Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
greca
Storia Antica
Università degli Studi di Milano
59 pag.
2. LA CIVILTA’ MINOICA
Nella media età del bronzo, se a Creta e nelle Cicladi si assiste a uno sviluppo caratterizzato
dall’affermarsi della società palaziale e l’intensificarsi dei commerci, nel Peloponneso si registra un
regresso culturale.
La civiltà minoica registra due fasi. Quella dei primi palazzi e quella dei secondi palazzi. Questa
seconda fase vede l’aumento dei palazzi presenti sull’isola riuniti sotto il dominio di Cnosso. Re
mitico di questa città fu Minosse, secondo Tucidide il primo thalassokrator (dominatore di mari). In
effetti il raggio d’azione commerciale di Creta era molto ampio.
Il palazzo era il centro della vita politica, sociale ed economica. Nato probabilmente da influenze
orientali e dall’affermarsi della “triade mediterranea” in campo agricolo (vite, ulivo, cereali) con
conseguente necessità di organizzare la produzione e gestire le eccedenze.
Nel sistema palaziale si registrano vari sistemi di notazione, l’uso di sigilli e di scrittura. I sigilli
servivano a catalogare le merci, la scrittura era inizialmente geroglifica, poi si affermò la lineare A.
la lineare B compare solo nel XV secolo, segno che i micenei hanno conquistato l’isola.
3. LA CIVILTA’ MICENEA
Nel continente il passaggio dal bronzo antico al bronzo medio fu travagliato: tanti villaggi distrutti,
altri abbandonati, scomparsa delle fortificazioni e degli edifici complessi, i lavori artigianali
diventano più semplici. Questi sconvolgimenti furono dovuti all’arrivo di popolazioni indoeuropee
che si infiltrarono e mescolarono con gli autoctoni.
Sono comunque attestate relazioni con altre popolazioni mediterranee e anche dell’Europa
continentale che influenzarono la nascente civiltà micenea.
La civiltà micenea si sviluppò a partire dall’Argolide e si estese poi ad altre regioni. Sorsero diverse
città, la più importante delle quali fu Micene. In questa città sono state trovate tombe a pozzo in
cui sono sepolte varie salme di aristocratici. I ritrovamenti provengono da tutto il mediterraneo e
4. L’ETA’ OSCURA
Tra XIII e XII secolo si attestano una serie di distruzioni e di opere difensive d’emergenza. La
conseguenza fu il frammentarsi del sistema palaziale. I palazzi scompaiono, le abitazioni si fanno
più semplici e i siti abitati vengono abbandonati.
L’XI secolo registra importanti novità negli usi funerari, negli stili ceramici, nell’uso dei metalli col
passaggio dal bronzo al ferro. Proprio il passaggio dal bronzo al ferro testimonia la fine dei traffici
commerciali poiché questo è presente in Grecia, quello no. L’età oscura fu quindi caratterizzata da
un forte isolamento.
Queste distruzioni furono causate forse dall’arrivo di popolazioni doriche da nord, ma non si
spiegherebbero le innovazioni di cui sopra. Si è pensato alle scorrerie dei “popoli del mare” che
all’epoca minacciarono l’Egitto e invasero il regno ittita, ma il legame con i greci è ipotetico. Più
probabilmente il sistema palaziale crollò per cause interne: terremoti, incendi e carestie che
avrebbero determinato la chiusura di alcune rotte commerciali. Un quadro insomma già critico e
instabile in cui forse si inserisce l’invasione dorica testimoniata dalla tradizione dei nostoi (i ritorni
da Troia).
La fine della civiltà micenea determinò una decentralizzazione del potere politico con abbandono
dell’agricoltura e aumento della pastorizia. La popolazione si disperse. Si affermò una tendenza
all’autosufficienza e al regionalismo. Politicamente si assiste allo scontro tra capi rivali, i basileis.
Scomparvero l’architettura e la scrittura.
I prodromi del successivo sviluppo dell’VIII secolo si vedono già qui e sono legati alla mobilità delle
popolazioni. In particolare si assiste alla migrazione ionica e alla colonizzazione a partire dall’attica
e dall’Eubea della Ionia d’Asia e di altre regioni del nord della Grecia. Le nuove città greche d’asia
minore, la così detta dodecapoli ionica, si riunirono attorno al santuario di Poseidone panionion a
Capo Micale.
Si assiste al formarsi del concetto di ellenismo. Per Omero, gli elleni sono i Greci del nord (Epiro e
Tessaglia), i greci in generale sono chiamati danai, argivi o achei. Successivamente il termine elleni
andò a comprendere tutte e tre le stirpi greche.
Omero è la fonte principale per la Grecia tardo-arcaica. In Omero confluiscono elementi micenei,
dell’età buia e dell’età arcaica, ma da notare la sostituzione del wanax miceneo con il basileus, un
primum inter pares che ha funzioni militari, religiose e giudiziarie, al quale si affianca un consiglio
di anziani e un’assemblea del popolo in armi.
Probabilmente la civiltà arcaica si basava su un’aristocrazia terriera suddivisa in casate e fratrie
sulla base della parentela, spesso fittizia, il così detto genos. Altra struttura era quella della tribù,
termine assente in Omero, la quale ha carattere etnico e si attesta in origine presso gli ionici e i
dorici. Complessivamente la società era molto diseguale, con un’aristocrazia di grandi proprietari
terrieri che vessavano anche giuridicamente i braccianti e gli schiavi.
Un elemento importante del passaggio dall’età oscura all’età arcaica è dato dal costituirsi della
polis. Essa comprendeva elementi micenei, come la distinzione tra acropoli e asty, elementi di
novità erano dati dall’organizzazione del territorio in città (asty), campagna (chora) e confine
(eschatia).
Il fattore religioso fu fondamentale nel formarsi dell’identità cittadina. Il culto degli eroi serviva a
definire l’area spaziale e a legittimarne la proprietà. In questo senso acquista importanza
l’individuazione dello spazio sacro. Esso era inizialmente costituito dal temenos e dall’altare a cielo
aperto. Successivamente si sviluppa un complesso di edifici, il tempio, casa della divinità. Si ha così
un temenos recintato, un tempio e un altare all’aperto. Questo modello si afferma nel VIII secolo.
La locazione dei santuari è fondamentale. Di solito i santuari principali si trovano nella chora che
deve essere protetta dalla divinità. Alcuni templi sono posti poi nell’eschatia a segnare il confine
della polis.
L’organizzazione dello spazio si basava sul fenomeno del sinecismo. La realtà cittadina si organizza
attorno a un centro, dall’unione di unità minori. Nel centro risiedono le principali strutture
istituzionali (l’agorà, il pritaneo, i templi ecc).
Il centro è strettamente dipendente dalla chora. Qui risiede la maggior parte della popolazione.
L’agricoltura era economicamente fondamentale: la proprietà della terra assicurava la
partecipazione politica e l’agricoltura assicurava l’autosufficienza della città. Lo sviluppo urbano e
urbanistico non era importante nel definire la polis e la sua grandezza: sono gli uomini a fare la
polis.
La polis presenta una varietà di costituzioni e un diverso grado di inclusione politica. Non vengono
mai meno però le spinte egualitarie poiché tanto più un cittadino sente di contribuire alla polis
tanto più pretende l’isonomia.
All’affermarsi delle tendenze isonomiche contribuì anche la riforma oplitica. I cittadini erano
quindi cittadini in armi e ciò aumentava la solidarietà e il senso di appartenenza alla comunità.
La riflessione politica greca classifica 3 tipi di politeia: monarchia, oligarchia, democrazia. La prima
attestazione si trova in Erodoto nel discorso tripolitico (discorso tra il democratico Otane,
l’oligarchico Megabizo e il monarchico Dario).
Altra esperienza politica oltre alla polis fu quella degli stati federali. Denominati ethnos o koinon
erano caratterizzati dalla sympolitheia, coesistenza di una cittadinanza federale e una locale.
Anche qui centrale è il culto comune che fa da fondamento identitario. Gli organismi politici si
sviluppano attorno a questo culto e si basano sulla rappresentanza delle comunità che
costituiscono la federazione.
Si tratta di un modello caratteristico della Grecia “periferica”, quella centro-settentrionale.
Tuttavia nel corso del IV secolo, quando si assiste alla crisi della polis questi diventano
predominanti.
I valori principali delle poleis erano autonomia ed eleutheria: valori che sanciscono la volontà di
darsi leggi proprie senza condizionamenti esterni. Si tratta di valori che si affermano con le guerre
persiane, le quali hanno un ruolo culturale fondamentale nel definire l’identità dei greci in
opposizione ai barbari persiani schiavi del re. Questi valori sono alla base della chiusura della polis
rispetto ai barbari ma anche agli xenoi. Quando la polis tramonterà ci sarà una maggiore apertura.
