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Percezione

e Gestalt
La percezione è un processo di appropriazione
della realtà oggettiva da parte della coscienza.

Il nostro rapporto con la realtà è interamente mediato dagli organi di sen-


so, i quali, però si limitano a trasmettere al cervello gli stimoli che hanno
colto; è il cervello il vero responsabile di quella che chiamiamo “percezio-
ne della realtà”.
In un certo senso quindi, la realtà è determinata dalle nostre strutture ce-
rebrali e dall’elaborazione che queste fanno delle informazioni sensoriali
per trasformarle in forme, suoni, odori, ecc.
D’altra parte, queste stesse strutture assumono la loro conformazione
definitiva in un lungo e progressivo processo di maturazione guidato e
direzionato dagli stimoli del mondo esterno.

La vista è anche il senso a cui più volentieri affidiamo la prova di realtà –


diciamo “l’ho visto con i miei occhi”- e talvolta sembra addirittura capace
di uscire dal nostro corpo per interagire con il mondo – diciamo “lancio
uno sguardo”-.
La complessità della percezione visiva sta nel suo essere più un’”inter-
pretazione” che non una lettura del mondo circostante; basti pensare
che quando gli oggetti, che sono tridimensionali, vengono trasforma-
ti in immagini bidimensionali dalla retina dei nostri occhi, buona parte
dell’informazione sulla loro forma va perduta ed è necessario ricostruirla
a partire da ipotesi basate sulle esperienze
precedenti.
Quest’ambiguità, intrinseca a qualsiasi im-
magine, è dimostrata molto bene dall’esi-
stenza delle illusioni ottiche che ci pon-
gono di fronte ad esperienze paradossali e
apparentemente inspiegabili.
Gli esperimenti degli psicologi della perce-
zione si sono concentrati su questi para-
dossi percettivi che ci mostrano come gli
inganni ottici dipendano proprio dalla for-
mulazione di ipotesi sbagliate davanti a dati
sensoriali insufficienti, equivoci o inusuali.
Molto prima che la psicologia della per-
cezione si organizzasse come disciplina
scientifica, gli artisti avevano individuato le
trappole in cui si può far cadere l’occhio;
ad esempio, la grande arte del barocco è
la prova di come inganni e meraviglia pos-
sano moltiplicare illusoriamente lo spazio,
simulando impianti architettonici comples-
si che provocano nello spettatore l’illusione
di uno spazio infinito nella consapevolezza
che “l’arte della prospettiva con ammirabil
diletto inganna il più accorto dei nostri sensi
esteriori che è l’occhio…” (Andrea Pozzo,
architetto e pittore del Seicento) e che “l’in-
gegno e il disegno sono l’arte magica attraverso cui si arriva a ingannare
la vista in modo da stupire” (Gian Lorenzo Bernini).
(Andrea Pozzo, S.Ignazio, 1691-94)
Il processo della percezione visiva può essere scisso analiticamente in
tre fasi distinte:
sensazione, selezione e percezione.

La sensazione è il vissuto di un semplice contenuto della coscienza:


oggetto della sensazione è un complesso di “sensa”, cioè di dati sensi-
bili, che si trovano in un determinato campo percettivo.

Alla sensazione segue la selezione, un processo per cui una parte del
campo visivo viene scelta, selezionata dalla totalità.
Ciò ha un fondamento fisiologico: l’occhio registra le immagini con più
chiarezza nel punto centrale della retina (fovea centralis) e pertanto la
visione su cui essenzialmente ci basiamo è quella risultante dalla messa
a fuoco centrale, mentre la visione laterale e periferica viene rimessa in
quanto inarticolata, vaga e confusa, parziale, che non consente di perce-
pire l’oggetto nella sua interezza e nella sua forma. Per mettere a fuoco
le parti selezionate gli occhi devono muoversi.
La selezione ha pure un fondamento psicologico, perché in qualsiasi si-
tuazione c’è in genere nel campo visivo qualcosa ce ci interessa di più: i
movimenti oculari sono spostamenti dell’attenzione.

Nella selezione possono agire anche “pregiudizi percettivi”: non vediamo


un oggetto che pure è avanti ai nostri occhi se pure pensiamo che non
possa o non debba trovarsi lì.
Inoltre, possiamo non essere in grado di vedere ciò a cui prestiamo at-
tenzione: bisogna che si verifichino certi requisiti di “organizzazione”; il
mimetismo di certi animali è un esempio di come gli oggetti possano es-
sere fisicamente presenti pur non essendo visibili.

La percezione ci ha insegnato a conoscere le cose come interi. L’in-


terpretazione dei “sensa” in termini di oggetti fisici si fa rapida soltan-
to quando la mente è in grado di portarsi dietro l’esperienza passata di
“sensa” similari interpretati con successo in modo similare.

