TOMASSONI
EGGI
STORIA ARTE MEMORIE
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Testi e foto degli autori
Con la supervisione di Don Giampiero Ceccarelli
La foto della prima di copertina raffigura Santa Caterina nella Chiesa di San
Michele Arcangelo. Recupero avvenuto nel 2020, grazie al contributo del
BIM di Cascia.
La quarta di copertina raffigura San Michele Arcangelo, opera del Maestro
di Eggi.
L’editore resta a disposizione degli aventi diritto per le immagini per le quali
non è stato possibile rintracciare l’autore.
Copyright ã 2020
Tutti i diritti sono riservati ai rispettivi proprietari.
È vietata ogni riproduzione, anche parziale senza apposita autorizzazione
scritta dei titolari dei diritti dell’opera.
2
Dedicato ai dimenticati e ai difensori dell’arte della memoria
3
Cartine che evidenziano tutte le località segnalate ed illustrate nella pubblicazione.
4
RINGRAZIAMENTI DEGLI AUTORI
5
INDICE
Presentazione pag. 13
Prefazione pag. 14
7
Sulle pareti della stanza erano attaccati dei cartelli con delle immagini e le
corrispondenti lettere dell’alfabeto in corsivo e in capitale. Con la canna
“multiuso” la maestra ci indicava una figura che per noi spesso non
corrispondeva; per la t c’era la figura di un topo, ma per noi era “u sorce”, e
la maestra si sforzava di farci capire che quella era la t, non la s.
A casa raccontavamo che “a scola u sorce non è più un sorce ma vene un
“topo”.
Qualcuna delle mamme aveva capito che a scuola c’erano i sorci e voleva
mandare un gatto alla maestra!
Dall’aula si accedeva ad un corridoio dove era un armadio a muro nel quale si
conservava la brocca con l’inchiostro;
sulle ante era dipinto un castello medievale che per noi era come entrare nel
mondo dei sogni.
L’inchiostro veniva posto in pesanti calamai di vetro verdastro alloggiati entro
buchi rotondi nella parte più alta del banco, quella che rimaneva fissa, mentre
il piano si alzava. Talvolta qualcuno di quelli “più svegli” diceva: “guarda che
c’è cascato dentro!” Quando l’altro si avvicinava, lo sveglio dava un colpo da
sotto con la mano e il calamaio finiva in faccia al malcapitato. Il problema non
era la faccia, ma il colletto bianco di picchè inamidato che doveva essere
smacchiato.
La penna era uno stecco di legno dove si applicava l’elemento metallico per
infilarci il pennino. Ortensia che aveva il padre emigrato in Svizzera, aveva
ricevuto in dono una penna di plastica gialla: lei camminava con quella in
mano e tutti noi la guardavamo ammirati quasi fosse qualcosa proveniente da
un’altra galassia!
Ma ormai, come affermano gli stessi autori, il processo di cambiamento era
avviato; l’identità paesana cominciava a sgretolarsi: si andava sempre più
verso il particolarismo. Il gruppo di giovanotti che preparava gli sketch non
aveva più ragione di adunarsi e quelli che ancora venivano non salivano più
sul palco ma si sedevano in sala per vedere le trasmissioni. C’era il giorno di
“campanile sera”, di “canzonissima”, di “lascia o raddoppia”; ma l’identità
paesana languiva ogni giorno di più, la relazionalità si dissolveva, il
patrimonio delle tradizioni orali veniva meno.
I momenti goliardici creavano disagio, sembravano cose arretrate; finirono “le
scampanate”, le “ernate”, i focaracci per S. Giovanni e per la Venuta, le gare
a ruzzicone. I televisori si diffusero, i programmi si moltiplicarono, il marito
guardava un programma e la moglie un altro, i bambini in camera stavano
buoni con i cartoni animati.
Il primo anno che ritornai a Eggi come parroco quando passai per le
benedizioni non mi tornavano gli ingressi delle case come li ricordavo; un
anziano mi disse scherzando: “quanno ero pottu, in du’ vani ce stiamo in
dodici, assea in dui ce n’emo dodici de vani”.
8
Poi arrivò il cellulare ed internet. Dalla vicinanza reale si è passati a quella
virtuale; tempo fa dovevo parlare
con un ragazzo e andai a casa sua. La madre mi disse che era in casa, che
stava in camera a parlare con un suo amico.
Attesi un poco, poi si aprì la porta della camera ed uscì; io mi aspettavo di
veder uscire anche l’altro ragazzo.
Ci mettemmo a parlare, ma dalla stanza non usciva nessuno. Mi sentii in
imbarazzo credendo che la mia presenza creasse disagio all’altro, allora gli
dissi sottovoce “dìe che pole scappa’ fora che non me so magnatu mae
niciunu!”; scoppiò a ridere dicendo: “ma noi parlavamo via internet. Non ci
siamo mai visti di persona, lui sta vicino a Bergamo!”; si fa amicizia con chi
sta lontano e non si conosce chi sta a dieci metri.
Fuori imperversava un virus che le autorità, tanto per non smentirsi, avevano
ridotto a sigla COVID.19
Un appassionato di arte e di foto, con una Nikon alla mano, stava dando sfogo alle
proprie inclinazioni.
Un eclettico e amante delle ricerche di documenti, di storia, di aneddoti e di curiosità e
quindi del passato (più che del futuro), stava dando sfogo alle proprie passioni.
In comune avevano soltanto l’onestà intellettuale …. ed una mascherina celeste.
Con voce ovattata e con occhi vivaci trovarono il modo di accordarsi per scrivere
questa pubblicazione riguardante un territorio del quale nessuno aveva mai tentato
una conoscenza approfondita nonostante il suo inevitabile inserimento nel Catasto
gregoriano, nella Fascia olivata, e fra i Luoghi del silenzio.
Allora, scelta delle foto già predisposte e nuovi viaggi con Panda e macchina
fotografica per scoprire nuove documentazioni, ricercare vecchie immagini in bianco-
nero e piacevoli interviste per ottenere conferme nei e dai ricordi della gente. Non sono
mancate salite sul Roccolo né visite alle ville sedi di Imprenditori agricoli e di annesse
abitazioni mezzadrili.
Ne è venuto fuori questo libro che è anche una guida dal momento che non ne esistono.
Gli autori ritengono che il lavoro sia stato fatto con meticolosità, ma data la lunga e
mai esaurita durata dell’impegno, si sono accorti che esistono anche altre fonti per
continuare l’arricchimento. Gradiscono quindi gli eventuali apporti dei lettori qualora
anch’essi appassionati.
9
Mentre si apprestavano a chiudere e dare alle stampe il loro lavoro, gli autori sono
stati colpiti da un elemento che forse era sfuggito ai più: lo stretto collegamento storico
e tuttora esistente fra il territorio di Eggi e la Valnerina ivi compresa la zona delimitata
dai fiumi Campiano e Vigi e quindi da Preci a Sellano.
Forse si può affermare che l’antica scuola di chirurgia nei pressi di Preci abbia
attirato famiglie benestanti e nobili e che dopo il loro primo insediamento in quei
luoghi abbiano scelto di “scendere” nel territorio spoletino e quindi anche a Eggi come
il caso dei Morelli-De’ Pazzi.
CAPITOLO 1
EGGI: LE ORIGINI E LA STORIA
10
Eggi- panorama - Il Castello è visibile quasi nella sua interezza
1.1. LE ORIGINI
Eggi (335 m. sul l.m.) sorge a due chilometri dalla strada Flaminia in
direzione Spoleto-Foligno, e quindi a cinque da Spoleto, quasi a cavallo
tra la Valle del Nera e quella Spoletana, incorniciato da uliveti, che verso
la sommità dei colli, cedono il posto alla macchia mediterranea.
11
La lapide nella chiesa di San Giovanni Battista
1
JACOBILLI L., 1656
13
attraversando la montagna e transitando per Forca di Cerro, Matrignano o
le Pinnura.
Quindi ci troviamo a valle dell’attuale abitato di Eggi, grosso modo nel
triangolo compreso tra San Bartolomeo, Case San Filippo e San Beroide
o Berodo.
