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Storia della filosofia con Elisabetta Scapparone 2019-2020

1. G. Bruno, Cena de le Ceneri (Proemiale Epistola e Dialoghi I, III e IV) in Id., Dialoghi filosofici italiani, a cura e con
un saggio introduttivo di M. Ciliberto, Milano, Mondadori, 2000, pp. 9-39 e 61-107 (N.B.: La lettura del Dialogo II è
facoltativa);
G. Bruno, Spaccio de la bestia trionfante (il solo Dialogo III), in Id, Dialoghi filosofici italiani, sopra cit., pp. 595-668;
G. Galilei, Scienza e religione. Scritti copernicani, a cura di M. Bucciantini e M. Camerota, Roma, Donzelli, 2009, pp.
XI-XLVI, 3-84, 249-262 (corrispondenti a: Introduzione; Lettere a Benedetto Castelli, Piero Dini, Cristina di Lorena;
Dossier sulle vicende 1615-16);
B. Spinoza, Trattato teologico-politico, in Id., Opere, a cura di F. Mignini e O. Proietti, Milano, Mondadori, 2007
[paperback 2015], pp. 427-569, 622-659 [Prefazione, capp. I-VII e XII-XV].
2. Oltre alla conoscenza approfondita dei testi indicati al punto 1, è richiesta la lettura di due saggi a scelta fra i
seguenti:
- M. Bucciantini, Galileo e Keplero. Filosofia, cosmologia e teologia nell’età della Controriforma, Torino, Einaudi,
2003;
- M. Bucciantini, M. Camerota, F. Giudice, Il telescopio di Galileo. Una storia europea, Torino, Einaudi, 2012;
- Il caso Galileo. Una rilettura storica, filosofica, teologica, a cura di M. Bucciantini, M. Camerota e F. Giudice,
Firenze, Olschki, 2011;
- M. Ciliberto, La ruota del tempo. Interpretazione di Giordano Bruno, Roma, Editori Riuniti, 2000;
- Thomas Kuhn, La rivoluzione copernicana. L’astronomia planetaria nello sviluppo del pensiero occidentale, Torino,
Einaudi, 2000;
- S. Landucci, La doppia verità. Conflitti di ragione e fede tra Medioevo e prima modernità, Milano, Feltrinelli, 2006;
- S. Nadler, Un libro forgiato all’Inferno. Lo scandaloso Trattato di Spinoza e la nascita del secolarismo, Torino,
Einaudi, 2013;
- S. Ricci, Davanti al S. Uffizio. Filosofi sotto processo, Viterbo, Sette città, 2011;
- S. Ricci, Inquisitori, censori, filosofi sullo scenario della Controriforma, Roma, Salerno, 2008;
- P. Secchi, «Del mar più che del ciel amante». Bruno e Cusano, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2006;
- L. Strauss, La critica della religione in Spinoza. I presupposti della sua esegesi biblica, a cura di R. Caporali, Roma-
Bari, Laterza, 2003;
- L. Strauss, Scrittura e persecuzione, Venezia, Marsilio, 1990; 
- L. Vinciguerra, Spinoza, Roma, Carocci, 2015.
3. Per una conoscenza generale della storia della filosofia tra ‘400 e ‘600 si consiglia poi la consultazione selettiva di
uno dei seguenti manuali:
G. Belgioioso, Storia della filosofia moderna, Milano, Mondadori-Le Monnier, 2018;
F. Cioffi et al., Il testo filosofico. Storia della filosofia: autori, opere, problemi, vol. 2: L’età moderna, B. Mondadori,
Milano, 1992 (e successive edizioni);
L. Fonnesu, M. Vegetti et al., Le ragioni della filosofia, 2: Filosofia moderna, Firenze, Le Monnier, 2008 (e successive
edizioni);
Storia della filosofia occidentale, a cura di G. Cambiano, L. Fonnesu e M. Mori, vol. 2: Medioevo e Rinascimento; vol.
3: Dalla rivoluzione scientifica all’Illuminismo, Bologna, Il Mulino, 2014.

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Il tema del corso è il confronto tra “Verità e legge”, che si articola anche tra la coppia “parola e natura”.
Giordano bruno da Nola (1548 - 1600). Galileo Galilei da Pisa (1564 - 1642). Baruch Spinoza da Amsterdam (1632 -
1677) sono i nostri autori. Tutti e tre sono portatori di novità teoriche che cozzano con quella che apparteneva, invece,
alla rocciosa verità delle istituzioni, come appunto quella della autorità ecclesiastica, in parte cattolica, ma anche
calvinista, come nel caso di Spinoza.
Il contrasto con l’ortodossia e il rapporto con la verità sono due aspetti che accumunano questi tre filosofi e scienziati,
che si posero questa domanda: Qual è il rapporto tra la verità e la filosofia? Qual è il compito del filosofo? La verità è
influenzata dal tempo?
Perché prenderemo in esame questi tre autori?
Bruno si forma a Napoli in un ordine domenicano, in San Domenico maggiore, è figlio di un uomo d’arme e di una
donna di condizione media. Frequenta luoghi intellettualmente vivaci e dal pensiero eterodosso, accessibili anche ai
meno ricchi. San Domenico maggiora rappresentava un luogo in cui poteva laurearsi in teologia, ma anche innovare.
Il conflitto con l’ortodossia si presenta sin dalla giovinezza. Bruno è un pensatore ribelle, dal carattere particolare.
rse peregrinazioni e vaggi in europea caratetre paricoalre. nuovi testi e idee posiiblità i leggere. fiss sanni del covento gli
daranno un blocco fisso e ancherato tra cui san tommano, uan fonte fondamenatale, il cardien della filosofia cristiana.
anrittele e paltone, anceh se ne rovasia le colonne portanti anni in cui cerva di allontanarsi dall’ortodossi, 2 probelmi e
inceidenti disciplinari: 1566 e 1567 vev ricevuto uan lettera di richiamo. testi che rcconerà per il inquisizio di vnezia. un
atibiografia. il dicrò la berito, non ho paur, vi espongoo la mia filosofia e le mie idee. massima fedeltà posisibile. una
rcconto tra verit. fedelta. necessità di salvarsi.
tutti qiesti sono ricordi di breuno che in certi casi non ne parla parcamente ora fa finta di averli diemnsticati, in realtà
qisti aritci dimencitcati richiamvno difituo di santi e della trintà- per mettermi terrore
lo straccioù aveva allonanto le figure dei santi e si santìcateria e sent’antonia in più ave aletto un libro di edificaione alla
sette allegzze della maodonna, aveva detto di leggere invece le vite degli erie piuttosto che le opere dei santi. ci sembra
poco ma è una priam frantumazione dell’ortodossia !0 anni dopo il 1576, incodno sisto da luccca, copao di tutti i
domincani erchè a napoli era stato proessato due volte. l prima già detta assime a un solo crocifisso, accusato di
disprezzare il cristocentrismo e in santi. poi neure dubb sulal trnità. abbaiamo il secoeno amminimaeot. accusa che cl
ocosingono a uniscere dalla relgiione, e poi andare in francia a fare il maestro di grammatica e il professore
all’università di tolosa. tutti qieste sono indizzi che ci portano adun areligiosià di carattere ersmiano, si carattere
ssenzialei e non tollerate dall’autorità di napoli. richiamo alla purezza a ella sproutali, siboleggaiti dal centro del cstito,
e immagini dei santi simili alla superstizione. erasmo già nel 1559verrà all’indice dei libri proibiyi. bruno li legge e li
snaonti, ma di rvano “elogio della follia assime al enchiridion, il pugna letto del coldato cristina, in cui sotiene che per
arirvare a do attarerso pratiche e rimi rimangono solo eseriori, non sono suffcenti, ma si deve isperire la provia vita al
cristianesimi, anche col lo spirito. la preghiera nnon basta ci lascia nelal cerne delle leggge. “confidare in cosa che non
vagono nulla”, che dio detesta- esiempio: culto dei santi. è meglio imitare il loo esempio visrtusos. meno formailimso
più relgisone con morale severa con cstiano al cnetr. la vera reliquia è la parola di cristo, perché la paroal del figlio
sriamnda aquila del padre. testimoni, compgani di cella dellinquisizione di bruno che li tratta male. “si vatva che sin da
giovane cominciò a essere nemico della ffede cattolia, che si dovessero adorare meno i santi e più cristo, da cui poi si
allontanò”. rigifuto puro della figura del custo per motivi relgiiosi, tolgici e filosoifco. a difffernza di spinoza che
amnitee un psoto per cristo.
prima di andare a Roma nel 1576 anccusano per discolparsi o per richiamo
ii incidente: un’inchiesta affidata al padre che si ccuova di ettti i coventi per erseia. cerca di eliminare, smussare i nodi
po abbandona l’anto e si dedica a una nuova ivta-
un yanto troviamo i libbri nel convent e così va per l’europa, tolosa, praigi londara, di novo in franca e germian, prga,
italia denuncia e poi subisce il processo.
matura unidologia antritriniatria meo roesso dice di non credere più alla figura di gesù da quando ha 18° nni,, svelerà
dpoi che condivvera con le porisoni di peudera e con ario, eseria che rifirano la diemsione di dioe del figlio. prima
eresia di rimi dottinra secolo della. il ligio non ne della sonatza del padre divineo, per riconsciemento non per natura.
sarellino ve re figure delal trinità sno modelità della appartizioe dell’uncio dio infino sul finitoò berrà interrrocidio
sull’deologia tramintaroa la nstura di di, a la sua produzione-
bruno ritirnr che uan natura semplicissima ma priam di attrabuti infini densissimi, pensarla signfica ridurla a meno cdi
ciò che è, il che una bestemmia per bruno. di conte alla natura divina.
rifiguto del linguaggio del dogam trinitario anno parlato in mdod corrietti i veri eretici anche che i novi formali
soclstici. un esnesgmaneto dato da uno dei suoi maestri antecedenti al collgio teofilo da avairano agostiniano. e
affasinste in quieto quende val des 1541 maestro di spsirtulaità che prota in italia della spagna un criolo a lumbros
eterodossa vittoria colonna reginald poe, un ambinete di confine. un unsgemaneto fecondo che si incrcia con altri sottine
di cui abbaiamo più risocontri. non abbauamo documenti sul fatt che bruno conscensse qiesti ambineti.
antibattisti ariani negli inquisitori trovan i nomi di che cercavano di far muovere ciasuno alla propia strada verso dio-
rifiguto del pur, dei snanti, immgini, comnione, cristo è uomo, c’era un solo doo, che delle critso suo figlio prediletto
compenzo tizziano.. gsù ha un’unica natura: qualla uamna. antoni d’laessio ctstio non è concepito se snon in modo
comunce con gli altri uomini, e dio alcueni doni che lo anno reso tale. posizoe dario.
frncesco renato di calabria, per cui cristi era concepito da giuseppe e maria ma riccon degli attributi di diio, arrivao a
napoli simise di credere alla consenzioralià con il padre. uno e trno èbetemmia per bruno il nucoe che meyte a fuoco nel
convento è filosofico, il prbelam dell’impossiiblità di cristo di essere ilgio dell’uomo e ilgio di dio, inzia da cusano (una
grande fonte), per ui quale finito e infinto sono due cose diverse, non è posiible moltiplicare l’into, tra cui il cerchio, il
poligono sta lal sfarea, un salto senza infinto in un abisso. tra soatnza dina e una anon cè porporzione, non colmerà mai
neahce con gli eorici furori. dio sarà una figura diversa che solo l’universo ne può essere di azioen apo soto al posto del
cristo che ha porato luomo cieco ireso necessia a una figura per la liberazione.
la priam è una menzogna, che deve essere combattito, perché encozna, per aver ingannato gli uomini, capcice di
accecare gli uomini errante per aver adulterato una verità che per bruno è la vera verità, che è compito dell’uomo
cercare, prendere irma del messia, che allontana gli uomini dal divino.
tematiche che toccano il problema della verità e del suo possibile relativismo.

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“verità e legge. “linguaggi di parole” e “storia della natura” in bruno, galilei, Spinoza” la verità si può interpretare come
assoluta e unica oppure come plurale, fluida e molteplice. a noi interessa parlare di tre autori che diedero
un’interpretazione della verità diversa da quella istituzionale del tempo, ossia l’autorità ecclesiastica:

dopo la crisi aperta dalla riforma, nel Seicento la chiesa cattolica riesce a recuperare una forte identità istituzionale,
sulla base della quale, da un lato, si confronta con il mondo protestante; dall’altro, punta a riaffermare sulla cultura laica
un’egemonia esercitata fin dal medioevo. nel suo esercizio di tutela e verifica dell’ortodossia, la chiesa affronta anche
questioni di natura filosofica e scientifica, apparentemente aliene dal suo magistero spirituale, ma nei fatti considerate
pericolosamente eversive in quanto affidate a formulazioni non consone al dettato scritturale, alla norma teologica o al
precetto scolastico. gli strumenti nati sul terreno della lotta all’eresia religiosa e dottrinale - l’indice dei libri proibiti e il
tribunale dell’inquisizione - vengono così indirizzati a un controllo capillare e a un severo intento di normalizzazione
delle forme di dissenso culturale, come documentano esemplarmente le condanne inflitte a giordano bruno e a galileo
galilei. entrambi i filosofi concordano sul fatto che la nuova filosofia naturale post-aristotelica e copernicana possa
nascere solo dal rifiuto della tutela degli auctores del passato e delle ingerenze dei teologi: ma ognuno di loro argomenta
in forme diverse, originali (e, nel caso di bruno, aperte anche a mutamenti di prospettiva e a progressive
radicalizzazioni) la propria posizione circa il rapporto tra ’campo della legge’ (ossia l’insieme dei precetti biblico-
teologici) e ‘campo della verità’, fondata sul puro esercizio della ragione naturale. ancora differente, poi, la
prospettiva di spinoza, nel suo confronto articolato e sottile con l’ortodossia calvinista e con le diverse anime della
riforma. e differenti sono pure le ragioni teoriche che animano il suo poderoso tentativo di sciogliere il nodo secolare
che univa prospettiva dell’obbedienza e conclusioni della ragione, fede e filosofia, teorizzando l’autonomia e la libertà
di entrambe, nei rispettivi domini. l’originalità e il rilievo del suo trattato teologico-politico, tuttavia, non
riposano soltanto nel suo obiettivo ultimo, quanto nella via percorsa per conseguire tale fine: quella di un esercizio non
più circoscritto (come in bruno e galilei) ma capillare di ermeneutica biblica, in una prospettiva di ‘naturalizzazione’
dello stesso testo sacro, della sua genesi, delle sue strategie di lettura, del suo contenuto di verità.

i punti di convergenza tra questi autori sono: il conflitto con l’autorità ecclesiastica e il rapporto con la dimensione della
verità filosofica.
possiamo parlare di teologia in bruno? spinoza continua a chiamare quell’unica sostanza dio, spogliato da tutti gli
attributi che gli aveva dato la tradizione. quindi, dio non è solo quel dio inteso dalla religione, dalla tradizione e dalla
cristianità. bruno stesso cerca una risposta a questa domanda, ma le sue risposte non sono sempre coerenti tra di loro.
anche nella stessa cena delle ceneri e nello spaccio della bestia trionfante ci sono elementi contrastanti.

Rapporto con autorità ecclesiastica


tutto ciò che sappiamo della sua vita deriva da documenti del processo per eresia, ovvero delle sue confessioni fedeli,
ma smussate per eliminare spigolosi dubbi degli interlocutori, favorirsi il processo.
testimonianze dei compagni di cella (con cui non andava d’accordo)

a 18 anni entra in una università domenicana di napoli, detta san domenico maggiore, un centro di cultura
importantissimo, di libera formazione, mirata non solo a far prendere i voti per diventare sacerdote, ma incentrata anche
verso altre professioni e compiti. anche campanella frequentò questa scuola.

e non solo per chi voleva prendere i voti). lì si confronta con vari testi ma gli autori per lui centrali sono tommaso
d’aquino e i commentatori aristotelici.
tuttavia sin dai primi anni si scontra con ortodossia: in particolare ha due incidenti disciplinari:
riceve lettera di richiamo per:
aver tolto immagini di santi da cella e tenuto solo crocifisso
aver suggerito ad altro novizio di leggere imprese eroiche dei santi, anziché rosari
dieci anni dopo viene indagato per accuse di eresia di cui agli inquisitori all’inizio non parla (dice di non sapere quali
siano le sue idee attaccate) , ma si tratta delle sue teorie antitrinitarie si reca a roma non si sa se chiamato lì o per
discolparsi intanto nella sua cella vengono ritrovati testi commentati da erasmo da rotterdam (quindi eretici) lo viene a
sapere da lettere dei confratelli, abbandona la tonaca e parte per lunghe peregrinazioni (francia inghilterra francia
germania torna a roma, processato e condannato)
erasmoda rotterdam era ritenuto eretico e i suoi libri e commenti messi all’indice.
infatti sosteneva una religione spogliata da tutto ciò che fosse superfluo e basata sull’adesione interiore alla fede
piuttosto che sui rituali esteriori, che sono inutili se manca l’interiorità. pertanto disprezzava il culto dei santi in quanto
simile alla superstizione, così come molte pratiche religiose affermate al concilio di trento. inoltre era sostenitore del
cristocentrismo: cristo è l’unico che va onorato e venerato perché portatore del verbo divino.
tuttavia bruno si distacca anche dalla figura di cristo uno dei suoi compagni di cella dice che si vantava di disprezzare i
santi sin dalla nascita ma poi di aver rifiutato anche cristo.
infatti nel primo processo per eresia a naposli era stato attaccato per le sue tesi anti trinitarie, e al secondo interrogatorio
dell’inquisizione lo ammette. a questo punto l’inquisizione cerca di indagare meglio sul suo anti trinitarismo
antitrinitarismo di bruno:
in realtà gb era sostenitore di queste tesi già da prima del convento, ma in convento entra in contatto con testi che fanno
maturare la sua posizione:
rifiuta la consustanzazione mescolando le teorie di due autori eretici: ario (cristo è divino non per natura, ma per il suo
riconoscimento da parte di dio) + sabellio (le tre figure della trinità sono solo modi di essere di dio)
sostiene che dio, pur essendo ricco di ogni attributo e fertile, ha natura semplice la sua natura è unica non trinitaria
pertanto rifiuta anche il linguaggio scolastico con le sue formalizzazioni, sostenendo che di dio hanno parlato addirittura
meglio gli eretici
per arrivare a questo pensiero bruno unisce gli influssi di:
erasmo da rotterdam
eretici antichi (ario e sabellio)
riforma protestante (antidogmatica e antitrinitaria)
teofilo di avairano, agostiniano, che fu suo maestro prima di entrare in convento
fu probabilmente in contatto con i valdesiani, seguaci del circolo che juan de valdez fondò a napoli, che diffusero le
idee di ario e sabellio. anche loro furono anti trinitari e rifiutarono la divinità di cristo, ma tra i valdesiani e bruno ci
sono differenze:
valdesiani bruno
rifiutano purgatorio, santi, confession, eucarestia.. dio è semplice no trinità
cristo = uomo che fu abitato da dio il rapporto tra uomo è dio equivale el rapporto tra finito e
infinito tra i due c’è un divario incolmabile. quindi finito
e infinito, cioè uomo e dio, non possono essere uniti
nella figura di cristo.
l’uomo è spinto verso dio e verso l’infinito da eroico
furore, ma non ci arriverà mai
cristo si può ritenere divino non in virtù della sua cristo è un impostore e va combattuto perché:
sostanza, ma solo delle grazie conferitegli dal signore è falso
ha ingannato gli uomini
ha distolto gli uomini dall’unica verità, ossia che il
rapporto tra l’uomo e dio deve passare per la natura.
cristo e il suo culto hanno reso l’uomo cieco davanti alla
verità compito del filosofo è liberare l’uomo dalla cecità,
ma per farlo bisogna prima smascherare l’impostore.