Dal punto di vista militare l’aristocrazia si rifaceva al modello omerico. Un risvolto della crisi
aristocratica fu la riforma oplitica per cui la funzione militare cessò d’essere appannaggio degli
aristocratici ma si estese a tutta la comunità poiché richiedeva un equipaggiamento più
accessibile. In cambio dei contributi militari gli opliti ottennero una maggiore integrazione politica.
Inoltre lo schieramento oplitico richiedeva che ogni soldato agisse in comune con il gruppo.
Vennero così superati gli ideali eroici dell’aristocrazia e sorsero comunità politiche più ampie e
coese, grazie al valore della sofrosyne (“fratellanza”), che superarono il governo aristocratico a
vantaggio di un governo timocratico.
Le spedizioni erano guidate da un ericista che consultava preventivamente l’oracolo di Delfi ed era
poi venerato quale eroe fondatore. Egli sceglieva il luogo di fondazione, divideva le terre e stabiliva
le leggi.
Le colonie erano indipendenti dalla madre patria ma conservavano comunanza linguistica e
religiosa-culturale. Unica eccezione fu Corinto che mantenne relazioni politiche solide.
La colonizzazione ebbe importantissime conseguenze: diede un impulso alla produzione
artigianale e agli scambi, accelerò la crisi delle aristocrazie terriere e l’evoluzione isonomica della
società, diede un forte impulso alla diffusione della moneta.
Nel confronto con gli indigeni si sviluppò poi l’identità ellenica in senso oppositivo ai barbari. Sono
attestati vari episodi di violenza con le popolazioni autoctone, ma ci furono anche episodi di
scambio e convivenza pacifica.
4. LA LEGISLAZIONE
Sotto gli aristocratici le leggi erano orali. La loro crisi fece sì che esse fossero messe per iscritto.
Le prime legislazioni si ebbero nelle colonie, a Catania, Locri e Siracusa.
Tra i legislatori della madre patria i più importanti furono Licurgo di Sparta e Dracone di Atene.
2. LA GRECIA TARDO-ANTICA
1. I GRECI D’ASIA E DELLE ISOLE
Già dal VII secolo sorgevano sulle coste e le isole di Asia Minore numerose città greche,
estremamente prospere dal punto di vista economico e culturale. L’Asia minore si può dividere in
3 aree sulla base della provenienza dei primi coloni: l’eolide (coloni giunti dalla tessaglia e dalla
beozia), la dorica (coloni di origine dorica), la ionia (coloni giunti dall’attica e dall’eubea).
Queste città nel VII secolo erano state conquistate dal re di lidia, Creso. Tuttavia furono concessi
ampi spazi di autonomia che permisero una proficua integrazione tra greci e lidi.
Da un punto di vista interno, all’inizio del VI secolo, caddero le antiche monarchie e in seguito a
varie lotte civili si affermarono governi tirannici, come quello di Trasibulo a Mileto e di Melancro,
Mersilo e poi Pittaco a Mitilene.
Le isole cicladi dovettero la loro ricchezza alle risorse del territorio e alla posizione strategica nel
Mediterraneo. Molte di queste città caddero sotto governi tirannici.
Creta invece era abitata da popolazioni doriche che vivevano in numerose città, alcune antiche
altre più recenti. Posta in una situazione favorevole nel Mediterraneo, era famosa presso i greci
anche per le sue istituzioni.
2. LA GRECIA CENTRO-SETTENTRIONALE
La Tessaglia è una pianura nel nord della Grecia ricca di risorse. Qui erano giunte popolazioni
doriche che avevano scacciato gli autoctoni beoti in Boezia. Nel VI secolo la Tessaglia era uno stato
federale retto da un’aristocrazia terriera. Le lotte dinastiche costituivano un fattore di debolezza,
ma quando queste si risolsero a favore degli Alevadi di Larissa i tessali riuscirono a ridurre in
schiavitù la popolazione preesistente e a imporre tributi alle popolazioni vicine. In questo modo
riuscirono a prendere il controllo dell’anfizionia delfico-pitaica.
Quando scoppiò la prima guerra sacra, nel 592\1, i tessali sembra abbiano giocato un ruolo
importante. La guerra sacra poteva essere dichiarata dall’anfizionia contro quella città che si
rivelava empia o non rispettava gli accordi. La guerra durò 10 anni e fu condotta contro la città di
Cirra, accusata di empietà da Solone di Atene. Durante la guerra sembra però che un ruolo
importante sia stato giocato dal blocco navale da parte di Sicione. Sia Atene che Sicione avevano
motivi per avercela con Cirra poiché questa era una città dedita alla pirateria nel golfo di Corinto e
in questo modo danneggiava una rotta commerciale importante per entrambe le città.
I tessali ottennero un ruolo panellenico importante dopo il 510 quando la federazione fu rafforzata
e riorganizzata. Il territorio fu diviso in 4 regioni, ognuna doveva garantire un certo numero di
opliti e cavalieri i quali sarebbero stati guidati da un polemarco o un tetrarco, a loro volta
subordinati all’autorità centrale del tago. Sotto la tagia di importanti capi militari alla fine del VI
A nord della Tessaglia si trova la Macedonia, anch’essa stato federale governato da diverse tribù
terriere poco coese tra loro. Nel VII secolo si affermò la tribù dei macedoni, probabilmente di
origine dorica. La guidava la dinastia degli argeadi, che pretendeva di avere origini greche e sotto
Alessandro I riuscì a farsi ammettere ai giochi olimpici. Alessandro I adottò una politica
espansionistica verso oriente e verso sud, arrivando fino al monte Olimpo. Tuttavia crisi dinastiche,
legate al fatto che i nuovi re dovevano avere l’approvazione dell’assemblea del popolo in armi, e
incursioni barbariche dalla Tracia e dall’Illirio relegarono a lungo la Macedonia ai margini della
storia greca.
Lo stesso si può dire dell’Epiro. Anch’esso uno stato federale a guida monarchica era governato
dalla dinastia dei Molossi dell’omonima tribù. Il re era affiancato dai prostatai, rappresentanti
delle altre tribù.
Le zone della Grecia centrale della doride e le due locridi erano abbastanza sfigate. Le due locridi
avevano rapporti reciproci come rivela la colonizzazione comune di Locri epizefiri (680) e la legge
coloniale di Naupatto.
Più importante era la Focide, qui governava una federazione di genti doriche. I focesi furono in
contrasto con i tessali alla fine del VI secolo. Successivamente, la presenza in questa regione del
santuario di Delfi la rese ambita da molte potenze esterne.
La Beozia era un’ampia regione prevalentemente agricola e fortemente urbanizzata retta dalla
federazione beotica. Proprio l’urbanizzazione però mise a repentaglio la tranquillità del koinon su
cui si basava la federazione: l’emergere di città con obiettivi egemonici impedì una convivenza
armonica.
A partire dal VI secolo si assiste a tensioni secessioniste sostenute da Atene delle due principali
città della Beozia meridionale: Platea e Tespie che ottennero poi l’indipendenza. A ciò fa da
contraltare la costante rivalità tra Atene e Tebe.
La costa settentrionale dell’egeo, la penisola calcidica, vide l’emergere di varie città di origine
euboica che si riunirono nella Lega Calcidica. Importante fu anche l’isola di Taso, ricca di marmo e
3. ATENE
La città di Atene sorge nella regione dell’attica, territorio prevalentemente montuoso con poche
pianure in cui si coltivava la vite e l’ulivo.
In età micenea l’acropoli ospitava un palazzo. Vi è quindi una continuità insediativa che gli ateniesi
hanno sempre rivendicato sostenendo di essere “nati dalla terra”, al contrario degli altri greci che
invece erano migrati. In quest’epoca l’attica era divisa in comunità autonome che si riconoscevano
sotto un unico re per motivi di difesa.
Fu con Teseo che la situazione cambiò. Secondo la tradizione il mitico re avviò il processo di
sinecismo nell’VIII secolo, processo che si concluse nel secolo successivo. Le antiche poleis
indipendenti furono trasformate in demi che facevano capo alla polis di Atene.
Conclusasi l’era dei re, la città fu governata da arconti. Si tratta di una carica che all’inizio era
vitalizia, man mano la durata si ridusse fino ad arrivare a un anno. Gli arconti erano nove. I più
importanti erano l’eponimo, il basileus e il polemarco, ad essi si aggiungevano 6 tesmoteti.
