stronza e poi continua a voce alta Sei un’egoista del cazzo,
sei! Capito? Un’egoista del cazzo! Questa volta il gruppo SC ha tradotto
entrambi gli insulti mantendo un’espressione di impatto simile nel caso
del monologo interiore ma usando un’espressione figurativa a impatto
minore per il secondo insulto: You’re a selfish cow, so you are! Understand?
A selfish cow!. Negli altri due gruppi, nove studentesse hanno mantenu-
to bitch nella prima frase, tre hanno completamente eliminato l’insulto
(due SI e un SI-NNS) e un altro ha invertito la direzione dell’insulto
rivolgendolo al parlante piuttosto che all’interlocutore: you got the wrong
ass today (SI-NNS). Per quanto riguarda la seconda frase, entrambi i
gruppi SI e SI-NNS hanno tradotto il linguaggio scortese con fucking
selfish, selfish bitch, una combinazione dei due termini, e selfish prick (una
traduzione non adeguata visto che l’insulto era rivolto alla ragazza). In
due casi, tuttavia, la traduzione non presentava alcuna oscenità (You are
selfish! Understand! You are selfish!). Questa soluzione è stata scelta da due
studentesse del gruppo SI, che non sono le stesse che avevano preceden-
temente evitato l’oscenità.
Gli insulti personali sono generalmente seguiti da una smentita se-
condo un meccanismo di offesa-difesa o offesa-offesa (Culpeper et al.
2003). Infatti, confusa e irritata dalle accuse di Tommaso, Carlotta con-
trobatte chiedendo Ma quale gatto nero, coglione? Il gruppo SC ha di
nuovo mantenuto l’insulto: But what black cat, asshole?. Una studentessa
SI e una SI-NNS hanno rimosso del tutto l’espressione offensiva (But
which black cat?, But what black cat?). Delle tredici studentesse che hanno
invece scelto di trasferire l’insulto in inglese, una lo ha ridimensionato a
fool, due a idiot (tutte SI) e le altre hanno invece optato per una gamma
di traduzioni che spaziavano dal grado più alto al più basso di offensività
(bollocks, dick, asshole, jerk, ecc.).
Anche l’occorrenza successiva di linguaggio scortese contiene due in-
sulti: È ’sto cretino che dice il gatto nero, la sfiga del gatto nero, deficiente! Car-
lotta approfitta dell’arrivo dell’amica, ignara di quanto sta accadendo, per
offendere indirettamente Tommaso. Tutti gli studenti hanno incluso una
variazione di idiot nelle loro traduzione e quasi tutti hanno rinforzato il
primo insulto con una ripetizione: cretino è stato reso come idiot, stupid
e moron, mentre deficiente come dickhead, bullshit, moron, idiot, stupid e

241
Laura Incalcaterra McLoughlin & Jennifer Lertola

handicapped. L’ultimo insulto di questa sequenza, cretino, che viene ripe-


tuto – nel sogno di Tommaso – gli viene ripetuto molte volte da Giulia,
è stato tradotto da tutti con idiot.

Categoria nel testo originale Gruppo SC Gruppo SI Sottogruppo SI-


(5 studenti = 1 (11 studentesse) NNS
team) (4 studentesse)
Tabù 1 0 3 (27.2%) 1 (25%)
Tabù 2 0 10 (90.9%) 4 (100%)
Insulti e diffamazione 1 1 (100%) 7 (63.6%) 2 (50%)
Insulti e diffamazione 2 1 8 (72.7%) 4 (100%)
Insulti e diffamazione 3 1 10 (90.9%) 3 (75%)
Insulti e diffamazione 4 (x2) 1-1 11 – 6 (100% - 54.5%) 4 – 4 (100%)
Insulti e diffamazione 5 1 10 (90.9%) 4 (100%)
Insulti e diffamazione 6 1 9 (81.8%) 4 (100%)
Profanità 1 1 (100%) 9 (81.8%) 2 (50%)
Profanità 2 1 8 (72.7%) 4 (100%)
Scatologia 1 0 10 (90.9%) 3 (75%)
Scatologia 2 0 8 (72.7%) 3 (75%)

tab. 2. Traduzioni degli studenti delle varie categorie di positive impoliteness presenti nel
testo originale.

