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Triskell Edizioni – Associazione culturale Triskell Events


Via 2 Giugno, 9 - 25010 Montirone (BS)
http://www.triskellevents.org/edizioni/

Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono il frutto


dell’immaginazione dell’autore. Ogni somiglianza a persone reali, vive o morte, imprese
commerciali, eventi o località è puramente casuale.

Il violinista
Copyright © 2013 by Liz J. Sten
Cover Art and Design by Lis J. Sten
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Prodotto in Italia
Prima edizione - Febbraio 2013
Edizione Ebook Free
Il Violinista Liz J. Sten

PROLOGO

Stando in piedi dietro le quinte, stringendo il suo violino in una


mano e l’archetto nell’altra, sapeva perfettamente che quella sera era la più
importante della sua vita. Da lì a pochi minuti sarebbe uscito sul
palcoscenico, avrebbe preso posizione davanti all’orchestra e avrebbe dato
il via alla musica. Per la prima volta sarebbe stato artefice della sua sorte,
per la prima volta avrebbe riempito l’aria con le sue note, con la sua
passione… Per la prima volta avrebbe scoperto se tutta la fatica, le prove
superate, le umiliazioni, le porte chiuse in faccia, la gioia fugace, le
rinunce erano servite a qualcosa.

Non poteva fare a meno di ripensare a come era stata la sua vita
fino a quel momento, a quel senso di amarezza e perdita che lo aveva
accompagnato costantemente durante il corso degli anni. Aveva davanti
agli occhi una visione distinta del padre chino sulla forgia, la fronte
imperlata di sudore, che continuava a ripetergli che un giorno la bottega da
fabbro sarebbe stata sua, che avrebbe avuto il compito di provvedere alla
famiglia, di lavorare sodo in modo di poter lasciare l’attività ai suoi figli.
Il fatto che a lui non interessasse per niente lavorare il ferro non aveva
nessuna importanza per l’uomo. Il fatto che desiderasse diventare un
musicista, poi, era qualcosa che non poteva accettare. La musica non
portava soldi, la musica non era un lavoro, la musica non garantiva nessun
futuro.
Quando ripensava alla prima volta in cui aveva confidato al padre,
con infinita timidezza e timore, che sognava di diventare un violinista,
proprio come quell’uomo di cui tutti parlavano, quello che aveva suonato
al Her Majesty's Theatre, era come se potesse sentire ancora le lacrime
bruciargli gli occhi.

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Il Violinista Liz J. Sten

“Quali razza di idee ti saltano in mente!” aveva tuonato l’uomo.


“Quali assurde fantasie ti affollano quella testa priva di senno, Andrew?
Cosa pensi di diventare, un qualche famoso violinista che non pensa ad
altro che a bere e a sperperare i suoi soldi in modi discutibili, che non è di
nessun aiuto alla sua famiglia e che un giorno troveranno morto a causa di
qualche strana malattia contratta in un bordello? Quello che devi fare è
trovarti un lavoro serio, un’occupazione degna di un uomo rispettabile.
Con qualche nota scarabocchiata su un foglio non ti sfamerai di certo.”
Andrew era poco più di un bambino e non aveva di certo capito a
pieno le parole del padre, ma il fatto che il suo sogno non poteva avere
nessuna speranza, quello gli era stato perfettamente chiaro. Chissà cosa
avrebbe detto ora che tutte le sue parole si erano rivelate vane? Avrebbe
voluto poter avere la soddisfazione di dirgli “Vedete padre, vi siete
sbagliato sul mio conto, sulla musica, sul futuro che mi attendeva”, ma
ormai era troppo tardi. Suo padre non sarebbe mai stato seduto tra la folla
pronto ad applaudirlo e, anche se questo lo rendeva triste nonostante tutto,
non poteva far a meno di sorridere al pensiero che il suo posto era
occupato dalla persona più importante della sua vita.

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Il Violinista Liz J. Sten

CAPITOLO I
(otto anni prima)

Andrew Richardson aveva da poco compiuto i dodici anni quando


aveva preso la decisione di parlare con suo padre. Aveva riflettuto a lungo
e l’idea di seguire le sue orme non lo entusiasmava affatto. Non provava
nessun desiderio di lavorare nella bottega di famiglia, non voleva passare
le sue giornate davanti alla fucina, a riscaldare il metallo per farlo
diventare abbastanza malleabile da poterlo lavorare. Non voleva starsene
rinchiuso tra quattro mura, al caldo insopportabile, spezzandosi la schiena
e a pregare che ci fosse stato sempre abbastanza lavoro da poter dar di cui
mangiare alla sua famiglia. Non voleva diventare triste e scontroso come
l’uomo che lo aveva cresciuto dandogli ordini e mai una carezza. Lui
desiderava poter viaggiare, vedere posti nuovi, lasciar vagare lo sguardo
sul mare. Voleva poter suonare melodie struggenti che facevano
commuovere e sonate allegre su cui la gente poteva danzare,
abbandonando per un momento i problemi quotidiani. Voleva diventare un
violinista e suonare nelle piazze, riempire i teatri. Voleva poter seguire il
suo sogno. Desiderava poter diventare come quel musicista che aveva
riempito il Her Majesty's Theatre e di cui tutti non facevano altro che
parlare. Andrew non aveva avuto la fortuna di poterlo ascoltare, ma per
lui, che si lasciava incantare dall’uomo che suonava nella piazza vicino a
casa sua, non era difficile immaginare quanto la sua musica potesse essere
sublime. Sì, era quello che voleva fare e suo padre avrebbe capito.
Avrebbe visto la sua determinazione e compreso il suo desiderio.
La realtà, però, era decisamente diversa dalla sua fantasia. Il padre
inveì contro di lui, dicendo strane cose sulla dissolutezza dei musicisti,
sulla loro misera vita. Ad Andrew l’uomo della piazza non era sembrato
mai miserabile. Al contrario, gli era apparso sereno, spesso anche felice
quando qualcuno si fermava ad ascoltarlo, iniziando alle volte perfino a
ballare. Il ragazzino corse via, con le lacrime che gli offuscavano la vista e

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il cuore in mille pezzi. La sua vita gli sembrava già misera. Quando il
parroco lo trovò seduto sui gradini della chiesa, con il capo chino e i pugni
serrati, non avrebbe mai immaginato che potesse esserci ancora speranza
per lui di sfuggire al destino che il padre gli aveva imposto.
“Cosa c’è che non va, Andrew?” gli chiese l’anziano sacerdote e il
ragazzino si lasciò andare tra le sue braccia.

“Non trovi che sia sciocco da parte tua disperarti così?” iniziò a
dire l’uomo dopo aver ascoltato la sua storia. “Brami una vita di cui non
sai assolutamente nulla e, da quello che so, non sai neanche come si tiene
in mano un violino. Come credi che funzioni? Che solo perché pensi sia
quello che vuoi, tu possa riuscirci? Devi studiare, applicarti, ogni giorno e
con grande costanza. Anche così, però, non è detto che tu possa riuscirci.
Quella del musicista non è una vita facile, Andrew.”

“Non mi importa,” sentenziò il ragazzo, asciugandosi gli occhi con


la manica della giacca sdrucita. “Voglio provarci, voglio dimostrare a tutti
che posso farcela.”
Il parroco lo guardò intensamente negli occhi, quasi a volergli
scrutare l’anima, poi gli sorrise e, mettendogli una mano sulla spalla, lo
guidò nella canonica. Lo fece accomodare e gli mise davanti una tazza di
tè. Poi tirò fuori da una credenza una vecchia custodia di violino. Andrew
non riuscì a trattenere un’esclamazione di stupore.
“Prima di dedicarmi alla vita ecclesiastica, ho studiato musica,”
iniziò a dire l’uomo. “Purtroppo non avevo nessuna dote particolare e ci
ho rinunciato.” Andrew accarezzò la custodia con mano tremante,
provando un forte desiderio di aprirla, senza però azzardarsi a farlo.
L’uomo, con un sorriso, lo fece per lui, mettendogli in mano lo strumento,
poi restò a guardarlo in silenzio, mentre lo spostava da una mano all’altra,
girandolo per osservarlo da ogni punto di vista, accarezzando il legno di
abete rosso e facendo scorrere le dita sulle corde.

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Il Violinista Liz J. Sten

“Posso insegnarti quello che so,” disse a un tratto il sacerdote.


Andrew si bloccò, alzando lo sguardo e fermandolo sull’uomo,
quasi volesse sincerarsi che ciò che aveva udito fosse stato detto
veramente e che non si trattasse semplicemente di uno strano scherzo della
sua mente. Poi ripose cautamente il violino all’interno della sua custodia.
“Mio padre non approverebbe mai,” rispose in poco più di un
sussurro.