Inizialmente gli arconti avevano poteri religiosi, giuridici e militari, nel tempo tali poteri si ridussero
a incarichi amministrativi. Gli ex-arconti entravano a far parte dell’aeropago, che aveva incarichi
religiosi e giuridici legati ai delitti di sangue e contro lo stato.
La popolazione era divisa in 4 tribù, a sua volta divise in 3 trittie e 12 naucratie. Il potere era in
mano agli eupatridi, gli aristocratici proprietari terrieri. Esisteva un’assemblea del popolo ma
aveva poteri molto limitati.
Uno dei primi episodi riguardanti la storia di Atene riguarda il tentativo di instaurare la tirannide
da parte di un certo Cilone. Il tentativo fallì ma Cilone riuscì a fuggire. I suoi compagni si
rifugiarono presso l’altare di Atena e furono convinti ad uscire con la promessa di aver salva la vita.
furono uccisi comunque e di questo sacrilegio furono accusati gli Alcmeonidi. Questa accusa verrà
rivolta loro più volte nel corso della storia di Atene.
Famoso è anche il primo legislatore della città: Dracone. Della sua opera ci è pervenuta solo la
sezione riguardante i casi di omicidio. Aristotele ci dice che egli affermò una cittadinanza su base
censitaria per cui cittadini erano tutti coloro che potevano permettersi l’armamento per servire
nell’esercito come opliti. Sembra poi che istituì un consiglio dei 401 e attribuì all’aeropago ampi
poteri, in particolare quello di controllare gli altri magistrati.
3.1: SOLONE
Alla fine del VII secolo l’Attica vede un quadro sociale fortemente influenzato dalla crisi agraria e
dalla diseguaglianza nella distribuzione della terra. I piccoli contadini rischiavano spesso di
indebitarsi con i grandi proprietari aristocratici, diventavano quindi loro clienti e se non riuscivano
a ripagare il debito diventavano loro schiavi. Questa situazione probabilmente sfociò in tensioni
sociali e rivendicazioni, da parte dei piccoli contadini, di maggiore uguaglianza e di ridistribuzione
della terra.
3.2 PISISTRATO
Le riforme di Solone erano basate sul principio dell’equilibrio e della moderatezza. Egli si considerò
super partes rispetto ai conflitti sociali presenti e si pose a difesa degli interessi di tutti. Tali conflitti
però non furono risolti. Aristotele riferisce che dopo l’uscita di scena di Solone la città cadde
nell’anarchia con anni in cui fu impossibile eleggere gli arconti e anni in cui questi rifiutarono di
deporre la carica e anni con altre irregolarità.
In questo contesto Aristotele riferisce che le famiglie aristocratiche si rafforzarono tramite rapporti
clientelari che le ponevano a capo delle 3 regioni dell’Attica. Le famiglie più importanti erano
quella degli Eteobutadi di orientamento oligarchico, degli Alcmeonidi di orientamento moderato e
Pisistrato più vicino alle fasce popolari e piccolo-contadine.
Pisistrato prese il potere la prima volta nel 561\0. Dopo aver avuto successo nella guerra contro
Megara in quanto arconte polemarco, riuscì a farsi concedere una guardia del corpo stabile grazie
alla quale occupò l’acropoli per circa 6 anni. Durante questi 6 anni in realtà sembra che il suo
potere non fu stabile, dovette allearsi con gli Alcmeonidi per mantenerlo e quando questa alleanza
si ruppe fu costretto a 10 anni di esilio dal 556\5 al 546\5. Riuscì a tornare ad Atene col supporto
di Tebe e altre città e conservò il potere fino alla morte.
La tradizione ricorda la sua opera politica in modo piuttosto positivo. Fu clemente coi nemici, di cui
solo gli Alcmeonidi furono esiliati, non procedette a confische territoriali e lasciò invariata la
costituzione soloniana. Si occupò di sostenere i piccoli proprietari imponendo una tassa sui
prodotti agricoli e sostenendo tramite quel denaro la popolazione più povera. Introdusse i giudici
dei demi in modo da estendere l’amministrazione della giustizia a tutto il territorio, e introdusse
anche la dracma. Favorì la manodopera artigianale promuovendo tutta una serie di opere
pubbliche. La sua azione fu quindi volta a garantire una maggiore indipendenza della popolazione
cittadina e contadina dall’aristocrazia minando i precedenti rapporti clientelari.
3.3 CLISTENE
Dopo la cacciata di Ippia, Erodoto ci dice che ad Atene si scontrarono due fazioni, l’una guidata da
Clistene, l’altra da Isagora. Poiché quest’ultimo era in vantaggio, Erodoto dice che Clistene
coinvolse il demos e lo portò dalla sua parte. In questo modo riuscì a prendere il potere e attuò
una radicale riforma.
La sua riforma si basa sulla riorganizzazione del sistema delle tribù e la ripartizione della
popolazione non più su base censitaria ma territoriale. Le tribù divennero 10, divise in 3 trittie. Le
trittie appartenevano ognuna a una delle 3 zone: la paralia (costa), l’asty (la città), la mesogaia (la
zona interna). Ogni trittia era divisa in demi per un totale di circa 139.
Ogni tribù doveva fornire un reggimento di opliti guidati da uno stratega e dal tassiarco. La trivù
forniva inolte 50 buleuti che andavano a costituire il consiglio dei 500 (bule) e che venivano scelti
per sorteggio. Il compito della bule era preparare l’ordine del giorno di cui si sarebbe occupata
l’assemblea, aperta a tutti i cittadini sopra i 20 anni. Questa divisione artificiale in tribù, scandita
secondo le tre zone della costa della pianura e della città servì a spezzare definitivamente i
precedenti legami clientelari che l’aristocrazia teneva con la popolazione facendosi garante degli
interessi di una porzione di territorio.
Gli aristocratici mantennero alcuni privilegi, come l’esclusività dell’aeropago e altri incarichi
amministrativi. Tuttavia tali organi nel tempo si svuotarono sempre più di significato.
Per evitare derive tiranniche fu istituito anche l’ostracismo che prevedeva l’allontanamento di un
cittadino ritenuto pericoloso per lo stato per 10 anni. all’inizio dell’anno si scriveva negli ostraka il
nome del cittadino che si voleva allontanare e se questi riceveva almeno 6000 voti veniva
ostracizzato. Chi veniva allontanato manteneva però i diritti civili che riguardavano il proprio
patrimonio, proprietà e patria potestà.
Sembra che l’ostracismo sia stato eseguito la prima volta solo nel 488\7 contro un certo Ipparco,
parente di Pisistrato. Il ritrovamento degli ostraka nell’agorà e in altri siti permette di conoscere
personaggi di spicco della politica ateniese altrimenti sconosciuti.
L’ostracismo probabilmente servì anche a contenere tensioni politiche che potevano diventare
violente. Fu grazie a questa pratica che la democrazia ateniese si mantenne stabile per lungo
tempo. Va detto però anche che la democrazia ateniese si affermò tramite un processo
costituente accettato da tutte le parti sociali e che quindi tanti privilegi per esempio in ambito
economico non furono intaccati. In altre città, come Siracusa, dove la democrazia fu imposta con la
forza le tensioni sociali furono molto più marcate.
La tradizione è concorde nel dire che con Clistene si affermarono, almeno dal punto di vista
formale, i principi di isonomia e isegoria (uguaglianza di parola). Tuttavia, il mantenimento di
criteri censitari per l’accesso alle magistrature più importanti e il fatto che l’attività politica non era
retribuita e ciò costringeva molti piccoli proprietari a non poter accettare gli incarichi politici pena
4. SPARTA E IL PELOPONNESO
La città di Sparta era sorta tra X e VIII secolo dall’unione di più villaggi. Partecipò al fenomeno della
prima colonizzazione fondando Taranto e si assicurò un approvvigionamento costante grazie alla
conquista nel corso dell’VIII secolo della Messenia. Il controllo di questo territorio la costrinse a un
costante impegno militare. La città non fu fortificata ed ebbe uno scarso sviluppo urbanistico, è
assente il fenomeno del sinecismo e ancora in età classica appariva più come un’unione di villaggi.
A proposito di Sparta le poche informazioni che ci sono giunte sono più che altro esterne ed
ideologicamente orientate. La tradizione definisce il suo sistema politico come kosmos (ordine) ed
è una forma peculiare di oligarchia. Tanto peculiare che fu considerato un modello misto. Questo
modello si affermò nel corso del VII secolo, mutando la fisionomia di una città che in precedenza
era aperta all’esterno con una buona produzione artigianale e una ricchezza culturale notevole.