In alcune circostanze l’adulto può sperimentare una “visione incoscien-


te”, cioè sensazione senza che ci sia un minimo di percezione: quando
facciamo un minimo movimento riflesso per evitare che qualche pericolo
di cui gli occhi si accorgono e a cui i muscoli reagiscono, prima che la
mente abbia avuto il tempo di interpretare il sensum minaccioso come
un oggetto esterno potenzialmente pericoloso, il sistema nervoso in tal
caso lavora più rapidamente della coscienza, la quale percepisce e vede
in modo cosciente solo quando la reazione per evitare il pericolo ha già
avuto inizio. Per la durata di una frazione di secondo si sono avute visio-
ne incosciente ed attività muscolare incosciente.
In “Arte e percezione visiva” il gestaltista R.Arnheim ci dà come sempli-
ce esempio l’immagine di un disco nero situato al centro di un quadrato
bianco e dello stesso disco fuori centro:

Senza ricorrere a misurazioni vediamo che il disco è al centro oppure


fuori centro: come avviene questo nostro “vedere”?

Vediamo il disco nero in rapporto al centro del quadrato: il centro non


viene indicato all’occhio da alcun segno particolare, è invisibile, eppure
è una parte della figura che percepiamo, un invisibile centro di forza.

Non vediamo disco e quadrato come separati; nessun oggetto viene


percepito come unico o isolato dal resto; vedere qualcosa significa as-
segnargli il suo posto nel tutto: una collocazione nello spazio, una valuta-
zione della sua dimensione, della chiarezza, del colore, della distanza…

Un’ulteriore differenza è che le varie caratteristiche delle immagini perce-


pite non sono statiche; se infatti il disco nero è leggermente fuori centro
lo percepiamo come “irrequieto”, come se volesse avvicinarsi al centro e
centrarsi definitivamente oppure allontanarsi di più.
Ciò significa che l’esperienza visiva è dinamica: oggetto della percezione
non è un agglomerato di forme, colori, movimenti e dimensioni, è prima
di tutto un’interazione tra tensioni.

Al centro tutte le forze si equilibrano perciò la posizione centrale indica


stabilità. Altra posizione abbastanza stabile è lungo le diagonali e in ge-
nerale tutti gli oggetti posti su uno dei punti salienti dello scheletro strut-
turale introducono un elemento di stabilità.

L’equilibrio non va confuso con la simmetria. Nell’analisi gestaltica di


un’opera lo scheletro strutturale delle forme presenti nella composizione,
le linee virtuali di collegamento e gli effetti spaziali creati dagli accosta-
menti dei colori determinano degli andamenti direzionali che guidano il
nostro sguardo creando un percorso di lettura.
Ogni andamento ha i suoi particolari caratteri; quello orizzontale esprime
vastità, ampiezza, peso; quello verticale, opposto, esprime assenza di
peso,altezza o profondità. Quando orizzontale e verticale si intersecano,
si ha una forte tensione; congiunti creano un effetto bidimensionale e
suggeriscono un senso di equilibrio, solidità, concretezza.
Le diagonali suscitano movimento e conducono verso la profondità dello
spazio pittorico. Le forme circolari producono un effetto sia di concentra-
zione che di dinamismo.
LA TEORIA DELLA GESTALT

1. La percezione si riferisce sempre a totalità organizzate (non percepia-


mo niente come estraneo ad un ambiente o a un contesto qualsiasi).

2. Il campo visivo funziona sempre come un campo di forze (le linee, le


macchie, i volumi, i colori, che costituiscono la forma di ciò che vediamo,
costringono l’occhio a muoversi costantemente - collegando ogni cosa
con invisibili fili ottici o raggi visuali - per capire ciò che vede).

La Gestalt, mediante un approccio fenomenologico alla percezione, ca-


nonizza una serie di LEGGI DI ORGANIZZAZIONE PERCETTIVA in-
dipendenti dall’esperienza esterna (quindi non legate a fenomeni di ap-
prendimento) e presenti sin dalla nascita.
- VICINANZA
Elementi del campo percettivo vengono uniti in forme con tanta maggior
coesione quanto minore è la distanza fra loro.

- SOMIGLIANZA
Elementi del campo percettivo vengono uniti con tanta maggior coesione
quanto maggiore è la loro somiglianza (di dimensione, forma, chiarezza,
colore, posizione, orientamento spaziale).
- CHIUSURA
Linee che formano figure chiuse riconoscibili, tendono ad essere viste
come unità.

- FIGURA SFONDO
Linee che sono raggruppate in maniera corretta, possono essere inter-
pretate sia come oggetto che come sfondo.
- BUONA CONTINUAZIONE
Elementi che formano linee rette o curve regolari tendono ad essere rag-
gruppati.

- PREGNANZA
Elementi che sono ambigui tendono ad essere considerati come forme
semplici.
ALCUNI ESEMPI

Per rendere più chiara la struttura della pagina, si possono avvicinare gli
elementi che sono concettualmente correlati e allontanare fra loro quelli
che non lo sono e quindi raggruppare elementi semanticamente contigui
attraverso la vicinanza spaziale.
È un principio che spesso, senza accorgercene, utilizziamo nella divisio-
ne in paragrafi di un testo.
Allineare gli elementi grafici in modo da creare dei collegamenti fra ele-
menti interrelati attraverso l’organizzazione dello spazio secondo linee
invisibili. Questo è più semplice adottando un allineamento laterale piut-
tosto che centrale.
Usare il contrasto per aggiunge interesse visuale al documento e creare
gerarchie e connessioni fra i vari elementi. Il contrasto deve essere netto
e non solo accennato (altrimenti si ha semplicemente conflitto).
ESEMPI E TRUCCHI GESTALTICI

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