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Università Della Svizzera Italiana, Accademia Di Architettura Arta Rostami Ravari, SP08/09, 05.981.

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CHANDIGARH E BRASILIA
Palazzo del Governo / Palazzo dell’ Alvorada
Università Della Svizzera Italiana, Accademia Di Architettura Arta Rostami Ravari, SP08/09, 05.981.063

Premessa
La mia lingua madre è il persiano.
Durante il mio soggiorno in Ticino -4 anni- ovviamente ho imparato l`italiano che capisco e parlo discretamente nelle situazioni normali di vita
quotidiana.
Mi è più difficile esprimere concetti complicati e nel caso di una ricerca critica come quella che presento, ho tutte le difficoltà che vi lascio
immaginare: penso in persiano, leggo in inglese e scrivo in italiano.
È questo il motivo principale che mi ha portato a riprendere e riportare in modo integrale i testi delle letture e della ricerca.
Non è stato una soluzione di comodo bensì una necessità per farmi capire.
Anche per questa premessa e per le considerazioni che seguono, ho chiesto l`aiuto di compagni disponibili a correggere i miei errori di lingua.

Considerazioni generali sul tema:


Il tema proposto, cioè il confronto critico tra due opere di Le Corbusier e Niemeyer -nel caso specifico le residenze
governative di Chandigarh e Brasilia- richiede un esame approfondito del cammino intellettuale dei due progettisti.
Di ognuno occorre esaminare i modi ed i tempi degli interventi, il contesto sociale e politico, la diversità degli intenti e
quella della committenza.
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Le Corbusier

Le Corbusier è nato alla fine del diciannovesimo secolo e ha vissuto tutti i fermenti artistici del primo novecento, a
contatto diretto con i maggiori componenti delle correnti moderne in pittura e scultura (astrattismo, cubismo, ecc.).
La sua vita si è svolta tra due guerre mondiali , i cui conseguenti periodi di ricostruzione hanno stimolato ed imposto
metodi di lavoro tesi alla razionalità ed al risparmio , con occhio attento ai problemi sociali.
Le Corbusier uomo di sinistra , ha sempre rifiutato un impegno politico che andasse oltre il suo ruolo di costruttore di una
possibilità di vita ideale e interclassista.
Le sue ricerche della casa minima , del prefabbricato , delle serie e più tardi (nel ruolo dopo guerra) la traduzione dei suoi
principi nella “cité radieuse” di Marsiglia indicano chiaramente gli intendimenti sociali dell` architetto.
Esiste una grande affinità tra le opere con committenza religiosa (Rounchamp, La Tourrette) e quella con committenza laica
(Firminy): in esse prevale con l’inventiva e la razionalità, anché la questione sociale.

Niemeyer

Ben diverso è il cammino dell’architetto brasiliano . Nato nel 1907 ha avuto i primi contatti con le Corbusier nel 1936 e ,
collaborando per il ministero dell`educazione e sanità di Rio De Janeiro, ha accolto i frutti delle esperienza europee del
Maestro.
Niemeyer si è sempre professato debitore nei confronti di Le Corbusier (lettera di presentazione del 1962 – Le Corbusier, Opera
completa vol. 7, ed. Skyra).
Si può dire che rispettando i principi dell’architettura razionale, quelli di una statica rigorosa e liberatrice, quelli della
pianta libera , in sostanza prendendo come base tutte le idee di Le Corbusier (salvo – mi sembra- la griglia di modulari)
Niemeyer introduce nelle sue opere una sorta di vestito per le grandi occasioni: maschera le “povertà” del “beton brut” con
forma e materiali più adatti ad una committenza tesa più verso le apparenze che alla sostanza.
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Se Le Corbusier ha avuto quali committenti industriali, religiosi e piccoli professionisti intellettuali,Niemeyer ha lavorato, su
scala grande per politici magari illuminati ma desiderosi di lasciare le proprie impronte nel paese e per pochi facoltosi clienti
privati, spinti dalle stesse motivazioni.
Anche per le due residenze governative da confronto -quella di Chandigarh del 1951-56 e quella di Brasilia del 1956-58- si
evidenziano grosse differenze dovute più all’esigenza dei commitenti che non ai programmi ed alle modalità di esecuzione.
Chandigarh è nata pure da esigenze politiche (come la nuova capitale di uno stato federale quale il Punjab) ma con
premesse di realizzare più le esigenze della collettività che quella dei “ sovrani committenti”.
La residenza del governatore –peraltro mai realizzata- privilegia la funzionalità rispetto al carattere monumentale.
Brasilia è l’espressione grandiosa di un sogno politico, finalizzato a stupire il mondo ed a portare il Brasile tra le nazioni di
prestigio. La residenza del governatore è una Versaille moderna con dimensioni adeguate più che alle esigenze
amministrative a quelle delle grandiosità imposta dal regime.
Il confronto tra le due opere deve andare oltre L’analisi strutturali e funzionali e considerare quale è soprattutto la
motivazioni etiche e politiche delle committenze.
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CHANDIGARH