Con l’affermarsi del kosmos essa si chiuse su sé stessa.
5. I GRECI D’OCCIDENTE
Il mediterraneo occidentale aveva visto una grande mobilità dei greci durante la prima
colonizzazione.
Un episodio importante è quello dell’impresa di Dorieo, fratello del re spartano Cleomene I, che
alla fine del VI secolo tentò un’impresa coloniale prima in Africa, in Libia, poi in Sicilia a Eraclea.
Stando sul cazzo ai cartaginesi la sua impresa ebbe scarsa fortuna.
Sempre in questo periodo si collocano le tirannidi nelle poleis greche in Sicilia. A Gela si affermò la
tirannide aristocratica di Cleandro e poi suo fratello Ippocrate. Il quale avviò un’intensa politica
espansionistica che lo portò a conquistare la Sicilia orientale e sconfiggere in battaglia Siracusa.
Nelle città conquistate insediò tiranni vicari sostenuti da guerrieri mercenari. La sua politica
espansionistica lo portò però alla morte, durante una battaglia contro i siculi. I figli furono
estromessi dal potere dalla classe aristocratica. La tirannia passò in mano a Gelone, ex ipparco
sotto Ippocrate, che regnò in continuità con Ippocrate accentuando certi aspetti del suo regno (la
politica espansionistica, l’utilizzo di mercenari, la tendenza a insediarsi nei conflitti tra dinastie
greche e tra greci e autoctoni ecc…). la sua dinastia restò al potere fino al 465.
Nell’Italia meridionale invece le colonie greche furono fortemente unite nel segno della
monetazione omogenea. Il termine Magna Grecia nasce proprio da questa omogeneità laddove
ogni città presentò caratteri politici, sociali e culturali diversi.
La città più antica era Sibari (720), dal territorio fertile e retta da un governo oligarchico, avviò un
forte movimento coloniale che la portò a fondare e dominare oltre 25 città. La città fu però
distrutta nel 511\0 da Crotone, anch’essa a governo oligarchico, si rafforzò grazie ai contributi di
Pitagora che riorganizzò la città secondo criteri etico-politici spartani. Dopo la distruzione di Sibari
Pitagora, sospettato di tirannia, fu però costretto ad allontanarsi.
La città più importante dopo la distruzione di Sibari fu Taranto, la quale però non riuscì mai ad
affermare la propria egemonia.
I greci, però, e in particolare i focei, arrivarono a colonizzare anche le coste della Gallia e
dell’Iberia. Una nuova ondata coloniale di matrice focea si ebbe in seguito al 546 quando questa
popolazione fuggì dall’Asia Minore conquistata dai persiani e si insediò in Corsica dandosi alla
3. IL QUINTO SECOLO
1. LE GUERRE PERSIANE: UNO SCONTRO DI CIVILITA’
La fonte principale per quanto riguarda le guerre persiane è Erodoto, il quale nel proemio delle
sue storie scrive che il suo obiettivo è raccontare “le cose grandi degli uomini, compiute sai dai
greci che dai barbari” perché “non svaniscano nel tempo”, in particolare egli vuole indagare “per
quali cause essi si fecero guerra”.
In effetti, le guerre persiane furono viste come un vero e proprio scontro di civiltà dagli stessi
contemporanei. I greci vi videro il pericolo di dover rinunciare al loro stile di vita e ai loro valori e di
essere ridotti in schiavitù. La libertà che tanto vantavano le città greche rischiava insomma di
tramutarsi in asservimento al re di Persia.
Era questa consapevolezza che secondo i greci, ed Erodoto stesso, aveva dato loro la forza di
combattere e vincere eserciti ben più numerosi. In questo senso, le guerre persiane furono uno dei
momenti principali nella formazione della “grecità”. To hellenikon, l’essere greci, fu il principio
contrapposto alla schiavitù dei persiani. Sulla base di questa appartenenza gli ateniesi rifiutarono
di unirsi ai persiani. Insomma le guerre persiane furono una tappa fondamentale nella costruzione
dell’identità dei greci in quanto cultura unitaria.
L’impero persiano si formò nel corso del VI secolo, grazie alle conquiste di Ciro il Grande che
annesse al regno di Persia il regno babilonese, della Lidia e dei medi. Il suo successore, Cambise,
conquistò l’Egitto. Infine sotto Dario I tutte queste conquiste furono stabilizzate. L’impero aveva
un’estensione vastissima, che andava dall’Egitto al Caucaso e dall’India alla penisola Anattolica.
Dario I organizzò l’impero in 20 satrapie, i satrapi erano responsabili del prelievo fiscale e dei
contributi militari, erano a stretto contatto col Gran Re ma la gestione del potere era
decentralizzata. Dario I inoltre cercò con scarsi successi di limitare le scorrerie degli Sciiti che dal
Caucaso razziavano l’impero. L’esercito persiano si spinse fino all’attuale Ucraina ma non riuscì a
ingaggiare battaglia. In questo modo però i persiani crearono una satrapia in Tracia mantenendo
sotto il loro controllo l’area degli stretti, particolarmente importante per le città greche d’Asia
Minore. Nel 500 i persiani controllavano tutto il Mediterraneo orientale, lasciando una relativa
libertà culturale ai popoli asserviti ma controllandone la politica interna e pretendendo il
pagamento di tasse molto elevate e contributi militari importanti. Fu in questo contesto che
scoppiò la rivolta ionica.
In realtà la spedizione fu un successo parziale per i persiani, i quali avevano distrutto Eretria e
aumentato considerevolmente la propria influenza sull’egeo. Agli ateniesi restava di aver respinto
un esercito molto più numeroso, evento che fu ricordato positivamente da tutti i greci e che Atene
impiegò per giustificare la propria ambizione egemonica.
Per quanto riguarda le altre città greche, a Sparta si assiste alla sostituzione dei due precedenti re,
Cleomene I e Demarato. Demarato fu costretto per trame di palazzo a fuggire in Persia, sostituito
da Leotichida. Cleomene, scoperta la congiura contro Demarato, fu destituito. Gli successe il
fratello Leonida.
In Tessaglia si ha la fine dell’egemonia dei tessali, sconfitti dai focesi e dai beoti.
Molti esuli e personaggi scontenti della politica della madre patria fuggirono in Persia, come
l’ateniese Ippia e lo spartano Demarato. Presso la corte di Serse si presentarono i tessali Alevadi
ed esponenti dei pisistrati. Questi personaggi sollecitarono una spedizione in Grecia.
2.2 LA PENTECONTECHIA
Gli anni che vanno dalla presa di Sesto (478) all’inizio della guerra del Peloponneso (431) sono
definiti da Tucidide “pentecontechia”. Tucidide stesso è la fonte più importante per questi anni
poiché nessun altro storico contemporaneo ne ha parlato.
Inizialmente Sparta e Atene si orientarono verso la divisione delle rispettive sfere d’influenza e la
coesistenza pacifica. Tra 477 e 471 assistiamo infatti alla fine politica di Pausania e Temistocle, che
invece sostenevano lo scontro. Pausania era stato ritirato da Bisanzio nel 477, vi era tornato a
titolo personale creando altri scazzi. Richiamato ancora in patria, fu sospettato di congiurare con
gli Iloti e condannato a morte. Temistocle fu invece ostracizzato e riparò prima ad Argo poi a
Corcira infine in Persia, dove morì nel 465.
Il bipolarismo fu sostenuto dal governo di Cimone. Egli fu il politico ateniese più importante tra
472 e 462. Sotto il suo governo l’aeropago acquisì maggiori poteri e la città si concentrò in una
politica antipersiana con una spedizione su Cipro e la vittoria presso il fiume Eurimedonte.
In questi anni Atene si impegnò anche nella repressione della rivolta di Taso (465). In quel
contesto si colloca l’insuccesso della colonizzazione di Nuove Strade, sulla foce dello Strimone.
È qui che il consenso di Cimone inizia a cedere. Quando nel 464 Sparta fu coinvolta dal “grande
terremoto” che determinò una rivolta di Iloti e lo scoppio della III guerra Messenica, Cimone
propose di supportarla, incontrando una forte opposizione da parte del fronte democratico.
Questa spedizione rivelò però il clima di sospetto che si era generato tra le due città. Gli spartani
rifiutarono l’aiuto degli ateniesi e li rimandarono a casa. Cimone fu ostracizzato e Atene ruppe
l’alleanza con Sparta e si alleò con Argo e i Tessali. L’anno 462 è quindi un anno di svolta poiché si
rompe il bipolarismo tra le due città che sempre più inizieranno a scontrarsi. La stessa alleanza con
Argo e Tessali è indicativa delle ambizioni di Atene sul continente, ambizioni che minavano la sfera
d’influenza spartana.