“Non è necessario che lo sappia. Dirai che ti ho chiesto di venirmi


ad aiutare in canonica, non si opporrà. Se scopriremo che non hai nessuna
predisposizione per suonare il violino, non ti resterà altro da fare che
accantonare il tuo sogno e cercartene un altro, se vorrai. In caso contrario,
non potrà far finta di niente.”
Andrew rimase a riflettere sulle parole dell’uomo. Gli stava
offrendo una possibilità, gli stava dando una speranza, eppure il timore di
suo padre era così grande da farlo esitare. Non riusciva neanche a pensare
alla punizione che gli sarebbe toccata se il padre lo avesse scoperto. Però
era del suo futuro che si stava parlando e probabilmente valeva la pena di
correre quel rischio.

Fu così che da quel giorno in avanti iniziò la sua istruzione


clandestina. Il parroco era un insegnante paziente e comprensivo. Andrew
era un allievo deciso e perseverante. Sapeva di doversi impegnare molto
per poter raggiungere un buon livello, sapeva che ci sarebbe voluta tutta la
sua volontà per riuscire a diventare un buon violinista, per riuscire a
credere che valesse la pena sfidare l’ira paterna. Con il passare delle
settimane, le sue dita iniziarono ad acquisire una certa sicurezza nel
muoversi sulle corde e i suoi movimenti risultavano sempre meno
impacciati. Spesso sorprendeva il sacerdote a osservarlo con aria
compiaciuta e questo gli dava sempre maggiore sicurezza nelle proprie
capacità. La lettura degli spartiti si era rivelata non essere un particolare

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Il Violinista Liz J. Sten

problema per lui. Aveva una sorprendente capacità intuitiva e la musica si


dispiegava davanti ai suoi occhi senza nessuna difficoltà.
La sua vita, però, non era piena solo della gioia derivante dalla
musica. Il padre doveva aver pensato che per porre fine alle assurde
fantasie del figlio non ci fosse modo migliore che occupargli la mente con
cose più concrete. Probabilmente fu quello il motivo che lo spinse a
costringerlo ad aiutarlo nell’officina per quattro ore al giorno. Quando la
sera, sfinito per il duro lavoro, Andrew si lasciava cadere sul suo letto, non
poteva far a meno di osservare le mani screpolate e arrossate per la
vicinanza al fuoco della fucina. Non erano decisamente mani da violinista.

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Il Violinista Liz J. Sten

CAPITOLO II

Poi un giorno accadde. Dopo la solita lezione, Andrew aveva


riposto il violino e si era già avventato sui biscotti che il parroco gli aveva
messo davanti, quando l’uomo si mise seduto al tavolo giungendo le mani,
con un’espressione stranamente seria dipinta in volto.
“Devo parlarti, Andrew. Ti prego, siediti.”
Nella mente del ragazzo si fece strada un terribile sospetto. Se
l’uomo era così turbato, era evidente che fosse accaduto qualcosa di
spiacevole. Forse suo padre aveva scoperto tutto, forse lo aveva
minacciato. Questo, però, non spiegava come mai lui fosse ancora tutto
intero. Sentendo il cuore pesante, si sedette davanti al parroco, attendendo
di sentire qualcosa di sgradito.

“Tra pochi giorni ci sarà una festa religiosa e ho pensato che


potrebbe essere l’occasione giusta per mettere alla prova le tue capacità.”
Andrew riusciva a stento a credere alle proprie orecchie. Un’esibizione
pubblica, avrebbe suonato davanti a delle persone, avrebbe provato cosa
voleva dire essere un violinista. “C’è però il problema di tuo padre,”
continuò l’uomo, raffreddando sul nascere il suo entusiasmo. “Non credo
che sarebbe felice di saperlo e non ho nessun dubbio che ti negherà il
permesso di parteciparvi.”
“Non glielo dirò,” rispose deciso il giovane. Il parroco scosse la
testa e il ragazzo capì che era combattuto.
“Non posso chiederti di mentire a tuo padre. Come pensi di riuscire
ad andare alla festa?”
“Uscirò di nascosto. Inoltre… quello che sto facendo ora non è
mentire?”

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Il Violinista Liz J. Sten

“È una cosa diversa,” disse l’uomo, non del tutto convinto. “Ci sarà
molta gente, Andrew. Qualcuno potrebbe riconoscerti e riferire la cosa a
tuo padre. Cosa farai allora?”
Il giovane si alzò, già fermamente deciso sul da farsi. “Ci andrò,”
fu l’unica cosa che disse prima di uscire di corsa dalla canonica, iniziando
a correre lungo la strada che lo separava da casa. Sentiva uno strano
formicolio percorrergli il corpo, ma era una sensazione piacevole,
qualcosa che avrebbe ricordato per sempre.

Il giorno della festa arrivò e, mentre si avvicinava la sera e il


momento in cui Andrew avrebbe lasciato di nascosto la casa paterna, il
ragazzo non poteva far a meno di sorridere. Non gli importava di dover
mentire, di dover infrangere le regole. Voleva avere la possibilità di
mettersi in gioco, di dimostrare il suo valore e quel giorno l’avrebbe fatto.
Mentre apriva la porta sul retro, prestando la massima attenzione a non
fare nessun rumore, pensò a suo padre addormentato a pochi passi e pregò
che avesse bevuto abbastanza da non accorgersi di niente. Una volta fuori,
prese a correre a perdifiato, con il cuore che gli batteva nel petto un po’
per la consapevolezza della fuga, un po’ per il timore di ciò che lo
aspettava. Sarebbe stato veramente all’altezza? La gente avrebbe riso di
lui? Erano tutte domande a cui avrebbe dato presto una risposta. Giunto
sul posto, trovò il parroco ad aspettarlo, con il suo violino. Lui lo afferrò e,
dopo aver ricevuto una pacca d’incoraggiamento, salì sul palco. Quando si
guardò attorno, con le mani e le gambe tremanti, si accorse che nessuno
gli stava prestando attenzione. Le persone erano intente a parlare, a bere, a
fare qualsiasi altra cosa che non fosse guardare verso di lui. Si voltò verso
il sacerdote che gli fece cenno con la mano di iniziare a suonare. Ne
avevano discusso a lungo. Lui avrebbe voluto suonare una di quelle
canzoni struggenti che tanto adorava, ma il parroco gli aveva fatto notare
che si trattava di una festa e che, probabilmente, la gente avrebbe preferito
la danza piuttosto che scoppiare in lacrime. Per questo, quando sistemò il
violino sulla spalla e alzò l’archetto, nonostante la mano gli stremasse
come mai aveva fatto prima di allora, iniziò a suonare. Bastarono poche

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note e le persone iniziarono a farsi prendere dalla melodia, cominciando a


danzare. Fu allora che capì a pieno perché il violinista sulla piazza
sorrideva. Non aveva mai provato una gioia simile. Poi, quando la danza
terminò e la gente applaudì, sentì che il cuore poteva scoppiargli per la
felicità. Quando vide che tutti erano in attesa, aspettando che tornasse a
suonare, allora si rese conto che doveva farlo, doveva suonare la melodia
che tanto amava. Doveva guardare la gente ascoltarlo rapita, doveva avere
la certezza di riuscire a commuovere le persone. Il suo violino iniziò a
suonare, riempiendo l’aria di una musica dolce, quasi straziante. Andrew
suonava, come rapito, con gli occhi chiusi e il cuore aperto a quella
stupenda sensazione.
Quando terminò e aprì gli occhi, tornando suo malgrado alla realtà,
trovò la gente che lo fissava. Il timore s’impadronì di lui. Aveva voluto
fare di testa sua e ora ne avrebbe dovuto pagare le conseguenze. Ordinò
alle sue gambe di muoversi, nonostante fossero pesanti come macigni e,
chinando il capo, si diresse verso il parroco, provando un’insopportabile
fitta al cuore. Poi lo sentì. L’applauso assordante del pubblico, la
ricompensa più attesa e insperata. Alzò lentamente la testa, incontrando lo
sguardo del suo maestro che, con un sorriso raggiante, gli fece segno di
ringraziare la folla. Andrew, più impacciato che mai, fece un inchino
frettoloso e corse via.

