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Nazismo Hitler

Il nazismo è stato definito un sistema politico totalitario, il che vuol dire che il partito nazista ed il
suo capo, Adolf Hitler, riuscirono a dominare in modo completo e totale la società tedesca, la
sua politica, la sua cultura, l’economia, nonché la vita (e come vedremo anche la morte) dei
tedeschi: un dominio assoluto che dal 1933 costituisce una delle più grandi sfide alla
democrazia e al liberalismo. Ciò che il nazismo voleva era la morte di ogni teoria, di ogni
pensiero libero. Il volere del proprio leader carismatico, Adolf Hitler, era l’unica ispirazione dei
tedeschi nella Germania nazista. Il nazismo traeva ispirazione dal fascismo, riproponendo e
rielaborando molti elementi del modello fascista, ma portandoli a conseguenze più estreme. In
ultima analisi, ciò che Adolf Hitler (e quindi il nazismo) voleva più di ogni altra cosa era
l’eliminazione di tutti i nemici del popolo ‘ariano’. Adolf Hitler nasce nel 1889 a Braunau,
cittadina austriaca. Suo padre Alois era un impiegato, sua madre Klara veniva da un’umile famiglia
di contadini. All’età di 15 anni viene bocciato e decide di lasciare la scuola. Tre anni dopo,
diciottenne, perde anche la madre e si trasferisce a Vienna, dove prova ad iscriversi all’Accademia
di Belle Arti e ad una facoltà di architettura, ma entrambe le istituzioni lo respingono. Si
guadagnerà da vivere per un po’ facendo il pittore ed il decoratore. A questo punto il dittatore in
erba inizia ad interessarsi alla musica, ma anche a cose più concrete, come la politica,
avvicinandosi a idee al tempo di gran moda come l’antisemitismo, il razzismo, e le tecniche di
manipolazione di massa. Nel 1912 è a Monaco di Baviera: lavorerà per un po’ come operaio, e
allo scoppio della Prima Guerra Mondiale si arruola come volontario con l’esercito tedesco col
grado di caporale, distinguendosi per un po’, finché nel 1916 non viene ferito nella battaglia della
Somme. Nel 1918 viene quasi accecato in battaglia da un gas letale, l’iprite: quando la Germania si
arrende, Hitler si trova in ospedale, in preda ad una grave depressione. È sempre più convinto
che la Germania ha perso per colpa di un tradimento interno, di cui i principali colpevoli erano stati
i socialisti e gli ebrei, e per questo decide di darsi definitivamente alla politica. Il suo primo
contatto con il Partito dei Lavoratori Tedeschi, una formazione antisemita e nazionalista, è nel
1919: con loro Hitler inizia a sviluppare doti di grande oratore, denunciando l’ingiustizia
del trattato di Versailles.
Hitler stava diventando una vera e propria sensazione: pur di sentirlo parlare, un buon numero
di tedeschi si iscriveva al suo partito. Un partito che si stava evolvendo in fretta: nel 1921 cambia
nome, ed è ormai ufficialmente la NSDAP, Partito Nazional Socialista dei Lavoratori
Tedeschi - in altre parole il partito nazista, che già allora riconosce Hitler come leader. In una
Germania in condizioni economiche disastrose, nel 1923, il partito conta già 56.000 membri, e
moltissimi sostenitori. Tra l’8 ed il 9 novembre del 1923 Hitler, che all’epoca ammirava
molto Mussolini, tenta di coinvolgere il governo Bavarese in un’impresa ispirata alla Marcia su
Roma: il putsch di Monaco. Il tentativo è anche ricordato come Putsch della birreria,
essenzialmente perché partiva da un’enorme birreria situata al centro della città bavarese, dove si
stava svolgendo un comizio di Gustav von Kahr, un vecchio politico reazionario. Il piano
di Hitler era semplice: entrare nella birreria durante il comizio, aizzare la folla, occupare i
palazzi del potere, e poi marciare verso Berlino con l’appoggio dell’esercito, dello stesso von
Kahr e delle forze di polizia. Hitler era sicuro dell’appoggio di Ludendorff, un generale
della Prima Guerra Mondiale piuttosto influente, ma non quello di von Kahr, né tantomeno
poteva fidarsi in quel momento delle forze dell’ordine. Seguito da una ventina di seguaci, tenta
