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In copertina:
Demanialità
ossia possibilità, modo e varietà
dell'unione carnale dell'uomo col demonio
A cura di
Carlo Carena
Sellerio editore
r986 © Sellerio editore via Siracusa 50 Palermo
Demanialità
Sommario 23
Demonialità 33
Prova della demoni ali tà 95
Pene 98
Note 99
7
Introduzione
di
Carlo Carena
Ludovico Maria Sinistrari era nativo di un villaggio della
sponda orientale del lago d'Orta, di radicate tradizioni ecclesia-
stiche e noto per un convento di Francescani.
La Riviera del Cusio - o di San Giulio come preferivano chia-
marla dal nome del patrono i suoi storici clericali e anche laici -
si fregia va sin dai tempi di Otone I del privilegio di essere un
feudo del vescovo di No vara, incuneato fra i possessi assai mo-
bili, incerti e meno avventurati di Francesi, Spagnoli e Piemon-
tesi, che in fasi alterne premevano dalla Lombardia o dal Pie-
monte. Le acque del lago erano, cosl, abbastanza tranquille e
sui pendii rivieraschi la gente menava una vita agricola e pesche-
reccia non lauta, come tutti i Prealpini, ma nemmeno troppo
miserabile, per i tempi.
A metà Seicento, Cappuccini e Minori si dividevano in quel
gregge pio le festività, le quaresime, le questue in conventini
arroccati su modeste cime o collegati a modesti luoghi di de-
.
voz1one.
Questi i punti cardinali entro cui nasce e dopo una brillante
carriera sarebbe tornato il Sinistrati nel declino della vita. Egli
stesso ne offre all'inizio della sua opera maggiore questo qua-
dretto animato e non del tutto superato: 1
Il luogo, remoto dalle ville mondane, è privo dei fastidi che ne
derivano. La salubrità del clima e la composizione equilibrata del-
1'aria di cui gode sono prodigiose. I colli digradano dolcemente e
su una cima, coronata da una cinta di mura, sorge un convento da
cui si gode una vista da ogni parte meravigliosa. Verso oriente un
fiume pescoso, l'Agogna, lambisce le falde dell'altura. A mezzogiorno
si stende la pianura lombarda con cui confina, ed offre a chi la ri-
II
guarda la veduta di Milano, Novara, Vercelli, di città e villaggi quasi
incalcolabili, disseminati su quel suolo fertilissimo. A occidente il
lago di San Giulio con l'isola, capitale di tutta la Riviera, adorna
a sua volta di molti paeselli e rocche che le fanno corona, proscenio
piacevolissimo di quello spettacolo. A settentrione appaiono in una
profonda arcata poggi coltivati a vite e frutteti e, alle loro falde, il
pianeggirare di prati, campi, boschetti qua e là sparsi, che nel loro
grembo accolgono un abitato di nome pari all'amenità del luogo:
Ameno.
Principale biografo del Sinistrari sarà il nipote Lazaro Ago-
stino Cotta, causidico a Milano fra Sei e Settecento, storico del
lago d'Orta, poligrafo e antiquario ambizioso, amico del Mu-
ratori.2 Nella Stanza seconda (Letterati), pagine 219-24, del suo
Museo novarese (Novara 1701 ), egli ne delinea il profilo narran-
do come lo zio fosse nato ad Ameno il 26 (in realtà 27) 3 feb-
braio del 1632 e prendesse l'abito dei Minori Osservanti Rifor-
mati a Pavia. Lì studiò, anche da autodidatta, fino a divenire
professore assai ascoltato di Teologia, Geometria, Architettura
militare, « Astrologia in ordine alla medicina », Matematica, sl
che nel I 667 fu chiamato all'insegnamento nell'Università. Ac-
colto nell'Accademia degli Affidati,4 vi assunse il nome di Panfilo
e l'impresa « Ad omnia ». Quale consultore del Sant'Uffizio, nel
1670 scopri e fece condannare l'eretico Girolamo Rivarola, che
finì bruciato sul rogo a Roma per sentenza dell'Inquisizione. 5
12
Nel 1683 il Sinistrari è a Roma e si dà con imprevisto successo
al diritto; compila gli statuti del proprio ordine, è assistente del
ministro generale dei Francescani, consigliere dell'Inquisizione
per le opere a stampa. Nel 1686 passa ad Avignone quale vi-
cario di quell'arcivescovo. Il clima ventoso, poco confacente alla
sua salute (soffriva di gotta), se non il clima politico di quel terri-
torio disputato al papa dal re di Francia, lo induce a tornare a
Roma solo due anni più tardi; finché nel '94, dopo tre lustri di
assenza, rientra per qualche tempo al convento del Mesma sopra
la natia Ameno, poi a Pavia e a Milano quale teologo dell'arci-
vescovo e cardinale Caccia, dedicandosi all'elaborazione del suo
fondamentale testo di pratica criminale. E a Milano, nel con-
vento del Giardino, il Sinistrari muore addì 6 marzo 1701, a
sessantanove anni di età.6
Questo schizzo è completato da altre notizie sparse all'oc-
casione in altri lavori del Cotta, soprattutto, in forma abbastan-
za pulita, nell'elenco dei letterati di Ameno da lui steso per il
quarto libro della sua fondamentale Corografia della Riviera dt
San Giulio. 7 Se ne ricava fra l'altro che, vestito l'abito religioso
il 30 maggio del 1647, il Sinistrari divenne predicatore applau-
dito e in filosofia seguì la scuola - materialistica! - di Democrito
e d'altri, polemizzando con quelle allora correnti di Platone e
Aristotele. Ad Avignone combatté i Giansenisti, a Roma ribatté
su incarico del Sant'Uffizio alle eresie quietiste di Miguel Mo-
linos. Si dilettò di fisiognomica e chiromanzia, di letteratura
ebraica. Esercitò più volte gli esorcismi e in Casale Monferrato,
d'ordine di quel vescovo, istituì un processo contro un demonio
renitente ad ogni intervento. In quell'occasione il demonio stesso
gli avrebbe scritto una lettera, che il frate conservò presso di sé
13
senza mai rivelarne né la scrittura né il contenuto. In un altro
processo difese invece un religioso imputato di negromanzia. 8
Coltivò a fondo l'astrologia, ricavandone alcune norme poi pro-
vate per vere, come quella che affinché uno muoia di morte vio-
lenta deve predominare in tale giornata una congiunzione celeste
maligna; 9 predisse in base al suo oroscopo ad un compagno di
studi che a una certa età e certo mese sarebbe stato elevato alla
dignità di generale dell'ordine francescano, ciò che puntualmente
si verificò. Curioso di medicina, con l'osservazione giornaliera
del progredire di due pulcini in due uova fatte covare da una gal-
lina, dimostrò la falsità dell'opinione dei medici del tempo, se-
condo cui è il cuore il primo organo a farmarsi.
L'aspetto fisico di padre Ludovico ci è presentato dalla nota
biografica che precede l'edizione Giannini delle sue opere ( Ro-
ma 1753-54): 10 viene descritto come di grossa corporatura e
statura alta, volto nobile, fronte spaziosa, occhi accesi, colorito
vivace; era conversatore faceto e spiritoso.
8 Per rapporti diretti del Sinistrati col demonio vedi anche Daemo-
nialitas, numero 72. Tra i suoi confratelli del convento del Mesma esisteva
una consistente tradizione esorcistica: un intervento è riferito per il I648
dalle Memorie del convento stesso ad opera di un fratello laico, tale Gre-
gorio da Traona, su un'ossessa dei dintorni (dr. G. Pagani, Notizie storiche
del Convento di Mesima, cit., p. 6r).
9 In proposito viene narrato l'episodio secondo cui furono dileggiati
il padre Ludovico e la sua astrologia un giorno che a Pavia venne im-
piccato un reo senza che le congiunzioni stellari gli fossero sfavorevoli: ma
appena deposto in chiesa il cadavere cominciò a respirare e gemere, e so-
pravvisse ancora due giorni, fino ad accreditare quella dottrina.
10 Vol. I, p. xu. Nel convento del Mesma si conserv a tuttora un suo
1
14
(Milano 1660) sotto lo pseudonimo anagrammatico di Clodoveo
Farvamondi; nello stesso anno compose una prima orazione sa-
cra e una Praxis astrologica, addentrandosi in dispute con la « pic-
cante e arguta » Cometa semper cometa ( 166 5 ). Nel 1666 scrisse
un elogio funebre di Filippo IV di Spagna e nel 1689 un altro per
Innocenzo x1; numerosi i panegirici recitati con successo in
chiese e santuari e poi stampa ti.
Più curiosa La Pirlonea, « commedia fantastica, faceta, e ri-
dicola», pubblicata una prima volta a Milano nel 1666 e anche
poi nelle numerose edizioni successive sotto il nome del nipote
Lazaro Agostino Cotta, certamente per essere quello uno « sfogo
lepido, et ingegnoso [ ... ] d'età giovanile », come dichiara il Cotta
stesso in una sua nota manoscritta. 12 Il titolo deriva all'opera, in
cinque atti ambientati a Ferrara, dal protagonista Dottor Pirlone
(= Girone) e si presenta col consueto canovaccio di matrimonio
arruffato, in un'irta mescolanza di dialetti parlati dai vari perso-
naggi, fra cui un fracassa napoletano (Capitan Rinoceronte), un
servo bergamasco (Schioppetto), la figlia di Pirlone (Placidia) e
il suo innamorato (Aquilino).
Ma la fama più soda del Sinistrari fu affidata in vita e dopo
morte a quel complesso di tre grossi testi in cui ideò di offri-
re, rispondendo alle sollecitazioni del suo ordine, un commento
generale al diritto penale: la Practica criminalis illustrata, Roma
1693, Milano 17022, trattato esplicativo di procedura penale per
gli ecclesiastici; il Formularium criminale, prontuario delle for-
mule ricorrenti nel processo penale, collegato e stampato come
volume secondo della Practica, ma ancora a sé in quinta edi-
zione nel 1760; il De delictis et poenis, titolo auspicatissimo,
contenente l'analisi delle colpe e relative sanzioni, esteso al di
fuori della tematica ecclesiastica verso la civile, utile soprattutto
ai giudici e avvocati del foro ecclesiastico, a prelati, frati e con-
fessori, ma anche a laici; lavoro iniziato al Mesma, completato a
15
Milano negli ultimi anni di vita dell'autore, 13 e uscito a Venezia
nel 1700 poco prima della sua morte, poi, con i due precedenti
volumi, nella grande edizione in tre tomi dell'editore Giannini,
a Roma, nel 1753-54.14
Il De delictis et poenis si suddivide in nove Titoli, per nove
generi di reati, ciascuno suddiviso in paragrafi per ogni singolo
reato. Data ogni volta la definizione e i problemi che ne deriva-
no, si passa alla ripartizione e alla varietà del genere, analizzando
la natura morale e teologica del reato stesso e indicando i suoi
riflessi, le sanzioni canoniche e le pene relative.
16
Novarien[ sis J I6 99, che si trova manoscritto presso la Biblioteca
Ambrosiana di Milano nel coacervo di testi manoscritti e a stampa
adunati in vita dal nipote Cotta e ora presso quella biblioteca. 16
Al sommario, di 115 numeri, e nei titoli correnti esso appare
come una sezione del De delictis, dove la voce « Daemonialitas »
occupa il paragrafo 13 del titolo quarto (ediz. 1701, pp. 173-77;
ediz. 1754, vol. III, pp. 249-54), con la corrispondenza fra il te-
sto manoscritto e a stampa dei numeri 1-27, di 112-15 a 28-31,
di 116-21 a 32-37, mentre l'ampia parte centrale, più personale
e argomentativa, risulta nel solo manoscritto. Ad esso l'autore ha
riservato tutta la documentazione e discussione storica, teologica
ed esegetica, e l'approfondimento della natura demoniaca, quale
interviene nel rapporto con creature umane.