La via Plestia conduceva all’attuale Colfiorito, ove ancora rimane la
Chiesa che sorge probabilmente su una preesistente basilica
paleocristiana. Il sito è popolato fin dall’antichità; infatti sono stati
individuati insediamenti perilacustri riferibili al periodo compreso tra il
IX e il VII secolo a.C.
14
due immagini d’epoca di Forca di Cerro
15
L’agglomerato in quanto di antiche origini (fu comune fino all'epoca
napoleonica), presenta delle fasi edilizie ben definibili che ci lasciano
comprendere la sua storia. Verosimilmente, fino all’epoca “romana”
compresa, ha seguito le vicende storiche e religiose (organizzazione
amministrativa e laicale) riguardanti Spoleto. Con il crollo dell’impero
romano d’occidente (476 d.c.), al pari di Spoleto, e di tutta l’Umbria, tutti
i territori finiscono sotto gli ostrogoti di Teodorico.
A seguito delle invasioni barbariche, delle lotte fra Goti e Bizantini e poi
della discesa dei Longobardi, la popolazione sita nel territorio sopra
descritto, si ritirò gradualmente dalla valle per rifugiarsi sulle colline
circostanti, in particolare sul Castellocchio, ove con il tempo, si costituì
un centro abitato fortificato: il castello di Castellocchio, ancor oggi
conosciuto dagli abitanti di Eggi come Il Roccolo (da Rocca:
fortificazione). Rimangono ruderi di questo castello e dell’attiguo centro
abitato.
16
Ruderi del Roccolo
17
I Longobardi che istituiscono l’importante e smisurato Ducato di Spoleto,
“tracciano” un asse viario che prenderà il nome di Via Francigena e, per
quanto attiene il territorio di Eggi, lasceranno anche alcuni lemmi, tre dei
quali sono ancora usati: Zeppa: cuneo; Trogo: trogolo, trocco; Stolsare:
sussultare.
Dopo gli ultimi duchi di stirpe franca, Spoleto e tutto il suo territorio
entrano nell’orbita della Chiesa.
Siamo nel millennio della nascita dei Comuni, retti prima dai Consoli,
poi dai Podestà e infine dai Sindaci. Ma per il territorio spoletino sarà
anche il periodo dei controversi rapporti con lo Stato della Chiesa e delle
alternanze di potere tra Guelfi e Ghibellini.
2
IACOBILLI L. 1653, p.19
18
Nel 1279 Eggi era una delle più popolose Ville del distretto spoletino con
i suoi 94 fuochi (famiglie) e un censo di 13.212 fiorini3. Tali dati oltre ad
indicarne l’importanza, erano significativi ai fini del pagamento del
focatico (26 denari a famiglia).
Nel 1348 la peste non risparmiò gli abitanti dei Castelli e delle Ville del
Comune di Spoleto.
3
ASP, Sez. Spoleto, Catasto del 1279, podestà Orso Orsini
4
FAUSTI L., 1990 vol. I, p. 22.
5
Frammenti degli annali di Spoleto di Parruccio Zampolini dal 1325 al 1424 in SANSI A., 1876
vol. 7, p. 115
19
In tale periodo, dunque, la Villa di Eggi diviene un Castello6.
Partecipò alla vasta ribellione dei castelli contro Spoleto, in seguito alla
quale il Cardinale Legato Vitelleschi, con una legge del 18 Febbraio
1440, disponeva che gli abitanti dei castelli del piano, fabbricati negli
ultimi sessant’anni, fossero tenuti ad abbattere le mura, entro il termine di
tre mesi dalla data del decreto, tornando ad essere Ville aperte 7. Sembra
che la stessa sorte fosse riservata ad Eggi, pur non elencato nella legge, e
che comunque la demolizione sia avvenuta, perché, due anni dopo, gli
uomini d’Eggi, chiedevano al Comune di Spoleto che fosse loro
assegnato un luogo per ripararsi dalle frequenti scorrerie di gente
nemica8. La richiesta fu accolta9, perché lo si ritrova nell’elenco dei
castelli del 149010.
Pare che la ricostruzione operata dai paesani, e che si ispirava anche alla
politica albornoziana, sia durata soltanto due anni e che il castello abbia
assunto l’aspetto che ancor oggi, in larga parte, mantiene. Esso infatti,
pur avendo subito devastazioni per opera del tempo e degli uomini, è
ancora perfettamente leggibile nella sua struttura: di impianto triangolare
e con sulla sommità una porta doppia ornata da due torri di difesa.
6
SANSI A. 1879 vol. I, pp. 172-173.
7
SANSI A., 1876 vol. II p. 2 - 9
8
SANSI A., 1876 vol. II p. 14
9
SANSI A., 1876 vol. II p. 36
10
S.A.S.S., Riformanze An. 1490. 30 dicembre foglio 413
11
FAUSTI L., 1993 vol. II, p. 24.
20
della Rocca di Ponte occupata dai perugini. Ne ottennero come
contropartita la cittadinanza rustica (Comune rustico) e l’esenzione dalle
tasse12.
Il secolo XVI vide il perpetuarsi di questa floridezza.
Già dall'inizio del secolo funzionava una scuola pubblica il cui costo
gravava sul Comune di Eggi.13
1.3. Intanto, nel 1525 Giuseppe Ràcani aveva ottenuto lo Jus Patronato
sulla Pieve di San Michele e vi finanziava dei lavori, come si evidenzia
nel portale, di linee semplici e di andamento elegante, ove compaiono,
unici ornamenti non architettonici, lo stemma dei Racani e quello della
città di Spoleto. Altri interventi interessarono il fonte battesimale, a
forma di uovo (simbolo della vita) che si presenta baccellato nella metà
inferiore ed embricato in quella superiore.
12
NESSI-CECCARONI, 1979, P. 12
13
Risulta che per effetto delle diverse articolazioni organizzative della Chiesa fino al ‘600 in
Eggi vi fossero tre parrocchie delle quali la più estesa, quella di San Giovanni, si spingeva fino
alle soglie di Spoleto.
14
Lo Spagna (XV secolo) fu attento e sensibile seguace del Perugino, ma anche interprete delle
novità dell'arte di Raffaello. La sua abbondante produzione ebbe influenza specialmente sui
pittori dell'Umbria meridionale come testimoniano, tra l'altro, le innumerevoli opere che decorano
chiese ed edifici sacri dello Spoletino e della Valle del Nera.
21
Stemma della città di Spoleto
22
Stemma di Eggi, esterno ingresso del castello
Al piano nobile, sotto la linea del tetto, compaiono ancora degli stemmi:
quali quelli dei Ràcani stessi, di Spoleto e di alcune delle famiglie nobili
del tempo.
23
Stemma di Spoleto
24
A sinistra Ràcani a destra Vigili
15
Perticaia, antenata dell’aratro.
25
Il XVIII secolo vide un ulteriore sviluppo edilizio fuori del castello, con
ampliamenti e modifiche di edifici preesistenti. Risulta che dal 1774 al
1789, Eggi sia ancora “comune rustico o rurale”. Se ne ha testimonianza
nella ricerca effettuata da Renzo Fagotti e da questo trascritta nel suo
“Libro mastro della Comunità di Eggi – ovvero libro dei Consigli – ”. 16
Nella lettura dei partecipanti ai Consigli si ritrovano cognomi di famiglie
tuttora presenti in Eggi, quali: Sbardella, Caselli, Fagotto(i), Casella,
Cardini, Rutili, Sabbatini, Petrini, Angeli, Boni Cerro.
Risulta altresì che le famiglie (fuochi) erano ancora in n. di 94.
In questo periodo l’elemento di spicco è costituito dalla villa d’estate dei
marchesi Zacchei Travaglini.
16
“Libro mastro della Comunità di Eggi – ovvero Libro dei Consigli – ” - Ricerca di RENZO
FAGOTTI - Ed. Associazione Amici di Eggi- 2006
26
Dai brogliardi risultano altresì i nomi delle famiglie dei possidenti, molte
delle quali, segneranno la storia più recente del paese: Bonafede,
Sbardella, Favetti, Zacchei, Agata, Morelli, Ricci, Sabatini, Ceriolo,
Cardini, Valentini, Panighi, Panetti, Fioroni o Fiorani, Caselli, Luparini,
Conti, Lupacchini, Benedetti, Picioli o Piccioli, Rosati o Rossati,
Travaglini, Cerro, Battaglia, Bocchini, Pedrini o Petrini, Alberini,
Sordini, Minarelli, Minni, Rotili, Pila, Mongalli, Fratellini.
