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Lezione 1 - Introduzione

Argomenti:
• Oggetto di studio dell’economia
• Differenza micro/macro economia
• Perché relazioni economiche sono rappresentate con modelli
• Come i diversi sistemi economici affrontano problema della scarsità (organizzazione sociale della
produzione e del consumo)

1. Di cosa si occupa l’economia?


Consumo di beni e servizi Produzione di beni e servizi
Chi/perché consuma? (Per bisogno) Quanto Chi? Quanto? Con quali tecnologie?
consuma? Come reagisce ai prezzi?
Domanda virtualmente illimitata (cliente potrebbe Offerta in teoria illimitata ma basata su fattori di
comprare all’infinito), ma soggetta a vincolo di produzione limitati (e tecnologie)
bilancio (limite dato dal reddito dell’acquirente, etc.)

I desideri umani sono in eccesso rispetto alla possibilità di essere soddisfatti, quindi acquirente deve fare delle
scelte (domanda potenziale eccede offerta potenziale). Problema di scarsità (di reddito o di fattore della
produzione) è problema fondamentale dell’economia e di tutti gli stati, insieme a quello della distribuzione. La
quantità di risorse è infatti limitata (fattori di produzione), e vengono utilizzate tecnologie con produttività finita. 1

Fattori di produzione:
• Lavoro: fisico o intellettuale, autonomo o subordinato. Insieme di risorse umane. È limitato nel numero
e nelle abilità delle persone. La remunerazione è salario/stipendio.
• Terra e materie prime: complesso di beni non producibili dall’uomo. Insieme di risorse naturali.
Quantità/qualità limitate. La remunerazione della terra è la rendita, la remunerazione delle materie prime
è il prezzo pagato per acquisirle.
• Capitale: risorse producibili e destinate a nuova produzione. Insieme di fattori produttivi prodotti e da
utilizzare. Può essere fisico, intangibile, finanziario (qui produttività limitata da tecnologia disponibile).
La remunerazione è il prezzo pagato per acquisirlo. Se finanziario si dice interesse.
• Organizzazione (ultimi 60 anni): attività dell’imprenditore. La remunerazione è il profitto/perdita
dell’impresa da lui gestita.

Quelli visti sono diretti perché partecipano nella produzione. Ne esistono anche di indiretti che condizionano
produzione anche se non ne fanno direttamente parte.
• Stato con servizi di qualità
• Popolazione (più prodotto è innovativo, più serve luogo con alta popolazione)
• Progresso tecnologico
• Azione sindacale: rapporto datore lavoro-lavoratore favorisce o meno sviluppo imprese
Ci sono anche fattori:
→ Fissi: nel breve periodo non si possono modificare in quantità
Acquisto macchinario che produce sempre lo stesso numero di prodotti
→ Variabili: puoi variare quantità nel breve periodo

1Economia studia le persone che lavorano per produrre ciò che gli altri desiderano, persone che consumano
comprando ciò che desiderano, come le istituzioni influenzano la popolazione e viceversa. Studia tutto ciò ha a
che fare con il processo di soddisfazione dei bisogni materiali dell’uomo.

1
Puoi cambiare numero prodotto di lavagne nel breve periodo
→ A utilità semplice: si consuma nel momento stesso in cui l’ho impiegato
Lavoro di una persona
→ A utilità ripetuta:
Macchinario di prima può essere usata per lungo tempo

2. Micro e macro economia


Microeconomia:
Si occupa di agenti individuali (acquirente, impresa). Studia domanda e offerta per un singolo bene bene e la loro
interazione (forme di mercato). Scelte microeconomiche hanno come obiettivo gestire la scarsità:
• Quali beni e servizi produrre e in che quantità, visto che le risorse sono limitate?
• Come produrre (esistono diverse modalità di produzione), con quali fattori di produzione e tecnologie
• Per chi produrre? (= come sarà distribuito il reddito nazionale?) Quali saranno i salari dei vari lavoratori?
Quanto riceveranno i pensionati?
Quando si compiono delle scelte si rinuncia automaticamente a qualcosa. Il costo-opportunità di una scelta è il
valore della migliore alternativa cui si rinuncia 2.
Le scelte devono essere razionali, ovvero massimizzano benefici minimizzando i costi, o comunque il maggior
beneficio rispetto al costo. Non lo sono sempre; magari compro un prodotto invece che un altro perché mi è più
comodo, in base a sentimenti o semplici eventi imprevisti.

Costi e benefici marginali


Le scelte razionali comportano confronto tra costi marginali e benefici marginali, ovvero la variazione di costi e
benefici dovuti a fare una certa attività in quantità leggermente superiore o inferiore ad un dato livello. Se costi e
benefici si equivalgono o se benefici sono maggiori dopo tale variazione allora bisogna aumentare produzione.
Da distinguere dai costi e benefici totali.

Macroeconomia:
Studia sistema economico nel complesso (nazionale, mondiale).
Si occupa di domanda aggregata3 e offerta aggregata 4 e loro interazione (equilibrio precario5), determinare
produzione nazionale e sua crescita nel tempo, recessione, disoccupazione, inflazione, equilibrio delle transazioni
internazionali, instabilità ciclica e politica macroeconomica degli stati.
Le economie sono infatti intrinsecamente instabili (produzione soggetta a fluttuazioni 6 – cicli economici), e
bisogna cercare di sfruttare al massimo le scarse risorse e al contempo garantire la crescita del prodotto nazionale
a lunga durata.

3. Modellare le relazioni economiche


Modello: semplificazione della realtà volta a indagare e rappresentare le relazioni tra le variabili in gioco. Si
identificano variabili dipendenti e indipendenti. Bisogna ipotizzare che tutte le variabili non rappresentate e che
possono influenzare la relazione in esame si mantengano costanti.

2 C.O. di un libro è pari al CD che avreste potuto comprare con quegli stessi soldi ma al quale avete rinunciato.
3 Domanda aggregata: spesa totale realizzata da parte dei consumatori, dello stato o delle imprese
4 Offerta aggregata: intera produzione di beni e servizi da parte dell’economia
5 Vedere par. “Meccanismo dei prezzi”
6 Fluttuazioni: a periodi di crescita si alternano periodi di stagnazione o crescita negativa

2
Frontiera delle possibilità produttive
Ipotizziamo che paese usa tutte risorse solo per due
produzioni: cibo e vestiario. Ci sono diverse possibili
combinazioni delle quantità max di beni producibili (output)
in un certo periodo (=frontiera delle possibilità produttive:
luogo di tutte le combinazioni che prevede uso più efficiente
delle risorse), rappresentabili in un grafico con una curva.
La curva divide piano in:
• Parte che sta sopra: combinazioni non realizzabili
con fattori produttivi a disposizione
• Parte che sta sotto: combinazioni possibili ma che
non usano in modo efficiente le risorse (compito della macroeconomia non è tanto la combinazione di
beni, ma piuttosto che la quantità prodotta sia la massima possibile)
La funzione è inclinata negativamente (relazione indirettamente proporzionale) perché la quantità di risorse è
limitata: per produrre più bene A devo sacrificare produzione di bene B. È inoltre concava, in quanto la
produttività marginale dei fattori non è costante ma decrescente (costo-opportunità crescente): quella iniziale è
crescente (produttività sfruttata tutta), raggiungono quella massima e successivamente comincia a decrescere.
Quando ciò accade bisogna fermare l’uso di tale fattore. Tanto più produco un bene, tanto più fattore produttivo
mi serve perché sta perdendo la sua capacità di produrre (di diventare quel bene).
Se un paese si concentra sempre più sulla produzione di un singolo bene sarà costretto ad utilizzare risorse meno
adatte (meno produttive) a tale produzione, che sarebbe meglio destinare ad altro. Sarà costretto quindi ad
utilizzare più fattori produttivi che all’inizio, andando incontro ad un costo marginale crescente. Questo dà luogo
alla curva concava e non ad una retta.

Nel tempo la frontiera delle possibilità produttive potrebbe spostarsi a destra, ovvero può far produrre più beni a
parità di fattori produttivi utilizzati. Questo può accadere perché sono stati fatti investimenti in tecnologie che
sfruttano meglio fattori di produzione.
Le imprese hanno una produttività marginale decrescente (dopo periodo di crescita e picco massimo).
Nei consumatori si parla di utilità marginale del consumo decrescente (soddisfazione data dall’acquisto del bene).
C’è fase crescente, fase quasi di stallo e infine decrescente.

Il flusso circolare del reddito


In un’economia monetaria, beni/fattori
vengono scambiati con moneta.
Mercato dei beni/output: le imprese
forniscono beni e servizi alle famiglie (A),
che spendono per essi (B). 7
Mercato dei fattori/input: le famiglie
danno fattori di produzione (A), e le
imprese remunerano questi fattori di
produzione con interessi, stipendi, costo
delle materie prime (B).
Si stabilisce flusso circolare del reddito (B)
e dei beni (A).
• La microeconomia studia le combinazioni di beni e servizi che costituisce flusso di moneta, come sono
utilizzati fattori di produzione, a chi vengono pagati salari. Studia i comportamenti individuali.

7In un’economia monetaria (contrapposta a quella di baratto, le imprese scambiano beni e servizi contro
moneta.

3
• La macroeconomia si occupa dell’ammontare totale del flusso, la sua espansione e la sua riduzione. Cerca
un equilibrio macroeconomico.
Mercato di concorrenza è mercato ideale in cui produttori e consumatori sono troppo piccoli per influenzare il
prezzo di mercato con le loro decisioni (sono price-takers). Mercato non ideale è quello con monopolio (a volte
istituito per legge).