Il testo audiovisivo contiene due esempi di profanità: Madonna Santa


e Madonna, e quest’ultimo esempio è ripetuto quattro volte. Il gruppo
SC ha mantenuto la profanità e tradotto con Mother of God! nel primo
caso e con Oh God! nel secondo. Gli altri due gruppi hanno tradotto
mantenendo la stessa figura religiosa Holy Mother!, Holy Mary! ecc. o
cambiandola con My God, God, Jesus. Quattro studentesse, però (due SI e
due SI-NNS) non hanno tradotto la prima profanità e altre quattro non
hanno tradotto la seconda (tre SI e una SI-NNS. Due SI non avevano
tradotto neanche la prima).
Infine, abbiamo individuato due esempi di scatologia nel testo origi-
nale: oggi va tutto di merda e una figura di merda. Il gruppo SC ha omesso
entrambi, optando invece per today everything has gone really bad e a bad
impression. Nelle traduzioni della prima frase da parte dei gruppi SI e
SI-NNS, shit (o shitty) appare undici volte, crap due e l’opzione senza
linguaggio scortese due (everything is going wrong, SI; today all is going
badly, SI-NNS). Per quanto riguarda la seconda frase, osserviamo sei
ricorsi a shit o shitty, due a crap o crappy e un’occorrenza ciascuno di ass,

242
Laura Incalcaterra McLoughlin & Jennifer Lertola

asshole e dickead (I was an asshole ecc.). Tre traduzioni contenevano un


livello inferiore di scortesia: fool (SI, SI-NNS) e stupid (SI), mentre una
non conteneva liguaggio scortese (a terrible impression). Per ricapitolare,
quindi la tabella 2 mostra il numero totale e percentuale delle traduzioni
delle espressioni scortesi.

6. Conclusioni

Questo studio ha analizzato l’atteggiamento di apprendenti di italiano


LS nella traduzione di espressioni scortesi dalla L2 alla L1. Coerentemen-
te a studi precedenti che hanno dimostrato l’impatto maggiore dell’impo-
liteness in L1, la presente ricerca suggerisce che traducendo da L2 a L1,
gli studenti tendono a fornire una traduzione più debole della scortesia
nella loro L1 rispetto al testo originale. Abbiamo infatti paragonato la
traduzione collaborativa di cinque parlanti di madrelingua inglese (gruppo
SC) con le traduzioni individuali di undici parlanti di madrelingua inglese
(SI) e quattro non madrelingua (SI-NNS). Il livello medio di competenza
linguistica dei partecipanti era relativamente basso, tuttavia uno studio di
Dewaele e Pavlenko (2002) rileva che la percezione di emozioni manife-
state in L2 è influenzata più dalle similarità culturali tra le due lingue che
dalla competenza linguistica dei parlanti.

Gruppo SC (5 studenti, tutti di madrelingua inglese, 4 ragazze e un ra-


gazzo). Contrariamente al gruppo SI e al sottogruppo SI-NNS, il gruppo
SC non ha tradotto le occorrenze di tabù e scatologia presenti nel testo
audiovisivo originale. La totale omissione di queste due categorie sembra
indicare che gli studenti le percepivano come inappropriate nella loro tra-
duzione in L1.
Uno studio di Beers Fägersten (2007) in cui si chiede a studenti uni-
versitari di giudicare l’offensività percepita di espressioni scortesi in e fuo-
ri contesto, mostra che l’uso contestualizzato di fuck come intensificatore
è molto comune nella conversazione e «generalmente non è considera-
to offensivo» (Beers Fägersten 2007: 29). Questo dovrebbe essere il caso
della seconda espressione tabù che può essere tradotta letteralmente in
inglese con what the fuck do you want? Eppure il gruppo SC ha omesso il

243
Laura Incalcaterra McLoughlin & Jennifer Lertola

tabù dalla traduzione. In netto contrasto, circa il 91% del gruppo SI ha


tradotto il tabù e otto di loro, pari all’80%, hanno usato la parola fuck.
Il gruppo SC ha riportato tutti gli insulti e le profanità (con una me-
dia del 69%), anche se con diversi gradi di offensività. Nonostante la loro
scelta della parola bitch corrisponda alla scelta traduttiva di 9 sulle 10
studentesse SI che hanno tradotto questo insulto, il gruppo SC ha più
tardi optato per selfish cow, rimuovendo nuovamente il tabù dall’espres-
sione oltraggiosa sei un egoista del cazzo. Questo quindi ha scelto per lo
più espressioni a impatto minore. È possibile che il fatto di lavorare in
squadra piuttosto che individualmente e/o la presenza di un partecipante
maschio in un gruppo altrimenti femminile abbiano avuto un effetto ini-
bitore sul risultato finale.