Fu probabilmente quella sera che Andrew imparò che nella vita


non esiste mai nessuna gioia che non sia accompagnata dal dolore. Lo capì
quando scorse dietro alla figura del parroco quella di suo padre, rosso in
volto. L’uomo scansò con un gesto brusco il sacerdote e lo afferrò per un
braccio, con una forza tale da farlo gemere per il dolore. Non disse una
sola parola, ma gli strappò di mano il violino e probabilmente lo avrebbe
gettato a terra, mandandolo in frantumi, se una voce dietro di lui non lo
avesse distolto dal suo intento.

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Il Violinista Liz J. Sten

“Questo giovane è vostro figlio?” chiese la voce. Quando l’uomo si


voltò, non poté fare altro che mollare la presa e cercare di darsi un
contegno.
“Sì, Eccellenza. È mio figlio,” rispose il signor Richardson,
facendo un inchino al vescovo.
“È dotato di una buona tecnica e di un grande talento. Presso quale
maestro lo state mandando?”

L’uomo alzò le spalle davanti a quella domanda a cui non sapeva


dare una risposta. “Eccellenza, non sapevo neanche che sapesse suonare
quel coso. Non è una cosa che approvo, glielo avevo detto di togliersi
questa strana idea dalla testa.”
Il vescovo lanciò uno sguardo al ragazzo, che continuava a
massaggiarsi il braccio con le lacrime che gli rigavano il viso. “Dove hai
imparato a suonare, ragazzo?”
Andrew non rispose, troppo timoroso per la reazione del padre. Fu
il parroco a farlo per lui. “Sono stato io a insegnargli, Eccellenza. Per quel
poco che sono stato in grado di…”
“Siete stato voi!” tuonò il signor Richardson, furente. “Come vi
siete permesso di approfittarvi della mia fiducia? A mio figlio ci penso io.
Nessuno deve intromettersi, non senza il mio consenso…”

Il vescovo alzò una mano, mettendo fine all’invettiva dell’uomo.


“Certamente vorrete prestare fede alle mie parole, signore, se vi dico che
vostro figlio ha un eccezionale talento. Qualunque sia il vostro punto di
vista sulla questione, non potrete di certo ignorare il mio consiglio di dare
la possibilità al ragazzo di studiare in modo serio il violino.” Vedendo che
il padre di Andrew stava per ribattere, l’uomo di chiesa fece un passo in
avanti. “Se il problema è di natura economica, potete stare tranquillo. Il
duca di Marlborough è un mio caro amico ed è sempre alla ricerca di
giovani talentuosi da prendere sotto la sua ala. Sarà mia premura scrivergli
per parlargli di vostro figlio.”

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Il Violinista Liz J. Sten

Il signor Richardson appariva furente e, anche se il buon senso gli


imponeva di non rivolgersi in maniera sfrontata e scortese a un uomo della
levatura sociale come la persona che aveva davanti, non poté fare a meno
di esprimere il proprio punto di vista. “Se mio figlio lascia la mia casa per
seguire una strada che non approvo, non dovrà fare mai più ritorno. Lo
rinnegherò e non sentirà mai più parlare né di me né di sua madre.”
Andrew strinse gli occhi sentendo quelle parole. Rinnegato e
allontanato, solo perché quello che più desiderava al mondo era suonare.
“Cosa intendi fare, ragazzo?” gli chiese il vescovo. Il giovane non rispose,
ma lanciò un’occhiata al parroco, all’uomo che lo aveva messo in quella
situazione che era sicuro di non poter gestire. Era solo un ragazzino, cosa
pretendevano che facesse? Non era in grado di decidere del suo destino da
solo. Non poteva andarsene senza avere la minima idea di cosa lo
aspettava, di quello che avrebbe dovuto fare. Il sacerdote si limitò a
sospirare, ben conscio del suo tumulto interiore. All’improvviso, poi, tutto
gli sembrò improvvisamente chiaro. “Voglio studiare,” disse in un
sussurro e si scostò giusto in tempo, prima che la mano del padre gli
colpisse con forza il volto. Due uomini, che probabilmente
accompagnavano il vescovo, afferrarono l’uomo e lo condussero via.
Andrew si ritrovò stretto nell’abbraccio protettivo del parroco, che gli
sussurrava parole di consolazione, alle quali però non prestò attenzione. Il
suo sguardo era fisso sul padre, che scalciava e imprecava, mentre veniva
trascinato via a forza. Con due semplici parole, aveva posto fine al suo
passato.

Qualche giorno dopo, mentre attendeva l’arrivo della carrozza che


lo avrebbe condotto alla dimora del duca di Marlborough, Andrew era ben
consapevole che tutto quello che gli restava della sua vita sino a quel
momento era un piccolo fagotto di abiti consunti e il vecchio violino che il
parroco aveva voluto regalargli.

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CAPITOLO III

Erano passati tre anni da quando Andrew aveva abbandonato il


tetto paterno per inseguire il suo sogno. Aveva alternato momenti di
sconforto a momenti di gioia, ma mai si era sentito a casa. Gli mancava la
sua famiglia, i suoi amici, quel senso di libertà che provava quando
sfuggiva alle occupazioni quotidiane per correre tra i campi appena fuori
città. Si sentiva un ospite e come tale doveva comportarsi in modo
appropriato. Non che il duca di Marlborough fosse severo nei suoi
confronti. Al contrario, lo trattava con un rispetto che sapeva di non
meritare, sia per la sua condizione sociale, sia per l’obbligo di gratitudine
che lo legava al gentiluomo. Il duca aveva affidato la sua educazione
musicale a un violinista di una certa esperienza e bravura, Humbert Cox,
con il quale aveva lavorato per affinare la sua tecnica e da cui aveva
imparato le nozioni base per la composizione di melodie. Aveva studiato
l’armonia, il contrappunto e l’armonizzazione perché, come gli ripeteva in
continuazione il suo insegnante, non avrebbe fatto molta strada se non
avesse composto qualcosa di proprio pugno.

“Un violinista che si limita a eseguire brani di altri non avrà mai la
fama, anche se è un eccellente esecutore. Devi creare qualcosa che la
gente ricorderà per sempre, Andrew, se vuoi che il tuo nome ti
sopravviva.”
Così il giovane aveva messo tutto se stesso nel tentare di scrivere
una composizione di buona fattura, dalla quale potesse emergere il suo
amore per la musica. Il risultato, però, non lo soddisfaceva pienamente.
Ogni volta che il signor Cox gli chiedeva di poter ascoltare i suoi
progressi, accampava qualche scusa per riuscire ad avere del tempo in più
per lavorarci. Aveva quasi iniziato a credere che quella del compositore
non fosse proprio la sua strada. Avrebbe dovuto scendere a patti con il
fatto che la sua sarebbe stata una carriera come tante altre. Avrebbe

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Il Violinista Liz J. Sten

riempito le fila di qualche orchestra e non sarebbe mai stato il


protagonista.
Durante una delle solite lezioni, Humbert Cox gli chiese
nuovamente della sua composizione.
“Non sono molto convinto della conclusione, signore. Vorrei poter
avere qualche altro giorno per lavorarci,” rispose Andrew, ben
consapevole del fatto che l’opera era ben lontana dall’essere giunta a una
conclusione.
Il violinista si portò le mani al bavero della giacca, sospirando.
“Credi forse che sia uno sciocco, Andrew? Faccio questo mestiere da
molto più tempo di te e so benissimo che all’inizio si incontrano delle
difficoltà. Se hai bisogno di aiuto, posso darti dei suggerimenti…”
“Non ho nessuna difficoltà,” rispose il giovane stizzito. “Voglio
solo essere sicuro di aver fatto del mio meglio. Le assicuro che gliela
mostrerò prima della fine della settimana.”
“Lo spero bene, visto che sabato il duca darà un banchetto e si
aspetta che tu dia prova dei tuoi progressi. Visto la generosità del tuo
benefattore, il minimo che puoi fare è dimostrargli che la sua fiducia non è
stata malriposta.”
Andrew trattenne il respiro. “Non credo di essere pronto per
questo.”
Il violinista iniziò a ridere. “Non sei certo tu a dover decidere. Se
ben ricordi, sono io il tuo maestro e spetta a me stabilire se sei pronto o
meno. Sei perfettamente in grado di eseguire in modo eccellente qualsiasi
composizione. Resta solo da vedere se la tua sarà all’altezza.”
Il giovane avrebbe avuto fuggire di corsa dalla stanza, ma si
costrinse a sorridere. Non aveva idea di quello che avrebbe fatto, se
sarebbe o meno riuscito a far uscire qualcosa dalla sua testa confusa, se si

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Il Violinista Liz J. Sten

sarebbe reso ridicolo davanti al duca e ai suoi ospiti. Del resto, cos’altro
poteva fare? Avrebbe dovuto tentare la sorte.
Trascorse i giorni che lo separavano dalla sua esibizione in uno
stato di totale agitazione, di frenesia, con un constante senso d’incapacità
derivato dall’impossibilità di portare a termine il suo compito. Avrebbe
deluso tutti, si sarebbe messo in ridicolo e, probabilmente, il duca avrebbe
deciso che si era sbagliato sul suo conto, che tutto quello che gli aveva
donato era stato uno spreco. Avrebbe di nuovo perso tutto.