4. I sistemi economici
Variano tra i vari paesi in base al grado di intervento pubblico in economia:
• Economia totalmente pianificata (centralizzata): Cina e Russia anni ‘80. Presupposto è inesistenza di
proprietà privata. Lo stato pianifica l’allocazione delle risorse su 3 livelli:
a. Tra consumo attuale e investimenti per il futuro (per aumentare tasso di crescita)
b. Output di ciascuna industria
c. Tra i consumatori in base agli obiettivi (bisogni, incentivi a maggiore produzione...)
Vantaggi: più occupazione e distribuzione più equa del reddito nazionale, maggiori investimenti per
permettere crescita, migliore allocazione del lavoro che permette bassa disoccupazione
Svantaggi: burocrazia enorme, uso inefficiente risorse, riduzione libertà individuale, difficoltà a definire
incentivi
• Economia di mercato: USA. il presupposto è l’esistenza di una proprietà privata. Si presume che
famiglie e imprese facciano considerazione utilitaristiche e quindi razionali (si sceglie prodotto più
soddisfacente al prezzo minore, e l’azienda cerca di produrre il massimo mettendolo ad un prezzo
remunerativo al massimo). È economia monetaria, domanda e offerta raggiungono equilibrio tramite
meccanismo dei prezzi.
• Economia mista: EU, maggior parte delle economie. Presenta elementi di libero mercato ma anche un
certo grado di intervento pubblico, che:
a. Funzione allocativa delle risorse: incentiva livelli di produzione e consumo di beni e servizi per
i quali il mercato non è sufficiente o li disincentiva
b. Funzione redistributiva: influisce su distribuzione ricchezza e reddito
c. Funzione di regolamentazione: determina comportamento consumatori e produttori tramite
obblighi normativi (es. Corretta etichettatura prodotti, divieto accordi tra grandi imprese)
d. Funzione macroeconomica: promuove crescita e occupazione

Meccanismo dei prezzi


A. Condizione di mercato con più domanda di offerta. Crescono i prezzi, ma di conseguenza:
▪ I prezzi crescono perché l’impresa si trova con costi per fattori produttivi sempre più elevati
▪ La domanda viene frenata dai prezzi in aumento
▪ Disavanzi della bilancia commerciale: eccesso di import su export da parte dei consumatori
Il prezzo cresce (inflazione, nel caso in cui sia generalizzato e persistente nel tempo) fino quando scarsità
viene annullata e domanda pareggia l’offerta.
B. Condizione di mercato con più offerta che domanda. Si determina surplus e il prezzo diminuisce, ma di
conseguenza:
▪ Recessione: crescita diviene negativa perché domanda è bassa e di conseguenza cala anche
l’offerta (almeno per due trimestri consecutivi)
▪ Disoccupazione: le imprese diminuiscono la produzione e quindi licenziano dipendenti in
eccesso
▪ La domanda inizia a crescere perché i prezzi sono più bassi e convenienti
Il prezzo diminuisce fino a quando surplus viene annullato.

4
La politica macroeconomica, tramite la politica della domanda e dell’offerta, cerca di mantenere un equilibrio tra
queste due situazioni 8.

Grazie al meccanismo dei prezzi, sul mercato si determina il prezzo di equilibrio (uguaglianza domanda e offerta).
Vi è una discussa interdipendenza tra perseguimento dell’interesse individuale e conseguimento di interesse
collettivo, basata dalla razionalità delle scelte individuali e l’efficacia del meccanismo dei prezzi.

Lezione 2 – Mercati, domanda e


offerta
1. La domanda
In che quantità verrà acquistato un bene e perché?
Fattore 1 - legge della domanda: se prezzo aumenta, domanda9 diminuisce e viceversa. Non è però sempre
verificata 10:
L’entità della domanda varia a causa dell’effetto di sostituzione e dell’effetto di reddito
▪ Effetto di sostituzione: se cambia il valore di quel bene (es. cresce il prezzo) ma il compratore ha altri
beni che possono sostituire il primo, passa a questi secondi beni. Influenzato da quanti beni possono
sostituire il bene di partenza e dal grado di sostituibilità 11
▪ Effetto di reddito12: a parità del reddito nominale (il reddito percepito), cala/aumenta il reddito reale
(dato dal rapporto del reddito nominale e i prezzi correnti; capacità di quel reddito di diventare prodotto)
a causa di un aumento/calo dei prezzi. Cala/aumenta il potere di acquisto. Può essere più o meno grave
in base al tipo di bene che viene colpito dal rincaro/diminuzione di prezzo

Legge dell’utilità marginale decrescente: l’aver acquisito un bene la prima volta dà un’utilità marginale
maggiore rispetto a quello della seconda volta, ed è progressivamente decrescente (= e quindi anche il prezzo
che il consumatore è disposto a pagare per quel bene). Anche questo spiega perché è meglio parlare di una
legge della domanda inversa.

Fattori ulteriori che determinano la domanda:


▪ gusti o preferenze dei consumatori (non bisogni come necessità di alloggio o cibo)
▪ numero, prezzo e grado di sostituibilità dei beni sostituti (alternativi)13
▪ Numero e prezzo dei beni complementari (beni che funzionano insieme al bene che mi interessa) 14

8 Quello che accade sul mercato dei beni accade anche sul mercato dei fattori di produzione - salario di
equilibrio.
9 Con quantità domandata ci si riferisce alla quantità che i consumatori sono disposti a e in grado di acquistare

ad un dato prezzo in un dato periodo di tempo.


10 Paradosso di Giffen: per certi beni più diminuisce il prezzo, più diminuisce la domanda e viceversa
11 Macchina che va a benzina senza benzina. Anche se prezzo di benzina è cresciuto sono costretto a fare

rifornimento – ha un bassissimo grado di sostituibilità


12 Con 100€ devi fare diverse spese oggi. Se domani mattina scopri che i prezzi di varie cose sono aumentate tu

ti trovi più povero, hai minore capacità di spesa (=reddito reale).


13 Es. Benzina: numero di sostituti – nullo.

Es. 2 Panino: numero di sostituti – elevato, quindi domanda dipende dal prezzo ma anche da tutti i sostituti
che ci sono
14 Es. Ristrutturare casa: imbianchino, architetto, elettricisti, idraulico richiesti tutti insieme. Il valore dei singoli

influenzerà la domanda dell’intero gruppo

5
▪ reddito dei consumatori (crescere del reddito porta domanda di beni normali, quando si raggiunge
ricchezza elevata c’è meno domanda di beni inferiori)
▪ distribuzione del reddito (a livello nazionale): consumi si ripartiscono in base a fasce di reddito (per i
poveri si concentrano su beni alimentari, per i ricchi entrano in gioco beni di largo consumo, di lusso, di
lunga durata)
▪ aspettative di variazioni future dei prezzi: es. saldi oppure investimenti anticipati in previsione di sold
out

Funzione di domanda
Funzione che lega quantità domandata di un bene in un certo periodo
di tempo al suo prezzo, e viene rappresentata graficamente in una
curva di domanda. Non è espressa in forma diretta D=f(p) ma inversa
p=f(D), perché la seconda è più utile dal punto di vista analitico. Ci
interessiamo a che prezzo è disposto a pagare per una certa quantità di
bene, piuttosto di quanto bene acquista per un certo prezzo.

La curva di domanda è generalmente decrescente (se aumenta una


variabile diminuisce l’altra):quanto minore è il prezzo di un bene, tanto maggiore sarà la quantità domandata..
Viene costruita ipotizzando che tutte le determinanti indicate sopra (eccetto il prezzo) siano costanti.
Massima disponibilità a pagare: consumatore disponibile a pagare fino ad una certa soglia, non di più,
eventualmente di meno.
Di

conseguenza una variazione del prezzo determina un


movimento lungo la curva di domanda (variazione della quantità domandata). Se a variare non è il prezzo ma un
altro fattore si determina uno spostamento della curva di domanda (verso sx o dx, non necessariamente parallelo
- variazione della funzione di domanda).

2. L’offerta
Quale sarà la quantità di bene prodotta dalle
imprese? Fattore
1 – Legge dell’offerta: se il prezzo aumenta, la
quantità offerta aumenta e viceversa. Non si tratta
di semplice desiderio di incrementare i ricavi,
infatti tale relazione è fondata su tre elementi:
1. Da un certo livello di produzione in poi, i
costi di produzione cresceranno più rapidamente.
Solo se cresce anche il prezzo varrà la pena
aumentare la produzione
2. Quanto maggiore è un prezzo di un bene, tanto più redditizia sarà la sua produzione
3. Con il passare del tempo, se il prezzo di un bene rimane alto, nuovi produttori entreranno nel mercato di
tale produzione, aumentando l’offerta totale

6
Legge della produttività marginale decrescente: il produttore non produce di più se aumenta il prezzo per guadagnare di
più, ma perché si trova a dover pagare di più per produrre. I fattori di produzione non hanno una produttività costante, ma
decrescente (dopo un picco di produzione) con la crescita della produzione.
Produzione totale: mi dice che per tot dosi ottengo tot produzione totale, quante unità di prodotto mi producono le prime
due, tre, quattro, cinque… unità di fattore produttivo
Produzione marginale: ogni singola dose ha produttività positiva e crescente, sul grafico leggo quante unità di prodotto mi
produce la n° dose (es. la quarta, la nona…)

Ciò significa che all’inizio della produzione, produrre quel bene ha un esito favorevole perché fattori produttivi hanno
livello crescente di produzione marginale. Andando avanti però aggiungere fattori di produzione mi farebbe ottenere meno
prodotto, e quindi non lo faccio. Nella zona intermedia i prezzi sono crescenti perché necessito sempre più fattore di
produzione per produrre le stesse dosi di prodotto (crescita di costi marginali).

Fattori ulteriori che determinano variazione di offerta:


▪ Costo di produzione (es. costo del lavoro, della tecnologia)
▪ Redditività dei sostituti nella produzione (prodotti alternativi) 15
▪ Redditività dei prodotti congiunti16
▪ Natura, shock stocastici e altri eventi imprevedibili
▪ Obiettivi dei produttori (max profitto vs max ricavi)
▪ Aspettative di variazioni future dei prezzi (output, ma anche input)
▪ Numero di imprese presenti sul mercato

Funzione di offerta: lega la quantità di un bene che i produttori sono disposti a fornire in un dato periodo al suo
prezzo. Bisogna distinguere:
• Offerta del singolo produttore
• Offerta di mercato (somma delle offerte individuali di tutte le imprese per ciascun prezzo dato – in realtà
non è così ma viene semplificato per il momento)
La rappresentazione grafica prende il nome di curva di offerta. Anche questa è espressa in modo inverso come
p=f(S), dove S = supply. Dice che prezzo chiede il produttore per offrire certa quantità di prodotto (minima
disponibilità ad accettare: accetta solo prezzi superiori, non inferiori). Anche qui ci sono modificazioni sulla curva
(si ragiona solo su prezzo, gli altri fattori sono fissi) e della curva (funzioni variano). Lo spostamento può avvenire
verso sx o dx, non necessariamente parallela.
La funzione è generalmente crescente, al contrario di quella della domanda che è decrescente. Ci possono essere
curve inclinate negativamente, a seconda dell’arco di tempo considerato.

Punto di equilibrio:

15 Con stessi fattori produttivi puoi produrre anche altri prodotti


16 Ottenere altri beni insieme a bene A

7
Il punto di equilibrio17 indica prezzo che sia consumatore che produttore sono
disposti ad accettare. Vale per tutte le quantità. In questa situazione di
equilibrio i consumatori si trovano a spendere meno di quello che erano pronti
a spendere, il produttore incassa una quantità maggiore di denaro che
avrebbero accettato (vantaggio per entrambi). Se avviene uno spostamento
della curva si dovrà creare un nuovo punto di equilibrio.