Gruppo SI (11 studentesse, tutte di madrelingua inglese). Le studen-


tesse che hanno lavorato individualmente presentano un quadro poco
omogeneo. Nonostante la percentuale di linguaggio scortese nelle loro
traduzioni sia generalmente alta (con una media del 72%), il grado di
offensività non corrisponde sempre a quello del testo originale. Tra le
tre che hanno tradotto il primo tabù, una è passata da tabù a scatologia
(shit), mentre le altre due hanno usato hell. Questa particolare occorrenza
di linguaggio scortese nel testo originale probabilmente presentava una
maggiore difficoltà in quanto l’espressione italiana non trova una corri-
spondente letterale in inglese (come invece accade nel secondo caso di
tabù). Le studentesse hanno compreso la domanda retorica ma sembrano
aver esitato ad usare la loro creatività per introdurre un intensificato-
re scortese a forte impatto. Il loro comportamento cambia invece nella
traduzione del secondo tabù, che ha una quasi esatta corrispondenza in
inglese e che, come osservato in precedenza, era presente in 8 traduzioni.

Sottogruppo SI-NNS (4 studentesse, non di madrelingua inglese).


Le studentesse non madrelingua, che hanno lavorato individualmente,
hanno fatto registrare la più alta occorrenza percentuale di traduzione
del linguaggio scortese (81%). Tutte le studentesse che hanno lavorato
dalla loro L3 alla L2 hanno regolarmente tradotto il linguaggio scortese,
con l’eccezione del primo tabù che, come già osservato, non ha una corri-
sponza diretta in inglese. Due delle quattro studentesse hanno deciso di

244
Laura Incalcaterra McLoughlin & Jennifer Lertola

omettere la prima profanità, ma tutte hanno tradotto la seconda. Questo


può essere dovuto al fatto che la prima profanità introduceva una frase,
mentre la seconda rappresentava una frase indipendente ed era ripetuta
diverse volte. Tre studentesse su quattro hanno usato scatologia (SC1 e
SC2). SC1 era facilmente comprensibile ed è stato tradotto correttamen-
te da tutte le studentesse di questo gruppo. SC2, che è invece un’espres-
sione idiomatica, è stato reso correttamente da due delle quattro ragazze
(ma una di loro non ha incluso il termine scatologico) le altre due hanno
fornito una traduzione letterale ma scorretta. Le traduzioni di questo sot-
togruppo presentano alcuni errori morfologici e sintattici. A ogni modo,
nell’insieme esse riportano un grado di offensività simile e in alcuni casi
superiore a quello del gruppo SI.
Dallo studio si evince che la percentuale di linguaggio scortese tra-
dotto dagli studenti è generalmente alta: una media di 69% per il gruppo
SC, 72% per SI e 81% per SI-NNS. Tuttavia, la forza di impatto del
linguaggio scortese in traduzione varia. Le studentesse che lavoravano
da L3 a L2 erano più disposte a usare espressioni più forti, cosa che sug-
gerisce che le parolacce avevano un impatto inferiore per loro. Il gruppo
SC, che comprendeva tutti parlanti madrelingua che lavoravano collabo-
rativamente, ha fornito la traduzione più debole della scortesia del testo
originale. Questo sembrerebbe indicare che altre variabili contribuiscono
a influenzare le scelte traduttive, come le dinamiche di gruppo e la pre-
senza dei due sessi, ma ulteriori verifiche sono necessarie per confermare
queste conclusioni.
Il grado di offensività di una parola è determinato da variabili di ordine
pragmatico, come l’identità del parlante/interlocutore, la loro relazione e
le norme sociali ( Jay, Janschewitz 2008). Gli studenti universitari spesso
usano vari tipi di linguaggio offensivo ( Jay 1992) e sono quindi gene-
ralmente abituati a sentirlo. Una studentessa di età superiore alla media,
appartenente al gruppo SI, ha regolarmente omesso il linguaggio scortese
dalla sua traduzione, con l’unica eccezione di I&D4 dove ha tradotto il
termine cretino con l’espressione piuttosto innocua crazy guy.
Purtroppo non è stato possibile includere un numero più consistente
di studenti in queste indagini; si auspica tuttavia che future ricerche pos-
sano reclutare un numero maggiore di partecipanti con profili anagrafici
e linguistici diversi, che lavorino sia in gruppo che individualmente. Ulte-

245
Laura Incalcaterra McLoughlin & Jennifer Lertola

riori studi sono anche necessari nel campo della percezione dell’offensivi-
tà in L1, L2 e successive lingue. I risultati di questi studi dovrebbero poi
essere triangolati con traduzioni contestualizzate da parte di apprendenti
con diversi livelli di competenza e integrati con l’uso di strumenti per la
raccolta di dati quantitativi e qualitativi come questionari e interviste.
Questi dati fornirebbero nuove prospettive nel campo dello sviluppo del-
la competenza pragmatica interlinguistica negli apprendenti di LS.