27
Ma arriva l’evento più importante della storia d’Italia: quello della sua
unificazione. Nell’ambito della riorganizzazione amministrativa che ne
segue ad opera del Pepoli, Salvatore Fratellini racconta che nel progetto
di interventi manutentivi delle opere d’arte o monumentali in Eggi ne
vengono individuati 19. Così risulta da un appunto del Sansi.
28
Da un giornalino dell’Ottocento dei convittori di Piazza Campello -
Spoleto
29
Intanto è necessario segnalare che, come risulta dai seguenti documenti
del censimento del 1901, all’inizio dell’anno e del secolo, gli abitanti di
Eggi erano 823 di cui donne 383 e uomini 440.
30
Censimento del 1901
Purtroppo alcuni di essi, più tardi, compariranno nella lapide dei caduti
della prima guerra mondiale, triste testimonianza della conclusione di un
periodo turbolento anche per il paese.
EGGI 13 GIUGNO 1920/ 1915 1918/ I NOMI DEI GENEROSI/ CHE MORIRONO
PER LA GRANDEZZA D'ITALIA/ CONSACRATI NEL MARMO/ DALL'AFFETTO
DEI CONGIUNTI/ DALLA PIETA' DEI COMPAESANI/ RICORDINO AI POSTERI/
LA PUREZZA DELL'EROISMO/ LA SUBLIMITA' DEL SACRIFIZIO COMPIUTO/
AGOSTINI NATALE/ CASELLI ANTONIO/ COSSI PONZIANO/ DI-GIACOMO
PRIMO/ DI-MARCO MATTEO/ FELICIONI ANGELO/ GALLI BERNARDO/
MICHETTI CRUCIANO/ MURASECCHI FRANCESCO/ PECCIOLI NICOLA/
ROTOLONI CELESTE/ SANTINI DOMENICO/ SORDINI BERNARDO/ SORDINI
DOMENICO/ SORDINI VENANZO/ TOMASSONI EUTIZIO/ QUONDAM -
GIROLAMI ANTONIO
31
Lapide dei Caduti della prima Guerra Mondiale
32
Domenico Santini disperso a Gorizia e ricordato nella lapide
33
Due abitanti di Eggi con D’Annunzio
in Albania
34
Il periodo fascista, nelle scuole si esprimeva anche così. Riconoscibili con la
maestra Orlanda, Alda D'Agata, Isene Luparini, …. Franca Mancini, Leo
D'Agata, Benito Bocchini, …. Lina Campana, Elia Mancini, … Ernesto
Felicioni, due fratelli Fagotti…. assiste, estranea, Wanda Mattioli
Sisino, il fratello più piccolo dei Crivellini, in piedi nella foto sotto,
scelse di arruolarsi come richiesto dal regime, ma Giovanni, di idee
opposte, restò nella sua casa di Eggi, anche perché aveva la moglie
incinta. I fascisti si presentarono presso la sua abitazione e iniziarono a
picchiarlo forse pretendendo abiura o rivelazioni.
Il padre, Ponziano, chiese di essere picchiato in sua vece.
35
I fratelli Crivellini messi l’uno contro l’altro dal regime
Ponziano Crivellini
36
Ma il regime, seppur involontariamente, faceva anche emergere le
persone moralmente irreprensibili, esempi di valore, di coraggio e di
coerenza. Annoveriamo fra queste Bernardino Cintio.
Questi, socialista, seguiva le sorti del mondo attraverso l’Avanti che
giornalmente gli consegnava il portalettere. Egli, consapevolmente
malato di patologia incurabile, e quindi prevalentemente chiuso in casa,
cercava di difendersi dai fascisti che, spesso infastidivano anche presso le
abitazioni.
Bernardino Cintio.
Bernardino Cintio aveva legato una corda ad una trave della camera in
modo tale da poter prendere slancio, alla Tarzan, per raggiungere, dal
letto, la finestra e fuggire allorquando la moglie lo avesse avvertito del
sopraggiungere del passo cadenzato e prepotente di una scorreria.
Egli così, finiva per adagiarsi sulla comoda ed opportuna concimaia posta
sotto la finestra e prendeva il largo verso il bosco.
Si vedrà poi palesemente che la sua coerenza ai propri ideali, aveva
forgiato gli abitanti che lo conoscevano, determinandone, almeno per
quella generazione, il comportamento e la cultura. E anche una
disponibilità democratica che ancora oggi resiste seppure discontinua e a
bassa intensità, ma comunque ancora vitale.
37
Nei vari “1° maggio” resi silenziosi dal regime, all’ombra di un grande
albero o sotto una capanna, a seconda del clima, Bernardino lamentava
con la moglie di non poter tornare a rivivere “quelle feste di una volta”, e
che, almeno lei, avrebbe potuto goderle perché, molto presto, “tutto
questo” sarebbe finito.
Finì infatti e, per le vittime, nessuna lapide tant’è che oggi sono
totalmente ignorate. Forse anche per l’esiguo numero di esse(soltanto3).
Restano però alcune memorie di tristi vendette. Simili a quelle che Pansa
chiamerà “Il sangue dei vinti”. Quindi, a guerra finita… non era ancora
finita.
Vincenzo D’Agata
Intanto Eggi, nel 1944, assiste ad un funerale di lusso con tanto di fasce,
alte-uniformi, sciabole lucenti sguainate e bande: quello dell’ex
Maggiore Giulio Fratellini17 che, in pensione, si era ritirato con la donna
di servizio, Zelinda, presso la Villa Sordini poi abitata dai Memmi. Non
17
Trattasi di un discendente di un ramo della famiglia patrizia Fratellini, originaria di Sellano e
spostatasi a Spoleto nel XVIII sec. .Dalla stessa famiglia proveniva Salvatore Fratellini, Sindaco
di Spoleto e parlamentare.
38
era il figlio di Salvatore Fratellini, Sindaco di Spoleto e poi parlamentare,
in quanto quest’ultimo aveva avuto solo una figlia (Maria poi sposata
Cittadini). Comunque fra i libri di Giulio Fratellini furono rinvenuti libri
contabili del Comune di Spoleto.
Il Maggiore
Giulio Fratellini con
Zelinda.
C’è da ricordare
che, per la verità,
Eggi si era salvato
dalle bombe se si
esclude
quella caduta in
mezzo al bosco
vicino al casale
rustico di Venceslao
Mancini e
che lasciò una
ferita bianca per
almeno i 20
anni a seguire. Ora
resta una profonda
buca rivestita di
verdi cespugli.
Comunque, il cielo di Eggi era diventato punto di partenza per gli aerei
che volevano bombardare Spoleto e Terni. Si radunavano roteando sopra
la casa dei Clivi e da qui lanciavano la “picchiata”. Dal fumo e dal
rimbombo che scuoteva il paese, si poteva capire quale fosse il
malcapitato territorio.
39
Resta inoltre una testimonianza del tutto particolare e toccante in base
alla quale nel luglio 1945, alle pendici del monte Isola, Fernando Sbicca,
Guido Ammetto, Silvio Burelli ed Efisio Putzolu, stanno disboscando un
terreno per piantarvi un uliveto per conto del prof. Fabiano Benedetti
Valentini, che curava con passione la proprietà agricola della moglie
Anna Profili.
Lì, due bambini stanno giocano. Uno è Federico (figlio di sei anni del
capostazione di Spoleto) ospite della famiglia dei Luparini (mezzadri del
Prof. Benedetti Valentini) e l’altro è il garzone di detti mezzadri.
Improvvisamente uno scoppio. I bambini vengono dilaniati per aver
trovato e toccato un residuato bellico.
Qualche giorno più tardi il Prof. Valentini farà piantare sul luogo due
cipressi, uno dei quali è ancora visibile18.