In che quantità verrà acquistato/venduto un bene a quale prezzo? 18


Sappiamo che:
• se c’è eccesso di offerta: si determina un surplus > il prezzo diminuisce finché il surplus non viene
riassorbito (D = S)
• se c’è eccesso di domanda: si determina una scarsità > il prezzo aumenta finché la scarsità non viene
colmata (D = S)
• se la domanda è uguale all’offerta: c’è equilibrio

3. Economia di mercato: funziona davvero bene?


Vantaggi Svantaggi

17 Punto di equilibrio: situazione in cui decisioni indipendenti di individui con interessi contrapposti risultano
compatibili
18 (In un mercato concorrenziale dove né consumatori né produttori hanno tale potere da incidere sul prezzo

perché sono entrambi numerosi, e nemmeno dove un bene è posseduto solo da un singolo. In realtà nella
maggior parte dei casi dal POV dell’offerta c’è una concorrenza monopolistica)

8
• aggiustamenti automatici (senza burocrazia per • poche grandi imprese possono godere di un
coordinare le decisioni economiche) notevole potere di mercato (e i profitti frenano la
• se i mercati sono competitivi: più efficienza e ricerca di efficienza)
razionalità nell’uso delle risorse (prezzi bassi, ma • alcuni beni socialmente desiderabili possono non
elevata remunerazione dei FP) essere prodotti in quantità sufficiente e viceversa per
• interazione volontaria favorisce benessere sociale i beni non socialmente desiderabili
(“mano invisibile” di A. Smith) • instabilità macroeconomiche
• incoraggia l’affermazione di valori materialistici

Economia mista è risposta ai problemi posti da economie totalmente pianificate, sia da quelle di libero mercato.
È un’economia di mercato (direzione liberale) con elementi di regolazione. Lo Stato influenza, attuando una
politica macroeconomica:
▪ Prezzi relativi di input e output
▪ Redditi relativi (sistemi di tassazione19/sussidi)
▪ Struttura della produzione e del consumo (vietare commercializzazione di un bene, garantire condizioni
di privilegio a certe categorie come donazioni per l’arte)

4. Economia comportamentale
La scarsità porta a compiere delle scelte. Nell’economia tradizionale si presumono comportamenti sempre
razionali di scelta di fronte ad alternative, ma in realtà non è così.
L’economia comportamentale osserva (con esperimenti) come gli agenti economici si comportano realmente.
Esempi di irrazionalità:
▪ ruolo dell’informazione e suoi squilibri (come è presentato o compreso il problema di scelta 20),
▪ troppa varietà (che può portare ad una scelta che massimizza la propria utilità)),
▪ razionalità limitata (es. condizionamento esercitato dall’esperienza, comportamento gregario,
approccio euristico)
▪ scelte relative (per confrontarsi con altri),
▪ azzardi morali (comportamenti irrazionali post contratto)
▪ comportamento gregario e pensiero di gruppo (influenza delle decisioni d’acquisto delle altre
persone, ad es. moda)

Lezione 3 – Domanda individuale e


domanda di mercato
1. Economia e scelta razionale
19In Italia è progressivo: chi ha meno reddito paga percentualmente meno di chi ha maggiore reddito
20Tendi a comprare maggiore quantità di un bene se c’è scritto che è in offerta anche se il prezzo è uguale a
quello solito.

9
Come è descritto in microeconomia il problema di scelta del consumatore?
Approccio consequenzialista: non ci si concentra sulle azioni (presupposti, modi) in sé ma sulle conseguenze
di tali azioni, descrivendo queste ultime come variazioni nell’insieme delle risorse disponibili (dotazioni) di un
individuo21. Rappresentazione semplificata della realtà.
“Il comportamento del consumatore è la scelta tra stati alternativi della sua disponibilità di beni.”

Interpretazioni dell’approccio consequenzialista


A) Interpretazione positiva o descrittiva
Implica un consumatore perfettamente razionale. Non permette di rappresentare comportamenti irrazionali o
dettati da razionalità non consequenzialista. Presuppone che tutti i consumatori si comportino allo stesso
modo
B) Interpretazione normativa o prescrittiva
La teoria del consumatore dice come si dovrebbe comportare un consumatore perfettamente razionale che
non si curasse delle proprie preferenze.

La moneta non viene tenuta in considerazione perché non ha caratteristiche che la rendano idonea al consumo
finale; ha solo valore di conto. Si esprime dunque il valore di mercato dei diversi beni in termini relativi
(economia di baratto).
Per rappresentare le alternative a disposizione di un agente, si considerano allora tutte le combinazioni possibili
dei beni disponibili sul mercato, acquistabili spendendo una determinata quantità di moneta. Il suo
comportamento è descritto dalla scelta tra queste alternative, ovvero le dotazioni di cui è in grado di disporre a
seconda dei piani di acquisto che realizza.
Un consumatore supposto (o prescritto) come razionale, sceglierà (o dovrà scegliere) l’alternativa (dotazione)
che massimizza la sua soddisfazione (massima dotazione di beni) permettendogli di raggiungere i suoi obiettivi
individuali.

2. L’insieme delle alternative e il vincolo di bilancio


Come è descritto l’insieme delle alternative?
Ogni possibile combinazione è detta paniere. Ogni paniere è:
 Finito nelle componenti
 Finito nel numero
In quanto:
→ C'è un limite alla quantità di beni e servizi
→ Il consumatore ha
o vincoli fisici (determinati dalla quantità di risorse possedute)
o vincoli economici (possibilità di scambiare sul mercato)
▪ vincolo di bilancio (spesa minore o uguale ad un reddito22 m)
Bisogna ipotizzare che:
❖ I beni devono essere perfettamente divisibili23 (misurabili con misure di peso/capacità)
❖ Ci siano mercati di perfetta concorrenza
❖ La dotazione del consumatore sia composta da x1 e x2 (forte semplificazione, in realtà ci sono gerarchie
di preferenze) che hanno un prezzo p1 e p2

S = spesa consumatore

Retta di bilancio

21 Es. Acquisto di un’auto vista come aumento di un’unità nella sua disponibilità di auto e calo di 10 000 € nella
sua disponibilità di denaro.
22 Che non è altro che la valutazione in termini monetari della sua dotazione in risorse.
23 Beni indivisibili sono quelli che si calcolano in unità, e non per peso o capacità. Esempi: libri, navi, auto...

10
Rappresentazione grafica del vincolo di bilancio nell’ipotesi in cui S = m. È una retta che rappresenta insieme
delle possibili combinazioni di x1 e x2 che soddisfano il vincolo di bilancio (S = m). Come alloca il proprio
reddito il consumatore (speso nella sua totalità). Divide il piano in tre parti:
▪ Parte superiore indica le dotazioni non a disposizioni del consumatore perché eccedono reddito
▪ Sulla retta sono espresse le dotazioni a disposizione del consumatore spendendo tutto il reddito
▪ Parte inferiore indica possibile combinazioni dei beni che però non sono efficienti perché non
spenderebbero tutti i soldi a disposizione

L’intercetta esprime il reddito del consumatore in termini reali (quantità massima acquistabile del bene
misurato su quell’asse).
La pendenza esprime il prezzo relativo del bene 2 rispetto al bene 1 (per mantenere costante la spesa, ad ogni
variazione unitaria di x1 corrisponderà una variazione di segno opposto di x2).
Spostamento verso dx dell’asse indica incremento del reddito a parità di prezzi (altrimenti cambierebbe la
pendenza) e un cambiamento di entrambe le intercette.
Variazione dell’inclinazione indica una variazione del prezzo di un bene a parità di reddito e del prezzo
dell’altro bene. Cambia inoltre una delle due intercette.

3. Preferenze e la loro rappresentazione: le curve di indifferenza


Identificati i panieri, bisogna capire quale sceglierà. Ci sono due teorie:
1. Basata sul comportamento razionale. Presupposto è che le motivazioni delle scelte compiute non hanno
rilevanza
2. Basata sull’analisi delle preferenze (quella da noi utilizzata). Presupposto è che il consumatore abbia
obiettivi propri che si riassumono in una relazione di preferenza. Il problema con questo approccio è che
non tratta fenomeni osservabili, ma è più veritiero dell’approccio precedente
Relazioni di preferenza (vengono ignorati i bisogni)
A > B vuol dire che: A è strettamente preferito a B
A ~ B vuol dire che: A è indifferente a B
A ≥ B vuol dire che: A è debolmente preferito a B

Quali condizioni deve soddisfare questa rappresentazione?


▪ Completezza: consumatore dev’essere in grado di ordinare tutte le alternative a sua disposizione
(secondo divisione soprastante)
▪ Transitività: A ~ B, B ~ C ⇒ A ~ C

11
▪ Monotonicità: dati due panieri in cui di un bene c’è la stessa quantità e del secondo bene uno dei due
panieri possiede una maggiore quantità, allora il consumatore preferisce quest’ultimo paniere (opulenza
del consumatore)

La curva di indifferenza rappresenta il luogo di tutti i panieri considerati tra loro indifferenti. È indipendente dai
soldi disponibili, esprime solo il rapporto di sostituzione tra i due beni in modo tale da mantenere costante la
soddisfazione/utilità.
❖ Al di sopra di essa ci sono panieri considerati (assai) migliori, ma che non può permettersi.
❖ Al di sotto di essa ci sono panieri considerati (assai) peggiori.
È inclinata negativamente perché ogni punto su di essa ha utilità costante per il consumatore, quindi se incremento
un bene devo diminuire l’altro. È convessa (legge dell’utilità marginale decrescente), in quanto minore è la
dotazione di un bene, tanto più il consumatore dev’essere compensato24 per rimanere sulla stessa curva di
indifferenza.
Per ogni paniere è possibile trovare una curva di indifferenza. 25 Invece il vincolo di bilancio è singolo.
Curve di indifferenza non possono intersecarsi, perché punti su curve diverse non possono avere la stessa utilità
(cambiano le quantità).

Saggio (tasso) marginale di sostituzione


La curva di indifferenza ci dice in che misura uno dei beni dev’essere rimpiazzato dall’altro affinché il
consumatore sia indifferente tra i due panieri (l’entità della sostituzione necessaria a compensarlo nel caso rinunci
a una quantità di bene mantenendo invariato il suo benessere.
Nel caso in cui si debba mettere sempre la stessa quantità dell’altro bene per compensarlo, si parla di (beni) perfetti
sostituiti (1). Il loro rapporto è costante e il grafico è una retta di indifferenza. Affinché il SMS sia unitario la retta
dev’essere inclinata a 45°. L’utilità del bene non si modifica con l’aumento/diminuzione della quantità di tale
bene.

24Bene compensato = bene sostituito.


25Mappa di indifferenza: insieme di curve di indifferenza di un consumatore. Spostamento verso destra
implica panieri preferiti dal consumatore.

