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A.S.

2004/2005
Istituto Comprensivo n° 9 di Bologna
Scuola Primaria Statale
“Raffaello Sanzio”
Cl. IV A

STORIA ELEMENTARE
DI BOLOGNA MEDIOEVALE

ins. Patrizio Vignola


INTRODUZIONE

Non più Roma


Il massiccio ingresso dei popoli germani all’interno dei confini dell’ex impero romano causò
profonde trasformazioni. La distruzione del vecchio impero interessò non solo le cose, ma
anche i modi di vivere, l’organizzazione della società e, per molti aspetti, la stessa idea di civiltà.
L’impero romano basava la propria ricchezza sull’agricoltura (settore primario), ma la campagna
non poteva più essere curata come prima e fu abbandonata.
Il ceto artigianale (settore secondario) non aveva più materie prime da trasformare e non aveva
più clienti in grado di acquistare i suoi prodotti, di conseguenza il numero degli artigiani diminuì
fin quasi a sparire.
Peggiorò anche l’organizzazione dei territori: non fu più possibile né avere cura di strade, ponti,
acquedotti, porti, canali, né commerciare o mantenere qualunque altro servizio per la collettività
(settore terziario). Come conseguenza l’intero sistema economico crollò. Non esistevano più lo
stato (leggi), l’amministrazione (organizzazione dei servizi), l’esercito (controllo del territorio), in
grado di organizzare la vita dell’intera collettività, perciò la società regredì. Le città, prive di
difese, perché sprovviste di mura di cinta (il territorio romano era stato un luogo sicuro per
secoli), erano esposte ai saccheggi dei germani, furono perciò abbandonate dalla popolazione
rimasta che cercò rifugio lontano dalle città.
Il rapporto dei poteri tra città e campagna (campagna: tutto il territorio esterno alle città) si
modificò a favore della campagna. I terreni, non più lavorati erano stati però rinvasi dai boschi e
dalle paludi e le parti di suolo ancora coltivabili erano poche. Perciò l’economia che nacque non
era più quella dell’ordinata agricoltura romana, ma silvo-pastorale, basata cioè sull’utilizzo delle
risorse dei boschi e dell’allevamento degli animali.

Campagna e monasteri
Mentre i popoli germani cercavano di radicarsi sui territori conquistati, la società cercò di
riorganizzarsi: l’unica autorità rimasta era quella religiosa e la popolazione si raccolse attorno
alla guida dei religiosi. Nelle campagne sorsero i monasteri, nei loro pressi furono costruiti dei
borghi (paesini) che offrivano rifugio a contadini, piccoli artigiani, piccoli mercanti. I monaci
cercavano di salvare l’eredità culturale dell’antica Roma custodendone e ricopiandone i più
importanti libri, ma riavviavano anche l’agricoltura, qualche attività artigianale e commerciale. I
monasteri garantivano inoltre la vita e una certa tranquillità a chi abitava sulle loro terre, poiché i
germani rispettavano la religione cristiana.

Campagna e castelli
Il processo di radicamento delle popolazioni di stirpe germanica sui territori conquistati espresse
e sperimentò più forme di organizzazione, tra le altre si affermò nei successivi secoli il modello
del feudalesimo.
Carlo Magno, re dei Franchi, (vissuto attorno all’800) volle legare tutti i potenti a sé con patti
giurati di fedeltà, in cambio concedeva loro vasti possedimenti di terre che davano diritto a titoli
nobiliari (marchese, duca, conte, ecc.). L’imperatore affidava ai nobili sia le funzioni
amministrative, sia quelle giudiziarie, sia quelle militari. I nobili costruirono dei castelli per
difendere ed amministrare le terre loro assegnate dall’imperatore, attorno ad essi sorsero dei
borghi (paesini) nei quali si raccolsero contadini, piccoli artigiani, servi, al servizio del nobile.

La rinascita dell’anno Mille


Il territorio medioevale era costituito da città abbandonate e da campagne rinselvatichite dalle
quali sorgevano, come isole, monasteri e castelli. Le città per lungo tempo abbandonate
avevano perso ogni valore: economico, politico, militare, culturale. Ormai svuotate si erano
strette attorno al vescovo, l’unica autorità rimasta.

