Tutte le lingue variano e si differenziano a seconda del tempo e del luogo in cui vengono usate. È importante
comprendere il contesto culturale del greco dell’età del NT e della LXX cercando di capire perché è arrivato a quello
sviluppo. Nel III millennio aC un gruppo di dialetti si sposta in Europa occidentale e incontra popolazioni locali con
lingue di sostrato. La lingua indoeuropea non è attestata ma solo ricostruita. Dal XV secolo aC il greco è attestato
come lingua con una scrittura sillabica lineare–B (in epoca antica). In epoca classica (V sec aC) è attestata come lingua
alfabetica con più dialetti. Un dialetto prevale sugli altri se c’è una preminenza politica o un prestigio letterario. Il
dialetto Ionico fu il primo usato da Omero, Esiodo, Erodoto e dai primi filosofi. L’Eolico fu utilizzato per la lirica. Il
Dorico per la lirica orale. L’Attico dai tragici, dai comici e dai filosofi come Platone, dagli stoici, dagli oratori e in
particolare nella prosa. Per questo motivo è numericamente più diffuso e per questo era compreso anche dagli altri
gruppi linguistici. Alessandro Magno decide di adottare l’Attico semplificato per gestire il suo impero e nasce così il
greco koinÔ, quello del NT. Il greco koinÔ ha diversi registri linguistici: l’atticismo è quello degli autori che
parlavano il koinÔ ma avevano come ideale l’attico e tentavano di imitarlo; il koinÔ letterario è un koinÔ puro ma
di registro elevato, colto; il koinÔ medio/basso per linguaggi tecnici filosofici, medici, è quello della LXX; il
linguaggio colloquiale, cioè il koinÔ parlato.
Il referente è tutto ciò di cui si può parlare. Ma alcune parole hanno una funzionalità logica senza avere un referente.
Questa sistematizzazione avrà per noi come riferimento la lingua greca koinè, perché è quella che ci interessa.
VARIABILI INVARIABILI
CONIUGABILI DECLINABILI
AVVERBIO
VERBO ARTICOLO NOME PREPOSIZIONE
SOSTANTIVO CONGIUNZIONE
AGGETTIVO INTERIEZIONE
PRONOME PARTICELLA
Le parole variabili assumono più forme. Le variazioni rispondono a schemi specifici (come per il verbo) e si parla
allora di “coniugazione” (che determina il numero, la persona, il modo); le altre parti appartengono, invece, alle parole
declinabili (che con alcuni schemi determinano caso, genere e numero). Infine, altre parole non cambiano a seconda
dell’uso, ma mantengono un’unica forma.
VERBO Il verbo esprime un’azione o uno stato. Verbo deriva dalla parola latina “Verbum”, parola, ed
è, infatti la parola per eccellenza in una proposizione.
gr£fw = scrivo esprime un’azione
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eÙnošw = sono benevolo/favorevole, esprime invece uno stato; per questo è detto verbo
stativo
Alcune classi sono “povere”, cioè hanno pochi elementi (i pronomi, ad esempio, o gli articoli). Le altre tre classi (verbi,
sostantivi e aggettivi) non solo ne posseggono molti di più, ma sono anche “classi aperte”, ovvero accettano nuove
parole (neologismi), purché rispettino la grammatica greca.
AVVERBIO L’avverbio determina il verbo, l’aggettivo o un altro avverbio a cui si riferisce, rispondendo a
specifiche domande.
œrxomai tacÚ = vengo presto (velocemente); in questo caso è un avverbio di modo: come?
La domanda poteva essere: “quando?” con un avverbio di tempo; o di qualità “quanto?”.
Esempio di un avverbio che regge un altro avverbio è:
“una casa molto bella” dove sia molto che bella sono due avverbi; oppure
“vengo molto presto” dove l’avverbio “molto” specifica l’avverbio “presto”.
PREPOSIZIONE In greco è una sottocategoria dell’avverbio. Anzi, alcune parole possono essere ritenute
appartenenti a più categorie. Le preposizioni formano i complementi con le parole a cui si
riferiscono o si uniscono.
mšnei ™n tÁ oik…a = rimane/resta nella casa.
è detto “sintagma preposizionale” e la preposizione en è detta “testa del sintagma”.
In questo caso la preposizione genera un complemento di stato in luogo.
CONGIUNZIONE Congiungono elementi omogenei di una proposizione o più proposizioni tra di loro (e/o).