dimensione pratica della religione


la religione deve avere una dimensione pratica, pubblica nel senso di civile. sia le virtù migliori che i peccati peggiori
sono quelli pubblici, cioè che danneggiano la comunità
disprezza religione luterana (divisiva e dannosa per la comunità)
esalta religione romana per i suoi valori comunitari, come gloria, valori… (ripreso da machiavelli)
i santi hanno valore come esempio di vita pratica lettura delle loro gesta eroiche

concetto di sostanza universale


sostanza universale= anima+ corpo è infinita
la sostanza non muore mai, è luogo di permanenza
corpo non è inteso in senso materiale, ma in quanto forma universale. i corpi son composti da 4 elementi, che non
mutano mai la loro sostnza, ma si mescolano in maniera diversa e mutano posizione. i corpi non si corrompono nella
sostanza, ma ciò che si corrompe è il rapporto tra gli elementi, il temperamento e la complessione.
anima è lo spirito di vita. è diffusa in tutto il mondo e ogni cosa la possiede nella stessa misura, anche se può essere più
o meno ostacolata (ha diversa “dimensionalità”). ogni cosa ha la stessa natura

per pico c’è una gerarchia nell’essere, e l’uomo può vedere tutta la gerarchia e scegliere dove collocarsi è superiore
perché libero. per bruno no: l’uomo è una configurazione della sostanza al pari di tutte le altre. tuttavia non tutti sono
uguali perché ogni vita ha un suo destino diverso dagli altri.
infatti ogni uomo è un momento a scadenza nel tempo la sostanza non muore mai ma l’individuo sì. gli individui non si
ripetono, e dopo la morte ritornano alla sostanza universale ognuno deve dare un senso alla propria vita, che è una
vicenda unica.
dopo la morte l’individuo svanisce ma la sostanza torna alla sostanza universale, luogo di permanenza:
non c’è una morte assoluta nella sostanza, ma mutamento e vicissitudine
no sopravvivenza dell’anima individuale eresia
sostanza non muore mai, ne muore l’espressione individuale liberazione dalla paura della morte
per spiegarlo meglio bruno usa due metafore:
specchio: sostanza universale= specchio. sostanza individuale= frammento di specchio, che però ha lo stesso potere
riflettente. così la sostanza individuale contiene in sé l’infinito della sostanza universale. dopo la morte il frammento di
specchio torna a comporre il grande specchio, ma viene perso tutto ciò che era l’individuo: memorie, esperienze ecc…
voce (ripresa da plotino) la usa nel “de la voce”, dove viene richiesto come si può rappresentare l’immensità dell’anima
come un immenso crocifisso?
no: teofilo usa metafora non materiale: una voce pervade lo spazio nella stessa misura in ogni punto e ognuno la sente
allo stesso modo. idem per l’anima che è interamente in ogni individuo. il crocifisso invece occupa ogni punto dello
spazio in modo diverso

rapporto finito-infinito (cioè dio-ente) è il cuore dell’ontologia e della metafisica di bruno. ne parla nel terzo
interrogatorio davanti all’inquisizione (prime due ripercorre le sue vicende biografiche)
dio ha infiniti attributi tra loro identici e coestensivi. nessuno è maggiore degli altri. i tre principali sono:
potenza corrisponde alla mente divina ed è ciò che trae le cose all’essere
sapienza corrisponde all’intelletto e fa sì che tutto sia ordinato
volonta’ corrisponde all’amore ed è ciò che dà al mondo armonia, concordi e simmetria
la presenza di dio nel mondo è duplice:
dio pervade tutte le cose completamente (come la voce, e come l’anima del mondo)
tuttavia rimane sopra ogni cosa, perché la potenza infinita di dio non si esaurisce nei suoi prodotti eccedenza metafisica
alcuni interpretano i tre attributi come persone. in realtà sono solo tre facce dello stesso dio. si può dire che la
tripartizione sia una questione linguistica, il mezzo con cui l’uomo capisce dio, ma non sono tre persone. dio è
semplicissimo, e per questo attribuirgli tre persone è la peggior bestemmia. quindi le “tre persone” sono solo tre
articolazioni della stessa azione divina, non disuguali tra loro.
lo spirito santo viene inteso da bruno come l’anima del mondo, la sostanza universale, che è prova della presenza divina
dell’universo. (cfr pitagora e vi libro eneide)
per quanto riguarda cristo, davanti all’inquisizione bruno cerca di edulcorare la propria posizione:
in quanto filosofo non ha mai creduto in cristo, ma non ha mai scritto a riguardo
cristo è un uomo, e se vogliamo attribuirgli qualcosa di divino allora possiamo parlare non di unione con il divino, ma
di assistenza del divino (dio lo ha prediletto)
cita “agostino”: la parola “persona” è inadatta alla teologia (i realtà agostino non lo dice mai, dice solo che linguaggio
umano è inadatto a descrivere dio)
riprende gli eretici (ario e sabellio), sostenendo che il loro linguaggio sia migliore a quello scolastico per descrivere dio,
purchè venga ben compreso cristo è il primogenito di dio, non nel senso che è il suo primo figlio, ma che è il mediatore
tra dio è il mondo. né creatore né creatura, non eterno ma generato. se teniamo conto di questo significato possiamo
anche chiamarlo “figlio”
in realta’ per bruno cristo e’: un impostore e un seduttore:
nelle sue ultime opere inedite bruno parla di magia, intesa come comprensione della natura e dei suoi rapporti e capacità
di modulare i rapporti tra uomini nella dimensione pubblica. il filosofo può essere un mago politico. anche cristo è stato
un mago, ma un mago di seconda categoria, che ha usato non poteri divini ma un sapere antico, per ingannare
l’umanità. cristo è uomo, e perdipiù “un tristo”
spaccio della bestia trionfante: fa parte dei dialoghi metafisici scritto nel 1584-5 periodo in cui gli anglicani si
scontravano coi puritani in uk ed emergevano tematiche apocalittiche. per gli anglicani la “bestia trionfante” è il papa.
per bruno invece si tratta di alcuni vizi e virtù, e “spaccio” vuol dire “scacciata”.
nel dialogo le divinità vengono chiamate a un cocilio (parodia di quello di trento) da giove che sente di star per
decadere. devono decidere quali costellazioni eliminare dal cielo (ogni costellazione è un vizio o una virtù). due delle
costellazioni eliminate rappresentano cristo:
orione: orione ha cercato di convincere di essere lui il dio, non giove. rappresenta l’inganno di cristo. è un ingannatore
subdolo, mascherato
chirone: è un centauro, e rappresenta l’ibrido tra finito e infinito, uomo e dio, che si ha in cristo.

cosmologia di bruno:
l’universo è l’altra faccia di dio. fa parte della pienezza di dio il doversi manifestare nel mondo dio sarebbe niente senza
il mondo (!!). differenza con teologia tradizionale, per cui l’infinitezza di dio si manifesta dentro dio, nella trinità. per
bruno si manifesta fuori da dio, nel mondo.
visto che dio è infinito, non può produrre un mondo finito produce infiniti mondi.
dio ha dunque due facce:
in se’ è assoluto e infinito in modo unico per quanto ci sforziamo non lo possiamo conoscere
nella produzione, cioè negli effetti della natura, è infinito e molteplice, onniforme. è il fondamento esistenziale di ogni
cosa, quindi l’anima dell’anima del mondo. quindi dio va ricercato nella natura non in cristo qui sta l’inganno di cristo.
in questo modo l’eroico furioso, che cerca dio in ogni forma, non diventerà infinito, ma potrà in un attimo di
illuminazione, comprendere l’origine unitaria della natura (nota però che è un privilegio di pochi, elitario)

spaccio della bestia trionfante:


giove gestisce il cambiamento imminente in cui perderà il potere sostituisce le costellazioni viziose e ognuna di esse si
difende.
nota: bruno prende la religione egizia a modello non perché voglia proporla come nuova religione ma perché ne
conserva alcuni punti centrali:
la scrittura simbolica e magica
il dialogo col divino attraverso la natura dio pervade la natura come la luce. questo dialogo è rovesciato dal
cristianesimo con il concetto della divinità fuori dalla natura, la svalutazione della natura stessa e a mediazione di cristo
ci si rivolge alla divinità che serve
i cerimoniali divini si rivolgono alla divinità attraverso la natura l’uomo sale al dio come dio scende all’uomo
gli egizi non sono l’unico paradigma filosofi greci (parmenide)
nel cristianesimo invece uomo rinuncia alla natura per riporre speranze in “escrementi di cose morte”
la natura duplice di cristo si esplica nelle due figure di:
orione: figlio di nettuno cammina sulle acque, è un mago di basso livello. illude gli uomini e con il suo insegnamento e
ribalta il paradigma degli egizi, rende gli uomini bestie, uccide i vivi e storpia i sani. in particolare attacca i luterani per
il concetto delle opere che non salvano inoperosità (in realtà è un po’ un uomo di paglia)
il cristianesimo è attaccato perché:
svaluta la natura
uomo non può vedere volontà divina quindi neanche seguire le virtù
gli dei del passato vengono ritenuti sbagliati
l’ignoranza porta a dio ritenuta scienza bella e comoda
chirone: è un centauro, ma a differenza degli altri centauri non è violento: è un pedagogo (ad esempio di achille). viene
ferito per sbaglio da eracle, soffre moltissimo fino a rinunciare alla sua immortalità viene reso costellazione. tuttavia è
un ibrido incomprensibile, unisce due sostanze (come uomo-dio). bruno lo usa per attaccare il dogma della
reincarnazione.
momo (uno dei dialoganti): due sostanze unite generano una terza u
ientità: è migliore delle prime due? un mezzo-uomo e mezzo-cavallo è meglio di un cavallo perfetto o un uomo
perfetto? è eccezionale o una bestia? sembra un giubbotto con dei pantaloni al posto delle maniche
giove: il mistero è impenetrabile va stimato vero per fede
momo: come ci posso credere se non lo capisco?
giove: non farti domande
momo: allora crederò che mezza maglia e mezzi pantaloni insieme siano meglio di una maglia e un pantalone
orione viene scacciato
chirone: rimane temporaneamente in cielo, ma come favola. le favole per bruno possono essere inutili e deleterie
(cristo) oppure utili chirone è una favola utile, anche se solo temporaneamente, perché ha un contenuto morale
importante. finchè non ci sarà la riforma delle religioni (guidata da enrico iv, in cui bruno avrà un ruolo) il cattolicesimo
resta utile, è il meno peggio, ma si può conservare solo come favola, quindi no ai dogmi.

è chiaro che il ritrovamento dello “spaccio” da parte dell’inquisizione è determinante per la condanna di bruno.

azione di dio
“eroici furori” viene riportato l’episodio del giudizio di paride tra le tre dee. tutte e tre partecipano di tre attributi:
bellezza, sapienza, maestà. ma in ognuna un attributo è predominante rispetto agli altri, è la sua proprietà tipica. ciò
avviene in ogni individuo finito, perché non c’è individuo finito che possa avere in sé tutta la bellezza in tutte le sue
accezioni (né sapienza o maestà). questo perché gli individui partecipano degli attributi possono partecipare per vari
gradi.
ma in dio le cose stanno diversamente: non partecipa degli attributi, ma gli attributi sono tutti totalmente in lui, senza
grado o misura perché sono infiniti (al loro confronto l’uomo è stella e formica vien meno confronto e misura).
l’uomo differenzia gli attributi attraverso uno sforzo della ragione, ma questa differenza non è reale. per parlare di dio
dobbiamo rinunciare al modo conoscitivo umano, evitare ogni antropomorfizzazione. paragonare dio all’uomo è offesa
a dio
infinito sfera (ripreso da cusano, da ermetici e parmenide). nella sfera non c’è una misura più grande dell’altra perché
sono tutte ugualmente infinite: potenza, volontà, sapienza e bontà sono identiche in dio.

paragone con spinoza: come si può pensare che dio sia “dio” se non gli attribuiamo facoltà umane al massimo livello?
come può rimanere dio? non è ateismo? stiamo togliendo ogni caratteristica che lo rende dio. spinoza risponde citando
senofone di colofone. per lui dio è causa libera cioè non ha una volontà ma agisce per la necessità imposta dalla sua
stessa natura.
“de l’infinito” bruno spiega l’azione di dio: dio è onfinito non può produrre un universo finito perché:
legge dei rapporti reciproci: in lui sapienza= potenza= volontà. ciò che vuole fare è ciò che può fare e viceversa. visto
che è onnipotente e può creare all’infinito, lo fa. per i cristiani invece la volontà ha il primato sulla potenza dio ha scelto
il mondo da creare. per bruno ciò “azzoppa” la natura divina.
non si può applicare un effetto finito a una causa infinita. l’universo rispecchia dio. se dio è infinito anche l’universo
deve esserlo. se poniamo un universo finito neghiamo l’infinitezza di dio bestemmia
nell’universo dio crea infiniti mondi: infatti la sua potenza = sua bontà (e la bontà infinita è diffusiva). dio crea tutti i
mondi, perché non è né ozioso né invidioso
dio non compie azioni contingenti (qui abbiamo germi di spinoza): non può essere diverso da ciò che è né creare nulla
di diverso da ciò che può, ovvero l’infinito. la distinzione tra potenza ed atto conviene solo alle cose finite
i teologi stessi sanno che dio è infinito. allora perché postulano un mondo finito, e l’infinitezza solo interna a dio? è una
questione morale: i teologi sono anche legislatori, dettano una prassi religiosa. sanno che i popoli rozzi e ignoranti, a
partire dalla spiegazione dell’infinitezza del mondo, potrebbero ricavare che, se dio non ha libera scelta, non c’è posto
in lui per il riconoscimento dei meriti, non decide chi salvare e chi dannare è tutto già stabilito (frecciatina al
luteranesimo) non importa più seguire leggi morali uomini disperati e scellerati.
emerge la distinzione tra la filosofia e l’applicazione. la verità filosofica qua mette a repentaglio la legge civile è giusto
che sia mascherata da una favola morale per indirizzare i popoli rozzi, ed evitare che la verità porti alla licenza assoluta
dei costumi. i filosofi invece hanno la verità, ma non la rivelano al volgo, solo agli uomini contemplativi che possono
capirla.
la via della filosofia è diversa da quella della religione/legge, ma le due dovrebbero favorirsi a vicenda.
processo:
3 denunce da parte di mocenigo, nobile veneziano:
237/05/1593: riferisce cose dette da bruno durante dialoghi
25/05/1593: mocenigo racconta anche la storia del loro rapporto: lui legge un’opera di mnemonica di bruno e chiede al
libraio che gliel’ha venduta (ciotti, che viene interrogato) se sappia qualcosa di bruno. ciotti ha visto bruno a
francoforte, e sa che aveva fama di non essere troppo bravo a insegnare mnemonica a livello pratico, e si dice anche che
non abbia religione. comunque mocenigo invita bruno a venezia e lo ospita a patto che gli insegni. bruno accetta, anche
se l’italia era per lui pericolosa, per vari motivi:
a francoforte era in una situazione difficile
vuole insegnare matematica a padova infatti passa molto tempo a padova, cosa che irrita mocenigo
spera ingenuamente di poter ricominciare a fare il filosofo perché il nuovo papa è amico dei filosofi

spera di poter incidere sulla storia, in una riforma culturale guidata dal re di francia enrico iv e la regina elisabetta
d’inghilterra bisogna fermare le guerre di religione
venezia è centrale per la cultura.
mocenigo è insoddisfatto dalla scarsità di insegnamenti di bruno. quando bruno vuole tornare a francoforte lo fa
rinchiudere in casa e lo minaccia di denunciarlo all’inquisizione se lui non gli insegnerà, rivelando tutto ciò che dice di
blasfemo.
bruno risponde di non temere l’inquisizione, non ha detto nulla e comunque mocenigo non ha altri testimoni. gli chiede
di lasciarlo libero: non gli indegna perché lo trova troppo assillante, ma se lo lascerà libero gli lascerò tutti i suoi scritti,
tranne un libretto. mocenigo non glielo concede il libretto viene poi trovato dall’inquisizione che accede a tutte le sue
carte.
mocenigo lo denuncia sa di aver sbagliato a farlo così tardi, ma aveva bisogno di tempo per rendersi conto della portata
blasfema delle affermazioni di bruno, che tra l’altro era sempre a padova. inoltre sperava di fargli cambiare idea ed
evitare di denunciarlo non ci è riuscito.
29/05/1953: mocenigo riporta tutte le affermazioni eretiche di bruno:
la chiesa non segue il modello degli apostoli, ma usa la forza e la violenza anzichè l’amore
nessuna religione del tempo è davvero buona (anche se tra tutte quella cattolica è la meno peggio): sono corrotte presto
il mondo subirà una rivoluzione con riforma politica e culturale bruno punta su enrico iv e elisabetta + spera di essere
anche lui un leader culturale e filosofico
non c’è vita ultraterrena schernisce il cattolico mocenigo
nel giorno del giudizio saranno tutti salvati, anche i malvagi, perché dio è troppo buono per punire qualcuno in eterno
(ripresa di origene)
venezia è la città più saggia non dovrebbe dare ricchezze ai frati, perché in quel tempo i frati sono tutti asini
è sbagliato condannare la dimensione sessuale che rappresenta la vitalità della natura nello spaccio bruno esalta la
poligamia e si oppone all’aborto bisogna promulgare la vita!
( umbras idearum opera che suscita interesse del re di francia. opera di mnemotecnica. bruno recupera facoltà
conoscitive di ari (sensi senso comune senso interno) e ne mantiene la struttura pur ammettendo che siano un’unica
facoltà, che si configura in modo diverso in ogni individuo. questa conoscenza si può rivolgere verso l’interno
dell’uomo (concetto ripreso da ficino) contrazioni con cui ania può avere risultati eccezionali conoscitivi e fisici. ci
sono due tipi i contrazioni religiose, legate al temperamento malinconico entrambe deleterie)

denuncie  la più grave di tutte e determinante per la condanna è la questione dell’anima. lui cerca comunque di
difendersi, perché sa che la sua vita è irripetibile, ma non di abiurare.

inferno per bruno:


non crede al giudizio universale, tutti saranno salvati
dio troppo buono per punire qualcuno in eterno  inferno equivale a purgatorio
i luoghi dell’inferno sono una finzione

sommario del processo: capitoli in ordine di importanza:


opinione negativa della fede cattolica e del clero
trinità, divinità cristo, incarnazione
figura di cristo
peccato di cristo
transustanz. e santa messa
inferno
pluralità dei mondi
eternità del mondo
caino e abele
mosè e profeti
invocazione santi
maria, reliquie, immagini
breviario e bestemmie
anima dell’uomo e dell’animale
arte divinatoria
peccato della carne
papa
viaggi all’estero e frequentazioni eretiche
intenzioni future in caso di abiura  è disposto a tornar monaco? secondo molti testimoni no: celestino da verona: se
bruno tornerà monaco farà saltare in aria il convento, tornerà in germania o uk per sviluppare nuove infinite eresie.
graziano: prima farà il bravo in abbazia, poi la brucerà. giulio da salo’: vuole chieder al papa di poter vivere da filosofo.
se torna a religione non vuole sottomettersi a nessuno se non signoria di venezia
questine di cristo e trinita’:
fede nella trinità è segno di decadenza: i teologi sono ignoranti, dicono di conoscere cose impossibili da sapere.
strategia di difesa:
distinzione tra rifiuto teologico e filosofico  l’errore di bruno è partito dalla filosofia (pur toccando la teologia) cioè
dal rifiuto dell’unione infinito-finito. per parlare di dio serve un linguaggio trinitario, che si rivolga ai suoi attributi ma
dobbiamo darci la giusta interpretazione  “summa terminorum metaphysicorum” interpeta e traduce in senso
filosofico vocaboli della scolastica
dissimulazione: ammantare una verità con un velo per proteggere i contenuti pericolosi, temporaneamente (bruno ritiene
che il tempo sia ciclico e verrà un momento propizio per esprimere la verità)
parla di dissimulazione nello spaccio:
epistola: il filosofo deve portare una verità con linguaggio diretto e semplice, ma a liello pratico non può sempre essere
così: entrare nel campo della dissimulazione è una necessità. di per sé sarebbe un vizio, ma può ospitare una virtù per
proteggerla in caso di necessità
dialogo 2: si discute del destino di dissimulazione. la dissimulazione occulta e finge di non avere ciò che in raltà
possiede (la verità). segue sempre a verità, in uno spazio contiguo ad essa ed è collegata alla necessità. salva la verità
stessa che rischia di essere distrutta. talvolta è praticata anche dagli dei. è legata alla prudenza, legge morale di origine
divina. dissimulazione lasciata in cielo non come divinità ma come ancella della prudenza
il filosofo usa la dissimulazione in momento di difficoltà. dissimulazione onesta: “far riposare la verità per dimostrarla
al tempo”. secondo strauss la scrittura tra le righe è effetto della soppressione della libertà di parola.