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L’economia era perlopiù basata sulla produzione per l’autoconsumo (non producevano per
vendere, ma producevano per mangiare) e nonostante l’arretramento dell’agricoltura, la
maggior parte della ricchezza proveniva ancora dai prodotti della terra, ma i metodi utilizzati non
consentivano di ottenere raccolti sufficienti ad essere destinati alla vendita.
Attorno all’anno Mille furono adottate alcune tecniche che migliorarono le rese agricole: si attuò
la rotazione triennale delle colture in sostituzione di quella biennale; si utilizzò un tipo di aratro
più efficiente (aratro pesante con versoio); gli animali da tiro furono aggiogati ad un collare che
premeva sul petto e non più sul collo, ciò permetteva all’animale di respirare più liberamente e
quindi di esprimere un migliore forza. I raccolti furono abbondanti e una parte di essi poté
essere anche venduta. La popolazione ebbe di che cibarsi con maggiore abbondanza e crebbe,
il commerciò riprese vigore e la maggiore circolazione di danaro stimolò la produzione degli
artigiani. La popolazione in eccesso abbandonò i vecchi villaggi e ne fondò dei nuovi, bonificò i
terreni che erano stati riconquistati dalle acque o dai boschi. Molti, inoltre cercarono di sfuggire
al dominio dei nobili che non sempre era giusto e, fuggendo dalla campagna, si rifugiarono nelle
città. Gli antichi centri urbani ripresero progressivamente vigore e lentamente iniziarono a
contendere alla campagna il ruolo di dominio dell’intero territorio.

I Vescovi-Conti: lo scontro Papato Impero per il controllo delle città


Le città riacquistarono lentamente vigore, il commercio e l’artigianato producevano buona parte
della nuova ricchezza e attiravano all’interno delle mura cittadine nuova popolazione. Si
sviluppò una classe di cittadini (borghesia) dotata di forte potere economico (molto ricca)
perché sapeva trarre alti guadagni dalle proprie attività. Da lungo tempo ormai le città erano
governate dai Vescovi-Conti che riunivano in sé sia l’autorità religiosa (che non aveva mai
abbandonato del tutto le città) sia l’autorità imperiale (che era quella alla quale spettava
legittimamente il governo del territorio). Impero e Papato entrarono ben presto in lotta tra loro
per ottenere il diritto alla nomina del Vescovo-Conte poiché questo avrebbe attribuito loro il
controllo delle città nelle quali si stavano concentrando grandi ricchezze e nuovi modi di
intendere la società.

Chiese e castelli cittadini


Anche il clero e i nobili, al pari dei borghesi, decisero di rientrare nelle città ormai divenute le
sedi territoriali del potere economico-politico-militare. All’interno delle mura cittadine furono però
portati i modelli di edificio che erano stati adottatati in campagna, si edificarono perciò
imponenti chiese e abitazioni più simili a castelli che a palazzi. Il trasferimento in città degli
edifici (grandi chiese e castelli) che per secoli erano stati le sedi delle guide religiose e civili
della società medioevale, rende evidente il cambiamento dell’equilibrio tra città e campagna a
favore della città.

Borghesia, Comuni e Impero: la lotta per l’indipendenza delle Leghe Lombarde


La nuova classe sociale, i borghesi (= abitanti delle città) approfittò dello scontro per giungere al
governo delle città. Le città dell’Italia settentrionale si dotarono di un governo (Consiglio), di una
guida (Console), attribuirono a sé stesse la denominazione di Comune e si dichiararono
indipendenti dal Sacro Romano Impero. L’imperatore scese in Italia per punire le città ribelli, le
quali, per resistergli, si allearono tra loro formando la prima Lega Lombarda, ma furono
sconfitte: Milano fu rasa al suolo e le mura di Bologna furono abbattute. I Comuni italiani non si
dettero per vinti, costituirono la seconda Lega Lombarda e riuscirono a sconfiggere l’esercito
dell’Imperatore che era ridisceso in Italia per contrastarli.

