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L1- COME FUNZIONA IL GIORNALISMO NEI NUOVI MEDIA, OGGI


 
Michele Serra, autore satirico, romanziere = "I social sono un mondo. Il giornalismo è un altro mondo. E il
giornalismo che si alimenta dei social muore."
 
È vero che se il giornalismo si alimenta delle informazioni e benefici dei social, esso può morire?
Il giornale come oggetto è destinato a morire (da oggetto), ma come giornale (azienda) si deve mantenere
un accordo con i social. È una realtà destinata a fondersi, media e giornalismo.
A volte certi giornali sono di parte in quanto riguarda l'orientamento politico o l'ideologia in generale su
certi argomenti. Bisogna essere onesti sulle proprie argomentazioni e oggettivi nel dirle, attaccando chi la
pensa diversamente.
 
Due mondi in conflitto stanno dietro a questa frase; non giornalismo e nuovi media, ma i due modi di
intendere il rapporto tra social media e giornalismo (in conflitto tra loro). È bene cercare di capire entrambi
i mondi tra loro in conflitto.
 
TESI: il giornalismo è tutto ciò che si oppone ai social media secondo Serra:
 Fake news, propaganda e manipolazione
 Sorveglianza e violazioni della privacy
 Odio/insulti/minacce (luoghi "far west", un luogo privo di regole)
 Luoghi di indignazione permanente, il modo in cui sono strutturati i social ci portano a essere
indignati, suggerendoci con diversi algoritmi di informazioni a noi utili e di interesse per
restare più tempo sulla piattaforma, commentando in modo positivo o non.
 Furto di contenuti professionali, contenuti di giornali che vengono "rubati" dai social e dai
nuovi media scontrandosi con il copyright tra le informazioni.
 I social media sono di conseguenza LA minaccia alla democrazia, alleato dei populisti.
Radicalizzano le idee iniettandole nelle menti delle persone.
 
 
Nel mondo del prof:
Ci sono dei problemi causati dai social, come la concentrazione di potere unilaterale, modello di business
basato sull'indignazione e sull'engagement che ti porta ad avere la piattaforma (ti tiene incollato lì).
D'altro conto si presentano molte opportunità per il giornalismo per aiutare a migliorarsi e riflettere e
mettersi in discussione.
Sarebbe troppo semplice dare la colpa per tutto ai social media e per tutti i mali che ci sono in questo
mondo = mettere al bando i social media come succede spesso in Russia o in Cina, ma invece di migliorare
la situazione si crea una dittatura.
 
Oggi il giornalismo ha perso in qualche modo la sua posizione di vantaggio rispetto al popolo, non ha più lo
stesso potere di onnipotenza, ma può essere contraddetto e insultato tramite i social media.
Un giornalista non dovrebbe sentirsi onnipotente, ma dovrebbe sentirsi responsabile se qualcuno lo
fraintende o non capisce il suo pensiero/errore.
 
È colpa dei social
È spesso uno scontro economico che i giornali sfruttano: "i giornali stanno fallendo per colpa della
tecnologia", non per colpa dei giornali in sé (non tutti e non sempre). Molte persone infatti non si fidano più
dei giornalisti per come hanno iniziato a scrivere e a mostrarsi.
 
THE SOCIAL DILEMMA
Documentario Netflix uscito di recente. Ha una diffusione globale che porta a molti a pensarla come viene
descritto nel documentario.
 
Appunti del prof:
 I social prendono vita propria, come entità umane
 Si menziona uno studio su salute mentale e social, di cui mancano prove certificate. Si pensi
all'anno pandemico senza social.
 Molti sono dipendenti come drogati, ma non c'è una vera e propria prova certificata di ciò
 C'è una "bubble" ovvero cerchiamo solo ciò di cui abbiamo bisogno e ciò con cui siamo
d’accordo.
 I social ci modificano "sindrome di snapchat" in cui si modificano i volti a piacimento nostro e
altrui
 Si pensa di essere passati dall'era dell'informazione e quella della disinformazione, dal XX
secolo al XXI
 I social distruggono il tessuto sociale, facendo vivere tutti in una bolla
 
Queste sono molte delle affermazioni di persone che hanno contribuito a creare i social media, creando le
dinamiche e i funzionamenti che noi oggi conosciamo (il like, lo scroll, la condivisione). Sono in realtà, in
parte, loro che ci hanno immerso nel mondo dei social facendoci diventare quasi dipendenti da essi.
Non c'è nessuna intelligenza artificiale se non un algoritmo programmato a farci vedere ciò che ci piace, ciò
che cerchiamo più frequentemente.
 
"i social media sono alla base della polarizzazione, della dipendenza, della radicalizzazione,
dell'indignazione, della vanità, di tutto"
 
Regolarizzati, i social media, possono e SONO una cosa buona se sono controllati, in quanto noi intelligenti
e in grado di controllare certe situazioni e un algoritmo no.
 