Nell’estate del 1950 iniziò per Le Corbusier l’avventura di Chandigarh. L’architetto venne incaricato di redigere il nuovo
progetto per la capitale del Punjab. Il programma era molto ambizioso: ad un’equipe tutta europea venne affidato il progetto
per la costruzione di una nuova città politica e religiosa indiana.
Chandigarh è diventata città simbolo sia per l’oriente e i paesi in via di sviluppo, che per l’occidente. Nacque in un periodo
di disordini e tumulti politici e divenne sin dall’inizio simbolo delle aspirazioni della nazione indiana: divenne città della
speranza, modello pianificazione e sviluppo di un intero paese.
Particolarità di Chandigarh fu inoltre quella di essere una città del XX secolo costruita da zero.
Nel 1947 la provincia del Punjab venne divisa fra l’India e il nuovo stato del Pakistan. L’antica capitale Lahore venne
inglobata nel nuovo stato del Pakistan e l’India decise di dotare il Punjab di una nuova capitale.
La nuova capitale doveva avere le dimensioni, le risorse idriche e infrastrutture adeguate per accogliere una popolazione in
grande aumento a cause dell’immigrazioni dei profughi provenienti da Lahore.
Venne deciso pertanto di realizzare una capitale interamente nuova, libera dalle tradizioni del passato. Si cercò pertanto una
localizzazione rispetto al nuovo stato, ricca di acqua e con un clima salubre.
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Il primo progetto venne realizzato da Albert Mayer con la collaborazione sul campo di Matthew Nowicki. Ma l’improvvisa
morte di quest’ultimo portò l’esecuzione architettonica del piano di Mayer nelle mani della coppia inglese Maxwell Fry e
Jane Drew, che richiese e ottenne la partecipazione inizialmente negata di Pierre Jeanneret e Le Corbusier.
Come era inevitabile, data la personalità degli architetti chiamati a realizzare il progetto, il piano di Mayer venne
ridisegnato.
L’incarico era quanto mai complesso; in esso si sommavano obiettivi fra loro eterogenei, che andavano dalla stesura del
disegno generale del piano, all’individuazione dei comparti funzionali, dei caratteri architettonici degli edifici e delle
tipologie edilizie, per arrivare alla definizione del programma delle infrastrutture e del tempo libero.

Dovendo essere Chandigarh una capitale politica, necessitava della presenza di un “Campidoglio”, luogo simbolo delle
funzioni fondamentali di una società democratica: la giustizia, il governo, il parlamento, l’amministrazione.
Le Corbusier assunse la responsabilità della progettazione del masterplan del Campidoglio e del Palazzo dell’Assemblea,
dei Ministeri, dell’Alta Corte di Giustizia, del Palazzo del Governo, per i quali richiese completa libertà e autonomia nelle
scelte sia di linguaggio, sia compositive, mentre i suoi collaboratori ebbero il compito di progettare le residenze e tutte le
attrezzature annesse.
Recepì le linee guida della proposta di Mayer (l’orientamento, la griglia, lo zoning), ma ne regolarizzò il disegno a foglia
d’albero svasata.
Per l’architetto la cultura indiana aveva già creato nei secoli passati architetture dalla bellezza solenne, mentre ciò che
l’India doveva produrre nella seconda meta del Novecento erano i luoghi della civilizzazione moderna: gli uffici, le
fabbriche, le scuole. Le Corbusier propose una visione alternativa e il suo sguardo era rivolto al futuro dell’India, mentre
l’ipotesi studiata da Mayer guardava paradossalmente al passato, in maniera statica.
Nell’invito rivolto al maestro europeo da parte delle autorità indiane si leggeva un chiaro segnale della politica di
modernizzazione intrapresa da Nehru, che voleva fare di Chandigarh una città del progresso e della democrazia.
Le Corbusier propose un piano da sviluppare in due tappe, impostato sulle quattro funzioni fondamentali: abitare, lavorare,
ricreare, credere.
Sulla base di queste funzioni vennero stabiliti norme e vincoli per il futuro sviluppo della città.
Nella prima fase di sviluppo era previsto una crescita fino a 150.000 abitanti per poi arrivare ai 500.000 nella seconda fase.
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Oggi, dopo 50 anni, la seconda fase non è ancora completata, mentre è già cominciata la terza fase, con una popolazione che
ormai supera gli 800.000 abitanti.
Chandigarh è una città nata per garantire una “vita dignitosa per i più poveri dei più poveri fra i cittadini”. (Le Corbusier)
La città venne pensata per la sicurezza e il benessere dei suoi abitanti, indistintamente senza eccezioni di caste, classi
economiche o religiose.