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Signorie Principati e Stati Regionali
La famiglia più forte di ciascuna città riuscì a impadronirsi del potere e impose un proprio
membro come capo del governo cittadino, con ciò il Comune si trasformò in Signoria. Alla
propria morte il Signore della città lasciò in eredità il potere ai propri figli, con ciò la Signoria si
trasformò in Principato. Nel frattempo le città, presa coscienza della propria forza, avevano
iniziato a combattere tra loro per allargare i propri confini. Le più forti giunsero a dominare per
intero la propria regione. Il potere di Bologna andava da Piacenza al mar Adriatico e dagli
Appennini fin oltre il fiume Po. Bologna fu quindi sconfitta prima da Venezia, quindi da Milano e
venne infine inglobata nello stato della Chiesa.
Intanto Cristoforo Colombo…

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LE CERCHIE MURARIE DI BOLOGNA

Bologna nel corso dei secoli fu difesa da tre successive cinte murarie. Non era dotata di
una cerchia muraria difensiva né l'antica Felsina etrusca, né la successiva Bononia romana.

Aposa canale di Reno

canale di Cavaticcio

Aposa

dall’interno verso l’esterno le tre cerchie di mura di Bologna: le Mura di Selenite (sec. V – VII / VIII), le Mura dei
Torresotti (sec. XII), la Circla (sec. XIII); le linee punteggiate rappresentano i corsi d’acqua allora presenti

La Cerchia di Selenite
Tra la fine dell’impero romano e i primi secoli del medioevo, V/VI secolo (401/600 d.C.),
Bologna, come molte altre città, si spopolò. Le funzioni pubbliche e i cittadini superstiti, si
concentrarono in una ristretta zona del precedente abitato romano, le parti meno pregiate delle
città furono abbandonate e finirono per andare in completa rovina (fenomeno della "città
retratta"). La città, indebolita e priva di difesa, era esposta alle scorrerie dei popoli germanici. Fu
perciò necessario costruire delle mura difensive (fenomeno della "città murata"), queste non
cinsero l'intero insediamento romano, ma solo la parte ancora abitata, più preziosa e difendibile.
La fortificazione, detta "Cerchia di Selenite", era costituita da due file di blocchi di selenite (una
roccia gessosa di cui è ricca la provincia di Bologna) dello spessore di circa due metri e alte, in
alcuni punti, fino a nove.

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resti dei blocchi di selenite della prima cerchia di mura di Bologna

All’esterno delle mura era stato scavato un fossato alimentato dalle acque dei due rami
del torrente Aposa. Il tracciato della "Cerchia di Selenite" è stato nettamente individuato grazie
al ritrovamento di alcuni suoi tratti (una porzione del lato settentrionale della fortificazione è
visibile all'interno del Museo Civico Medioevale in via Manzoni). Esso forma un quadrilatero i cui
lati coincidevano a NORD pressappoco con le attuali vie Manzoni/Del Monte; a EST con le vie
Dei Toschi/Dell'Inferno, a SUD con le vie Farini/Carbonesi, a OVEST con le vie Val
D'Aposa/Galliera. Nella "Cerchia di Selenite" c’erano quattro "porte": a NORD Porta S. Pietro
(lungo l'attuale via Indipendenza, nei pressi della cattedrale della città, S. Pietro); a EST Porta
Ravegnana (dove oggi sorgono le Due Torri); a SUD Porta Mariana (in corrispondenza
dell'incrocio tra via D' Azeglio e via De' Carbonesi; a OVEST Porta Stiera (nei pressi dell'attuale
incrocio tra le vie Monte Grappa e Galliera). Le Mura di Selenite furono fatte distruggere nel
1162 da Federico I, detto Barbarossa, per punire i bolognesi della loro adesione alla prima Lega
Lombarda, stretta dalle città dell'Italia settentrionale per affermare la propria autonomia nei
confronti del Sacro Romano Impero.

La Cerchia dei Torresotti


I bolognesi iniziarono la costruzione della seconda cerchia di mura attorno alla fine del
XII secolo (1101/1200), immediatamente dopo la demolizione della "Cerchia di Selenite",
probabilmente già a partire dal 1164. Il nome di "Cerchia dei Torresotti" le deriva dalla
caratteristica struttura a torre delle porte d'accesso alla città, questa opera difensiva fu
realizzata in mattoni. Il percorso delle Mura dei Torresotti è oggi riconoscibile in una pianta della
città (p. es. il Tutto Città allegato alle Pagine Gialle) osservando l'andamento parallelo delle vie
che allora correvano all'interno e all'esterno del perimetro fortificato (si veda per es. l'andamento
parallelo e ravvicinato delle vie Del Cestello/Castellata/ Rialto/Guerrazzi e Vicolo delle
Dame/Cartoleria/Pusterla). Sopravvivono inoltre i Torresotti di Porta Nova, di via Castiglione, di
via S. Vitale e di Porta Govese.