Lo stesso testo compare anche 17 in un manoscritto attual-
mente alla Biblioteca Casanatense di Roma; e una terza copia cor-
reva ancora nel secolo scorso in Inghilterra e dava luogo alle
prime edizioni a stampa fuori d'Italia dell'opuscolo del Sini-
strari, capace d'incuriosire per 1'argomento e la trattazione i
cultori delle bibliotechine galanti.
Nel r 8 7 5 appariva infatti a Parigi un volumetto in 8°
di 224 pagine, pubblicato da Isidore Liseux, stampatore in Rue
Bonaparte 2 e noto bibliofilo, col titolo De la Démonialité et
des animaux incubes et succubes, où l'on prouve qu'il existe sur
terre des créatures raisonnables autre que l'homme ayant camme
lui un corps et une ame, naissant et mourant camme lui, ra-
chetées par N. S. ]ésus-Christ et capables de salut ou de damna-
tion, par le R. P. Louis-Marie Sinistrari d'Ameno. [ ... J Ouvrage
inédit, publié d' apres le manuscript origina! et traduit du latin, par
Isidore Liseux, contenente, con la traduzione francese, il testo
latino a fronte. Nella curiosa e si direbbe immaginosa introduzio-
ne, viene detto fra l'altro che il Liseux un giorno dell'anno I 8 7 2
a Londra, presso il libraio antiquario Mr Allen in Euston Road,
s'imbatté in un manoscritto dal titolo De Daemonialitate, et
I ncubis, et Succubis, manoscritto italiano seicentesco ottima-
18
con pochissimi anche se significativi elementi scientifici, che pur
fanno qua e là capolino nel mare dell'assurdo più assoluto.
Le contraddizioni, le confusioni del suo tempo e della sua
propria mente si ripercuotono sull'oscura esplorazione del Sini-
strari: che non si occupa, occorre sottolineare, di Satana e dei
diavoli canonici, ma di quelle creature, a suo dire, razionali,
non immateriali, passionali e sensitive, che si aggirano nel mondo,
non necessariamente malvage e certo non infernali, capaci di
rapporti, particolarmente sessuali, con creature umane. Questi
«incubi» appaiono come esseri dotati anche loro di anima e di
corpo, un corpo più sottile ed aereo, tale da attraversare oggetti
materiali, dannati dal peccato e redenti come l'uomo, e come
l'uomo capaci di perdersi o salvarsi, particolarmente lubrichi e
avidi: non dunque il Diavolo luciferino, nemmeno il dafmon 20
socratico, ma piuttosto i satiri o fauni libidinosi della classicità
o i folletti e nani maliziosi delle fantasie nordiche.21
I problemi teologici, morali o semplicemente fisici suscitati
dall'esistenza di esseri cosl configurati e dalla loro indubitata
congiunzione con donne e uomini ingombrano il pensiero e lo
scritto del Sinistrari; che se nel suo maggior trattato non acco-
glie, logicamente, che gli aspetti giuridici, etici e religiosi del
rapporto carnale col demonio, qui ne affronta impavidamente
tutti gli aspetti, le interpretazioni e implicazioni, esempio sublime
di letteratura seicentesca, di mentalità controriformistica e di
pretesa monastica.
In questo senso sono pagine esemplari. Si caratterizzano se
mai per certa bonomia e arguzia tipiche di un frate dotato, come
s'è visto sopra, di conversazione sapida; lepido negli abbondanti
excursus di autentico novelliere; acrobatico nella ricerca di solu-
zioni impossibili, sottile nello sfruttamento delle Scritture e ben
dotato di cultura anche classica, a cui si abbandona volentieri
nel citare Livio o Gellio, Curzio Rufo o Ovidio accanto a san
Giovanni e Gerolamo.
19
Per il resto, lasciamo ai tecnici la valutazione più specifica
del trattatello e delle idee, nel grande mare della letteratura de-
moniaca e stregonesca, sottolineando ancora una volta la pecu-
liarità della visione del Sinistrari sugli amabili, beffardi, sensuali
ma poco peccaminosi esseri che attentavano alla castità umana
senza commettere o far commettere, poi, peccati eccessivi se il
dotto moralista conclude (numero I 14) che il demonio incubo
« in quanto spirito razionale e immortale, è pari all'uomo; in
quanto poi al suo corpo, più nobile e sottile, è più perfetto e rag-
guardevole dell'uomo. Perciò l'essere umano che si congiunge
con un incubo non avvilisce la propria natura, ma l'esalta ». Fi-
nale degno di un sofista libertino più che di un moralista in-
quisitori aie.
CARLO CARENA
20
Demoniali tà
Sommario
24
29. I demoni incubi inducono solo a peccare contro la castità,
non contro la religione.
30. Nascita occasionale di uomini dall'accoppiamento di un
incubo con una donna. - Storie di molti uomini nati da incubi. -
Il modo della loro generazione secondo il V allesio.
3 r. Contro la spiegazione addotta sulla generazione umana dal
demonio incubo. - La vitalità del seme umano risiede nello spiri-
to. - La generazione è un atto vitale. - Se nella generazione umana
concorre una duplice causalità, materiale ed efficiente.
25
41. La filosofia nota agli uomini non svela tutti i misteri del-
la natura. - Ogni giorno si scoprono nuove meraviglie.
42. La Sacra Scrittura tramanda quanto serve per credere,
sperare e amare. - È stolto negare l'esistenza di una cosa per il
solo fatto che non se ne parla nella Sacra Scrittura.
43. Nulla contraddice la possibilità dell'esistenza di creature
razionali a metà fra gli angeli e gli uomini.
44. Meglio si stabilisce la possibilità di tali creature smon-
tando le argomentazioni contrarie; ovvero interrogativi al ri-
guardo.
4 5. Primo interroga ti vo: tali crea ture sono animali razionali?
46. Risposta affermativa.
47. Secondo interrogativo: quando furono create?
48. Risposta: se di fatto esistono, furono create all'inizio del
mondo.
49. Terzo interrogativo: furono procreate da una sola come
l'uomo, o create in molte come i bruti?
50. Risposta: è possibile l'uno e l'altro caso.
5r. Quarto interrogativo: quale sarebbe la forma dei loro
corpi?
52. Risposta: logicamente dovrebbero riprodurre la forma
del corpo umano. - Il corpo umano è il più perfetto, superiore a
tutti i bruti.
53. Obiezione contro gli argomenti precedenti.
27
70. Risposta impugnata. - Il demonio cattivo, ma non l'in-
cubo, invade i corpi umani. - Cacciata degli incubi mediante og-
getti naturali, senza alcuna cerimonia sacra.
71. Storia di una fanciulla in un monastero amata da un in-
cubo. - Esistenza di demoni aerei, ignei, acquei, terrestri e sotter-
ranei. - Cacciata dell'incubo mediante un suffumigio.
72. Storia di un incubo che tormentava un monaco, cacciato
da certe erbe.
7 3. Conclusione addotta dalle due storie: gli incubi sono
cacciati da oggetti naturali.
74. S'impugna l'opinione di chi sostiene che il demonio al-
lontanato da Sara non fu cacciato dal fumo del fegato del pesce. -
Il pesce callionimo preso da Tobia. - Mai bisogna allontanarsi dal
senso letterale della Scrittura se non ne derivino conseguenze as-
surde. - Esame delle parole dell'angelo Raffaele a Tobia.
75. È bestemmia dire che l'angelo poté mentire. - Prova del-
la cacciata del demonio in virtù del fumo del fegato del pesce. -
Incongruenza di un miracolo seguito ad un evento naturale.
76. La cecità di Tobia curata dalla virtù naturale del fegato
del pesce. - Il pesce callonymus in italiano è ' bocca in capo '. -
La virtù dell'angelo Raffaele legò Asmodeo nel deserto dell'Alto
Egitto.
77. Terzo argomento a prova dell'esistenza degli incubi, co-
stituiti di corpo e anima. - Storia di sant'Antonio e del satiro, o
incubo.
78. Questa storia è indubitabile e canonizzata.
79. Esame delle parole del satiro a sant'Antonio, da cui si
deduce l'esistenza di questi incubi. - Fuga del diavolo al segno
di croce.
80. Prova che il satiro era un animale mortale.
8I . Prova che era un animale razionale.
82. Prova che il satiro era capace di beatitudine ma ancora
•
per via.
8 3. Prova che non era solo ma ne esistevano molti della sua
specie. - Loro vita sociale. - Non sempre abitano nel deserto.
84. Prova che era un demonio incubo.
8 5. Apparizione frequente di nanerottoli nelle miniere. - La
loro apparizione segno di ottimo guadagno.
86. Pietro Tireo nega l'esistenza di nanerottoli sotterranei.
87. Argomenti del Tireo non cogenti e già confutati più
sopra. - Ubicazione della dimora degli incubi.
88. È possibile addurre, per la conclusione raggiunta, l'auto-
rità di molti Padri; per brevità si dànno solo i passi autorevoli
di sant'Agostino. - Prova con nove passi di sant'Agostino.
89. Il parere è corroborato dall'autorità della Sacra Scrittura
(Salmi). - Abituale interpretazione mistica.
90. Ricerca del senso letterale per il salmo, storico e non
profetico.
91. Spiegazione di alcuni del motivo per cui la manna viene
chiamata da Davide « pane degli angeli».
92. Obiezioni alla spiegazione suddetta. - La Sacra Scrittura
chiama il pane ' di qualcuno ' quello di colui che se ne ciba. -
Si può intendere come « pane degli angeli » quello di cui si nu-
trono gli incubi aerei.
9 3. Conclusione approvata. - In che consiste la vita degli
esseri senzienti.
94. Gli incubi urtati dalle cose a loro contrarie e rallegrati
dalle convenienti. - Natura della manna degli Ebrei e sua diffe-
renza dalla nostrana. - Natura della manna che usiamo per me-
dicina. - La manna degli Ebrei sostanza tenue e alimento degli
incubi.
9 5. Altra citazione del Vangelo in appoggio della conclusione
principale. - Spiegazione comune delle pecore dell'altro ovile di
cui parla Cristo, e cioè i Gentili.
96. Insoddisfazione per tale spiegazione. - Unità passata e fu-
29
tura della Chiesa dei fedeli, con a capo Gesù Cristo. - La vera
fede in un Dio trino e uno, e nella sua Incarnazione, passione
e resurrezione rivelata ad Adamo e da lui trasmessa ai suoi figli. -
I molti Gentili di santa vita anteriori a Cristo membri della vera
Chiesa. - Prima di Cristo gli Ebrei fedeli membri di una Chiesa
non diversa da quella dei Gentili fedeli.
97. Cristo vaticinato dai Gentili come dagli Ebrei. - Aspet-
tato dagli uni come dagli altri. - Manifestato ai Gentili come ai
Giudei. - Segni dell'avvento di Cristo manifestati ai Gentili come
agli Israeliti.
98.Conclusione: l'altro ovile di cui parlò Cristo mostra que-
sti incubi capaci di beatitudine e dannazione.
99. Conferma di tale conclusione.
100.A tale conclusione conviene quanto fu detto sopra del
satiro e di sant'Antonio.
101. Altra storia corroborante, riferita dal Baronia.
Conclusione principale di quanto precede: esistono de-
102.
moni corporei detti incubi.
1 o 3.
Gli obiettori saranno tenuti a demolire gli argomenti
addotti, a indicare chi sono i folletti e a render conto dei relativi
fenomeni.
104.Soluzione del problema di come una donna può essere
ingravidata da un demonio. - Concepimento dal seme dell'incubo. -
Tale la generazione dei giganti.
o 5. Conferma della precedente conclusione. - Gli animali
I
generati da genitori di specie diverse non generano.
106. Obiezioni in contrario.
107. Risposta all'obiezione.
108. Nuova obiezione.
109.Risposta all'obiezione, e motivo per cui gli incubi ai
nostri tempi non generano più i giganti come una volta.