processo:
fase veneziana: breve: 1592-93
denuncia di mocenigo
deposizione di testimoni
7 costituti (interrogatori)
atti
poi roma richiede l’estradizione: a roma c’era la sede del santo uffizio, quindi poteva chiedere che i processi per le
sentenze più gravi fossero spostati lì. bruno a venezia se la poteva anche cavare, con un atto di sottomissione e abiura
che era disposto a compiere, ricevendo una condanna lieve.
tuttavia viene chiamato a roma. all’inizio venezia è restia, anche perché vuole la sua indipendenza da roma. tuttavia
roma e venezia avevano alcune questioni su cui si scontravano da un po’ (tra cui una di politica estera sullo status di
venezia, un’altra sull’indice dei libri proibiti: venezia voleva che la censura fosse allentata per poter stampare più libri e
arricchirsi di più). dunque quando roma insiste, argomentato che bruno ha dei precedenti anche fuori venezia, venezia
decide di accettare per tentare una riconciliazione con roma  estradizione bruno a roma.
fase romana: 1593-1600
i documenti sono molti meno, anche perché in parte sono stati spostati in francia durante l’età napoleonica, e così sono
andati perduti nel viaggio. abbiamo:
alcune deposizioni dei testimoni
alcune testimonianze di bruno
il registro delle decisioni e delle riunioni degli inquisitori
la copia parziale della sentenza.
a bruno in questa fase viene chiesto di censurare alcune sue proposizioni riguardo:
eternità dell’anima del mondo
anima individuale
cosmologia: astri come esseri animati e razionali che orbitano cercando tra loro la relazione che li faccia stare meglio
(bruno non segue il paradigma cosmologico matematizzato)
rifiuto dell’anima come forma del corpo (teoria aristotelica)
possibilità che altri mondi siano abitati da esseri animati
questi punti sono centrali per la filosofia di bruno  non accetta di abiurarli  condannato

sentenza:
la sentenza viene mandata al governatore, perché la chiesa non può sporcarsi le mani con una condanna a morte.
in essa si dice dimostrato che bruno è “eretico ostinato e pertinace” (formula standard per eretico che non abiura), pur
negando egli che le sue tesi siano eretiche. deve dunque essere censurato in maniera ecclesiastica, testuale e di legge 
cioè viene:
spogliato dell’abito e ruolo di monaco
scomunicato
i suoi testi messi all’indice (proibiti integralmente)
consegnato alla corte secolare (al governatore) affinché esegua la pena (“pregandolo di non ucciderlo o mutilarlo” 
questa è solo una formula standard di cortesia: la condanna è la pena capitale)
17/02/1600: i confortatori erano uomini di chiesa incaricati di accompagnare gli eretici al patibolo cercando di portarli
al pentimento e alla preghiera. ad essi viene consegnato bruno: lo esortano in molti modi a convincersi dei propri errori,
ma lui non si pente fino alla fine, ripetendo le proprie posizioni  bruciato in campo dei fiori.
alcune cronache riportano che si riteneva un martire
testimonianza diretta di kaspar schoppe ( filosofo ex luterano, convertito a cattolicesimo e molto zelante) scrive una
lettera al suo maestro di norimberga, che è luterano: probabilmente lui ha sentito dire della condanna di bruno, ma non è
stato giustiziato perché luterano (i cattolici non giustiziano chiunque) bensì per le sue eresie orrende e assurdissime, tra
cui elenca:
infiniti mondi
trasmigrazione anime anche negli altri mondi
anima che può essere forma di più corpi
magia buona e lecita
spirito santo come anima del mondo
mondo eterno
mosè mago + leggi finte, profeti e apostoli maghi
bibbia finta
salvezza anche ai malvagi
solo gli ebrei discendono da adamo ed eva, cristiani da altra coppia venuta prima (c’è solo in questa testimonianza)
cristo mago e imbroglione  non crocifisso (la croce è simbolo sacro egizio “trafugato” da cristiani) ma impiccato
come ogni comune delinquente

per quanto riguarda la questione dei progenitori, bruno ne tratta nel “de monade”, dove fa un’analisi simbolica delle
cifre. giunto al 3 spiega che 3 furono i grandi patriarchi, opponendosi al modello cristiano che vede solo abramo.
nel “de immenso” spiega, parlando della potenza della materia, che dio mescola tutti gli elementi, li pone nella natura e
natura genera  le possibilità sono infinite (infinito attuale). ciò può avvenire anche nella rigenerazione (cfr spaccio 
acquario e diluvio universale).
inoltre la varietà delle forme (che è cosa positiva), in particolare tra gli uomini, rende impossibile pensare a un’unica
discendenza. il problema si pone anche data la scoperta del nuovo mondo  come possono gli indigeni di cui non si
sapeva nemmeno l’esistenza essere discendenti di abramo? o non si ammettono patriarchi (la generazione dipende dalla
natura) oppure bisogna negare agli indigeni le caratteristiche di esseri umani.
il nostro è solo uno degli infiniti mondi, non è superiore agli altri (ogni terra è luna rispetto a qualcos’altro) e non è
diverso dagli altri in termini di materia, e visto che l’anima è in tutti i mondi, allora si può supporre che anche lì vi sia la
vita, anzi forse quei pianeti sono pure più felici del nostro.
durante il processo viene interrogato in merito: gli si chiede se quei mondi che contengono stessi elementi del nostro
ospitino anche creature razionali  probabilmente si  e come sono fatti?  forse simili ad angeli, immortali  come
vivono?  in modo conforme alla loro natura, senza generazione e riproduzione perché immortali.
questo bruno come lo sa? come sa che loro sono immortali e noi no? risposta di bruno è strana: dalle scritture. anche
sulla terra un tempo era così, poi peccato originale. (obv qui è dissimulazione)
galileo: conflitto con l’ortodossia  in ambito scientifico
galileo nasce a pisa  studia a firenze  va ad insegnare prima di nuovo a pisa poi a padova, dove nel 1610 scrive il
“siderius nuncius”, in cui spiega cosa ha osservato al cannocchiale  conferma teoria copernicana. viene dunque
accusato di sovvertire sia aristotele che le sacre scritture. scrive per difendersi una lettera all’amico benedetto castelli,
ma nel 1615 viene denunciato dai domenicani proprio sulle basi di quella lettera  le sue teorie vengono comunque
censurate + viene ammonito dal cardinale bellarmino (papa)di non continuare a diffondere o approfondire quelle teorie.
il siderius è messo all’indice.
nel 1623 viene eletto papa urbano viii. era il protettore di galileo  lui si sente tranquillo  nel 1632 pubblica il
“dialogo sui due massimi sistemi del mondo” dove presenta la teoria copernicana (nel mezzo c’era la teoria di brahe
eliogeocentrica).
la reazione allo scritto è ostile, ma galileo nel proemio cerca di dissimulare: spiega che la sua è un’interpretazione
ipotetica di copernico  fa riferimento alla prefazione di osiander a copernico, in cui osiander ammette che le teorie
copernicane potrebbero causare scandali, ma in realtà vanno lette come pure ipotesi matematiche e geometriche: on
sono vere, né verosimili. infatti l’astronomo cerca le spiegazioni più semplici ed eleganti per le osservazioni che fa, e
copernico ci è riuscito bene. il filosofo al contrario cerca le spiegazioni verosimili. ma nessuno dei due troverà mai la
verità, perché solo dio la sa e la può rivelare a chi sceglie. dunque l’ipotesi di copernico si mantenga non in quanto vera,
ma elegante e plausibile.
bruno nella “cena delle ceneri” insulta osiander per questa prefazione. copernico diceva la verita’, il suo unico limite è
di aver pensato solo da matematico e non anche da filosofo naturale. a questo però ci penserà bruno. quella di copernico
non è un’ipotesi matematica (“passatempo per pazzi ingegnosi”) ma una verità, e osiander (di cui bruno fa un uomo di
paglia) ha fatto a copernico un pessimo servizio. lo stesso copernico, nella dedica al papa, presenta come vera la sua
teoria.
nel 1632 l’inquisizione censura l’opera di galileo e lo convoca a roma, davanti all’inquisizione  1633 atto di abiura
pubblica (a differenza di bruno, che a venezia era disposto ad essere punito, ma non ad abiura pubblica), di cui abbiamo
il testo: galileo giura di aderire alla verità della chiesa, ammette il proprio errore (sostenendo stavolta che però il testo
porta ragioni convincenti  cade dissimulazione). dice che è giustamente sospettato di eresia, abiura le sue eresie e
promette di non parlarne più + fare penitenza.
il conflitto di spinoza con l’ortodossia
baruch de spinoza nasce ad amsterdam nel 1632 da una famiglia di mercanti ebrei di orgini portoghesi. l’antisemitismo
spagnolo aveva portato nel 1492 alla conversione forzata degli ebrei (per molti solo di facciata) o alla loro espulsione,
con conseguente migrazione in portogallo, poi con lo sviluppo di antisemitismo anche lì, in nord europa, in particolare
olanda che era molto tollerante.
tuttavia ciò portava a scontri interni nella comunità ebraica, dovuti a:
rapporto col potere politico, tollerante, ma che imponeva autodisciplina agli ebre per evitare scandali
abitudine a mascherare la fede aveva eliminato la vera ortodossia, creando 3 diverse comunità ebraiche in disaccordo
sulla fede (per cui si dovevano rivolgere alla comunità ebraica di venezia)
questioni dottrinali, in cui si inserisce spinoza.
spinoza è estremamente portato per lo studio sin da bambino, e si pensa diventerà un grande rabbino. tuttavia la sua
intelligenza lo porta ben presto ad essere insoddisfatto dagli studi della sua comunità e a porre ai maestri domande
scomode, a cui loro non sanno rispondere e dunque si limitano a dire che spinoza tende all’eresia. spinoza sta zitto zitto,
ma intanto elabora una sua dottrina.
nel 1652 smette di frequentare la scuola ebraica e in seguito alla morte del padre ne porta avanti l’attività  entra in
contatto con cristiani liberali, con cui resterà legato a vita. si confronta anche coi filosofi del tempo: hobbes, bacone e
soprattutto descartes e segue lezioni di letteratura di van eyden
nel 1656 viene denunciato ai capi della comunità ebraica per eterodossia e per le sue frequentazioni. si rifiuta di scusarsi
e subisce un allontanamento dalla comunità (una “scomunica”) durissimo e defnitivo, con tanto di maledizioni.
nel testo dell “scomunica” ci si riferisce a sue azioni malvagie ed eresie abominevoli. quali? lui non ne parlerà mai e
non aveva ancora scritto nulla, ma possiamo ricavarle dalle due “vite” scritte su di lui. sono 3:
dio ritenuto corporeo
anima ritenuta mortale
mosè come capo politico, non fondatore o capo religioso di comunità ebraica
abbiamo inoltre una testimonianza (trovata negli anni 50 del 900 negli archivi di madrid) di un uomo che lo conobbe:
tomas solano y rojas, che dice di averlo conosciuto in olanda insieme ad un altro ebreo scomunicato (prado). dice che fu
allontanato per ateismo, pur essendo circonciso, perché si era allontanato dall’ortodossia, dando una visione di dio
filosofica.
anche lo scienziato olandese olaus borch parla di spinoza come ateo cartesiano. dice che lui “si è fatto cristiano, ma
quasi ateo” perché non ha considerazione dell’antico testamento, mentre considera il nuovo solo come favola. tuttavia
sottolinea che spinoza vive in modo onesto.

ateismo di spinoza:
ateismo non significa non avere un’idea di dio, ma avere un’idea non conforme alla tradizione e ai dogmi  nel caso di
spinoza vengono negate la trascendenza di dio e il suo agire secondo un piano razionale.
pierre bayle (1647-1706)
è un maestro della scrittura dissimulata, motivo per cui oggi non è troppo conosciuto, ma per la sua epoca era
importantissimo tologo, filosofo ecc. a lui si ispira l’illuminismo, inventa genere di gazzetta culturale e anticipa
enciclopedia. scrive:
dizionario storico critico (a cui si ispira enciclopedia) dedica un lemma lunghissimo a spinoza, tra l’altro mettendolo in
relazione con bruno (non si sa per certo se spinoza avesse letto bruno). spinoza viene definito ebreo di nascita 
disertore dell’ebraismo  ateo. il suo è un ateismo sistematico nel senso che è la base di un suo sistema filosofico
perfetto costruito secondo regole nuove matematiche e geometriche, ma con fondamenti presi dalla storia della filosofia
occidentale e orientale, antico e moderno, in ogni secolo si trovano riferimenti alla sua filosofia. anticipatori di spinoza
sono: parmenide, stoici, dinant, abelardo, filosofi orientali e bruno. spinoza si confronta con un problema di origine
parmenidea: la teoria dell’essere, che comprende tutta la realtà (e che è dio)
presupposti e questioni centrali nella filosofia di spinoza:
unica sostanza
che comprende dio + universo. sostanza è dio e universo è una sua modalità d’espressione
dio è principio immanente di causalità
relazione tra sostanza ed enti
bruno è anticipatore di spinoza, soprattutto per quanto riguarda l’anima del mondo.
bayle attacca il sistema di spinoza, in quanto mostruoso ed assurdo. poi dà una confutazione (poco convinvente): ci
sono molti argomenti filosofici pro e contro il sistema, ma se anche si bilanciassero è determinante l’argomento morale:
il dio canonico ci lascia speranza nel futuro e consolazione dal male (male è un tema centrale in bayle)  è più giusto e
utile.
tuttavia anche se la filosofia di spinoza è mostruosa, egli segue una vita virtuosa (iato!). non bisogna stupirsene: la
religione non modella un’etica perfetta
pensieri sulla cometa: contrappone ateismo a paganesimo-cristianesimo nello spiegare le interpretazioni (o non
interpretazioni) della cometa come presagio.
è strano che uomo senza religione si comporti bene visto che non ha idea di paradiso e inferno. ma in realtà un uomo
non agisce per i principi in cui crede  l’ateismo e religione possono entrambi portare a corruzione se si è predisposti.
inoltre i cristiani più devoti sono legati a dio per un premio, la loro morale è interessata, mercenaria, e se ”lo spirito
santo” gli impone di uccidere qualcuno lo farebbero  irrazionalità, violenza, fanatismo.
invece l’ateo agisce secondo precetti dettati dalla ragione, non in vista di un premio  condivisibile, universale,
disinteressata.
diversi atei virtuosi: epicuro, vanini, spinoza  usato come esempio di comportamento: fu il più grande ateo di sempre,
ma visse isolato per dedicarsi allo studio e morì da solo per non smentire la sua filosofia (non sappiamo se andò davvero
così  riferimento solo in una vita)
commentaire philosophique: l’ateismo è la forma più pura di morale (rovesciamento della tradizione per cui ateismo
sovverte morale). l’ateo è “nudo di fronte alla legge” senza filtri, mentre il credente è filtrato da legge religiosa. inoltre
l’ateo se viola la legge lo fa consapevolmente, senza giustificazioni religiose, e accetta la punizione. un ateo non
contrapporrà mai alla legge civile un dogma divino, mentre un credente anteporrà le leggi divine a quelle civili  gli
atei sono cittadini migliori.
nel descrivere spinoza bayle critica sempre la sua filosofia, ma elogia la sua morale  iato.
distinzione tra:
moralità bella: religiosa. passionale ed interessata
moralità razionale: atea. rimanda alla ragione ed è disinteressata
la ragione conduce l’uomo all’onestà anche senza dio.
se la religione porta a fanatismo e intolleranza  meglio un re spinozista che cristiano (cattolico o protestante). un re
fedele non può essere imparziale
meglio i sudditi atei che credenti, perché sudditi credenti potrebbero essere aizzati da sacerdoti contro il potere
paradosso di bayle: la fede è ciò che muove e tiene uniti i popoli, ma allo stesso tempo non cambia l’indole umana se
non potenziandola in peggio (  fanatismo)
reponse aux questions d’un provincial:
l’uomo di fede non ha freni perché i precetti divini gli permettono di violare morale in nome di dio, mentre l’ateo
“spinozista” segue con la ragione virtù morali come: rispetto, onore pubblico, bruttezza dell’ingiustizia  non nuoce
agli altri, mentre il credente ad esempio può sterminare “eretici” in nome di dio senza rimorsi (fanatismo)
bayle vuole una società atea? no, perché c’è una distinzione tra ateismo negativo (non conoscere dio) e positiva
(respingere dio dopo averlo conosciuto). l’ateismo positivo è prerogativa di pochi, perché è faticoso: bisogna conoscere
e saper usare argomentazioni pro e contro ateismo. l’ateo positivo non va alla ricerca di piaceri carnali, ma è disposto a
rompersi il capo sulle “cosiddette” (disprezzo!) questioni di spinoza. gli spiriti forti che sono in grado di fare ciò non
sono persone viziose perché passano il tempo a studiare, non in osteria (mentre l’immagine tradizionale dell’ateo
dissoluto corrisponde ad “ateismo negativo”). chi si accontenta della fede in modo acritico attende la salvezza e nel
frattempo si diverte!
esempio di cesare e cicerone: cicero sottovaluta cesare pensando che non possa rovesciare il senato perché passa il
tempo a pettinarsi. invece non ci si sbaglia mai nel dire che chi vive da dissoluto non sarà mai un eretico (inteso come
ateo positivo).

lettera a boxel:
spinoza: la natura di dio è diversa da quella umana. non è la natura umana al massimo della perfezione  dio
depersonalizzato, non ha volontà, intelletto, sensi  come produce universo? non per scelta, ma per effetto della sua
stessa natura. dire che ha creato il mondo volutamente equivale a dire che il mondo è contingente. per il dio di spinoza il
mondo è necessario.
concetto di liberta’:
libero è ciò che esiste per necessità della sua stessa natura e agisce solo per se stesso (concetto opposto a quello
comune)  è perfetta aderenza alla propria natura  solo dio è libero
necessario è ciò che è determinato dall’esterno  tutte le altre cose. l’uomo si può “liberare” solo aderendo al sistema
del mondo/dio
dio non prova affetti e passioni, perché esse implicano passività e mutazione, mentre dio è immutabile. nell’ etica
spinoza definisce due passioni principali che sono gioia e tristezza. ogni ente è spinto da “cupiditas” cioè desiderio di
autoconservazione e miglioramento della propria condizione. esso è ostacolato da tristezza e favorito da gioia. la
cupiditas è una spinta inerziale a cui gli enti sarebbero sottoposti all’infinito se non entrassero in relazione tra loro,
spesso ostacolandosi.
come si interpretano le passioni di dio nell’antico testamento?  oggetto del trattato teologico politico
risposta di boxel:
il dio di spinoza non coincide per niente con dio tradizionale (grado massimo delle prerogative umane)  non si può
chiamare dio ma è un “mostro” per quanto è diverso. assenza di volontà  assenza di perfezione
perfezione di dio è grado massimo di quella umana.
ma spinoza cita senofane: ognuno crea il suo dio a propria immagine.
per spinoza la potenza di dio non si mostra all’uomo nell’atto che sovverte la natura, ma nella regolarità stessa della
natura, nel suo ordine e nelle sue leggi. gli stravolgimenti di queste leggi sarebbero mostruosi  credere nel miracolo
stravolgerebbe dio, portando all’ateismo. la natura è tutta regolare, non ci sono anomalie, al massimo cose che non
possiamo spiegare. i profeti che narrano miracoli sono uomini immaginativi  livello più basso di capacità conoscitive.

spinoza etichettato come:


radicale
ateo
moralmente positivo

trattato teologico politico: 1670 (pubblicato dopo lunga esitazione di spinoza)


scambio epistolare a 3: olsen scrive una lettera a van velthuysen per chiedergli contenuto di ttp, van velthuysen risponde
 spinoza risponde (scrivendo a olsen) alla risposta di van velthuysen:
lettera di van velthuysen:
ttp è compendio di ateismo insegnato in modo occulto
il dio costruito è talmente soggetto al fato da non essere libero  non promette premi o punizioni  non incute timore
agli uomini
annienta autorità delle scritture e le livella rispetto ad altri testi sacri (corano)
dio infatti usa molte rivelazioni diverse (testi sacri diversi) per ricondurre gli uomini all’obbedienza della legge morale
secondo ragione
spinoza ha come obiettivo eliminare i pregiudizi religiosi che portano alle guerre ma ha esagerato nel verso opposto: per
non essere superstizioso ha eliminato religione
dice che i precetti e i decreti su dio servono agli uomini rozzi, che non riescono a fasi da soli un’idea di dio, come guida
morale
spinoza è quasi panteista: dire che l’universo emana dalla natura divina è come dire che dio è l’universo
risposta di spinoza
se v.v. sapesse come vivo non direbbe che sono ateo  non sono dissoluto (riprende immagine tradizionale dell’ateo
smontata da bayle)
non si riconosce nel riassunto della sua filosofia fatto da v.v.: non sottomette dio al fato, ma sostiene che la sua azione
dipenda dalla sua stessa natura (infinita)
rifiuta incarnazione di dio (come se un cerchio potesse farsi quadrato!)

tema della sproporzione finito-infinito:


non c’è proporzione tra finito e infinito, né scala gerarchica  tra il finito e l’infinito c’è un salto. quindi l’uomo non è
più vicino all’infinto/a dio di una formica. fa vari esempi con unità di misura  ad es. un secondo e un secolo sono
equivalenti davanti all’eternità. viene meno superiorita’ dell’uomo tr creature.
dio non si è incarnato  idea assurda (e anche nelle scritture, se lette con ragione, non ha senso)
dunque le scritture vanno lette non in modo letterale, va cercato un altro codice interpretativo  questo è l’oggetto di
ttp
la bibbia è un prodotto storico, ma non solo un mucchio di carta e inchiostro: ha dentro un messaggio morale che va
decifrato (anche con studio filologico)
dio non è più consolazione e riscatto del finito
ma il finito può consolarsi e riscattarsi sul piano filosofico: saggezza e pratica filosofica senza filtri religiosi 
comprensione della natura e del divino in essa
riprende da bruno la sproporzione, il rifiuto dell’incarnazione, il rifiuto di distinzione dei gradi del finito e della
centralità dell’uomo.
influenze di spinoza:
tradizione religiosa e culturale ebraica
filosofia: contemporanea, rinascimentale (nuova scienza) e scolastica 8di cui riprende il lessico usandolo in modo
innovativo)

atteggiamento nei confronti della filosofia:


lettera a oldenburg, segretario della royal society:
guerra tra olanda e regno unito non lo rattrista ne rallegra, lo incita solo a fare filosofia per studiare natura umana
per il filosofo non è lecito esprimere un giudizio (irridere o deplorare) sulla natura umana.
gli uomini non vanno osservati come un “impero nell’impero” ossia un sottogruppo della natura a se stante, ma come
una parte della natura al pari delle atre  bisogna comprendere la connessione con le altre parti

trattato politico (ultima opera incompiuta di spinoza):


esordisce spiegando come sono fatti gli uomini.
i filosofi hanno concepito gli affetti umani come vizi, biasimando e giudicando l’uomo, stilando una tabella di vizi e
virtù  si basavano su un “uomo ideale”, un modello astratto, l’uomo come vorrebbero che fosse. questo porta non a
un’etica ma a una satira, e una politica astratta, una chimera realizzabile solo nell’utopia e nell’età dell’oro (dove non
serve politica)  una politica inutile!
l’errore dei filosofi è creare una politica lontana dalla prassi  il filosofo diventa il peggior governatore. ma la politica
non deve neanche ridursi a mera prassi.
spinoza intende costruire una politica naturalista e geometrizzante: vuole studiare azioni degli uomini non per giudicarle
ma per comprenderle (neutro ma empatico)  le affezioni non sono considerate dei vizi, ma delle proprietà della natura
umana. anche se moleste esse sono necessarie. hanno cause certe  con esse le possiamo comprendere.
l’obiettivo non è una mappa di ciò che è lecito e cosa no, ma la conoscenza.
giudicare = non avere la visione d’insieme dell’orizzonte naturale. spinoza sospende il giudizio e lascia vivere ognuno
come vuole pur di poter continuare a cercare verità.

