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Lezione 5: STRATEGIE PER LA PURIFICAZIONE DELLE PROTEINE

Non dimentichiamo che abbiamo a che fare con sistemi di produzione di biomolecole che sono organismi
viventi. Questi organismi sono ricchi di biomolecole che servono agli stessi per sopravvivere, ma che allo
stesso tempo non sono di nostro interesse. Per cui bisogna escogitare delle procedure\protocolli di
purificazione. (per estrarre la nostra proteina di interesse ed allontanarla da tutto il resto – dopo la lisi)

C’è una differenza importante però da tenere a mente. C’è differenza tra separazione per scopi analitici e
purificazione.

La separazione per scopi analitici è una serie di procedure grazie alle quali io posso prendere un complesso
estratto proteico cellulare, separarlo nelle sue componenti andando ad isolare le frazioni.

Altro è invece la purificazione, in quanto partendo da un complesso proteico , io giungo , tramite una
procedura, ad una sola provetta che contiene la biomolecola di interesse, separata dal resto degli analiti.

Le molecole che possono esserci sono tante e in teoria molte di queste possono avere delle proprietà
chimico-fisiche simili alle biomolecole che sono di nostro interesse come la proteina X.

Le proteine target spesso possono trovarsi in diversi stati di aggregazione (solubili o insolubili) e localizzate
in diversi compartimenti cellulari. Nel momento in cui si va ad ideare un protocollo di purificazione della
mia proteina, si deve tener conto di tutte queste variabili. (le quali rendono complesso il processo di
purificazione)
Le proteine quando sono solubili significa che quest’ultime si trovano allo stato nativo – nella loro struttura
nativa – e che quindi siano funzionanti.

Invece quando sono insolubili (aggregate) possono trovarsi nei corpi di inclusione (precipitati cellulari).

Le proteine inoltre possono essere associate/integrate alle membrane oppure in associazione con il DNA.

Nei BATTERI le proteine possono trovarsi nel citoplasma o nel periplasma.

Negli EUCARIOTI le proteine invece possono trovarsi in altri compartimenti.

PRINCIPI PER LA PURIFICAZIONE:

1) Si definisce un obiettivo: Cosa ci interessa ottenere? Purezza, attività o quantità di prodotto finale
richiesto?
2) Si definiscono le proprietà della proteina (strutturali ecc.) di interesse ed eventualmente delle
impurezze critiche.
3) Conoscendo le proprietà della proteina, possiamo sviluppare saggi analitici: E’ necessario
identificare la proteina nel corso della purificazione. ( ad esempio in quale frazione si trova ecc.)
4) Bisogna rimuovere rapidamente i contaminanti capaci di danneggiare la proteina (proteasi)
Il principio generale che si utilizza per la purificazione delle proteine è quello di sfruttare in maniera
ortogonale le diverse proprietà chimico-fisiche della proteina. Nell’ideare un protocollo di purificazione si
utilizzano più step (multidimensionali) . Ogni step utilizza una tecnica di separazione che si basa su una
delle proprietà chimico-fisiche della proteina: le dimensioni, la forza ionica , l’eventuale specificità di ligandi
ecc.

La manipolazione del campione deve essere minimizzata per massimizzare la resa, poiché ogni step ha il
suo livello di resa. (perdita di materiale) Quindi bisogna diminuire il numero di passaggi nel protocollo di
purificazione nel caso si vogliano ottenere alte rese.

Deve essere minimizzato anche l’uso di additivi.

SCHEMA PER LA PURIFICAZIONE

La prima cosa che si fa è condurre esperimenti su scala pilota per valutare l’efficacia di varie tecniche di
separazione.

In primo luogo si inizia con tecniche rapide ad alta capacità (generalmente a bassa risoluzione) e si
prosegue con tecniche via via ad alta risoluzione e bassa capacità.
La purificazione delle proteine è un processo complesso che richiede varie fasi e può essere interpretato
come un processo iterativo: (esempio)
Inizialmente, l’organismo deve essere lisato (grazie a diverse tecniche meccaniche/non meccaniche)

Il metodo di distruzione delle cellule è scelto sempre in baso alle esigenze analitiche (del tipo di obiettivo
che ci siamo prefissati)

Il pool proteico viene estratto grazie a dei tamponi di estrazione.

I tamponi di estrazione devono contenere al loro interno tutte quelle molecole che mi permettono di
preservare la struttura nativa della proteina di interesse.