Ó ¢delfÕs À ¢delf» = il fratello o la sorella (1Cor 7,15) in questo caso si tratta di una
congiunzione disgiuntiva. Quanto detto vale per tutti gli elementi congiunti.
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Ka…, al contrario è una congiunzione copulativa.
PARTICELLA È la componente meno accettata e più discussa dalle grammatiche. Essa modifica il senso del
termine o della preposizione a cui si unisce.
oÙ qšlw = non voglio, è una particella negativa.
Non possono stare da sole perché non avrebbero senso, tanto che alcune non sono nemmeno
traducibili. Servono anche per mettere enfasi sulla parola o frase a cui si riferiscono.
Il predicato (anche se implicito) è quello che si dice, che si afferma di un argomento, mentre il soggetto è l’argomento
di cui si parla.
Œbrexen = piovve [è un predicato di una proposizione impersonale, senza soggetto]; il predicato risponde alla
domanda: Cosa si dice?
œgrafen MwusÁs = Scrisse Mosé [in questo caso abbiamo un predicato + un soggetto]; il soggetto risponde alla
domanda: Di chi si parla? Chi scrisse?
™gë ¢gaqÒj (e„mi) = Io (sono) buono; suddiviso in nome del predicato e copula. In greco non è necessario esprimere
il verbo essere. Si può dire semplicemente: Io buono e la comunicazione funziona. e„mi in questo caso è copula che
unisce. I predicati nominali hanno sempre un nome (sostantivo, aggettivo, pronome); quindi “Io sono qui” non
rientra in questo caso, perché “qui” è un avverbio.
Qui abbiamo predicato verbale + soggetto + complemento oggetto/oggetto diretto. L’azione transita direttamente
sulla parola oggetto. Il complemento, in questo caso, risponde alla domanda: Che cosa?
Quando, invece, ho un predicato nominale, la comunicazione si chiude lì. L’azione non si trasferisce su alcun
complemento. Nei verbi intransitivi nessuno subisce l’azione.
œgrafen MwusÁj t¦ ∙»mata toà nÒmon (= Scrisse Mosé le parole della Legge).
Qui abbiamo predicato verbale + soggetto + oggetto diretto + complemento di specificazione. In greco è dato da una
tipologia di genitivo: il genitivo adnominale perché retto da un nome (in questo caso “le parole”); risponde alla
domanda: Quali parole?
œgrafen MwusÁj t¦ ∙»mata toà nÒmon e„s bibl…on (= Scrisse Mosé le parole della Legge nel libro).
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Qui abbiamo predicato verbale + soggetto + oggetto diretto + complemento di specificazione + complemento di
stato in luogo, un complemento preposizionale perché introdotto da una preposizione. In questo caso risponde alla
domanda: Dove scrive?
Il predicato è ineliminabile; senza di esso non c’è comunicazione alcuna. Gli altri elementi potrebbero essere omessi
ma con una gerarchia. Il soggetto è più rilevante di un complemento oggetto che a sua volta è più importante degli
altri elementi.
dÒj toàto to Ûdwr. (= Da’ quest’acqua!). Qui è presente il predicato verbale + un sintagma dell’oggetto diretto, che
risponde alla domanda: Cosa dai? La parola Ûdwr è detta testa o nucleo del sintagma.
dÒj moi toàto to Ûdwr. (Da’ a me/Dammi quest’acqua. In questo caso il complemento risponde alla domanda: A
chi dai? Qui è presente il predicato verbale + il complemento di termine (l’oggetto indiretto) + sintagma oggetto.
Questo, come altri verbi, possono avere tre reggenze: Il soggetto (in questo caso TU), il complemento oggetto (qui è
l’acqua) e il complemento di termine, “a me” che è un oggetto indiretto.
In Gv 4,15 la proposizione inizia con kÚrie (Signore), che chiameremo vocativo. È un complemento di vocazione
che si trova in extra-posizione rispetto alla proposizione. La sua funzione è quella di chiamare l’attenzione
dell’interlocutore, di interpellare l’ascoltatore.
DIATESI ATTIVA
Ð qeÕs sèsei tÕn laÒn (= Dio salverà il popolo). In questa frase c’è un soggetto (Ð qeÕs, che fa l’azione), un
predicato verbale (sèsei) e un complemento oggetto (tÕn laÒn). Il soggetto è chi fa lazione; è l’elemento attivo;
mentre il complemento oggetto diretto è l’elemento passivo che risponde alla domanda: Chi subisce l’azione.