comunque l’impresa, irrompendo nella birreria con una pistola, gridando e proclamando l’inizio di
una ‘rivoluzione nazionale’. Tra i 2.000 ed i 3.000 nazisti il mattino dopo marciano verso il
ministero della difesa bavarese, ma vengono fermati dai poliziotti in uno scontro a fuoco: c’è
qualche morto, 4 poliziotti e 16 nazisti. Hitler è nei guai: non soltanto ha subito una lussazione
alla spalla, ma è anche ricercato per tradimento. Si rifugia per un po’ in casa di un amico, ma
viene presto trovato e arrestato. Al processo l’accusa è piuttosto grave: alto tradimento. Ma il
processo è anche un ottimo teatro per i comizi di Hitler, che parlerà personalmente in difesa di sé
stesso. Tutto ciò che dice viene stampato sui giornali, e la sua popolarità durante il processo
aumenta. Alla fine se la caverà con una pena relativamente leggera: cinque anni di prigione,
peraltro in una prigione relativamente comoda. Qui Hitler resterà in realtà per meno di un anno,
durante il quale potrà ricevere visitatori e rispondere alle lettere dei suoi ammiratori. In questo
anno, Hitler avrà anche tutto il tempo per scrivere, con l’aiuto di Rudolf Hess, il Mein Kampf, “la
mia battaglia”.

Mein Kampf Essenzialmente, il libro delineava l’ideologia di Hitler ed i suoi piani futuri per
la Germania. L’elemento più importante era la necessità di colonizzare altri paesi, poiché
il popolo germanico (volk) aveva bisogno di spazio vitale (lebensraum) dove poter
prosperare senza essere contaminato da altre razze. Il popolo ebraico, al contrario, era
per Hitler un popolo di parassiti, che infestavano quegli spazi che spettavano di diritto agli
altri popoli: per avvalorare queste tesi, Hitler non si fa problemi ad utilizzare materiale
falso e complottista, come i Protocolli dei Savi di Sion. Un altro nemico da combattere, poi,
erano i socialisti ed i comunisti, perché le loro idee negavano concetti come la classe e la
nazione, due elementi fondanti del nazionalsocialismo. L’espansione tedesca profilata
da Hitler avrebbe dovuto essere diretta verso est, perché ad est c’era il nemico, comunista
ed asiatico. Soltanto così si sarebbe realizzato un ‘nuovo ordine Europeo’, naturalmente
contrassegnato da una supremazia tedesca. La crisi del 1929 aveva dimezzato la
produzione industriale tedesca, creato 6 milioni di disoccupati, e preoccupato i
risparmiatori: diviso sulla strada da seguire per migliorare la situazione, il governo
socialdemocratico si dimette nel 1930. Il nuovo governo del centrista Heinrich Brüning,
privo di una maggioranza, punta al contenimento del debito pubblico, senza però risolvere
i problemi dei ceti più poveri. Brüning considera i nazisti degli alleati di cui servirsi
all’occorrenza. Quanto alle sinistre, i socialdemocratici (votati dagli operai organizzati) e i
comunisti (votati dai disoccupati) erano più divisi che mai. Gli uni puntavano a
salvaguardare la democrazia, gli altri puntavano invece direttamente alla
rivoluzione. Il partito nazista non era l’unica formazione di destra che stava rapidamente
guadagnando consensi nella Germania della Repubblica di Weimar. Il Partito
nazionalpopolare tedesco (DNVP) costituiva la principale alternativa ad Hitler: era
una formazione ostile alla costituzione di Weimar, al movimento operaio e alla
democrazia, ma priva degli elementi di novità che rendevano il nazismo unico. Insieme ad
importanti personalità dell’esercito, il Partito popolare si illudeva di poter sfruttare Hitler,
sottovalutandone l’unicità e le capacità. Ma cos’è che rendeva il partito nazista così
efficace e così particolare? I loro punti di forza erano essenzialmente quattro:
• Agire secondo le leggi
Dall’esperienza fallita del Putsch, Hitler aveva imparato alcune cose: in una società di
massa, il potere non si conquistava con la forza, ma con il consenso delle masse, e per
di più, per garantirsi l’appoggio dei poteri già consolidati, bisognava agire, almeno in
apparenza, secondo le regole. Per questo motivo, nel 1928 e nel 1930 il partito nazista
si candida regolarmente alle elezioni, ottenendo prima il 2%, e poi il 24,5%.