12
Un’eccezione è data dai (beni) perfetti complementi (2). Il consumatore può trarre beneficio dal loro consumo
solo se ne ha disponibilità contemporanea in una proporzione data (indicata dal punto d’angolo). Hanno curve di
indifferenza con un punto d’angolo che corrisponde all’unica proporzione tra le disponibilità dei due beni che ne
consente un consumo proficuo.

(1) (2)

Questi sono casi piuttosto rari, a causa della legge dell’utilità


decrescente. Le necessità di compensazione aumentano al diminuire
della dotazione iniziale. Per rappresentare il rapporto (variabile lungo
tutta la funzione) di x1 e x2 si utilizza il saggio marginale di sostituzione
di x2 rispetto x1 (quantità di x2 che sostituisce la quantità di x1). Tale rapporto indica la pendenza della curva di
indifferenza nel punto in cui viene calcolato.

4. L’ottimo del consumatore


Come si determina e che caratteristiche ha la scelta ottima del consumatore?
Sovrapponendo la retta del vincolo di bilancio con una mappa di curve di
indifferenza, si nota che la scelta ottima si colloca sulla retta di bilancio (sopra
reddito sarebbe insufficiente, sotto mal allocato) e sulla curva di indifferenza più
lontana dall’origine (quadrante nord-est ha livello di soddisfazione maggiore).
La curva di indifferenza che passa per il punto A (punto di ottimo) è tangente
alla retta di bilancio.
Visto che due funzioni tangenti hanno la stessa pendenza nel punto di tangenza,
la curva di indifferenza passante per il punto A ha la stessa pendenza della retta
di bilancio nel punto di ottimo.

La sostituibilità tra x1 e x2 è uguale all’inverso dei prezzi.26 In corrispondenza della scelta ottima del
consumatore, saggio marginale di sostituzione e prezzo relativo dei beni non possono essere diversi, cioè la
valutazione soggettiva del consumatore circa la desiderabilità dei beni (SMS) non può discostarsi da quella
oggettiva del mercato (prezzo relativo). È una considerazione incompleta perché stiamo considerando solo il
lato del consumo, ma non dell’offerta.

Formalizzazione analitica delle preferenze del consumatore:


ax1 + bx2 = u
▪ u = utilità complessiva del consumatore
▪ x = determinati livelli di consumo di quelle tipologie di beni

26
Es. 1 unità di x2 è sostituibile da un’enorme quantità di x1. Vuol dire che x2 ha un prezzo enormemente
maggiore a x1.

13
▪ a e b = utilità marginali di beni 1 e 2 (quanto varia l’utilità del consumatore per ogni variazione unitaria
della quantità consumata del bene corrispondente)
aΔx1 + bΔx2 = Δu
Considerando poi la variazione del consumo di uno solo dei due beni, e uguagliando a 0 l’altro, abbiamo:
aΔx1 = Δu
▪ Δu = utilità complessiva, esprimibile anche con
UMG1 = Δu/Δx1 = a
UMG2 = Δu/Δx2 = b
▪ UMG = variazione di utilità conseguente a una variazione unitaria nel consumo del bene a parità di
consumo dell’altro bene

La somma della variazione del consumo di bene 1 e di bene 2 deve dare una variazione di utilità che è pari a 0.
aΔx1 + bΔx2 = Δu = 0
Δx1/Δx2 = -(b/a) = - (UMG2/UMG1) = SMS
S è quindi esprimibile come il rapporto tra le utilità marginali di due beni, espresso con segno negativo. La
condizione di ottimo può allora essere riscritta così:
Se un bene ha una maggiore utilità marginale avrà anche un prezzo maggiore. Il rapporto tra i
prezzi è uguale al rapporto tra le utilità marginali.

5. Effetti sulla quantità domandata di variazioni del reddito


Come cambiano le scelte del consumatore al variare del reddito monetario, ma a parità di prezzi?
Sappiamo che l’ottimo del consumatore (ergo: le quantità ottime domandate dei beni 1 e 2: x*1 e x*2) dipende
dai prezzi dei beni e dal reddito del consumatore. Ovvero:
x*1 (p1,p2,m)
x*2 (p1,p2,m)
I possibili fenomeni che seguono un aumento del reddito sono:

(1) (2)
▪ Caso generale (1): aumenta il consumo dei beni (nel caso di aumento di m) o diminuisce (nel caso di
diminuzione di m).
▪ Caso particolare (2): si modifica la curva di indifferenza: non solo si sposta a destra, ma il punto di
tangenza si sposta leggermente verso l’asse x1. Si deduce che il bene x1 sia un bene normale, mentre x2
sia un bene inferiore. Questo perché all’aumentare del reddito si smette di consumare dei beni inferiori
per passare a beni superiori o normali (prodotti di qualità superiore ma che hanno anche un prezzo
superiore).

Sentiero di espansione del reddito: trovato il punto di equilibrio (punto di ottimo)


bisogna ricercare un altro punto di equilibrio nel caso in cui aumenti il reddito.
Procedendo per aumenti di reddito si crea una curva. Espressa in questo modo dice
come cambia il consumo dei due beni in base al variare del reddito. Non è molto
utile.

Curva di Engel: conviene usare questa al posto del SER, perché nella
curva di Engel sono rappresentati sugli assi il variare della richiesta di
un bene (x) al variare del reddito (m) del consumatore (a fronte di prezzo costante di x e di tutti
gli altri beni. Tale curva

14
❖ Crescente per i beni normali
❖ Decrescente per i beni inferiori

6. Effetti sulla quantità domandata di variazioni dei prezzi


Come cambia la quantità domandata di un bene al variare del suo prezzo?
Non si possono ignorare anche altre variabili, perché variazioni del prezzo incidono anche sul reddito
disponibile facendo variare il vincolo di bilancio. A effetti del prezzo si accompagnano effetti del reddito.
L’effetto della variazione del prezzo di un bene sulla quantità domandata è scomponibile in:
1. Effetto del reddito
a. Misura la variazione della quantità domandata dovuta alla variazione indotta sul reddito reale
(cambia potere d’acquisto)
b. Il segno è:
❖Nei beni normali, ha andamento opposto alla variazione di prezzo. Se il loro prezzo
aumenta, il reddito diminuisce e la quantità diminuisce. Si somma all’effetto di
sostituzione, determinando un effetto complessivo di segno opposto alla variazione di
segno
❖Nei beni inferiori, ha lo stesso andamento della variazione di prezzo. Se scende il
prezzo incrementa il reddito e vengono consumati meno. Anche se ha andamento
opposto rispetto ad effetto sostituzione, non è abbastanza forte da controbilanciarlo
❖Beni di Giffen (beni inferiori “teorici”): l’effetto reddito è così forte da
controbilanciare quello di sostituzione. Quantità va nella stessa direzione della
variazione di prezzo
2. Effetto di sostituzione
a. Sempre andamento opposto al prezzo, se uno aumenta l’altro diminuisce e viceversa
b. Misura la variazione della quantità domandata dovuta al fatto che ora il bene è più o meno
conveniente degli altri (è l’effetto della variazione del prezzo in sé)
Entrambi gli effetti influiscono sulla quantità.
Per isolare effetto reddito da sostituzione (perché di solito viene osservata la loro somma) seguiamo due metodi
alternativi
✓ compensazione hicksiana: cosa avverrebbe alla scelta ottima con un rapporto tra i prezzi pari a quello
che si verifica dopo la variazione di prezzo, mantenendo però costante il livello di soddisfazione del
consumatore (utilità costante)
Ottengo vincolo di bilancio che ha la stessa pendenza del nuovo vincolo di
bilancio (rispetta il nuovo rapporto tra i prezzi) ma è allo stesso tempo
tangente alla vecchia curva di indifferenza (rispetta la vecchia utilità del
consumatore). Tra E’1 (artificiale) e E2 non cambia rapporto tra i prezzi
(uguale pendenza), quindi quella variazione è data dall’effetto di reddito.
Siccome E’1 ed E1 si trovano sulla stessa curva d’indifferenza l’utilità
rimane uguale ma le pendenze (e rapporto tra prezzi) sono diverse, quindi
dev’essere per forza effetto di sostituzione.

✓ compensazione di Slutsky: cosa avverrebbe alla scelta ottima con


un rapporto tra i prezzi pari a quello che si verifica dopo la variazione di
prezzo, mantenendo però costante il reddito reale del consumatore (potere
d’acquisto costante)

15
Nuova retta è parallela a vincolo di bilancio di arrivo (uguale rapporto tra
prezzi) ma più in basso (reddito più basso – effetto reddito). E’1 ha un’utilità
maggiore diversa da quella di partenza (tocca curva d’indifferenza superiore)
ma ha in comune il punto E1, quindi il reddito reale non è stato modificato27
(il potere d’acquisto è aumentato per la diminuzione del prezzo anche se il
reddito monetario non è mutato – si tratta di effetto di sostituzione). La
pendenza però è mutata, quindi cambia il rapporto tra i prezzi.

7. Domanda di mercato, domanda inversa e surplus dei


consumatori
Come si passa dalla domanda individuale alla domanda di mercato?

Sentiero di espansione del prezzo


È la curva che unisce tutti i punti di ottimo, al variare (nel grafico 1 riduzione) del prezzo di uno dei beni. Viene
rappresentata nello spazio che misura i due beni tra i quali il consumatore sceglie (domanda individuale28).
Per avere grafico più compatto, si predilige la
funzione di domanda inversa (2) che pone su x la
quantità, e su y il prezzo. Indica il prezzo che
consumatore è disponibile a pagare per certa quantità
del bene. Se consideriamo la funzione di domanda
inversa di mercato, sapremo qual è il prezzo di
mercato che deve prevalere affinché sia venduta una
cerca quantità di bene (affinché la somma delle
domande individuali di tutti i consumatori sia pari a
tale quantità.

Prezzo di riserva: livello di prezzo in corrispondenza del quale ciascun


consumatore è indifferente tra l’acquistare (prezzo inferiore al bene di
riserva) e il non acquistare (prezzo superiore al prezzo di riserva) una
unità del bene. L’istogramma mostra max
disponibilità a pagare. L’altezza delle colonne indica il prezzo di
riserva di ogni consumatore, mentre la base unitaria indica la quantità
del bene. La linea orizzontale un generico livello del prezzo di mercato.
In base a tale livello, alcuni decideranno di non acquistare (parti
bianche inferiori a linea orizzontale), altri che lo acquisteranno ad un
prezzo inferiore rispetto a quello che erano disposti a pagare (parti grigie).
Questi otterranno un surplus29 (= parte grigia) dato da:
Surplus = prezzo di riserva – prezzo di mercato

27 Il reddito NON reale è invece cambiato, perché la curva d’indifferenza è più alta.
28 Per calcolare la domanda di mercato, si utilizza processo di aggregazione (somma domande individuali).
29 Surplus dei consumatori: somma del surplus dei singoli consumatori; benessere che ottengono dalla

partecipazione al mercato per un dato prezzo.