sempre nella lettera parla della genesi di ttp, che è un trattato di esegesi biblica. le esigenza che spingono spinoza a
scrivarlo sono:
combattere i pregiudizi teologici (calvinisti), che sono il massimo ostacolo che impedisce all’uomo di fare filo. i teologi
hanno istituzionalizzato i pregiudizi. spinoza da filosofo vuole denunciarli e rimuoverli
eliminare o riconfigurare l’opinione che il volgo ha di lui come ateo
stabilire ambito della filosofia e la sua libertà, ostacolata da: vedi punto 1

trattato teologico politico (ttp)


esce sotto falso nome, luogo ed editore  cautele non sufficienti: spinoza viene sgamato.
va associato a “opera posthuma” (1677) edito da ian rieuwertsz (stesso editore di ttp) e curato dal circolo a cui spinoza
mandava i suoi testi. comprende: “etica”, “ttp”, “trattato su emendazione dell’intelletto”, “epistolario” tutte in latino e
nederlandese + “grammatica delle lingua ebraica” solo in latino (parla anche del lessico teologico). a causa di questo
testo spinoza diventa l’emblema della filosofia atea ed eretica, ma anche di una vita moralmente ineccepibile.
spinoza viene “maledetto” per tre principali motivi:
la negazione di un dio personale (spiegato nell’appendice dell’etica)  no provvidenza. infatti a dio non si può
applicare finalismo. agire per un fine infatti significa voler ottenere qualcosa  mancare di qualcosa
identificazione in dio di necessità e libertà  mondo come concatenarsi di cause che non conosciamo, motivo per cui
abbiamo pregiudizi. il filosofo ha come obiettivo conoscerle, ponendosi così sullo stesso orizzonte di dio
rifiuto dell’etica del sacrificio: scolio al capitolo 45 della iv parte dell’etica: gli affetti derivano dalla cupiditas
(autoconservazione: vedi sopra). la gioia accresce la cupiditas  non può essere vietata! l’etica religiosa (ebraico
cristiana) che la rifiuta è una triste superstizione: infatti nessuna divinità se non invidiosa può godere della tristezza
degli uomini, né considerare virtuosa umiltà e sottomissione e paura (atteggiamenti che diminuiscono cupiditas). la
gioia avvicina alla perfesione, all’orizzonte divino  l’uomo sapiente cerca di godere delle cose ma con misura, sta nel
bello, nel gradevole, senza però danneggiare gli altri

critiche e condanne:
in olanda ttp viene condannato nel 1674 e op nel 1678. i cattolici le mettono all’indice nel 1679-90.
in seguito viene conosciuto da filosofi come leibniz.
fino al ‘700 essere “spinozisti” è un’etichetta che indica ateismo, materialismo, radicalità ed edonismo  diventa anche
un modello negativo nella letteratura, denigrato ed accusato.
tuttavia si diffonde seguendo percorsi sotterranei:
edizioni anonime, con titolo e prime pagine di altri testi per non farsi beccare da inquisizione
tradizione manoscritta: testi ricopiati a mano
“trattato dei 3 impostori” è esemplare: ha un nucleo originario di sei capitoli con la vita di spinoza di lucas + aggiunta di
levier di esposizione filo di spinoza, mescolata a influenze hobbesiane
alla fine del ‘700 però spinoza smette di essere demonizzato. un punto di svolta è il 1785, quando jacobi scrive (?)  è
il periodo in cui dalla germania si diffonde idealismo e romanticismo, e spinoza è un modello per la sua enfasi sulla
conoscenza naturale.
hegel: fare filosofia significa doversi confrontare con spinoza: egli è il punto di partenza, la base di ogni veduta (ma non
come fondamento, come “start”). bisogna confrontarsi con il suo orizzonte e il suo concetto di sostanza unica, ma per
superarlo nel progresso della filosofia verso la conoscenza di se stessa. il problema di spinoza è l’acosmismo: non dà
abbastanza rilievo all’universo, riducendolo semplicemente a dio.
rapporto con la verita’:

bruno:
davanti al s. uffizio bruno annuncia di esser pronto a dire la verità. essa per bruno è legata al tempo e alla sua ciclicità.
epistola esplicatoria dello spaccio:
bruno dice di volersi confrontare con verità (pur usando una scrittura dissimulata  non bisogna fermarsi alla superficie
dei suoi scritti, ma cercare verità nascosta). i valori centrali per bruno sono:
sincerita’ vs falsita’
semplicita’ vs manipolazione
verita’ vs menzogna
c’è da tenere a mente che bruno ritiene di avere un ruolo attivo nel cambiamento della società: si ritiene un “mercurio” e
la sua missione è riportare il mondo all’antico volto: tema dell’antichità e della sua visione corretta della natura.

antichita’ e verita’:
bruno prende a modello l’antichità, ma non in senso strettamente cronologico, bensì contenutistico  il suo valore di
verità. non intende dunque tutta l’antichità, bensì i pensatori precedenti ad aristotele (di cui ha visione negativa).
l’umanesimo invece aveva sì rivalutato i classici, svalutando il medioevo, ma aveva preso la classicità in blocco, come
un intero orizzonte positivo.
l’antichità non è una sola filosofia, ma varie  non tutte sono buone. aristotele è colpevole di aver distrutto l’orizzonte
positivo. non fu un grande metafisico, ma distrusse i filosofi precedenti, facendo una “storia della filosofia” in cui
descriveva delle caricature delle altre filosofie, confutandole, al solo scopo di affermarsi come più grande filosofo. la
sua filosofia è autoreferenziale e incapace di confrontarsi con dio e natura, ma estremamente apprezzata.
è chiaro dunque che il cambiamento deve ispirarsi a una antichità.
cena delle ceneri:
prudenzio: portavoce di umanesimo, sostiene che antichi non vadano smentiti, che siano saggi
teofilo: portavoce di verità: spiega che noi siamo più vecchi, abbiamo pi+ conoscenze e strumento (es: copernico può
osservare molto di più di quanto potesse fare tolomeo). inoltre una teoria che per noi è antica, al suo tempo era nuova,
quindi ritenuta falsa. non c’è identita tra vero e antico: bisogna guardare ai contenuti.
al passato non ci si può richiamare in modo indistinto, ci fu una stagione ben precisa, un’età della luminosità per
l’uomo. bruno usa molto la metafora della luce: dopo la notte dell’aristotelismo, copernico è stato un’aurora, e bruno
sarà il sole, porterà a compimento il giorno declinando copernico sul piano filosofico
copernico è stato un grande: ha liberato dalle caverne dell’ignoranza aristotelica la verità, riportando alla luce un sapere
astronomico vero, irrobustito da calcoli astronomici. anche lui ha una dimensione di mercurio
ma allora che dire del nolano (bruno) che ha liberato uomo da carcere dell’aristotelismo, da cui non riusciva ad evadere
o vedere le stelle. ha scacciato i falsi mercuri (tra cui cristo) e le loro imposture multiformi, falsità, vizi, per portare
sofismi e falsa verità. bruna ha fatto dei veri miracoli non cristo.

cabala del cavallo pegaseo:


onorio è un asino la cui anima trasmigra senza bere dal fiume lete ricorda tutte le sue vite in una di queste è aristotele e
dice di:
essere stato allievo di platone, pedante di alessandro magno termine negativo: insegna cose sterili, minuziose e inutili,
ritenendo grammatica superiore a filosofia.
pur sapendosi muovere tra scienze umanistiche credette di essere il miglior filosofo naturale
nel periodo già di crisi della filosofia (morte di tutti i grandi filosofi) fu “monocolo tra ciechi”
cancellò le filosofie precedent, facendone un “uomo di paglia” per infiltrarsi come riformatore di una disciplina che in
realtà non conosceva da lì le sue colpe si moltiplicano con i suoi commentatori medievali
insegnò ad atene e si affermò come retore, politico e filosofo
fece cadere scienza di dio e natura al punto più basso della ruota del tempo
ruota del tempo (vedi dopo): il punto più basso è l’età di bruno, quello più alto il periodo prima di aristotele: pitagorici e
caldei.
tuttavia aristotele è stato necessario a muovere la ruota del sapere: affinchè vi siano le vicissitudini sono necessari i due
poli di sapienza e ignoranza. le vicissitudini sono l’alternarsi di questi e delle loro fasi intermedie, in un ciclo naturale,
come alternarsi di notte e giorno.

de infinito:
tuttavia gli “antichi” non sono solo i pre aristotelici, ma anche alcuni contemporanei di bruno l’antica verità sta
tornando, come se le radici mozzate dell’antica sapienza fiorissero di nuovo. copernico è un anticipatore di questo
ritorno bruno a partire da lui riporterà l’idea di natura infinita.

de la causa:
parmenide: svetta tra gli antichi. infatti è vicino a bruno per l’idea dell’unità dell’essere, luogo di permanenza
dell’infinito. bruno ne parla nel v dialogo di “de la causa”:
parmenide ha detto, in modo conveniente, che la sostanza è infinita; una; immutabile (aristotele non gli a reso onore) le
differenze negli enti non rimandano a diverse sostanze ma a diverse facce di un’unica sostanza. in questa sostanza le
forme sono tutte presenti e agglomerate nell’unità senza distinzione metafora del seme o dell’embrione che ha in
un’unità tutte le parti del bambino, poi per sglomeramento, come un gomitolo che si dipana, si sviluppa nel bambino.
non si crea dal nulla nessuna sostanza. la sostanza è multiforma, multimodo, multifigurata, ma una ente eterno= dio.
ciò che crea la differenza tra gli enti è una mutazione di superficie della sostanza le categorie aristoteliche sono solo
caratteristiche di essa, ma non sono sostanza sono nulla.
chi capisce ciò ritrova la vera sofia, distrutta da aristotele che non ha capito che il principio vitale non sta nell’individuo
ma nella sostanza.
bisogna superare la tenebra aristotelica tuttavia aristotele è popolare uomini hanno bisogno di guide: i buoni mercuri,
cioè figure guida che divulghino la verità. tuttavia ci sono anche mercuri impostori.

mercuri:
de umbris idearum: nel dialogo iniziale si dice che gli dei degli egizi, nei tempi stabiliti, inviavano agli umini dei
mercuri che portassero la verità. tuttavia il portatore di verità non ha un destino semplice: gli uomini di solito non lo
accolgono bene. la verità in realtà non si allontana o avvicina, sono gli uomini che in certi tempi non riescono a vederla,
come un sole che viene coperto da nuvole. i mercuri devono aiutarci a vederla di nuovo (bruno è uno di questi sa che
non avrà vita facile).
i mercuri si dividono in:
impostori (aristotele, commentatori aristotelici, cristo…) che spesso hanno successo e seguaci
buoni (bruno) insuccesso, solitudine, persecuzione.

rapporto tra verita’, filosofia e tempo: la ruota del tempo


il candelaio: commedia nella dedica a morgana b. si dice che il tempo “tutto toglie e tutto dà” è un ritmo, una ruota, in
esso avviene la mutazione (tranne della sostanza). ciò toglie la paura, e accresce l’intelletto, perché dal basso si può solo
risalire, dall’alto solo scendere il sapiente non gioisce o si rattrista smodatamente, perché sa che tutto cambia in
continuazione. contempla solo il movimento. il furioso invece vuole penetrare nella vicissitudine per comprenderne
funzionamento.
il tempo di bruno è il punto più basso a causa dei falsi mercuri domina la pedanteria e la verità si disperde i mercuri
buoni devono liberarsi dalle tenebre facendosi filosofi.

sonetto introduttivo a de infinito: tratta della vicissitudine.


ci sono due visioni del tempo:
ciclica, come nel mondo classico
lineare e progressiva come in quello cristiano.
bruno le mette insieme, raffigurando il tempo come un ciclicizzarsi di periodi lineari all’interno dei quali c’è una
progressione, fino all’apocalisse. tuttavia per bruno non c’è un apocalisse ma molte apocalissi e rinascite.
es. cristianesimo: nascita corruzione protestantesimo guerre religiose apocalisse.
il tempo ciclico + lineare si riassume nella vicissitudine. essa ha luogo sia nel tempo che all’interno della sostanza, in
cui tiene insieme l’immutabilità della sostanza universale e la mutabilità delle sue espressioni individuali.
l’idea di vicissitudine deriva dalla tradizione classica, dove aveva significato di “sostituzione”. nel rinascimento assume
significato di mutazione, alternanza tra elementi contrari, trasmutazione per erasmo la vicissitudine si trova in ogni cosa
mortale, ed è gioconda, fonte di piacere: la stabilità invece è noia.
bruno riprende erasmo: se non ci fosse mutazione, nell’essere non ci sarebbe nulla di buono e piacevole eroici furori:
la felicità degli dei sta nel bere l’ambrosia, non nell’averla bevuta, nel volerne, non nell’essere sazi felicità dinamica.
idem per l’eroico furioso, che prova piacere nel movimento metafisico.
l’unico luogo di permanenza è la sostanza: in essa non c’è mutamento perché vi è coincidenza di contrari, non manca
nulla e quindi nulla la può alterare. la vicissitudine dunque ne riguarda i modi finiti, in continuo mutamento nel tempo e
movimento. questo vale, anche se in modi diversi, per:
macrocosmo: astri. tuttavia sono asincroni: ne mutano le diverse parti in tempi diversi, cosicchè non muoiono mai ma
ogni parte si rinnova un po’ alla volta. non è chiaro se per bruno gli astri siano mortali. di certo però la terra cambia
(laddove c’erano montagne ora c’è mare)
microcosmo: cambiamento totale: morte e metamorfosi completa.
il fato della mutazione è legge fondamentale della natura, espressione dell’infinita potenza divina racchiusa nella
sostanza essa nel manifestarsi nelle cose finite ha bisogno per realizzarsi di una mutazione infinita (“non ci si bagna
neanche una volta nello stesso fiume”). in questo modo la sostanza non rimane “compressa”, ma l’universo infinito
tende all’infinito attraverso l’infinita mutazione, la generazione di infiniti enti finiti.
la vicissitudine è specchio dell’infinito, strumento per perfezione dell’universo. essa dunque è il tratto fondamentale
della sostanza, pur non riguardandola. vi è dunque una dialettica nella sostanza: essa è unitaria, ma ospita mutevolezza.
questo fato vale anche per le vicende storiche.
questa filosofia è una filosofia di liberazione: non c’è morte, ma mutazione che apre strada a una nuova vita
(montaigne)

concetto di verita’: va inserito nella vicissitudine, non perché essa sparisca, ma uomini a volte la vedono a volte no.
2 verita’: (cabala del cavallo pegaseo  saulino)
assoluta: è la più alta e degna e riempie tutti i gradi di realtà. il suo campo è quello dell’ente, quindi è onnicomprensiva.
essa è dentro al principio divino. non la possiamo conoscere: è ineffabile ed inesplicabile, se non nella natura, cioè
come:
comunicata : più bassa, partecipa della assoluta. è l’anima presente in ogni cosa, che dà vita a tutto.
questa teoria è ispirata a
parmenide (verità tonda)
platone (episteme e doxa)
mentre nella bibbia:
at: dio = verità di fede non di intelletto
nt: attraverso cristo si rivela quella verità
l’uomo aspira alla verità, ma è nell’orizzonte del comunicato la può cercare lì, pur sapendo che non perverrà a quella
assoluta. la metafora usata è quella della caccia: atteone negli eroici furori è un cacciatore, e il filosofo in generale è un
cacciatore che però si muove in un orizzonte umbratile, perché è un ente tra gli enti, non superiore agli altri, neanche
per l’abilità delle mani.
orizzonte umbratile: (frontespizio di “umbris idearum” recita “siamo ombre profonde”). l’uomo non arriverà mai alla
luce piena, ma può avvicinarsi alla luce o alla tenebra.

cusano:
ciò è ripreso da cusano: metafora della caccia “de venatione sapientiae”: la verità è permanente ma non potremmo mai
raggiungerla appieno. i nostri occhi davanti alla verità sono come quelli di un pipistrello davanti alla luce.
la nostra conoscenza procede per paragoni tra ignoto e noto, in modo discorsivo. ma davanti all’infinito si ferma, perché
esso si sottrae a proporzioni e paragoni. in esso la nostra logica non vale perché i contrari sono uniti dio nascosto.
l’uomo può avvicinarsi (come poligono a sfera) non con intelletto, ma intuizione. deve avere consapevolezza del
proprio limite: dotta ignoranza con essa ci si può avvicinare, ma solo per congettura (che è valutata positivamente)
ogni religione o scienza dunque possiede una verità parziale nessuna è migliore diverso da bruno

ruota del tempo fa sì che non sempre vediamo la verità cdc: dobbiamo capire a che punto siamo: se all’alba della verità
o al suo tramonto.
che rapporto c’è tra assoluto e comunicato?
non c’è un abisso, ma i due comunicano, in entrambe le direzioni: verita’ superiore si comunica in vari modi e fonda
verita’ inferiore suddivisa in:
delle cose: ordine delle cose che partecipa di verita’ superiore, e che riscostruiamo da:
dopo le cose: colta da uomo, che comprende la partecipazione alla verita’ delle cose superiore.
attraverso un uso corretto delle facoltà conoscitive arriviamo a tutte le verità comunicate. questa conoscenza non è
disordinata perché c’è simmetria tra l’ordine delle idee e delle cose.

inoltre:
verita’ e tempo: la verità è eterna, non soggetta a vicissitudine, non sottratta con violenza, non invecchia, non
diminuisce per occultazione (come la sostanza). non si disperde se diffusa (come fiamma di una candela), non viene
nascosta o interrotta e più viene combattuta più acquista forza anche se uomini la dimenticano o combattono essa si
difende da sola
verita’ elitaria: essa ama la compagnia dei pochi sapienti, odia la moltitudine
ricerca verita’: va cercata per se stessa, non si mostra se non a chi la cerca umilmente e con fatica  doloroso. non si
mostra ai fraudolenti

spaccio della bestia tronfante:


ripropone lo schema della verità, per mostrarne pervasività. essa è principio, medio e fine delle cose:
prima delle cose (superiore)
nelle cose
dopo le cose (conosciuta da noi)
la verità (con la v maiuscola) è una dea che ottiene la sedia eminentissima del nuovo cielo.
sofia rappresenta verita’ comunicata spiega che essa:
non viene dopo nulla, perché se vi fosse qualcosa prima di essa, sarebbe quella la verità. ciò che non è verità è nulla.
essa è parametro di se stessa
non viene prima di nulla: ciò che è dopo sarebbe senza di lei nulla
.sostanza delle cose naturale, dopo le cose come conosciuta da uomini nozionale
giove vuole che essa sia vista (più filosofico dei sensi) nella parte più alta del cielo, anche se uomo non vede verità
assoluta.
sofia: la verità assoluta invece:
partecipa della comunicata non è un sole, ma luna che brilla di luce riflessa
viene sperimentata da noi
passa per vicissitudine: a fasi cicliche non la vediamo i buoni mercuri cercano di guidare l’uomo al sapere: i sensi
ingannano, ma sono immediati e spesso gli uomini si fermano ad essi bisogna spingere i pochi disposti all’uso
dell’intelletto. ma è difficile spingere uomo a superare la conoscenza sensibile lecito avvalersi di alcuni strumenti semi
legali come la dissimulazione per proteggere la verità. infatti giove lascia dissimulazione come ancella e scudo di verità

cena delle ceneri:


gli uomini savi, sapienti, divini sono pochi. essi ricercano verità che deve essere al di fuori del sapere della moltitudine
che non possiede nulla di pregiato. e cose pregiate sono di pochi.
questo discorso si lega alla lettura delle sacre scritture: critica il volgo che ai appella alla scrittura per difendere
eliocentrismo: non dobbiamo cercare nei testi sacri ciò che non ci deve essere. essi contengono precetti di carattere
civile e morale per guidare la moltitudine che non sa darseli da sola. non vi è nulla di filosofia naturale.