Essa è dotata di infrastrutture e attrezzature moderne ed è


ordinata sulle linee di un piano direttore ideato affinché la vita
possa scorrere in armonia con il paesaggio naturale e senza i
contrasti che spesso nascono da conflitti sociali e di classe.
Il disegno urbano è fortemente segnato dalla regolarità della
griglia, risultato di una ben ordinata rete di strade. La struttura
di base del piano è il “settore”, un’unita rettangolare la qui
configurazione deriva direttamente dalla maglia del sistema
viario. La teoria dei settori, permette di operare,
implicitamente, sulla suddivisione della popolazione per classi,
e sull’assegnazione di alloggi differenziati in base
all’appartenenza a diversi gruppi sociali. Ciascun settore
misura 800x1200 metri; esso può avere carattere mono o
polifunzionale e una diversa densità edilizia. I settori sono
pensati come microcosmi urbani, funzionati secondo il
concetto di unita di vicinato. Alcuni settori hanno maggiore
specializzazione: i servizi pubblici, le attività commerciali a
scala urbana e il complesso degli affari sono collocati nel
settore più centrale. Le industrie sono in un settore adiacente
alla stazione ferroviaria, verso la direttrice orientale;
l’università e le attrezzature culturali sono a nord-ovest.
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Ogni settore contiene templi di ogni religione, scuole, centri di prevenzione sanitaria, centri sportivi. Vengono poi creati
ampi spazi verdi in cui si incontrano piccoli gruppi di case destinate ai più poveri.
Punto forte della città fu il suo apprezzamento popolare dovuto soprattutto alla presenza di questi ampi spazi verdi e
all’aspetto paesaggistico della città, apprezzamento che porta a un forte senso di appartenenza fra tutti i cittadini.
Nel disegno delle infrastrutture viarie Le Corbusier applicò la teoria delle “7Vs”: una griglia di strade, gerarchicamente
ordinate, innerva il territorio. Il loro sviluppo è razionale. La spina dorsale commerciale di ciascun settore, a traffico lento,
ha la funzione che in passato era svolta dalla grand-rue, con i negozi, i laboratori artigiani e la vivacità degli scambi che
sono anche uno dei dati caratteristici della tradizione indiana.
Il sistema dei parchi, attraversati da percorsi pedonali e piste ciclabili, costituisce il tessuto connettivo fra i settori; a questa
infrastruttura secondaria si sovrappone la Leisure valley, una sequenza di spazi verdi, aperti e alberati, a volte lievemente
ondulati, che seguono l’andamento di un antico torrente. È pensata come polmone verde della città ed è la principale
attrezzatura per le attività sportive e il tempo libero.
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IL CAMPIDOGLIO E IL PALAZZO DEL GOVERNATORE

Il vasto piano consacrato a ospitare gli edifici pubblici e governativi si colloca, in posizione isolata con una sua autonomia
rispetto al sistema della griglia.
Questa è l’area più suggestiva e stimolante della città: il Campidoglio, costituito da un parco e dai suoi edifici istituzionali.
È ubicato nella parte nord-est della città, in una zona ancora più elevata, a indicarne il carattere rappresentativo. Il progetto
ci mostra, attraverso il rapporto tra architettura e spazi aperti, come Le Corbusier sia riuscito con grande sensibilità ad
organizzare lo spazio tra i vari edifici, misurandolo attraverso le loro stesse dimensioni e i vuoti che li separano e come
abbia creato uno spazio continuo tra il costruito e il paesaggio naturale.
Il traffico veicolare si arresta ai margini esterni all’intero complesso, lasciando ai soli pedoni la possibilità di attraversare la
grande esplanade, che accoglie numerose vasche d’acqua, terrazze e giardini privati intorno al Palazzo del Governatore,
colline artificiali.
Le Corbusier organizzò il complesso degli edifici
occupando un vasto plateau al margine della Shiwalik
valley e delle pendici grigio azzurro dell’Himalaya, da
cui discendono anche i due corsi d’acqua che segnano i
margini estremi del piano. Le Corbusier creò in quel
modo un suo personale paesaggio, che pensò come
l’eco architettonico alla maestosità delle montagne
Himalayane che disegnano l’orizzonte: scavò fosse,
eresse collinette, inserì vasche d’acqua e elementi
scultorei, disegnò monumenti. Modellò e misurò gli
spazi liberi sulla base del Modulor, inserendo nel
programma il richiamo alle implicazioni simboliche
della geometria e ad una numerologia che mettesse in
sintonia il campidoglio con l’ordine cosmico
dell’universo.
Gli edifici vennero collocati all’interno di questo vasto
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spazio, rispondendo ad una precisa regola insediativa dettata dalla geometria generata dalla misura dell’isolato residenziale
della città. Questo ampio spazio libero è compositivamente strutturato in modo da evocare un continuo richiamo tra i tre
oggetti a “scala gigantesca”; infatti, tra il Segretariato e l’Alta Corte di Giustizia vi sono 630 metri, occupati da specchi
d’acqua che si susseguono lungo la piazza di collegamento tra gli edifici. Con la stessa logica il movimento del terreno
artificiale e i muri inclinati creano una tensione fortissima con il paesaggio circostante.