DIATESI PASSIVA
Ð laÕs =soggetto, argomento delal proposizione. È l’elemento passivo che risponde alla domanda: Chi subisce
l’azione)
ØpÕ toà qeoà è il sintagma preposizionale con complemento di agente che diviene l’elemento attivo che risponde
alla domanda: da chi è fatta l’azione. Risponde alla domanda: da chi è fatta l’azione?
Il periodo è l’unità sintattica di massima estensione, composta da due o più proposizioni. Il periodo normalmente si
chiude con un punto. Ma nel NT e nella LXX la punteggiatura era differente e non tutti i manoscritti l’avevano,
oppure usavano periodizzazioni diverse. La punteggiatura nel NGT può variare per scelta dell’editore o per
l’accoglimento degli ultimi manoscritti. Nel periodo le proposizioni possono essere legate da rapporti di:
P1 P2 P3
subordinazione → IPOTASSI (una proposizione dipende da un’altra)
P1
P2
P3
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Nel greco l’ipotassi è preferita per esprimersi (almeno nel nostro tempo e nella letteratura classica).
Nel periodo c’è sempre almeno una proposizione INDIPENDENTE (cioè sintatticamente autonoma), detta
proposizione principale. Se le proposizioni principali sono più d’una, esse sono dette coordinate. Ciò che decide il
tipo di periodo non è il contenuto, ma il modo di organizzare le proposizioni tra di loro. Anche la coordinazione può
suggerire un rapporto di dipendenza tra le proposizioni.
P1 P2 P3
P1 P2 P3
Le proposizioni dipendenti (senza autonomia sintattica) sono dette SUBORDINATE. Dipendono da una proposizione
del periodo detta reggente o sovraordinata, che a sua volta può essere una principale o subordinata.
Reggente di S1 P1
Reggente di S2 S1
S2
Altrimenti scritto P1 S1 S2
ESPLICITA: se il verbo della subordinata è in un modo finito o coniugabile (in greco avremo l’indicativo, il
congiuntivo o l’ottativo).
Il rapporto di subordinazione può essere stabilito da:
una congiunzione subordinante: Gv ὅτε quando
un pronome o aggettivo: Mc 11,29 καὶ ἐρῶ ὑμῖν ἐν ποίᾳ ἐξουσίᾳ ταῦτα ποιῶ pronome
un avverbio: Gv 1,39 ἦλθαν οὖν⸃ καὶ εἶδαν ποῦ μένει dove
IMPLICITA: se il verbo della subordinata non è in un modo finito (infinito o participio)
Gv 4,38 ἐγὼ ἀπέστειλα ὑμᾶς θερίζειν ὃ οὐχ ὑμεῖς κεκοπιάκατε· ἄλλοι κεκοπιάκασιν, καὶ
ὑμεῖς εἰς τὸν κόπον αὐτῶν εἰσεληλύθατε.
Soprattutto l’infinito viene accompagnato da alcune parole per esplicitare in qualche modo il senso.
Le proposizioni subordinate possono essere tra loro coordinate o subordinate a loro volta. Un periodo, quindi, può
essere costituito soltanto da proposizioni principali coordinate o presentare uno o più gradi di subordinazione. Come
in Gv 3,16. oὕτως γὰρ ἠγάπησεν ὁ θεὸς τὸν κόσμον A principale
Dio, infatti, ha tanto amato il mondo
C1 subordinata a B ἵνα πᾶς ὁ πιστεύων εἰς αὐτὸν μὴ ἀπόληται ἀλλὰ ἔχῃ ζωὴν αἰώνιον. C2 subordinata a B
perché chi crede in lui non muoia ma abbia la vita eterna. Coordinata a C1
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La finalità espressa nelle due subordinate C1 e C2, introdotta da quel ἵνα è entrambe riferita alla subordinata B.
Diverso, invece, è l’esempio di Gc 1,12
Μακάριος ἀνὴρ
Beato l’uomo
Mentre le proposizioni principali sono classificate per se stesse, per quello che dicono, le proposizioni subordinate
vengono classificate per il rapporto con la loro reggente (non necessariamente una principale). Nella classificazione,
distinguiamo due grandi gruppi.
COMPLETIVE Sono chiamate anche sostantive, perché equivalgono a un sostantivo che nella reggente ha
funzione di soggetto, oggetto o apposizione epesegetica. Es:
ieri ho raccontato una storia
ieri ho raccontato che sono uscito a fare una passeggiata.