Dal 1994 ad oggi le aziende "capo" dell'economia sono cambiate molto, si parte da aziende tradizionali di
alimentazione; nel 2012 iniziano le prime aziende come Apple e Microsoft. Nel 2017 le prime 5 aziende con
maggior capitale al mondo sono tutte aziende tecnologiche:
 Apple
 Google
 Microsoft
 Amazon
 Facebook
Successivamente ci sono alcune aziende cinesi come Alibaba e Tencent.
 
NON è TUTTA COLPA DEI SOCIAL
Dal documentario "The social dilemma" mancano le realtà e le complessità della società odierna che tutti i
giorni si possono affrontare, le diverse etnie e le personalità di ogni individuo che possono variare in base
alle generazioni, ma anche alla cultura.
Non c'è una regola che vale per tutti.
 
L'idea che i problemi sociali/culturali/ideologici siano dovuti dai social media è tremendamente sbagliata.
Non si può paragonare un problema sociale pre-esistente come fosse un bug di un videogioco.
 
Il giornalismo dovrebbe fare l'interesse della democrazia e del pubblico e stare al servizio del lettore,
andando contro a qualsiasi ideologia e schieramento politico, facendo parte dell'opposizione. Il compito del
giornalista dovrebbe essere quello di porsi in maniera critica verso la politica, senza elogi.
 
ESEMPIO: Articolo tiktok
In molti articoli c'è dissonanza e non congruenza di informazioni con molti titoli "acchiappa like" sui social,
articoli che se non vengono letti per intero vengono fraintesi in quanto poco chiari.
 
Sembrerebbe che il compito dei giornalisti, quando l'articolo parla in qualche modo di social media, sia di
screditarli ed estrapolare l'unica frase negativa che ci possa essere nell'intero discorso, anche se scollegata
dal contenuto.
Così il giornalismo non è più in grado di descrivere avvenimenti e fatti in modo oggettivo e concreto, non
riuscendo a ragionare sul motivo per cui molti lettori si stanno distaccando dalla lettura di quotidiani.
La fiducia nei giornali è ai minimi storici nei grafici dal 2012.
 
I social hanno ovviamente "rubato" fette di notizie spostandole nel web rendendole anche più comode,
creando anche fake news e notizie acchiappa click anche inutili e fuori luogo.

L2 - CATTIVA INFORMAZIONE e CATTIVI MAESTRI


Definiti come "cattivi maestri" per il modo in cui si atteggiano verso i nuovi media.
Ma è davvero colpa dei social? (come ne parlavamo precedentemente). Si sono fatti molti esempi di mala
informazione sui social, ma anche nel giornalismo, limitando anche in qualche modo la libertà d'espressione
in alcuni casi.
 
Si è preso come esempio anche il black face, la "n" word, il sessismo, la discriminazione, l'inferiorità della
donna rispetto all'uomo ecc.
C'è una forte sfiducia nei giornali tradizionali che ricade spesso sui social.
 
Qualche elemento per dubitarne:
 "Infodemia", insieme di cattiva informazione e disinformazione che si è unita alla comparsa
della pandemia del Covid-19, disinformazione venuta dal basso (comuni cittadini), ma anche
da famosi, vip e anche politici e alcuni medici definiti "esperti". Una persone che vede certe
informazioni su una pagina molto importante come "Repubblica" o il "Corriere della sera"
non farà altro che crederci e condividere la notizia falsa.
Si può rispondere con delle segnalazioni di notizie fasulle, ma spesso non funziona e la
disinformazione divaga molto velocemente e con più diffusione spesso rispetto ad altre notizie (vedi
complotti sul Covid-19).
Spesso le notizie fake vengono segnalate e rimosse/modificate, in alcuni casi queste notizie fasulle
possono essere molto rischiose sia per il lettore che per chi gli sta accanto.
 
 I social media amplificano voci contrarie alla scienza come i no-vax in questo periodo; vedi
Al Bano e le sue affermazioni sul vaccino anti Covid-19. La diffusione di queste informazioni,
anche sbagliate, hanno dei testimoni famosi, spesso anche idoli, che fanno credere al
pubblico che siano tutte notizie vere. *
 
 Si parla di "studio-verità" in cui c'è sempre un aspetto di segretezza e ignoto sulla scienza
che in realtà procede per dubbi e confutazioni continue. La scienza in realtà è data da studi e
certezze, ma i titoli servono per avere più letture. Spesso dopo il titolo "schok" non ci sono
dei veri studi scientifici, ma solo delle confutazioni e ipotesi di non esperti.
 
 Una non notizia diventa notizia del momento; ad esempio all'inizio della fase dei vaccini,
girava la notizia che non ci si potesse ammalare tra una iniezione e l'altra del vaccino, in
realtà è abbastanza normale ammalarsi alla prima dose o alla seconda. In questo modo si
diffonde ignoranza, disinformazione e panico tra i lettori.
 
 Fake news su fake news; il caso di Charles Michel che viene preso in causa riguardo alle
politiche vaccinali europee. Molti giornali utilizzano i titoli click bait per prendere like e
lettori, con titoli "esca" ammiccanti che stuzzicano la curiosità del lettore (senza riportare poi
la notizia attesa, o riportandola assolutamente falsa).
 