3. spinoza
lettera a oldenburg “gli altri facciano come vogliono, la mia vita è una vita per la verità”
filosofia e verita’:
la filosofia è vista come un progresso di liberazione, meditazione non sulla morte ma sulla vita. la facoltà conoscitiva è
l’intelletto (naturale, non soprannaturale), che non inganna (e se anche ingannasse, comunque la ricerca porta piacere,
consolazione e godimento vita serena, lieta, ilare). l’esercizio dell’intelletto naturale porta alla tranquillità d’animo,
grazie alla corretta conoscenza di dio e della sua natura.

trattato sull’emendazione dell’intelletto: è un’opera giovanile, incompiuta e non condivisa dal circolo di spinoza
pubblicata postuma.
“emendazione” = liberazione (medicina dell’anima!), intelletto ha ruolo centrale.
nell’introduzione racconta della sua conversione alla filosofia:
abbandona i valori diffusi e comuni (piacere, onore ricchezza), ma futili e falsi: infatti il bene e il male non stanno nelle
cose, non sono oggettivi come pensano tutti. l’unica oggettivazione è che l’animo ne è toccato: essi riguardano solo
turbamenti dell’animo.
vuole ricercare un bene che sia legato alla verità e condivisibile immediatamente. esso sarà l’unico bene stabile e
incorruttibile e imperdibile. la via per raggiungerlo è la filosofia. questo bene è il dio di spinoza. tutti gli altri beni sono
temporanei, e spingono l’uomo ad oscillare tra speranza e paura spiniti alla superstizione.
comunque vede i vantaggi immediati dei beni comuni, e gli è difficile abbandonarli, ma sente che c’è qualcosa in più
prova a conservare beni comuni pur cercando quelli superiori, ma poi si accorge che i beni comuni sono ostacolo e
zavorra: disorientano la mente
abbandona ciò che è certo, ma incerto per la sua natura fragile cerca ciò che è incerto solo per il metodo di ricerca.
i beni fragili portano sì una felicità, ma essa genera timore, gelosia, odio e invidia. serve un bene stabile amando
qualcosa che non viene meno, in quanto eterno infinito e stabile, l’animo è potenziato dalla gioia duratura.
la perfezione umana sta nel conseguire questo bene vero e condividerlo. tutto ciò che è zavorra va eliminato

vero bene e sommo bene:


bene e male sono valori relativi, come perfetto e imperfetto nulla è imperfetto per la sua natura, perché tutto è creato da
necessità divina. l’imperfezione si vede in funzione di un fine ma dio non ha finalità nulla può essere perfetto o
imperfetto. l’imperfezione deriva dalla nostra prospettiva.
uomo comunque non comprende questa prospettiva e cerca la perfezione:
vero bene = bene stabile
sommo bene= godere di quel bene nella collettività
quel bene risiede nella conoscenza dell’ordine della natura e del suo collegamento con la mente umana.
il fine a cui tendere è dunque l’acquisizione di quel bene e la sua condivisione. a differenza di bruno, qui quanti più
concorrono alla ricerca di quel bene tanto più se ne gode bisogna impegnarsi affinché la cupiditas e l’intelletto di
ciascuno di accordi con quelli degli altri.

cupiditas= essenza dell’uomo sono gli affetti umani di cui uomo è consapevole (a differenza degli altri animali che
hanno conatus: affetti non consapevoli). cupiditas è appetito consapevole ad autoconservazione e accrescimento di sé. è
una spinta inerziale ma si scontra con cupiditas altrui. ma gli uomini guidati da ragione sono liberi e si giovano a
vicenda non “homo homini lupus” ma “homo homini deus”.
ci sono riferimenti a ciò anche nella lettera di de vries su come si lavora nel circolo di spinoza: è un circolo per la
ricerca della verità e la sua difesa dalla superstizione
breve trattato su dio, sull’uomo e sul suo bene conclusione dedicata agli “amici a cui scrive il trattato”: dice che una
cosa non cessa di essere vera anche se molti la respingono. comunque per sicurezza meglio fare attenzione a parlare
dell’opera in giro: bisogna farla circolare per la salvezza del prossimo, ma solo se si sa che questo è ben disposto.
inoltre il testo necessita di meditazione.

tei spesso associato a discorso sul metodo e meditazioni metafisiche, ma mentre descartes si focalizza sulle scienze,
spinoza sulla dimensione morale:
dsm tei
ricerca verità ricerca verità
approda a vera scienza approda a vero bene
meditazioni metafisiche
ricerca verità
metodo: esperimento mentale di analisi dei dubbi diffusi metodo: attraverso dubbi, pensieri e crisi umane
 climax  genio maligno
semel: sapere fondato una volta per tutte la ricerca del sommo bene è un percorso di vita

la ricerca non passa per i pensieri in spinoza, ma attraverso la vita che deve essere buona e etica.
conoscenza va riformata: l’intelletto è naturalmente collegato alla verità e al sommo bene, dobbiamo usarlo al modo
giusto. la filosofia vera ha il compito di purificare l’intelletto e riportarlo alla sua facoltà di conoscenza vera  ciò che è
vero è autoevidente: l’idea vera ci appare subito tale.
“etica” chi ha un’idea vera sa di averla e non ne dubita. infatti la verità è criterio per se stessa e per il suo contrario (la
falsità) così come la luce è norma di luce e tenebra
lettera a burgh spinoza non ha la presunzione che la sua filosofia sia la migliore, ma è la più vera, e lo sa
immediatamente, allo stesso modo in cui si conoscono le verità matematiche. esse sono autoevidenti e noi le
riconosciamo tali le conosciamo come le conoscerebbe dio
nessuno nega l’autoevidenza, a meno che non usi ipotesi false e inquietanti, come il genio maligno.
cio’ che e’ incerto non ha a che fare con la verità, ma con altro. infatti l’uomo non ha solo idee vere ma anche idee false,
confuse o contaminate è necessario isolare la verità da queste.
descartes ha commesso un errore di metodo: non bisogna usare metodo analitico e induttivo (a partire dal cogito), ma
sintetico e deduttivo a partire dall’ente perfettissimo. esso è l’unica cosa stabile, mentre gli enti generati e particolari
sono instabili o per la loro causa o non per la causa. dio si identifica con la verità: è autoevidente, causa di sé e
conosciuto solo mediante se stesso.

come arriviamo a dio?


dio non è personalizzato, quindi non ha rapporti con l’uomo. non lo ama se venerato né lo odia, perché ciò renderebbe
dio mutevole e influenzato da fattori esterni  il dio tradizionale è assurdo!
anche se dio non ama uomo, ma ciò non significa che “lo lascia correre da solo”: l’uomo è in dio! dio non dà legge agli
uomini perché ciò richiederebbe una reciprocità, tuttavia le leggi divine ci sono e non si possono trasgredire perché
costituiscono l’ordine di natura:
nessuna causa produce più di quanto abbia in sé
più debole soccombe a più forte
queste leggi sono eterne, e nessuno può trasgredire  solo a leggi umane si può trasgredire.

come dio si fa conoscere da uomo?


attraverso la parola mai  uomo avrebeb dovuto conoscerne il significato prima che dio gliela fornisse. la parola non è
autoevidente
neanche mediante simboli, manifestazioni, miracoli ( che significano le scritture?  ttp)
solo attraverso se stesso: per conoscerlo servono solo l’essenza divina + intelletto umano
intelletto è unica facoltà che può conoscere dio. ma l’uomo non conosce solo attraverso l’intelletto, altrimenti sarebbe
dio. ci sono altre forme di conoscenza confuse, che ostacolano l’uomo. infatti la conoscenza dovrebbe essere
immediata, non mediata da altri enti limitati.
come conoscere falsita’? a partire dalla verità, ossia da un’idea adeguata di dio
annullare passioni? no! ciò non toglie l’ignoranza, e tira l’uomo fuori dal proprio elemento vitale. un po’ come sei i
pesci, scoprendo che la vita in acqua non garantisce vita eterna, decidessero di vivere sulla terra  morirebbero!
l’uomo deve mantenere la cupiditas, ma farsi guidare dall’intelletto  perviene a dio come bene sommo e lì si ferma.
l’dea vera che cerca infatti non è una qualunque, ma dio.
metodo è deduttivo, parte dall’idea di dio  ma tei e’ incompiuto: non spiega come trovare questa idea. spiega però che
servono:
distinguere idea di dio dalle altre
avere regole per trovarle
trovarla
avere un ordine tra le cose

3 generi di conoscenza nell’ “etica” (in tei sono 4, ma due vengono accorpati)
immaginazione: acritica, passiva  segue abitudini e opinioni altrui
ragione: discorsiva. anch’essa se usata bene conduce a idee adeguate logiche e matematiche
intelletto: intuitiva, sintetica e deduttiva conduce dalla causa all’effetto, partendo dalla causa prima: dio. ci porta alla
verità  idea adeguata di dio. un esempio di chi l’ha praticata è cristo.

adeguatezza: si ha con ragione e intelletto, non immaginazione. un’idea adeguata è vera, ma è anche in grado di dedurre
le proprietà dell’oggetto e la sua essenza  ciò ha a che fare con l’orizzonte delle cause. non si può avere con
immaginazione perché essa è passiva, mentre bisogna essere attivi nelle passioni (conoscendone le cause, ma non
evitandole) e nell’intelletto.
per contro le idee inadeguate non comprendono né essenza né cause dell’oggetto.
dio non pensa ma in lui tutte le idee sono adeguate.

metodo per la ricerca della verità non è quello di descartes, ma parte da un’organizzazione delle idee in base alla
quantità di conoscenza che offrono. l’idea somma è quella di dio che offre tutta la conoscenza, da essa dipendono le
altre, così come dio è causa prima da cui discende catena di cause, ordine e relazione tra gli enti  è chiaro il parallelo
tra l’ordine della natura e della conoscenza.
il metodo sintetico:
riproduce l’ordine della realtà a partire da dio, mediante deduzione
parte da assiomi e teoremi (detti “proposizioni”)  dà dimostrazioni
ogni proposizione rimanda alle precedenti
questa catena deduttiva a partire da dio è immagine della catena causale che parte dalla causa prima (dio)

partendo da definizioni vere ed adeguate si arriva ad oggettività. per l’intelletto è naturale percepire secondo verità. allo
stesso tempo però l’uomo sta anche nella dimensione di una conoscenza non vera e non adeguata. la conoscenza vera ed
adeguata è quindi per l’uomo una conquista, la cui difficoltà sta nella comprensione dell’orizzonte delle cause.
rapporti tra corpo e mente: è molto diverso dal rapporto individuato dall’aristotelismo o dalla filosofia cartesiana.
corpo e pensiero non sono cose separate, sono punti diversi si un’unica sostanza, due attributi secondo cui l’uomo è
pensabile.
il corpo umano è un equilibrio di corpi minori (mignini riconosce questa posizione come non tradizionale). l’uomo è
quindi un cupiditas, né corpo né pensiero (spinoza è consapevole di affermare una dottrina difficilmente condivisibile,
ma sa che questo non significa che non sia vera). cupiditas = conatus + consapevolezza. l’uomo, come ogni altra cosa,
è una determinazione della sostanza che tende all’autoconservazione, una forza in sé neutra posta in una continua
relazione ineliminabile con gli altri enti. dalla cupiditas derivano tutti gli affetti. il nesso con la conoscenza sta nel fatto
che la conoscenza adeguata porta ad un maggiore controllo delle passioni.

tre generi di conoscenza:


ad ogni genere di conoscenza corrisponde un livello etico ed affettivo.
primo genere: due livelli di conoscenza di questo genere. il primo è la conoscenza sensibile, mutilata, la conoscenza per
esperienza vaga. si tratta di una forma di conoscenza priva di ogni ordine. il secondo è la conoscenza per sentito dire,
basata su opinioni, segni e parole. porta alla formazione di idee simili a quello che si vede o si sente. in entrambi in casi,
si resta nell’orizzonte dell’inadeguatezza. è una forma di conoscenza immaginativa, dunque ignora le cause e
costruisce invenzioni di tipo superstizioso.
questa immaginazione corrisponde con la capacità di rappresentare le cose del mondo esterno quando ancora esistenti e
quando non lo sono più. unisce dunque sensibilità, memoria, organizzazione preconcettuale postsensibile,
combinatorietà (comporre e scomporre immagini).
non è adeguata ma naturale, ha un minimo aspetto di positività. è però passiva, subisce e registra le modificazioni che
subiamo ponendole in confronto con le cause. se non ne siamo consapevoli rimaniamo schiavi delle modificazioni e di
questa conoscenza errata. con la conoscenza immaginativa siamo portati a universalizzare idee non ordinate, mutile per
via delle modificazioni, vaghe e a vederle come oggettive! non lo sono, non possono essere trasmesse da soggetto a
soggetto perché sono mutilate da affezioni individuali! (è il caso dei profeti) queste idee non possono essere base di una
conoscenza scientifica. il possesso di idee inadeguate si lega a finitezza umana.
esempio del sole per spiegare conoscenza inadeguata di entrambi i livelli (vediamo il sole e pensiamo che sia piccolo e
vicino, se ci spiegano che non lo è e lo crediamo solo per sentito dire non ne abbiamo compreso le cause quindi la
nostra conoscenza resta inadeguata)
l’uomo non può però sospendere il giudizio neanche se sa di avere percezioni inadeguate perché ogni percezione porta
al giudizio.
duplice aspetto di primo genere:
e’ fonte di pregiudizio;
e’ una manifestazione necessaria della mente.
in questo modo non conosciamo l’essenza delle cose ma solo il loro effetto. dobbiamo esserne consapevoli. è erronea
ma necessaria perché ci fa distinguere cosa ci fa bene e cosa ci fa male e dà origine alla nostra identità attraverso la
memoria.
costituisce anche un orizzonte collettivo su viari piani, tra cui religioso, creando religiosità superstiziosa. da qui i
pregiudizi su dio: idea di creazione dal nulla e quindi di volontà divina; libertà di creare un mondo diverso da quello che
è o addirittura non crearlo; il finalismo; possibilità di sospendere le leggi della natura; la comunicabilità attraverso segni
o parole (parole = massima forma immaginativa!)
nesso tra conoscenza ed etica: conoscenza mutila = schiavitu’ dalle passioni
dimensione: contingenza

secondo genere: è già una conoscenza adeguata. conoscenza attraverso ragione. si conosce in modo discorsivo le leggi
naturali, idee universali. si coglie quel che è comune per tutti, le proprietà comuni tra corpo singolo e l’esterno.
dimensione fisica, di relazioni di moto e quiete (es ogni corpo o si muove o è fermo). da qui si costruiscono leggi
universali e valide. in particolare questo genere ha il compito di costruire sia un albero del sapere che una società. (pace
politica e governo degli affetti). non penetra però l’essenza delle singole cose. via intermedia fondamentale che rende
l’uomo desideroso di conoscere di più e meglio, spinge al terzo genere. è induttiva.
dimensione: necessità

terzo genere: conoscenza intuitiva, dell’intelletto. parte dagli attributi ed essenza di dio e arriva alla conoscenza delle
cose. (es dei tre numeri). è il vertice della conoscenza e va in direzione inversa rispetto a quella della ragione. deduttiva.
è la suprema pulsione della mente e la sua suprema virtu’. procede da dio alle cose e più conosco le cose più conosco
dio. è nella natura della mente conoscere in questo modo! da qui nasce un supremo acquietamento possibile della
mente. porta alla più alta perfezione umana e alla gioia.
pur essendo forma più importante non viene tematizzata molto da spinoza. fa l’esempio della mente che è trasparente a
sé stessa (molto discusso). avviene nel rapporto con l’eternità: le cose accolte nella loro dimensione eterna. il corpo non
è conosciuto qui nella sua percezione presente ma nella sua eternità. in dio l’essenza è espressa necessariamente nella
dimensione dell’eternità perché dio ne possiede la caratteristica strutturale eterna.
dimensione: necessità

cristo come esempio del terzo genere:


oldenburg chiede a spinoza di spiegare la sua posizione su cristo (lo aveva menzionato nell’etica dicendo di non capirne
troppo a riguardo).
spinoza risponde con una distinzione iniziale tra religione e superstizione, che portano una all’ignoranza e l’altra alla
sapienza. i cristiani hanno una pretesa di superiorità che porta ad ignoranza e superstizione. per la salvezza non bisogna
riconoscere cristo in quanto incarnazione di dio (cristo secondo la carne), ma bisogna riconoscerlo in quanto uomo in
cui la sapienza divina raggiungibile dagli umani ha spiccato (cristo secondo lo spirito). è mediatore solo per la sua
sapienza. l’idea di incarnazione è assurda.
in una seconda lettera ad oldenburg, spinoza riflette sulla salvezza. la risurrezione di cristo è metaforica, si intende una
sua permanenza come esempio di eccezionalità, sapienza, pratica di vita e sacrificio, non effettiva risurrezione dalla
morte. queste parole immaginative sono solo necessarie per la comprensione degli uomini e sono utilizzate dai profeti
che hanno questo tipo di conoscenza immaginativa
nel ttp: cristo colse le cose in modo vero e adeguato. non è un profeta ma un uomo che ha rivelato agli altri uomini ciò
che ha ottenuto con conoscenza intuitiva di dio. ha conosciuto senza immagini o parole. ha una mente eccellente ma non
divina: resta un umano!
dio si è manifestato agli apostoli attraverso la mente di cristo.
cristo ≠ mosè. mosè conosceva dio con segni e parole ed era un capo politico, si inserisce nella dimensione storica del
suo popolo. cristo conosce dio da mente a mente e insegna a tutto il genere umano.

spinoza supera ogni espressione confessionale. se l’adorazione di dio è in carità e giustizia, si possiede lo spirito di
cristo e si è salvi, al di là del testo sacro di riferimento. in ogni religione del libro c’è ignoranza e superstizione, ma c’è
la possibilità di andare oltre. nessuno è fuori dalla prospettiva della salvezza.
l’etica cristiana è per spinoza simile alla sua in quanto basata su correttezza morale e giustizia dal singolo alla società e
risponde all’odio con amore e generosità.
ripensare rapporto tra teologia e politica: giustizia e umanità vanno alla base del dispositivo teologico e di quello
politico per arrivare all’uguaglianza tra gli uomini. la religione guidata da questi precetti, non coercitiva e non
gerarchica è specchio della repubblica popolare, la migliore forma di governo, il cui scopo è la libertà.
modo in cui va pensato dio: dio e’ infinito attuale (no distinzioni interne poste d teologia tradizionale) e causa sui!
da e1: tutto è in un orizzonte di cause interne o esterne che giustificano esistenza e non esistenza (es del cerchio
quadrato) di ogni cosa.
→ la sostanza divina esiste per causa della sua stessa natura.
forte nesso tra essenza ed esistenza. poter esistere = potenza / poter non esistere = impotenza.
se gli enti finiti esistono (=potenza) e ente infinito no (=impotenza), dovremmo dire che l’infinito è impotente, questo
non ha senso.
def 1 da etica : causa sui è ciò la cui essenza implica l’esistenza, ossia la cui natura non può esistere senza esistenza.
def 3 da etica: sostanza è ciò che è in sé ed è concepito per sé, ciò il cui concetto non esige il concetto di un’altra cosa a
partire da cui debba essere formato (cfr aristotele e descrtes)
l’idea di sostanza creata sarebbe quindi una contraddizione / la sostanza è conoscibile per sé, non presuppone nessun
altro concetto → ontologicamente e gnoseologicamente indipendente.
è imperitura ed ingenerata. è infinita quindi unica, onnicomprensiva ed indivisibile.
la sostanza produce all’infinito una serie di modalità quindi tutti i modi esistono necessariamente nella sostanza.
dio immanente: tutto è in dio e deve essere concepito in lui. nulla è al di fuori di dio.
causa transitiva = i suoi effetti producono qualcosa di altro rispetto alla causa

causa immanente = produce effetti che rimangono nell’orizzonte della causa
nella lettera ad oldernburg, spinoza spiega che tutte le cose sono e si muovono in dio. lo affermavano anche gli antichi
ma in modo diverso ed esiste tradizione simile anche nel mondo ebraico.
p. totaro: spinoza (come altri es bruno) usa il lessico della filosofia ma non sempre con lo stesso significato. è una
corrosione dall’interno. il valore tradizionale di immanenza/trascendenza è riduttivo per la complessità di spinoza. ciò è
segnalato dall’uso solo aggettivale che fa di “immanente”.
dal breve trattato: le cose che derivano da dio sono fragili perché in quanto modi non sono la sostanza divina. (è difficile
scindere l’identità del singolo dagli effetti della sostanza).
def 4 etica: l’attributo è ciò che l’intelletto percepisce di una sostanza come costituente della sua essenza.
attributi come qualità non sradicabili della sostanza, ne sono necessariamente parte da sempre, la sostanza si manifesta a
noi attraverso essi.
quanto più una sostanza ha determinazioni tanto più ha perfezione e realtà quindi sostanza divina deve avere attributi
infiniti. gli attributi esistono solo con la sostanza, non hanno autonomia ontologica. ma la sostanza non e’ una somma di
attributi. neutra rispetto ad essi.
l’infinità degli attributi è relativa, esprime la realtà e la perfezione della sostanza in una determinata categoria dei
pensiero.
noi conosciamo solo due attributi: pensiero ed estensione!
l’attribuzione dell’estensione alla sostanza divina è uno dei principali motivi di accusa di eterodossia a spinoza. chi dice
che attribuire estensione a dio è una cosa indegna ha un’idea sbagliata della materia. infatti materia ≠ divisibilità e
finitezza (proprie solo di individuo)

dio agisce per le sole leggi della sua natura


(1) non si da nulla che spinge dio ad agire, né al suo interno né al suo esterno, al di là della sua perfezione;
(2) solo dio è causa libera.
la libertà di dio non è la contingenza della sua produzione, se così fosse violerebbe le sue stesse leggi. (diverso da
descartes) dio non ha potuto far sì che le cose non fossero così (es geometria). dio non ha intelletto o volontà, molti
vorrebbero dimostrare il contrario ma è ripugnante pensare che dio non possa fare tutto quello che intende e che è in sua
natura fare, l’onnipotenza di dio non è nel voler fare qualcosa tra quello che potrebbe ma nell’atto della sua produzione
eterna.
i modi: forme che manifestano espressioni della sostanza.
da etica 1: nulla è contingente in natura. natura naturante = l’orizzonte della sostanza e i suoi attributi. natura naturata =
il prodotto dal punto di vista dei modi determinati dagli attributi, il finito.
i modi sono in dio e non sono concepibili senza di lui.
l’uomo non e’ un’eccezione! non è impero in un impero, è un modo che aderisce ai processi causali. fa parte
dell’intreccio tra l’orizzonte del finito e dell’infinito. è teso alla conservazione come gli altri modi. pensare che dio
abbia disposto l’ordine del mondo per l’uomo è pensarlo imperfetto. l’ente infinito non si subordina al fine di un modo
finito. dio non ha bisogno di preghiere o lodi. antiumanesimo, l’uomo va studiato in modo geometrico come tutto.
il modo segue dalla natura di dio ma non si identifica con gli attributi. ogni attributo produce in un passaggio da infinito
a finito i vari modi.
il mondo non è separato da dio, è atto dalla sua esistenza. fuori di lui c’è l’inesistenza. è un insieme di modi finiti che
non sono esercizio della sua volontà ma derivano e rimangono nella sua natura.
es di mare e onde particolarizzate per differenza modale.
bruno: filosofo mercurio ma distinto dal volgo e perseguitato
spinoza: filosofo “mercurio”, ma dimensione collettiva della felicità.
2. galilei
a padova osserva il cielo con il telescopio (non inventato da lui, ma da occhialaio olandese lui lo perfeziona). raccoglie
le sue osservazione e scoperte nel “siderius nuncius”:
la superficie della luna è irregolare come quella della terra corpi celesti non fatti di etere, ma della stessa materia della
terra
via lattea non è nebulosa, ma agglomerato di stelle
4 satelliti di giove (come la luna per la terra) 4 pianeti in più ricadute non solo in astronomia, ma anche in altre scienze
(es. medicina)
macchie solari mutano anche sole è soggetto a mutamento “intorno alle macchie solari e ai suoi accidenti”
altri pianeti hanno stessa materia di terra + sono soggetti a mutamento. non ci sono vere prove contrarie.