1I o. L'aria anteriormente al diluvio non cosl densa come
30
ora. - Motivo per cui gli incubi aerei non scendono in terra se
non per forza.
111.Differenza fra l'accoppiamento dell'incubo nel proprio
corpo con la donna e quello in un corpo adattato.
112.Valutazione necessaria della gravità dell'accoppiamento
con un diavolo o con un incubo.
113. In quale senso l'accoppiamento delle streghe col dia-
volo sia il massimo dei crimini carnali. - Astrazion fatta dall'apo-
stasia dalla fede eccetera, l'accoppiamento delle streghe si ridu-
ce a semplice polluzione. - Variazione affettiva e differenza dalla
semplice polluzione.
114. Gravità non maggiore della demonialità con un incubo
rispetto alla bestialità, secondo una considerazione.
115. Motivo per cui viene comunemente considerata più
grave.
116. Per la prova del crimine di demanialità occorre di-
.
st1nguere.
117. Indizi probatori dell'accoppiamento di streghe col de-
.
mon10.
1 18. È richiesta la confessione del delinquente per la pro-
va completa.
119. Storia della monaca che aveva commercio con un in-
cubo.
120. In assenza di indizi quali quelli della storia sopra ri-
ferita si può passare alla tortura.
121. Le pene, e la remissione, per le streghe.
31
Demanialità
33
§ Mollities, nurn. '). abbiamo detto sopra. 4 Dunque san Tommaso volle pre-
cisare il rapporto con un oggetto vivente diverso dall'uo-
mo, cioè bruto, né certo intese l'accoppiamento con un
demonio.
34
5. Se ne ha conferma in questo: nei peccati contro na-
tura l'emissione innaturale di seme, quella cioè che nor-
malmente non può dar luogo a procreazione, costituisce un
genere, ma il soggetto passivo della seminagione è l'elemen-
to differente che costituisce la specie del genere. Per cui la
seminagione fatta in terra o su un corpo inanimato è de-
pravazione; con un essere umano nel condotto posteriore,
sodomia; con un bruto, bestialità: azioni tutte di specie
incontrovertibilmente diversa, dal momento che sono di
specie diversa la terra, il cadavere, l'uomo e il bruto, sog-
getti passivi della seminagione. Ma il demonio non diffe-
risce dal bruto solo per la specie, bensì più che per la spe-
cie, essendo l'uno corporeo, l'altro incorporeo: e ciò com-
porta differenza di genere. Ne consegue che le emissioni
di seme attuate con i demoni differiscono fra loro per spe-
cie, secondo quanto ci proponevamo di dimostrare.
35
8. Inoltre, per ammissione di tutti i teologi morali il
congiungimento col demonio è assai più grave di quello con
qualsiasi altro animale, e all'interno della medesima « spe-
cie specialissima » di peccati non ne esistono di più e me-
no gravi, bensl tutti sono della medesima gravità; accop-
piarsi con una cagna, un'asina, una cavalla eccetera è la
stessa cosa. Ne segue che, posta la maggior gravità della
demanialità rispetto alla bestialità, non appartengono en-
trambe alla medesima specie. Né diremo che la maggior
gravità della demonialità va dedotta dall'empietà o dalla
malizia presenti nei patti col diavolo, secondo quanto scri-
Caiet., ad 2.2, quaest. ve il Caetano. Ciò infatti non si verifica in alcuni rapporti
154, art. 11, § Ad
tertium in fin. con demoni incubi e succubi, come abbiamo detto; 9 e poi,
nella demanialità si riconosce una gravità maggiore rispet-
to alla bestialità nel genere dei vizi contro natura, però una
maggior gravità che non riguarda l'empietà, estranea a ta-
le genere di peccato; dunque essa non rende la bestialità
di per sé più grave all'interno di quel genere di peccati.
37
da streghe sotto tortura durante il procedimento penale,
Guacc ., Compend. e che Francesco Maria Guaccio ha sintetizzato, la promes-
malefic., cap. 7 per
tot, lib. p. sa consiste in undici punti.
39
ro di sovvenirli sempre prontamente e soddisfare in que-
sto modo tutti i loro desideri, nonché dar loro la felicità
dopo morti. Compiuta cosl la professione solenne, viene
assegnato a ciascuno un diavolo, detto il Maestrino, col
quale si appartano e uniscono fisicamente. Il suo aspetto
è di donna, se a iniziarsi è un uomo, di uomo e talvolta di
Guacc., Zoe. cit., tot.
42 et 43.
satiro o caprone se è una donna a professarsi strega.
41
esorcismi; essi non rispettano gli oggetti sacri, manifestan-
do paura al loro avvicinarsi come fanno i demoni che
tormentano gli ossessi. Gli spiriti maligni sono sl ostinati
e resistono agli ordini degli esorcisti di lasciare i corpi da
loro posseduti; tuttavia basta proferire il santissimo nome
di Gesù o Maria o altri versetti della Sacra Scrittura,
imporre reliquie, specialmente quella del legno della santa
Croce, avvicinare sacre immagini alla bocca dell'ossesso,
ed eccoli ruggire, strepitare, ringhiare, dibattersi, dar segni
di paura e orrore. I folletti non fanno altrettanto, come
dissi, né smettono di vessare le loro vittime, se non dopo
molto tempo. Di un fatto del genere fui testimone oculare
io stesso e lo riferisco, anche se supera la credenza uma-
na. Ma mi sia garante Iddio che racconto la pura verità,
confermata da molte testimonianze.
42
glio farti del male, anzi sono disposto a tutto ciò che vuoi.
La tua bellezza mi ha stregato e nient'altro desidero, se
non di godere i tuai amplessi ». In quella, la donna av-
vertì come un bacio sulle guance, ma così lieve di tocco
e così delicato, quasi un batuffolo di cotone morbidissimo
che la lambiva. Respinse l'invito e non rispose verbo, ma
continuò a ripetere il nome di Gesù e Maria e a difen-
dersi col segno della Croce. L'assalto durò quasi mezz'ora,
poi l'assalitore si ritirò. L'indomani mattina la donna corse
dal suo confessore, persona saggia e dotta, il quale la ras-
sodò nella fede e la esortò a resistere ancora valorosamen-
te come aveva fatto e a munirsi di sacre reliquie. Nelle
notti seguenti gli assalti si ripeterono, con le parole e i
baci del primo; pari fu anche la resistenza della donna.
Ma logorata da un fastidio così prolungato e forte, su pa-
rere del confessore e di altri autorevoli personaggi si fece
esorcizzare da esperti esorcisti, per sapere se fosse ossessa.
Risultò che non era posseduta da alcuno spirito maligno;
si procedette alla benedizione della casa, della stanza e del
letto e si ingiunse allo spirito maligno di non osare mai
più molestie contro quella donna. Tutto fu vano. Egli per-
sisteva nei suoi attacchi e, quasi distrutto dall'immanità del
suo amore, lanciava gemiti e lamenti per impietosire la
donna, sempre irremovibile per grazia di Dio. Quell'in-
cubo la tentò apparendole in pieno giorno nella figura di
un paggio o di un omino bellissimo dalle chiome rutilanti
e ricciute, barba bionda e splendente come oro, occhi az-
zurri come il fiore del lino, passo maestoso e vestito spa-
gnolesco. Le appariva anche quando la donna s'intratte-
neva con estranei, tentandola con i gesti abituali agli aman-
ti, lanciandole baci, ripetendo le solite invocazioni, cer-
cando di farsi ammettere ai suoi amplessi. Nessuno fuor-
ché lei vedeva la sua presenza e udiva le sue parole; non
così gli altri astanti. Continuando la resistenza della don-
na, alla fine dopo alcuni mesi l'incubo irritato ricorse a un
nuovo genere di persecuzione. Prima le strappò la croce
d'argento munita di sante reliquie e l'agnusdei papale di
cera benedetta del beato pontefice Pio v, che portava sem-
pre su di sé; poi le sottrasse gli anelli e al tre gioie d'oro
43
e d'argento, senza manomettere le serrature della cassetta
che li custodiva. Poi cominciò a percuoterla violentemen-
te, talché dopo le frustate apparivano contusioni e lividi
sul volto, sulle braccia e altre parti del corpo. Duravano
un giorno o due, poi in un attimo scomparivano, diversa-
mente dal decorso delle contusioni naturali, le quali de-
crescono gradatamente e poco alla volta. Talora egli strap-
pava dalla culla la bambinetta ancora poppante e la posa-
va sul tetto all'orlo della gronda oppure la nascondeva, ma
senza lasciarle segni di violenza. Talora metteva sossopra
tutta la casa, oppure riduceva in bricioli le pentole, i
piatti e gli altri recipienti di terracotta, poi li restituiva
perfettamente intatti. Una volta, mentre la donna dormiva
col marito, l'incubo le apparve nella solita foggia e la
scongiurò strenuamente di lasciarlo giacere con lei; al suo
diniego, fermo come sempre, l'incubo se ne parti infu-
riato, per tornare poco dopo con una gran quantità di la-
stre di pietra, di quelle usate dai Genovesi nella loro città
e in tutta la Liguria per i tetti delle case; con esse innalzò
un muro tutto intorno al letto fino all'altezza del baldac-
chino, tanto che i due sposi dovettero usare una scala se
vollero uscirne. Il muro era fatto senza calce; quando fu
abbattuto, i sassi vennero riposti nell'ingresso e vi rima-
sero per due giorni alla vista di molta gente convenuta per
lo spettacolo; al terzo scomparvero. Il marito nella festivi-
tà di santo Stefano aveva invitato a pranzo alcuni militari
suoi amici, cui imbandl un convito degno del loro grado.
Mentre, con1e si usa, prima di sedere a mensa stavano la-
vandosi le mani, ad un tratto l'intero apparato della sala da
pranzo scomparve e così in cucina tutte le cibarie, i caldai,
i piatti e ogni altro recipiente nonché le caraffe, le bottiglie,
i bicchieri disposti per bere. I commensali rimangono di
stucco tutt'e otto, fra essi un capitano di fanteria spagnolo,
che dice rivolto agli altri: « Niente paura, si tratta di uno
scherzo. Qui c'era, come no, una mensa, e dev'esserci an-
cora. Piano piano, a tastoni, la troverò ». Cosl dicendo si
aggirava per la sala a mani tese, cercando di raggiungere la
mensa. Ma dopo numerosi giri e tentativi inutili, gli altri lo
derisero, che non riusciva ad afferrare altro che aria. L'ora
44
del pranzo era ormai avanzata; ognuno prese il proprio
mantello per tornare a casa, e già stavano tutti sulla porta
in procinto di uscire, accompagnati dal marito, persona di
gran garbo, quando si ode un frastuono enorme e incom-
prensibile in sala da pranzo. Si fermano un attimo per cer-
car di capire il motivo di tanto fragore, ed ecco la servente
tutta affannata, che riferisce come in cucina sia comparso del
pentolame nuovo colmo di vivande, e la tavola in sala sia
di nuovo imbandita di tutto punto. Vi fanno ritorno, e qua-
le non è la loro meraviglia alla vista della mensa apparec-
chiata con tovaglia e tovaglioli nuovi fiammanti, saliera e
piatti d'argento, salumi e cibarie mai preparate in quella
casa. Su un lato si ergeva una maestosa credenza con so-
pra in ordine perfetto calici di cristallo, argento e oro, ca-
raffe, bottiglie, coppe colme di vini esteri, immagina vini
di Creta, Campania, Canarie, del Reno eccetera; e in cu-
cina allo stesso modo anfore e recipienti traboccavano
d'ogni genere di leccornie mai viste là dentro. Sulle prime
qualcuno esitò a degustare il contenuto di quei recipienti,
ma poi incoraggiato dagli altri si mise a tavola e tutto ri-
sultò perfettamente confezionato. Senonché, subito dopo
mangiato, mentre sedevano intorno al camino acceso se-
condo l'usanza del tempo, tutte le suppellettili insieme agli
avanzi delle cibarie scomparvero e si ritrovarono nuova-
mente quelle vecchie di casa insieme alle vivande preparate
in precedenza. Ciò che è stupefacente, tutti i convitati si
sentirono sazi, e nessuno toccò cibo, paghi com'erano del
pranzo: il che dimostra come le vivande imbandite fossero
vere, non truccate e immaginarie. Trascorsi ormai molti
mesi dall'inizio di questa persecuzione, la donna fece un
voto al beato Bernardino da Feltre,17 il cui corpo si ve-
nera nella chiesa di San Giacomo alla periferia di Pavia.