Dei quattro edifici che le Corbusier progettò per il Campidoglio, a partire dal 1952, solo tre vennero infine realizzati: l’Alta
Corte di Giustizia (1951-55), il Segretariato (1951-58) e il Parlamento (1951-61). Il Palazzo del Governatore, restò invece
sulla carta: pur essendo pronti i
progetti esecutivi, il Palazzo non
venne realizzato, poiché
considerato dal Governatore la
riproposizione di un modello
coloniale ed egli preferì abitare nel
quartiere delle Ville di
Chandigarh. Le Corbusier si
dimostrò tuttavia disponibile a
rivedere il progetto e a trasformare
gli spazi per altri scopi: i piani
sottostanti rimasero per occasioni
sociali, conferenze, mostre e
concerti. I livelli superiori
rimasero invece come
appartamenti per i visitatori
ufficiali. Il passo successivo portò
al progetto del Museum of
Knowledge con quattro istituti per
la tecnica, l’economia, la
sociologia e l’etica. Ma anch’esso
non venne realizzato.
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Il Palazzo del Governatore, disegnato


nell’aprile del 1952, avrebbe dovuto
contenere sia la residenza del
Governatore che una parte pubblica.
Era collocato in posizione simbolica a
chiusura dell’asse nord-sud che giunge
da Chandigarh, leggermente spostato
rispetto all’asse per non impedire il
prolungamento visivo verso la catena
dell’Himalaya.
Il Palazzo presentò un’inaspettata
possibilità architettonica: la riflessione
sull’acqua. Poiché la distanza tra il
Palazzo e la principale esplanade del
Campidoglio era già molto grande,
crebbe la paura che tale distanza venisse
incrementata eccessivamente a causa di
un’illusione ottica. Le Corbusier riuscì,
grazie ad un gioco di riflessioni,
disponendo vasche su livelli diversi, a
preservare senza distorsioni quella
preziosa relazione visiva. Venne cosi
mantenuto il rapporto tra gli oggetti del
paesaggio.
Il palazzo si presentava come un insieme di volumi, un’alternanza di pieni e vuoti, un gioco di chiaro-scuro che rendono la
facciata una composizione semplice ma allo stesso tempo molto articolato.
Nel progetto si coniugavano vita pubblica e privata del Governatore e le soluzioni applicate da Le Corbusier permettevano
in modo adeguato di renderle autonome e dissociate nonostante la loro sovrapposizione.
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Edificio è pensato come la sovrapposizione di due volumi pieni collegati da un piano che trasmette un senso di leggerezza e
che divide visualmente in due parti il complesso. Questa separazione rispecchia la divisione interna delle funzioni.
Ciò che attribuisce all’edificio, previsto interamente in “beton-brute”, un carattere particolare e una certa importanza è la
copertura concava presente sul tetto.
Il volume sottostante dell’edificio, si presenta più aperto e si relaziona maggiormente con l’esterno, per sottolineare la sua
funzione pubblica e invitare ad accedere all’edificio stesso. Seguendo lo stesso principio di relazione aspetto-funzione il
volume sovrastante si chiude maggiormente e vive più verso l’interno, con aperture più piccole in facciata, in accordo con la
funzione privata residenziale che possiede.
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La pianta del palazzo e il suo profilo sono il prodotto dell’applicazione delle teorie di Le Corbusier sul Modulor, basato
sull’altezza di un uomo con il braccio alzato, teorie che miravano a creare architettura a misura d’uomo.
Durante la fase di progetto, Le Corbusier si accorse di aver tenuto dei valori troppo alti del Modulor, creando un palazzo
delle dimensioni eccessive. Successive riconsiderazioni sulle proporzioni di piante e alzati permise di dimezzare il volume
della costruzione e di riportarlo alla scala umana.
Il prospetto del palazzo venne inoltre rapportato al disegno della figura umana.
Nel progetto possiamo riscontrare la presenza di tutti i concetti principali della poetica architettonica di Le Corbusier.
Centrale è l’utilizzo dei pilotis come la struttura portante, struttura che nel corso del progetto ha subito un’evoluzione
radicale parallelamente all’elaborazione della spazialita'. Da monodirezionale è diventata bidirezionale, sviluppando pilastri
a croce distribuiti secondo una maglia regolare.
In facciata questa soluzione si manifesta nella facciata libera. La facciata, infatti, svincolata dalla struttura che risulta
arretrata rispetto ad essa, può seguire una sua logica costruttiva autonoma e sviluppare liberamente le aperture.
Queste ultime derivano dello studio approfondito dell’architettura della tradizione indiana.
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Le Corbusier dirà:
“ il sole è il fattore imperativo o imperiale in questo paese… la stagione delle piogge pone egualmente una serie di problemi
molto difficili da risolvere…sole e pioggia sono i due fattori di un’architettura che deve essere al contempo parasole e
parapioggia.” (Le Corbusier, Oeuvre Complete, vol.7, p.117)
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Ciò spiega l’utilizzo costante del brise-soleil nel progetto del Palazzo del Governatore e, in modi e forme differenti, nei
progetti degli altri edifici del Campidoglio.