246
Laura Incalcaterra McLoughlin & Jennifer Lertola

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247
Laura Incalcaterra McLoughlin & Jennifer Lertola

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248
Indice analitico

Alfabetismo digitale, 130


App (uso didattico delle), 11, 49-53
Apprendimento, 191
-- ambienti di, 140,141, 219-221
-- collaborativo, 45-46, 53
-- incidentale o fortuito (serendipity), 90, 221
-- informale, 7, 57, 85, 191-195, 224
-- formale,51, 57, 85, 192
-- non formale, 7, 85, 192, 213-214
-- obiettivi parziali di, 217
-- significativo, 140-141
-- spontaneo,53, 57
Approccio comunicativo, 24-25, 27, 170-171
Blended learning, 63, 116, 129, 146-147
Blog, 197-198, 202-203
Bring your own device (BYOD), 119
Chat, 198
Civiltà, 27-28
Classe capovolta (flipped classroom), 14-15, 116, 166-167
-- e lavoro degli studenti, 173
-- metodologia della 169-170
Competenza comunicativa interculturale, 18-19, 29, 30-34
- valutazione della, 38-39
Competenza digitale, 131
Competenza culturale, 186, 187
Competenza socio-culturale, 27-28
Computer Supported Collaborative Learning (CSCL), 141-142
Comunicazione interculturale (insegnamento della), 28-29, 36-38
Comunità (community) o Comunità di apprendimento, 16, 17, 200-201
223-224, 225
Connettivismo, 84
Consapevolezza interculturale, 20, 187-189, 205
Corsi online, 14, 70-73, 75-76
Costruttivismo, 45, 83-84, 115, 139-140

249
-- socioculturale, 196
Course designer, 69
Cultura, 27, 171, 186-187
E-learning 2.0, 81
Formazione a distanza, 47
Forum, 153-155, 197-198
Flaming, 199
Game-based learning, 124
Gamification, 12, 123-124
Glottotecnologie, 25-26
Information broker, 69
Input, 35-36, 77
Inquiry-based learning, 169
Instructional designer, 69
Learning centered, 139, 169
LIM (Lavagna Interattiva Multimediale), 64
Linguaggio scortese, 233-234
-- categorizzazione del, 238-239
-- identificazione del, 237-238
-- percezione del, 234
LO (Learning Object), 14, 217
M-learning/mobile learning, 11-12, 112-114
Microblogging, 218
Microlearning, 94
MLO (Mobile Learning Object), 122-123
MOOC (Massive Open Online Courses), 11, 46-48, 68, 75
OER (Open Educational Resources), 120, 169
Piattaforme e-learning, 44-45,
-- come ambienti di apprendimento significativo, 143-146
-- e strumenti di comunicazione, 149-150
Scaffolding, 45, 168
SCORM (Sharable Content Object Reference Model), 124
Scrittura (processo di), 142-143
Scrittura
-- collaborativa (Co-writing), 156
-- parallela, 157

250
Social Media, 211
Social Network Analysis, 81-82
Social Network per l’apprendimento delle lingue, 15-16, 54-56, 82-84,
86, 90, 99-102, 105-106
-- interazione in, 90
Social Networking (ambienti di), 82, 86
Sociointerazionismo, 83
Sottotitolazione e sviluppo delle competenze, 230-231
Tecnologie educative o tecnologie didattiche, 9, 63
-- didattica con le, 9
Tecnologie di Rete (uso didattico delle), 10, 42-43, 64
Transculturale, 190
Traduzione audiovisiva (AVT), 229-231
Tutor di percorso, 69
User Genereted Content, 223
Valutazione online, 64-65
Web, 78
Web 2.0, 81,117, 210-211
Wiki, 155-156, 157