Il voto era di portare per un anno intero un abito di pan-
no grigio, cinto da un cordone, al modo dei frati Minori,
ordine a cui appartenne il beato Bernardino, per poter es-
sere liberata, grazie al suo patrocinio, dalle angherie di un
simile incubo. Difatti il 28 settembre, vigilia della Dedica-
zione di san Michele arcangelo e festa del beato Bernar-
dino, la donna indossò l'abito votivo. L'indomani, festa di
45
san Michele, quella tribolata si recava alla chiesa di San
Michele che, come dissi, era la sua parrocchiale. Si era a
metà mattino, al culmine dell'affluenza della gente alla
chiesa. All'atto di porre piede al centro della piazza, tutte
le vesti e gli ornamenti le caddero in terra, una folata di
vento li disperse, mentre la poveretta rimaneva pressoché
nuda. Per fortuna erano presenti tra la folla due nobili e
attempati cavalieri, i quali, alla vista dell'accaduto, si tol-
sero subito dalle spalle i propri mantelli e s'industriarono
a nascondere come meglio poterono le nudità muliebri.
Messa su una carrozza, la riportarono a casa. Vesti e gioiel-
li rapiti dall'incubo non furono restituiti se non dopo pa-
recchi mesi. Ma molte altre, tediose a narrare, furono le
stravaganze da lui operate contro la tapina. Ella rimase
per anni e anni vittima dei suoi assalti, finché il demonio
si convinse che con lei perdeva la sua fatica e cessò dal-
l'importunarla in modo così inaudito.
47
generazione, ed una efficiente in quanto è l'agente princi-
pale della generazione stessa, secondo l'opinione generale
dei filosofi. Nel nostro caso invece l'uomo fornisce sol-
tanto il seme, dunque procurerebbe la pura materia senza
alcuna azione mirante alla procreazione. Non potrebbe per-
ciò chiamarsi padre del nascituro, contrariamente alla sen-
tenza comune che il nato da un demonio incubo non è
suo figlio, bensl figlio dell'uomo da cui trasse il seme.
drino, Tertulliano,28 secondo i quali quelli erano angeli Ioseph. Hebr.~ Anti-
quit., lib. 2; Philo,
dotati di corpo e caduti in peccato di lussuria con la don- Lib. de gigant.; S.
Iustin. in Apolog. l;
na. Più avanti 29 mostreremo come queste due opinioni in Clemen. Alexandr.,
lib. 3 Stromat.; Ter-
realtà convergono e non sono che una sola. tull., Lib. de Habit.
mulier., apud Cornei.,
loc. cit., init.; Hugo
a S. Vict., Annoi. in
3 3. Se dunque secondo l'opinione corrente furono de- Gen., 6.
moni incubi a generare i giganti col seme raccolto dagli
uomini nel modo sopra riferito, 30 da quel seme non pote-
49
rono nascere che uomini alti più o meno quanto la per-
sona che l'aveva provveduto. La quantità del seme non
conta agli effetti di una statura maggiore. Anche sottratto
in misura insolita dal demonio in posizione di succubo ri-
spetto all'uomo, non potrebbe accrescere smodatamente la
statura fisica del generato: come abbiamo spiegato poco so-
pra, ciò dipende dalla vitalità e non dalla massa del seme.
Ne discende l'inevitabile conclusione che i giganti nacque-
ro da un seme diverso dall'umano, e che il demonio in-
cubo non si serve di seme d'uomo per generare, ma di
altro seme. Che dire allora?
51
38. L'approvazione di un concilio alla dottrina esposta
per esteso da Giovanni nel suo libro, letto davanti ai pa-
dri conciliari, costituisce chiaramente un articolo di fede
sulla natura corporea degli angeli. Per eliminarne la con-
traddizione con la definizione del Concilio Lateranense più
sopra riferita, lasciamo scendere in campo i teologi. Fra
Suar., De angel. loro qualcuno nega che i padri abbiano contrastato l'as-
sunto della natura corporea degli angeli, non essendo quel-
Bann., in par. p., q. lo il tema in discussione. Secondo altri, il sinodo ammise
50.
la conclusione, ossia la possibilità di dipingere gli angeli,
senza però accettarne il motivo, ossia la loro natura cor-
Ludovic. Molin., in porea. Per altri ancora quel sinodo emise definizioni con-
par. p., quaest. 50,
art. 1. ciliari solo durante la settima sessione, per cui le prece-
Iover. et Mirand., denti non sono definizioni di fede. Altri autori ancora scri-
Summa Concilior.
vono che né il Concilio di Nicea né il Lateranense intesero
definire la questione come di fede, il primo seguendo la
tesi, allora prevalente, dei platonici,37 che fa degli angeli al-
Arist., lib. 12, Me-
taph. text., 49.
trettanti esseri corporei, il secondo il pensiero di Aristote-
le, che ammette delle intelligenze incorporee: opinione,
questa, contraria alla precedente e successivamente invalsa
presso la maggioranza dei dottori.
52
spiriti o uomini, possono dirsi angeli, e come tali infatti
appaiono nelle Scritture. Ll, dei sacerdoti, predicatori,
dottori che rivelano come messi di Dio la sua volontà agli
uomini, vien detto: « Le labbra del sacerdote custodiranno Malach., cap. 2, v. 7.
la scienza e dalla sua bocca si attingerà la legge, poiché
egli è l'angelo del Signore degli eserciti ». San Giovanni
Battista viene chiamato dal medesimo profeta « angelo »
là dove dice: « Ecco, io mando il mio angelo ed egli pre- Malach., cap. 3, V. 1.
parerà la strada davanti al mio volto ». Che questa pro-
fezia riguardi alla lettera san Giovanni Battista è garanti-
to da Cristo Signore nel Vangelo di Matteo. Anzi, Gesù Ma11., 11, v. 10.
stesso, in quanto inviato nel mondo dal Padre per annun-
ciare la legge della Grazia, viene anch'egli chiamato « an-
gelo ». Così nella profezia di Isaia, secondo il testo dei Jsai., cap. 9 , v. 6 -
Settanta: « Sarà chiamato col nome di angelo d'ampio con-
siglio »; e più chiaramente in Malachia: « Verrà al suo Malach., cap. 3, v. 1.
santo tempio il dominatore che voi cercate, e l'angelo del-
l'alleanza che agognate ». Questa profezia riguarda lette-
ralmente Cristo Signore; ne consegue che non è affatto
una conseguenza assurda il chiamare, come facciamo, ' an-
geli ' degli esseri corporei, se col termine di ' angeli ' ven-
gono pure designati alcuni uomini, certamente dotati di
corpo.
53
dell'esistenza, poteri, natura di molti oggetti naturali igno-
ti ai filosofi a noi anteriori? per esempio l'oro fulminante,
cioè il fosforo, 39 e cento altri ritrovati della chimica, o la
circolazione del sangue,40 le vene lattee,41 i vasi linfatici e
altre cose simili recentemente scoperte dagli anatomisti?
Perciò sarà stupido deridere un'opinione perché non si
trova scritta dagli antichi, soprattutto se si badi all'assioma
logico per il quale « un punto non si regge su un'autorità
negativa ».
54
anche ciò non regge, poiché una creatura razionale e pura-
mente spirituale (gli angeli) è stata creata; ed anche una
di pura materia (il mondo); ed anche in parte spirituale
e in parte corporea, d'una corporeità terrestre e densa
(l'uomo). Dunque potrà darsi anche la creazione di una
creatura consistente di spirito razionale e di una corporei-
tà meno densa e più sottile dell'uomo. Ed è certo che do-
po la resurrezione l'anima dei beati sarà unita con un cor-
po glorioso e col dono della sottigliezza. Se ne può conclu-
dere che Dio poté creare una creatura razionale e corpo-
rea dotata per natura della sottigliezza che verrà attribuita
per grazia al corpo glorioso.
55
drupedi e gli uccelli, ovvero sarebbero state create da Dio
come l'uomo?
57
dico che queste creature riproducono l'aspetto del corpo
umano, con qualche peculiarità distintiva; a meno che non
basti la loro particolare sottigliezza. Me ne convinco perché
il corpo umano fu plasmato da Dio come il più perfetto
fra tutti gli animali. Mentre gli altri bruti sono proni ver-
Ovid., Metamorphos. so terra, avendo anima mortale, Dio, come dice il poeta,
diede all'uomo elevato il volto e l'ordine
di mirare alto al cielo, occhi alle stelle.
Ciò perché l'anima umana è stata stabilita immortale
in vista della dimora celeste. Poiché dunque gli animali di
cui stiamo parlando sono dotati di uno spirito immateriale,
razionale e immortale, suscettibile quindi di beatitudine o
dannazione, ne consegue logicamente che il corpo a cui un
tale spirito si unisce sia simile a quello del più nobile di
tutti gli esseri animali, l'uomo. Da questo punto fermo
deriva che le parti del loro corpo debbano avere fra loro
un ordine intrinseco: il piede non dev'essere contiguo alla
testa né la mano al ventre, bensl ogni membro disposto in
ordine e coerenza per poter esplicare idoneamente la
propria funzione. Quanto alle parti costitutive degli stes-
si organi, affermo la necessità che alcune siano più consi-
stenti, altre meno, altre fini, altre finissime, secondo le ne-
cessità di azione dell'organo stesso. Né contro questa as-
serzione può valere l'obiezione della sottigliezza di quei
corpi. La solidità o consistenza delle parti degli organi so-
pra accennate non è in tal senso assoluta, ma relativa ad
altre parti più fini. Ciò si constata in natura in tutti i cor-
pi fluidi quali il vino, l'olio, il latte eccetera. Sebbene tut-
te le loro parti sembrino omogenee e simili, cosl non è:
vi è una parte di terra, una di acqua, sale fisso, sale volati-
le, e ancora una parte sulfurea, che la manipolazione chi-
mica può rendere sensibili alla vista. Altrettanto nel nostro
caso: posto che i corpi di questi animali siano sottili e fini
come in natura i corpi fluidi, quali acqua e aria, non si
escluderebbe con ciò che le loro parti siano fra loro di
qualità diversa, e alcune risultino solide in confronto ad
altre, altre invece più fini, sebbene l'interezza del corpo
che ne risulta possa ben dirsi fine.
5 3. Si potrebbe obiettare che ciò contrasta con quanto
affermato poco sopra circa l'ordinamento essenziale delle
parti fra loro, in quanto noi vediamo che nei corpi fluidi
e fini le parti non hanno un rapporto essenziale fra loro,
bensl solo accidentale. Cosl una parte di vino poco prima
contigua ad altra, se appena rovesci il recipiente o scuoti
il liquido va ad unirsi ad un'altra parte ancora, e cosl tutte
assumono una posizione diversa, senza che per questo il
vino cambi. Ne conseguirebbe che il corpo degli animali di
cui ci stiamo occupando mancherebbe di una forma sta-
bile e quindi neppure organica.