lettera a giuliano de medici: i pianeti ruotano intorno al sole come dicevano i pitagorici, copernico e keplero. ora ciò è
provato dall’esperienza sensibile. sa che i filosofi che si basano solo su libri e autorità li considereranno stolti. però
bisogna prestare attenzione agli antichi filosofi che la pensavano diversamente da aristotele. in realtà lo stesso aristotele
dava più importanza all’esperienza accetterebbe la verità di ciò che si osserva col telescopio. il problema sono i suoi
seguaci che si basano sull’auctoritas. galileo altera meno la dottrina aristotelica rispetto a questi seguaci (anche ari si
baserebbe più sull’esperienza). le teorie dei seguaci di aristotele sono “ripugnanti al senso” e “non fondate da verità”
sulla cometa: per rimuovere le ambiguità le virtù superiori ispirano allo scienziato i metodi necessari a osservare
generazione comete ma molti (prof universitari) restano indietro perché è esperienza passeggera osservazione delle
stelle, ma non è ancora sufficiente osservazione del sole dà dimostrazione perenne. però ciò richiede tempi prolungati,
che permettano osservazione, apprendimento e convinzione.
i peripatetici non fanno filosofia per la verità vanno trascurati.

reazioni: alcuni entusiasti, altri smarrimento (o rifiuto, o perdita di punti di riferimento cosmologici ma anche politico-
sociali)
donne: smarrito. “an anathomy of the world”: il nuovo paradigma porta un senso di piccolezza, fragilità, angoscia,
morte. il mondo sembra sgretolarsi uomo disorientato perde coordinate dubbio perdita di relazioni anche a livello
sociale e familiare. il mondo è reso storpio, malato in modo radicale, per non ammalarsi bisogna tirarsene fuori. senso di
vecchiaia, sproporzione nel firmamento di cui l’uomo si è appropriato viene meno anche ordine morale e religioso.
campanella: entusiasta elogia galileo che ha liberato uomo da cecità, mostrando un “nuovo cielo e nuova terra”
(citazione apocalisse)
bruno: cdc nolano ha superato l’idea di sfere celesti degli “scienziati vani” e “filosofi volgari”ù

brecht:
fa lunga riflessione su galileo l’uomo ha a lungo creduto nell’eliocentrismo: tutti gli ordini della realtà si ritenevano
centrali (anche in senso sociale). ora ne stiamo uscendo (metafora del viaggio in nave) d acopernico epoca nuova nuove
scoperte. la fine del geocentrismo non causa angoscia, ma dà idea di un universo più ampio in cui ognuno può avere
ruolo centrale.
galileo di brecht:
brecht inizia a riflettere su galileo dal 1933 (anno di avvento nazismo + esilio di brecht in danimarca). scrive 3 versioni
di “vita di galileo” (opera teatrale):
1939 portata a termine durante esilio danese , anno in cui viene a conoscenza dell’invenzione della bomba atomica.
nella conclusione parla di una notte imminente (nazismo)
anni ‘40 brecht è negli usa, traduce opera in inglese + seconda redazione molto diversa
edizione berlinese: poco dopo brecht muore messa in scena postuma
brecht inserisce elementi autobiografici, in riferimento in particolare al comportamento dell’uomo davanti al tiranno:
“farsi piccolo davanti alla tempesta”. altre tematiche sono l’oscurantismo della religione e la responsabilità dell’uomo di
scienza e delle conseguenze delle sue scoperte.

primo galileo: lotta dell’intellettuale contro l’oppressione resistenza abile che passa per una resa apparente, volta a
tutelare la verità (dissimulazione) questa è la prima lettura dell’abiura: galileo tradisce verità e soprattutto se stesso, ma
ciò ha un tratto positivo andrea sarti dice nell’opera che è il crollo di un edificio intellettuale, ma quando la polvere si
dirada si vede che le fondamenta sono rimaste
secondo galileo: cambia nelle ultime due scene: galileo parla con andrea della sua abiura la causa è la sua paura, non la
difesa della verità. ora la ricerca di galileo è un impulso vizioso fine a se stesso non nobile. lo scienziato è responsabile
verso la scienza e verso la società. galileo non ha applicato la scienza e non ha aiutato la lotta di classe non ne ha
dispiegato il potenziale pratico e in base a questo si giudica una scienza.
se non avesse abiurato la fisica (riferimento a bomba atomica) sarebbe come il giuramento di ippocrate, invece ha
sottomesso la scienza ai potenti. implicazione sociale: se non avesse abiurato ora anche nelle piazze si parlerebbe di
astronomia (istruzione anche per gli umili) la terra ruota intorno al sole e così tutte le classi sociali
galileo presentato come antieroe colpevole si autocondanna per essersi piegato al compromesso a differenza di bruno
terzo galileo: rapporto scienza-scienziato: galileo si preoccupa del giudizio del mondo della scienza. il proprio lavoro,
qualunque esso sia, va fatto in modo etico lo scienziato ha ancora più responsabilità perché si occupa di sapere, il quale
desta il dubbio (richiede coraggio!). diffondere il sapere porta a interrogarsi sulla capacità di tutti di sopportare questo
dubbio. i molti vengono tenuti dentro la superstizione dai potenti affinchè siano facilmente dominabili, e ciò sembra
immutabile ma la scienza e il suo dubbio sono rivoluzionari! possono sovvertire gerarchia, per questo i potenti si
avvalgono di repressione e minacce. fare un passo indietro (come galileo) equivale a impedire che la scienza liberi
l’uomo. il progresso scientifico resta, ma la società non cambia scienza fine a se stessa inutile: dovrebbe sollevare la
fatica dell’esistenza umana, altrimenti implode e porta il male dell’uomo. galileo ha solo contribuito a creare “gnomi
inventivi” . si autoesclude dai ranghi della scienza per il suo tradimento, ma incluso in quelli della fede.
andrea gli dice che si è giudicato in modo troppo duro + chiede se dunque si debba rinunciare alla nuova era galileo gli
consegna i “discorsi” che lui porta illegalmente in oanda. giunto in germania gli chiedono se sia possibile volare come
fanno le streghe opera si conclude con lui che risponde che la scienza è solo al suo inizio.

chi e’ la guida nella filosofia naturale?


“discorso sui massimi sistemi” simplicio (peripatetico) riconosce che filo di galileo è sovversiva. non ci può essere filo
naturale diversa da quella aristotelica. galileo risponde che anche aristotele avrebbe prediletto l’esperienza.
ci sono riflessioni filosofiche:
uomo sbaglia a attribuire a dio le proprie prospettive
scienza e natura vanno oltre ciò che uomo può immaginare
no antropocentrismo e finalismo
natura e scrittura sono 2 libri di dio scritti in linguaggi diversi

giornata 3: discussione di tipo tecnico:


salviati dice che distanza tra terra e volta celeste va pensata come spazio vuoto
simplicio: sarebbe inutile, essendo inutile va contro idea aristotelica che natura non fa nulla invano
salviati gli dice di sospendere pe run momento aderenza ad aristotele e spiegargli come fa a negarne l’esistenza,
dicendogli che non si può comprendere una cosa immensa come questa dilatazione come la può negare con tanta
certezza
simplicio non nega che superi immaginazione, ma la presenza di qualcosa creato invano: disposizione dei cieli è creata
per beneficio della terra e quello spazio non serve a niente
salviati gli dice che non ha senso pensare che dio si concentri solo su di noi, si “abbrevia la mano di dio”. è vero che c’è
provvidenza che coinvolge anche cose umane, tanto intensamente da non potrebbe essere di più se anche riguardasse
solo noi, ma ciò non significa che sia superiore per la terra che verso il resto. esempio della frutta: il sole riscalda un
frutto di un albero in particolare in modo pieno, come ci fosse solo lui, ma lo fa con tutti i frutti, il frutto non si può
arrabbiare. la dilatazione non è superflua  sbagliato nei confronti di dio
sagredo: ci sono infinite cose che noi non conosciamo ma non conoscere utilità di qualcosa non vuol dire che sia
superflua o inesistente. se non ci fossero stati esperimenti anatomici non sapremmo neanche cosa c’è nel nostro corpo,
idem per il cielo, c’è da prima che noi lo vedessiomo.

parentesi su spinoza:
spinoza nell’etica critica il “pregiudizio dei pregiudizi” ovvero il finalismo rivolto agli uomini: è presente in tutte le
teologie e i culti lo trasformano in superstizione  ne derivano tutti i pregiudizi esistenti. gli uomini suppongono che
dio diriga tutto verso il loro fine e maggior parte degli uomini lo accettano, e tutti sono propensi a pensare così perché il
finalismo è una conseguenza della convinzione umana di essere liberi nelle proprie scelte (deriva da immaginazione).
uomini pensano che i propri desideri siano dati dalla volontà perché non ne conoscono la vera causa. in realtà gli uomini
desiderano e agiscono in vista di un fine, ma vedono la causa finale come unica cosa davvero rilevante  sbagliato.
inoltre uomo individua nella natura i mezzi che lo conducono a realizzare il loro fine, quindi iniziano a vedere tutta la
natura come predisposta per loro per raggiungere il fine. attribuiscono finalismo a natura quindi a dio, lo onorano in
diversi modi e si genera superstizione che poi è stata usata come mezzo di potere nel tempo. c’è una logica interna alla
superstizione, ma parte dai presupposti sbagliati. è molto radicata in sistema teologico giudaico e cristiano.
finalismo rovescia verità della natura e rende dio imperfetto.
altra prova che usa per criticare il finalismo è che non sa giustificare presenza di ciò che nuoce all’uomo: ci si appella
ad ignoranza di fini effettivi di dio.

tornando a galileo
critica al principio di autorita’:
la ricerca non si può subordinare all’autorità perché essa allontana dalla verità, quindi consumarsi sugli scritti degli altri
non renderà mai l’uomo un filosofo. esiste però un limite numerico dei buoni filosofi. è sbagliato criticare/prendere per
falsa una teoria solo perché ha pochi seguaci (eliocentrismo)  filosofi buoni sono aquile: rari, volano in alto, soli, si
vedono e sentono poco, mentre gli stormi volano in basso tutti insieme.
mondi di carta = autorità. mondo sensibile= natura. l’esperienza è sufficiente per eliminare mille prove scritte sulla
carta.
dsms:
simplicio chiede se non ci si può basare su ari chi deve guidare filo?
salviati: una guida serve solo nei posti sconosciuti, non dove c’è la verità. dove c’è la verità la guida serve solo a chi
non sa vedere, che comunque è meglio che eviti. non bisogna allontanare del tutto ari, ma non prenderlo per oro colato.
è vergognoso sentir disputare citando testi solo per chiudere la bocca agli avversari quando si potrebbe argomentare
razionalmente

parentesi su bruno:
de l’infinito: bruno scrive che bisogna guardare con gli occhi dell’intelletto, ragionare, aprirsi alle varie filosofie perché
i loro punti di partenza sono sempre diversi  vanno comparate e non ci si può credere ciecamente, bisogna
abbandonare affezione che ci porta ad affidarci ad atteggiamento condiviso dai più. persino aristotele lo diceva che
seguiamo la consuetudine. bisogan anche confrontare con il momento storico  averroè vedeva la luce in aristotele
perché il suo era momento molto critico e aristotele era il massimo a cui si potesse aspirare.

tornando a galileo
per fare i filosofi servono sia ragione che esperienza, se studiamo solo aristotele siamo storici o dottori di memoria.
questo atteggiamento non c’è solo nello studio dei cieli ma nell’esperienza in generale.
distinzione: universo di bruno è immaginato, quello di galilei è percepito e deriva da matematizzazione esperienza.
galilei è importante non solo per le scoperte scientifiche ma anche per il metodo.
metodo: partire da esperienza sensibile purificata da errori dei sensi  esperienza sottoposta a esame razionale. così
valorizza proprietà sottratte a dimensione soggettiva.

saggiatore: distinzione tra qualità:


oggettive: traducibili in modo geometrico e meccanico, misurabili
soggettive: si generano nel percepire il singolo corpo
capitolo 48: si parla del moto come causa del calore  parla del calore  pensiamo che caldo sia accidente che risiede
nell’oggetto, ma ci sono qualità che non possono essere separate dai corpi (tipo dimensione), altre no, legate a
sensibilità (sapore odore calore ecc) e di per sé sono solo nomi puri. esempio della mano: tocca statua e corpo vivo,
sente di star toccando in entrambi i casi, mentre ci sono altre affezioni che cambiano nei due casi. vari esempi legati ai
sensi (suoni sentiti quando vibrazione dell’aria muove il ns timpano, ma senza soggetto queste qualità non ci sono).
corpi esterni hanno in sé solo movimento e grandezza e geometria  rimangono anche se non ho organi di senso.
scienza deve essere indipendente da qualità soggettive, perché solo con le oggettive c’è progressione verso verità
(distinzione recuperata da descartes e locke)
la matematica è lo strumento della filosofia naturale  permette di leggere la realtà (in modo oggettivo) perché è la
lingua in cui la natura si esprime. la filosofia dunque non è un libro nato dalla fantasia dell’autore, come l’iliade e
l’orlando furioso, in cui la verità non ha importanza  nella filo naturale la cosa più importante è la verità!
per leggere il libro della natura bidogna conoscerne la lingua (matematica)
lettera a liceti: appellarsi alla autorità di aristotele va bene, ma bisogna tener conto che la filosofia non è contenuta nei
suoi libri, ma nel libo della natura, in caratteri diversi dal nostro alfabeto: geometrici.
lettera di campanella a querendi: querendi lo paragonava a pico, lui risponde che sono diversi in parte per la vita
(campanella sfigato), ma soprattutto per lo studio della natura: campanella impara da osservazione naturale non dai libri
di carta. il libro della natura è libro di dio, mentre i libri umani sono una copia  vanno letti con spirito e corretti
attraverso studio della natura.
matematica e verita’:
dsms giornata 1: la conoscenza è distinta in:
estensiva: riguarda il numero di conoscenze acquisite, ma uomo non può conoscere tutto (rispetto a conoscenza divina,
quella umana è quasi nulla)
intensiva: concentrazione, certezza, approfondimento  uomo può conoscere in modo perfetto alcune proposizioni
(quelle della matematica pura). la sua conoscenza ha la stessa intensiatà di quella di dio, ma dio conosce per intuizione
libri: umani (su tutti aristotele) vs di dio: natura, ma anche scritture!

parte 3: commento ai testi


2. galileo.
piccola parentesi contestuale:
la divulgazione del copernicanesimo porta a una serie di discussioni. geocentrismo messo in crisi da eliocentrismo è un
problema che va ben oltre l’astronomia  brecht fa dire che galileo è pericoloso perché ciò che sostiene mette in crisi
insieme al sistema tolemaico ogni certezza che rasserena gli uomini, ovvero da una parte la regolarità e ciclicità della
vita, dall’altra il vangelo (mette in discussione teologia). eliminare queste certezze è eliminare il senso della vita togliere
a tutti senso di sicurezza nella loro oppressione.
la verità del mondo naturale è matematica  il teologo non possiede il lessico, si limita ad interpretarle, mentre lo
scienziato ha il lessico, fa dimostrazioni divulgabili e riproducibili.
bolla di leone x: apostolici regiminis (da concilio laterano v)
contro la dimostrabilità filosofica della immortalità (?) dell’anima (aristotelica) ma ribadito come dogma (tommaso)
accordo tra verità e fede
vietato contraddire dogmi con dimostrazione filosofica
comportamenti dei professori universitari: non basta che prediligano teologia ad aristotele: devono proprio confutarlo
il vero è unico e non si autocontraddice. ciò che è contro/ diverso da la fede è falso e chi lo sostiene è eretico.  no
spazio intermedio tra verità ed eresia (perché sarebbe una convivenza pericolosa). la verità non va neanche dimostrata
perché non va messa in dubbio. condanna della dottrina della doppia verità.
l’accusa di eresia diventa dunque un pericolo concreto per lo scienziato (specie il filosofo)  galileo deve presto farci i
conti perché l’eliocentrismo contraddice le scritture:
libro giosuè
salmo xviii
ecclesiaste
nel 1613 viene scritto il siderius nuncius, nel 1616 c’è la condanna del copernicanesimo e l’ammonizione a galileo. nel
mezzo vengono scritte le “lettere copernicane” indirizzate a :
benedetto castelli: è un suo allievo, frate benedettino conosciuto a padova, galilei si fida quindi è la lettera più libera ed
esplicita
piero dini
cristina di lorena, madre del granduca di toscana, personaggio importante , rappresenta un potere a cui la sorte del
progetto di galilei è vincolata
le lettere vengono pubblicate moooooolto dopo e alcune (a cristina) rimaneggiate. galileo cerca di argomentare, ma
andando avanti lima le proprie teorie (specie con cristina) perché il conflitto si inasprisce.
avversari:
aristotelici fiorentini
teologi (malotichi et invidiosi, che si riuniscono a casa dell’arcivescovo a smontare le sue tesi)
lettera a castelli:
sostiene l’autonomia della verità di ricerca scientifica, che non ha bisogno di tutele ed è distinta dalla fede.
cauto ottimismo: spera che istituzioni cattoliche lo sostengano e si aprano al dialogo punrchè non partano pregiudicati
(diverso da quando scrive a cristina). infatti chi ha la verità dalla sua parte è avvantaggiato perché non ci sono due verità
in contrasto, quindi se l’interlocutore la pensa diversamente a è disposto ad ascoltare sarà convinto.
occasione della lettera: cene copernicane di benedetto castelli con granduca che deve convincere di eliocentrismo (cfr
cena delle ceneri). galileo ha sentito il resoconto della serata e riflette sul valore delle scritture rispetto alla verità
scientifica.
la duchessa (che è cristina) chiede a castelli se c’è margine di errore nelle scritture e lui risponde di no. galilei gli dà
ragione, ma avrebbe aggiunto che chi le interpreta può sbagliare. l’interpretazione può seguire vari criteri, ma il più
sbagliato è il letteralismo: porta contraddizioni, eresie, bestemmie! (esempio: corporeità di dio  forse si ispira a
tommaso? di sicuro iv canto “paradiso”). ma c’è anche un altro orizzonte: il figurato  bisogna vedere cosa
rappresentino le metafore delle scritture (tommaso) ad esempio “braccio di dio” equivale alla sua potenza.
letteralismo: l’attacco accomuna i tre autori. si contrappone a lutero:
sola scriptura
sola fide
sola gratia
solus christus
solo deo gloria
filologia umanistica mira ad analizzare i libri sacri come libri  vanno analizzati filologicamente: contaminato da
trasmissione + ci sono luoghi più o meno chiari. erasmo è un sostenitore di questo metodo.
per lutero la scrittura è unica fonte di verità, se non la capiamo non dipende da lei ma dalla nostra incapacità per via del
peccato originale. la bibbia non va accostata ad altri testi o altri metodi interpretativi ma presa alla lettera. ricezione
parola di dio emancipa l’uomo. dio non è un artigiano quindi la sua libertà non è come quella degli uomini. le scritture
si comprendono solo attraverso esse stesse.
erasmo: riprende tema del sileno (scatola brutta che contiene immagini divine = socrate)  non giudicare
dall’apparenza. ci sono sileni e sileni al contrario. la scrittura ha dimensione silenica  non bisogna limitarsi a
dimensione letterale che è ridicola.
ci sono più letture delle scritture:
letterale (fatti avvenuti) insufficiente  serve trasposizione sovrastorica
allegorico: mostra ciò che si deve credere
morale: mostra ciò che si deve fare
anagogico: mostra via per salvezza
questo per erasmo è proprio di tutte le cose: la verità si nasconde oltre l’apparenza
bruno: segue erasmo + si ritiene anche lui un sileno:
epistola esplicatoria spaccio: teorizza la scrittura silenica: contiene verità ma bisogna andare oltre la superficie. chi non
lo fa si diverte e basta, chi va oltre trova la verità. la moltitudine non è in grado. ci sono sileni rovesciati (professori che
tengono moltitudine in condizione di ignoranza e pericolo)
cdc è un testo silenico: i suoi censori non sanno leggere oltre l’apparenza. non si parla solo di copernico, ma ogni parola
è produttiva di una verità che si cela dove meno appare
epistola esplicatoria cabala: parla di un protestante che dice di essere “amico della lettera” e non ama esposizioni
sileniche tipiche di origine (interprete allegorico della bibbia molto amato da erasmo, e non considerato ortodosso ad es.
per il concetto di salvezza universale)

galileo: lettera a castelli


letteralità ha aspetto diverso dal vero, serve per il volgo, che però non capisce il significato profondo e ha bisogno di
interpretazione di saggi che devono spiegare senso + perché è scritto così. nel caso dell’eliocentrismo il saggio è il
filosofo naturale.
nello studio della natura scrittura non è al primo posto, ma all’ultimo: non è autoevidente. natura osserva le regole
divine, mentre scrittura è dettata da spirito santo, contiene cose diverse dal vero perché deve farsi capire. natura è
inesorabile (non sottostà a preghiere  senso etimologico + è sorda non prova passioni) non si preoccupa di farsi capire
e non trasgredisce mai alle sue stesse leggi, non si accomoda all’uomo, ai suoi bisogni  non finalismo rivolto
all’uomo.
la scrittura non può confutare l’esperienza o la dimostrazione, perché scrittura non è vincolata a obblighi severi come la
natura. il linguaggio naturale è reificati non va interpretato (leggi!). se in esso il vero è diverso rispetto a linguaggio di
scritture, il vero va tratto da natura perché è trasparente e fermo.
(lettera a diodati: rovescia l’onere della prova: perché la parola di dio è ritenuta superiore alle sue opere? la scrittura non
è rigorosa nel parlare di dio, perché dovrebbe esserlo nel parlare di natura?non esistono due verità contrarie 
ermeneuta biblico deve accordare scritture a natura)
non tutti gli interpreti sono divinamente ispirati, ci vuole cautela perché ci possono essere errori di interpretazione.
inoltre la scrittura va contestualizzata nel suo periodo storico. mentre i principi di fede sono eterni, la filo nat muta nel
tempo e si evolve  non aggiungere precetti oltre alla fede.
lo spirito santo rende credibili i precetti di fede, ma per la scienza dio ci ha dato i sensi  non usare scrittura (anche
male interpretata) nelle dispute sulla natura, specie per astronomia che non è quasi mai citata.
il luogo di giosuè è più sostenibile dal punto di vista copernicano  nuova interpretazione (vedi schema)
contrasto tra filosofia naturale e scrittura  non c’e’ errore nella filo nat. ma nell’interpretazione della scrittura.