Quando giunse il momento della sua esibizione, Andrew aveva


iniziato a provare un violento malessere fisico. Humbert Cox aveva
chiesto più volte di poter vedere la sua composizione prima che uscisse in
pubblico, per potersi sincerare che fosse all’altezza dell’occasione e,
quando con molta riluttanza gli aveva consegnato i fogli talmente
scarabocchiati da sembrare opera di un bambino, l’uomo aveva scosso la
testa con un’espressione di delusione dipinta in volto.

“Farai meglio a limitarti a eseguire qualche melodia di Pierre


Gaviniès, non puoi di certo presentare questa… cosa,” gli disse il maestro,
restituendogli i fogli stropicciati. “Credevo di averti detto di chiedere aiuto
a me, se ti fossi trovato in difficoltà. Evidentemente ti ritieni troppo
superiore per abbassarti a chiedere consiglio. Continuando di questo passo
non arriverai di certo da nessuna parte.”
Andrew non restò ad ascoltare il seguito della predica, troppo
irritato con se stesso e con il signor Cox, il quale aveva una così bassa
opinione di lui. Era forse un crimine voler tentare di dimostrare di essere
all’altezza della aspettative? Quando si sistemò davanti all’orchestra che
fino a quel momento aveva allietato la serata, il giovane provava solo
rabbia e l’unica cosa che poté fare fu quella di eseguire la sonata come
meglio poteva. Sapeva perfettamente, perché le sue orecchie potevano
sentirlo, che nella sua musica non c’era nessuna passione, nessun
trasporto, ma solo tecnica. Voleva dare prova della sua appassionata

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Il Violinista Liz J. Sten

interpretazione, invece riuscì solo a mettere in mostra la sua bravura


nell’esecuzione. Quando ebbe finito, fece un inchino e si allontanò, senza
neanche prendere l’applauso degli invitati.
“Dove credi di andare?” gli chiese il suo maestro, andandogli
dietro mentre lui si dirigeva verso la sua stanza.
“Vado nella mia stanza, se non è un problema,” rispose il giovane
stizzito.

“Certo che è un problema. Se fossi restato ad ascoltarmi, invece di


andartene, sapresti che il violinista Emmanuel Butler è tra gli ospiti e che
il duca mi ha chiesto di riferirti che ha intenzione di conoscerti. Quindi,
togliti quell’espressione arrogante dalla faccia e spera che abbia trovato
almeno passabile quell’esecuzione priva di emozione che hai deciso di
offrire.”
Andrew stentava a credere che il destino potesse essersi accanito in
quel modo nei suoi confronti. Quando Humbert si allontanò, si lasciò
cadere su una sedia e chinò il capo, commiserandosi.
“Quel violino è decisamente scadente,” disse una voce accanto a
lui. Quando alzò lo sguardo vide una giovane ragazza, di età simile alla
sua, che lo stava fissando con le mani poggiate sui fianchi.
“Scusi?” chiese lui incredulo.

“Ho detto che il tuo violino è scadente. Credimi, ne ho visti di


violini in vita mia, e quello che tieni in mano non vale un granché.”
Andrew aprì la bocca, intenzionato a risponderle per le rime, poi
però l’osservò meglio. Indossava un vestito di seta molto raffinato e aveva
una collana di eccellente fattura al collo. Era più che evidente che si
trattava della figlia di un qualche nobile. Aveva avuto già molti dispiaceri
per quella serata e inimicarsi una persona del genere era qualcosa che era
meglio evitare.

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Il Violinista Liz J. Sten

“La ringrazio per avermi messo a conoscenza della scarsa qualità


del mio strumento, ma non posso permettermi altro,” rispose Andrew
alzandosi, intenzionato ad allontanarsi da quella ragazza così poco
delicata.
“In effetti avevo notato che non sembri proprio un violinista,”
continuò invece la giovane. “Tutti i musicisti che ho incontrato sono
sempre vestiti con una certa eleganza, mentre tu… beh, diciamo che il tuo
abbigliamento lascia a desiderare.”
Andrew iniziava davvero a sentirsi irritato dalla maleducazione di
quella ragazza che, evidentemente non riuscendo a trovare un altro
divertimento, aveva deciso di dilettarsi nell’offenderlo. “Per quanto
riguarda la tua esibizione,” continuò imperterrita lei, “sinceramente mi
aspettavo qualcosa in più, visto il modo in cui il duca parla di te. Al
contrario, è stata decisamente nella media, niente di straordinario. Se non
amassi particolarmente le composizioni di Pierre Gaviniès l’avrei trovata
addirittura noiosa.”
A quel punto Andrew non poté fare a meno di rispondere,
dimenticando completamente il proposito di comportarsi in modo
appropriato. Si voltò lentamente, rosso in volto per la rabbia.
“Mi dispiace molto di non essere all’altezza delle vostre
aspettative, signorina. Si dà il caso, però, che a me non importi nulla di ciò
che pensate voi, dei musicisti che siete solita frequentare e del modo di
vestire che ritenete appropriato per la mia professione. Non mi sembra di
aver chiesto il vostro parere e vi sarei grato se in futuro evitaste di
rendermelo noto.” Così dicendo, rivolse le spalle alla ragazza e si
allontanò, senza voltarsi indietro.

Quando tutti gli invitati se ne furono andati, Humbert Cox andò a


cercarlo per introdurlo nel salotto personale del duca, dove ad attenderlo

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Il Violinista Liz J. Sten

c’era anche il violinista Emmanuel Butler. Andrew era ben consapevole di


non aver dato una buona impressione di sé e della sua abilità.
“Ecco il nostro Andrew,” disse il duca vedendolo entrare. “Vieni,
c’è qui il signor Butler che vuole conoscerti.”
Il ragazzo si fece avanti, fermandosi davanti all’uomo che lo
scrutava con espressione arcigna. Lui si limitò a fare un inchino, incapace
di proferire parola. “E così tu sei il giovane talento di cui il duca non fa
altro che parlare…” La sua era un’affermazione, non una domanda, e
Andrew si guardò bene dall’aprir bocca. “Il duca mi ha chiesto un parere
su di te e, mi dispiace dirlo, ma da quello che avevo sentito dire mi
aspettavo ben altra cosa. Cosa mi puoi dire della tua esibizione?” Quella
era una domanda e il giovane doveva cercare di dare una risposta.
“Credo di essere stato un po’ emozionato, signore,” rispose,
tormentando l’orlo della giacca.

“Un musicista che si rispetti non si lascia di certo sopraffare


dall’emozione, altrimenti non assisteremmo a nessun concerto, non
credi?”
“Suppongo di sì.”
“So che hai lavorato a una composizione. Credevo che l’avremmo
ascoltata questa sera, invece sono rimasto deluso nello scoprire di essermi
sbagliato. Puoi darmi una spiegazione?”
Andrew avrebbe preferito di certo poter morire all’istante, piuttosto
che rivelare la sua incapacità, ma non poteva evitare di rispondere. “Non
era all’altezza, signore.”
“Posso vederla?” chiese l’uomo, come se il giovane potesse avere
davvero l’opportunità di rifiutare. Andrew gli passò il foglio stropicciato
su cui aveva scarabocchiato le note a cui non era riuscito a dare un senso.
“Suona,” quasi gli ordinò il violinista restituendogli la musica. Il ragazzo
non poteva credere alle proprie orecchie. Gli stava chiedendo di suonare

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Il Violinista Liz J. Sten

una melodia rozza, incompleta, di cui lui stesso si vergognava.