59
flegma fatta ascendere insieme allo zolfo stesso. Dopo qua-
ranta giorni comincia un'altra fermentazione del vino; essa
dura per un periodo più o meno lungo di tempo, secondo
la più o meno completa maturazione del vino stesso, e si
conclude in modi diversi, secondo la maggiore o minore
quantità dello spirito sulfureo. Zolfo abbondante nel vino
si inacidisce nella fermentazione e si trasforma in aceto;
un contenuto invece scarso di zolfo infiacchisce il vino e si
ha quello che in italiano chiamiamo ' vino molle ' o ' vino
guasto'. Se il vino poi è maturo, come, a parità di condi-
zioni, nel caso del vino dolce, occorre minor tempo perché
diventi aceto o s'infiacchisca, come risulta dall'esperienza
quotidiana. Nella fermentazione l'ordine essenziale delle
parti del vino cambia, ma non cosl cambia la sua quantità
o diminuisce la sua materia. Noi vediamo che una botti-
glia colma di vino diventa in un certo spazio di tempo
una bottiglia piena di aceto, senza alcuna mutazione nella
quantità della materia precedente. Muta solo l'ordine es-
senziale delle parti: lo zolfo, unito, come ho detto, al
flegma e separato dal tartaro, adesso si lega e fissa col tar-
taro; se poi si distilla l'aceto, dapprima ne esce flegma
insipido, poi uno spirito acetoso, ossia zolfo di vino con-
nesso con particelle di tartaro meno fisso. La mutazione es-
senziale delle parti sopra indicate varia la sostanza del li-
quido spremuto dall'uva, come appare chiaramente dai vari
e contrari effetti che producono il mosto, il vino, l'aceto
e il vino fiacco ossia guasto; sicché le prime due sono ma-
terie convenienti alla consacrazione, a differenza delle se-
conde. Per questa descrizione della struttura del vino ho
Nicola. Lemerii Cour. attinto all'erudito trattato di Nicolas Lémery, profumiere
de Chimi., par. 2,
cap. 9. del re di Francia.43
60
vino e la diversità accidentale della loro posizione ne cam-
biano l'ordine essenziale, così avverrebbe nel corpo fine
di quegli animali.
44
56. Quinto interrogativo: questi animali sarebbero
soggetti a malattie e ad altre imperfezioni di cui soffrono
gli uomini, come ignoranza, paura, accidia, menomazione
dei sensi eccetera? Il lavoro li affaticherebbe e avrebbero
bisogno di dormire, di mangiare, di bere, e cosa, per ri-
storare le forze? Quindi morirebbero anche? E potrebbe-
ro anche essere uccisi dagli altri animali, o per caduta
o per crolli?
61
durata maggiore dell'umana. Come infatti diremo fra po-
co, essi saranno più nobili dell'uomo, e dunque li si do-
vrà dichiarare soggetti alle al tre affezioni fisiche e bisogno-
si di riposo e di cibo, come indicato sopra al numero 50.
Essendo poi anche razionali e dunque educabili, saran-
no anche passibili d'ignoranza, qualora le loro menti non
venissero educate con lo studio e l'istruzione; e fra essi
si troverà l'uno più e l'altro meno eccellente nelle scienze,
secondo la maggiore o minore perspicacia. In generale, e
quanto a specie nel suo insieme, saranno più istruiti del-
l'uomo sia per la sottigliezza dei corpi sia forse per la
maggior alacrità dello spirito e durata della vita, per cui
possono apprendere più dell'uomo. Sono queste le motiva-
D. August., Lib. de zioni che dà sant'Agostino per la prescienza del futuro da
divinat. daemon., cap.
3, init., toro. 3, et parte dei demoni. Certo essi potranno soffrire ad opera
Lib. de spirit. et ani- di agenti naturali, ma difficilmente perire, grazie alla pron-
ma, cap. 37, init.,
tom. eo. tezza con cui riescono a sottrarsi ai pericoli. Quindi non
potranno essere uccisi o feriti se non con estrema diffi-
coltà, né da bruti né da uomini mediante armi naturali o
artificiali, grazie alla prontezza con cui si sottraggono agli
attacchi portati contro di loro. Potrebbero, sì, essere uc-
cisi o feriti nel sonno o in momento di distrazione sotto
i colpi di un oggetto solido, per esempio una spada vibrata
da un uomo o una pietra caduta da un pendio. Il loro cor-
po è sl sottile, però è una sostanza divisibile come l'aria,
che viene separata da una spada, un bastone o un altro og-
getto solido, a dispetto della sua sottigliezza. Il loro spirito
però non sarà spartibile. Come l'anima dell'uomo, esso
sta tutto nel tutto e tutto in qualsiasi parte del corpo. Di
conseguenza, una volta diviso il loro corpo al modo sopra
detto, per opera di un altro corpo, ne seguirà una mutila-
zione e persino anche la morte, poiché non potrebbe acca-
dere che, diviso in due il corpo, il medesimo spirito, in-
divisibile, ne improntasse l'una e l'altra parte. Sl, le parti
dell'aria separate dall'intromissione di un corpo, quando
questo s1• sia• • •
r1t1rato, s1• r1un1scono
• •
nuovamente e ne ri-•
sulta l'aria medesima di prima; cosi le parti del corpo di
questi animali, divise nel modo indicato sopra, potreb-
bero ugualmente riunirsi ed essere riunificate dal medesi-
mo spirito. In tal caso, essi non potrebbero cader vittime
di agenti naturali o artificiali. Ragione vuole tuttavia che
valga la prima tesi. Questi animali hanno in comune con
gli altri la materia, è dunque giusto che abbiano in comu-
ne anche il resto, fino alla soggezione alla morte, cui sono
soggetti gli altri.
66
monio cattivo l'autore di tali oscenità. Egli simula le pas-
sioni, ossia amore e tristezza se il rapporto gli viene ne-
gato, per indurre le anime a peccare e così rovinarle. Se
pratica il coito e procrea, ciò avviene con seme e in un cor-
po altrui, come detto sopra al numero 24.
68
sopra carboni ardenti, il fumo disperderà ogni razza di
demoni». I fatti ne confermarono la virtù: appena posto
nel fuoco il fegato del pesce, l'incubo innamorato di Sara
fu messo in fuga, come abbiamo narrato più sopra al
numero 25.
71
re su di sé dei flaconcini contenenti gli stessi profumi.
Siccome poi aveva l'abitudine del tabacco e gli piaceva
l'acquavite, gli raccomandai di usare tabacco e acquavite
moscata. Il demonio gli appariva di giorno e di notte, in
figura di scheletro, di porco, d'asino, d'angelo, d'uccello
eccetera, e inoltre con l'aspetto ora dell'uno ora dell'altro
dei suoi confratelli o, talvolta, del suo superiore, cioè il
priore, il quale lo esortò alla purezza interiore, a confidare
in Dio, a frequentare il sacramento della penitenza, e gli
prescrisse di fare a lui la sua confessione sacramentale,
come infatti fece; poi recitò col diacono i salmi « Exurgat
Deus » e « Qui habitat » ,56 seguiti dal prologo del Van-
gelo di san Giovanni. Giunti alle parole « Verbum caro
factum est eccetera » .57 il diavolo si genufletté, prese la
stola che si trovava nella cella, e con l'aspersorio dell'acqua
benedetta benedisse la cella e il letto della sua vittima; e
come se fosse realmente il priore, ingiunse al demonio
di non ardire mai più di tormentare quel suo chierico.
Ciò fatto, il demonio scomparve, così rivelando chi era,
perché altrimenti la sua vittima l'avrebbe scambiato per il
suo superiore in persona. Anche dopo la mia prescrizio-
ne delle suffumigazioni e dei profumi il demonio non de-
sistette dall'apparire come al solito al diacono, anzi assun-
se la figura stessa della sua vittima e si recò alla camera
del vicario, chiedendogli acquavite e tabacco moscato, co-
se, disse, che lo deliziavano. Il vicario gli diede dell'uno
e dell'altra e il diavolo, appena ricevute, scomparve istan-
taneamente, rendendo edotto il vicario di essere stato in
tal modo raggirato dal demonio. La conferma venne dalla
bocca del diacono, che sotto giuramento garantì di non es-
sersi mai assolutamente recato, durante quelle giornate,
nella cella del vicario. Quest'ultimo mi riferì tutta la vi-
cenda, e dall'insieme mi feci l'idea che quello non era
un demonio acqueo come l'incubo che tentava la vergine
di cui ho parlato sopra, bensì un demonio igneo o perlo-
meno aereo, in quanto gradiva i vapori e gli odori, il ta-
bacco e l'acquavite, sostanze calde. Questa congettura
fu avvalorata dal temperamento del diacono, soprattutto
un collerico, tuttavia con sostrato sanguigno. Demoni di
72
quella fatta non si attaccano se non a temperamenti affini,
ulteriore conferma della mia opinione che sono esseri cor-
porei. Perciò raccomandai al vicario di prendere qualche
erba di natura fredda, come la ninfea, l'epatica, la portu-
laca, la mandragola, la sempreviva, la plantagine, il giu-
squiamo e altre simili, farne un mazzetto e appenderlo
alla finestra, un altro poi alla porta della cella, e spargerne
anche per la stanza e il letto del frate perseguitato. Oh
meraviglia! Il diavolo comparve per un'ultima volta, ma
rimanendo fuori dalla stanza, senza riuscire a entrarvi.
Interrogato dalla sua vittima perché non ardisse entrare
come al solito, rovesciò una caterva d'insulti contro la mia
persona, consigliere di quegli espedienti, poi scomparve,
ne, mai. p1u
.' e' tornato.
73
del cuore o del fegato e del fiele del pesce. L'angelo non
dice « se porrai una particella del suo viscere sopra i car-
boni fugherai ogni genere di demoni, e se ungerai col fiele
gli occhi colpi ti da albugine verranno risana ti ». Se cosi
avesse parlato, sarebbe conveniente l'interpretazione dei
nostri due dottori, e la virtù soprannaturale di Raffaele
avrebbe prodotto da sé quegli effetti, irraggiungibili con
l'applicazione del fumo e del fiele. Ma non cosl egli si
espresse, bensl dichiarò in modo assoluto che tale era
l'efficacia del fumo e del fiele.
74
prannaturale, in modo miracoloso e regolare, il demonio:
che è un'assurdità, in quanto al verificarsi di un evento
naturale dovrebbe regolarmente seguire, con manifesta in-
congruenza, un miracolo. Se viceversa solo l'intervento
angelico provocasse la fuga del demonio, Raffaele avrebbe
mentito nell'affermare che era per virtù del fegato. Se in-
vece l'effetto doveva verificarsi solo in quel caso partico-
lare, avrebbe mentito l'angelo attribuendo al pesce la
virtù universale di disperdere ogni genere di demoni: e
anche questo non si può dire.
75
faele, ciò accadde nell'operazione di legare il demonio
nel deserto dell'Alto Egitto, come detto al capo 8, verset-
to 3 di Tobia; il fumo del fegato, chiaramente, non pote-
va agire sul demonio a distanza così considerevole, tanto
meno incatenarlo. Questo ci permette di conciliare la no-
stra tesi con i dottori di cui sopra, secondo i quali il com-
pimento della liberazione di Sara si deve alla virtù di Raf-
faele. Mi pare infatti che essi intesero per compimento del-
la guarigione di Sara l'incatenamento del demonio nel de-
serto ad opera dell'angelo, come anche noi ammettiamo;
però la liberazione, ossia la fuga del demonio dalla stanza
di Sara, fu provocata dalla virtù nativa del fegato del pe-
sce, come sostengo io.