• Un’Organizzazione paramilitare e violenta
I nazisti accompagnavano le tattiche ‘legalitarie’ con la violenza politica sistematica e
con un’organizzazione paramilitare e gerarchizzata, largamente ispirata al fascismo
italiano. Studenti, contadini, medici, donne: c’era un’organizzazione nazista per ognuna
di queste categorie, ognuna con la propria divisa ed il proprio regolamento. Dal 1921,
poi, esistevano organizzazioni paramilitari naziste come le SA (‘truppe d’assalto’),
principalmente dedite ad atti di violenza nei confronti di comunisti e socialisti, o come
le SS (Schulz Staffen, ‘squadre di protezione’), che costituiscono inizialmente la guardia
del corpo di Hitler. Tutte queste organizzazioni inquadravano i giovani in un’ottica di
purezza razziale, e attraverso la violenza sistematica contribuivano a rendere
l’atmosfera in Germania sempre più pesante e tesa. Era Adolf Hitler, il Führer (‘capo’),
l’unico che poteva controllare queste organizzazioni. Non lo Stato, l’esercito o la polizia.
• La propaganda
Joseph Goebbels, laureato in filosofia e capodistretto del partito nazista a Berlino,
intuisce l’importanza delle nuove tecnologie di comunicazione. Il suo sarà un
imponente lavoro di propaganda, di costruzione del mito del Führer, di imponenti
coreografie di massa e manifestazioni pubbliche in grado di colpire profondamente le
emozioni dei tedeschi. Soprattutto, Goebbels sfrutta al massimo i nuovi media per la
comunicazione di massa, in particolare la radio. Nel 1933 Goebbels farà esplicitamente
progettare il ‘ricevitore del popolo’, una radiolina portatile in vendita a prezzi
stracciati. I tedeschi la battezzeranno ironicamente ‘la bocca di Goebbels’, ed avrà un
ruolo importantissimo nel diffondere in modo profondo la propaganda nazista.
Il carisma del leader
Hitler riusciva a farsi amare dal popolo non per le sue capacità, non per il suo sangue, ma
perché riesce ad entrare in rapporto diretto con la massa attraverso la retorica, la
propaganda, le emozioni e le scenografie. La propaganda nazista era illustrata nel Mein Kampf,
ed il nazionalismo è la chiave propagandistica che assicurerà ad Hitler il successo: alla fine
della Prima Guerra Mondiale la Germania era stata umiliata, ed Hitler era portatore di un
messaggio e di una politica che incarnavano il bisogno di riscossa dei tedeschi. Questi
elementi garantiscono al nazismo un successo che va oltre le classi medie, e che riesce a
toccare anche operai, contadini e disoccupati. Dopo il successo del 1930, iniziano ad
accorgersi del nazismo anche gli imprenditori, gli aristocratici ed i funzionari statali. Nel
1931 Hitler si incontra col capo del partito nazionalpopolare, ma rimane tra le due forze un
dissenso di fondo: Hitler vuole rovesciare il potere, i nazionalpopolari puntano soltanto ad
una svolta autoritaria. Nel 1932 ci sono le elezioni presidenziali, e la spunta il candidato
nazionalpopolare, appoggiato anche dai socialdemocratici: entrambi sperano di contenere
Hitler. I socialdemocratici vengono presto esclusi dal parlamento, e passano
all’opposizione. Ci sono nuove elezioni: stavolta i nazisti sono il primo partito, col 37% dei
voti. In realtà avevano perso consensi, ma i loro oppositori, profondamente divisi non
sanno approfittarne: con l’appoggio degli industriali, dei poteri economici, e
dell’esercito, Hitler viene nominato cancelliere il 30 gennaio del 1933, quasi 10 anni dopo il
putsch della birreria. In soli 6 mesi, i nazisti riescono ad instaurare una dittatura fondata
sul proprio partito, escludendo dal potere tutti gli altri:
• 1 febbraio 1933: sciolto il parlamento
• 4 febbraio 1933: vietati i giornali e le assemblee in caso di pericolo per la sicurezza
pubblica
• 27 febbraio: incendio del Reichstag, palazzo del parlamento a Berlino. Vengono
incolpati i comunisti: uno di loro, il giovane operaio Marinus van der Lubbe, verrà
ghigliottinato per tradimento, ma è un ottimo pretesto per arrestare i principali
esponenti del partito comunista e limitare ulteriormente le libertà:
• 28 febbraio: vista la situazione un nuovo decreto sopprime la libertà di stampa, di
opinione e di associazioni (diritti costituzionali) - il governo centrale poteva ora
controllare le comunicazioni postali e telefoniche dei cittadini.