L’adozione dei pilotis a croce in cemento armato permise inoltre di sovrapporre strati spaziali funzionalmente autonomi
consentendo la disposizione libera delle pareti divisorie e quindi un pensiero spaziale particolare per ogni piano in accordo
con i differenti modi di abitare tali piani: è il concetto del 'plan libre'.
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Il progetto prevedeva la sovrapposizione di 5 livelli, i quali vivevano a loro volta su diversi piani sfalsati, che creavano una
ricca complessità nelle piante e in sezione.

Livello 1- 1 bis
Hall d’ingresso e reception
I due livelli quasi identici si sovrappongono dentro la loro pianta.
La divisione delle piante determina una piena in angolo in opposizione a una massa vuota esterna e bidirezionale
corrispondente a due parti del quadrato di base.
Questo assemblaggio crea uno spazio centrale limitato da pareti. Questo spazio, concepito come un vuoto interno, articola
esterno e interno. All’interno di questo vuoto si colloca una scala monumentale. Questo oggetto indipendente si eleva
liberamente su una doppia altezza e si gira in questo spazio.

Livello 2 – 2 bis
Salotto, sala da pranzo, uffici
La divisione del piano crea uno spazio che distribuisce l’insieme delle parti, la circolazione orizzontale e verticale e un
accesso al giardino.
Al di sotto di questo spazio distributivo si trova la balconata dei musicisti, che costituisce il piano 2Bis. Questo spazio di
passaggio si propaga nella maggior parte delle zone e forma in alcuni punti gallerie interne e una balconata esterna.

Livello 3
Appartamenti degli ospiti
La divisione del piano determina sul suo perimetro un circuito di balconate che sono delimitate e rese indipendenti da
piccoli elementi costruttivi, da mobili, vasi di fiori, panche.
Il nucleo centrale edificato è costituito da uno spazio centrale che distribuisce i diversi appartamenti che si organizzano su
un doppio livello: sono duplex e hanno tutti un accesso a una terrazza privata.

Livello 4
Appartamento del Governatore
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La divisione del piano determina due parti. Una è composta da linee essenzialmente curve, che disegnano un insieme di
cellule, di appartamenti indipendenti che sono degli insiemi unitari su un solo livello.
L’altra parte del piano è composta da linee rette che disegnano una sala da pranzo e uno spazio di servizio che completa
l’insieme di cellule.

Livello 5 – 5 Bis

Tetto giardino
Il livello inferiore è una piattaforma sulla quale è disposto un insieme di spazi e di oggetti multipli, sculture, vasche d’acqua.
Il giardino pensile, accessibile da una grande scala, è sormontato da una copertura concava che funge da tetto. Il giardino è
un piccolo labirinto composto da molteplici luoghi su livelli diversi e accessibili tramite scale che conducono a punti
panoramici.
Per la creazione di questa singolare spazialità Le Corbusier realizza giochi e elabora rapporti particolari.
Il Tetto-giardino restituisce all'uomo il verde, che non è solo sotto l'edificio ma anche e soprattutto sopra. Tra i giunti delle
lastre di copertura viene messo il terreno e seminati erba e piante, che hanno una funzione coibente nei confronti dei piani
inferiori e rendono lussureggiante e vivibile il tetto.
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BRASILIA

Negli anni cinquanta l’allora presidente del Brasile, Juscelino Kubitschek decise di trasferire la capitale del paese dalla città
litoranea di Rio de Janeiro ad una zona centrale, su un altopiano inabitato. Il principale obiettivo era la costruzione di una
città che favorisse la maggior integrazione del paese e lo slancio del Brasile nell’era della Modernità e che fosse simbolo di
speranze di progresso.
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Kubitschek invitò l’architetto Oscar Niemeyer, con il quale sino dall’avventura di Pampulha aveva stabilito e mantenuto
legami di profonda amicizia, a predisporre il disegno del “piano pilota” della città.
L’architetto, pur accettando di entrare nel Novacap in qualità di sovrintendente tecnico e di progettare gli edifici
rappresentativi e residenziali, rifiutò l’offerta e suggerì di aprire un apposito concorso della cui giuria farà parte.
Il piano vincitore sarà quello di Roberto
Lucio Costa.

Il progetto di Costa prevedeva due assi


che si incrociano: uno, il più breve, si
sviluppa i linea retta ed è perpendicolare
al secondo asse che è incurvato di 12.5
chilometri.
Lungo il primo sono disposti in regolare
sequenza gli edifici governativi: partendo
da oriente, la piazza dei Tre Poteri
(Governo, Parlamento, Giustizia), centro
della capitale, e il Piazzale dei Ministeri.
Volumi prismatici fra loro paralleli e
perpendicolari all’asse medesimo, ne
esaltano il carattere monumentale con il
loro ritmo serrato.

Il parco divertimento, il Centro Culturale,


le banche, gli uffici, e il centro
commerciale sono tra i due assi. Lungo
l’asse curvo è disposta la zona
residenziale.
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Importanza primaria è data alla circolazione separando nettamente il traffico automobilistico, nel quale sono evitati gli
incroci.
Il piano definisce la forma di una croce che, secondo Costa, ricorda tutte le conquiste dell’uomo:
“Brasilia nasce dal gesto primario di chi contrassegna un posto o di chi prende possesso, e segnala con una croce,
l’inesplorato altopiano centrale Brasiliano”.
Niemeyer si era posto all’opera ancora prima della
conclusione del concorso, progettando nel suo studio di
Rio l’Hotel Brasilia Palace e il Palazzo dell’Alvorada,
residenza del presidente.
Nelle opere realizzate in pienezza incondizionata di libertà
inventiva e operativa l’architetto diede sfogo al proprio
estro fantastico.