 "I social mancano di rigore scientifico a differenza dei giornali"; come se fosse un copia e
incolla di informazioni prese anche male molto spesso. Inoltre manipolano le notizie.
 
 Ciò che distingue il giornalismo professionale da quello dei social è la cura editoriale; ci
sono persone addette a controllare i contenuti e ciò che è scritto nell'articolo, ma spesso la
cura del contenuto non è adatta quanto la cura del testo (vedi copia e incolla anche di molti
errori). Anche notizie di una certa gravità vengono scritte con non curanza e spesso copiate
male, senza rileggerle e correggerle. Spesso si copia per essere indicizzati e avere anche noi la
notizia, con l'intento di essere primi. Con l'arrivo dei social, le notizie arrivano prima su
twitter e dai rispettivi giornalisti e giornali online. Viene usato spesso il "copia e incolla" per
avere solo la notizia in testata, con una più alta probabilità di creare indicizzazione e
indignazione (utile per la futura lettura attentiva del lettore).
 
Il giornalismo si è contrapposto alle informazioni riguardanti il potere; il giornalismo tradizionale si definisce
"indispensabile" per proteggere i lettori da propagandisti, manipolatori e dilettanti del web, ma scrivono
articoli dai titoli quasi comici riguardanti il nuovo governo Draghi: "il campione è il cane di Draghi", "i
superpoteri di SuperMario" ecc.
È tutto troppo falso, sia le informazioni riportate che l'agenzia che c'è dietro agli editori.
Gli scandali dietro ai social media ci sono eccome, ma vengono ingranditi a dismisura senso un senso logico.
 
LA MALA INFORMAZIONE
La mala informazione esiste ovunque nel mondo, anche sul New York times e altri giornali famosissimi con
giornalisti ulteriormente famosi.
Il cambio generazionale può cambiare la situazione solo nel momento in cui il modo di pensare ed
esprimersi è diverso dalla generazione precedente; è molto utile avere un grande spirito critico per andare
avanti con i propri pensieri.
Metafore violente e gergo militare (massacrato, umiliato ecc.) è molto comune nelle prime pagine di
giornali sia di destra che di sinistra, spingendo all'odio e alla violenza contro i diretti interessati.
 
Gli "insulti" verso determinare persone vengono messi spesso tra virgolette ("..") in modo tale da
farla passare come una citazione o una sintesi e non una dichiarazione vera e propria della redazione,
come dovrebbe essere.
 
"Siamo in un mondo scarso di valori e ricco di cattiveria e ignoranza"
 
Ci sono media adeguati a un contesto democratico?
Non necessariamente dobbiamo schierarci dalla parte dei nuovi media, la causa del collasso del sistema
generale epistemico, va cercato all'interno dell'intero sistema mediatico. Il mondo in cui siamo immersi
produce delle disfunzioni epistemiche.
Alcuni problemi:
 Social e responsabilità editoriale
 Moderazione dei contenuti sui social media e sulle testate tradizionali (esempio di Trump e
twitter lezione 10.03)
 Radicalizzazione e polarizzazione fuori e dentro i social
 Libertà di espressione fuori e dentro
 Modelli di giornalismo in crisi e modelli (alternativi) di giornalismo in salute.
 
*Il modello di business dei giornali sono i numeri delle vendite, delle pubblicità che sono molto in crollo e il
giornalismo si finanzia sostanzialmente dalle vendite in edicola e si iniziano a usare e comprare
maggiormente spazi pubblicitari online e sui social (facebook/google). Per avere maggiore traffico si usano
spesso titoli "acchiappa like" in modo da avere più views e, di conseguenza, guadagni.
 

L3 - LONG FORM JOURNALISM


Il limite che c'è sulla carta, online non c'è; si tende a scrivere articoli lunghi che servono a spiegare e
contestualizzare alcuni argomenti che prima erano tipici di soli periodici e settimanali.
Si tende a fare long-form journalism, ovvero scrivere testi molto lunghi, anche di 4-5 pagine per
approfondire certi aspetti anche sul cartaceo. È un aspetto molto nuovo che online si sta divagando in fretta
e viene apprezzata spesso anche la loro chiarezza, diventando anche virale. Quando si riesce a spiegare
qualcosa di difficile viene appezzato molto di più dai lettori in cerca di notizie veritiere e interessanti,
parlando anche di altro oltre che della situazione politica attuale.
 
DENTRO LA GUERRA PER L'INFORMAZIONE
È una guerra molto lunga quella tra giornalismo e nuovi media, che parte dalla loro creazione, la prima
vittima è la "verità" e in questo caso chi dice le informazioni che vengono poi distorte e cambiate.
Sembrerebbe che la minaccia contemporanea sia "internet", di "piattaforme"(social media)…
 
LA GUERRA MEDIATICA IN AUSTRALIA
"può l'Australia salvare il giornalismo da internet?"
 
Quando si parla di piattaforme web intendiamo social per comunicare e condividere contenuti. Questa
guerra viene combattuta tra i grandi monopolisti di internet, come Zuckenberg.
 