• A marzo ci sono nuove elezioni, la NSDAP è al 44%, ed Hitler deve formare un governo
di coalizione con i nazionalpopolari. Il 21 del mese una manifestazione pubblica
celebra l’ordine e la pace, mentre Heinrich Himmler, capo delle SS, apre a Dachau il
primo di molti campi di concentramento per gli oppositori politici. In pratica si tratta
di un carcere autonomo rispetto alle leggi e allo stato, interamente gestito dai nazisti.
Con l’arresto dei deputati comunisti e di molti socialdemocratici, il nuovo parlamento ha la
maggioranza necessaria per approvare una legge che dà pieni poteri al governo, che da
questo momento può legiferare in contrasto con la costituzione e gestire la politica
internazionale. I poteri del cancelliere (Adolf Hitler) si sovrappongono a quelli
del presidente della repubblica.
Il partito nazista, a questo punto, può inserire i propri uomini in tutte le istituzioni
tedesche, pubbliche e private. Partiti operai e sindacati vengono sciolti, i movimenti di
Centro si sciolgono, gli ebrei vengono espulsi dalla gestione di aziende, e le associazioni di
industriali si sottomettono al regime: non avevano più nulla da temere dai sindacati. Nel
maggio del 1933 vengono bruciati i lavori di alcuni tra gli esponenti più illustri
della cultura tedesca degli ultimi due secoli, in un rito dal sapore medievale, architettato
da Goebbels, ormai padrone assoluto anche della stampa. Il 6 luglio, la ‘rivoluzione
nazista’ è conclusa e poco dopo vengono vietati i partiti: l’unico partito riconosciuto è
quello nazista, che coincide ormai con lo stato stesso. Segue una fase di pacificazione: gli
elementi più radicali del nazismo, come le SA, volevano schierarsi contro gli industriali e
la grande economia. Per rassicurare i ‘poteri forti’, Hitler toglie alle SA ogni
riconoscimento militare. Le forze armate tedesche rimangono l’unico elemento militare
riconosciuto in Germania, escludendo allo stesso tempo gli ebrei ed adottando la svastica,
già simbolo del nazismo, a proprio emblema. Il 30 giugno del 1934 gran parte dei dirigenti
delle SA vengono assassinati insieme ad esponenti dell’Azione Cattolica e a molti
altri rivali di Hitler. Il pretesto è quello di un colpo di stato che le SA starebbero
organizzando, le vittime sono circa 200, ed un altro migliaio di persone vengono arrestate.