16
Lezione 4 – elasticità
1. Elasticità della domanda rispetto al prezzo
Variazione prezzo = variazione quantità domandata. Ora non ci chiediamo perché avviene (visto in lezione 3)
ma di quanto avviene.

Elasticità della domanda rispetto al prezzo: variazione percentuale30 della domanda per
una variazione percentuale unitaria del prezzo. Misura la sensibilità della domanda a variazioni del prezzo.
L’elasticità ha sempre segno negativo, perché variazioni di prezzo e di quantità vanno in direzioni opposte. Le
funzioni di domanda per uno stesso bene possono essere diverse tra consumatori. Una funzione di domanda con
minore pendenza implica una maggiore elasticità.
L’elasticità è data dal rapporto tra la variazione percentuale della quantità e
la variazione percentuale del prezzo. Da notare che si usano variazioni
finite.
Il valore dell’elasticità (considerato in valore assoluto, dato che è sempre
negativo) ci dice se la domanda è elastica o meno
– se | ε | > 1 → la domanda è elastica: la variazione della quantità è superiore alla variazione del prezzo.
Elasticità maggiore di 1 perché dividiamo numero per numero più piccolo.
– se 0 < | ε | < 1 → la domanda è anelastica [rigida]: variazione della quantità è minore della variazione di
prezzo. Elasticità minore di 1 perché dividiamo numero per numero più grande.
– se | ε | = 1 → la domanda è a elasticità unitaria: le due variazioni variano nella stessa proporzione. Elasticità
pari a 1 perché dividiamo numeri uguali.

Determinanti di elasticità alla domanda:


❖ Numero dei beni sostituti e loro grado di sostituibilità. Forse la determinante più importante: più
sostituibilità significa maggiore elasticità (es: benzina vs cavolfiori)
❖ Quota del reddito spesa nel bene. Maggiore è la quota, maggiore sarà la riduzione della domanda per
un aumento del prezzo (effetto del reddito sarà maggiore quindi domanda più elastica) (es: sale vs auto)
❖ Orizzonte temporale considerato. L’aggiustamento delle scelte di consumo per l’aumento dei prezzi
richiede tempo. Maggiore è l’arco di tempo considerato, maggiore l’elasticità (es: prodotti petroliferi)

2. Elasticità della domanda e spesa totale


Quanto spendiamo per un bene ad un dato prezzo?
La spesa totale per l’acquisto di un bene:
▪ È data da prezzo di acquisto X quantità acquistata
▪ Coincide con il ricavo totale delle imprese
Per sapere come varia al variare del prezzo, bisogna distinguere tra i
casi di domanda elastica e anaelastica.

30Perché consente confronti tra unità diverse e perché è l’unico modo per definire il peso di una variazione di
prezzo/quantità.

17
Domanda elastica (è più distesa sull’asse della quantità)
La quantità domandata varia più della variazione del prezzo,
quindi la riduzione della quantità prevale rispetto all’incremento
del prezzo sulla spesa totale. Si avrà:
1) P aumenta; Q diminuisce più di quanto aumenti P, S
diminuisce
2) P diminuisce; Q aumenta più di quanto diminuisca P; S
aumenta
In altre parole, la spesa totale varia nella stessa direzione della
quantità.

Domanda anelastica

Il prezzo varia più della domanda, per cui ha effetto maggiore su


spesa totale per consumi. Pertanto:
1) P aumenta; Q diminuisce meno di quanto aumenti P; S
aumenta
2) P diminuisce; Q aumenta meno di quanto diminuisca P; S
diminuisce
Quindi la spesa del consumatore varia nella stessa direzione del
prezzo.

Esistono casi particolari, ovvero:


- Domanda perfettamente anelastica (|𝜀| = 0): la quantità domandata è indipendente dal prezzo e
rimane sempre la stessa, quanto maggiore è il prezzo, tanto maggiore sarà la spesa. Es. opere d’arte
autore deceduto.
- Domanda perfettamente elastica (|𝜀| → +∞): per p>p1, la domanda è nulla; per p≤p1, la domanda è
infinitamente grande. L’impresa non esercita alcuna influenza sul prezzo, ma vende quanto vuole
(singola impresa in concorrenza perfetta). Quanto maggiore è la quantità che offre, tanto maggiore sarà
il ricavo totale.
- Domanda a elasticità unitaria (|𝜀| = 1): prezzo e quantità variano esattamente nella stessa
proporzione. Non è retta ma iperbole equilatera. Muovendosi lungo la curva di domanda, affinché le
variazioni del prezzo e della quantità siano proporzionalmente uguali, ci devono essere un aumento
delle quantità in valore assoluto sempre più grande e un calo dl prezzo in valore assoluto sempre più
piccolo.

2.3 Il calcolo dell’elasticità


L’elasticità della domanda al prezzo, ad eccezione
dei casi particolari appena visti, varia in ogni
punto della curva di domanda. L’elasticità della
domanda rimane invariata solo nei casi particolari
sopra.
Si può quindi parlare di una data elasticità solo
rispetto ad una porzione di una curva di domanda.

Formula della media o elasticità ad arco:


elasticità in riferimento a due punti di essa.
Per calcolare la variazione percentuale della quantità – variazione quantità : valore di Q
Per calcolare la variazione percentuale del prezzo – variazione prezzo : valore di P

18
Quali valori di Q e P scegliere?
Si fa la media tra Q1 e Q2 e P1 e P2.

Successivamente si utilizza la formula della media (o del punto medio) e si ottiene che
l’elasticità tra due punti m e n è:

3. Elasticità dell’offerta rispetto al prezzo


Di quanto varia l’offerta in seguito a una variazione di prezzo?

Elasticità dell’offerta rispetto al prezzo → è la variazione percentuale dell’offerta per una variazione
percentuale unitaria del prezzo. Misura la sensibilità dell’offerta alle variazioni di prezzo.

∆𝑄𝑠 ∆𝑝
η= /
𝑄𝑠 𝑝
L’elasticità dell’offerta al prezzo è dunque data dal rapporto tra la variazione percentuale della quantità offerta e
la variazione percentuale del prezzo. Ha sempre valore positivo, essendo la curva di offerta una funzione
crescente del prezzo.
Per η > 1, l’offerta è elastica;
Per η < 1, l’offerta è anelastica.

Determinanti dell’elasticità dell’offerta:


1) Ampiezza dell’aumento dei costi in seguito all’incremento della produzione. Minore è il costo
marginale (costo sostenuto per produrre un’unità in più di output) – in ragione di: capacità produttiva
inutilizzata, facile reperimento di input, flessibilità del mix produttivo, etc. – maggiore sarà l’elasticità
dell’offerta
2) Orizzonte temporale considerato. Brevissimo periodo = offerta quasi fissa. Breve periodo = alcuni
input (fattori produttivi variabili) possono essere aumentati. Lungo periodo = tutti gli input possono
essere aumentati e nuove imprese possono entrare nell’industria

4. Altre elasticità
Elasticità della domanda al reddito → è la variazione percentuale della domanda per una variazione
percentuale unitaria del reddito. Misura la sensibilità della domanda a variazioni del reddito.
∆𝑄𝑑 ∆𝑚
ε𝑚 = /
𝑄𝑑 𝑚
L’elasticità della domanda al reddito è dunque data dal rapporto tra la variazione percentuale della quantità
domandata e la variazione percentuale del reddito

Determinanti dell’elasticità della domanda al reddito:


“Grado di necessità” di un bene:
- ε m > 0 → bene normale La domanda cresce al crescere del reddito. Alcuni beni hanno elasticità
maggiore di altri (beni di lusso hanno elasticità della domanda al reddito superiore ai beni di prima
necessità)
- ε m < 0 → bene inferiore La domanda diminuisce al crescere del reddito: il bene viene sostituito da
altri beni

19
Elasticità incrociata della domanda → è la variazione percentuale della domanda di un bene per una
variazione percentuale unitaria del prezzo di un altro bene. Misura la sensibilità della domanda a variazioni del
prezzo di un altro bene (sostituto o complemento).

L’elasticità incrociata della domanda di un bene (bene 1) rispetto al prezzo di un


altro bene (bene 2) è data dal rapporto tra la variazione percentuale della quantità domandata del bene 1 e la
variazione percentuale del prezzo del bene 2.

Determinanti dell’elasticità incrociata della domanda:


“Grado di sostituibilità/complementarietà” di un bene:
- ε1,2 < 0 → beni complementari La domanda della carne A diminuisce al crescere del prezzo del pane
B (l’elasticità sarà tanto più negativa quanto più i due beni sono complementari)
- ε1,2 > 0 → beni sostituti La domanda di carne A aumenta al crescere del prezzo della carne B
(l’elasticità sarà tanto più positiva quanto più i due beni sono sostituti)

5. I mercati e l’aggiustamento nel tempo


Come rispondono i mercati a variazioni della domanda e dell’offerta?
L’aggiustamento completo di prezzo, domanda e offerta a situazione di disequilibrio non è istantaneo. Bisogna
analizzare:
1) Sentiero di aggiustamento dell’offerta per variazioni della domanda
2) Sentiero di aggiustamento della domanda per variazioni dell’offerta
Ricordandosi la differenza tra aggiustamento di breve e lungo periodo. Quanto più esteso è il periodo di tempo
considerato, tanto maggiore è la reazione in termini di quantità (maggiore elasticità di domanda e offerta).

Aspettative sui prezzi e speculazione


La variabilità dei prezzi influenza comportamento di acquirenti e venditori: aspettativa31. Questo
comportamento prende il nome di speculazione.
Consiste nel basare le decisioni di compravendita sulle aspettative relative al futuro andamento dei prezzi, con
l’obiettivo di massimizzare il proprio guadagno.
• si basa sull’andamento corrente dei prezzi

31Di aumento dei prezzi induce a comprare subito; di diminuzione dei prezzi induce a posticipare acquisti. Per i
venditori accade il contrario.

20
• tende ad autoavverarsi: gli speculatori tendono a realizzare l’effetto sui prezzi che essi stessi hanno previsto32
• può essere stabilizzante (acquirenti/venditori sono convinti che la variazione di prezzo sia solo temporanea) o
destabilizzante (acquirenti/venditori convinti che la variazione di prezzo sarà seguita da altre variazioni dello
stesso segno)

(1) Stabilizzante: agricoltori. Mettendo tutto il raccolto sul mercato il prezzo crollerebbe, per rialzarsi
quando non ne rimane più nei magazzini. Agricoltori allora mantengono parte del raccolto in
magazzino. I prezzi così subito dopo il raccolto non crollano così tanto, e viene reimmesso quando i
prezzi iniziano a salire (prima del nuovo raccolto)
(2) Destabilizzante: mercato delle abitazioni. Se dopo periodo di prezzi stabili questi iniziano a salire, ci si
aspetta che continueranno ad aumentare e acquirenti cercheranno di comprare il prima possibile >
aumento della domanda causa aumento ancora più elevato dei prezzi.