L’ostracizzazione di Cimone aprì anche al governo di Efialte e ad una riforma che perfezionò
ulteriormente il sistema democratico ateniese.
Dopo la fine del bipolarismo, Atene si impegnò nuovamente contro la Persia. Nel 462 ci fu una
spedizione in Egitto a sostegno del re della Libia che si era ribellato. Questa spedizione durò sei
anni e finì malissimo. Nel 451 ci fu una seconda spedizione a Cipro che finì con un nulla di fatto.
3. DEMOCRAZIA E IMPERIALISMO
Portavoce delle argomentazioni antidemocratiche in Grecia fu lo Pseudosenofonte, il quale nella
Costituzione degli Ateniesi argomenta che esso è il governo dei peggiori, cioè la classe popolare.
Esso è però allo stesso tempo estremamente coerente nella misura in cui permette a tutti di
partecipare tramite meccanismi quali il sorteggio, la presa di parola in assemblea e il diritto di
voto.
Pseudosenofonte in particolare punta il dito contro le contraddizioni della democrazia, la quale
richiede un dispendio di risorse enorme legato soprattutto al mysthos, la retribuzione delle cariche
pubbliche. Introdotto per includere nella gestione politica anche i meno abbienti, grazie al mysthos
si attua quel “governo dei peggiori” che possono così parassitare la cosa pubblica.
Soprattutto egli rileva però l’estrema connessione tra democrazia e imperialismo: la democrazia,
tra mysthos e altre cose si rivela essere il più costoso degli ordinamenti politici e Atene fu costretta
a trovare le risorse per mantenere la sua costituzione al di fuori. Per questo lo sviluppo della
democrazia ateniese va di pari passo con la sua politica aggressiva.
Nel frattempo la guerra si era spostata nell’Ellesponto con importanti successi da parte degli
ateniesi. Sparta chiese la pace ma Atene rifiutò. In questo contesto Atene richiamò
definitivamente Alcibiade che fu eletto stratega con poteri straordinari.
La svolta si ebbe quando fu mandato a gestire la guerra il navarca Lisandro, uomo eccentrico e
innovatore che mal sopportava lo stile di vita livellatore tipico degli spartani. Egli riuscì a stringere
ottimi rapporti col figlio del re di Persia, Ciro, ottenendo i finanziamenti necessari per la flotta e
sconfiggendo la flotta ateniese, sconfitta in seguito alla quale Alcibiade esce di scena.
L’anno dopo però Lisandro non fu confermato, poiché la navarchia non poteva essere reiterata. Il
successore Callicratida era uno scarso e infatti fu sconfitto alle Arginuse. In questa battaglia però
Atene perse un gran numero di navi e gli strateghi furono accusati di non aver cercato di salvare i
naufraghi, sottoposti a giudizio per tradimento anche tramite misure assembleari irregolari.
Senofonte racconta proprio del clima di irregolarità che si era affermato in città in cui pochi, come
Socrate cercavano di far rispettare le leggi, mentre un branco di demagoghi fomentavano il popolo
per ottenere sempre più potere. Tra questi il più attivo era Teramente che non era stato rieletto
stratega nel 406\5 e sperava così di far fuori l’opposizione.
In ogni caso, dopo le Arginuse Atene scelse malauguratamente di continuare la guerra. Nel 405\4
Lisandro ottenne una grandiosa vittoria a Egospotami. La flotta ateniese fu distrutta. L’impero
ateniese crollò tutto d’un colpo. Atene fu assediata via terra dai re spartani Pausania II e Agide e
per mare da Lisandro, senza alleati, rifornimenti e flotta. In questa situazione drammatica
Teramene si propose di andare a trattare presso Lisandro, che nel frattempo assediava Samo, con
la promessa di ottenere buone condizioni. Rimase presso Lisandro 3 mesi, durante i quali gli
ateniesi continuarono a vivere sotto assedio e ne uscirono stremati. Tornò dicendo che doveva
trattare direttamente con Sparta e a Sparta accettò condizioni di guerra durissime che
prevedevano l’abbattimento della flotta, la distruzione delle grandi mura e un trattato di alleanza
sia difensiva che offensiva con Sparta. Sia Senofonte che Lisia concordano nel dire che Trasimene
tradì Atene, spinto dalla sete di un potere che la città non poteva più fornirgli.
4. IL QUARTO SECOLO
Già durante la guerra decelaica sparta aveva abbandonato, grazie a personalità come quella di
Brasida e Lisandro, la sua tradizionale vocazione continentale che si concretizzava in un rifiuto a
Crollò definitivamente così il sogno di un’egemonia tebana. La città infatti si reggeva sulle due
personalità che la guidavano e non riuscì a rimpiazzarle. Tebe rimase la più importante città dal
punto di vista militare, ma non era in grado di portare avanti nessuna politica egemonica coerente.
A questo fallimento contribuirono la mancanza di un’alleanza ufficiale dotata di organismi comuni,
la mancanza di risorse finanziare e la costante conflittualità nel Peloponneso e in Tessaglia. La fine
del progetto egemonico tebano rivelò come ormai il sistema della polis non fosse più adatto a
guidare i greci. Le altre città, per quanto prestigiose non erano in grado di rivendicare un bel nulla,
con Sparta ormai isolata sul piano internazionale e Atene ormai travolta dalla guerra degli alleati.
Altri soggetti politici stavano però emergendo: nel Peloponneso il federalismo democratico per
quanto instabile si andava sviluppando, la Macedonia e la Tessaglia erano stata ampiamente
coinvolte nelle questioni greche e mostravano di aspirare a un ruolo egemonico.
il progetto di Pelopida ed Epaminonda restava valido, a raccoglierlo fu Filippo II di Macedonia, che
proprio a Tebe era stato cresciuto.
Nel frattempo ci furono ulteriori sviluppi anche nei rapporti con Atene. La città si era ormai
riassestata dopo la guerra degli alleati. Politicamente si erano affermati uomini politici diversi da
quelli tradizionali, che facevano proprio un ambito d’azione specifico. C’erano così gli oratori, gli
5.3 CHERONEA
Nel 344 i rapporti tra Persia e Macedonia iniziarono a congelarsi. Se in precedenza erano stati
buoni adesso si rafforzava quel partito greco che vedeva in Filippo il primo dei greci, capace di
unificarli e di dirigere le loro forze contro il nemico comune persiano. Era questa la posizione di
Isocrate, che vedeva nella guerra con la Persia anche la possibilità di un recupero economico dopo
tanti anni di guerre e crisi economica in Grecia.
Sul fronte opposto stava Demostene, che vedeva in Filippo il “nuovo barbaro” e non disdegnava il
supporto della Persia per combatterlo.
Dopo il 344 Filippo accrebbe ovunque il suo potere: pose un suo fidato sul trono dell’Epiro, si
espanse in Tracia fino al mar nero, domò una rivolta in Tessaglia il cui controllo fu assicurato
dall’alleanza con la città di Farsalo. Soprattutto si rafforzò la sua attività in Grecia, nel Peloponneso
sostenne governi democratici antispartani, in Eubea oligarchi anti-ateniesi. In seguito a tutte
queste provocazioni Atene rispose. Recuperarono l’Eubea anche col sostegno della Persia e
soprattutto Demostene fu inviato nel Peloponneso in cerca di alleati, nel 340 si formò così
un’ampia coalizione che riuniva poleis, stati federali e altre città: la lega ellenica.
Nel 340 Filippo, tramite l’anfizionia, fece in modo di accusare di sacrilegio i locresi di Anfissa.
Scoppiava così la quarta guerra sacra, alla votazione della quale non parteciparono né i tebani né
Atene.
Nel 339 i tebani occuparono Nicea, Filippo fu nominato comandante dell’anfizionia e occupò
Eleatea. Fu Demostene a sollecitare l’alleanza con Tebe. Lo scontro decisivo si ebbe nel 338, a
Cheronea. Filippo ottenne una vittoria schiacciante ma la usò in modo da spezzare l’alleanza tra
Tebe e Atene: mentre Tebe fu umiliata, ad Atene fu invece permesso di conservare vari territori
nell’egeo e gli fu promessa la restituzione degli ostaggi.
Risolta così la questione, posizionò guarnigioni nei punti chiave della Grecia, la maggior parte dei
popoli del Peloponneso si schierò con lui.