Gli edifici progettati da Niemeyer per l’Asse


Monumentale sono come grandi sculture urbane abitabili e
simboli della modernità brasiliana.
Gli edifici significativi dell’asse monumentale sono:
il Congresso, il Palazzo dell’Alvorada, il Palazzo di
Giustizia, il Teatro Nazionale, i Ministeri degli Affari
Esterni, della Giustizia, la Cattedrale.
Punto principale di questo asse è la Piazza dei Tre Poteri,
divisa dal Congresso da un breve tratto d’acqua superato
da un’aerea passerella, che risulta suggellata dalla mole
compatta del Museo della Fondazione di Brasilia e dalla
singolare presenza plastica di una torre colombiana.
Il triangolo costituito dai palazzi dei tre poteri, forma
stabile ed equilibrata, è un modo del tutto nuovo di
concepire un simbolo, un “monumento”.
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A Di Archiitettura Arta Rostami
R Ravari, SP08/09, 05.981.063

In termini stilistici, Brasilia segnò


s l’apogeo del nuovo “modernismo” deffinito dal dialog go fra l’antico, il movimento
moderno internnazionale e le sppecificità regionaali: I palazzi gov
vernativi dell’Allvorada, del Plan
nalto, e il Palazzzo di Giustizia,
hanno come rriferimento il caarattere monum mentale ed estern no dell’architetttura classica, ma
m anche l’ispirrazione onirica
dell’surrealism
mo, senza abband donare totalmente l’insegnamento razionalista moderno.
m
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PALAZZO DI ALVORADA

Il Palazzo di Alvorada riassumeva gli obiettivi del monumentale progetto della nuova capitale e divenne premessa
dell’architettura di Brasilia.
Niemeyer ha voluto dar vita ad
uno spazio -la piazza su cui si
affaccia l’Alvorada- che non
fosse né freddo, né tantomeno
richiamasse la purezza classica e
dura che deriva dalle linee rette,
ma
“ …la volevo invece piena di
forme (…) Sognanti e poetiche.
(…) Ho evitato le soluzioni in
cui le colonne, praticamente
legate al corpo principale degli
edifici, impediscono la
necessaria moltiplicazione della
prospettiva”.

L’Alvorada ha la forma di un
lungo parallelepipedo di vetro
volutamente aperto allo “sguardo
curioso della gente” ed é
caratterizzato da 22 colonne di
forma parabolica realizzate in
cemento armato.
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Lo stesso Niemeyer ha affermato di aver scelto questo tipo di colonne, più costose e complesse del tipo tradizionale a
sezione quadrata o cilindrica, perché voleva dare all’edificio un senso di leggerezza e trasmettere l’impressione che le
colonne, con la loro parte terminale a punta, fossero sospese nel vuoto.

“Creare una forma diversa, ecco l’idea che ha sempre guidato il mio lavoro”.

André Malraux, nel visitare il palazzo, esclamò:


“sono le colonne più belle che ho visto dopo le colonne greche.[…] e l’edificio suggeriva cose del passato. Il senso
orizzontale del prospetto, l’ampia veranda a proteggerlo, la piccola cappella a ricordarci, al termine della composizione, le
nostre vecchie fattorie.”[Niemeyer, Minha Arquitectura, 2005, p. 179]
Università Della Svizzera Italiana, Accademia Di Architettura Arta Rostami Ravari, SP08/09, 05.981.063
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Il Palazzo si sviluppa su tre livelli: il piano terra e il piano interrato sono destinati alla vita pubblica del presidente, mentre il
primo piano ospita la sua residenza privata.
Sono progettati da Niemeyer in modo che le due funzioni fossero correlate ma indipendenti tra loro, proprio come nel
palazzo del Governatore di Chandigarh.

“ Mentre alla vita d’un monarca assiste soltanto la corte, la vita privata d’un presidente di repubblica è di dominio pubblico.
La residenza presidenziale è perciò concepita come una casa di vetro aperta, che richiama quasi intenzionalmente lo sguardo
curioso della gente. Questa condizione di vita
pubblica influisce sulla distribuzione degli ambienti
della residenza; gli appartamenti privati riservati ai
famigliari sono relativamente piccoli, mentre largo
spazio è concesso agli ambienti destinati a far da
sfondo e palcoscenico ad avvenimenti ufficiali: sale
intercomunicanti o a piani sfalsati, rampe e anelli che
permettono di tornare allo stesso punto, terrazzi a
piano terra o a mezza altezza, superfici di specchi che
producono miraggi indefiniti e con i loro multipli
riflessi infrangono ogni barriera visuale.
Il piano principale della costruzione è sollevato a
livello delle terrazze scoperte, mentre la sala d’entrata
è una continuazione del piano terra, sicché all’interno
gli ambienti possono avere tre diverse altezze,
semplice doppia e più che doppia”.
[Papadaki, 1961, pp. 28-29]