Vendite allo scoperto


Tipologia di speculazione. Alcuni individui cercano di trarre vantaggio da diminuzione attesa dei prezzi azionari
o dei tassi di cambio vendendo azioni/valuta. Ovvero
1. investitore chiede a operatore di borsa di prendere in prestito l’azione previo pagamento e restituirla per
una certa data
2. investitori vendono a terzi l’azione al prezzo corrente, rimanendo “allo scoperto”
3. investitore ricompra azione quando prezzi diminuiscono, per poi tornarla all’operatore di borsa (ci ha
guadagnato la differenza tra i prezzi)

Convivere con incertezza e rischio


Acquistare azioni = scommessa – impossibile prevedere loro variazione di prezzo.
Scommessa può essere:
a) Rischio: si conoscono le probabilità oggettive del verificarsi degli esiti sperati (come nel lancio di una
moneta). E’ una misura della variabiltà di un risultato (es se scommetto 1€ la variabilità dell’esito
monetario è -1 o +1)
b) Incertezza: non sono note le probabilità del verificarsi dell’esito sperato (come acquisto di azioni in
borsa)
→ politica delle scorte (agricoltori)
→ mercati a termine (il prezzo per la consegna futura del bene viene prestabilito e non muterà
indipendentemente dal prezzo a pronti – quello che prevale sul mercato. Potrebbe esserci anche una perdita del
venditore)
→ assicurazioni: forma di protezione al rischio. L’impresa di assicurazione, accomunando i rischi, più persone
ha più ha probabilità di prevedere con certezza risultato complessivo (legge dei grandi numeri). I rischi devono
essere indipendenti

32Es. Speculatori convinti che prezzo di azioni sta per aumentare, ne comprano di più facendone aumentare il
prezzo.

21
6. Mercati con prezzi controllati
Cosa succede se lo Stato fissa i prezzi?
Lo Stato può ritenere che il prezzo di equilibrio non sia desiderabile e decidere di fissare:
- un prezzo minimo al di sopra del livello di equilibrio – ci sarà eccesso di offerta e il prezzo non potrà scendere
per eliminare tale eccesso:
• per proteggere i redditi di alcune particolari categorie (produttori, lavoratori ecc.)
• per creare dei surplus per affrontare eventuali situazioni di scarsità in futuro
• problema è che le imprese con surplus potrebbero eludere il controllo sul prezzo riducendolo al di sotto
di quello fissato
• problema è che prezzi elevati possono generare inefficienza (profitti delle imprese assicurati dai prezzi
elevati, quindi queste non investono in mezzi di produzione che permettano di ridurre costi)
• problema è che imprese possono essere scoraggiate dal produrre beni sostituti che possono essere
prodotti in modo più efficiente e con maggiore domanda, ma con prezzo inferiore
- un prezzo massimo al di sotto del livello di equilibrio – ci sarà eccesso di domanda, e il prezzo non potrà
aumentare per eliminare tale scarsità di offerta
• per motivi di equità ed evitare che il prezzo aumenti oltre un certo livello, soprattutto in periodi di
guerra
• problema è che si può creare allocazione in base a “chi prima arriva, meglio alloggia”, che può creare
liste di attesa
• problema è che incoraggia mercato nero
• problema è che alcune imprese possono favorire alcuni clienti rispetto ad altri

Lezione 5 – Produzione, costi, ricavi e


profitti
1. I costi di breve periodo
Il minimo costo che bisogna sostenere per produrre un certo livello di output dipende dalla quantità di input
usati e dal prezzo che l’impresa deve pagare per acquistarli. Nel caso di due soli fattori produttivi, capitale (K) e
lavoro (L) i cui prezzi sono rispettivamente r e w, il costo totale di produzione sarà:
CT = wL + rK
Fattori di produzione33:

33 Impresa agricola: quantità di terra per produzione agricola viene scelta all’inizio di ogni ciclo produttivo
(input fisso). Una volta stabilita diventa fissa per quel ciclo produttivo. Il numero di manodopera è variabile.

22
❖ Fissi: input (ciò che si utilizza in processo produttivo) la cui quantità non può essere variata nel periodo
di tempo considerato
❖ Variabili: input la cui quantità può essere variata nel periodo di tempo considerato in base ad esigente

Breve periodo: lasso di tempo tale per cui almeno uno dei fattori di produzione è fisso.
✓ Agricoltura: un anno
✓ Trasporto navale: tre anni (quando si compra una nave a quando nave diventa operativo)
✓ La durata in definitiva dipende dal settore e a volte anche dalle caratteristiche della singola impresa
Lungo periodo: lasso di tempo sufficientemente lungo perché tutti gli input possano essere variati.

La funzione di produzione
Relazione tecnica che lega quantità di input utilizzate alla quantità massima di output ottenibile.
q = q(x1, x1, …, xx)
q è la quantità di output, numero di pezzi prodotti
x è la quantità di input (materie prime, numero di lavoratori, ore di lavoro…) Alcuni sono fissi, altri variabili.
Per comodità prendiamo in considerazione solo:
1) Capitale – macchinari, apparecchiature (fisso)
2) Lavoro (variabile)
Se L è l’unico fattore variabile, allora la funzione di produzione è:

Esprime il livello di q in base all’ammontare di lavoratori. I punti su


di essa indicano combinazioni produttive tecnicamente efficienti34. La
curva:
▪ Cambia pendenza in ogni punto
▪ Cambia forma in ogni punto
▪ E’ una funzione positiva (più input, più output)

Una rappresentazione con un solo fattore variabile è riduttiva, ma


permette di spiegare due concetti.

1. Produttività media: quantità media prodotta dal singolo lavoratore. Calcolata con rapporto tra output e
input utilizzata per ottenerlo:
PMEL = q(L)/L

È esprimibile come pendenza del segmento OA che ha funzione q0 = aL0, dove a è coefficiente
angolare ed è anche produttività media. Il suo andamento dipende dalla curva di produttività marginale.
Nel suo tratto crescente la PME è sempre inferiore della PMG. Le due curve si intersecano nel punto
massimo di PMEL. Nel suo tratto decrescente la PME sta sopra alla PMG. La produttività media rimane
invariata quando è uguale alla produttività marginale.

34Con L0 si potrebbe ottenere non solo q0, ma anche q1 e q2. Questi però non sfrutterebbero appieno i fattori
produttivi.

23
2. Produttività marginale: incremento di output che si ottiene variando di un’unità la quantità utilizzata
dell’input. È rapporto tra le variazioni tra output e input:
PMGL = Δq(L)/ΔL

È esprimibile come la pendenza della tangente nel punto della funzione di produzione in cui viene
calcolata. I triangoli rappresentano in orizzontale un aumento unitario di lavoro, in verticale il relativo
aumento di produzione. Nel punto A l’aumento è minimo, nel punto B è più consistente.
La curva di produttività marginale
 prima cresce leggermente (nel tratto in cui la corrispondente funzione di produzione è convessa):
aumento input implica aumento più che proporzionale di output
 poi decresce (nel tratto in cui la funzione di produzione diventa concava) fino a diventare negativa.
Questo a causa della legge della produttività marginale decrescente (leggi sotto).
Quando PMG > PME, con aumento unitario di input il PMG aumenta e anche PME aumenta.
Quando PMG < PME, con aumento unitario di input il PMG aumenta ma PME diminuisce.
Per questo motivo quando le due curve si intersecano nel punto B, la curva di produttività media
cambia segno e decresce.

La legge della produttività marginale decrescente


Legge alla quale è soggetta la produzione nel breve periodo.
Se si combinano quantità crescenti di un fattore variabile con quantità date di un fattore fisso, ad un certo punto
ogni unità aggiuntiva del fattore variabile produrrà un minore output aggiuntivo della unità precedente. 35

La funzione di produzione nel lungo periodo


Diversamente da sopra, dove un fattore era fisso e uno variabile, qua entrambi i fattori sono variabili.
Q = q(K, L)
Va introdotto un nuovo concetto, quello di isoquanto.
Isoquanto: insieme di combinazioni di input che permettono di ottenere la stessa
quantità di output.
Stabilita una produzione q0, la curva di livello isoquanto permette di trovare tutte
le combinazioni di capitale e lavoro che permettono di ottenerla. La scelta della
combinazione dipende dal costo dei fattori produttivi ma anche dalla loro
produttività marginale.
▪ Sono curve decrescenti (perché per avere stessa produzione diminuendo
in input bisogna per forza aumentare l’altro)
▪ Non si intersecano tra loro (altrimenti la stessa combinazione di lavoro e capitale potrebbe generare
due output diversi)
▪ Sono curve convesse (legge delle produttività marginali decrescenti). Se input è scarso (L0), rinunciarci
sarà molto costoso e quindi ci vorrà quantità molto maggiore dell’altro input per compensare
▪ Esistono mappe di isoquanti, dove isoquanti più lontani da origine indicano maggiore produzione totale

35 Azienda agricola. Terra come fattore fisso, lavoratori fattore variabile. Inizialmente se aumentano lavoratori
aumenta produzione perché si riesce a lavorare più terra. Ma quando i lavoratori sono troppi e la terra non
riesce a produrre quantità indefinitamente crescenti di terra, l’incremento di output imputabile a ogni
lavoratore aggiuntivo inizierà a diminuire.

24
Il saggio (tecnico) marginale di sostituzione
Per quantificare la relazione tra variazione di fattore produttivo e produttività è definirlo tramite il saggio
marginale di sostituzione tecnico. Dice quanto deve variare il capitale (K) se c’è variazione unitaria di (L) al fine
di mantenere la produzione (q) invariata. Ci si muove sempre sullo stesso isoquanto. È pari, in valore assoluto,
al rapporto tra le produttività marginali dei due input.
STS = dK/dL|q=qo = PMGL/PMGK

I costi di produzione
Dipendono da:
1) Produttività dei fattori (se poco produttivo bisogna usarne di più > maggiore costo)
2) Prezzo dei fattori (se fattore costoso, il suo impiego incide di più sul costo di produzione)

Se i mercati sono in concorrenza perfetta (prezzi dei fattori sono dati) e, se data la funzione di produzione
scegliamo la quantità utilizzata dei fattori di produzione in modo da minimizzare i costi, avremo che il costo
dipende solo dall’output (è in base alla produzione alla quale aspiro che devo decidere il quantitativo di fattori
da usare come input):
CT = CT (q)
Il costo totale di produzione è dato da somma dei costi fissi 36 (di input fissi,
indipendenti da quantità), rappresentato da retta orizzontale, e dei costi
variabili37 (varia con output), rappresentata con curva che passa per l’origine. Il
suo andamento variabile è influenzato da legge dei rendimenti decrescenti. La
curva di costo totale è data da una semplice traslazione verticale della curva di
costo variabile (somma di CF e CV).
La forma di CV e CT è dovuta alla legge della produttività marginale
decrescente: quando vengono utilizzate poche unità del fattore variabile, il costo
aumenta meno che proporzionalmente rispetto alla quantità utilizzata del fattore (e un incremento di fattore
provoca un elevato aumento di produzione). Superato però un certo punto M le nuove unità di fattore producono
sempre meno output, il quale avrà un costo variabile crescente in modo più che proporzionale rispetto alla
quantità impiegata del fattore variabile.