251
GLI AUTORI

Paolo Balboni insegna Glottodidattica presso Ca’Foscari, Venezia, dove è Presidente del Centro Lin-
guistico di ateneo e Direttore del Centro di Ricerca sulla Didattica delle Lingue. Oltre ad essere au-
tore di numerosi e importati volumi e saggi inerenti l’educazione linguistica e l’insegnamento con il
supporto di tecnologie didattiche, ha pubblicato manuali didattici per l’italiano L2. È inoltre direttore
di diverse riviste e collane scientifiche sulla didattica delle lingue e l’apprendimento linguistico, tra cui
Rassegna Italiana di Linguistica Applicata, RILA (Bulzoni Editore), Educazione Linguistica – Language
Education, EL.LE e Le sfide di Babele (Utet Università), ed è Presidente della Fédération Internationale
des Professeurs de Langues Vivantes (FIPLV).

Emanuela Cotroneo laureata in Lingue e letterature straniere presso l’Università degli Studi di Ge-
nova, ha conseguito un Master in Didattica dell’Italiano per Stranieri e la certificazione DITALS di II
livello. Ha ottenuto la certificazione EPICT e un dottorato di ricerca in Lingue, Culture e Tecnologie
dell’Informazione e della Comunicazione. È insegnante di scuola primaria e collabora con l’Università
degli Studi di Genova per l’insegnamento dell’italiano a studenti Erasmus e come professore a con-
tratto nel corso di Didattica dell’Italiano come L2.

Eleonora Fragai è laureata in Lettere Classiche (Università di Firenze) e in Insegnamento della lingua
italiana a stranieri (Università per Stranieri di Siena). Si occupa di didattica dell’Italiano L2 come
docente e formatore di formatori. Ha svolto attività di collaboratrice ed esperta linguistica per studenti
inseriti nei progetti di mobilità internazionale e di e-tutor per il Master DITALS di I livello dell’Uni-
versità per Stranieri di Siena, con cui collabora come valutatore degli esami di certificazione CILS e a
diversi progetti di formazione in e-learning per l’integrazione sociolinguistica di cittadini di Paesi Terzi.
È autrice e co-autrice di pubblicazioni scientifiche sulla didattica dell’Italiano L2 e di manuali didattici
per diversi pubblici di apprendenti. È co-responsabile della sezione «Migranti» della rivista  «InSegno»
(Siena, Becarelli).

Ivana Fratter è Dottore di ricerca in Linguistica (Università di Verona) e counselor in campo socio-
educativo. Lavora come CEL presso il CLA dell’Università di di Padova. Dal 2000 al 2012 ha insegna-
to Tecnologie Educative nell’ambito del Master in Didattica dell’italiano come L2 presso l’Università
di Padova. Ha pluriennale esperienza di formazione insegnanti in Italia e all’estero.
I suoi ambiti di studio e di ricerca riguardano l’acquisizione dell’italiano L2, la linguistica dei corpora,
le metodologie di insegnamento delle lingue con le TIC, le tecniche di gestione della classe, il langua-
ge testing. È autrice e curatrice di alcuni volumi, tra cui Tecnologie per l’insegnamento delle lingue
(Carocci), Lessico Possibile (Aracne), Guida alla formazione del docente di lingue all’uso delle TIC
(Aracne).

Alessandra Giglio insegna presso la Dalarna University (Svezia). Svolge attività di ricerca presso l’U-
niversità di Parma ed è stata assegnista di ricerca presso l’Istituto di Tecnologie Didattiche del CNR.
Ha conseguito il dottorato in “Lingue, Culture e Tecnologie” presso l’Università di Genova, dove si è
laureata con una tesi sulla Didattica dell’italiano a stranieri; è specializzata nella stessa disciplina (Ma-
ster presso l’Università di Genova) e ha all’attivo collaborazioni con l’Università di Genova, l’Università
per Stranieri di Perugia e l’Università per Stranieri di Siena. Ha pubblicato numerosi articoli su riviste
specializzate ed è coautrice di libri e manuali. www.alessandragiglio.com

Elisabetta Jafrancesco è laureata in Filologia romanza (Università di Firenze), ha conseguito il diploma


di Specialista in Didattica dell'Italiano a Stranieri e il titolo di Dottore in ricerca in Linguistica e
Didattica della Lingua Italiana (Università per Stranieri di Siena). Lavora come CEL di italiano presso
l’Università di Firenze e ha al suo attivo lunghe collaborazioni con l’Università per Stranieri di Siena

252
e con l’Università di Padova. Svolge attività di ricerca, occupandosi principalmente di pragmatica,
testualità, e-learning, Language Testing ed è autrice di pubblicazioni scientifiche su queste tematiche.
È autrice anche di testi per la didattica dell’italiano L2 (bambini, adolescenti, adulti). È formatrice di
formatori in ambito glottodidattico e lavora con istituzioni pubbliche e private. Collabora con le riviste
«Italiano a stranieri» (Atene, Edilingua), «Lingua Nostra e Oltre» (Università di Padova), «InSegno»
(Siena, Becarelli), di quest’ultima è Responsabile di Redazione ILSA (ejafran@yahoo.it).