Questo vero e proprio regolamento dei conti era stato voluto in particolare dai leader
delle SS e dell’esercito, che iniziano così una collaborazione intensa. Ironicamente, dato
che le SA erano colpevoli di soprusi e violenza organizzata, la popolazione vede questo
episodio come una liberazione. Nell’agosto del 1934 muore il presidente della
repubblica Hindenburg, ed Hitler ne assume la carica: il suo potere ormai è senza
limiti, essendo al contempo capo dello stato, del governo e delle forze armate. Il tutto è
ratificato da un plebiscito. Il dominio di Hitler si fonda su una concezione di stato pensato
esclusivamente per i cittadini razzialmente puri e rispettosi delle regole. Non rientrano
in queste categorie non soltanto gli oppositori politici e gli ebrei, ma anche
gli omosessuali, i criminali comuni e i vagabondi, i testimoni di Geova,
gli zingari e più in generale gli ‘asociali’, i diversi. Tutti gli altri, godono di agevolazioni
mirate all’incremento demografico: le donne vengono incoraggiate a non lavorare e a
procreare, ciò le esclude al contempo dai diritti politici (come quello di voto) e da quelli
civili, impedendo loro di studiare e di fare carriera. Naturalmente, il principale bersaglio
delle persecuzioni naziste sono gli Ebrei, una comunità numerose (quasi il 10% della
popolazione) e relativamente benestante. Risale al 7 aprile del 1933 una legge che
impediva agli Ebrei di lavorare nell’amministrazione statale, nelle università, negli ospedali,
nei tribunali e persino nel mondo dell’arte. Sono invece del 1935 le leggi di Norimberga,
che vietano il matrimonio tra ‘ariani’ ed ebrei. Tutti i non tedeschi vengono esclusi dal
diritto di cittadinanza, e gli ebrei vengono privati di qualunque diritto civile. Il passaggio
dalla discriminazione civile alla persecuzione di massa è segnato dalla cosiddetta notte dei
cristalli (9-10 novembre 1938), in cui 200 sinagoghe vengono incendiate, 91 ebrei
assassinati e migliaia di negozi saccheggiati da una folla inferocita. Il nome ‘notte dei
cristalli’ è in riferimento alle vetrine spaccate, e l’evento scatenante era stato l’omicidio di
un diplomatico tedesco da parte di un giovane ebreo polacco: le prime rappresaglie sono
scatenate da membri in borghese delle SS e delle SA, mentre alle forze dell’ordine viene
imposto di non intervenire. Per la stampa di regime si tratterà di una manifestazione
popolare spontanea. Dopo questo pogrom, circa 26.000 ebrei vengono internati
in campi di concentramento: il nuovo obiettivo è quello di cacciare gli ebrei dal paese
rendendo loro la vita impossibile. Prima dell’inizio della Seconda Guerra Mondiale, più
di mezzo milione di ebrei emigra da Germania, Austria e Sudeti, accompagnati da
moltissimi oppositori politici. Alcuni di loro sono tra le massime menti del novecento,
come Einstein, il filosofo Cassirer, lo scrittore Thomas Mann o il regista Fritz Lang. Con
lo scoppiare della guerra (1 settembre 1939), e la progressiva annessione di nuovi
territori, la popolazione ebraica aumenta, ed inizia ad essere applicata una vera e
propria politica di sterminio di massa. Soltanto da questo momento nei campi di
concentramento, dove prima di allora si moriva comunque di stenti, verranno impiegate
strutture espressamente dedicate ad uccidere persone in modo sistematico e massificato.
L’1 settembre del 1939 Hitler firma anche un ordine che autorizzava l’eutanasia medica,
che causò l’assassinio di tedeschi affetti da handicap fisici e mentali in ospizi creati
appositamente dalle SS. Nel 1941 il personale delle SS sarebbe stato trasferito
presso campi di sterminio allestiti in territorio polacco (uno dei quali ad Auschwitz). Con
l’avvento del nazismo al governo, la Germania era ancora un paese segnato da
una disoccupazione e da un’inflazione gravissime. Per sanare il debito pubblico
vengono stanziati 5 miliardi di marchi allo scopo di creare posti di lavoro, in particolare nel
settore dell’edilizia (pubblica e privata) ed in quello dell’industria militare. Queste politiche
provocheranno un netto calo della disoccupazione, da 5,5 milioni nel 1932 a 1,5 nel
1936. Il principale mezzo per creare posti di lavoro è il riarmo: l’economia
della Germania nazista è indirizzata in modo netto verso la produzione di armi. Non vi
sono invece significative riforme dal punto di vista dell’agricoltura, a parte una tutela
della piccola proprietà.

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