6.1 DIONISO I
In questo contesto si colloca l’ascesa di Dioniso I, genero di Ermocrate. Egli riuscì a far deporre gli
strateghi in carica e poi anche i suoi colleghi. In questo modo si fece eleggere strategos autokratos,
sfruttando il pretesto dell’emergenza militare. Mantenne il potere fino alla morte nel 367. La
strategia autocratica fu presto trasformata in tirannide, Dioniso si circondò di una guardia del
corpo e adottò una politica propagandistica molto popolare. Alcune fonti parlano anche di
dynasteia rimarcando l’importanza che ebbero per Dioniso i suoi collaboratori, i philoi.
Dioniso condusse nel corso della sua vita 4 guerre contro Cartagine. All’inizio del suo mandato
però dovette consolidare il suo potere, quindi trattò una pace che non danneggiasse troppo
Siracusa e sul piano interno accolse quali cittadini numerosi mercenari, schiavi liberi ed esuli.
Mantenne così le istituzioni democratiche ma fece in modo di porle sotto il suo controllo. Si
assicurò il suo consenso anche tramite un vasto programma di opere pubbliche che assicuravano
lavoro a tanti diseredati. Riprese poi il programma che era stato della dinastia Dinamonide a Gela
insediandosi nel conflitto dorico-calcidico e greco-siculo.
Consolidato il suo potere, nel 397 iniziò la seconda guerra con Cartagine. Questa ebbe all’inizio
esito positivo, successivamente fu necessario l’intervento spartano per porla a termine. Il navarca
6.2 DIONISO II
Dioniso I aveva due mogli, una di stirpe Siracusana l’altra di stirpe locrese. Alla sua morte
l’assemblea nominò stratego autokratos il figlio di parte locrese, Dioniso II. Si trattava di un
giovane poco incline alla politica che subì l’influenza contrapposta di Filisto, ex philos di Dioniso I e
teorico di regime, e Dione il fratello della moglie siracusana. In ogni caso, Dioniso II continuò la
politica espansionistica del padre in Italia.
Nel 366 i contrasti tra Dione e Filisto portarono all’allontanamento del primo. Questi si reco ad
Atene dove arruolò una flotta mercenaria con lo scopo di tornare a Siracusa e liberare la città dalla
tirannide. Platone cercò infruttuosamente un riavvicinamento e nel 357 la spedizione partì. Sbarcò
in Sicilia col supporto di Cartagine e sicelioti ed entrarono facilmente a Siracusa. Dioniso II si rifugiò
sull’isola di Ortigia, nel frattempo Filisto veniva sconfitto sul mare e ucciso. Dioniso II si rifugiò a
Locri.
Seguì un periodo di forte instabilità. Dione rimase al potere tre anni, fu poi allontanato e ritornò
ancora poco dopo ma affermò un regime tirannico. Si liberò del suo rivale Eraclide nel 354 e morì
6.3 TIMOLEONTE
La tradizione ha uno sguardo complessivamente positivo sull’operato di Timoleonte, sostenendo
che effettivamente egli governò nel segno della libertà e con spirito anti-cartaginese. Sicuramente
però ci furono degli elementi autocratici nel suo governo.
Timoleonte era un democratico moderato e filomacedone. A Siracusa fu nominato stratego
autokrator nel 344 con l’incarico di combattere i cartaginesi e le tirannie sicule che erano sorte un
po’ in tutte le città a seguito del vuoto di potere a Siracusa.
Timoleonte operò nel segno di una chiara rottura con la tradizione tirannica. Instaurò la
democrazia, distrusse Ortigia, simbolo della tirannide, redistribuì terre e proprietà, promosse poi
un bando coloniale per ripopolare la città e che portò 60000 persone a Siracusa. Al modello dello
stato territoriale tipico della tradizione tirannica, Timoleonte preferì la tradizionale symmachia
militare. Egli riunì sotto l’egemonia di Siracusa le città greche in Sicilia, le comunità sicule e sicane e
gli insediamenti mercenari.
I cartaginesi furono sconfitti nella battaglia di Crimiso (339). Successivamente però il fronte creato
si spaccò, molti defezionarono e avviarono trattative autonome con Cartagine contro Siracusa.
Timoleonte fu costretto ad accettare in fretta e furia una pace che vanificava gli sforzi bellici, ma
che gli permetteva di punire duramente le città ribelli.
Nel 338 fu avviato un vasto programma di colonizzazione panellenica: greci da tutto il mondo
vennero a colonizzare la Sicilia. A Siracusa istituì una costituzione oligarchico-moderata nel 337 e si
ritirò a vita privata. Questo ritiro mostra come egli non intendesse accentrare sulla sua persona
tutto il potere, ma allo stesso tempo la sua azione politica non fu priva di contraddizioni: si
presentò come paladino della libertà e della democrazia ma istituì un’oligarchia, in senso anti-
cartaginese promosse una symmachia che agisse nel rispetto dell’autonomia ma la utilizzò a scopo
puramente egemonico, la stessa azione anti-cartaginese era stata poco efficacie.
Dopo la sua morte la città fu in balia delle nuove tensioni sociali prodotte dalla colonizzazione
panellenica e politiche tra democratici e oligarchici. La Sicilia conobbe un nuovo periodo di
instabilità che si chiuse solo quando Agatocle trasformò Siracusa in un regno ellenistico.
5. ALESSANDRO E L’ELLENISMO
1. ALESSANDRO E IL SOGNO DI UN IMPERO UNIVERSALE
Alla morte di Filippo II fu acclamato re Alessandro, figlio di Olimpia. Egli dovette innanzitutto
liberarsi di quanti avrebbero potuto ostacolare la sua successione. Si liberò quindi del cugino
Aminta IV e di Attalo e la sua famiglia, cui Filippo si era unito in un secondo matrimonio.
Inoltre respinse un’incursione di barbari a nord del regno.
Questi primi anni di regno servirono a consolidare il suo potere in vista della spedizione in Asia.
Essa partì nel 334. Oltre all’esercito seguivano il re una moltitudine di studiosi tra storici, geografi,
naturalisti, topografi e giornalisti vari. Nella propaganda di Alessandro la spedizione aveva una
chiara connotazione ellenica: i greci avrebbero vendicato le invasioni persiane nel VI secolo e le
loro empietà. A simboleggiare questa connotazione ellenica, appena sbarcato Alessandro si recò a
Ilio, alla tomba di Achille in modo da associare la guerra di Troia alla sua spedizione.
Alla guida dell’impero persiano c’era Dario III, salito al trono nel 336. Esso fu sconfitto nel 334 nella
battaglia del Granico. Alessandro conquistò così la Lidia e la Frigia ellespontica, quasi tutte le città
greche d’Asia Minore si unirono a lui, furono imposti governi democratici filo-macedoni.
Successivamente la conquista dell’Asia Minore proseguì con qualche difficoltà: la capitale della
grande Frigia non fu possibile conquistarla, le città di Mileto e Mitilene furono temporaneamente
riconquistate dai persiani.
Nel 333 si colloca l’episodio dello scioglimento del nodo che legava il cocchio al tempio di Zeus a
Gordio. Secondo il mito, colui che avrebbe sciolto tale nodo avrebbe regnato su tutto l’ecumene.
Probabilmente è qui che Alessandro iniziò a ragionare su un impero universale.
Nel 333 l’esercito di Dario fu nuovamente sconfitto a Isso. Dario fuggì a Babilonia e inviò proposte
di pace, concedendo tutto il Medio Oriente e un botto di soldi. Alessandro rifiutò, sostenendo che
come non ci possono essere due soli così non ci possono essere due re.
Si diresse quindi lungo la costa medio-orientale verso l’Egitto. Questo tragitto aveva lo scopo di
tagliare i rifornimenti alla flotta persiana in modo da costringere a smobilitarla e conquistare
l’Egitto. Alessandro intendeva assicurarsi le retrovie sul Mediterraneo prima di dirigersi verso
Babilonia. L’Egitto fu conquistato nel 331. Durante questa permanenza fu fondata Alessandria e
fatta visita all’oracolo di Zeus Ammone. Qui Alessandro fu salutato come “figlio di Zeus”. Non si sa
se era un modo per l’oracolo per accogliere Alessandro quale successore dei faraoni o se egli
pensasse veramente di essere figlio di Zeus. In ogni caso questo episodio segnò un altro
spostamento del re dalle tradizioni greco-macedoni a quelle più orientali.
Nel 331 Alessandro riorganizzò le conquiste fatte fino ad allora, dividendo tra i suoi collaboratori
quelle che erano le vecchie satrapie. Stabilizzato il territorio mirò alla Mesopotamia. Nel 331
sconfisse nuovamente Dario a Gaugamela. Dario fuggì, prima a Ectabana e poi nella Battriana.