L'assunto che motiva il titolo del New York Times è un nuovo soluzionismo tecnologico, si sta dicendo che il
problema è il giornalismo in sé e non il suo mutamento lunghissimo e la sua vicinanza alla politica (con
eventuali preferenze), dando tutte le colpe a internet.
 
"WEB TAX" è una tassa per tutte quelle persone che hanno creato i social e i nuovi media come le maggiori
app di intrattenimento e svago.
Sarebbe inutile avercela con i nuovi media, sarebbe meglio unirsi e collaborare per crescere e migliorarsi,
esponendosi a un pubblico più ampio.
 
È molto improbabile che tutti i post che si pubblicano con articoli diventino virali nonostante il buon
contenuto.
 
C'è un grande problema, UN PROBLEMA DI FIDUCIA nei social.
 
L'offerta informativa che viene data al pubblico non è sempre di qualità, c'è un crollo continuo e mondiale
nella sua fiducia. Il corona virus in questo periodo ha sì, peggiorato la situazione, ma il calo stava arrivando
già da prima.
 
Ma non sono le piattaforme ad avere bisogno dei giornali in quanto i loro fatturati sono abbastanza alti
anche senza usufruire delle informazioni giornalistiche che non sono altro che un surplus della piattaforma,
a meno che alcuni articoli non diventino virali per diversi motivi (fa ridere? È eccezionale e unico?).
Se i lettori discutono su determinati articoli di giornale su delle piattaforme è perché nessuno è stato in
grado di fornire una piattaforma di discussione sul sito dello stesso giornale; le sezioni spesso sono chiuse,
private o completamente caotiche. In questo modo sembrerebbe che il lettore venga privato del suo
pensiero nei confronti della pagina del giornale, senza essere inserito nella comunità che si dovrebbe creare
e ponendo il giornalista in una posizione più alta rispetto al lettore.
 
 Il calo delle vendite delle copie cartacee di giornali negli US è iniziata negli anni '50, in
concomitanza con l'arrivo della televisione.
 Meno di 4 su 10 persone credono interamente a ciò che leggono sui giornali
 Il 46% crede nelle notizie che legge e consuma.
 
Ci sono poi differenze abissali tra paese e paese anche considerando l'instabilità politica del momento e la
sua polarizzazione. L'Italia ad esempio ha il 29% di lettori che credono a ciò che leggono, ovvero un 3 su 10
lettori.
 
Pagare per l'informazione online, quindi abbonarsi a dei giornali online, rimane un eccezione di pochi e
soprattutto di alcuni interessati seriamente. Dal 2014 in poi le cose negli US sono cambiate molto, passando
dal 24 all'11% degli abbonati, cosi in tanti altri paesi anche europei.
In Australia solo il 14% dei lettori paga per le informazioni, in Norvegia il 42% (forse per la buona
informazione o per il reddito maggiore?). Il dato si abbassa nel sud Europa con dati che vanno dal 7 al 13%.
 
Negli ultimi 20 anni le pubblicazioni della pubblicità cartacea sono cambiate e diminuite drasticamente con
l'arrivo delle piattaforme digitali, portando delle percentuali molto basse (statisticamente), circa al 10%.
L'advertising digitale è in aumento mentre quello televisivo è all'incirca lo stesso.
Sono le piattaforme e non gli editori a prendersi i guadagni degli adv, ovvero google e altri.
 
Si vive in una realtà in cui i fatti andrebbero visti in una maniera unica e globale, in modo oggettivo.

L4 - COME SI SCRIVE UNA NOTIZIA


 
PRINCIPI CARDINE DELLA SCRITTURA DELLA NOTIZIA:
 Linkare/indicare sempre le fonti, sembra banale, ma molto importante anche nella nostra
sede d'esame.
 Citare correttamente ciò che citiamo, se si prende un passaggio di un qualsiasi articolo va
bene, ma non fare copia e incolla. Ogni dato che va messo, va motivato (perché hai messo
proprio quel link? Usare link attivi).
 Esporre in modo chiaro e fattuale (se il lettore non capisce, la colpa è di chi scrive).
 Separare il più possibile fatti e opinioni; dare una propria opinione è importante, ma sono da
separare e da specificare bene. Il commento personale deve sapersi orientare anche senza far
leggere la parte dei fatti.
 Dare subito la notizia senza giri di parole. Non si devono selezionare solo i fatti con cui
andiamo d’accordo noi, escludendo il resto.
 Evitare dettagli non necessari e personali (di stile). Non si parla di se stessi, di avvenimenti
accaduti a noi in primo luogo. Si racconta la realtà, non noi stessi.
 
 Le notizie devono avere una struttura precisa; attacco della notizia con i suoi paragrafi e il
background (sfondo e scenario).
 Lo stile è molto importante dal punto di vista comunicativo, semplice ma non banale.
 Le frasi è meglio che siano brevi, non troppo lunghe e con poche subordinate.
 Da evitare le frasi fatte, gerghi e dialetti. (possono essere usati per contestualizzare, ma
vanno spiegati)
 Le espressioni tecniche e gli acronimi vanno spiegati per esteso. (dipende dal contesto, ma
vanno sempre spiegati, che sia politica, informatica o qualsiasi altro argomento)
 Non vanno messi i tempi condizionali (o virgolettati) per giustificare informazioni non del
tutto precise per mettersi al riparo dalle possibili conseguenze.
 I cognomi vanno preceduti dal nome almeno la prima volta che vengono usati; vanno usati
anche i titoli se si parla di politici, professori, certi lavoratori.
 Non vanno usate caratterizzazioni etniche o regionali (vanno spiegate almeno).
 