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Si possono distinguere in:
SOGGETTIVE Fungono da soggetto del verbo reggente. Dipendono da un verbo o
locuzione verbale di tipo impersonale. Es:
Gv 20,9 δεῖ (αὐτὸν ἐκ νεκρῶν ἀναστῆναι)
è necessario (che egli risorga dai morti)
impersonale + soggetto.
Evidentemente può essere fatto solo con verbi impersonali. Potrei anche
dire “la sua risurrezione è necessaria” e avrei una frase equivalente.
OGGETTIVE Fungono da oggetto diretto del verbo reggente. Es:
Gv 4,19 θεωρῶ (ὅτι προφήτης εἶ σύ)
vedo (che tu sei un profeta)
Il modo per distinguere tra completiva soggettiva e completiva oggettiva è
guardare al verbo e chiedersi quale sia il soggetto di questo verbo. Se è
riconoscibile, l’altra frase non può che essere un’oggettiva.
EPESEGETICA dette anche esplicative perché esplicitano il significato di un termine della
reggente. Es:
Gv 3,19 αὕτη δέ ἐστιν ἡ κρίσις (ὅτι τὸ φῶς ἐλήλυθεν εἰς τὸν
κόσμον)
questo è il giudizio (che la luce è venuta nel mondo)
La comunicazione non è ancora completa con solo la principale, perché la
parola “questo” è vuota.
Le stesse completive possono avere un altro tipo di classificazione, guardando dal punto di vista del contenuto che
esprimono.
DICHIARATIVE Esprimono una dichiarazione, un giudizio, un’opinione, una
comunicazione. Es.
Gv 4,19 θεωρῶ ὅτι προφήτης εἶ σύ
VOLITIVE Esprimono una volontà con differenti sfumature. Es.
Mt 14,28 κέλευσόν (με ⸂ἐλθεῖν πρὸς σὲ⸃ ἐπὶ τὰ ὕδατα)
comanda (che io venga verso di te sulle acque)
INTERROGATIVE Esprimono un dubbio o una domanda.
O DUBITATIVE Es. Mc 14,11 καὶ ἐζήτει πῶς (⸂αὐτὸν εὐκαίρως παραδοῖ)
Cercava (come consegnarlo in modo opportuno)
SUBORDINATE Le proposizioni subordinate aggiungono un’informazione senza la quale, però, le reggenti non
subiscono un deficit (almeno sintatticamente parlando). Sono dette anche avverbiali perché
hanno la funzione di determinazione avverbiale o complemento indiretto del verbo della
reggente. Vengono classificate in base all’informazione espressa. Ne vediamo alcuni esempi:
TEMPORALI È congiunzione subordinata temporale e introduce una proposizione che
esprime il tempo dell’azione.
(Ὅτε ⸀οὖν ἐξῆλθεν) ⸀λέγει Ἰησοῦς· Gv 13,31
(Dopo che fu uscito,) Gesù disse…
Ὅτε è congiunzione subordinante temporale
FINALI τί ποιήσω (ἵνα ζωὴν αἰώνιον κληρονομήσω; ) Mc 10,17
Cosa devo fare (per avere la vita eterna?)
ἵνα è congiunzione subordinante finale
CAUSALI (Ὅτι ἑώρακάς με) πεπίστευκας Gv 20,29
(Perché mi hai visto) hai creduto
Ὅτι è congiunzione subordinante causale
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CONSECUTIVE Esprime un fatto che viene dopo, come conseguenza necessaria della reggente.
Nella consecutiva la conseguenza è dichiarative, perché è certa.
ἰδοὺ σεισμὸς μέγας ἐγένετο ἐν τῇ θαλάσσῃ, (ὥστε τὸ πλοῖον καλύπτεσθαι
ὑπὸ τῶν κυμάτων) (Mt 8,24)
avvenne nel mare un grande sconvolgimento, (tanto che la barca era coperta
dalle onde)
ὥστε congiunzione subordinante consecutiva
COMPARATIVE ὥσπερ γὰρ ὁ πατὴρ ἐγείρει τοὺς νεκροὺς καὶ ζῳοποιεῖ, οὕτως καὶ ὁ υἱὸς
οὓς θέλει ζῳοποιεῖ
Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, (così anche il Figlio dà la vita)
ὥσπερ … οὕτως (come…così)