i torresotti giunti fino ad oggi: via S. Vitale, porta Govese, via Castiglione, via S. Vitale

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Sono infine riconoscibili alcuni brevi porzioni residue di questa cerchia muraria allo scoperto,
inglobati in qualche casa o in qualche cantina; la cappella di S. Cecilia, adiacente alla chiesa di
S. Giacomo in p.zza Rossini, ad esempio vi si appoggia per un tratto. Il perimetro della "Cerchia
dei Torresotti" giunse a comprendere a NORD-OVEST l'intera area della antica Bononia
romana, a EST si estese fino all'odierna chiesa di S. Maria dei Servi e a SUD arrivò
pressappoco all'incrocio tra le attuali vie D'Azeglio e Urbana.

La Circla
La successiva cerchia muraria fu detta "Circla" (Cerchia). Venne tracciata a partire dal
1226 per fronteggiare Federico II, nipote del Barbarossa, al tempo della seconda Lega
Lombarda, riproposta dalle città dell'Italia settentrionale e centrale per resistere alle rinnovate
pretese di sottomissione del nuovo Imperatore tedesco. Venne realizzata tra il 1327 e il 1390.
La prima struttura della "Circla" fu fatta scavando un fossato, riportando la terra rimossa ai suoi
bordi e rinforzando l'intera opera con una palizzata. Le prime strutture murarie furono costituite
dalle Porte di accesso alla città. Il perimetro della terza cerchia è tuttora nettamente
individuabile poiché è segnato dal percorso degli attuali viali di circonvallazione, da quei pochi
tratti che non furono abbattuti e dalle Porte che furono risparmiate. Oggi restano undici di quelle
antiche opere. Partendo da EST e procedendo in senso orario esse sono Porta Maggiore, Porta
S. Stefano, Porta Castiglione, Porta S. Mamolo, Porta Saragozza, Porta S. Isaia, Porta S.
Felice, Porta Lame, Porta Mascarella, Porta S. Donato, Porta S. Vitale. Questi passaggi
attraverso la cerchia muraria furono realizzati per consentire l'accesso alla città delle principali
strade di allora, in gran parte esse hanno tuttora l'antica importanza. Oggi è possibile osservare
uno dei tratti sopravvissuti della "Circla" inglobato nella casa del poeta Giosuè Carducci,
sull'omonimo viale; un secondo tratto, non troppo distante dal precedente, è situato sul viale
G.B. Ercolani, tra le porte S. Vitale e Maggiore.

abbattimento delle mura della Circla nei pressi di porta Castiglione (1902)

Anche la "Circla" fu realizzata in prevalenza con mattoni. Le mura della "Circla" allargarono
ulteriormente il confine della città e comprendevano al loro interno una grande porzione di suolo
non edificato. La "Circla" resistette per quasi sette secoli, la sua demolizione fu iniziata nel
1901 e con essa Bologna perse la fisionomia di "città murata" che l'aveva caratterizzata per
quasi quindici secoli.
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LE ANTICHE STRADE DEL CENTRO STORICO DI BOLOGNA

Bononia fu fondata dagli antichi romani nel 189 a. C. sul territorio compreso tra il fiume Reno e
il torrente Savena, in corrispondenza dell'ingresso del torrente Aposa nella pianura Padana.
L'orientamento della città non fu determinato dalla posizione degli astri né dalla volontà di
compiacere una o più divinità. Gli antichi urbanisti tracciarono le fondamentali strade della città
seguendo la forma del terreno. Fu disegnata una rete ortogonale di strade (con tutti gli incroci
ad angolo retto), composta da vie orientate in direzione nord-sud che seguivano la massima
pendenza del terreno (cardines), parallele tra loro e perpendicolari ad altre orientate in direzione
est-ovest che erano quanto più possibile orizzontali (decumani). La struttura urbana
assomigliava alla quadrettatura di un quaderno: le linee perpendicolari che si incrociano
corrispondono alle strade, lo spazio compreso all'interno di ogni quadretto corrisponde agli
isolati (insulae) dei quartieri della città.

portico di palazzo Grassi (in via Marsala) con stilate (colonne) in legno

La via Aemilia, che collega Piacenza a Rimini passando per Bologna, fu tracciata due anni più
tardi, nel 187 a. C.. Il tratto urbano di questa strada, fondamentale per lo sviluppo e il controllo
della regione, fu fatto coincidere con uno dei decumani centrali della città (il D.3): l'attuale via