Matteo La Grassa collabora da anni con il Centro FAST dell’Università per Stranieri di Siena. È stato
Giovane Ricercatore in un progetto FIRB per l’insegnamento dell’italiano a sordi tramite l’e–learning e
si è occupato della la realizzazione di un social network per lo sviluppo delle competenze interculturali.
Collabora con le riviste «Italiano a stranieri» (Atene, Edilingua), e «InSegno» (Siena, Becarelli).
I suoi principali temi di ricerca riguardano: l’apprendimento delle lingue da parte di apprendenti
senior; l’apprendimento/insegnamento del lessico a studenti stranieri; l’apprendimento/insegnamento
dell’italiano a sordi; l’uso didattico delle nuove tecnologie. Su questi temi ha al suo attivo diverse pub-
blicazioni.

Laura Incalcaterra McLoughlin, Ph.D., è docente di italinistica presso la National University of


Ireland, Galway, direttrice del Masters in Advanced Language Skills e coordinatrice del Diploma in
Italian Online.
Le sue principali aree di ricerca sono la linguistica applicata, traduzione audiovisiva, didattica della
traduzione, glottotecnologie e e-learning, microlingua. Ha pubblicato svariati aricoli e libri su questi
temi e due libri di testo per l’italiano degli affari. Vincitrice del Label europeo delle lingue (Irlanda,
2008, 2009, 2013).
Per un elenco aggiornato di pubblicazioni, progetti e attività accademica: http://goo.gl/QrL5kl /

Jennifer Lertola, Ph.D., collabora come e-tutor del Diploma in Italian Online alla National Univer-
sity of Ireland, Galway e come tutor didattico presso la Scuola di Lingue e Letterature, Traduzione e
Interpretazione dell’Università di Bologna. Ha ottenuto la laurea in Lingue e culture straniere presso
l’Università degli Studi di Genova, il Master DITALS presso l’Università per Stranieri di Siena e
il dottorato di ricerca in linguistica acquisizionale (European Ph.D.) presso la National University
of Ireland, Galway. Principali temi di ricerca sono l’insegnamento dell’italiano come lingua seconda/
straniera, traduzione audiovisiva e apprendimento del lessico. Vincitrice del Label europeo delle lingue
(Irlanda, 2009). https://goo.gl/DhYoTz

Donatella Troncarelli insegna Nuove tecnologie per l’insegnamento dell’italiano e Grammatica italiana
presso Università per Stranieri di Siena. È Presidente del Master in E-Learning per l’Insegnamento
dell’Italiano a Stranieri (ELIIAS) e Direttore dei corsi di perfezionamento professionalizzante in Pro-
gettazione e produzione di percorsi di apprendimento online e Tutor per percorsi di apprendimento linguistico
in rete. Si occupa di progettazione di percorsi didattici in presenza e a distanza, ed è autrice di materiali
didattici per l’insegnamento dell’italiano L2/LS e di varie pubblicazioni sull’insegnamento dell’italiano
per scopi specifici e sull’impiego di tecnologie didattiche.

Andrea Villarini insegna Didattica delle Lingue Moderne presso l’Università per Stranieri, dove dirige
anche il Centro FAST – Centro di ricerca per la Formazione e Aggiornamento anche con Supporto
Tecnologico e la Scuola di Specializzazione in Didattica dell’Italiano come Lingua Straniera. Ha coor-
dinato e coordina unità di ricerca di progetti nazionali e internazionali sull’utilizzo delle nuove tecno-
logie per la promozione delle lingue meno diffuse e meno insegnate. Tiene costantemente conferenze
e corsi di aggiornamento in Italia e all’estero su temi relativi alla didattica dell’italiano L2. Ha al suo
attivo su questi temi numerose pubblicazioni in volumi e riviste.

253
Edizione digitale
Maggio 2016

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