Costo medio (CME)


Costo per unità di produzione. Può essere diviso in due componenti: fissa e variabile. In altre parole, è la somma
tra il costo fisso medio (CFME = CF/q) e il costo variabile medio (CVME = CV/q).
CME = CT/q
CME = CFME + CVME
Costo marginale
È la variazione di costo dovuta a un incremento unitario di produzione. Per definizione, tutti i costi marginali
sono variabili perché i costi fissi non variano al variare della produzione
CMG = ΔCT/ Δq

36 Es. Rendita della terra (da pagare alle famiglie)


37 Es. Materie prime, perché più si produce più ne servono, e più sarà il costo ad esse relativo.

25
2. I costi di lungo periodo
Il costo totale nel caso di due input variabili (L e K) è pari a:
CT = wL + rK
Dove w è il costo unitario del fattore lavoro (salario) e r è il costo unitario del capitale.
Se fissiamo il livello di costo (budget, oppure vincolo di bilancio) CT0 è possibile rappresentare il costo totale
nel piano (L, K) tramite la retta di isocosto.
CT – wL = rK —— CT/r – w/r L = K
L’isocosto è una retta i cui punti rappresentano le combinazioni dei due input che
comportano lo stesso livello di costo totale di produzione per l’impresa. Più la retta è
vicina all’origine, minori sono i costi di produzione, e viceversa.
❖ CT/r = massima quantità di capitale in grado di comprare no budget;
intercetta in asse verticale
❖ CT/w = massima quantità di lavoro in grado di comprare con budget
intercetta in asse orizzontale
❖ - w/r = rapporto tra i prezzi; inclinazione (coefficiente angolare) negativa

Allo stesso tempo definisce l’insieme di combinazioni di K e L che danno


origine ad un 𝐶𝑇<𝐶𝑇↓0 (= ammissibili entro un certo budget evidenziate
dall’area blu). Esistono mappe degli isocosti.

La combinazione ottima degli input


Prima si fissa un livello di produzione q*, successivamente si sceglie la
combinazione di fattori che permette di minimizzare costi di produzione. La combinazione (L*, K*) ottima
corrisponde al punto di tangenza tra isocosto e isoquanto. Nel punto di tangenza le
pendenze dell’isoquanto e dell’isocosto sono uguali:
STS = - w/r
✓ Riducendo sia K che L (isocosto giallo) potremmo spendere di meno ma non
riusciremmo a raggiungere il livello di produzione q*.
✓ Lo stesso livello di produzione lo potremmo raggiungere utilizzando più L e
meno K (E’) o viceversa (E’’) ma con un aumento di spesa (isocosto rosso).

Nel punto di scelta ottima, si ha che il saggio marginale


di sostituzione è uguale al rapporto tra i prezzi. Il criterio di scelta della
combinazione ottima degli input è dato dall’uguaglianza delle produttività
marginali ponderate.
La seconda formula 38 indica che l’impresa che parte da una combinazione iniziale
di disequilibrio può cambiare la tecnica produttiva sostituendo i fattori fino a
raggiungere l’equilibrio.
▪ PMGL quanto mi produce un’unità di lavoro in più / quanto mi costa
▪ PMGK quanto mi produce un’unità di capitale in più / quanto mi costa

I rendimenti di scala
Nel lungo periodo tutti gli input sono variabili.
Ma che succede alla produzione se decido di raddoppiare tutti gli input? La quantità può…
a) Raddoppiare
b) Crescere più del doppio (crescita più che proporzionale)
c) Crescere, ma meno del doppio (crescita meno che proporzionale)

38 Immaginate che il costo del lavoro sia 𝑤=4 mentre il costo del capitale sia 𝑟=6
L’impresa si trova ad avere una 𝑃𝑀𝐺↓𝐿 =40 e una 𝑃𝑀𝐺↓𝐾 =30 È evidente che 40/4 >30/6.
Per l’impresa, una unità di lavoro costa 4 e rende 40, una di capitale costa 6 e rende 30 – sta usando troppo
capitale e troppo poco lavoro.
L’impresa, per ottenere un risparmio sui costi, può decidere di produrre la stessa quantità utilizzando più
lavoro (per via delle produttività marginali decrescenti) e meno capitale.

26
Se ipotizziamo di variare nella stessa proporzione tutti gli input
• Nel caso a) abbiamo rendimenti costanti di scala39: un aumento percentuale degli input produce lo stesso
incremento percentuale di output
• Nel caso b) abbiamo rendimenti crescenti di scala: un aumento percentuale degli input produce un incremento
più che proporzionale dell’output
• Nel caso c) abbiamo rendimenti decrescenti di scala: un aumento percentuale degli input produce un aumento
meno che proporzionale dell’output

Economie di scala40
Un’impresa gode di economie di scala se i costi medi di produzione diminuiscono all’aumentare dell’output
prodotto. Questo connette le economie di scala e il concetto introdotto prima di rendimenti crescenti. Però
abbiamo anche visto che i rendimenti sono crescenti solo in un tratto relativamente piccolo della curva.

Quindi cosa giustifica la presenza di economie di scala?


Motivazioni non tecnologiche
1. Specializzazione e divisione del lavoro - distretti industriali41 che si creano per disponibilità di materie prime
o perché si creano economie di scala legate ad esempio a lavoratori qualificati
2. Indivisibilità – macchina per taglio oblò nelle carene di aeromobili (macchinari molto specializzati prodotti
solo da un’azienda molto grande)
3. «Principio del contenitore» - i costi dipendono dalla superficie, la produttività dal volume. La produttività
marginale è slegata da quanto input utilizzate (superficie) ma come (altezza > volume)
4. Maggiore efficienza dei macchinari grandi – un lavoratore per azionare la macchina, indipendentemente
dalla produzione
5. Prodotti congiunti – stesso prodotto venduto con marchi (perché riesce ad ammortizzare meglio costo
dell’impianto)
6. Produzione a stadi successivi – integrazione della catena (se diversi pezzi della catena possono essere
prodotti nella stessa impresa c’è convenienza —- concetto messo in dubito da globalizzazione)
7. Economie di organizzazione – fusioni e «razionalizzazioni»
8. Costi comuni – pubblicità (costo fisso perché indipendente da produzione totale)
9. Economie finanziarie – costo del credito (azienda molto grande ottiene più facilmente accesso a
finanziamenti e con costi minori)
10. Economie di varietà – accesso ai canali distributivi (i diversi prodotti vengono diffusi con diversi canali
distributivi: supermercati, internet…)
Da 3 a 6 economie di scala a livello di impianto.
Da 7 a 10 economie di scala a livello di impresa.

Diseconomie di scala
In un’impresa si manifestano diseconomie di scala quando il costo medio di produzione aumenta all’aumentare
dell’output prodotto. Questo avviene perché un’impresa di enormi dimensioni ha:
• Problemi gestionali e di coordinamento
• Peggioramento delle relazioni industriali (complessità di gestire un gruppo dal POV manageriale)
• I lavoratori possono sentirsi alienati (diminuisce la sua produttività)

Economie e diseconomie esterne di scala (questione marginale)


Sono esterne all’impresa, riguardano i settori. Costituiscono aumenti o diminuzioni del costo medio di
produzione dovuti alla dimensione del settore in cui opera l’impresa.

Curve di costo nel lungo periodo


Dato che nel lungo periodo non ci sono fattori fissi, non ci sono neppure costi fissi di lungo periodo. Nel lungo
periodo tutti i costi sono variabili (perché i fattori stessi lo sono).

39 Tutti gli input aumentano nella stessa proporzione.


40 Scala = quantità prodotta.
41 Area geografica in cui sono concentrate tutte le industrie che producono uno stesso bene (Prato per

produzione tessile, Vicenza per oreficerie, Milano per prodotti farmaceutici e cosmetici).

27
Generalmente si ipotizza che la curva di costo medio di lungo periodo (curva CMELP) abbia una forma a U:
• Per piccoli livelli di quantità ci sono vantaggi nel lungo periodo (economie di scala). Fino al livello di
produzione q1 conviene aumentare produzione perché diminuiscono costi
• Quando le economie di scala sono state sfruttate i costi medi rimarranno costanti
• Infine, quando il livello di produzione va oltre q2 cominceranno a manifestarsi le diseconomie di scala: con
aumento di produzione aumenta anche costo medio

Le ipotesi alla base della costruzione della curva


• I prezzi dei fattori sono dati: un aumento dei prezzi fa spostare in alto
la curva, una diminuzione produce l’effetto contrario
• Lo stato della tecnologia e la qualità dei fattori sono dati: la tecnologia
esistente vie sfruttata al meglio, una nuova tecnologia potrebbe
migliorare la produttività di uno o più fattori produttivi, riducendo il
costo (spostamento della curva verso il basso)
• L’impresa sceglie, dato il livello di output, la combinazione di input
che minimizza il costo: più in generale significa solo che le imprese sono
efficienti

La relazione tra le curve di costo medio di breve e di lungo periodo


Nel lungo periodo un’impresa può considerare di variare il fattore il cui ammontare è
fisso nel breve periodo e ottenere così per ogni livello di tale fattore la corrispondente
curva di costo medio di breve periodo.
Dove le curve di costo medio di breve periodo si incrociano per le imprese non conviene
aumentare L (cala la sua produttività) ma K (ci si sposta su un’altra curva per mantenere
prezzi bassi). Questo continuo spostamento va a creare la curva di costo medio di lungo
periodo.