COME GESTIRE GLI ERRORI
 
Quando si sbaglia non si rimuove l'articolo o l'errore, si devono dare spiegazioni motivate dell'errore e dare
la formulazione giusta della notizia ("errata corrige" sul quotidiano del giorno dopo o delle repliche scritte
meglio).
Si devono motivare e dichiarare tutte le modifiche.
Un articolo può essere rimosso solo nel momento in cui si andrebbe a recare un danno al lettore
( disinformazione su vaccini durante la pandemia). Non si porta a cliccare su contenuti non idonei, come
pedo pornografia. Quando si pubblica un contenuto propagandistico bisogna essere in grado anche di
contestualizzare il significato e la notizia.
 
CONDIVISIONE SUI SOCIAL
 No tag multipli per far diventare virale un contenuto.
 No titoli click bait "leggi qui", titoli accattivanti e che attirino l'attenzione in modo seduttivo.
 Non rubare foto da profili privati sui social, se non si sta parlando di loro (c'è un apposita
legge sulla privacy).
 Le dichiarazioni sui social valgono, ma non possono sostituire telefonate e/o interviste faccia
a faccia.
 Scrivere e ottimizzare contenuti per il web è ok per ottimizzare le ricerche.
 Dividere con accortezza la vita privata da quella lavorativa sui social, soprattutto se vengono
imposte delle linee guida dall'azienda/redazione/testate. Sono da dividere i pareri personali
da quelli lavorativi.
I lettori devono essere visti come posti alla pari delle testate giornalistiche, in grado di leggere e avere dei
pensieri su ciò che vedono. Nelle community se ne parla costantemente; scrivere un articolo non è solo
scriverlo e pubblicarlo, ma avere anche il tempo di discuterlo e spiegarlo se ce ne fosse il bisogno. Si deve
investire tempo e imparare dai lettori nel rispondere.
 
Per assicurarsi che una notizia sia vera al 100% è bene assicurarsi che esca da delle istituzioni e agenzie
(come quella sanitaria se si parla di vaccini); se una notizia corrisponde su diversi giornali locali, ma anche
esteri, possiamo essere sicuri che la notizia sia vera.
 
 
È molto comune dare una propria preferenza/opinione con aggettivi di preferenza o no. La grammatica è
molto importante, come anche il linguaggio; bisogna saper maneggiare bene le proprie parole.
Ci si è abituati a considerare normale l'opinione in articoli di cronaca, che non dovrebbe esserci, per questo
spesso tendiamo a mettere la nostra opinione anche inconsapevolmente.
Sono da evitare troppi virgolettati nel caso in cui l'articolo sia corto (10 righe circa), specificando anche
dove è stata presa la fonte.

L5 - GUERRA PER L'INFORMAZIONE


 
Disintermediazione: togliere fattori di mediazione, distruggere figure che interpretano la realtà al posto
nostro. Togliere passaggi tra me e l'interpretazione di un qualsiasi fatto reale.
Tutti possiamo accedere alla Bibbia, leggendola, ma il cattolicesimo in chiesa ce la spiega la parola di Dio
come vuole lei.
Ogni lettore è interprete della realtà, fedele interprete di ciò che legge; si tende a voler interpretare a modo
nostro la realtà.
Vista come una distopia dagli editori tradizionali che vedono perdere il peso del loro ruolo.
Chi sostiene le piattaforme tecnologiche la vede come un utopia.
 
 Le cause delle crisi commerciali del giornalismo contemporaneo, può avere delle mutazioni
derivanti dall'ambiente mediatico e dalle sole piattaforme
 Lo scontro tra editoria tradizionale e nuovi media è una guerra commerciale e ideologica e tra
opposte utopie.
 Questa guerra gira intorno alle diverse interpretazioni del concetto di "disintermediazione"
 
 COME DISTOPIA
 
Chi sta sulla TORRE.
Sempre più persone saltano le informazioni che non ritengono importanti, dipende dalla persona che
ritengono affidabili. Un articolo inizia a vivere nel momento in cui è stato pubblicato e lo scrittore deve
occuparsi di rispondere ai commenti in quanto la notizia è diventata ubiqua e c'è una responsabilità
editoriale, non se ne può fuggire. È importante porsi in maniera paritaria al lettore. È molto importante
scusarsi per articoli e parole non chiare e poco conosciute, rendendo conto di ciò che si scrive, mettendosi
al pari del lettore senza porsi in una posizione di potere/superiore.
 