Il piano terra contiene la hall d’ingresso, gli uffici del


presidente, la biblioteca, una sala per la musica e un
salone per i banchetti. Vi è inoltre la reception che si
trova su un livello rialzato, alla quale si accede
attraverso una rampa e che ricorda il concetto dei
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piani sfalsati nel Palazzo del Governatore di Le Corbusier. Al pian terreno si trovano inoltre i servizi annessi alla residenza,
quali cucina e sala da pranzo.
Altri spazi destinati ai servizi si trovano nel piano interrato insieme a saloni pubblici per l’intrattenimento e avvenimenti
ufficiali.
Al piano superiore si trovano invece le stanze più intime e private della residenza.
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Collegata al palazzo, vi è la cappella presidenziale.


Concepita come una oscura cripta in cui un solo fascio di luce ne è protagonista, un eremo dove ritirarsi per concentrarsi e
meditare. In pianta si configura come la sovrapposizione di due semicerchi di raggio diverso, e nell’alzato come un elicoide
continuo.
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Niemeyer produsse due schemi per l’edificio. Il secondo nacque dalla richiesta di Kubitschek di qualcosa di più particolare
e che “venisse ammirato a 100 anni di distanza”.
Per ottenere maggiore semplicità e purezza di forme, Niemeyer accentuò l’orizzontalità dell’edificio aumentandone la
lunghezza e riducendolo in larghezza e altezza. Allineò inoltre la cappella presidenziale con la casa, semplificò gli interni,
diede forma di diamante alle colonne, abbassò l’entrata, eliminò la rampa cerimoniale e altri elementi secondari.
Elemento che conferisce importanza e carattere istituzionale all’edificio sono le colonne rivestite di marmo che non
sorreggono trabeazione e non poggiano sul solido stilobate che in genere caratterizzava i colonnati coloniali.

Il profilo delle colonne disegna lunghe curve ispirate a quelle del berimbau (strumento musicale a corde pizzicate diffuse in
Brasile). Esse sembrano appena toccare il suolo e sembrano non essere sottoposte ad alcuno sforzo nel portare la copertura
piana delicatamente incurvata verso l’alto e sorprendentemente sottile (15cm) e leggera.

Il rivestimento in marmo sul lato corto dell’edificio nasconde la giuntura del tetto, facendolo sembrare una lastra unica.
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Infatti esso è formato da una lastra centrale, che si assottiglia verso i bordi e che si appoggia e proietta, fiancheggiata da due
lastre leggermente incurvate che sormontano la lunga veranda. Queste due coperture laterali cominciano sotto il livello della
lastra principale e raggiungono l’altezza della soletta centrale di copertura nel punto in cui incontrano il colonnato esterno in
marmo.
Nel primo schema non vi era questa galleria estera e il colonnato era al livello della vetrata.
L’introduzione della loggia diminuì il ruolo strutturale del colonnato, la cui configurazione venne comunque tenuta per la
sua forza espressiva ed eleganza. Tra le sezioni sovrapposte del tetto sono nascoste travi di calcestruzzo e un illuminazione
artificiale.
L’incontro con il terreno delle colonne sembra avvenire in un solo punto, e lo spazio tra di esse disegna un iperbole.
L’assottigliamento nella parte superiore della loro sezione le fa apparire molto sottili e produce continui giochi di luce-
ombra. Questo accentua le loro qualità plastiche e conferisce loro un’aria di fragilità.
Godendo della luminosità di Brasilia, questo maestoso colonnato si riflette nel pavimento in granito nero lucido della
veranda e nell’acqua delle vasca che si attraversa per accedere al palazzo.

“La riflessione trasforma il colonnato in un portico etereo dell’antichità classica, come per proporre e risolvere la dualità tra
antico e moderno.
L’impressione è di un sogno classico diventato realtà del Brasile.”
(David Underwood, 1994b, p.107)
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CHANDIGARH E BRASILIA

Il confronto fra la realizzazione della nuova capitale del Punjab e quella del Brasile democratico inizia con accostamento fra
le due personalità politiche –il primo ministro indiano Jawaherlal Nehru e il presidente brasiliano Juscelino Kubitschek de
Oliveira, che, con obiettivi analoghi, misero al centro del loro mandato la costruzione di una città-simbolo dell’identità
nazionale.
Entrambi i piani maturarono in paesi in via di sviluppo e furono espressione di programmi politici progressisti.

Nel caso indiano l’obiettivo del Nehru era quello di risarcire le popolazioni del Punjab, regione al confine settentrionale,
prossima alle catene montuose dell’Himalaya, della perdita di Lahore, loro antica capitale.
Il suo scopo era di rafforzare la fiducia delle popolazioni nello stato centrale e dare accoglienza alle migliaia di profughi
provenienti dalle zone passate sotto il governo pakistano.