18
TOMASSONI N. P., 2015
40
Cipresso della memoria
41
1.5. EGGI: IL DOPOGUERRA
Il più importante per il paese risultava essere il lavoro che gli abitanti
svolgevano nel cotonificio. Quest’ultimo aveva avuto un primo
fallimento nel 1930, ma con diverse gestioni, opererà in crescendo fino
alle soglie degli anni ’60 per poi attraversare nuove crisi fino alla
definitiva chiusura del 1975. Le donne di Eggi attive in questa
manifattura sono in numero di ben 52 e gli uomini in numero di 6. Tutti
raggiungono il luogo di lavoro (diviso in tre turni) inizialmente
“rigorosamente” a piedi, poi in bicicletta ed infine con un pullman tutto
per loro.
42
.
43
Un’altra attività importante per gli abitanti di Eggi è quella avviata a
Spoleto da Filippo Di Filippo (prima sindaco della città, poi
parlamentare) il quale apre una fabbrica di marmellate e di bevande (le
prime gazzose e aranciate).
Notevole sarà il successo della bevanda SPUMASOLE al punto da dare il
nome ad una squadra di calcio.
Si ricorda ancora Augusto Mariani, detto appunto “Spuma sole”, che
trasportava questa bibita con un
furgone con apposita scritta nelle
fiancate.
44
La squadra di calcio SPUMASOLE
45
La battitura del grano presso Enrico Monteverde. Riconoscibili: Francesco
Rosati (con il cappello), Roberto Bartoli (in camicia bianca), il proprietario
della trebbiatrice …………………………………. I fratelli Luparini dietro a
Pietro Moretti, Giuseppe Galli, Chiara Monteverde che mesce il vino, Giacomo
Martignani, Enrico Monteverde. ……………….
46
Altra famiglia contadina
47
Raticchia o naticchia o seccajola ove, al sole d’estate, si facevano seccare
pomodori, fette di mele e di pere, prugne, funghi, fette d’agrumi e similari, per
il successivo consumo invernale
48
L’immediato dopo guerra e gli aiuti americani
in AMLIRE
49
Eggi - Chiesa e piazza nel 1948
51
Eggi, ingresso (1956)
52
Eggi 1956, una delle prime cartoline illustrate
Alla fine degli anni ’50 venne una famiglia di saltimbanchi (marito detto
Bistecca, moglie e bambina) che si accampò nell’ampio spazio dietro la
Chiesa della Madonna delle Grazie. Gli spettacoli erano nuovi per tutti e
perciò risultarono estremamente graditi al punto da indurre la famiglia a
53
fermarsi per lungo tempo. Alla partenza la commozione fu generale: Eggi
aveva avuto un assaggio del Circo Equestre. Passò il tempo, e un giorno
Bistecca tornò, ma ripartì l’indomani, perché nottetempo gli fu rubato il
tavolame. EGGI AVEVA INIZIATO A CAMBIARE.
54
La località di Matrignano è attraversata da uno dei tanti sentieri che nei
primi dell’ottocento conducevano, passando per Eggi, alla Valle del
Nera. Il sentiero, infatti si immetteva nella strada, allora sterrata, che
portava nel nursino. La località risulta attestata nei registri ufficiali già
nel 1195, ma la splendida villa che oggi ancora si ammira, fu costruita
55
tempo, tale passaggio non ci sarebbe mai stato. Ne fanno fede anche le
successive discendenze. Peraltro l’abitazione dell’ing. Basler è ancora
visibile presso Caprareccia.
All’interno della villa è presente una cappellina privata con affreschi
raffiguranti scene di carattere religioso. Poco fuori dell’abitato troviamo
un’antica chiesetta romanica dedicata a Santo Stefano ad unica nave e
con campaniletto a ventola.
Nei pressi ed a servizio dei maiali dei proprietari una pozza d’acqua detta
“i crocetti”.
I Pucci della Genga si servivano dei fattori Nando Bartoccioni, prima, e
Mario Burini poi. Il guardiano era Mariano Bernardini.
Venendo all’ultimo secolo, il marchese Federico, sposato con una
Bachettoni, ha avuto due figli, Alfonso, che ereditò la villa, e Olimpia
che ebbe assegnate altre proprietà, fra le quali quelle di Poreta.
Attualmente la villa è abitata dalla moglie di Alfonso e dal figlio di
questi, il conte Lorenzo Pucci Boncambi marchese della Genga de Domo
Alberini.
57
Molino oleario dei Clivi
58
Pietro, Chiara e Jolanda dietro i loro genitori Enrico Monteverde e Lena
Dei Clivi era anche il casale rustico gestito della famiglia di Enrico
Monteverde, aiutato soprattutto dal figlio maschio Pietro. Quando la
famiglia Monteverde abbandonerà l’attività, a seguito di fatti e atti
successori, il casale passerà al ramo femminile dei Clivi e quindi ai
Mastrolia Zizzari che finiranno per svolgere in proprio l’attività agricola
e l’allevamento dei bovini, affiancandogli un Agriturismo.
59
Il casolare rustico ove lavoravano altri Monteverde (Nazzareno) e che è
situato lungo la “strada corta”, ora è abbandonato forse per scelta o per
disaccordi dei proprietari. (foto a pag….)
60
Influente risulterà anche l’opera dei parroci della parrocchia. Si
avvicenderanno don Biocca, don Antonio, don Alfredo, don Giuseppe,
don Gaetano e don Giampiero. Il primo asilo sarà istituito da don
Antonio presso il fabbricato n.1, sito nella Piazza principale. Lì verrà
avviata anche una scuola di insegnamento di taglio e cucito e soprattutto
di maglieria e ricamo.
Al recupero degli affreschi della Chiesa di San Michele Arcangelo,
avvenuto negli anni ‘950, e anche più recentemente, saranno impegnati
don Alfredo prima e don Giampiero poi; alla risistemazione dell’annessa
casa parrocchiale provvederanno Don Giuseppe e don Gaetano. In tali
circostanze, il “Camerone”, ove si erano svolti i “teatrini” amatoriali, sarà
rimaneggiato per ottenerne un luogo conviviale. Sarà eliminata anche la
scricchiolante “piccionaia” di legno.
L’asilo sarà poi trasferito nello slargo, dietro il negozio dei Cappelletti,
nella abitazione nobiliare che prima era stata dei Rutili (quelli di
“Ciccia”) e poi del dott. Mioni con la donna di servizio Laurina.
Loggetta
61
Nell’elegante loggetta di questa abitazione nobiliare è affrescato uno
stemma, probabilmente della famiglia Ancajani.
I Mioni, originari di Foligno, lasceranno tutto alla parrocchia con atto di
donazione condizionato ad uso assistenziale dell’infanzia.
Stemma
63
resteranno nel settore dell’edilizia decidendo di diplomarsi geometri,
(Bruno Gioia il figlio del cantoniere ferroviario, Rolando Ricci, Pietro
D’Agata e Andrea Sbardella, Guido per gli amici).
Si farà largo anche l’artigianato delle scarpe. I calzolai saranno
quattordici e serviranno tutto il territorio fino alle Marche: le strade sono
sassose ovunque e solo “quelli di Eggi sono capaci di fare le scarpe a
mano” robuste ed indistruttibili. Inoltre molti calzolai e soprattutto la
famiglia Piantoni e quelle dei Cerioli, saranno disponibili ad anticipare il
lavoro, accettando il successivo pagamento reso possibile dal ricavato dei
prodotti dei primi raccolti delle olive, del grano e degli altri cereali.
64
Le fonti di Capaeggi
65
Ingresso della ex Villa Sordini e fenditura praticata nelle mura del Castello.
66
Vecchio portone
Nuovo portone
Poi arriverà anche la segnaletica delle vie: forse superflua perché in paese
si conoscono tutti e si chiamano per soprannome19. Una prima via sarà
dedicata a Giovanni Crivellini. Un’altra ad Orlando del Frate, prima
19
TOMASSONI N. P., Le patate sotto il cuscino 2018 - Ed. 101 pag. 157 e succ.
67
vittima del progresso motoristico (incidente mortale con la propria
lambretta).
