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L’unificazione della Germania, avvenuta nel 1871, fu realizzata dalla monarchia prussiana
attraverso la progressiva annessione degli stati della Confederazione germanica grazie a una
sequenza di campagne militari e alla capacità dello sviluppo economico e politico dell’area.
La Prussia era lo stato tedesco più dinamico economicamente e più compatto dal punto di vista
sociale e politico, più attrezzato militarmente. Artefice dell’unificazione germanica fu il cancelliere
Ottone di Bismarck (eletto dal re nel 1862), era un convinto antiliberale: riteneva che l’unità e la
forza dello stato fossero da privilegiare rispetto a ogni esigenza di libertà; attuò una serie di
provvedimenti che conferirono al sistema politico prussiano un carattere sempre più autoritario.
L’idea-guida di Bismarck era ottenere l’unificazione attraverso la progressiva espansione della
Prussia. Riuscì a ottenere alla sua politica l’appoggio non solo del blocco del potere dominante ma
anche quello dell’opinione pubblica liberale. Realizzò l’unificazione attraverso uno scontro prima
con l’Austria, che sconfisse sul piano politico e anche militare, poi con la Francia, attirando nella
propria orbita tutti gli stati minori tedeschi. Nel gennaio del 1871, a Versailles, nacque il Secondo
Reich, una nuova grande potenza economica, politica e militare nel cuore stesso dell’Europa.
La conquista dell’Unità
La crisi dei democratici assegnò ai moderati la guida del processo unitario, il cui centro era ormai
divenuto il Piemonte. Nel 1857 fu fondata la Società nazionale italiana, organizzazione
clandestina per aggregare coloro che erano disposti a lottare per l’indipendenza intorno a casa
Savoia. Nei tardi anni cinquanta Cavour strinse legami sempre più forti con la Francia, in cui
individuava l’alleato migliore per giungere a uno scontro diretto con l’Austria. Questi rapporti
giunsero a compimento con gli accordi di Plombieres(1858) che impegnavano Napoleone III a
entrare in guerra a fianco del Piemonte nel caso di un’aggressione austriaca; in cambio otteneva
Nizza, la Savoia e l’egemonia di un’Italia confederale. Nel 1859, Cavour riuscì a trascinare
l’Austria in quella che poi sarebbe chiamata seconda guerra di indipendenza: ma gli iniziali
successi franco-piemontesi furono seguiti dal ritiro unilaterale di Napoleone III, che, preoccupato
dalle conseguenze interne ed internazionali della guerra, firmò con l’Austria l’armistizio di
Villafranca, che restituiva all’Italia la sola Lombardia. Grande fu la delusione di Cavour e dei
patrioti italiani: ma il processo unitario non si arrestò, perché nel frattempo Toscana, Parma,
Modena e le legazioni pontificie si erano ribellate, votando plebisciti di annessione al Piemonte.
Cavour riuscì a ottenere il consenso internazionale ai plebisciti: ma nel 1860 fu l’iniziativa dei
democratici a riaccendere la situazione, con la spedizione dei Mille che portò Garibaldi e i suoi
volontari in una trionfale marcia dalla Sicilia a Napoli, con conseguente sgretolamento dello stato
borbonico. L’impresa era stata compiuta da Garibaldi in nome di Vittorio Emanuele, ma la
conquista garibaldina del Mezzogiorno aprì un duro conflitto con Cavour, preoccupato di
un’evoluzione democratico - repubblicana della lotta per l’ indipendenza e delle possibili reazioni
internazionali, soprattutto nel caso di un attacco alla sovranità del papa. Cavour inviò allora una
spedizione che si impadronì dello Stato pontificio (Roma esclusa), costringendo Garibaldi a
piegarsi all’autorità del sovrano, nelle cui mani consegnò le regioni meridionali, che votarono con
plebisciti l’annessione al Piemonte. Il 17 marzo 1861 nasceva il regno d’Italia sotto Vittorio
Emanuele II.