Alessandro entrò nelle capitali dell’impero: Babilonia, Susa, Persepoli. Persepoli fu data alle
fiamme a sancire il compimento della vendetta dei greci. Infatti, la componente greca dell’esercito
fu poi smobilitata. La spedizione aveva ormai perso qualsiasi carattere ellenico.
Successivamente Alessandro si lanciò all’inseguimento di Dario, il quale fu ucciso in Battriana dal
satrapo Bresso che si autoproclamò re. Fu in questo momento che Alessandro reclamo a sé la
legittimità del regno persiano e introdusse cerimonie persiani come la proskynesis.
Fu in questo contesto che prese forma la congiura di Filota. Essa fu il primo episodio in cui la
componente macedone dell’esercito si contrappose ad Alessandro per la sua apertura verso i
persiani e gli stili orientali. Filota era il figlio del generale Parmenione. Furono fatti uccidere
In quanto stratego d’Europa, Antipatro dovette affrontare la guerra lamiaca. Nel 324 Atene si era
ribellata all’idea che gli esuli fossero riammessi in patria e di perdere così la città di Samo. Attorno
ai greci si riunirono tante anche città le quali ottennero un iniziale successo costringendo Antipatro
a rifugiarsi nella città di Lamia. La situazione si ribaltò quando dall’Asia giunse Cratero con un forte
esercito. I greci furono sconfitti, lo schieramento filomacedone trattò una pace durissima con
Antipatro e formò un governo oligarchico basato come nel caso dei 30 tiranni sulla protezione
estera.
Poco dopo scoppiò la prima guerra dei diadochi. Antipatro, Cratero, Lisimaco, Tolomeo e Antigono
si coalizzarono contro Perdicca, il cui potere era considerato troppo vasto e pericoloso. A fianco di
Perdicca rimase solo Eumene. Durante questa guerra Perdicca morì in Egitto, Cratero in battaglia
contro Eumene. In questo modo la linea unitaria usciva fortemente indebolita e questo
ribaltamento portò agli accordi di Triparadiso (321). A Tolomeo e Lisimaco furono confermati
l’Egitto e la Tracia, ad Antipatro fu confermata la Macedonia e concessa la tutela sugli eredi di
Alessandro, Antigono ebbe l’Asia Minore e il controllo dell’esercito in Asia con l’ordine di
sconfiggere Eumene, affiancato da Cassandro figlio di Antipatro. A Seleuco fu concessa Babilonia.
Antipatro morì nel 319, lasciò il potere al generale Poliperconte, fautore della linea legittimista. Il
figlio di Antipatro, Cassandro reclamò su di sé il potere e dopo aver formato una nuova coalizione
dichiarò guerra a Poliperconte e iniziò la seconda guerra dei diadochi.
Questa guerra ripropose la questione delle città greche. Infatti Poliperconte aveva abolito i governi
filomacedoni imposti da Antipatro e concesso l’autonomia. L’oligarchia imposta ad Atene quindi
cadde e fu restaurata da democrazia. ma già nel 317 Cassandro riuscì a intervenire in Grecia con
successo, riprendendosi Atene e affidandola a Demetrio Falereo il quale impose un governo
oligarchico moderato.
Intanto nel 317 veniva ucciso Filippi III presso la corte di Poliperconte. Man mano però il potere di
Cassandro in Grecia e Macedonia si affermò, Alessandro IV fu posto sotto la sua tutela e rinchiuso
ad Anfipoli. In Grecia prese una serie di provvedimenti propagandistici, come la ricostruzione di
Tebe.
Intanto in Asia, Antigono sconfiggeva Eumene. In chiave anti-cassandrica avviò una campagna
propagandistica che lo qualificava come liberticida dei greci e gli dichiarava guerra se non si fosse
sottomesso e concesso la libertà e l’autonomia ai greci.
3. LA SICILIA: AGATOCLE
Dopo Timoleonte, sia la Sicilia che l’Italia meridionale vivevano un periodo di forte instabilità. A
Siracusa si assiste a scontri per il potere che determinano un vuoto di potere in tutta la Sicilia.
Nell’Italia meridionale le città greche non riescono più a contenere le periodiche avanzate dei
popoli italici e sono costrette a chiedere aiuto a re e strateghi stranieri.
Uno di questi fu Alessandro il Molosso, zio di Alessandro Magno. Egli giunse in Italia nel 334 in
qualità di alleato di Taranto contro Lucani e altri popoli barbari. Riuscì a sconfiggerli, liberando
città di origine greca, rifondando la lega Italica e assumendo il controllo di tutta l’Italia
meridionale. Successivamente si alleò con Roma in chiave anti-sannitica e questo generò attriti con
Taranto che considerava i romani un popolo barbaro come tutti gli altri. l’alleanza si ruppe,
Alessandro il Molosso morì nel 330 in battaglia contro gli italici.
A Siracusa, dopo il governo di Timoleonte si era affermata un’oligarchia moderata. Fu, Agatocle,
uno dei nuovi cittadini ammessi a Siracusa grazie alla colonizzazione panellenica voluta da
In Grecia si è detto venne meno la polis. Da un punto di vista politico si assiste invece all’affermarsi
e consolidarsi degli stati federali.
I più importanti furono costituito dalla lega degli achei, nel Peloponneso. Polibio, che fu stratego
della lega, ci dice che essa deve il suo successo al fatto di aver assicurato a tutte le realtà che ne
facevano parte libertà e democrazia. la sua forza deriva proprio dalla costituzione federale che
aveva permesso l’affermarsi di una comunità di interessi. È a questo che si deve il successo dello
stato federale rispetto alla polis, una realtà più ristretta e in competizione con le altre.
L’affermarsi dei regni ellenistici non si accompagnò però ad una stabilizzazione del mondo greco.
Le guerre tra le monarchie ellenistiche furono frequenti ed anche in grecia i conflitti tra gli stati
federali lasciò la Grecia in balia del vicino regno Macedone.
Questa situazione di conflittualità endemica è ben colta da Polibio. Il quale attribuisce all’etolo
Agelao un discorso tenuto nel 217 in occasione della pace di Naupatto. In questo contesto Agelao
avverte del pericolo che si appresta in occidente, dove si stava consumando la seconda guerra
punica e sostiene la necessità di unirsi e mettere da parte i conflitti e le guerre intestine. Tuttavia
dal discorso emerge che tale unione contro un nemico esterno serve proprio a continuare “il
gioco” dei conflitti reciproci. Come se essi fossero una realtà insuperabile.
Dopo la dipartita di Pirro, a Siracusa fu nominato stratego autokrator Ierone II. Il suo compito era
combattere i mamertini, i mercenari di origine campana stanziati a Messena. Egli li sconfisse e per
questo fu nominato re. Tuttavia, nel 264 i mamertini chiesero il supporto dei romani e iniziò la I
guerra punica. Ierone inizialmente si schierò con Cartagine, ma sconfitto subito dai romani diventò
uno dei loro alleati più fedeli. Alla fine della guerra Siracusa mantenne la sua indipendenza
all’interno della provincia di Sicilia. Ierone si richiamò al modello delle tirannidi siciliane di Gelone,
Dioniso I e così via.
6. LA GRECIA E ROMA
Una delle fonti principali per questo periodo è Polibio, il quale nelle Storie racconta le vicende che
coinvolsero i romani nelle faccende greche e come essi arrivarono a controllare un territorio cui
fino a pochi anni prima neanche pensavano.
Così Polibio ci pone dinnanzi al problema dell’imperialismo romano. Negli ultimi anni
l’interpretazione di una politica volutamente offensiva è stata ridimensionata, tenendo conto di
fattori di tipo etico-ideale (come la difesa della libertà dei greci), le preoccupazioni difensive e altri.
infatti Roma svolse una coerente politica di non annessione, preferendo consolidare legami
clientelari con le realtà che costituivano il mondo greco nella prospettiva di creare un equilibrio
stabile in un sistema invece molto fragile. Questa prospettiva è stata probabilmente ciò che ha
spinto Roma a intervenire in Grecia almeno fino alla costituzione della Macedonia come provincia.
Una svolta più offensiva è invece da ricercare nel 167 o forse anche 172, con la guerra contro
Perseo, cosa che già i contemporanei avevano colto.
1. LE GUERRE ILLIRICHE
Le guerre illiriche costituirono la prima occasione di contatto dei romani con i greci (in madre
patria). Le motivazioni di tali guerre furono varie, a volte economiche, a volte politiche.