68
Nella foto un Santini aveva aperto un
ristorante al centro di Bruxelles.
Il dialetto, che fino ad allora era stato unico e distinto, finirà per
scomparire nella mescolanza con altri idiomi. Ma resteranno alcune
figure tipiche che lasceranno agli ignari posteri il dialetto originario e
scherzi, facezie e modi di dire: Maccarone, Maravija, U Bbobbu, Puntò,
Gujermone, Costantino, Luiciacciu, Otello, Lucrezia, Cacillu, Renato,
Zampugnu, Cannone, Chavarino.
69
Giuseppe Silvestrini (Cannone) Giuseppe Galli (Zampugnu)
Resta inalterata la strada delle Pinnura protetta da quel che rimane dei
muretti che la fiancheggiavano. I muretti stanno a testimoniare
l’importanza della strada e quindi ad avvalorare ciò che si è detto con
70
riferimento ai primi insediamenti del paese. Peraltro tali manufatti
poggiano su basi consistenti che svolgono la funzione di argine ai
terrapieni atti ad attenuare le asperità dell’ascesa.
71
Strada delle Pinnura
Viene migliorato l’antico Fontanile, abbeveratoio per gli animali e vasche
per lavatoi.
72
Fontanile per abbeveratoio e vasche per lavatoi, restaurato, poi
modernizzato
73
Croce già al centro della piazza principale
20
Trattasi di un maiale non molto grande pelato nella cotenna e arrostito al forno dopo essere stato
e aperto e farcito delle sue interiora e del rosmarino. Molto diverso da quello pur rinomato di
Costano che viene farcito con finocchio selvatico.
75
Nuova ringhiera nella piazza
76
Porta superiore del castello con lastricato
77
Porta superiore del castello con lastricato
78
Zona
Montecavallo-
Scorcio con lastre di
laterizi in luogo
dei veri e propri
scogli
Le pretenziose
arcate del Borgo
rimarranno in
buono stato anche
se, avendo
terminato le loro
funzioni di fienile e
di granaio,
resteranno senza
manutenzione.
V’è da ricordare
comunque che,
proprio per la
loro funzione la
parte superiore non si presentava ad arco. Questo fu ottenuto in una notte
di lavori murari eseguiti di soppiatto da chi doveva far passare una
trebbiatrice. Ciò è agevole constatare dalla diversa posizione delle
finestrelle.
Così non sarà per il muretto del ponticello davanti alla Chiesa della
Madonna della Grazie, che verrà sostituito, anch’esso, da una palizzata in
metallo. Inoltre l’ubertoso campo dei Morelli coltivato dai Santini, che
fronteggiava il muro di cinta della Villa De' Pazzi, diventerà un periferico
e popolare nucleo abitativo le cui stradine non terranno conto che in un
immediato futuro le automobili sarebbero state di maggiori dimensioni.
Tale nucleo finirà per estendersi fino alla Chiesa di San Giovanni ed
anche a ridosso del Borgo. Anche il Fontanone, dalle saponate e
profumate acque reflue delle Fonti, sarà ricoperto.
79
Scrive l’arch. Giuliano Macchia, che in una delle sue tante versioni, il
Piano regolatore di Spoleto, prevedeva per Eggi, anche una sala
cinematografica.
80
Strada con archi e finestrelle
81
Ovunque, le stalle dei maiali diventeranno autorimesse o piccoli
appartamentini.
82
che nel ristrutturarlo e nell’abbellirlo, scoprirà un’antica destinazione a
molino mosso dall’acqua dal torrentello che lo fiancheggia.
Ex casale dei Morelli, poi dei Profili, già gestito dalla famiglia Finocchi
Sarà elegantemente restaurata la villa dei Profili, ove erano gli Sbicca. In
questa è presente una deliziosa cappellina privata. All’interno di essa due
rudimentali e grandi crocifissi lignei bisognosi, anch’essi, di restauro.
Sarà opportunamente eliminata la “concimaia” che segnò la morte di un
dipendente. Resterà la bellissima aia sopraelevata dalle quale cadde
rovinosamente Benito Sbicca.
Attualmente la villa è residenza estiva degli stessi Profili.
83
Villa rustica dei Profili già gestita dalla famiglia Sbicca
Facciata della Villa dei Profili a cui si accedeva dopo aver attraversato un
cortile ed un androne. A sinistra l’ingresso della cappellina.
84
La numerosa famiglia degli Sbicca, con i figli anche in licenza militare prima
del secondo conflitto mondiale. In alto: Livio (detto Betto), Romano, Fernando,
Gabriele, Elio. Sotto: la moglie di Livio con il piccolo Nando in braccio, Ester
e Giulio i capifamiglia, con Benito ed Augusto.
85
La casa rustica ove erano i Salvucci, anch’essa dei Profili, sarà
acquistata, e quindi ampliata e nobilitata, dalla famiglia Monini che,
coerentemente, la circonderà di giovani ulivi.
Ex Casale dei Profili, già gestito dalla famiglia Salvucci, ampliato e nobilitato
dalla famiglia Monini,
86
Collemarozzo - Come era l ’abitazione dei Jacarella
87
Casale rustico della famiglia di Nazzareno Monteverde. Ora disabitato e in
abbandono. Si noti l’ampia torre colombaia
88
Casale dei Luparini, mezzadri dei Benedetti Valentini. Ora disabitato.
Nella zona della Fraschetta, antica viabilità per Bazzano, ove, come già
detto, sono stati individuati resti di tombe di epoca romana, restano
ancora visibili agglomerati di massi e le grotte che furono utilizzate come
rifugi durante i bombardamenti dell’ultimo conflitto bellico.
89
.
La grotta, detta dell’Ignali
Quando la grotta era affollata, si ricorreva agli incavi degli ulivi ragghj
(raia).
90
Ulivo
91
Casetta dellu Rusciu
21
TOMASSONI N. P., 2015
92
Un tale capitato in paese, proveniente dal foggiano, proverà, senza
successo, ad avviare una pratica per costituire una cooperativa edilizia,
con i contributi pubblici.
Presso la Villa de’ Pazzi Morelli sorgeranno le colonie estive seguendo di
poco l’esempio di quelle di Monteluco e di quelle marine.
Eggi, dopo l’andirivieni, da san Giacomo, del dott. Ruggiero, per alcuni
anni, potrà avere la sede del proprio “medico della mutua” (dott. Luigi
De Santis).
In tale periodo da Eggi usciranno i primi laureati e il paese darà al
Comune ed all’Ospedale di Spoleto numerosi primi dirigenti
amministrativi e sanitari. Non mancherà un dirigente regionale, nel
settore del turismo, e un giudice tributario. Nell’Ente Comunale si
succederanno tre consiglieri e due
assessori. Così come un consigliere
presso la Regione dell’Umbria, presso
l’Amministrazione ospedaliera e
nell’Azienda dei trasporti. Prenderanno le
mosse e il via anche un parroco, due
musicisti e direttori d’orchestra fino,
addirittura, a un candidato all’Oscar per i
costumi (Sabatini). Fagotti Renzo, oltre
ad essere uno dei predetti consiglieri e
assessore comunali, rivestirà la carica di
Presidente della Comunità
Montana dei Monti Martani, Serano e
Renzo Fagotti Subasio. Nessuno di questi dimenticherà
di essere del paese di
“quelli che
22
pistano i piedi”
22
Gli abitanti hanno fama di pestare (calpestare) i piedi altrui. Secondo alcuni il detto deriverebbe
dal fatto che non si facevano sopraffare. Secondo altri perché non sapevano ballare.
93
Da Eggi, figlio di Flora, cuoca del
paese, uscirà anche un maestro
di alta cucina che eserciterà
prevalentemente a Bologna, ma che sarà
conosciuto, apprezzato e ricercato in
tutt’Italia.
Nel secolo attuale sarà insignito di uno
dei più prestigiosi premi del suo settore.
Pietro
Montanari
25
Derivato da battere. Tavoletta di legno con maniglie mobili di ferro che, per il rumore che
produce, era usata nelle funzioni religiose della settimana santa quando venivano “legate” le
campane; anche bàttola, crepitacolo, battistrangola.