Probabilmente voleva metterlo in imbarazzo, anche se proprio non ne
comprendeva il motivo.
“Su, Andrew, non farci attendere,” intervenne il duca, che dava
l’impressione di non aver ben compreso la situazione.
Il giovane si voltò verso il suo maestro, il quale non gli fu di
nessun aiuto, dato che lo guardava con lo sguardo severo che gli aveva già
rivolto in più di un’occasione quella sera.
Così il giovane violinista sistemò lo strumento sulla spalla e iniziò
a suonare quella melodia che riteneva indegna di lui e del suo amore per la
musica. Quando terminò ci fu un lungo silenzio, interrotto solo dal rumore
della porta che si apriva. Andrew si voltò verso l’inatteso ospite, grato del
fatto che qualcosa fosse giunto a porre fine a quell’imbarazzante
momento. Il senso di gratitudine, però, fu presto scacciato via da quello
d’irritazione. Accanto alla porta, con un sorriso arrogante dipinto in volto,
c’era la ragazza che lo aveva insultato subito dopo la sua esibizione.
Avrebbe voluto urlarle di andarsene, che nessuno l’aveva invitata a unirsi
a loro, che non era la benvenuta, ma Emmanuel Butler si voltò a guardarla
ed esclamò: “Annie, vieni, prendi posto accanto a me.”
Andrew doveva aver assunto un’espressione di totale incredulità,
perché il musicista lo fissò e poi gli disse: “Questa è mia figlia Annie.”
Il giovane cercò di darsi un contegno e le fece un piccolo inchino,
mormorando qualcosa sul fatto di essere lieto di fare la sua conoscenza.
Aveva il timore che la ragazza potesse riferire al padre del modo in cui le
aveva risposto poco prima, aggravando ulteriormente la situazione. La
fanciulla, però, si limitò a fargli un sorriso.
“Sarò sincero con te, Andrew,” riprese a dire il musicista,
facendogli segno di sedersi. “Sono convinto che questa sera sia stata una
serata sfortunata per te, poiché non mi sognerei mai di dubitare del
giudizio del duca e del signor Cox.”

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Il Violinista Liz J. Sten

“È così, signore,” rispose Andrew, cercando di non sembrare


ancora più patetico.
“Resta comunque il fatto che la tua composizione non è affatto
all’altezza. Manca di passione, di sentimento… Avresti dovuto metterci
l’anima, avresti dovuto attingere dalle tue esperienze.”
Se Andrew avesse pensato di scrivere una composizione basandosi
sulle sue esperienze di vita, probabilmente ne sarebbe uscita la stessa
identica accozzaglia di note. “Non credo di avere molte esperienze da cui
prendere ispirazione.”

“Allora credo che tu debba trovare il modo di porvi rimedio,


altrimenti dubito fortemente che potrai distinguerti dalla massa di
musicisti mediocri che ingrossano le fila delle orchestre.” Così dicendo, il
signor Butler si alzò e lasciò la stanza, seguito da sua figlia.
L’incontro con il famoso violinista avrebbe dovuto aprirgli un
mondo di opportunità, invece Andrew credeva che avesse avuto un effetto
esattamente opposto. Mai come in quel momento sentiva come se la sua
carriera fosse terminata ancor prima di essere davvero iniziata.

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Il Violinista Liz J. Sten

CAPITOLO IV

Appoggiato alla balaustra del ponte della nave che lo stava


portando in Francia, Andrew stentava a credere all’inattesa piega che
aveva preso la sua vita. La settimana seguente il suo incontro con il
violinista Emmanuel Butler, il duca gli aveva riferito di aver ricevuto una
lettera dal musicista in cui esprimeva il desiderio che lo accompagnasse in
un viaggio attraverso la Francia e l’Italia. La sua sorpresa per quell’invito
era stata davvero grande, visto che dopo la sera del ricevimento gli era
apparso chiaro che non avrebbe mai più incontrato il violinista. Ora,
invece, si era imbarcato con lui su di una nave, diretto a Calais, lo avrebbe
seguito nel suo viaggio e sarebbe stato suo allievo. Era certamente la cosa
più inaspettata ed entusiasmante che gli fosse mai capitata. L’idea di poter
viaggiare, di poter frequentare le corti francesi, di poter visitare l’Italia,
tutto gli sembrava così affascinante, un’avventura tutta nuova. Questo
però non voleva dire che la sua nuova condizione fosse del tutto rosea.

Ad accompagnare il signor Butler c’era anche sua figlia Annie, la


quale doveva davvero trarre un gran diletto nel tormentare il giovane.
Chiedeva la sua opinione per le cose più assurde, gli poneva delle
domande a cui sapeva benissimo che non avrebbe saputo rispondere…
ogni occasione era buona per metterlo in imbarazzo, per mettere in mostra
la sua scarsa cultura. Andrew non aveva mai odiato nessuno in vita sua,
neanche il padre che lo aveva sempre trattato come una cosa di sua
proprietà, ma sentiva che ciò che provava per quella ragazza così
presuntuosa poteva essere facilmente paragonabile all’odio.

“Cosa pensi del mio nuovo vestito?”

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Il Violinista Liz J. Sten

Andrew si voltò a guardare Annie, che era apparsa piroettando,


neanche avesse potuto leggergli nel pensiero e aver deciso di continuare la
sua opera.

“Non saprei, non sono molto esperto di moda,” rispose il giovane,


evitando di proposito di dare un giudizio per risparmiarsi qualche altra
frase di rammarico.

“Questo è più che evidente, visto il modo in cui ti vesti,” disse la


ragazza sistemandosi una spallina.

“Evidentemente avete ragione, come sempre,” ribatté Andrew


tornandosi a voltare per osservare il mare, intenzionato a porre fine a
quella conversazione.

Annie sbuffò sonoramente. “Quante volte devo dirti di darmi del


tu? Non le sopporto proprio tutte queste cerimonie. Comunque,” continuò
riacquistando il suo tono allegro, “è uno dei vestiti che mio padre mi ha
comprato per il viaggio. Ho insistito così tanto sul fatto che il mio
guardaroba non fosse adatto per la Francia, che alla fine ha ceduto.”

“Ottenete sempre quello che volete, dico bene?”

“Certo, mio padre sembra così burbero, ma in realtà basta fargli un


po’ gli occhi dolci per farlo cedere.” Annie lo fissò. “Se mai deciderai di
comprarti un vestito decente, dimmelo. Ti porterò in qualche bel negozio
di Parigi.”

“È già stata in Francia?” chiese Andrew, dimenticando per un


istante quanto quella ragazza lo irritasse.

“Sei già stata in Francia. Sì, ci sono venuta un paio di anni fa,
sempre con mio padre. Lui viaggia molto e io lo seguo il più delle volte.

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Il Violinista Liz J. Sten

Non credere però, è molto noioso. Lui passa il tempo con i suoi amici
musicisti e a me tocca stare ad ascoltare le idiozie dei loro figli. È una
fortuna che abbia deciso di farti venire con noi. Non sai quanto ho dovuto
insistere per…”

Andrew spalancò la bocca. “Lo hai costretto a farmi venire?” le


chiese furioso, dimenticando persino il suo proposito di non concederle la
soddisfazione di darle del tu.

“Lo fai sembrare una cosa brutta. Gli ho solo fatto presente che hai
la mia età e che sarebbe stato un bene per me avere qualcuno con cui
affrontare il viaggio…”

“Cosa pensi che sia? Una specie di passatempo, un giocattolo da


usare per non annoiarti? Qualcuno da umiliare e far passare per sciocco
solo per tuo divertimento?” Andrew vide che gli occhi della ragazza si
erano riempiti di lacrime, ma non fece nulla per addolcire il suo tono.
“Pensavo fossi una ragazza viziata, ma questo va ben al di là…”

Annie batté un piede a terra, cercando di trattenere le lacrime che


minacciavano di uscire dagli occhi da un momento all’altro. “Taci! Tu non
sai nulla di me e ti permetti di dare dei giudizi solo perché sono ricca. Mi
dispiace deluderti, ma se mi avessi lasciato terminare, invece di insultarmi
in quel modo, mi avresti sentito dire che quello che ho detto a mio padre
era solo una scusa per farti avere una possibilità. Saresti stato accanto a lui
e avresti imparato molto. Non so perché l’ho fatto ed evidentemente è
stato un grande errore.” Così dicendo, la ragazza si allontanò in fretta.

Andrew rimase a fissarla e si sentì un vero idiota.

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Il Violinista Liz J. Sten

Quella sera era l’ultima che avrebbero passato a bordo della nave;
il giorno dopo sarebbero sbarcati a Calais e sarebbero stati ospiti per
alcuni giorni di un amico di Emmanuel Butler. Andrew era seduto accanto
a lui a tavola, ma il suo sguardo era rivolto ad Annie che si sforzava di
sorridere. Dal suo sguardo, però, era più che evidente che fosse triste e lui
sapeva perfettamente di essere la causa di quella tristezza. Non avrebbe
mai potuto immaginare che le sue parole potessero ferirla in quel modo,
proprio lei che non faceva altro che stuzzicarlo in continuazione.

“Allora Andrew,” disse il signor Butler mettendogli una mano sulla


spalla e distogliendolo dai suoi pensieri. “Cosa ne dici di mettere in mostra
le tue doti?” continuò indicando con un gesto della testa l’orchestra.