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Ugo Bassi-Rizzoli . La nuova città si trovava già dal suo nascere al centro di un importante via
di comunicazione che tuttora attraversa la pianura Padana da est a ovest, da Rimini a Milano.
Ai tempi dell'imperatore Augusto l'area della città era pressappoco di forma quadrata. Il sistema
viario era composto da otto decumani e da sei cardines.
Ai quattro decumani centrali (D.3, D.4, D.5, D.6) fu assegnata la larghezza di cinque metri, i
restanti erano larghi quattro metri.
La parte orientale di Bononia (da via Nazzario Sauro-Cesare Battisti a via Oberdan) fu dotata di
un impianto fognario, fu inoltre realizzata una rete di tubature per la distribuzione dell'acqua del
torrente Setta convogliata fino alla città mediante un acquedotto lungo una ventina di chilometri,
tuttora utilizzato e le strade furono lastricate con blocchi poligonali di una roccia molto dura, la
trachite.
Durante età imperiale di Roma la città non era cinta da un sistema murario difensivo, data
l'assoluta mancanza di pericolo nell'intera penisola italiana. Alla caduta dell'Impero Romano
d'Occidente la situazione cambia radicalmente e a Bononia si decide di proteggere con mura
solo la parte orientale della città, quella compresa tra i cardines C.3, C.6 e i decumani D.3.e
D.8, la più preziosa, perché dotata di una maggior rete di servizi. La parte nord-occidentale
della città è abbandonata e diviene una cava per materiali da costruzione.
Bologna visse e si sviluppò per XV secoli esclusivamente sulle strade tracciate dagli antichi
architetti di Roma. Ancor oggi usiamo l'impianto viario della città romana. Esso è individuabile
con sufficiente facilità riconoscendolo nelle vie prive di portici (perché troppo strette) del centro
della città, quelle per esempio interne al mercato centrale di Bologna: via delle Pescherie
vecchie, via dei Ranocchi, ecc., oppure in via Oberdan, Via Altabella, ecc..
Altre testimonianze sono fornite dai risultati degli scavi archeologici, i quali hanno portato alla
luce anche parti di antiche pavimentazioni stradali.
E' possibile ricavare il tracciato delle antiche strade di Bononia riconoscendo su una mappa
della città (p. es. il Tutto Città allegato alle Pagine Gialle) la disposizione ortogonale (con gli
incroci ad angolo retto) delle vie del centro. Di seguito è proposta la corrispondenza degli
antichi cardines e decumani alle attuali strade di Bologna.

CARDINES (da sud a nord)


C.1 vie De Gombruti-Testoni-S.Gervasio-Morgagni-Pavese
C.2 vie Cesare Battisti-Nazario Sauro-S.Carlo
C.3 vie val d'Aposa-p.zza Galileo-Galliera
C.4 vie D'Azeglio-dell'Indipendenza
C.5 vie dell'Archiginnasio-Carbonra-Piella-Venturini
C.6 vie Goidanich-Marchesana-Drapperie-Calzolerie

DECUMANI (da ovest a est)


D.1 vie Grabinski-Schiavonia-Volturno-Marsala
D.2 vie S.Giorgio-De Monari-Goito
D.3 vie Maggia-Parigi-Manzoni-del Monte
D.4 vie Montegrappa-Altabella
D.5 vie Ugo Bassi-Rizzoli
D.6 vie Terribilia-Rismondo-
p.zza Maggiore-Orefici-Caprarie
D.7 vie Porta Nova-IV novembre-
p.zza Maggiore-Clavature
D.8 vie Marcellino-Santa Margherita- -De Foscherari

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S. STEFANO S. DOMENICO S. FRANCESCO

Nel corso del medioevo le chiese hanno svolto a Bologna una potente azione culturale. Questi
brevi appunti tratteranno di tre di loro: Stefano, S. Domenico e S. Francesco.