95
I bambini attendevano Babbo Natale (non ancora americanizzato) solo
perché a mezzanotte si andava a messa per rinnovare l'emozione della
nascita di Gesù. Ma attendevano, invece, con trepidazione, il giorno
dell'Epifania quando arrivavano i Re Magi con le loro offerte, oro,
incenso e mirra, per Gesù; e arrivava anche la Befana che portava loro
qualche regalo. Arance, mandarini e fichi secchi. I giochi e i giocattoli
dovevano inventarseli e farseli da soli.
96
La caccia: riconoscibili Paolo Corteggi, il dott. Francesco Clivi (detto U
Signurinu) e Ildebrando Ricci.
97
Adepti e continuatori dell’arte di Diana
La crescionda26, nelle sua varie forme, resterà la regina dei dolci. Anche
le tradizioni culinarie meriterebbero una trattazione a parte.
Gli abitanti si rivelavano delle menti fertili, ma povere di immaginazione
e perciò trasformavano concetti banali in “ideali”. Facevano crescere
nemici per potere giustificare la loro vita semplice. Spesso, quindi, si
facevano fecondare da quello che oggi chiamiamo populismo. E c’era chi
26
Forse da “crescia unta” risalente al Medioevo: la ricetta dell'epoca prevedeva uova, pane
grattato, brodo di gallina, formaggio pecorino, raschiatura della buccia di un limone, zucchero,
cioccolato fondente grattugiato o cacao amaro.
Oggi la ricetta si è trasformata secondo diverse varianti. La più in uso è la Crescionda a tre strati
con una base di amaretti e farina, uno strato centrale chiaro, come un budino alla vaniglia, formato
dal latte e dalle uova ed uno superficiale marrone scuro formato quasi esclusivamente dalla
cioccolata.
98
era disposto ad ascoltare per giustificare quelle che consideravano misere
esistenze.
Per un lungo periodo tempo i giovani porteranno i capelli all’umberta e la
“mascagna” e i pantaloni alla zuava. Le donne potevano portare i
pantaloni solo per mascherarsi durante il Carnevale. Origlio sarà il primo
beat … quando ancora questi non esistevano.
99
Aldo Sabatini, Domenico Sbardella, innesto di San Giacomo, Simone Uliveti, Franco
Cerro, Guido Cerro, l’amministratore Silvio Burelli con davanti il figlio Enzo, due
innesti di San Giacomo, Tomasso Campana, innesto di un portiere spoletino o Marcello
Silvestrini, Giampiero Cappelletti (?) e il fratello Alfredo
Peraltro una particolare forma di aggregazione si era avuta già nel 1948,
quando, terminata l’onda dei ritorni dalla prigionia, sull’euforia delle
“patriottiche” vittorie di Fausto Coppi al giro del 1947 e di Gino Bartali
al Tour de France 1948, tutto il paese si ritrovò in una corsa amatoriale in
bicicletta Eggi-Fabbreria-Cortaccione- Eggi.
L’evento non poteva che concludersi con la foto di rito sul sagrato della
chiesa.
100
Foto di rito sul sagrato della Chiesa di San Michele Arcangelo e davanti
all’ingresso del castello
101
Uno dei primissimi manifesti della Sagra degli asparagi
102
1985 Uno dei primi manifesti della Sagra degli asparagi
(tratto da un quadro di M. Campus)
Una tavolata alla Sagra degli asparagi. Fra gli altri Gisella Sofio,
Fiorenzo Fiorentini, Corrado e Lello Bersani con relative
consorti
104
La fontana, di acqua sorgente, era di fronte al Roccolo e a fianco delle fornaci
e della cava. Sisa e Liliana
105
Carbonaia
106
CAPITOLO 2
LE CHIESE DI EGGI
107
2.1 CHIESA PARROCCHIALE DI SAN MICHELE
ARCANGELO
3.1.1 ESTERNO
110
Campanile
29
FAUSTI L. 1993 Vol. II pag. 102
112
Facciata originaria dell’ingresso della chiesa
113
3.1.2 INTERNO
Interno
Nella controfacciata della navata di sinistra si intravedono tre affreschi
molto danneggiati, probabile opera del Maestro di Eggi: una Santa
Barbara, una Madonna in trono col Bambino del XV secolo, un San
Michele Arcangelo.
Nella parete di sinistra della navata di sinistra, Madonna col Bambino del
XV secolo, una Santa orante, Crocifissione, altra Crocifissione e altra
Santa.
Sull’altare della parete di fondo una tela raffigura la Madonna del
Rosario.
Nella parete di destra, Madonna in trono col Bambino del XV secolo,
due angeli sorreggono una lunga scritta che riporta alcuni benefici
concessi alla chiesa nel 1452, altra Madonna in trono col Bambino del
XV secolo.
114
Nella volta sono altri affreschi, nella vela Eterno tra Santa Maria e San
Gregorio da Spoleto, da attribuirsi a Iacopo Zabolino.
Sempre nella volta San Sebastiano, Madonna della Quercia e San
Giacomo da mettere in relazione con lo stesso pittore. Segue un Eterno
benedicente.
115
del Maestro di Eggi; Madonna in trono col Bambino attribuito allo
stesso, Santa Lucia datato 1522.
Santa Lucia
Nella parete sinistra della navata centrale: San Bernardino da Siena del
XV secolo, opera del Maestro di Eggi. Il grande predicatore francescano
è raffigurato ormai anziano, con le guance infossate e privo di denti.
116
San Bernardino da Siena
Segue un San Michele Arcangelo datato 1448: è l’opera più nota del
Maestro di Eggi, l’anonimo pittore del XV secolo, identificato dallo Zeri
proprio negli affreschi di questa chiesa. Questa immagine rende al meglio
i caratteri della sua arte, nell’orbita del gotico internazionale,
caratterizzata da volti ovali, con piccole bocche e occhi intensi, mani
affusolate, capelli leggermente mossi in ciocche simmetriche.
117
San Michele Arcangelo
118
Madonna della Quercia
120
Nel registro più alto Madonna col Bambino, Madonna della Quercia e
San Sebastiano datato 1483, Madonna della Quercia e Madonna di
Loreto del 1481, Santo non identificato.
Sopra il primo arco Madonna in trono col Bambino del XV secolo,
Madonna in trono col Bambino datato 1439 (forse la data è stata ritoccata
e non corrisponde più all’originale in quanto l’opera appare collocabile al
XVI secolo), Madonna col Bambino, datato 1455.
121
Chiude la parete un affresco raffigurante un santo non riconoscibile.
123
Santa Caterina d’Alessandria
124
Eterno
Nel sottarco della seconda campata due affreschi molto interessanti del
XV secolo con l’Eterno e Madonna in trono col Bambino; dall’altra parte
figura non identificabile, di cui si legge solo la data e Madonna col
Bambino. Chiude la parete di destra un altro affresco con Madonna col
Bambino.
Nella navata di destra sulla parete sinistra, tra il primo e il secondo arco,
si nota un affresco, molto danneggiato, raffigurante una Madonna col
Bambino. Sopra l’altare di fondo si ammira un affresco con tre figure:
Santa Lucia, Madonna in Trono con Bambino, San Sebastiano.
Apre la parete di destra un altare; si nota un bel fonte battesimale
cinquecentesco, a forma di uovo (simbolo della vita) baccellato nella
metà inferiore ed embricato in quella superiore, e un altare. Chiudono la
parete destra resti di affreschi molto danneggiati e di difficile lettura.
Sulla controfacciata della navata destra si scorgono resti di affreschi,
anch’essi di difficile interpretazione, su uno di essi si legge la data 1516.
L’organo è posto sulla destra dell'altare maggiore, collocato a
pianterreno, costituito da un unico corpo sonoro contenuto in cassa lignea
indipendente.
125
Costruito da Zeno Fedeli intorno all'inizio del XX secolo per l'Istituto
Serafico di Assisi, trasferito dapprima a Borgo Cerreto e, infine, in questa
chiesa nel 1989.