Andrew lo guardò con un’espressione spaesata. “Come, signore?”

“Devi fare un po’ di esperienza nell’esibizione in pubblico e quale


occasione migliore di questa? Se farai una brutta figura, potrai consolarti
pensando che probabilmente non rivedrai mai più queste persone. Se
invece riuscirai finalmente a dimostrare il tuo talento, saprò che aver dato
ascolto a mia figlia non si sarà rivelato una totale perdita di tempo.” Il
violinista fece una pausa per guardare la figlia. “Inoltre questa sera Annie
sembra decisamente giù di morale. Sono sicuro che ascoltandoti suonare
troverà di certo qualcos’altro su cui spostare la sua attenzione. Nel bene o
nel male.”

Quella prospettiva non allettava di certo il giovane, ma voleva


davvero dimostrare al signor Butler di non essere un semplice suonatore di
strada. A dire il vero, anche se lo irritava molto ammetterlo, voleva
veramente far in modo che Annie cambiasse espressione. Non sapeva bene
il perché, del resto si era meritata quello che le aveva detto, però, in un
certo qual modo, le parole di lei potevano aver un senso. Poteva essere
stato solo un espediente per convincere suo padre a farlo andare con loro.

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Il Violinista Liz J. Sten

Il motivo di una simile azione, però, gli restava sconosciuto. Nonostante


tutte quelle domande a cui non sapeva dare una risposta, restava il fatto
che aveva un’altra possibilità per dimostrare il suo valore, così prese tutto
il coraggio che aveva e si diresse verso l’orchestra. Il direttore gli sorrise e
gli fece cenno di prendere posizione in mezzo al palco. Andrew gli si
avvicinò, chiedendogli se fosse possibile poter suonare uno dei concerti di
Salieri, accompagnato dal violoncello e l’oboe.

Quindi il giovane si concentrò e iniziò a suonare, accompagnato


dagli altri due musicisti. Fu un’esperienza emozionante e bellissima. Per la
prima volta stava suonando con un’orchestra, davanti a delle persone che
s’intendevano di musica. Per la prima volta stava mettendo in mostra le
sue doti, senza nessun timore. Per la prima volta Emmanuel Butler
avrebbe avuto la certezza che in lui c’era del talento e avrebbe saputo di
essersi sbagliato giudicandolo così duramente. Durante l’esibizione, il
giovane guardò Annie e notò che, anche se nella sua espressione rimaneva
un velo di tristezza, il suo volto era rischiarato da un sorriso compiaciuto.
Quando terminò, il pubblico scoppiò in un applauso. Il giovane salutò con
un inchino e, dopo aver ringraziato il direttore con una stretta di mano, si
affrettò a tornare al tavolo.

“Vorrei poter dire di aver sempre saputo che eri dotato di un


grande talento, ragazzo, ma non è così. Credo proprio che tu debba
ringraziare mia figlia,” gli disse il signor Butler dandogli una pacca sulla
spalla. Andrew si voltò istintivamente verso la ragazza, rendendosi conto
di avere stampato in volto un sorriso ebete.

Poco più tardi, quando Annie dichiarò la sua intenzione di ritirarsi


nella sua cabina, Andrew saltò in piedi, offrendosi di accompagnarla. I due
ragazzi camminavano silenziosamente sul ponte. Lui sapeva di dover dire

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Il Violinista Liz J. Sten

qualcosa, del resto si era offerto di accompagnarla. “Io…” iniziò a parlare,


bloccandosi subito dopo.

“Tu?” lo incalzò lei.

“Ecco… volevo chiederti scusa,” disse d’un fiato, massaggiandosi


un braccio. “Sono stato davvero scortese prima.”

Annie si fermò e lo guardò diritto negli occhi. “Vuoi dirmi che non
pensi davvero che io sia viziata?”

Andrew non sapeva proprio come rispondere a quella domanda.


Probabilmente avrebbe dovuto mentirle, ma non era molto bravo a farlo.
“Penso che tu abbia avuto una vita decisamente più facile della mia e…”

La ragazza gli fece cenno di tacere. “Andrew, conosco benissimo


la tua storia e mi dispiace molto che tu abbia avuto molti problemi, ma
non puoi farmi una colpa per la mia condizione economica. Per quanto
riguarda la mia vita facile… mi dispiace deluderti, ma non è così. Mia
madre è morta dandomi alla luce e non ho mai potuto conoscerla. Mio
padre è spesso in viaggio e non sono molte le volte in cui mi porta con sé.
Non sono abituata a stare con persone della mia età e ho sempre il timore
che non mi vogliano accettare. Ti chiedo scusa se mi sono comportata
male nei tuoi confronti, non era mia intenzione.” Annie riprese a
camminare e Andrew affrettò il passo per tornare al suo fianco.

“Mi sento davvero uno sciocco. Probabilmente hai ragione a


pensare che sono un ragazzo dalla scarsa educazione e dal gusto per la
moda inesistente.”

“Non ho mai pensato che tu abbia una scarsa educazione e,


comunque, hai sempre il tempo per studiare, se senti il desiderio di
migliorarti.”

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Il Violinista Liz J. Sten

Andrew rimase sorpreso da quella dichiarazione. Del resto non


aveva mai preso in considerazione la possibilità di ampliare le sue
conoscenze. Era proprio uno sciocco, non c’era che dire. “E riguardo al
mio gusto per la moda?” le chiese, desideroso di cambiare discorso.

“Beh… per quello dubito che ci sia rimedio,” rispose Annie


sorridendo. Anche il ragazzo si trovò a sorridere, poi si voltò a guardarla.

“Sai, credo che potremmo provare a essere amici, se prometti di


smettere di criticare il mio abbigliamento.”

La ragazza gli rivolse uno sguardo perplesso. “Quello che mi


chiedi è davvero molto difficile… ma farò un tentativo.”

La vista di Calais fu un’esperienza del tutto nuova per Andrew.


Annie aveva un sacco di cose da raccontargli sulla città, sulla sua origine
romana, sulle lotte tra francesi e inglesi per il suo possesso. Il giovane era
affascinato da tutte le cose che quella ragazza sapeva e sentì forte il
desiderio di poter essere degno di poterle stare accanto. Non capiva
perfettamente cosa gli stava accadendo. Solo il giorno prima la trovava
assolutamente irritante e antipatica, mentre ora pendeva dalle sue labbra.

Durante la loro sosta di due settimane in città, avrebbero


soggiornato da un amico del signor Butler, un famoso pianista di nome
Errol Hall. Andrew fu sorpreso dallo scoprire che il suo nuovo maestro
aveva preso a tenerlo in una certa considerazione. Difatti non perdeva mai
occasione di farlo partecipare ai loro incontri musicali e aveva fatto in
modo che il pianista gli insegnasse quante più cose possibili sull’arte del
comporre. La passione del pianista era così grande da riuscire a
trasportarlo ben al di là della semplice teoria che già aveva appreso dal suo
vecchio insegnante, il signor Cox. Nel giro di dieci giorni, Andrew riuscì a

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Il Violinista Liz J. Sten

dare un senso alla sua prima composizione, quella che solo poco tempo
prima gli era costata una così grande umiliazione e, l’ultima sera della loro
permanenza a Calais, l’interpretò. Al termine i due musicisti gli fecero
molti complimenti e a lui sembrò di aver finalmente imboccato la strada
giusta per il successo.

“Devo ammetterlo, Andrew, mi hai stupito. Non credevo che


quella cosa scandalosa che avevi suonato a casa del duca potesse diventare
qualcosa di ascoltabile,” gli disse Annie l’indomani, mentre si
preparavano per partire alla volta di Parigi.

“Sei davvero molto gentile,” rispose lui, fingendosi infastidito.


“Devo presumere che d’ora in poi mi considererai un vero musicista?”

“Non fino a quando non ti vestirai in modo appropriato,” scherzò


lei salendo sul vagone del treno che li avrebbe portati a destinazione.
“Quando saremo a Parigi sarà la prima cosa di cui mi occuperò.”

Andrew roteò gli occhi, ma non rispose.

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Il Violinista Liz J. Sten

CAPITOLO V

La vita a Parigi era completamente diversa da quella che aveva


fatto fino ad allora. C’erano molti balli, feste, riunioni e si era ritrovato a
frequentare molte persone importanti, tra cui molti musicisti. Andrew era
felice di aver deciso di superare il suo imbarazzo e chiedere ad Annie di
diventare la sua insegnante. La ragazza era molto istruita e lui si chiedeva
spesso quanti libri avesse dovuto leggere per avere una cultura così
grande. Qualunque fosse il numero, Andrew era felice che fosse stata in
grado di insegnargli il minimo indispensabile per non fare brutta figura
davanti ai nobili amici del signor Butler. Annie lo aveva messo a
conoscenza dei più importanti avvenimenti politici e il giovane poté
partecipare alle conversazioni con una certa facilità.