Oggi le gerarchie di chi comanda le informazioni sono un po' diverse; spesso viene ascoltato un soggetto
conosciuto (come influencer, youtuber che riportano la notizia).
Il volto della gerarchia base italiana (l'uomo bianco supremo, ricco e lavoratore) sta morendo, sta andando
a collassare.
Vengono riconosciute piccole minoranze di persone con ideologie e cultura differente dalla gerarchia
dominante; articoli scritti da donne, omosessuali, trans, di colore, asiatici, femministi, maschilisti ecc.
Nessuno ha il diritto di imporre la propria morale agli altri.
 
Ci si può trasformare da consumer a prosumer in quanto ogni lettore è anche potenziale creatore di
contenuti, non solo fruitore, distruggendo la differrenza tra professionista e amatore. Sono delle opzioni
che si creano davanti a un giornalista.
 
C'è una manipolazione delle menti, come merci manipolabili per i propri scopi; viene definita come l'era
delle fake news.
È l'inizio, l'apice del complottismo, della sorveglianza e del capitalismo. Il vero e il falso diventano la stessa
cosa, si va a manipolare l'intera idea di business.
 
 COME UTOPIA
 
Si parla dell'era della PIAZZA, il mondo di oggi
C'è una realizzazione dell'utopia; la disintermediazione rende la notizia democratica. Tutti possono
accedere in qualche modo alle notizie, che siano su giornale o online. La verità si scopre insieme, nella
Piazza, trasmettendo la notizia come un network, una rete di persone che comunicano, non per forza una
rete chiusa e controllata.
 
Tutti abbiamo una voce utile e importante per essere un po' tutti dei giornalisti in grado di fare
informazione. I soggetti qui passano dall'avere -autorità- ad avere -autorevolezza-. Ti premio se te lo meriti,
non dipende da chi sei e dove lavori.
 
Un'utopia di connessione, empowerment, collaborazione paritaria, intelligenza collettiva.
 
 DISINTERMEDIAZIONE
Significa rendere superflua una forma di intermediazione tra realtà e lettori, ma anche re-intermediare,
ridare e ricostruire il rapporto di potenza che erano stati distrutti dall'innovazione tecnologica.
1. Non serve più aspettare esca il giornale per sapere la notizia che sta accadendo nel mondo
ora che esistono i social, anche la televisione può essere definita superflua e quasi superata.
2. I social media, quando si impara ad usarli adeguatamente, diventano nuove forme di
intermediazione delle notizie e del sapere.
Le piattaforme social sono sproporzionatamente più forti, potenti e importanti rispetto alle editorie,
c'è uno squilibrio di potere che ha portato alla creazione della legge australiana.
 
 
Entrambe le visioni hanno dei problemi, con una faccia buona e una cattiva:
 La disinformazione come distopia ignora il beneficio della disintermediazione in cui vengono
cambiate le informazioni e la prospettiva di visione della notizia.
 La disintermediazione come utopia ignora il ruolo della re-intermediazione, il crearsi delle
gerarchie (le informazioni nelle mani di poche piattaforme) e gli squilibri di potere finiscono
per dettare legge e le informazioni vengono filtrate.
 
I DISINTERMEDIATI (intermediari dell'informazione digitale) avevano due strade da intraprendere: o
rinnovarsi e comprendere la nuova era di informazione (i social e le nuove piattaforme)rimanendo rilevanti
e profittevoli della nuova era incombente o resistere al cambiamento e arroccarsi all'interno della "Torre",
demonizzandolo e cercando di non farsi passare sopra dal cambiamento; cercare di obbligare i vincenti di
pagare pegno per aver introdotto certe situazioni. Siccome i nuovi media hanno un metodo più efficiente di
far circolare le informazioni, hanno un modo migliore di far discutere di sé dal pubblico, aggiornano in
maniera veloce ed efficiente, devono pagare per la loro efficienza.
È stata scelta la seconda strada, demonizzando il nemico ed estorcendo le informazioni che gli passano
sotto mano.
 
I critici ripetono "non fanno abbastanza" per quanto riguarda le piattaforme digitali; per quanto riguarda
contenuti d'odio non tolti subito, contenuti di propaganda, disinformazione.
Cosa si dovrebbe fare per "fare abbastanza"?
Alcune proposte di legge identificano dei limiti precisi per alcuni tipi di contenuti (proposta UE in materia di
contenuti terroristici), se entro 24h non vengono tolti i contenuti c'è una multa. Per evitare ciò sono stati
implementati dei filtri a prescindere; se la parola viene filtrata non c'è più niente da perdere.
Le piattaforme in quanto tali non possono essere considerate editori, dovrebbero editare, come dice il
termine stesso, milioni e miliardi di contenuti (pezzi sbagliati, ripetizioni ecc.).
Il risultato è l'utilizzo di algoritmi o schiere di moderatori umani e sfruttati (sottopagati anche).
 
Per giustificare la crisi del giornalismo si è arrivati alla guerra contro i social, è da oltre un decennio che gli
editori incolpano internet per ogni sorta di male sociale e individuale.
A rigor di logica, si dovrebbe tornare a un passato in cui informazioni e piattaforme digitali non hanno
niente a che fare l'una con l'altra. Togliersi dai social in quanto considerato "il male" dell'informazione ed è
produttore di anti democrazia.
 