3.2 ORATORIO DEL SACRAMENTO
127
3.2.2 ESTERNO
128
3.2.3 INTERNO
Interno
129
“L’intero ciclo di affreschi denota una ricercatezza di effetti cromatici e
prospettici tale che fa sembrare riduttiva l’attribuzione a discepoli degli
Angelucci da Mevale; l’opera comunque appare chiaramente influenzata
dalle opere michelangiolesche”30.
Vecchio Ospedale
30
NESSI-CECCARONI, 1979, pag. 18
130
3.3 CHIESA DI SAN GIOVANNI BATTISTA
3.3.2 ESTERNO
31
FAUSTI L 1913 p. 50
131
Campanile a vela a doppio fornice
132
Interno
133
Cristo in croce
La parete sinistra della navata presenta rari affreschi del XIV-XV secolo,
purtroppo in non buone condizioni.
134
Affreschi parete sinistra
135
136
Da notare un San Cristoforo
dalle proporzioni gigantesche
del XV secolo, che trasporta il
Bambino Gesù attraversando un
fiume pieno di pesci.
Sopra un confessionale,
parzialmente perduta a causa
dell’apertura della nicchia che
lo alloggia, si nota una
San Cristoforo
Madonna con Bambino di
delicata fattura.
137
Braccio sinistro della crociera
138
Tribuna
139
A destra in basso San Giacomo con sotto la scritta “FRANCISCUS
XAVERIUS” ed in alto la Madonna al momento dell’Annunciazione.
Sotto è stato recentemente collocato un cippo romano rinvenuto murato
nella base dell’altare maggiore, recante la scritta:
140
Battesimo di Gesù
141
stata apposta, a cura degli eredi del Refini, successivamente al
completamento dell’opera. Tali eredi, probabilmente i figli o i nipoti,
hanno apportato anche delle integrazioni al piano decorativo originario,
inserendo nei plinti dell'architettura dipinta sul fronte dell'abside le figure
di San Girolamo, con committente tal Alinoro e San Giacomo, con
committente Francesco Saverio.
Nel braccio destro della crociera, in fondo, si vede un altare sovrastato da
un affresco con l’immagine di Sant’Antonio abate datato 1624. Nella
parete sinistra, un resto di affresco del XV secolo con l’Ascensione.
Sant’Antonio Abate
142
Annunciazione
Annunciazione dettaglio
144
3.4 CHIESA DELLA MADONNA DELLE GRAZIE
La chiesina risale alla fine del XV secolo, nasce come piccolo edificio
votivo, forse a ringraziare per lo scampato pericolo di una pestilenza,
dopo breve tempo l’edificio è ampliato con aggiunta di un nuovo corpo.
145
3.4.2 ESTERNO
146
3.4.3 INTERNO
Interno
Si compone di due parti ben distinte: la più antica, ancora legata a schemi
romanici, è a pianta trapezoidale conclusa da un'abside semicircolare.
147
La parete di sinistra della cappella più antica era completamente
affrescata con ex voto, al registro superiore, partendo dall’arco trionfale
verso l’altare; un santo non riconoscibile, una Santa Lucia molto
frammentaria, San Rocco, una Sant’Elena, Madonna con Bambino,
Sant’Elisabetta d’Ungheria, un San Rocco molto frammentario, datato
1504, una Madonna del Perdono e un San Bernardino, datati 1522.
Chiude il registro superiore un’altra Madonna con Bambino, datata 1524.
Al registro inferiore rimangono visibili solo tre figure: una Santa, forse
Santa Chiara da Montefalco, San Pietro Martire e, molto frammentario,
San Sebastiano.
148
Santa Chiara da Montefalco
149
Nella parete d’altare una decorazione ad affresco incornicia l’abside; da
sinistra, in basso, Santa Maria Maddalena, l’Angelo Annunciante,
l’Eterno benedicente, la Madonna annunciata, una bella Madonna della
Quercia.
150
Affreschi abside
151
Affreschi parete destra
152
A seguire San Rocco, San Sebastiano, datato 1504, San Giobbe, datato
1504, una Madonna con Bambino tra due figure molto danneggiate e di
difficile riconoscimento, forse San Pietro Martire e Sant’Elisabetta
d’Ungheria, un altro San Sebastiano e un altro San Rocco.
154
Sant’Elisabetta d’Ungheria
155
3.5 CHIESA DELLA MADONNA DI
CASTELLOCCHIO
Esterno
Si trova fuori dalle mura del castello, sotto i ruderi di Castellocchio. Era
di juspatronato del monastero di San Ponziano di Spoleto.
Esterno
156
Esterno
INTERNO
157
Affresco
158
Madonna del Latte
160
La notevole somiglianza tra le croci non è certo casuale e potrebbe essere
testimonianza del passaggio dei “Bianchi” in quel di Eggi, altra ipotesi è che
l’ignoto artista quattrocentesco abbia tratto ispirazione dall’opera di Cola di
Pietro da Camerino.
Nel braccio sinistro, ora trafugata, vi era una tela del XVIII secolo
raffigurante in alto la Madonna col Bambino tra due Angeli e sotto San
Carlo Borromeo e San Francesco.
Nel braccio destro, anch’essa rubata, era una tela del XVII secolo
raffigurante in alto la Madonna col Bambino tra San Giovanni Battista e
San Carlo Borromeo. Sull’altare del lato nord (verso Eggi) era una
discreta tela con Sant’Anna, la Madonna col Bambino e altri santi.
161
3.6 CHIESA DI SAN BARTOLOMEO
162
Secondo le antiche passio, San Bartolomeo sarebbe stato martirizzato,
prima con la flagellazione poi scorticato vivo. Per questo è invocato per
le malattie della pelle.
Peraltro, nel XX secolo appena trascorso, quando le offese del tempo non
si erano ancora accompagnate a quelle delle edere, dei rovi e delle
163
ortiche, intorno ai ruderi di Santuwarturu, venivano condotti gli animali
per perorarne la salute.
3.7 CHIESA DI SANTA CATERINA
Antica chiesa, citata dal Pelosius come “S. Catherinae de Egio” 33, poi di
proprietà della chiesa di Santa Maria di Reggiano. Non ne rimane più
traccia in alzato; si trovava presso l’annesso monastero, oggi adibito ad
abitazione privata.
33
FAUSTI L 1913 p. 50
164
3.8 CHIESA DI SAN BEROTO
34
JACOBILLI L., 1656, tomo II, p. 230
165
Chiesa di San Beroto
166
3.9 CHIESA DI SAN LIBERATORE
167
Chiesa di San Liberatore- interno
35
NESSI-CECCARONI, 1979, p. 25
168
Edificio di Posta
Poco più avanti, in direzione della Spina, vi è una casa con torre
colombaia del XIV-XV secolo e nel muro un’edicola in ceramica, di
epoca recente e di manifattura industriale inserita in una più antica
nicchia, inquadrata da una sobria cornice in mattoncini di cotto.
170
Edicola di Fabbreria
173
Documento del 1858 rievocativo dei 1800 anni dalla Fondazione
174
Fine documento del 1858 rievocativo dei 1800 anni dalla Fondazione
Sorge in località Colle Marozzo nell’area ove era un’antica villa romana,
accanto ad un edificio che ne è la continuazione medioevale ed utilizza le
robuste cisterne voltate come fondamenta.
176
Chiesa di San Filippo interno
177
Tobiolo
Sopra l’unico altare, in luogo della perduta o mai compita pala, vi era una
tela seicentesca, ora trafugata, ma rimane la decorazione a fresco che gli
faceva da cornice, con in alto, nella cimasa, la raffigurazione di Tobiolo e
l’Arcangelo.
Già appartenente ai preti dell’oratorio della Casa di San Filippo a
Spoleto, dopo la soppressione delle corporazioni religiose passò alla
Congregazione di Carità, ed ora è di proprietà privata.
178
Chiesa di San Filippo, interno
3.13 CHIESA DI SAN SEBASTIANO
179
Chiesa di San Sebastiano facciata
180
Chiesa di San Sebastiano
Eretta nel secolo XIII in pietre conce è un piccolo edificio coperto con
tetto a capanna, la facciata ha un semplice portale in pietra ad arco
romanico, con un’unica finestrella a dar luce, ed è sormontata da un
campanile a vela a un solo fornice, posizionato centralmente.
