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“Gli zii di Sicilia” è un’opera di Leonardo Sciascia, realizzata tra il 1957-58. Inizialmente era
composta da 3 racconti: “La zia d’America”, “La morte di Stalin”, “Il Quarantotto”, ai quali
Sciascia aggiungerà nel 1960 “L’antimonio”. Ognuna dei racconti illustra uno spaccato di vita
siciliana in epoche diverse e con protagonisti diversi. Leggendo ognuno dei racconti, ci si addentra
nelle vicende dei protagonisti che cercano di sopravvivere al cambiamento, voluto o subito. Filo
comune dei 4 racconti è infatti la trasformazione dell’uomo e della società, a seguito di eventi
cruciali della storia.
“IL QUARANTOTTO”:
“Il Quarantotto”, terzo racconto, è ambientato nel periodo del Risorgimento (tra il 1848 e il 1860)
e tratta del tema dell'unificazione del Regno d'Italia vista attraverso gli occhi di un siciliano.
Si tratta di un racconto ambientato, quindi, in epoca risorgimentale che narra l’epoca europea dei
grandi cambiamenti di potere e delle grandi rivoluzioni. Sciascia, si concentra sull’atteggiamento
delle varie classi sociali di fronte al cambiamento di potere, ai volta-faccia, agli ipocriti, agli ignavi.
Tutto attraverso le vicende di due famiglie: quella del contadino e quella del barone.
Il1848 fu un anno determinante per la storia d’Italia, ma anche per la storia di molti Paesi europei.
Ed è proprio al “quarantotto” che fa riferimento il titolo del Racconto: un anno di battaglie, di
confusione, di tradimenti e di usurpazioni, di vigliaccate e di approfittatori.
Il Barone Graziano amministra le sue ricchezze, nella sua famiglia tiene un piede in 2 scarpe, come
a voler anticipare cosa accadrà: ha una relazione con l’inserviente Rosalia, che accusa il povero
marito di essere un sovversivo e lo fa arrestare, viene scoperto dalla moglie Concettina che
minaccia di dire tutto al vescovo suo amico. Il Barone risolve tutto allontanando Rosalia con cui
continua ad avere una relazione. All’arrivo delle truppe capitanate da Giuseppe Garibaldi, il
Barone inizialmente recita la parte del reazionario, per poi invitare proprio Garibaldi nella sua
abitazione, trattandolo come un rispettoso ospite al pari dei nobili che frequentava un tempo.
Garibaldi è accompagnato anche da Ippolito Nievo, celebre patriota e scrittore, che non vede di
buon occhio il comportamento del Barone.
Intreccio de Il Quarantotto
L´intreccio è il puro rispecchiamento dell´ordine naturale dei fatti mescolando le sequenze della
storia e le istanze del narratore.
All’inizio del racconto il narratore introduce il paese ed il contesto nel quale si svolge l´azione. I
suoi genitori lavorano per il barone Garziano il quale ha una famiglia composta da Donna
Concettina, la figlia Cristina ed il figlio Vincenzino. Le prime pagine fungono da introduzione ai vari
personaggi: spiegano chi sono, cosa fanno e come agiscono. In questi primi passi il narratore
fornisce già al lettore alcune informazioni sui caratteri dei personaggi.
Dopo questa parte introduttiva, inizia la descrizione dell´anno 1847 in cui comincia il racconto: un
´anno che è particolarmente impresso nella memoria del narratore perché sono accadute tante
cose, tra quali l´arrivo dei soldati che si occupano della “mala gente”, così il barone chiama i
banditi. Seguendo una cronologia, il narratore rivela successivamente che il barone ha una
relazione con Rosalia, una sua impiegata, motivo per il quale Donna Concettina, sua moglie, non gli
rivolge più la parola. Dopo essersi già dilagata in altre parti della Sicilia, il 16 gennaio 1848 la
rivoluzione divampa anche a Castro. Per calmare gli animi, il vescovo del paese riceve il Comitato
Rivoluzionario e si organizza una festa in piazza. Si crea un Comitato Civico al quale aderisce anche
il barone. Il Comitato decide la costituzione della guardia nazionale perché si occupi di banditi e
“mal´uomini”. Così comincia una lotta tra “compagni d´arme” e banditi durante la quale vengono
ammazzate parecchie persone. Il narratore rievoca in queste pagine il caos in cui la popolazione ha
vissuto fino aprile 1849, periodo durante il quale infuriò la lotta al banditismo.
Intanto, il Comitato composto da molti nobili, lavora in favore delle classi abbienti ed il sospirato
rinnovamento viene dunque disatteso. Vengono indette le elezioni per il Consiglio Comunale, ma
ad essere eletti sono gli esponenti della nobiltà e della borghesia che già mantenevano il potere.
Questi introducono dei controllori che mettono sotto stretta vigilanza la vita dei cittadini. La
situazione peggiora ancora con le decisioni prese dal Consiglio dato che no riescono a garantire la
sicurezza dei beni e della vita della gente. Nel 1849 il Consiglio ridiventa Decurionato Civico. Nel
1850 arriva una grossa squadra della marina da guerra inglese e tutti i liberali di Castro finiscono in
galera.
Dopo gli arresti del´50 si susseguono altri importanti avvenimenti: il vescovo viene trasferito,
arriva un sottointendente che si occupa solo della famiglia e comincia a fiorire il commercio con l
´agricoltura e la pesca. Nei dieci anni dal ´50 al ´60, il narratore si ricorda di numerosi
cambiamenti. Molti giovani di Castro erano partiti per raggiungere Garibaldi come aveva fatto
anche il narratore stesso. Dopo la battaglia di Calatafimi l´esercito marcia verso Castro, lì il barone
aspetta già Garibaldi. Per adeguarsi ai tempi, Garziano ha cambiato l´arredo in casa: ha tolto dai
pareti i ritratti del Papa e del re perché ora vuol aderire al nuovo potere emergente, egli è sempre
determinato a far parte del potere dominante qualunque esso sia.
Il narratore finisce il racconto dicendo che aveva seguito Garibaldi e come tale evento avesse
cambiato il corso della sua vita.
Il Tempo e L´Ambientazione
La vicenda si svolge a Castro, un piccolo paese della Sicilia. Il narratore racconta la sua vita e quella
di alcuni altri personaggi del luogo. L´ambiente in cui il narratore si trova è la casa del Barone
Garziano, il datore di lavoro di suo padre. Le prime righe della storia raccontano del posto dove
Maestro Carmelo (il padre) lavora e dove il narratore cresce.
“Mio padre curava il giardino del barone Garziano, due salme di terra che si aprivano a ventaglio
intorno allo spiazzo dove sorgeva il palazzo; terra che a piantarci un palo dava acqua, nera e fitta di
alberi, pareva si fosse a due ore di notte, dentro quel nero di alberi e di terra, anche se il sole
vampava da scorticare.”[3]
In questa descrizione il narratore è così preciso che sembra quasi invitarci entrare nel giardino.
Più avanti nel racconto si parla del vescovo, del potere temporale della chiesa e di come il paese di
Castro fosse spartito a quel tempo. L´impressione che se ne ricava è che quasi tutto fosse nelle
mani dei ricchi:
“Il vescovo, attraverso il monastero di San Michele e la mensa vescovile, aveva in mano un buon
terzo della proprietà terriera di Castro; altrettanta ne aveva il barone; il rimanente territorio era
diviso in piccole proprietà e in terre demaniali: e le terre demaniali il barone lentamente ma
sicuramente veniva usurpando.”