S. Stefano

fronte del complesso monumentale di S. Stefano, a sinistra la chiesa dei santi Vitale e Agricola
(primi santi patroni di Bologna), al centro la chiesa del Santo Sepolcro, a destra la chiesa del Crocefisso

Il monastero di S. Stefano sorge molto vicino all'attuale centro della città, a poche
centinaia di metri dalle Due Torri, all'inizio dell'odierna via S. Stefano. Ai tempi della Roma
imperiale, si trovava nella periferia della antica Bononia romana. All’inizio del medioevo S.
Stefano restava ancora all'esterno della città, oltre le Mura di Selenite. Solo con l'edificazione
della cerchia muraria dei Torresotti (terzo decennio del XIII sec.), fu compreso all'interno del
perimetro fortificato di Bologna. Già dall'antichità era un luogo di devozione religiosa, in epoca
romana vi fu eretto un tempio consacrato al culto della divinità egizia Iside.
Nel corso dell’epoca cristiana, sulle strutture del tempio romano, in parte riutilizzate, sono stati
sovrapposti gli attuali edifici del monastero di S. Stefano. Questo centro è stato modellato a
somiglianza degli edifici di Gerusalemme sacri alla religione cristiana e come tale, nel corso del
medio evo, ebbe notorietà in tutta Europa. Le massime autorità della chiesa consentivano
infatti, a quei fedeli che per svariate ragioni non potevano recarsi in Palestina, di effettuare un
pellegrinaggio simbolico presso la "Gerusalemme bolognese".

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il cortile di Pilato del complesso monumentale di S. Stefano

All'interno del complesso di S. Stefano, nella chiesa dei Santi Vitale e Agricola, sono custodite
le loro reliquie; in questo stesso complesso monumentale, ma nella chiesa del S. Sepolcro, è
conservata anche la tomba S. Petronio, patrono di Bologna.
Nel cortile di Pilato, uno degli spazi interni del monastero, si trova un catino in pietra, contornato
da una iscrizione che ricorda i re longobardi Liutprando e Ildeprando e testimonia il periodo
della dominazione longobarda su Bologna (727-774 d.C.).

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S. Domenico

la costruzione della chiesa di S. Domenico iniziò nel 1218 e nel 1221 vi fu sepolto S. Domenico, sul sagrato
sorgono le arche funebri (tombe monumentali) di due Dottori dello Studio bolognese: Egidio Foscherari e
Rolandino dei Passeggeri, all’interno della chiesa è inoltre sepolto Re Enzo figlio dell’imperatore Enrico II

La chiesa di S. Domenico sorge sulla piazza che porta lo stesso nome, molto vicino al
centro cittadino, tra le piazze Cavour e dei Tribunali. Anche la zona della chiesa di S. Domenico
rimase fuori dalle Mura di Selenite (V-VI sec.), ma fu compresa nella successiva Cerchia dei
Torresotti (iniziata nel 1226).
San Domenico tra la fine del XII sec. e l'inizio del XIII sec. partecipò al movimento di
rinnovazione della chiesa cristiana. La sua predicazione prese l'avvio dai più importanti centri
della cultura occidentale medioevale: Roma, Parigi, Bologna. Nella città sede del più antico e
prestigioso Studio (l'Università di Bologna è sorta nel 1088) una ricca famiglia bolognese donò
all'ordine di S. Domenico la chiesa di S. Nicolò delle Vigne. La costruzione del centro
domenicano ebbe inizio nel 1218 con l'allargamento della chiesa ricevuta in dono. La facciata
dell'edificio centrale del complesso di S.Domenico è realizzata in stile romanico: tetto a
capanna, rosone centrale, archi a tutto tondo. Ben presto si stabilì a Bologna lo stesso San
Domenico e alla sua morte, avvenuta nel 1221, fu sepolto in quella stessa chiesa che da lui
prese il nome. Il suo corpo si trova in un’arca (bara di pietra) superbamente scolpita all'interno
di una cappella più volte modificata e arricchita nel corso dei secoli.
In conseguenza di ciò Bologna divenne quasi il centro di questo nuovo ordine. L'azione svolta
dai domenicani in città fu immediatamente energica poiché essi riuscivano a comprendere e a
calarsi nei fatti del loro tempo assai meglio dei sacerdoti, la cui carica evangelica era per lo più
esaurita, dei monaci, più ritirati e dediti al lavoro e degli stessi frati francescani, assorbiti dagli
ideali pauperistici (di povertà). Sul sagrato della chiesa di S. Domenico sorgono le arche tombali
monumentali (monumenti funebri) di Egidio Foscherari e Rolandino de Passeggeri, famosi
dottori dello Studio (professori dell’Università).
All'interno della chiesa è sepolto anche Enzo, re di Sicilia e figlio dell'Imperatore Federico II,
catturato dai bolognesi nel 1259 al tempo della seconda lega lombarda e morto in prigionia (nel
palazzo che da lui ha preso il nome di Re Enzo, in piazza del Nettuno) dopo ventiquattro anni.