77
un diavolo bensl un animale, e lo apostrofò con le parole:
« Guai a te, città prostituta, che veneri animali invece
di dèi », se ne ricava la convinzione che non era affatto
un diavolo, ossia un puro spirito cacciato dal cielo e
dannato, bensl qualche altro animale. Di più: sant'Anto-
nio nelle istruzioni ai suoi monaci e nel confortarli a non
temere gli assalti del demonio, diceva, secondo le lezioni
del breviario romano recitate il giorno della sua festa: 65
Breviar. Roman., in « Credete, fratelli, ciò che Satana teme negli uomini pii
Fest. s. Anton. Abb.,
lect. 6. sono le veglie, le preghiere, i digiuni, la povertà sponta-
nea, la pietà e l'umiltà, ma più di tutto un ardente amore
verso Cristo Signore: basta il solo segno della sua santa
Croce a fiaccarlo e metterlo in fuga ». Ora, quell'omiciat-
tolo contro cui sant'Antonio impiegò la difesa del segno
di Croce non temette né fuggl al vederlo, anzi gli si avvi-
cinò con rispettosa confidenza, offrendogli datteri; ciò
che rivela che non era affatto un diavolo.
79
questi animali manifestavano una vita sociale, se a tale ti-
tolo viene da loro mandato uno per molti. Ancora, si dice
che abitano nel deserto ma non vi risiedono in permanen-
za. Era infatti la prima volta che sant'Antonio si recava
fra quelle solitudini, lontane molti giorni di cammino dal
suo deserto; e allora, come avrebbero potuto riconoscerlo
e conoscerne la santità? Era dunque necessario che l'aves-
sero conosciuto altrove, vagabondando fuori dal loro de-
serto.
80
hanno la minima forza, e noi li abbiamo risolti più sopra
ai numeri 45 e seguenti. Resta però in sospeso un punto,
quello della dimora di questi omiciattoli, di questi incubi.
La mia risposta è quella riferita sopra al numero 71, e ba-
sata sul Guaccio. Alcuni di questi esseri sono acquei,
altri terrestri, altri aerei, altri ignei, ossia i loro corpi ri-
sultano delle parti più tenere di questi elementi; oppure,
se di più elementi, tuttavia prevale in loro l'acqua o l'aria
eccetera, secondo la loro natura. La loro sede o domicilio
sarà dunque nell'elemento che prevale nei loro corpi. Gli
incubi ignei, per esempio, non dimorano mai, se non per
forza o per caso, nell'acqua o in località palustri, che sono
a loro contrarie; e gli acquei non potranno ascendere alla
parte superiore dell'atmosfera, regione a loro avversa per
la sua tenuità. Non vediamo accadere la stessa cosa agli
uomini, inabili ad ascendere alle più alte vette di certe
montagne per l'estrema tenuità dell'aria, insufficiente a
sostentare esseri avvezzi a un'atmosfera più densa?
8r
tate, al capitolo 1 dice: « Hanno un corpo spirituale, a cui
non sono asserviti, ma che tengono sottomesso ». Nel capi-
tolo 2 3 del libro undicesimo del De civitate Dei Agostino
afferma che « il peggiore dei demoni ha un corpo aereo »,
mentre nel libro ventiduesimo, capitolo 10 scrisse: << An-
che i demoni hanno una loro specie di corpo, costituito,
secondo gli esperti, di aria densa e umida »; nel libro
quindicesimo poi, al capitolo 23 dichiara di non azzardarsi
a stabilire « se gli angeli, dotati di un corpo aereo, possa-
no provare anche la passione dei sensi e in qualche modo
unirsi a donne viventi». Nelle Enarrationes, al salmo 85
Agostino dice: « I corpi dei beati dopo la resurrezione sa-
ranno come quelli degli angeli »; e al salmo 4 5 : « Il corpo
angelico è inferiore all'anima ». Infine, nel libro De divi-
natione daemonum un po' dovunque, ma soprattutto ai
capitoli 2 e 3 insegna che i demoni posseggono corpi sottili.
9 1 . So che altri dotti interpretano « pane degli angeli » Lyran., Euthim., Bel-
larmin., Titelman.,
come un pane preparato dagli angeli, ovvero fatto scen- qenebrard., in Psalm.
68 17, V. 24 et 25.
dere dal cielo per mezzo degli angeli. Il cardinale Ugo Hugo. Cardin., al., in
spiega « pane degli angeli perché quel nutrimento produ- Psalm. 17, v. 25.
ceva nei Giudei l'effetto che il loro proprio nutrimento
produce negli angeli, e gli angeli non sono soggetti a ma-
lattie ». Ebbene, i commentatori ebraici, come afferma
anche Giuseppe,69 sostennero che i Giudei nel deserto,
cibandosi di manna, evitarono la vecchiaia, le malattie, la
stanchezza. Perciò la manna era simile al pane di cui si ci-
bano
,
gli angeli
. senza invecchiare, senza mai ammalarsi
ne stancarsi.
86
rono « la primizia delle genti » nel riconoscere e adorare
S. Fulgent., Sermon.
Dio, secondo l'espressione di san Fulgenzio,75 al modo 6 de Epiphan.
che i pastori lo furono dei Giudei. Ugualmente la venuta
di Cristo fu divulgata prima fra i Gentili che fra i Giudei
stessi, attraverso la predicazione (non quella degli Apo-
stoli). Come scrive la veneranda madre suor Maria de
Agreda,76 quando la beata Vergine Maria con san Giusep- Mari. de Agred., in
Vit. I. C. et B. M.
pe portò Gesù Bambino in Egitto sottraendosi alla perse- V., par. p., lib. 4,
cap. 26, num. 664.
cuzione di Erode, rimase là per sette anni; in quel tempo
essa stessa, la beatissima Vergine, predicò agli Egizi la
nuova fede e la venuta del Figlio di Dio in carne umana.
Inoltre, alla nascita di Cristo si verificarono molti prodi-
gi, non solo in Giudea, ma pure in Egitto. Là crollarono
idoli e tacquero oracoli; a Roma sgorgò una fontana d'olio,
si vide un globo color oro scendere dal cielo in terra, ap-
parvero tre soli, e un cerchio innaturale dai molti colori
come l'iride si disegnò intorno al disco solare; in Grecia
l'oracolo di Delfi ammutolì; Apollo, interpellato da Au-
gusto nel corso di un sacrificio tenuto nel proprio palazzo
su un'area che gli aveva dedicato, rispose che il motivo
del suo silenzio, come riferiscono Niceforo, Suida e Ce-
Nicephor., lib. 1, cap.
dreno,n era questo: 17; Suid., Verb., Au-
gustus; Cedren., Com-
Un birnbo ebreo, divino e superiore pend. bistor.
88
Questi rispose: « Eccomi » , e la voce replicò: « Quando
giungerai ad una certa palude, annuncia che ' il grande
Pan è morto ' ». Tamno ubbidì, e tutt'a un tratto si udi-
rono i gemiti e i singhiozzi di molta gente, anzi di una
moltitudine quasi infinita. Non v'è dubbio che fossero de-
moni, ossia angeli corporei o animali razionali, viventi ai
bordi della palude quale elemento acqueo, i quali, all'udi-
re della morte di Cristo Signore, indicato col nome di
<< grande Pan », scoppiarono in lacrime e lamenti. Anche
parecchi ebrei alla vista di Cristo morto « se ne tornarono
battendosi iJ petto » . Luc · , cap · 23 , v · 48 ·
91
della loro specie corporatura maggiore dei pesci e dei qua-
drupedi; però, se pur spaziano a volo per l'aria, in verità
appartengono all'elemento della terra, su cui riposano: al-
trimenti dovremo dire che sono animali aerei anche certi
pesci volanti, come la rondine marina e altri; il che sa-
rebbe erroneo.
93
brio di altri delitti, secondo il tipo di corpo assunto dal
demonio e il membro usato. Se assume ad esempio il cor-
po di una vergine, una parente o una monaca, il delitto
sarebbe di incesto o sacrilegio; se intervenisse con l'aspet-
to di un animale o nel condotto posteriore, ci sarebbe be-
stialità o sodomia.
94
Prova della demonialità
I I 6. Per quanto concerne la prova di questo crimine,
occorre distinguere la demanialità eseguita col diavolo da
streghe o fattucchiere, e quella con gli incubi da parte del-
le al tre persone.
95
quanto detto sopra al numero 2 3, e se una perquisizione
eseguita in casa loro porti alla scoperta di segni e stru-
menti dell'arte diabolica, quali ossa di morti, soprattutto
un cranio e trecce di capelli artefatte, nodi di piume ag-
grovigliati, ali o piedi o ossicini di pipistrelli, rospi o ser-
penti, semi di specie ignote, figure di cera, vasetti colmi di
polveri sconosciute, di olio o di unguenti mai visti ecce-
tera. È ciò che trovano abitualmente i giudici quando, ri-
cevuta un'accusa contro queste streghe, procedono all'ar-
resto e a una visita domiciliare, secondo che scrive il
Delben., De oflic. s.
Inquis., par. 2, sub
Delbene. 85
206, nu. 7.
I 19. Quanto alla prova del rapporto con un incubo,
la difficoltà non è minore. Gli incubi e gli altri diavoli non
sono meno abili, quando vogliono, nel sottrarsi alla vista
degli estranei, manifestandosi solo alla propria amante.
Ciò nonostante è accaduto non di rado di scorgere in-
cubi impegnati nell'atto carnale con donne sotto varie
fogge. In un certo monastero di monache, del quale taccio
il nome, come anche taccio il nome della città, per non rin-
verdire il ricordo dell'antico scandalo, viveva una monaca
in dissidio con una consorella della cella accanto alla sua
per futili motivi, com'è abitudine delle donne, soprattutto
suore. Quest'altra, lesta a osservare ogni minimo gesto
dell'avversaria, notò che durante le giornate estive essa
non passeggiava subito dopo il pranzo nel giardino insie-
me alle consorelle, ma si appartava e andava a rinchiudersi
in cella a doppia mandata. Incuriosita, la fine osservatrice
cominciò a indagare cosa facesse l'altra in quel tempo. Si
ritirò anche lei nella propria cella, e cominciò a udire un
bisbiglio come di due persone che discorrono fra loro:
ascolto facile, poiché un'unica, semplice e sottile parete
separava le due celle; e poi subito risuonare degli schioc-
chi, lo scuotimento di un letto, bramiti e sospiri, come di
due che si accoppiano. La sua curiosità crebbe ancora; ap-
postata ancora più attentamente, cercò di sapere chi stava
nella cella vicina. Per tre volte non riuscì a scorgere nes-
suno che uscisse di là, tranne la suora sua nemica a cui
la cella apparteneva; sospettò allora che vi avesse introdot-
to di nascosto e vi trattenesse un uomo, e comunicò il
sospetto alla badessa. Questa si consultò con le sue consi-
gliere e volle asco! tare i rumori e osservare gli indizi rife-
ri ti dall'accusatrice, per non compiere passi precipitosi e
sconsiderati. Ed ecco la badessa con le consigliere radu-
narsi nell'osserva torio, dove udirono i cigolii e gridi rife-
ri ti dalla delatrice. Un'indagine esperita fra le monache
mostrò che nessuna di loro poteva essere chiusa nella cella
con quell'altra. La badessa e le consigliere si presenta-
rono alla porta, chiusa, e la badessa bussò invano più e
più volte, senza ricevere risposta né ottenere che la suora
aprisse; minacciò di far abbattere l'uscio e fece iniziare
l'operazione da una conversa con l'aiuto di una leva. Al-
lora la monacella aprl la porta, e fu eseguita una perquisi-
zione senza trovare nessuno nella stanza. Chiesto alla
suora con chi conversava, come mai il letto cigolasse e ri-
suonassero sospiri eccetera eccetera, negò tutto. Non per
questo cessò il tramestio, e la suora nemica raddoppiò la
sua sorveglianza e le sue indagini, praticando un foro ne-
gli assi del soffitto, per poter sogguardare nella cella con-
tigua. Vide allora un giovane elegante coricato con la suo-
ra, e riuscì a farlo vedere nello stesso modo anche dalle
altre suore. L'accusa fu portata innanzi al vescovo. La suo-
ra continuò a negare tutto, ma poi, atterrita dalla minaccia
della tortura, finì per confessare di aver avuto rapporti
con un incubo.