Le piattaforme portano traffico agli editori, ma vengono costrette a pagare per farlo (come se gli editori
avessero una sorta di diritto al dominio del mercato pubblicitario).
Il pagamento riguarda anche un link a un contenuto; nemmeno alle sole notizie vere e proprie, ma anche a
"qualunque altro contenuto riporti, investighi o spieghi questioni correnti o eventi di interesse della
popolazione australiana").
 
Molti paesi in giro per il mondo stanno prendendo in considerazione il pagamento per il linkaggio su
internet.
L6 - Si è perso in modo notevole il traffico proveniente da internet, ma grazie a questo si è rialzato il giro
delle notizie e informazioni in maniera diretta; per informarsi le persone tornano a cercare la pagine della
testata giornalistica preferita.
La censura derivava dallo Stato e non le aziende private, oggi facebook come soggetto privato può decidere
che certi contenuti non possono essere esposti sulle sue pagine e può decidere di privare l'accesso alla sua
piattaforma a chi vuole. Ogni soggetto privato ha le sue regole.
 
Non è un valore democratico avere un giornale che si accanisce contro "negri, terroni, gay, trans" ecc.
nominati in questa maniera anche abbastanza discriminatoria e che di democratico hanno ben poco.
 
Il giornalismo fa parte sia del problema che della soluzione riguardante la "battaglia" contro la fake news.
 
FACT CHECKING
il controllo delle proprie notizie e se i fatti sono o no veritieri e comprensibili. Sarebbe cosa buona che
molte testate italiane avessero un ufficio di fact checking, ma si risolve tutto nell'omertà in cui non si può
parlare male dei propri giornali, non una cattiva parola. In democrazia di certe cose si parla normalmente,
conta il messaggio e non il messaggero.
 
QUESTIONE TRUMP E TWITTER
La libertà di espressione e la censura non c'entra con ciò che è stato fatto all'ex presidente Trump; la libertà
di espressione non centra con la libertà di chiamare e invitare i propri seguaci a commettere crimini e
compiere atti non leciti, portando all'invasione della casa bianca il 6 gennaio.
Ci sono forme di ipocrisia che vanno bene per alcuni e per altri no.
 
L'ipocrisia non è a senso unico, vale sia per le piattaforme che per…

 
Invece di creare una legge che costringe le piattaforme ad avere accordi con i giganti dell'informazione e i
social media e privati, sarebbe meglio creare una legge che imponga ai colossi di pagare una tassa adeguata
in proporzione ai guadagni (spesso molto alti). Sorge speso il problema della tassazione, investendo i soldi
raccolti per finanziare il giornalismo di qualità anche se più debole.
Se il problema è il modello di business che viola la privacy in quanto sorveglia tutto, bisogna intervenire sul
modello di business scelto, senza estenderlo ai media tradizionali in modo che possano fare data- minding
anche loro.
 Le realtà che producono giornalismo interessante, sono realtà piccole e indipendenti, più
coraggiose, non saranno mai sostenute dalle facciate.
Si vuole allineare la comunicazione e l'informazione di grandi industrie diverse tra loro anche a discapito dei
cittadini con media più controllati e controllabili.
 
Il giornalismo non è fatto per stare solo sulle piattaforme e nemmeno solo sulla carta; le piattaforme non
devono essere definite come il male del giornalismo. C'è continuo scandalo e disinformazione che si nutre
di engagement e viralità, l'interazione con contenuti che ci vengono dati a noi e a nessun altro.
 
Il giornale cartaceo sta sparendo, sempre più utilizzati i social e le testate online.
 
Abbiamo altre idee di giornalismo per farlo andare vanti in un futuro:
 Giornalismo Crowd- funded, si chiede finanziamento ei lettori, l'interesse è fare l'interesse dei
lettori. Si va a costruire una comunity in cui si è alla pari tra testata e lettore.
 Giornalismo individuale, ci si mette improprio. Ci si apre un canale personale su siti specifici in
cui si ha la propria e personale newsletter.
 Giornalismo focalizzato sulla verifica delle affermazioni e dei fatti; viene utilizzato il fact-
checking, i fact news ecc.
 
FAKE NEWS E DISINFORMAZIONE
Questione Donald Trump e ban da twitter e altri social
Le fake news sono una caratteristica che si associa maggiormente ai social, l'espressione è stata inventata
dalle persone che si trovano "nella Torre" per dire come i social siano responsabili di questa nuova era della
post- verità e fakenews sulle piattaforme.
 
A causa della pandemia, le votazioni negli USA sono state fatte maggiormente via posta che di persona per
non creare assembramenti. Ci si è fidati di più delle istituzioni, anche se i repubblicani hanno preferito
aspettare e dubitando di loro, pensando in una manipolazione dei voti. Trump messe in giro la voce di un
complottismo sui voti postali "dovete andare al seggio quel giorno o non vinciamo".