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S. Francesco

la costruzione della chiesa di S. Francesco fu iniziata nel 1236 e terminò nel 1263,
presso l’abside si trovano le arche funebri (tombe monumentali) di tre famosi
dottori dello Studio bolognese: Accursio, Rodofredo e Rolandino dei Romanzi

La chiesa di S. Francesco sorge sulla piazza che porta lo stesso nome, alla fine della
parte occidentale di via Ugo Bassi (parte dell'antico decumano massimo della città romana, su
cui passava una parte della via Aemilia). Nel periodo compreso tra la caduta di Roma e la fine
del regno longobardo (476-774) il settore occidentale dell'antica Bononia era stato abbandonato
ed era caduto in rovina, non fu perciò compreso all'interno delle Mura di Selenite. Nel corso di
quei secoli il luogo nel quale sorge la chiesa fu utilizzato come necropoli (cimitero). Bologna,
però, riprende a crescere: molto lentamente durante il regno dei longobardi e nel periodo delle
lotte per le investiture, con vigore fin dalla nascita del Comune (1116).
La zona di S. Francesco resta però fuori anche dalla seconda cerchia muraria, la Cerchia dei
Torresotti. Nei primi decenni del XIII secolo S. Francesco d'Assisi partecipa al rinnovamento
morale della chiesa cattolica, nel corso dei suoi spostamenti giunge anche a Bologna, predica
in piazza Maggiore ed ottiene una larghissima commozione. I bolognesi decidono di dedicargli
una chiesa, l'area scelta è proprio quella della necropoli extramuraria (cimitero fuori dalle mura).
La chiesa è consacrata nel 1250. Lo stile architettonico prescelto è il gotico (slanciato verso
l’alto) e non l'allora più diffuso romanico (con la facciata maggiore dell’edificio a forma di
capanna). La chiesa in stile gotico non riceve la luce da un rosone posto sulla facciata come
accadeva per le chiese in stile romanico, ma da una serie di finestre con vetri variopinti. Gli
archi delle finestre e del portale non sono a tutto tondo (a semicerchio) come nelle chiese
romaniche, bensì a sesto acuto (a punta). Il tetto non è a capanna, ma a cuspide (con
l’estremità appuntita).

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interno della chiesa di S. Francesco

Con queste nuove forme gli architetti intendono sottolineare il rinnovato interesse verso il divino
e produrre un cambiamento nei confronti delle usanze passate. All'esterno della chiesa sono
collocate le arche funebri monumentali (sepolture monumentali) di tre famosi dottori dello Studio
(professori dell’Università): Accursio, Odofredo e Rolandino De' Romanzi.

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BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

AA.VV., Storia di Bologna, Bologna, Edizioni Alfa, 1978.


Francesca Bocchi, Attraverso le città italiane nel medioevo, Bologna, Grafis Edizioni, 1987.
Francesca Bocchi, Trasformazioni Urbane a Porta Ravegnana X-XIII Secolo, Bologna, Grafis
Edizioni.
Francesca Bocchi, “Monasteri, canoniche e strutture urbane" in Attraverso le città italiane nel
medioevo, p. 49-50, Bologna, Grafis Edizioni, 1987
Francesca Bocchi “Storia urbanistica e genesi del portico a Bologna", in AA.VV. a cura di F.
Bocchi I portici di Bologna e l'edilizia civile medioevale, p. 95,
Bologna, Grafis Edizioni, 1990.
Giorgio Chittolini, Il Medioevo, Firenze, Le Monnier,1992,
Gina Fasoli, Francesca Bocchi, La città medioevale italiana, Firenze, 1973
Alfred Hessel, Storia della città di Bologna 1116-1280, Bologna, Ed. Alfa, 1975.
G. Ricci, Bologna, Bari, La Terza, 1978
Giovanni Tabacco Egemonie sociali e strutture del potere nel medioevo italiano,Torino, Einaudi,
1974

le torri degli Arteniesi dei Riccadonna, sullo sfondo a sinistra la Garisenda e l’Asinelli, all’estrema destra l’Alberici

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