97
Pene
121. Quanto alle pene per la demonialità, con tutto
il mio scartabellare non ho trovato alcuna legge né civile
né canonica che ne sancisca contro questo crimine. Tutta-
via è un delitto che presuppone un patto e un'associa-
zione col demonio, l'apostasia dalla fede, e poi venefici e
un numero quasi infinito di altri misfatti, compiuti dalle
fattucchiere; perciò fuori d'Italia è punito regolarmente
con l'impiccagione e il rogo. In Italia invece accade molto
raramente che questi malfattori vengano consegnati dagli
inquisitori al braccio secolare. Il delitto di superstizione
sarà però trattato da noi in altro punto,86 e là rimandiamo
il lettore.
98
Note
1 Juan Caramuel de Loblokowitz (1606-82), monaco cistercense, erudi-
to e teologo spagnolo, professore a Lovanio e vescovo a Vigevano. Di cen-
tinaia di sue opere in ogni campo del sapere eccelse la Theologia moralis
Fu scrittore eclettico, e definito « il principe dei lassisti».
2 Tomaso de Vio da Gaeta (1468-1533), maestro generale dei Domenica-
ni e cardinale, commentatore principe della Summa di Tommaso. Dopo dì
lui, Francesco Silvestro (1474-1528), ferrarese, teologo scolastico e generale
dei Domenicani. Martino Bonacina milanese, morto nel 1631, oblato, teologo
1norale probabilista (Theologia moralis).
3 Cfr. numero 5.
4 Rinvio al paragrafo 10, sulla Mollezza, di questo stesso titolo IV del
De delictis et poenis. Cosl ancora al numero 113.
5 Isidoro (Ethymologiae 8. 103, da Agostino, De civitate Dei 15. 23)
cita tra le favolose divinità adorate dai pagani e definisce « gli Incubi,
così detti perché incombono, cioè stuprano. Vi sono spesso, infatti, dei de-
moni, i quali infastidiscono le donne e attuano l'accoppiamento con esse>'>.
Il succubo, all'opposto, è chi nell'atto venereo « si pone sotto» ad un
altro o ad un'altra.
6 Vincenzo Figliucci (1566-1622), gesuita senese, docente di Teologia
morale al Collegio romano; probabilista, è una delle fonti polemiche e dei
bersagli di Pascal nelle Provinciali. Luis Crespi de Valdaura y Borja (1607-
1663), teologo oratoriano spagnolo, autore del Propugnaculum theologicum
e di Quaestiones selectae morales contro alcune dottrine di J. Caramuel.
7 Cfr. numero 24.
8 Cfr. numero 8.
9 Cfr. numero 7.
10 Francesco Maria Guazzo, oscuro frate milanese della Congregazione
di Sant'Ambrogio ad Nemus, autore di un esteso e documentatissimo Com-
pendium maleficarum, pubblicato a Milano in prima edizione nel 1606 (trad.
inglese a cura di M. Sommers e E. A. Ashwin, Londra 1929, rist. an. New
York 1970). Il Sinistrari si vale ampiamente, anche in forma diretta, di
questa summa della stregoneria seicentesca.
11 Medaglioni di cera distribuiti ai fedeli a Pasqua, con l'immagine
dell'Agnello, simbolo di Cristo, figure di santi e stemma pontificio.
12 Cfr. numero 22.
13 Si trova in Filostrato, Vita di Apollonio di Tiana 4. 25. Il Sini-
strari lo ricava dalle Antiquae lectiones (Venezia 1516, Ginevra 1624) del-
l'umanista Lodovico Ricchier da Rovigo (Caelius Rhodiginus).
14 Hector Boece (ca. 1465-ca. 1536), cronista e umanista scozzese, auto-
re di una Scotorum historia, di modello liviano a esaltazione della sua gente.
15 Così nel testo.
16 Il Sinistrari vi insegnò dal 1663.
IOI
17 Francescano, defunto a Pavia nel r494.
18 Tomas Malvenda (1566-1628), teologo domenicano, collaboratore
della Congregazione dell'Indice, esegeta della Sacra Scrittura e autore di un
De Antichristo in undici libri (Roma 1604).
19 Francisco Vallés (1524-92), fisico spagnolo (« el divino Vallés ») me-
dico di camera di Filippo II e protomedico di tutti i regni e signorie di Ca-
stiglia, commentatore di antiche opere di medicina.
20 Per Romolo e Remo dr. Livio, 1. 4: « Una vestale, violentata, par-
torl due gemelli e, o perché ne fosse convinta o perché era più onorevole
attribuire la colpa a un dio, fa di Marte il padre di quella prole indefi-
nibile»; e Plutarco, Romolo 2. 4-6; Parallelo fra Teseo e Romolo 4. 1.
Scrvio Tullio sarebbe nato da una matrona latina o da un'ancella della
moglie di Tarquinio, e da una divinità apparsale in un sacrario (cfr. Dionigi
d'Alicarnasso 4. 2; Plinio, Naturalis historia 36. 204). Diogene Laerzio
narra (3. 2) che il padre di Platone fu scoraggiato dall'atteggiamento della
giovane Perictione e, dissuaso in sogno da Apollo dal farle violenza, desi-
stette, e cosl nacque il suo figliolo; esplicita Gerolamo, Adversus I ovinianum
1. 42: « Si racconta che la madre di Platone soggiacque al fantasma di
Apollo, e il principe della filosofia, si pensava, non poteva nascere che dal
parto di una vergine ». Vari prodigi e la vista di un serpente al fianco di
sua moglie convinsero Filippo, prima della nascita di Alessandro, che essa
giacesse con una divinità; più tardi il dio Ammone dichiarò Alessandro
figlio di Giove (Plutarco, Alessandro 2. 2-4, 27. 3-6; Curzio Rufo, 4. 25-
28). Di Seleuco re di Siria si diceva fosse vero padre Apollo, secondo Giu-
stino, 15. 4 (dr. Appiano, 11. 56). Di Scipione Africano si divulgavano
notizie sulla nascita analoghe a quelle di Alessandro Magno, secondo Livio,
26. 19. 5-7 e altri storici citati da Gellio, 6. 1. 1-5. Cosl pure per Augusto,
secondo notizie raccolte da Svetonio, Divus Augustus 94. 4; e per Aristo-
mene, eroe della libertà dei Messeni nel VI secolo, Pausania, 4. 14. 7 sg.
La storia di Merlino nato da un incubo e da una nobile britanna è rife-
rita dal Boezio, Scotorum historia 8; il Sinistrari (e il Malvenda sua fonte)
citano la Chronica di Giovanni Nauclero, umanista tedesco, 2. 15 (Colonia
I 544, fol. 516).
21 Johann Dobneck (r479-1552, Cochlaeus dal nome latino della città
natale, Wendelstein in Baviera) fu il più vivace polemista cattolico contro
Lutero, di cui scrisse una fondamentale biografia, Commentaria de actis
et scriptis Martini Lutheri, facendolo nascere da un demonio, come ricorda
il Malvenda, De Antichristo 2. 6.
22 Michael Ettmi.iller (1648-83), famoso botanico, chimico, chirurgo e
anatomista di Lipsia, autore di numerose opere teoretiche e pratiche.
23 Cfr. numero 30.
24 Un pentametro proverbiale in latino, Magnus Alexander corpore
parvus erat.
25 Cfr. numero 30.
26 Cornelius Cornelissen van der Steen (latinamente a Lapide, 1567-
1637 ), gesuita olandese, famoso soprattutto per il suo immenso commentario
all'Antico e al Nuovo Testamento.
27 Francesco Giorgio, Veneto dal luogo di nascita (1460-r540), france-
scano, cabalista, filosofo neoplatonico.
28 Giuseppe Flavio, storico ebraico del I secolo d. C., e Filone Ebreo,
filosofo e teologo di poco anteriore. Giustino, Clemente e Tertulliano sono
fra i primi scrittori cristiani.
29 Cfr. numeri ro4 sg.
30 Cfr. numero 24.
102
31 Publio Iuvenzio Celso, giurista fra il I e n secolo d. C.
32 Il quarto Concilio Lateranense si tenne sotto Innocenzo III nel 1215.
33 Teologo francescano di origine irlandese ( 1610-96), sostenitore di
Duns Scoto (Scotus defensus et ampliphicatus, Colonia 1664).
34 Il settimo concilio, secondo di Nicea, tenuto nel 787.
35 Arcivescovo di Tessalonica fra il VI e il VII secolo, oratore e autore
di omelie a noi giunte quasi tutte frammentarie. Per il passo qui citato
cfr. G. D. Mansi, Sacrorum conciliorum nova et amplissima collectio, XIII,
Firenze 1767, col. 636.
36 Salmi 103. 4.
37 I neoplatonici. Cfr. già al numero 32.
38 In Italia il primo microscopio ( « occhialino ») fu costruito da Galileo
nel 1624; il vocabolo fu introdotto dall'Algarotti.
39 La scoperta e il termine chimico ' fosforo ' risalgono agli anni del
Sinistrati (1669); significa ' apportatore di luce' e fu cosi detto perché
ossidandosi nell'aria ingiallisce ed emette una debole luce.
40 La circolazione del sangue fu scoperta e annunciata da Thomas
Harvey nel 1616.
41 I vasi chiliferi, scoperti dall'Aselli nel 1622 e da lui denominati,
per l'umore biancastro che contengono, venae lacteae (De lactibus sive
lecteis venis, Milano 1627).
42 Liquido idroalcoolico contenuto nel vino e prodotto nella distilla-
zione con alambicco; contiene prodotti volatili e alcool etilico.
43 Nato a Rouen nel 1645, morto a Parigi nel 1715, dunque stretto
contemporaneo del Sinistrati, Nicolas Lémery fu chimico e botanico reale,
farmacista, analista di acque minerali, autore di trattati scientifici.
44 Nell'elenco delle obiezioni il manoscritto Ambrosiano qui perde
il filo e ripete, con effetti anche successivi, il quarto punto (dr. numero 51)
anziché passare al quinto. Non cosl il manoscritto Casanatense, e le tradu-
zioni di Liseux e Summers. Cfr. Nota al testo.
45 Naturalis historia 7. 153.
46 6. 28. 3.
47 Filosofo scolastico (Doctor venerandus) del secolo XIII, nativo di
Liegi, professore a Parigi, tomista, autore di un gruppo di 15 celebri
Quodlibeta.
48 Piuttosto «Distributore», da daiomai. Ma Macrobio, Saturnalia 1.
2 3. 7: daémones, id est scientes futuri; Isidoro, Et,,mologiae 8. r 1. I 5:
peritos ac rerum scios. Praesciunt enim futura multa; Marziano Capella 2.
154: hos omnes [ Genios] Graeci dainzonas dicunt apò toù dai,nonas einai.
49 Terminologie greche. Cfr. Marziano Capella, 2. 163: Manes igitur
bic tam boni quam truces sunt constituti, quos agatoùs et kakoùs daimonas
memorat Graia discretio.
so Numeri 66 sg.
51 Amantes amentes, espressione proverbiale, dai comici ad Apuleio:
cfr. A. Otto, Sprichworter und sp,ichwortliche Redensarten der Romer,
Lipsia 1890, rist. an. Hildesheim 1962, s. v. amans.
52 Theodor Pelten ( r 511-84), gesuita tedesco, teologo e commentatore
biblico. Peter Tyraeus (1532-91), gesuita tedesco di Neuss, autore di un
trattato De terrificationibus nocturnis, Colonia 1604.
53 Nel linguaggio cristiano in via vale 'pellegrinante' in questa vita,
vivente, opposto a in patria, giunto alla naturale destinazione dell'uomo,
in cielo. Cfr. numero 61.
54 Ad Apuleio fu attribuita falsamente una piccola raccolta di ricette
vegetali dal titolo De herbarum medicaminibus o virtutibus, in realtà del
103
IV secolo. Dioscoride, medico e farmacologo greco nel I secolo d. C., scrisse
un trattato Sui semplici.