5.1 PERSEO
Successore di Filippo V era Perseo. Già negli ultimi anni del regno di Filippo V la Macedonia aveva
visto una grande ricrescita demografica, economica e sociale. Il paese era letteralmente rinato e
anche grazie ad una politica popolare che Perseo ripropose anche presso i greci. in questo modo
utilizzava una propaganda che lo metteva in competizione con i romani in quanto difensori della
libertà ellenica. Sul piano estero adottò una politica espansiva sul Mediterraneo ma sempre
rispettosa dei trattati con Roma che furono rinnovati.
Questa rinascita però creava preoccupazione presso i romani. Preoccupazioni che furono
alimentate da Eumene II, il quale andò a Roma a reclamare un intervento dei romani nel 173.
In realtà la guerra non aveva alcun fondamento giuridico; Eumene e Rodi insistevano nel dire che
Perseo violava i trattati, ma piuttosto violava i loro interessi privati. Anche il “manifesto di Delfi”
diffuso dai romani presso i greci per contrapporsi alla propaganda macedone era privo di
fondamento.
In generale era Roma a cercare il conflitto: essa temeva il rafforzarsi della monarchia macedone
che avrebbe effettivamente potuto costituire un problema per il suo dominio nell’area. Eumene II
seppe anche utilizzare il terrore dei romani per un’invasione in Italia che chiaramente non aveva
senso. Probabilmente c’erano anche motivi di carattere economico sostenuti a Roma dalla fazione
dei populares. I tentativi di dimostrare eventuali colpe di Perseo servivano a legittimare sul piano
giuridico una guerra che Roma preparò ancor prima di dichiararla. Già nel 172 i soldati romani
erano mobilitati. Fu una condotta diplomatica che Livio definisce nova sapientia e che destò
sgomento presso la classe senatoria più anziana, sostenitrice di un modo più trasparente di
affrontare le questioni diplomatiche e militari.
Con la terza guerra macedonica si sviluppa quindi una tendenza imperialista che si affermerà
definitivamente dopo Pidna.
6.2 LA MACEDONIA
La situazione mutò intorno al 150. Già nel 153, un tale Andrisco si era presentato alla corte del re
di Siria come legittimo erede del regno di Macedonia. Fu denunciato ma riuscì a scappare.
Lo ritroviamo in Macedonia nel 149, dove fomentò una rivolta, forse appoggiandosi a istanze
popolari e proclamandosi re col nome di Filippo VI. Fu sconfitto a Pidna nel 148.
Successivamente la Macedonia fu resa una provincia di cui facevano parte anche Illiria ed Epiro.
6.3 LA GRECIA
anche la Grecia non seppe rinunciare alla sua tradizionale conflittualità. In particolare nel 150
scoppiò la guerra acaica. Le motivazioni erano dovute al rifiuto da parte di Sparta di unirsi alla lega,
essa si appoggiò ai romani ma questi temporeggiarono. Essi erano già impegnati in Macedonia,
Spagna e Cartagine. Forse per questo prima temporeggiarono, poi risolsero la questione in
maniera molta autoritaria.
Nel 148 gli achei attaccarono Sparta, Roma intervenne solo dal punto di vista diplomatico
mandando un ultimatum. Ma nel 146 a Corinto la lega votò la guerra contro Sparta e quindi contro
Roma. Gli achei furono velocemente sconfitti.
Corinto fu distrutta, la lega achea sciolta, molte regioni greche furono annesse alla Macedonia e
costrette a pagare un tributo. Solo a poche città rimaste fedeli fu concessa la libertà col titolo di
“civitates liberae et immunes”.
In generale furono imposti dei governi oligarchici filoromani ed espressione dei ceti più ricchi.
7.1 LA SIRIA
Tra 175 e 164 sul trono di Siria sedette Antioco IV. Egli dovette affrontare grosse difficoltà dovute
al rafforzarsi del regno dei parti sotto il comando di Mitridate I e le continue spinte autonomiste
nelle regioni orientali del regno. Proprio nel tentativo di sedare una rivolta in Media Antioco IV
trovò la morte nel 164. Successivamente, i parti si espansero, tra 141 e 129, arrivando a
conquistare la Mesopotamia. Il regno di Siria era ormai fortemente ridotto.
Altro problema che dovette affrontare Antioco IV fu la questione giudaica. La comunità ebraica era
divisa in una fazione ortodossa, molto forte in Egitto, ed una “ellenica” più forte in Siria. Tuttavia
tale comunità vedeva forti dissensi interni legati anche all’ellenizzazione forzata che i sovrani di
Siria imponevano ai sudditi. Questi dissidi rischiavano facilmente di degenerare in problemi di
ordine pubblico.
La rivolta scoppiò quando nel 167, Antioco IV impose di abbandonare la Legge ebraica. La rivolta
ottenne molti successi, entrò a Gerusalemme e nel 163 gli fu riconosciuta la libertà di culto.
Tuttavia l’anno dopo gli scontri ricominciarono e furono risolti dall’intervento diplomatico di
Roma. Infine tra il 152 e il 143 agli ebrei fu riconosciuto uno stato autonomo.
Dopo la morte di Antioco IV il regno di Siria fu sconvolto da gravi conflitti dinastici che
determinarono la sua fine. Infatti i discendenti di Seleuco IV e Antioco IV pretendevano entrambi il
trono per loro stessi. In questi conflitti si inserirono anche Attalo II e Tolomeo VI proponendo sul
trono Alessandro Balas. L’ultimo re a proporre un programma politico coerente fu Antioco VII, re
dal 138, il quale morì troppo presto. La Siria era ormai un regno completamente lacerato.
Fu resa una provincia nel 63 da Pompeo.
7.2 L’EGITTO
Le relazioni tra Roma e l’Egitto dal 273 erano state buone. L’Egitto aveva sempre dimostrato
rispetto e deferenza verso i romani, questi un po’ lo malcagavano. In ogni caso alla morte di
Tolomeo V, salì al trono Tolomeo VI. Roma intervenne a risolvere la questione della 6 guerra sirio-
egiziana, nel 168, con la “giornata di Eleusi” ci appare ormai un Egitto divenuto informalmente un
protettorato romano.
Dopo quella giornata Roma intervenne più volte a risolvere i dissidi tra Tolomeo VI e Tolomeo VIII,
nominato coreggente a partire dal 170. Nel 164 infine, Roma si risolse per la definitiva divisione
del regno: Tolomeo VI avrebbe regnato su Alessandria e la sua chora, Tolomeo VIII su Cipro e la
Cirenaica.
Sembra che quest’ultimo avesse promesso ai romani l’eredità del regno qualora fosse morto senza
eredi, probabilmente un modo per proteggersi da attentati dinastici.
In ogni caso entrambi i re furono personalità importanti. Tolomeo VI cercò di espandersi verso la
Siria, insidiandone il trono proponendovi Alessandro Balas ed espandendosi verso nord. Proprio in
una di queste campagne trovò la morte.
7.3 PERGAMO
Il precedente di Tolomeo VIII si ripropose nel regno di Pergamo. Ad Attalo II successe Attalo III, il
quale morì senza eredi nel 133 lasciando il suo regno in eredità a Roma. In realtà Roma era
disinteressata ad un controllo diretto su questo territorio ma la rivolta di Aristonico le fece
cambiare idea.
Forse di origine regale, Aristonico sollevò contro Roma le popolazioni rurali e povere e pretese il
regno con il nome di Eumene III. Le regioni dell’Anatolia si schierarono con lui, Pergamo e le città
greche che già sotto Roma conservavano la loro autonomia le restarono fedeli.
La guerra durò poco, Aristonico ottenne un successo nel 131 contro Publio Licinio Crasso, ma fu
imprigionato l’anno successivo.
Nel 129 fu istituita la provincia d’Asia. L’istituzione di tale provincia e la sua organizzazione fu
motivo politico a Roma tra optimates e populares, se i primi avevano di malavoglia annesso l’area,
i secondi si apprestavano a controllarla e a trarne i maggiori profitti in modo da finanziare i loro
programmi politici a Roma.
In conclusione si può dire che Roma tentò a lungo di evitare un controllo diretto sulla Grecia e sul
mondo ellenico. Essa cercò di comprendere e restare fedele ai principi di autonomia e libertà
tanto cari ai greci, presentandosi come garante internazionale di quei principi e quindi come
arbitro delle varie contese. Tuttavia, la conquista fu resa necessaria dall’endemica conflittualità del
mondo greco, che ne aveva segnato tutta la storia e che infine né aveva determinato la fine.