Quando non doveva partecipare agli avvenimenti mondani, lui e il


suo maestro partecipavano a degli incontri con musicisti e artisti. Quelle
occasioni rappresentavano delle opportunità molto importanti per la sua
carriera perché, non solo gli permettevano di farsi conoscere, ma gli
consentivano di apprendere molti segreti sulla sua professione. Un
musicista in particolare era molto interessato al suo modo di suonare. Era
un italiano, il suo nome era Francesco Ferretti, ed era direttore d’orchestra
in uno dei teatri italiani più famosi. Da lui Andrew imparò più che da
chiunque altro e l’uomo sembrava averlo preso molto in simpatia.

Nonostante quelle serate di cultura fossero molto importanti per il


ragazzo, non poteva fare a meno di sentire la mancanza delle continue
frecciate di Annie. Quando si trovava a pensare a lei, cosa che in quel
periodo gli capitava molto spesso, si sorprendeva ad ascoltare il battito del
suo cuore farsi più veloce. Molti musicisti scrivevano le loro opere

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Il Violinista Liz J. Sten

dedicandole alla donna che amavano; erano proprio quelle composizioni


struggenti che sempre aveva amato e che sognava di riuscire a scrivere un
giorno. Nonostante si sforzasse di comporre delle melodie pensando a lei,
queste non si avvicinavano minimamente a quelle che molte volte aveva
suonato. Evidentemente si sbagliava, quello che provava per la ragazza
non era amore.

“Fossi in te non mi preoccuperei, Andrew,” gli disse un giorno il


signor Ferretti. “Sei ancora molto giovane e per riuscire a comporre una
simile melodia, bisogna avere vissuto molte esperienze, aver conosciuto
l’amore veramente.”

Andrew non riusciva a capire cosa intendesse dire, ma non si dava


per vinto.

Annie aveva raggiunto il suo scopo quando un giorno lo aveva


costretto a seguirlo in una boutique nel centro di Parigi e gli aveva fatto
spendere i pochi soldi che il duca gli aveva dato in dono prima della sua
partenza per rinnovare il suo guardaroba.

“Vestito così, potrei anche chiamarti maestro. Non montarti la


testa, però, perché non ho nessunissima intenzione di farlo,” gli disse
mentre camminava lungo una delle vie della città, appoggiata al suo
braccio.

“Non avevo alcun dubbio in merito,” rispose lui sorridendo.

“Allora, come va la composizione della tua grande opera?” chiese


lei, restituendogli il sorriso.

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Il Violinista Liz J. Sten

“Mi sono arenato, come al solito. Il signor Ferretti dice che non so
ancora cosa sia l’amore e che devo accantonarla per il momento,
dedicandomi a qualcosa di più allegro.”

Annie si fece di colpo pensierosa. “Quindi… vuoi dire che non ti


sei mai innamorato?”

Andrew alzò le spalle. “Sinceramente non saprei. Credevo di


esserlo, ma visto il deludente risultato che sto avendo, probabilmente non
è così.”

“Ora fondi i tuoi sentimenti in base alla riuscita delle tue


composizioni. Hai mai pensato che forse sei solamente incapace come
compositore?”

“Ti ringrazio tanto,” esclamò il ragazzo un po’ stizzito.

“Hai capito perfettamente cosa voglio dire,” riprese lei.


“Comunque, posso sapere chi è questa ragazza di cui pensi di essere
innamorato?”

Andrew sentì che stava arrossendo e non poté fare nulla per
evitarlo. “Preferirei non rivelarlo.”

“La conosco?” lo incalzò lei.

“Ti prego, Annie. Puoi lasciare stare? Non ho nessuna intenzione


di dirti di chi si tratta.”

La ragazza sfilò via il braccio da quello di lui. “Sarà una di quelle


oche che ti girano intorno ai balli. Non credere, lo fanno solo nella
speranza di riuscire a mettere le mani su qualche musicista importante.”

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Il Violinista Liz J. Sten

“Sei sempre così gentile con me. Comunque, no, non è nessuna
oca, come le chiami tu. Faccio fatica a sopportare te, figuriamoci una di
loro.” Annie gli colpì un braccio e accelerò il passo e lui si trovò a
inseguirla, come capitava tutte le volte che diceva qualcosa che la faceva
arrabbiare.

Durante il loro soggiorno a Parigi, Andrew scoprì che Annie


avrebbe festeggiato il suo sedicesimo compleanno. Il ragazzo avrebbe
voluto avere abbastanza soldi da poterle comprare un regalo adatto, ma
l’unica cosa che possedeva era la sua musica. Fu allora che decise.
Nonostante quello che pensava il signor Ferretti, avrebbe scritto la sua
melodia struggente, lo avrebbe fatto per la ragazza che amava, per la
ragazza alla quale non aveva altro da offrire che il suo cuore. Trascorse dei
lunghi pomeriggi chiuso nella sua stanza, a provare e riprovare, a scrivere
e cancellare note, a sentire la speranza di essere finalmente prossimo alla
riuscita crescere in lui per poi perderla subito dopo. Quando la fece
ascoltare a Francesco Ferretti, l’uomo non poté far a meno di sorridergli.

“Devo ricredermi,” gli disse “evidentemente c’è davvero una


donna che ti ha rubato il cuore e credo anche di sapere chi è.”

Andrew balbettò qualcosa, con l’intenzione di smentire


l’affermazione dell’uomo.

“Non temete,” disse quello “il tuo segreto è al sicuro con me.”

La sera della festa, Annie appariva più bella del solito. Il suo viso
era raggiante e mostrava fiera il nuovo vestito che il padre le aveva
comprato per l’occasione. Andrew cercava di ostentare tranquillità e

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Il Violinista Liz J. Sten

indifferenza, ma aveva le mani sudate al pensiero di dover eseguire la


musica che aveva scritto appositamente per lei.

“Pronto per l’esibizione?” gli chiese il musicista italiano.

“Non so se sia una buona idea. Probabilmente potrei ancora


migliorarla…”

“Non fare il codardo, Andrew. Sono sicuro che l’adorerà. Anzi,


vorrei cogliere l’occasione per farti una proposta,” continuò l’uomo.
“Pensavo che magari, se ti senti pronto, potresti passare una stagione nella
mia orchestra. So che non è quello a cui aspiri, ma servirebbe per farti le
ossa, per acquisire maggiore sicurezza nelle tue esibizioni pubbliche. La
paga non è molto, ma è sempre meglio di niente.”

Andrew guardò l’uomo con un’espressione sbigottita. Gli stava


offrendo di andare con lui in Italia, di suonare in un teatro. Gli stava
offrendo anche di allontanarsi da Annie, però. Avrebbe dovuto accettare
all’istante, senza fermarsi a pensarci neanche un attimo, invece era rimasto
a fissarlo senza il coraggio di dire neanche una parola.

“Non devi rispondermi adesso. Però devi promettermi che ci


penserai.”

Andrew si limitò ad annuire, troppo confuso per poter mettere


insieme una frase di senso compiuto. Poi tutte le preoccupazioni per quella
inaspettata proposta furono scacciate via. Era giunto il momento della sua
esibizione. Prese posto accanto al signor Ferretti che lo aspettava per
introdurre la sua composizione. E Andrew suonò, con tutta la passione che
aveva nel cuore, proprio come quella sera di tanti anni prima, quando
fuggito dalla casa di suo padre, aveva suonato alla festa religiosa. Poteva
avvertire la musica uscire dalle sue dita, trasformate in un prolungamento
della sua anima. Poteva sentire il suo amore danzare con le note prodotte

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Il Violinista Liz J. Sten

dal suo violino, poteva vederlo spandersi per la sala, poteva provare la
sensazione che toccasse ogni persona presente. Ma l’unica persona a cui
Andrew voleva toccare il cuore era Annie.

Quando finì di suonare, vide gli ospiti alzarsi in piedi,


applaudendolo come nessuno aveva mai fatto prima di allora. Andrew
seppe allora di aver fatto un attimo lavoro, di aver trascritto in musica il
suo amore. Si voltò verso Annie, la vide asciugarsi gli occhi con un rapido
gesto e poi sorridergli. Dopo aver ringraziato il pubblico, le si avvicinò.