sugli aristotelici fiorentini:


galileo cerca di selezionare bene gli interlocutori per permettere alla sua teoria di diffondersi anche in ambiente
cattolico romano come verità naturale. ma nel 1615 copernico rischia di finire all’indice. galileo dunque scrive a gesuiti
+ bellarmino. la sua battaglia non riguarda solo teoria copernicana, ma anche la sistematicizzazione dei poteri
intellettuali, per cui i teologi si devono occupare di fede e non di filo nat, che spetta agli scienziati. la scienza si deve
anche occupare dei passi delle scritture che trattano di questioni naturali, e vanno sottratti ai teologi. teologia non è più
verità assoluta. nella lettera a cristina galileo afferma superiorità della teologia per il suo oggetto, ma che possegga ogni
tipo di verità.
cesi scrive a galileo che bellarmino ritiene copernoco eretico e probabilmente lo metterà all’indice, anche perché a roma
è facile proibire libri anche per il minimo dubbio: ce ne sono troppi, meglio tenere quelli assolutamente sicuri.
bellarmino: allerta per l’arrivo di libri proibiti dalla germania!

processo galileo:
il domenicano lorini accusa galileo davanti all’inquisizione per la posizione copernicana + la svalutazione delle scritture
in favore della scienza. manda la “copia originale” della lettera a castelli al cardinale (la lettera circolava molto in molte
copie) e spiega che va contro aristotele, tommaso e la scolastica  va censurato!
galileo scrive a dini dicendo che la lettera è stata rimaneggiata solo per accusarlo (e allega quella “originale) ma in
realta’ l’originale è stata ritrovata alla rs ed è effettivamente molto radicale:
le scritture non hanno proposizioni che “sembrano diverse dal vero”, ma sono false
non “adombrano” i dogmi, ma li pervertono
caccini depone davanti al santo uffizio contro galileo: sa della lettera, galileo è eretico per eliocentrismo, teoria che
ripugna alla fede  bisogna credere per vero contenuto delle scritture. galileo ha fama di cattolico, ma non lo
convincono le sue frequentazioni padovane (sarpi). inoltre ha una setta galileista.
piero dini a galileo  copernico probabilmente non sarà proibito ma solo postillato: la sua dottrina presentata come
ipotetica + va contro non tanto giosuè quanto il salmo 18.

lettera a dini:
galileo spiega salmo xviii in chiave copernicana, usando un linguaggio che è un unicum e in chiave neoplatonica (sole
come fonte di vita…)  uso strumentale: linguaggio condiviso da interlocutori. usato anche da keplero e copernico
inoltre copernico non si può leggere in chiave ipotetica, non accetta di essere attenuato. l’eliocentrismo è la base della
sua dottrina, o si accetta o si rifiuta tutta la dottrina.

1615: 23 marzo lettera a dini.


fine marzo: foscarini pubblica libro su interpretazione copernicana e pitagorca della bibbia  bellarmino risponde che
va bene che parli in tono ipotetico (non come fa copernico), ma che deve essere prudente perché ciò che scrive fa
incazzare i teologi e nuoce alla fede perché mostra falsità della scrittura. inoltre è insostenibile e viola concilio
tridentino, per cui scrittura si può interpretare solo come fanno i padri. inoltre non vale l’argomento che la natura non
riguarda la fede, perché ne parlano i teologi. meglio dire che noi non capiamo la scrittura, piuttosto che è falsa
(paragonandola a verità naturale) cita l’ecclesiaste di salomone che era dotto anche in ambito naturale. nessun saggio
sbaglia, on c’è errore prospettico (come una nave che si allontana dal lido).
intanto galileo scrive lettera a cristina di lorena + “su opinione pitagorici” (anche lì interpretzione copernicana della
bibbia). l’obiettivo (proseguire la ricerca e difendere l’autonomia della scienza) e i contenuti sono simili alla lettera a
castelli, ma cambia lo stile (meno spinto) e tiene conto di quanto scritto da bellarmino. la lettera è anche più lunga e cita
molti padri della chiesa (27, soprattutto agostino), vuole sfruttare le armi con cui è stato attaccato.
gli avversari commettono eresie, falsificano le scritture e le applicano con poca intelligenza (da notare che anche lui non
è precisissimo nel parlare di copernico: edulcora molto)
non condannare copernico senza leggerlo e capirlo e solo in base alle scritture. copernico non parla di fede, ma usa
esperienze sensate e osservazioni accurate, pur sapendo il rischio a cui va incontro: conosceva scrittura, ma sapeva che
dottrina scientifica dimostrata non poteva opporsi a giusta interpretazione dell scritture
astronomia non riguarda contenuto delle scritture (ovvero fede e morale)  scritture insegnano come andare in cielo
non cosa è il cielo. sensi e intelletto sono invece i doni di dio per studiare la natura.
scrittura parla poco di astronomia
teologia è regina delle altre scienze, che devono adattarsi a lei? no. se c’è contraddizione tra le due bisogna prima
vedere se scienza è dimostrata e in tal caso trovare interpretazione corretta delle scritture. l’onere non è dello scienziato
che la crede vera, ma del teologo che la crede falsa. teologia non deve mettere il naso nelle questioni scientifiche 
paragone del re
dottrine divise in:
dimostrative: vere. non possono mai essere contrarie alla scrittura, bisogna adeguare l’interpretazione
opinabili: solo insegnate  se contrarie a scrittura sono false
prima di dannare astronomia bisogna dimostrarne la scorrettezza, onere che ricade su chi la ritiene falsa
non basta chiudere la bocca a copernico e seguaci, bisognerebbe bandire l’astronomia e impedire agli uomini di
guardare il cielo, usare strumenti divini, conoscere dio nel cielo. proibire scienza contraddice scritture perché dio si
trova nelle sue opere
la lettera non ha l’effetto desiderato: 1616  condanna copernicanesimo + ammonizione a galileo. dopo un po’
pubblica dsm  condannato

bruno:
brecht parla di lui nella “vita di galilei” in più punti:
scambio tra galilei e procuratore di venezia  si lamenta di cosa è stato fatto a bruno
galilei dice che luna è simile alla terra  sagredo: anche bruno lo diceva!
sagredo: dov’è dio nel tuo universo? gal: in noi o in nessun luogo  sagredo: lo dice bruno! perché p stato bruciato? 
perché non l’ha saputo dimostrare
in realtà galileo non ne parla mai, anche se si vede che l’ha letto e ne riprende teorie. preferisce essere cauto. comunque
la cena copernicana è simile a cdc.
cena delle ceneri:
bruno parla con dei professori di oxford (sileni rovesciati, simbolo della censura di bruno ad oxford). sono spocchiosi e
condannano copernico senza averlo neanche letto. usano argomenti tradizionali: differenza con aristotele e scritture 
per bocca del “mediatore” smitho. bruno risponde:
distinzione scrittura/natura: se gli dei avessero voluto insegnarci verità naturali da scritture (e non solo precetti morali)
le crederei vere, ma non lo faccio perché non è così.
distingue verità naturali da pratiche morali. rivelazioni e precetti morali accettati per fede, mentre verità naturali con
certezza (nota che fede può avere accezione negativa di superstizione, ma anche positiva, ossia fede filosofica, ovvero
presupposti metafisici) ma bisogna fare attenzione a non credere a tutto senza dimostrazioni  ci si fa ingannare
rispetto a galileo pone dimostrazioni metafisiche e non scientifiche
i libri divini non riguardano natura ma legge e moralita’. invece ciò che in esse non riguarda moralità non è per forza
vero. nelle scritture la verità sarebbe pericolosa, non è comprensibile per tutti ma solo per i sapienti, mentre le scritture
sono rivolte alla moltitudine a cui forniscono una legge
legge e storia parlano un linguaggio comune, semplice, letterale, rivolto a tutti, mentre filosofia consiste nel creare
nuove interpretazioni del linguaggio  non accessibile al volgo. il volgo ha bisogno di legge per essere morale, il
saggio no.
cita al ghazali e averroè estendendo concetto di legge anche ad altre religioni
la legge non parla di etica in generale, ma di cose specifiche: convitto, profitto comune, pratica per la conversazione
umana, mantenimento pace, aumento repubbliche  dimensione collettiva e civile
per i profeti sarebbe stolto parlare secondo verità e non comodità. per questo salomone parla di geocentrismo, e fa bene:
se avesse detto il contrario avrebbe creato confusione e in quel caso la verità era ininfluente. volere che il volgo capisca
la verità è come volere che una mano abbia la vista
tuttavia ci sono luoghi in cui non si parla di verità naturali, ma anche luoghi indifferenti (ossia che non mostrano una
legge), luoghi di confine in cui la scrittura non parla al volgo ma c’è un margine di verità (metaforica, come nei poeti),
che bisogna saper leggere  si apre possibilità di incontro tra teologia e filosofia. cita come esempio il libro di giobbe
(quello in cui questi luoghi sono più numerosi) che ha ambito divino e teologico, ma anche filosofico, congeniale a
filosofia di bruno  giustamente mosè lo collega alle leggi.
bruno lo usa per la sua filosofia nella cena e in “de l’infinito”:
“dio fa regnare dominio e terrore, pace nei luoghi altissimi”  armonia del cosmo nella vicissitudine, dettata da
rapporti tra astri animati, o fuochi (soli) o acque (terre) che si avvicinano e allontanano per preservare la propria vita
“voglio mettere la mia vita sulle mie mani” e “l’ippopotamo si sdraia all’ombra del loto”  l’ombra non è
inconsistente, ma è punto di passaggio tra luce e tenebra. può anche essere positiva: protegge e attenua la luce. gli
uomini sono “ombre profonde” e possono muoversi verso luce o buio. ma l’uomo ha la mano per costruire e
comunicare con dio
sapienza (trattate in orazione all’uni e “de immenso”)  giobbe 28,12 “cos’è la sapienza, dove nasce, come la usa
uomo?” assoluta è nascosta agli uomini, ma uomo può vederne attraverso natura e gli astri. per giobbe la buona
teologia, moralità e naturalità permette all’uomo di avere rapporto con dio
vicissitudine  “de magia naturalis”: spiriti trasmigrano da corpo a corpo, come sostengono pitagorici, platone, origene
 anche uomini sono “demoni” e consapevoli di ciò i teologi chiamano la vita “passaggio”  con “teologi” intende
giobbe che definisce vita come “milizia”. ogni trasmigrazione rientra in vicissitudine necessaria che può portare a
miglioramento o decadenza
scrittura si apre a più interpretazioni  cdc: è in mano a sette diverse con diverse interpretazioni interne, ognuna la
interpreta a proprio favore arrivando a posizioni opposte  rovesciano il messaggio (no al posto di si)  esempio di
orione che usa il linguaggio luterano. cabala: es. dell’asino, per cristiani indica sottomissione ed è positivo, per bruno
negativo: ignoranza e passività.
è possibile forzatura della scrittura, ma anche interpretazione corretta da parte di filosofia  non va temuta se capace di
civile conversazione. favorisce la religione dando un’immagine corretta di dio (non aristotele e tolomeo, che accecano
intelletto umano ed esercizio pratico)
de infinito i dialogo  i teologi dotti non ostacolano la libertà di pensiero filosofico, perché filosofi civili favoriscono
religione. entrambi sanno che la fede serve ad educare popoli rozzi, mentre filo serve a sapienti che già si sanno
governare  divario.
ma bruno si spinge oltre: anni di londra, è in contatto con elisabetta i + sa di tensioni dovute ai puritani (radicali ed
eversivi) vs anglicani. problematizza la distinzione tra ambito filo e teol. perché può essere pericolosa. la religione si
espande in tutti gli ambiti e alimenta la decadenza. scrittura smette di essere una legge. spaccio: obiettivo di
rinnovamento religioso e civile, rivolto a elisabetta.
religione dà leggi civili e morali x coesione e pace, qando viene meno perde il diritto di legiferare, e il filosofo deve dire
la sua in materia anche se non è sua materia.
recupera machiavelli: ok che ci sono dibattiti teologici, ma il primo obiettivo della religione è la moralità  dottrina
luterana che si diffonde è nociva perché svaluta le buone opere con predestinazione, toglie ambito morale. inoltre toglie
sfera pubblica con interiorizzazione. rovesciamento! gli uomini della riforma in realtà deformano: portano discordia,
innalzano al cielo cose perverse, disprezzano leggi e relazioni, cancellano tutto ciò che cattolici avevano fatto di buono
(chirone).
nello spaccio gioca col lessico dei contrari. crea gerarchia di vizi (più gravi sono quelli pubblici).
pars construens: religione buona ha due archetipi:
religione romana secondo machiavelli (ripresa da tito livio). crea vincolo sociale e civile, esalta virtù civili, impegno,
attività. la legge civile è prodotta da uomini ma discende da quella divina. la religione deve promuovere azioni morali
reciproche tra uomini, attraverso virtù esemplari, non come quelle cristiane. non deve innalzare statue a chi non ha fatto
cose utili, ma a chi ha giovato alla comunità. sofia dice che il popolo romano fu amato dagli dei. i romani si sono
avvicinati agli dei con le loro virtù santità sta nell’agire politico ma comprende nelle virtù anche virtù cristiane
(magnanimità, giustizia, misericordia). bruno si spinge ad usare il termine felicita’ civile. legame orizzontale tra uomini
egitto: capaci di comprendere gli dei nella natura, erano religiosissimi  elogio della religione “magica” ma non
idolatrica (mentre cristianesimo sì!). la divinità è impenetrabile ma si mostra nella natura  usa lessico della luce
(lucrezio). si mostra in cose grandi e piccole, adattandosi a capacità di ricezione. egizi lo avevano capito, rendevano
sacri gli animali, adorando dei in essi, e facendo la spesa. dalla natura risalivano a dio. le cerimonie naturali non erano
fantasie, ma voci vive che si facevano ascoltare da dei, non per ottenere vantaggi, ma leggi. legame verticale cn gli dei.
ma quel modello è perso ora valorizzati i riti di una religione folle e idolatra. ma ci sarà una nuova apocalisse per
tornare all’antico volto
buona religione recupera:
modella romano/egizio adattato al tempo
rapporto corretto col divino
ritorno a una giustizia non “sola fide”
spaccio è dedicato a elisabetta i, che bruno incita a seguire i suoi consigli: assumere potere religioso liquidando gli
estremisti, e alleandosi con enrico iii. elisabetta non la prende bene.
dopo lo spaccio:
ricerca consenso altrui attraverso “magia” della parola
religione: semplificata e ridotta a “non fare all’altro…” perché tutti siamo uguali in virtù di sostanza

3. spinoza.
in lui a differenza degli altri autori il confronto con le scritture non è episodico, ma sistematico e legato sia al suo
pensiero che alle contingenze storiche.
per un ripasso del suo pensiero vedi sopra (oppure gli appunti sul quaderno)
l’immaginazione porta on sé passioni, profezia e superstizione religiosa  ciò avviene non solo a livello individuale,
ma anche collettivo/di un popolo (che è composto da individui). alcune superstizioni collettive che riguardano il
rapporto dio-mondo-uomo:
dio ha caratteristiche umane
libera creazione del mondo da parte di dio
dio interviene in natura sospendendo le leggi  miracoli
dio può comunicarsi all’uomo con segni e parole  ma allora le scritture contengono una forma di verità? ttp cap 12:
comprendere la mente dei profeti (scritture) è diverso da comprendere quella di dio (verità)
dio finalistico  come si sviluppa questo pregiudizio?
riguardo all’ultimo punto, spinoza fa una “ricostruzione genetica” (senza giudicare). l’immaginazione umana è una
forma di conoscenza erronea e limitata + l’uomo ha desideri di cui non conosce la causa. crede di essere libero dai
desideri, ma di muoversi verso di essi in quanto finalita’. poi proietta questa visione su dio, attribuendogli finalismo: dio
ha creato la natura per i fini dell’uomo, a misura d’uomo. errore: stabilisce un sistema di parti errate, ma coerenti tra
loro  esempio principale è sistema giudaico-cristiano.
rapporto etica-ttp:
nell’etica spinoza usa filosofia per mostrare vera natura di dio, nel ttp cerca genesi, origine storica e senso di dio e
scritture nella storia.
presentazione ttp a oldenburg: spinoza lo ritiene un testo su esegesi biblica, spinto da:
ostacolo dei teologi all’etica
allontanare accuse di ateismo (spinoza ha la giusta concezione di dio)
affermare libertà di pensiero ed espressione
oldenburg lo aveva avvisato riguardo all’ etica di fare attenzione a non mettersi sotto i teologi, e di inviargliela “di
nascosto”. spinoza risponde che voleva pubblicarlo, ma si sparge la voce (la spargono i teologi) che vuole pubblicare un
testo ateo  ha rimandato l’edizione (che poi sarà postuma). invece pubblica ttp.
intanto in olanda:
situazione complessa a livello:
di politica interna: scontri tra repubblicani (guidati da de witt) e monarchici (guidati da orange), e tra cattolici liberali e
calvinisti ortodossi. il problema è che mentre il potere politico spetta a “gran pensionario” degli stati generali, quello
militare spetta allo statholder. gran pensionario: eletto per 20 anni de witt. statholder è carica ereditaria degli orange dal
1631 (appoggiati da calvinisti) equilibrio instabile. orangisti: esercito, chiesa calvinista, masse popolari (ceti bassi).
repubblicani: sette religiose minoritarie, borghesia liberale. spinoza ha rapporto con de witt, che lo accoglie in olanda e
stipendia. quando gli orange sono appoggiati dai calvinisti  predominio monarchia.
in quel periodo la repubblica è minacciata  spinoza stava scrivendo l’etia, ma si interrompe per scrivere e pubblicare
ttp per difenderla. nel capitolo 20 c’è “l’elogio di amsterdam” in cui difende l’esperienza repubblicana: permette
tolleranza  libertà d’espressione. essa non è pericolosa, censura sì  usa amsterdam come esempio. le crisi religiose
invece nascono da libidine di potere, non da amore per verità  legato anch’esso alla censura. denuncia i danni della
superstizione sulla politica. la democrazia invece non è solo una forma di governo, ma anche di razionalitàche si oppone
alla superstizione
politica estera: guerra contro l’inghilterra. nel 1672 olanda invasa dalla francia (alleata dell’inghilterra). de witt si
dimette dopo che il fratello viene imprigionato ed esiliato. mentre lo va a trovare viene linciato e ucciso. fine esperienza
repubblicana. spinoza parla di barbarie e parricidio + perde il suo mentore.
ttp viene pubblicato a gennaio, bandito in estate.