Se la proteina si trova nei corpi inclusi, allora nel mio tampone di estrazione devo inserire dei detergenti.
In seguito alla rottura delle cellule , si effettua un frazionamento preliminare dell’omogenato, a bassa
risoluzione,caratterizzato da un’alta resa, ovvero la centrifugazione. Sfruttando le diverse velocità della
centrifuga posso isolare organelli cellulari di diversa grandezza. La centrifugazione dunque ci permette di
separare per diverse densità, a diverse velocità , i compartimenti cellulari, per poi andare a recuperare nel
compartimento X la nostra proteina di interesse Y. Quindi qui l’omogenato deve essere centrifugato per
rimuovere residui insolubili (membrane ecc.)

Una volta effettuata la centrifugazione si può procedere con ulteriori PASSAGGI PRELIMINARI DI
PURIFICAZIONE PER OTTENERE L’ESTRATTO PROTEICO GREZZO:

a) ULTRACENTRIFUGAZIONE: Talvolta la soluzione mostra torbidità nonostante la prima


centrifugazione (dovuta alla presenza di organuli, frammenti membrane ecc.) che vengono però
eliminati per ultracentrifugazione o trattamento con agenti capaci di causarne la precipitazione.
b) RNasi A e DNasi I: Oltre le proteine , l’estratto contiene DNA, RNA, carboidrati e lipidi che possono
essere eliminati. In maniera specifica si può causare la precipitazione degli acidi nucleici grazie a
degli enzimi specifici oppure grazie ad agenti capaci di causarne la precipitazione selettiva ( ad
esempio la protamina solfato).

Le particelle insolubili dunque vengono allontanate come Pellet. Il surnatante invece diventerà oggetto
delle tecniche di frazionamento.

Prima di iniziare la purificazione è opportuno definire un SAGGIO DI IDENTIFICAZIONE della proteina:

a) ENZIMATICO: Poiché il controllo può essere ripetuto molte volte sarebbe utile disporre di un saggio
semplice ed economico. Generalmente un’attività enzimatica può essere controllata tramite
cambiamenti in assorbanza che possono essere misurati con uno spettrofotometro.
b) IMMUNOLOGICO: Attraverso l’uso di anticorpi specifici.
c) PESO MOLECOLARE: Tramite SDS-PAGE
d) SPETTROFOTOMETRICO: Se la proteina possiede particolari cromofori.

Questi tipi di saggi ci permettono rapidamente di poter identificare in quale frazione si trova la proteina che
si desidera purificare. (dopo)
METODI DI FRAZIONAMENTO PRELIMINARE A BASSA RISOLUZIONE DELL’ESTRATTO GREZZO PROTEICO:

I primi metodi per poter scremare l’estratto grezzo sono:


Tutti questi processi mi permettono di fare una prima pulizia del materiale proteico da altre molecole che
non ci interessano.
METODO DI FRAZIONAMENTO DELL’ESTRATTO PROTEICO : FPLC

Fast Protein Liquid Chromatography: Cromatografia che utilizza dei sistemi di pompaggio a bassa pressione
e quindi ci consente di poter lavorare con materiale proteico preservandone la struttura tridimensionale.

In laboratorio si utilizzerà una colonna affiancata a questa macchina, che ci permetterà di sfruttare la coda
di istidina che è legata a NaNA.

Nell’ambito della cromatografia di proteine i principali metodi sono:


a) Cromatografia a scambio ionico: Gli analiti interagiscono col supporto in base alla carica che
possiedono. Il frazionamento avviene all’interno della colonna cromatografica utilizzando un
gradiente di forza ionica. (Gradiente di concentrazione salina nel tempo)
b) Gel Filtrazione: Processo cromatografico che sfrutta sostanzialmente la grandezza/forma delle
proteine per separarle in base a questi parametri. (Separazione tramite dimensioni).
Nella GF, per ottenere il valore di peso molecolare (estrarlo) si utilizzano delle rette di taratura
dove viene registrato il tempo di ritenzione, e vengono registrate miscele a dimensione nota di
proteine. Per estrapolazione si ricava il PM della proteina di interesse che stiamo separando.
(LA GF è UTILIZZATA NELLE FASI INIZIALI DI PURIFICAZIONE)

c) Cromatografia ad interazione idrofobica: (UTILIZZATA IN FASI AVANZATE DI PURIFICAZIONE)


Usufruisce delle interazioni idrofobiche delle proteine. Il supporto cromatografico è dato da una
parte insolubile ed un braccio di atomi di carbonio di lunghezza variabile. (per frazionare in base
alle diverse interazioni idrofobiche con gli analiti)

d) Cromatografia per affinità: (UTILIZZATA NELLE FASI PRELIMINARI DI PURIFICAZIONE) Sfrutta la


possibilità di riconoscimento di un “qualcosa” legato su un supporto cromatografico, della proteina
di interesse. (Legami specifici – riconoscimento ad esempio con le lectine) - RIVEDERE BENE SU
LIBRO e ALTRE SLIDES LASCIATE SUL SITO DEL PROF PER UN APPROFONDIMENTO.

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