“È una musica molto bella, davvero,” gli disse la ragazza.

“L’ho scritta per te,” rispose lui, timidamente.

“Sì, questo l’avevo capito. Mi domando solo a chi pensavi mentre


la componevi.”

“Annie,” sospirò il ragazzo scoraggiato “credevo che dedicarti


questa melodia sarebbe bastato per farti capire quanto cara… quanto
importante tu sia per me.”

La giovane gli sfiorò un braccio, scuotendo lentamente la testa.


“Anche tu mi sei molto caro…” Esitò un istante. “Sei un caro amico e
sono felice di averti al mio fianco.”

Andrew avrebbe voluto replicare. Avrebbe voluto dirle che non


voleva esserle solo amico, che i suoi sentimenti andavano ben oltre a
quello, ma non lo fece. Annie doveva aver capito cosa provava per lei, non
poteva aver frainteso, non dopo aver ascoltato la sua musica. Era evidente
che non provava la stessa cosa. Quasi certamente era dovuto alla sua
condizione, alla sua inferiorità sociale. Fu probabilmente allora che prese
la sua decisione.

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Il Violinista Liz J. Sten

“Il signor Ferretti mi ha chiesto di seguirlo in Italia, di suonare


nella sua orchestra.”

La ragazza abbassò per un istante lo sguardo, poi riportò gli occhi


su di lui, sorridendo. “Hai intenzione di andare? È una grande opportunità
per te, saresti uno sciocco a rifiutare.”

“Sì, ho intenzione di andare. Ho sempre sognato di vedere l’Italia.”

Alcune donne si avvicinarono ad Annie per rivolgerle i loro auguri


e lui ne approfittò per allontanarsi.

Fu probabilmente quella sera che Andrew imparò che ogni amore


aveva sempre un retrogusto amaro.

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Il Violinista Liz J. Sten

CAPITOLO VI

Seduto alla sua scrivania, nella stanza dell’appartamento a due


passi dal teatro che aveva affittato grazie ai guadagni del suo nuovo lavoro
come primo violinista, cercava di trovare le parole per mettere su carta
tutti i pensieri che gli affollavano la mente. Erano trascorsi quattro anni da
quando aveva lasciato la Francia e le cose che aveva visto, le esperienze
che aveva vissuto, lo avevano profondamente cambiato.

Dal suo arrivo sulla penisola, aveva visitato molte città. Prima
Venezia, con i suoi canali e il Caffè Florian dove aveva incontrato molti
scrittori e artisti. Poi Firenze, con le sue opere artistiche di grande
bellezza. Poi ancora giù, fino a Roma, dove era rimasto affascinato dalla
maestosità del Colosseo e infine Napoli. Qui aveva preso il suo posto
nell’orchestra di Francesco Ferretti come violinista. Aveva fatto molta
esperienza, migliorando anche le sue capacità interpretative. Aveva
continuato a scrivere composizioni originali, riscuotendo sempre un
discreto successo.

Aveva conosciuto musicisti di grande fama, dai quali aveva cercato


d’imparare il più possibile. Alcuni di loro, però, gli riportarono alla
memoria le parole che suo padre gli disse quando gli aveva rivelato il suo
desiderio di dedicarsi alla musica. Conducevano una vita dissoluta,
frequentavano i bordelli, alcuni assumevano delle droghe. Una volta, a
dire il vero, in un bordello c’era stato anche lui. Qualcuno gli aveva detto
che non poteva parlare d’amore se non lo aveva mai provato fisicamente,
figurarsi se ne poteva suonare. Ma quello che trovò lì era un’altra cosa,
qualcosa privo di sentimento, di passione. Più che altro provò imbarazzo

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Il Violinista Liz J. Sten

per la sua totale inesperienza e per l’atteggiamento lascivo della sua


accompagnatrice. Cosa poteva avere a che fare tutto quello con l’amore?

Dopo la prima stagione come semplice violinista, era stato


promosso a primo violino. Questo era stato fonte di grande soddisfazione
per lui, era il riconoscimento per il suo talento, per la sua dedizione, per la
sua costanza. Però, era anche il musicista più giovane dell’orchestra e quel
nuovo incarico gli attirò le gelosie e l’astio degli altri suonatori. Quello fu
un anno molto difficile per lui, allontanato dalle persone che prima
credeva amiche. Francesco Ferretti cercò di consolarlo, dicendogli che
quello era uno dei prezzi che i musicisti dovevano pagare per il loro
talento. Andrew non capiva per quale motivo dovesse essere costretto a
sopportare tutta quella cattiveria e, quando gli si presentò l’occasione di
andarsene, la colse al volo.

Così si trasferì a Milano e iniziò a lavorare sempre come primo


violino. Qui riuscì a trovare un ambiente meno ostile nei suoi confronti e
riuscì a mettersi abbastanza in mostra da attirare su di sé l’attenzione di un
famoso impresario teatrale. Fu lui a procurargli il lavoro che stava per
riportarlo in Inghilterra, ai paesaggi che ben conosceva, alle persone che
più gli erano care, alla persona che sempre aveva occupato i suoi pensieri
in quei lunghi anni. Era a lei che stava cercando di scrivere. Durante quel
lungo periodo di lontananza, Annie gli aveva inviato diverse lettere, con
regolarità. Il rapporto tra i due, però, era diventato con il tempo un po’ più
freddo e Andrew non poteva far a meno di pensare di aver perso per
sempre la sua occasione di felicità. Era per questo che aveva deciso di
scriverle, per dirle chiaramente quello che provava, per parlare di quel
sentimento che mai era diminuito, che mai aveva perso la sua spontaneità,
il suo ardore, la sua bruciante volontà di essere ricambiato. Se anche
Annie provava lo stesso per lui, allora avrebbe dovuto far in modo di
dimostrarglielo, di dargli un segno che avrebbe riacceso la sua speranza.

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Il Violinista Liz J. Sten

In caso contrario, l’avrebbe dimenticata, avrebbe spinto il suo amore in


fondo all’anima e l’avrebbe soffocato con il lavoro, l’avrebbe lasciata alla
sua vita.

Quando ebbe terminato di scrivere, consegnò la lettera al suo


cameriere perché la spedisse, poi si mise a comporre, pensando a ciò che
lo attendeva da lì a poche settimane.

Andrew se ne stava appoggiato alla balaustra del ponte della nave


che lo stava riportando in quella che una volta era casa sua, quando una
casa l’aveva veramente, quando aveva una famiglia, anche se non era una
buona famiglia. Durante il suo soggiorno in Italia aveva ricevuto la notizia
che il padre era venuto a mancare e che sua madre lo aveva seguito poco
dopo. Così si era scoperto solo al mondo, solo con la sua musica.

Ma stava tornando in Inghilterra, in un mondo che conosceva, che


poteva affrontare. Avrebbe preso il suo posto come direttore d’orchestra,
presso quel teatro in cui da piccolo sognava di suonare. Avrebbe fatto
ascoltare al pubblico la sua musica, quella che era riuscito finalmente a
mettere per iscritto, quella che parlava di lui e dei suoi desideri. Avrebbe
scoperto se era vero che a volte i sogni possono diventare realtà.

Il profilo dell’isola era diventato finalmente visibile in mezzo alla


distesa azzurra del mare. Di lì a poco avrebbe toccato nuovamente la terra
che gli aveva dato i natali. Di lì a poco avrebbe scoperto cosa ne sarebbe
stato del suo cuore.

Quando la nave giunse in porto, Andrew si affrettò a scendere. Fu


allora che la scorse, in mezzo alla folla, con un delizioso vestito azzurro.
Era lì per lui, era lì per dirgli che c’era speranza, che probabilmente c’era

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Il Violinista Liz J. Sten

sempre stata. Lui le corse incontro e lei si gettò tra le sue braccia,
lasciandosi andare al suo tocco.

“Sapevo che saresti venuta,” sussurrò lui.

“Sei diventato un po’ presuntuoso, vedo,” rispose lei, ridendo.

Andrew si perse nei suoi occhi e la baciò con tutta la passione che
aveva serbato nel suo cuore.

FINE

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Liz J. Sten, schiva e riservata, vive in montagna, nonostante odi il
freddo e la neve. Deve il suo pseudonimo al grande amore per la scrittrice
Jane Austen. Le sarebbe piaciuto molto poter vivere nel periodo in cui
prendono vita i suoi racconti, ma è costretta a scontrarsi con la triste realtà.

Ama il genere storico, romantico e fantasy, ma legge volentieri


qualsiasi cosa le capiti sotto mano.

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Twitter: https://twitter.com/LizJSten

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