relazione con l’etica:


spinoza inizia a scrivere ttp interrompendo etica alla iv parte, che riguarda la schiavitù umana (da pregiudizi e
immaginazione). la schiavitù ricade sul singolo e sulla società.
il pregiudizio collettivo i fonda su paura e speranza, due passioni fondanti dell’uomo. la teologia si basa su di esse nella
prospettiva di una vita ultraterrena (paura delle pene, speranza del premio)
ttp segue tre esigenze:
spiegare la natura religiosa dell’immaginazione collettiva, che è anche una struttura necessaria della mente umana  va
gestita
cercare condizioni politiche favorevoli all’esercizio della ragione
spiegare la minaccia dei teologi nei confronti della libertà d’espressione
struttura: prefazione + 20 capitoli
prefazione: segue schema retorico: esordio, proposizione, divisione, narrazione, epilogo
capitoli 1-15: confutazione sistematica del pregiudizio religioso (nell’ottica di comprenderlo) suddivisa in studio della
scrittura e della superstizione
16-20: rivendicazione di libertà civile e politica da teologia
esordio della prefazione:
la superstizione è fonte della schiavitù degli uomni: serve a controllare i popoli ed è più potente della ragione, perché si
fonda su speranza e paura che non sono eliminabili + sull’incertezza della fortuna, di cui non conosciamo le cause 
desiderando i beni, gli uomini associano l’ottenimento di questi a qualcosa di estrinseco (post hoc)
nell’etica: definisce speranza e timore come gemelli: la “speranza” è “gioia incostante legata e idea di cose future o
passate che non conosciamo”. la “paura” è uguale, ma anziché gioia è dolore.
l’uomo oscilla tra le due:
chi spera desidera qualcosa in futuro e teme di non ottenerlo
chi teme, ha paura di qualcosa di futuro e spera non si verifichi.
quanto meno conosciamo le cause, tanto più queste passioni sono forti. esse derivano dall’immaginazione, e ci rendono
impotenti.
schiavitù= non poter inibire questi affetti  essere in balia della fortuna  rincorrere ciò che è peggio
superstizione= quando l’uomo prova speranza o timore e assiste a qualcosa di insolito ritiene che sia un segno divino e
reagisce promettendo qualcosa alla divinità  l’idea di scambio deriva dalla visione umanizzata di dio. produce così
finzioni infinite. la natura diventa un luogo di prodigi e presagi, non più ordinata quindi “snaturata”. anche la religione
diventa empia. gli uomini chiamano sapere e ragione “ciechi e vani”, e antepongono ad essi i propri deliri (termine su
cui insiste molto) come se dio odiasse sapere e ragione.
i vati e i profeti così possono controllare le masse, ma anche i potenti quando lo stato è in un momento di difficoltà.
potere monarchico istituzionalizza la superstizione per ingannare e controllare i popoli, mentre le repubblica si basa
sulla ragione  permette la libertà dai pregiudizi e la libertà di espressione. quando si incrimina solo l’azione e non la
parola i conflitti religiosi non minacciano lo stato. l’olanda ha la fortuna di essere in una situazione repubblicana, ma
rischia di perderla (anticipazione del cap 20)  spinoza si sente in dovere di difenderla.
prefazione ttp: c’è un rovesciamento  la verità divina sembra comportare il disprezzo per la ragione. coloro che sono
ritenuti vicini alla verità sono in realtà i più lontani. i dogmi sono invenzioni umane e creano una discordia assente in
una religione naturale. la fede è diversa dalla credulità. tutto ciò, insieme alle controversie filosofiche, spinge spinoza a
un nuovo esame delle scritture da eseguire con animo oggettivo e lieto (cioè con spirito costruttivo).
(infatti l’immaginazione non si può bandire perché esprime le leggi del corpo e solo pochi riescono a farsi guidare dalla
ragione anziché da essa. non per questo i molti vanno marginalizzati, bisogna capire che pur essendo tutti
ontologicamente in grado di arrivare alla ragione solo pochi riusciranno  bisogna farci i conti)
in questa impresa non ammette nulla delle scritture che non sia evidente  serve un metodo!
capitoli 1-2: parla di profezia e profeti come chiave di accesso alle scritture. il lume naturale è diverso dal lume
profetico  si chiede se profeti abbiano detto il vero su dio, o solo precetti morali. nel capitolo 1 parla di profezia, nel 2
dei profeti.
1: definizioni:
profezia: è onoscenza certa rivelata a uomini da dio
profeta: interpreta la rivelazione per chi non può averne conoscenza certa
sembrano definizioni strane per spinoza  sono quelle tradizionali. ma dobbiamo tener conto che lui “erode il
linguaggio tradizionale dall’interno”  rivelazione per spinoza non è in senso tradizionale, bensì la “capacità di
costruire un discorso vero su dio”.
secondo strauss spinoza risente della duplicità dei suoi interlocutori: chi lo accusa (deve mostrare di essere ortodosso) e
chi lo sostiene (con cui si permette eterodossia). questo lo spinge a un linguaggio ambiguo se non addirittura
contraddittorio.
per definizione dunque la profezia coincide con la conoscenza naturale (che garantisce rapporto diretto con dio), quindi
con la ragione. ma allora perché il volgo disprezza i doni naturali e cerca il soprannaturale e miracoloso? perchè è preda
di superstizione e teologi ne approfittano.
la conoscenza naturale è divina quanto quella divina in realtà  è dettata in noi da dio, di cui siamo espressione morale.
non è inferiore, a meno che non si ritengano i profeti dotati di un corpo come tutti, ma una mente superiore  cosa
impossibile nella filosofia di spinoza (corpo e mente sono legati!). tuttavia chi studia la scienza naturale non può
chiamarsi profeta, ma filosofo. la differenza sta nel metodo: filosofo coglie verità con ragione e certezza, profeta con
fede.
la nostra mente può raggiungere verità: è espressione di natura divina, e il suo stesso esercizio (che produce etica e
filosofia) ci mette in realzione con dio. l’idea di diodetta cose chiare e distinte in modo autoevidente, non mediato da
immagine e parola.
ogni ente è manifestazione della natura divina ma per gradi diversi a seconda della sua essenza e perfezione  così
filosofia e profezia sono entrambe frutto di mente umana e dono di dio, ma agiscono in modi diversi: filosofia mediante
intelletto, profezia per segni, immagini  legata ad immaginazione. allora perché conservarla? perché gli uomini non
riescono a comprendere dio mediante intelletto, salvo l’eccezione di cristo: per lui la rivelazione non ha richiesto
simboli o parole. solo in questo senso si può ritenere la sapienza divina che si è fatta uomo. ma gli altri uomini devono
passare per le impressioni corporee e l’immaginazione. inoltre l’insegnamento di cristo è l’unico universale.
(nel capitolo 4 parla dei caratteri necessari di una legge divina: è universale, non ha bisogno di narrazioni storiche  la
bibbia non porta al sommo bene ma giova alla vita civile, non esige cerimonie, che sono buone solo come convenzioni e
ha come massimo premio la legge stessa ovvero conoscere e amare dio  nulla di ultraterreno e come pena la schiavitù
dalla fluttuazione delle passioni. tutto ciò che è diverso da questa legge non giova all’intelletto).
il profeta è l’uomo dell’immaginazione, in lui essa eccelle, ma non supera gli altri uomini per ragione o intelletto.
l’immaginazione permette una narrazione simbolica e funzionale a fornire precetti all’uomo. la differenza tra i profeti
dell’at e del nt è che i primi impongono le leggi senza discuterle, i secondi invece sono raziocinanti.
questa visione dei profeti è ripresa dalla tradizione:
aristotele: immaginazione è la facoltà di produrre immagini sintetizzando le varie sensazioni della sensibilità in
un’unica immagine. vale anche per le sensazioni non più presenti  memoria, sogno ecc
neoplatonici: l’immaginazione ha anche ruolo metafisico di mediazione tra corpi e mondo delle idee
tradizione araba: lega immaginazione ad alcune arti: magia, astrologia, profezia  si interroga sul suo statuto.
l’immaginazione porta a un’ascesa metafisica che culmina nell’intelletto agente, ovvero il cielo della luna, ente
spirituale che illumina tutti gli esseri. alcuni lo recepiscono più di altri  al massimo grado c’è il profeta che è in
rapporto diretto con dio ed è maestro e legislatore. la profezia si ottiene per dote naturale, ma anche mediante un
percorso mistico individuale  quindi è in accordo con la filosofia. il perfetto filosofo è profeta. dicono ciò:
al farabi: l’angelo della rivelazione è uguale a quello della conoscenza, ma il profeta si distingue dal sapiente perché
oltre all’intelletto usa anche l’immaginazione, quindi può restituire la visione attraverso immagini
avicenna: il profeta è un esito straordinario della natura. la profezia è un dono naturale che richiede un intelletto
potenziato, il massimo grado di immaginazione e il potenziamento della capacità di moto dell’immaginazione  essa
diventa transitiva e domina la materia  magia e miracoli
mose’ maimonide: riprende avicenna: la rivelazione profetica illumina sia immaginazione che intelletto  il profeta
vede e rappresenta. la sovrabbondanza d’immaginazione è innata in certi individui, non si può acquisire  il profeta è
caratterizzato da un corpo perfetto, una capacità di concentrazione massima, massima immaginazione ma anche
razionalità che gli permette di sviluppare scienza e etica. egli è il vertice del sapere, sotto ogni punto di vista  deve
essere legislatore, pedagogo, leader politico. il testo biblico esprime la profezia quindi la verità religiosa, scientifica ed
etica.
spinoza conosce mosè maimonide e ne demolisce la teoria: l’immaginazione non è conoscenza adeguata, non è vertice
del sapere, ma la sua base imperfetta.
dunque spinoza effettua la decostruzione di questa visione di maimonide:
profeta è un uomo immaginativo
in lui immaginazione non è legata ad intelletto. l’intelletto non ha ruolo nella conoscenza profetica
la profezia non è una conoscenza alta
è impossibile essere allo stesso tempo vertice della conoscenza immaginativa e intellettuale
i profeti dunque percepiscono mediante il corpo (immaginazione) e insegnano per parabole, simboli, enigmi  non in
modo chiaro, ma parlano in modo improprio di dio.
la profezia è intermittente (perché l’immaginazione non è costante) e non è universale ma legata al profeta: alla sua
immaginazione, temperamento, cultura/opinione/preconcetti diversità dei libri biblici nel contenuto e nello stile
(perché varia il “filtro” del profeta). dunque nei libri dei profeti non si può cercare la verità naturale. cosa si puo’
cercare?
la certezza della rivelazione si basa su:
vividezza immaginazione
richiesta di un segno da parte di dio: non c’è autoevidenza nella rivelazione
moralità del profeta
la profezia è inferiore alla conoscenza naturale perché ha bisogno di segni mentre quella naturale è autoevidente.
contenuto: conoscenza naturale ha idee certe, profezia idee imperfette
forma: conoscenza naturale è autoevidente e certa senza criteri esterni, mentre profezia richiede un segno  distorce
conoscenza di dio. non è conoscenza matematica ma morale  infatti nei profeti non c’è visione uniforme di dio,
mentre ciò che è certo si vede in un unico modo
tuttavia l’uomo che non conosce bene dio ha bisogno dei segni.
tuttavia si attribuisce ai profeti massima conoscenza, anche se pure le scritture negano che essi conoscano tutto  chi
lo sostiene tralascia i passi o li forza  questo è assurdo perché nega alle scritture la possibilità di insegnarci quelcosa
(es: giosuè).
la scrittura va presa in senso storico, e studiata con spirito filologico  i profeti furono uomini del loro tempo. non
hanno conosciuto dio ma hanno avuto su di lui opinioni comuni  si mostrano nelle profezie. non erano filosofi, non
conoscevano nulla se non la “pratica della vita”  dobbiamo credere soltanto al nucleo delle rivelazioni profetiche,
mentre la filosofia resta libera.
mose’: restituisce immagine di dio conforme ai suoi preconcetti cfr schemi
orizzonte del popolo ebraico: è il popolo eletto? no. storia ebraica  sono un popolo schiavo e ignorante, non possono
avere conoscenze perfette. mosè regola la loro vita non per renderli liberi, ma come un legislatore  impone regole con
minacce di pene e promesse di ricompense (paura e speranza). non è un foilosofo ma un legislatore, e così anche gli
ebrei non sono filosofi. ne dà una vosione storica e politica.
cap 15: per arrivare alla virtù ci sono due vie:
religione  obbedienza: usa l’immaginazione, cerca di controllare le passioni ma senza consapevolezza, si basa su pena
e ricompensa, serve alla moltitudine. scopo: pietà attraverso obbedienza. fondamento= racconti storici (scritture)
filosofia conoscenza adeguata: usa ragione e scienza intuitiva, porta alla libertà, va bene per pochi. lo scopo è la
verità, il fondamento le nozioni comuni naturali
la teologia fornisce dei dogmi per l’obbedienza, a ragione deve interpretarli per trovare la verità. pochi però posseggono
la forza della ragione  non ha senso negare per costoro le testimonianze dei profeti: sono fonte di conforto e tutti
possono obbedirvi, mentre pochi hanno la ragione. anche l’obbedienza porta alla virtù, quindi va bene!
i profeti in quanto uomini morali, danno principi utili alla vita sociale, specie per gli uomini privi di ragione. le leggi
sono un collante sociale, diverse dalle virtù  mose’ dà leggi conformi alle opinioni dei giudei del tempo. seguendo le
leggi ci si comporta bene anche senza essere filosofi.
cap 12: distinzione tra parte essenziale delle profezie e narrazione aggiunta. la parte essenziale è ciò che rende le
scritture non solo “carta e inchiostro”. è un messaggio perenne che attraversa l’orizzonte storico della narrazione. è
un’idea molto semplice, ovvero: dio è ente supremo che ama essere onorato con giustizia e carità. il filosofo invece non
pensa che dio “ami essere adorato”, ma pratica comunque giustizia e carità. l’esito è uguale.
alla legge divina (capitolo iv) si contrappongono i dogmi della fede universale: dio è:
ente supremo, giusto, giudice, modello di vera vita
unico
onnipresente
non sottomesso a nessuna legge
il suo culto è giustizia e carità
perdona chi si pente
solo chi segue questi dogmi si salva (tutti servono a preservare obbedienza)
questi dogmi permettono di avere lo “spirito di cristo” indipendentemente dal testo sacro. tutti i dogmi aggiunti non
sono importanti per la salvezza, e non importa che visione di dio si abbia (tradizionale contrapposta a quella di spinoza)
purchè non venga usata per peccare o disobbedire. per avere la salvezza non servono dogmi speculativi che portano solo
discordie tra varie fedi.
distinzione:
scienza/filo (si occupa di verità) e dogmi (non devono essere veri, ma pii). i dogmi non condannano l’ignoranza ma la
disobbedienza, non raccomanda altre scienze.
verita’ della scrittura e della ragione  convergono solo nella finalità ovvero la pratica di giustizia e carità
teologia e filosofia: sono ambiti diversi senza rapporti tra loro (diversi fini e fondamenti)  cap dal 16 al 20  serve
libero pensiero e distinzione di ambiti per preservare lo stato
la fede lascia libera la filosofia  condanna come eretico solo chi mette in pericolo la concordia, non chi ha idee
diverse dai dogmi (purchè mantenga l’ordine resta un uomo di fede).
precetti fondamentali sono: amare il prossimo (carita’) e rispettare ciò che è proprio di ciascuno (giustizia).
né filosofia né teologia sono ancelle l’un dell’altra  si allontana sia dalla tradizione cristiana (per cui filosofia è
ancella di teologia) sia da maimonide (che dice il contrario  non ha senso usare filo per leggere le scritture, ma le
scritture anno lette in modo letterale e storico). sottoporne una all’altra crea due follie. una priva di ragione, l’altra che
usa male la ragione.
ebrei sono il popolo eletto? no né per rapporto con dio né per doti profetiche, che sono presenti in tutte le religioni, e se
anche abbiamo notizia solo delle profezia ebraiche nelle scritture è perché le scritture sono la storia del popolo ebraico.
gli ebrei sono puerili  moesè usa argomenti della loro elezione per esortarli. in realtà l’unico motivo per cui si
possono ritenere superiori gli ebrei risiede non nella loro virtù o conoscenza, ma per i beni temporali che dio ha
promesso loro, ovvero la stabilità dello stato (dono sociale e civile). questo viene perduto in caso di disobbedienza alle
leggi.
il dono è legato solo allo stato ebraico, non è universale. mentre per quanto riguarda le leggi divvine universali dio fu
propizio a tutti i popoli. lo dimostra la scrittura stessa  salmo 145 e giobbe.
mose’ e il pentateuco. il pentateuco è un testo umano, legato a un popolo e alla sua vicenda storica. questa vicenda non
è superiore alle altre, ma gli ebrei la hanno registrata.
mosè per domare gli ebrei riottosi, ha inventato un dio allo stesso tempo legislatore e misericordioso. è riuscito nel suo
esito civile di unificare il popolo disperso, parlando agli ebrei secondo le loro capacità di comprensione. le leggi dunque
non danno precetti superiori per la virtù, ma solo per lo stato. non sono leggi divine.
importanza dello stato e applicazione a caso ebraico (cfr schemi)
lo stato creato si consolida con cerimonie, che però non servono alla beatitudine. per beatitudine bastano virtù.
capitolo 6: i miracoli (secondo jonathan israel è l’elemento che crea più scandalo)
da lettera a oldenburg: i miracoli corrispondono all’ignoranza: non si può fondare una cosa oscura come l’esistenza di
dio su qualcosa di indimostrabile come i miracoli. è una “reductio ad ignorantiam” legata allo stupore.
la fede errata nei miracoli  errata concezione di dio
l’errore è pensare che la potenza di dio sia diversa da quella della natura e che quindi la possa infrangere e superare.
punti che si propone di trattare:
natura fissa e immutabile
i miracoli non ci dicono nulla su dio
nella scrittura la provvidenza di dio equivale all’ordina naturale
interpretazione di luoghi biblici sui miracoli
inizia dando definizioni tradizionali: scienza divina= superiore a spiegazioni umane. opera divina= qualcosa di cui
ignoriamo le cause. pare che dio si manifesti dove avviene qualcosa di insolito, eccezione  legato a paura e speranza
perché associamo l’evento a un segno positivo o negativo. chi dà lettura naturale del fatto è accusato di ateismo.
l’uomo associa la potenza di dio a quella di un re, e quella naturale a una violenza. ma ciò porta a visione sbagliata di
dio  vedi idolatria degli israeliti. i filosofi invece sanno che dio dirige tutta la natura, non solo gli uomini come un
sovrano.
etica:
1, 36: la potenza di dio è la sua essenza
2, scolio a 3: il volgo sbaglia a vedere dio come un sovrano che fa ciò che vuole della natura. dio agisce invece per
necessità di se stesso. la natura equivale alla sua potenza. ma i teologi alimentano gli errori del volgo controllandolo con
lo stupore. se la natura fosse contingente si negherebbe la potenza di dio
1,29: non c’è nulla di contingente in natura, tutto è necessario, non ci sono modifiche o interventi. scolio: dio= natura
naturans (come causa) ovvero sostanza+attributi, e natura naturata (come effetto) ovvero ciò che segue dalla sua
espressione
il popolo si fa trascinare da ammirazione e ignoranza. ciò ha origine storica: i primi giudei usano miracoli per far
prevalere il loro dio sui pagani  mostrano un dio non incostante che fa tutto per gli uomini, superiore alla natura 
questa visione piace tanto agli uomini che continuano a inventare i miracoli per credersi più cari a dio.
ma nulla può accadere contro la natura, perché potenza di dio= ordine di natura. la natura non manca di nulla e le sue
leggi (divine) comprendono anche le eccezioni. se miracolo potesse soverchiarle:
dio sarebbe contraddittorio, perché ribalterebbe le sue stesse leggi
la natura sarebbe imperfetta perché bisognosa di intervento esterno  dio sarebbe imperfetto
dio si conosce meglio dall’ordine di natura che dall’eccezione.
dunque il “miracolo” riguarda solo le opinioni (confuse) degli uomini. è un evento inspiegabile per chi lo racconta,
all’interno della sua cultura. però la scienza si evolve  ciò che è un miracolo per mosè non lo è per noi.
2 il miracolo non ci dice nulla su dio, perché la sua provvidenza rientra nell’ordine naturale
3 ma la scrittura non si occupa di scienza, non è un racconto storico  deve commuovere e spingere a stupore e
devozione. non si occupa di convincere con la ragione, per questo può contenere errori su miracoli, così come su
attributi umani di dio. inoltre è filtrata dalle opinioni dello scrittore. essa non parla contro natura, e qualora lo faccia in
modo inequivocabile è apocrifa.
capitolo 7: interpretazione della scrittura
spinoza usa la “sola scrittura”, ma non come lutero che dice che scritture contengono verità autoevidenti. spinoza
riprende questa opinione comune, secondo cui la scrittura contiene la parola di dio che deve insegnare via x salvezza e
beatitudine. ma nei fatti ognuno la interpreta a modo proprio  scontri.
(confronta lo schema…)
scrittura= parola divina che produce la verità autentica, e senza di essa diventa solo carta e inchiostro, corrotta e
corruttibile, contenitore senza contenuto. leggerla equivale a leggere l’orlando furioso. resta beato comunque anche chi
coglie il messaggio senza cogliere le storie che lo veicolano.
l’uso determina ciò che è sacro e ciò che non lo è. se produce devozione  è testo sacro e in questo senso è parola di
dio  rovescia lutero!

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