Anche il brasiliano Kubitschek pensa ad una capitale che sia il simbolo del suo impegno verso la nuova unità politica e
culturale della nazione, ma il suo progetto ripropone un vecchio sogno colonialista di espansione verso il centro del paese e
si propone di riequilibrare la spinta allo sviluppo e all’americanismo che ha portato all’esplosione demografica e urbana
delle città maggiori, spostando le risorse economiche lontano dalla costa atlantica. Di conseguenza, la costruzione di
Brasilia –capitale nel cuore del territorio amazzonico, localizzata su un altopiano semi-desertico,a circa mille metri
d’altezza,denominato Planalto centrale - viene accompagnata dall’apertura di una fitta rete di strade di comunicazione con il
resto del paese.
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Da un lato la nuova capitale diventò polo di attrazione e base di partenza per un’ulteriore penetrazione nelle zone più
centrali del territorio brasiliano; dall’altro si configurò come espressione della volontà di affermazione della vitalità
economica e politica del brasile democratico.

La costruzione di Chandigarh precede quella di Brasilia e ne diviene di fatto il modello.


Rispetto al team internazionale, anglo-franco-svizzero, a Brasilia ci troviamo di fronte a una situazione di lavoro più
tradizionale, con due soli progettisti, entrambi brasiliani, e un numero limitatissimo di altri designer.
Lucio Costa (1902-1998) è responsabile del disegno del piano, mentre a Oscar Niemeyer è affidata l’architettura dei
principali edifici pubblici.

Ambizioso tanto quanto quello di Chandigarh, il piano di Brasilia, noto come “plano piloto”, mostra sia nelle sue premesse,
sia nelle architetture che lo caratterizzano, aspetti molto originali e sarebbe quindi fuorviante cercare un confronto
sistematico fra i due.

Il piano per Brasilia è pensato per 700.000 abitanti, da distribuire in comparti residenziali, denominati superquadra, che
sono la risposta brasiliana ai settori di Chandigarh.

Mentre a Chandigarh lo studio delle strade e dei collegamenti fra i settori rappresenta uno degli aspetti innovativi del
progetto lecobusieriano al pari delle risoluzione data al programma paesaggistico, non altrettanto avviene a Brasilia, città
pensata unicamente in funzione del traffico automobilistico. Simbolo dell’impegno del presidente Kubitschek in favore
dello sviluppo industriale, Brasilia celebra appieno il mito dell’automobile, favorendo la realizzazione di fasci autostradali,
creando barriere invalicabili che accentuano l’isolamento fra la residenza e il terziario. Fortemente penalizzata è anche la
progettazione degli spazi verdi pubblici e per il tempo libero.

Il Palazzo dell’Alvorada a Brasilia e il Palazzo del Governatore a Chandigarh si inseriscono all’interno dei rispettivi progetti
per l’edificazione di città capitali dal niente.
Dovendo rispettare l’esigenza e le volontà di due presidenti con interessi e priorità diversi, pur nascendo da concetti
fondamentali comuni, si differenziano molto l’uno dall’altro. Il risultato finale sono due progetti che non sembrano avere
nulla in comune.
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Troviamo punti di contatto nella convivenza all’interno dello stesso edificio di due funzioni diverse, privata e pubblica, che
pur sovrapponendosi e integrandosi riescono a mantenere la loro autonomia e nella presenza di piani sfalsati che creano
maggiore complessità in sezione.
Presente in entrambe i progetti è inoltre il tema delle vasche d’acqua che crea continui e magici giochi di riflessione.
Inoltre ritroviamo in Niemeyer concetti chiave della concezione del maestro, in quanto egli riteneva Le Corbusier modello e
fonte di ispirazione: l’uso del pilastro come elemento strutturale che deve essere lasciato in vista nello spazio, e la presenza
del plan libre, in cui la disposizione degli spazi sul piano e delle pareti divisorie si svincola dalla struttura.
Seguendo le diverse esigenze dei loro committenti i due palazzi si allontanano soprattutto per quanto riguarda lo stile e l’uso
dei materiali.

“ Aucune idee decorative, aucune recherche decorative, mais la clartè de l’intention et la poesie des rapports.”
(Le Corbusier, Oeuvre complete vol. 5. 1946-1952, op. cit. 142)

Mentre in Le Corbusier prevalgono la semplicità e l’autenticità’, in Niemeyer troviamo più monumentalità e maggiore
ricerca di eleganza. Nell’Alvorada questa maggiore raffinatezza si manifesta soprattutto nella ricercatezza dei materiali
come il marmo dei rivestimenti e il granito nero lucido dei pavimenti della veranda.
Inoltre al volume pieno e pesante in beton-brute di Le Corbusier, si contrappone il volume leggero in vetro di Niemeyer.
Nonostante tutte le differenze, i due progetti si inseriscono con coerenza all’interno dei rispettivi piani urbanistici, definendo
gli spazi principali della vita istituzionale della città, il Campidoglio e Piazza dei Tre Poteri, completandone geometria e
principio.

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