55 Secondo la classificazione della medicina antica, abbondante di uno
dei quattro umori fondamentali del corpo umano (sangue, bile, atrabile e
flegma), proveniente dal cervello. Temperamento abulico, lento, scarsamen-
te nervoso ed emotivo.
56 67 e 90.
57 I. 14.
58 Cfr. numero 69.
59 Cfr. numero 76, all'inizio.
60 Solo iniziando l'operazione. Cfr. numero 69.
61 Galeno fu medico a Roma nel II secolo d. C., Eliano un naturalista
di poco posteriore, compilatore di varie opere più curiose che erudite.
62 Il Sinistrari torna al discorso iniziato nel numero 64; cfr. anche
numero 73.
63 Paolo di Tebe fra il III e IV secolo avviò il monachesimo negli ere-
mitaggi del deserto egizio. La Vita Pauli di san Gerolamo è l'unica, forte
testimonianza su di lui. Accanto a Paolo si pone Antonio abate, anacoreta
egli pure in Egitto nel medesimo periodo e ancora più celebre per le espe-
rienze e tentazioni demoniache a cui fu sottoposto, narrate nella sua Vita
scritta da sant'Atanasio e ispiratrici poi di un tenace culto popolare e di
capolavori pittorici sparsi nei secoli.
64 Nel 494. Il capitolo « Sancta Romana ... » è il terzo; il paragrafo
« Item vitas patrum ... » appartiene al quarto.
65 Il 17 gennaio.
66 Georg Bauer (1494-1555), medico e metallurgista tedesco; stabilitosi
a Chemnitz, coltivò la sua professione, gli studi e le esperienze nelle mi-
niere di Fugger. Oltre al fondamentale trattato De re metallica, compose
un De animanti bus subterraneis, uscito postumo a Basilea.
67 Lufs de Molina (1535-1600), teologo di grande fama soprattutto per
la sua dottrina sul libero arbitrio dell'uomo di fronte alla grazia e alla
predestinazione divina.
68 Hugo di St-Cher, cardinale e teologo domenicano della prima metà
del XIII secolo, importante glossatore della Bibbia.
69 Giuseppe Flavio (I secolo d. C.), sacerdote, uomo politico e storico
ebraico, autore in greco delle Antichità giudaiche, una storia degli Ebrei a
partire dalla Creazione (per il passo cui qui si allude dr. 3. 6. 26-32).
°
7 Cfr. Esodo 13. 22, 17. 6; Numeri 11. 31-34; per la manna, Esodo,
cap. 16.
71 Giovanni I. 3.
72 Francisco de Toledo, nato a Cordova nel 1532, morto a Roma nel
I 596, cardinale, teologo gesuita, studioso di Aristotele e san Tommaso,
commentatore biblico.
73 Il mago babilonese Balaam, chiamato in soccorso dal re di Moab,
Balac, contro gli Israeliti, profetò invece la loro grandezza e in particolare
l'avvento di un Messia (dr. Numeri 24. 17). Ermes Trismegisto è la versio-
ne greca del dio egizio Toth il Sommo, a cui vennero attribuiti alcuni trat-
tati magico-religiosi di avanzata età imperiale, con tendenze profetiche e
gnostiche e facili accostamenti al cristianesimo. Istaspe, o Idaspe, fu antico
re dei Medi, che in un celebre sogno ebbe la visione della futura gran-
dezza e caduta del popolo e dell'impero romano. Notissime le profezie cri-
stiane attribuite alle Sibille. Per Lattanzio, vedi Divinae institutiones 1
(e non 2). 6; dr. anche 4. 6, 7. 15.
74 È l'apparato al I volume (Roma 1588) dei grandi Annales ecclesia-
104
stici di Cesare Baronio, che rinvia (p. 445) a Lattanzio, Divinae institutiones,
loc. cit.
75 Africano (467-533), vescovo di Ruspe, autore di trattati antiariani
e di sette sermoni. La citazione del Sinistrari in Sermones 4. 3.
76 Marfa Corone!, di Agreda (1602-65), francescana scalza, celebre mi-
stica spagnola, autrice di una vasta Mistica ciudad de Dios, 6 historia de
la Reina de los Angeles.
77 Niceforo Callisto Xantopulo visse tra il XIII e il XIV secolo e scrisse
una Storia ecclesiastica dalle origini al secolo VI; il Sinistrari si serve, nel
suo latino, della versione che dell'epigramma Il riferito al libro I, cap. 17
diedero i Maurini (cfr. Patrologia Graeca 145, col. 683a). Suda è il nome
di un noto lessico bizantino. Giorgio Cedreno (sec. XI-XII) scrisse anch'egli
una Storia ecclesiastica dalla creazione del mondo ai suoi tempi.
78 Cfr. numero 82.
79 Piccole isole (Curzolari) dello Ionio di fronte alle coste greche.
80 San Bernardo di Clairvaux (1090-115 3), famoso cistercense, e il
francescano spagnolo san Pietro di Alcantara (1499-1562). Per il primo
vedi ad es. in Acta Sanctorum, Augustus, 4, De sancta Bernardo, cap. XXII,
p. 153; per il secondo, ivi, Octobris 8, De vita sancti Petri de Alcantara,
I. 1, cap. 79, p. 715.
81 Cfr. numero 64.
82 Cfr. numero 67.
83 Il Sinistrari allude al capitolo precedente (12. 5 sg.) del suo De
delictis et poenis, dedicato alla Bestialità, ove fra l'altro (numero 6) scrive:
lnmanissimi huius [ se. bestialitatis] sceleris gravitas [ ... ] patet ex hoc,
quod per hoc vitium cadit homo a sua dignitate, dum cum bestia longe ipso
inferiori, copulatur.
84 « Si ha la coscienza erronea quando, da falsi principi tuttavia rite-
nuti veri dal soggetto, o applicando non rettamente principi veri, si di-
chiara lecita o illecita un'azione concreta che realmente non è tale [ ... ] .
La coscienza erronea può essere incolpevole o colpevole, secondo che il
soggetto nel giudicare abbia usato o meno la debita diligenza » (Enciclo-
pedia cattolica, vol. IV, Firenze s. d. [ma 1950], s. v. coscienza, col. 679).
85 Tommaso Delbene, teatino nel secolo XVII, membro dell'Inquisizione
e autore di trattati giuridici ed ereticali.
86 Non risulta nel catalogo del De delictis et poenis.
105
Nota al testo
107
incensi CL fumo iecoris piscis incenso A (lect. diff.) - N. 72 interdiu
noctuque om. L coniecturae vim addidit CL coniecturae vi addidit
A (lect. diff.) - N. 78 Accedit quod [ ... ] vitas Patrum IJ. Dist. A
Addit fol. 2r.25 [?] CL - N. 79 ad non nzetuendas A ad metuendas
CL - N. 83 monstrum raro contingens CL monstrum, sed raro con-
tingens A (lect. ·diff.) - N. 88 (89) Epist. I IJ ad Hebridium C Epi-
stola I I 5 ad H ebridium L (e nelle trad. di L. e Summers) E pist.
I IJ ad Nebridium A - Et lib. 3 de Trinit. [ ... ] subditum gerant om.
L - N. 97 (98) trad. di Cedr. dai Maurini ( = Migne, PG 145. 683a),
v. 3 tacitis CL tacitus A.
Viceversa in A la nota 69 al n. 48 è omessa, e supplita da C;
al n. 54 non è stato cancellato sunt in qui allegati sunt erant; al n.
59 in longe tenuia essent A tenuia è da ritenere un'aplografia per
tenuiora CL; al n. 97 A pone una virgola errata (om. CL) fra Mer-
curio e Trismegisto. Ma la svista più vistosa è quella al n. 56 (57)
(cfr. nota al luogo), ove viene ripetuta Quarta interrogatio dopo la 4a
del n. 51 e si continua con Quinta per Sexta al n. 58 (59) e Sexta
per Septima al n. 60 (61).
Ed ecco l'apparato completo delle varianti nelle tre lezioni mss
e nel testo a stampa del De delictis et poenis (D) per i primi 27 nu-
meri, comuni a tutt'e quattro, senza tener conto di minori varianti
ortografiche, della punteggiatura e dei riferimenti a nota, dove, come
s'è detto, la completezza ed esattezza di A sono chiaramente supe-
riori a C e L (e dove ·tuttavia per la presente edizione si è introdotto
un po' più di ordine).
1 Vocabulum Daemonialitatis ALD Vocabulun1 daemonialitas C
Omnes enim Theologi ALD Omnes Theologi C intellexerit ALD
intellexit C mollities, prout diximus supra, § Mollities num.
[9 A 13 D] AD mollities, prout diximus supra, § Mollities CL -
3 prout opinatus AD ut opinatus CL prout optime AD ut optime
CL - 4 generationi involvit AD generationi contrariam involvit CL
cum cadavere tum brutali, tum humano AD cum brutali cadavere,
vel humano CL differet A differt CLD iuxta communem ACD
iuxta communem sententiam L - 5 constituens species ALD consti-
tuens speciem C inter se specie differunt ALD inter se differunt
C cum illis AD cum aliis CL - 7 aperiendam AD aperiendum
CL concubitus cum daemone ALD concubitus C contra religio-
nem. Contra. Peccatum AD contra religionem. Peccatum CL - 8 cum
cane, aut asina, aut equa etc. AD cum cane, et asina, aut equa C
rum cane, aut asina, aut equa L prout scribit AD ut scribit CL in
genere vitii ALD in genere vitiis C - 9 est, necessarium est AD est,
est necessarium CL sive Stryges AD seu Stryges CL - ro et haec
est sententia [ ... ] Catholicorum ALD et haec sententia [ ... ] Catho-
licorum est C allatis, relatis AD allatis et relatis CL afficere AD
efficere CL - 1 1 ho mini AD hominibus CL f actas collegi t AD
factas quas collegit CL - 13 eis AD illis CL - 16 sibi praestant
AD eique praestant CL - 17 seu foeminas AD et foen1inas CL -
18 ei fuit ALD sibi fuit C - 21 supra num. 16 A supra CL supra
108
num. 16 D loc. cit: fol. 39 AD loc. cit. CL - 23 simile vestigio
leporis AD simile leporis CL locis corporis ACD locis corporeis
L in mammis ALD in mammillis C at sanctorum ALD ac sancto-
rum C singulis illorum ALD singulis eorum C - 24 alterius hominis
maris ACD alterius maris L daemon tunc se transformat AD dae-
mon se transformat CL semen prolectum ALD semen proiectum
C - 2 5 tum incubus tum succubus ALD tum inrubis tum succubis
C maleficia etc. (guae a sagis, et malefìcis, prout supra dictum est,
praetendit) recipit AD maleficia, guae a sagis, et maleficis, ut supra
dictum est, praetendit, et recipit C maleficia, quae a Sagis et Ma-
leficis, ut supra dictum est, praetendit, recipit L multoties ACL
multocies D Empusam AD Compusam CL prout narrat AD ut
narrat CL gratissima omnium AD omnium gratissima CL Et quod
supremum [ ... ] enecabat AD om. CL - 26 coitum admittant AD
coitum admittunt CL avers-entur AD adversentur CL - 27 guod mi-
rum et pene incapibile est AD quod mirum est et pene incapibile
CL Folet ACD Follets [corr. ?] L ad exorcismos pavent ACD
exorcismos pavent L imaginum ad os obsessi, rugiunt AD imaginum
ad os obsessi rugiunt C imaginum, ad os obsessi rugiunt L ut dictum
est, demonstrant AD ut dictum est, ostendunt CL Huius rei [ ... ]
describo om. D re vera A re ipsa CL.
Perciò si è fondata su A la presente traduzione.
c. c.
109
Finito di stampare il I 8 aprile I 986
presso la tipografia Luxograph
di Palermo
La diagonale