L7/L8 - FAKE NEWS 2.0


Le fake news non sono dominio esclusivo dei social quindi, infatti, ne mutano solo alcune dinamiche, la
questione non è solamente tecnologica, ma anche una questione soprattutto politica ed economica.
Come nel caso del vaccino, paragonato al giornalismo, l'unica cosa da fare è fidarsi degli esperti. Ci troviamo
in un paese iper democratico anche se in quanto a decisioni spesso non lo è.
Tante situazioni a cui viene data la colpa la piattaforma social sono in realtà state create dai media
tradizionali, ma anche da influencer, politici e non da robot e bot, account fasulli, ma bensì da persone vere
e riconoscibili. L'editoria si scaglia contro i social media.
 
Abbiamo testate tradizionali che da anni accusano di spingere e promuovere tramite algoritmi delle notizie
false (teoria del complotto, propagande estremiste), mentre le piattaforme cercano di limitarne la
circolazione senza rimuovere questi contenuti. Si accusano le piattaforme di diffondere contenuti
estremisti, mentre hanno fatto di tutto per limitarne la circolazione (togliere la condivisione e l'interazione
con la notizia) e per questo vengono accusate di censura.
Nel caso di Facebook e Twitter per il caso del ban di Donald Trump, è stato spiegato come l'ex presidente
non rispettasse con i suoi tweet e post le linee guida imposte dalle piattaforme, incitando e invitando
all'odio e atti violenti.
La libertà d'espressione non significa avere per forza un'amplificazione algoritmica di ciò che si dice; non c'è
il diritto di avere account social, è una semplice concessione che ci viene data firmando un "contratto" di
un'azienda privata, in cui sono spiegate e scritte le linee guida da rispettare. Le regole rimangono quelle
della vita reale e vengono aggiunte quelle delle piattaforme.
 
Non ci troviamo nell'era delle fake news in quanto queste esistono da sempre, da prima dell'esistenza dei
nuovi media e dai social. Possiamo dire di non essere mai stati in un'era del vero. Nel ventesimo secolo,
detto secolo breve, troviamo spesso delle notizie false.
Si vuole far passare che sia colpa di chi sta fuori dalla "Torre", quando invece la questione è molto più
complessa e riguarda tutti noi e il mondo in cui siamo immersi continuamente.
Il trolling esiste da sempre e non si è creato con l'entrata dei social media; prendiamo come esempio "la
guerra dei mondi", un troll radiofonico fatto nel 1938 leggendo un racconto. C'è stato dietro una grande
abilità di manipolazione i vecchi e nuovi segni distintivi della credibilità. (nomi, indirizzi, dettagli hanno reso
la storia più credibile).
 
 Fake news (notizie false, del tutto o in parte o manipolate)
 Utenti fake (bot e non) che generano traffico falso
 Giudizi falsi (quante recensioni sono reali?)
 Follower e amici falsi (comprati)
 Metriche false ( per misurare le visualizzazioni e il valore di uno spazio pubblicitario online)
 Pubblicità false (che diffondono notizie false)
 Deepfakes (audio e video fake)
Per creare una notizia falsa servono pochi soldi e attira molto l'attenzione dei lettori.
Le fake news non sono di dominio esclusivo dei social media, ne mutano alcune dinamiche di
interpretazione (bot-net, reti di bot).
 
il passato ci aiuta a capire e spiegare il futuro del mondo mediatico che ci aspetta.
 
NON CHIAMIAMOLE FAKE NEWS
Ci troviamo in un periodo che possiamo definire come Infotainment; continuamente viviamo in un contesto
che mischia e unisce informazione e intrattenimento, invitando, ad esempio, politici a testate di gossip e
programmi televisivi. È un insieme di politica, informazione e intrattenimento; c'è sia del vero che del falso,
un mondo di mezzo tra informazione e non.
 
Non vogliamo chiamarle né bugie né fake news o manipolazioni, non ci aiuta a specificare le diverse forme
presenti di questo aspetto che ha diverse forme.
Chiamiamole quindi
 DISINFORMAZIONE (parlare senza saperne troppo su un certo argomento) "diffusione
intenzionale di notizie o informazioni inesatte o distorte allo scopo di influenzare le azioni e le
scelte di qualcuno.
È un informazione falsa creata con l'intento di causare un danno; la notizia in questo caso è stata
costruita dal nulla (in quanto falsa) per creare danno alla persona che subisce ed è vittima della bugia.
"diffusione intenzionale di notizie e informazioni inesatte e/o distorte allo scopo di influenzare le
azioni e le scelte di qualcuno."
 
 MISINFORMAZIONE (informazione falsa diffusa senza volerlo) quando la disinformazione
viene diffusa sui social media spesso può convertirsi in "misinformation";nel caso in cui il
contenuto sia disinformativo sia condiviso da una persona che non è consapevole della
notizia falsa o ingannevole.
Le notizie false vengono divulgate inconsapevolmente, come una catena di sant'antonio, le
condivisioni di massa.
 
 MALINFORMAZIONE, è una notizia vera estrapolata dal suo contesto inserendola in un altro e
usata per creare un danno. Volontariamente si sottrae l'informazione dal suo contesto per
dargli un altro significato all'interno di un altro contesto diverso.

 
"Fake news" è un espressione generale che non ci va a specificare il caso della notizie e come sia stata
manipolata e a che scopo; è un termine da sempre usato dai tiranni per smentire le proprie azioni.

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