181
Chiesa di San Sebastiano abside
183
CAPITOLO 3
ALTRI LUOGHI DI INTERESSE
2
4 1 5
184
3.1 VILLA MORELLI DE’ PAZZI
185
La villa Morelli De’ Pazzi, nel contesto del paese, in una stampa dell’epoca.
Ma, per quanto di interesse della storia del paese di Eggi, è di definitiva
importanza la generale concordanza del fatto che la Villa sia stata
costruita nel 1787 per volere dei conti Morelli De’ Pazzi: ossia, più
attendibilmente, di quella famiglia, appunto, proveniente da un castello
di Montesanto, frazione di Sellano.
Venendo più vicino ai nostri giorni, risulta che l’ultima discendente degli
Orfini di Foligno, Maria Angela (1868-1958), abbia sposato Geri De’
Pazzi. Dal matrimonio nascono Vittoria, Piero (1894-1975) e Marianna.
Il conte Geri Morelli De’ Pazzi è stato tra i fondatori della Banca
Popolare di Spoleto.
Al conte Piero succede Vieri Morelli De’ Pazzi, che viene accudito dalla
nutrice Bettina. Vieri muore in guerra e ad esso viene dedicato l’asilo
infantile di Eggi in quanto figura di rilievo della resistenza ai nazifascisti,
187
Nel secolo scorso, infatti, la Villa è stata la residenza estiva del conte
Piero De’ Pazzi, di sua moglie Maria e del nipote adottivo Gianni36.
Vale comunque il fatto che siamo in presenza di una delle più belle
residenze patrizie umbre del tardo Settecento.
36
Pare che una donna si fosse presentata alla Villa dichiarando, al Conte Piero, di essere incinta
del figlio. A fronte di ciò si sarebbe deciso che il bambino venisse adottato proprio dal conte
Piero.
188
Villa Morelli de’ Pazzi
189
3.2 VILLA ZACCHEI TRAVAGLINI
190
Spoleto, e altre ville a Collerisana e Geppa. Ora, come già ricordato in
precedenza, la Villa è di proprietà dei Benedetti Valentini.
Infatti, nella prima metà del secolo XX, tutto il predio con l’edificio fu
acquistato dall’avv. Tullio Profili, che tuttavia concesse all’ultimo dei
Travaglini di abitarvi per il resto della vita. Deceduto infatti costui, la
proprietà fu assegnata ad Anna, giovane moglie del prof. Fabiano
Benedetti Valentini, dalla quale è poi venuta ereditariamente al figlio
avv. Domenico. L’edificio, di bella linea tardo-settecentesca, è
attualmente occupato largamente da cantine e rimesse ed è solo in parte
abitabile. Una gustosa leggenda popolare sostiene che lo spirito del conte
Travaglini vi si aggiri nel cuore della notte, sebbene in maniera del tutto
placida e innocua!
Invece, a proposito di spirito, i paesani ricordano la villa perché, ad ogni
autunno, nella sua cantina, veniva venduto il vino. Emilia, la moglie di
Danilo doveva smaltire quello dell’annata precedente prima di dare la
“stura” al nuovo.
Si ricordano in particolare i lunedì delle “alicette alla calzolara”: i
numerosi calzolai di Eggi e dintorni, che appunto non lavoravano di
lunedì, si rifornivano di acciughe salate e di pane fresco e, una volta
raggiunta la cantina, battevano le alici sulle scarpe per togliere un po’ di
sale e iniziavano a mangiare e…. bere.
191
Villa Zacchei Travaglini
Nel 1986 durante gli sterri per una condotta idrica furono rinvenuti
casualmente blocchi di pietra sagomati. I conseguenti scavi archeologici,
condotti negli anni successivi dalla Soprintendenza per i Beni
Archeologici dell’Umbria, hanno portato alla luce una monumentale
sepoltura, classico esempio di una tomba di famiglia fatta costruire dai
proprietari di un ricco podere agricolo, al centro del quale doveva trovarsi
anche la villa rustica. Consiste in un recinto funerario quadrato di quasi
quaranta metri di lato, costituito da un muro in opera cementizia con
parametro in opera reticolata sormontato da grandi blocchi di pietra
lavorati a bauletto per un’altezza complessiva di metri 1,90.
193
Ing
resso del Complesso funerario di San Beroide
Fontana
194
Cervo
Cervo
195
Sarcofaghi
196
Ara funeraria
197
All’altezza dei casali di San Beroide inoltre è stato individuato un lungo
tratto di un muro di recinzione, da ricondurre alla villa a cui doveva
riferirsi l’imponente recinto funerario, e due tombe a inumazione risalenti
al VII secolo a.C.. Nelle vicinanze, durante i lavori di scavo per la
realizzazione della Strada delle Tre Valli, sono stati effettuati copiosi
rinvenimenti. Presso lo stabilimento Coricelli è stato individuato un
notevole mausoleo riferibile ad età augustea, portato in luce solo in parte.
È a pianta centrale con il nucleo rivestito di grandi blocchi in calcare: il
basamento quadrato, con lato di circa 10 metri prosegue nel filare di
alzato con angoli arretrati e arrotondati. Adiacenti all’edificio sono state
riconosciute due aree di ustrino, una delle quali di grandi dimensioni e
con molti resti del catafalco sul quale era stato arso il cadavere. Il
mausoleo sorgeva lungo una strada secondaria e intorno al monumento si
sviluppò nella prima età imperiale una necropoli con una ventina di
deposizioni, comprendenti inumati in tombe a fossa o con semplice
protezione di laterizi; due deposizioni infantili in anfora e resti di una
tomba a camera con ara antistante l’ingresso. In una delle inumazioni si è
osservata la deposizione di una zampa di maiale e di un’ala di volatile,
non riconducibili a pasti funebri ma piuttosto di significato rituale e non
altrimenti attestata, almeno in ambito locale. Nel tratto prossimo
all’antica via della Spina sono stati rinvenuti i battuti in ghiaia di altre
due strade, una di notevole larghezza, sottostante l’attuale strada storica,
con una preparazione particolarmente accurata e pienamente rispondente
alle norme tecniche tramandate dalle fonti antiche; l’altra, di interesse
locale, di dimensioni più ridotte. In prossimità del punto di
attraversamento della linea ferroviaria è inoltre venuta in luce una
seconda area di necropoli con tombe che coprono un arco cronologico
indicativamente compreso tra il IV e il VII sec. d.C. Oltre alle inumazioni
con protezione di tegole sono attestati anche sarcofagi a vasca in
terracotta, del tipo ben noto a Spoleto in età paleocristiana e tombe a
camera con deposizioni plurime. In relazione alle tombe sono stati anche
messi in luce gli scheletri di quattro bovini apparentemente riconducibili
al medesimo ambito cronologico delle tombe.
198
3.4 CISTERNE ROMANE A CASE SAN FILIPPO
199
gestionale, ed all’irrigazione dei terreni di sua pertinenza in tempi di
siccità.
Portale trecentesco
200
Cisterna
201
Orifizio
Cisterna
203
3.6 FERROVIA SPOLETO NORCIA
La prima parte del percorso saliva lungo le pendici della Licina, in larga
parte contornata dalla coltura arborea dell’ulivo, in terreni sottratti alla
vegetazione originaria di sempreverdi spontanei, leccio e pino d’Aleppo.
Superato il casello di Cortaccione, dopo una breve galleria non rivestita,
giungeva al ponte in pietra sull’omonimo torrente, ardita opera che si
inseriva perfettamente nel paesaggio.
204
Il Trenino al Viadotto di Caprareccia
Cava di Eggi
205
Cava di Eggi
Agli abitanti più in là con gli anni, sembra ancora di sentire un fischio,
ma guardano e non vedono nulla. Se non una impercettibile interruzione,
a mo’ di taglio, del bosco. Potrebbe essere qualche giovane che ripercorre
a piedi il tracciato dei loro ricordi ed emette un effettivo fischio di
ammirazione per Eggi, visto dall’alto, e senza aver potuto ancora
leggerne STORIA, ARTE E MEMORIA.
206
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209
Dato alle stampe
nel mese di
da
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