Scala minima efficiente di produzione


Livello di produzione minimo che consente di minimizzare il costo medio. Sotto questo livello, aumenti della
produzione ottenuti anche tramite investimenti in capitale non aiuteranno ad abbassare i costi medi, che
rimarranno comunque superiori a quelli delle altre imprese.
Le scale efficienti minime:
- Variano da settore a settore
- Possono costituire una barriera all’ingresso: se io impresa piccola voglio entrare in un certo settore sono
“bloccato” perché usando scala piccola ho costi troppo elevati rispetto a quelli accettati nel settore

Ulteriore ripartizione temporale


1) Brevissimo periodo: tutti fattori fissi, offerta è retta verticale
2) Breve periodo: almeno un fattore di produzione è fisso
3) Lungo periodo: tutti fattori variabili, ma la loro produttività è data (tecnologia costante)
4) Lunghissimo periodo: tutti fattori variabili e produttività può essere migliorata
❖ Investimenti in ricerca e sviluppo
❖ Formazione dei lavoratori
❖ Informatizzazione
❖ Artificial intelligence

3. Ricavo
Come variano i ricavi al variare delle vendite?
Ricavo totale: RT = p ⋅ q (prezzo x quantità)
Ricavo medio: RME = RT/q (ovvero il prezzo) – ammontare che ottiene per un’unità venduta

28
Ricavo marginale: RMG = ΔRT/Δq – aumento ricavi totali a seguito di aumento unitario della produzione.
Non è sempre positivo

Per analizzare l’andamento del ricavo totale, medio e marginale rispetto all’output è necessario distinguere le
condizioni del mercato in cui opera l’impresa:
1) Impresa non in grado di influire sul prezzo (mercato di concorrenza)
La curva di domanda dell’impresa è una curva orizzontale
• Ricavo medio è costante e pari al prezzo (vende l’output che è in grado di produrre al prezzo di mercato)
• Ricavo marginale è anch’esso costante e pari al prezzo di mercato
• Ricavo totale si può rappresentare con una linea retta passante per l’origine e con pendenza pari al prezzo
2) Impresa in grado di influire sul prezzo
L’impresa che ha quota di mercato grande fronteggia una curva di domanda decrescente (legge dell’utilità
decrescente). Di conseguenza
- Se vuole aumentare le quantità, dovrà diminuire il prezzo
per catturare un maggior numero di acquirenti
- Se vuole ottenere un prezzo più alto dovrà accettare una
riduzione delle vendite
• Ricavo medio coincide con il prezzo (la curva di domanda).
Nel caso in cui si vogliano incrementare le vendite (diminuendo i
prezzi) anche il ricavo medio diminuirà. Nel caso di un’impresa
price-taker (che non decide il prezzo di mercato), la curva di
domanda e la curva RME coincidono:
RME = RT/q = p
• Ricavo marginale dipende dall’elasticità della domanda al
reddito.
• Ricavo totale è una curva prima crescente (finché RMG>0, quindi la domanda è elastica rispetto al prezzo)
e poi decrescente (quando RMG<0, quindi la domanda è anelastica rispetto al prezzo). Il punto massimo
della curva RT è in RMG = 0 (elasticità della domanda in valore assoluto è 1).

4. Massimizzazione del profitto


Il profitto è dato dalla differenza tra il ricavo totale e il
costo totale di produzione
π = RT - CT
Per massimizzare il profitto
• Usiamo le curve di costo e ricavo totale
• Usiamo le curve di costo e ricavo medio e marginale

Fase 1: usare curve marginali per determinare output che


massimizza il profitto.
Quando il profitto è massimo, RMG è uguale a CMG. Infatti:
o Se RMG eccedesse CMG, la produzione di ulteriori unità contribuirebbe più all’aumento dei ricavi che
non a quello dei costi (profitto totale aumenta > profitto si aumenta aumentando la produzione)
o Se CMG eccedesse RMG, ogni unità aggiuntiva farebbe aumentare più i costi che non i ricavi (profitto
diminuisce > profitto si aumenta diminuendo la produzione)

Fase 2: usare le curve medie per misurare l’ammontare del profitto.


Stabilito l’output che massimizza il profitto, si usano curve medie per ammontare del profitto massimo.
1) Si calcola profitto medio dato da RME - CME
2) In corrispondenza dell’output che ottimizza il profitto, si ottiene un valore del profitto medio
3) Si moltiplica il profitto medio ottenuto per l’output
Π = (p – CME) q

La curva di profitto si muove come la curva RT: è prima crescente e poi decrescente, perché:

29
1. Dopo un certo punto i ricavi marginali sono decrescenti (elasticità della domanda – crescendo q la
domanda diventa anelastica e l’impresa è costretta ad abbassare prezzi in modo più che proporzionali
per continuare a vendere)
2. Dopo un certo punto i costi marginali sono crescenti (produttività marginale decrescente)

C’è però un punto dove distanza tra curva CT e RT è massimo,


ed è lì che si massimizzano i profitti (compito dell’impresa
produrre proprio quella quantità)..
Quando ricavo marginale è rispetto a costo marginale, allora
mi conviene produrre unità in più. Quando invece accade il
contrario, non conviene più aumentare produzione (unità
aggiuntiva che produco e che vado a vendere fa aumentare i
costi più di quanto faccia aumentare i ricavi).
Livello ottimo: ricavo marginale = costo marginale. Nel caso
in cui non ci sia alcuni livello di output che consenta
all’impresa di ottenere profitti positivi, il livello ottimo è
quello che minimizza la perdita. Il ragionamento vale sia per lungo che per breve periodo.

CMG ha punto di tangenza con CME, che corrisponde


al minimo di costo medio.

Q* è livello tale per cui RMG = CMG. Il prezzo verrà


“scelto” in base alla willingness to pay dei consumatori
(curva di domanda – una certa quantità di produzione
verrà assorbita dai consumatori solo ad un certo
prezzo).

Il profitto normale
Il costo-opportunità di gestire l’impresa (potresti fare un altro lavoro che magari ti potrebbe rendere di più)
rappresenta un costo e come tale è incluso nei costi di produzione
• è detto profitto normale
• è pari a: tasso di profitto normale (%) = tasso di interesse privo di rischio + premio per il rischio (ovvero:
rendimento minimo che egli deve ottenere dal capitale investito nell’impresa affinché non decida di chiudere per
aprire un’altra attività)
Il profitto che si vuole massimizzare (quello presente nei grafici) è l’eccedenza sul profitto normale ed è detto
extra-profitto.

Produrre o non produrre?


1) Breve periodo: dato che i costi fissi vengono sostenuti anche se l’impresa non produce affatto,
l’impresa produrrà a patto che riesca a coprire almeno i costi variabili
2) Lungo periodo: dato che tutti i costi sono variabili, se l’impresa non riesce a coprire i costi medi di
lungo periodo (incluso profitto normale) l’azienda chiuderà. Il punto di chiusura si trova nel punto di
tangenza tra RME e CMELP.

Lezione 6 – Le forme di mercato


1. Il grado di concorrenza
Quanta concorrenza deve affrontare un’impresa?

30
Le forme di mercato sono distinte in base ai seguenti parametri:
• Grado di libertà con cui nuove imprese possono entrare nell’industria (entrata libera, presenza di
barriere naturali o artificiali)
• Natura del prodotto (prodotti omogenei o differenziati, ruolo della pubblicità)
• Grado di controllo sul prezzo da parte delle imprese (capacità di influenzare il mercato - elasticità
della domanda individuale)

Forma di Numero di Barriere Natura del Esempi Implicazioni


mercato imprese all’entrata prodotto per la curva di
domanda
dell’impresa
Concorrenza Potenzialmente Assenti Beni omogenei Cavoli, carote Orizzontale;
perfetta infinito impresa e
price-taker
Concorrenza Molte Quasi assenti Beni Idraulici, Decrescente ma
monopolistica differenziati ristoranti, coca- relativamente
(comprare da A cola VS pepsi elastica.
a B fa Impresa ha
differenza: beni basso grado di
imperfetti controllo sul
sostituti) prezzo
Oligopolio Poche Significative Beni Cemento, Decrescente,
differenziati o automobili, ma dipendente
omogenei apparecchiature da prezzi
elettriche praticati dai
rivali
Monopolio Una Significative o Unico Fornitori locali Decrescente,
forti di public più anelastica
utilities che in
oligopolio.
Impresa ha
notevole grado
di controllo sul
prezzo

Se oligopolista:
✓ Si mette d’accordo con gli altri, si viene a creare monopolio
✓ Decide di essere concorrente, cercherà di accattivarsi clienti (più sono i concorrenti, minore la possibilità
di influenzare i prezzi)

In realtà il flusso potrebbe essere anche


al contrario: azienda ha performance
particolarmente buona, si rende conto
che ha posizione privilegiata rispetto ai
concorrenti e mette in atto condotta per
svantaggiare i concorrenti – crea
barriere all’ingresso e si va a posizionare
in oligopolio/monopolio.
Quindi spesso sono le imprese con la
loro condotta a determinare la forma di
mercato.

2. La concorrenza perfetta
Le ipotesi fondamentali sono quattro:
1. Numero molto elevato di imprese – la singola impresa è ininfluente a livello di mercato

31
2. Prodotto è omogeneo – prodotti di imprese diverse sono perfetti sostituti (consumatore indifferente tra
prodotto di impresa A e di impresa B)
3. Perfetta informazione – tutti hanno immediatamente a disposizione tutte le informazioni rilevanti su prodotti,
venditori, prezzi (le imprese e i loro clienti sono price-takers)
4. Completa libertà di entrata e uscita perché ci sono moltissime imprese in concorrenza perfetta
Equilibrio di breve periodo
Il prezzo è determinato da incrocio tra domanda e offerta:
▪ Domanda (aggregata): somma delle domande individuali, relazione negativa
tra Q e p che deriva dalla massimizzazione dell’utilità (ad un determinato livello
di prezzo solo alcuni possono permettersi un bene, mentre se prezzo scende se
lo possono permettere di più 42)
▪ Offerta (aggregata): somma delle offerte delle singole imprese, relazione
positiva tra Q e p che deriva dalla struttura dei costi
Il prezzo di equilibrio dell’industria, pe, si determina in corrispondenza
dell’intersezione tra la domanda e l’offerta di mercato: consumatori sono disposti ad
acquistare quantità QE che è anche la quantità che i produttori sono disposti a vendere
sempre a quel prezzo. Infatti:
✓ Per prezzo maggiore di PE c’è eccesso di offerta
✓ Per prezzo minore di PE c’è eccesso di domanda

La logica di profitto
I profitti sono dati dalla differenza tra gli incassi di vendita (pQ) e i costi di produzione [C(Q)]
Π=pQ-C(Q)43
Ogni impresa vuole massimizzare i profitti:
ΔΠ/ΔQ=0
I profitti sono massimi quando il costo dell’ultima unità venduta è uguale al ricavo
generato da quell’unità (ricavo marginale ovvero prezzo è uguale al costo marginale):
p=C’
Produrre l’unità successiva non sarebbe conveniente per l’impresa.

Il prezzo nel breve periodo


L’impresa è price-taker in concorrenza perfetta(p=RMG). Per cui per ogni livello di prezzo,
seguendo la logica di massimizzazione dei profitti, sceglie la quantità ottimale.
• La sua curva di domanda è orizzontale in corrispondenza di pe (a quel prezzo può vendere
quanto vuole)
• La condizione di massimo profitto è data da p=CMG tale per cui CMG > CME
• In corrispondenza dell’equilibrio l’impresa consegue un extraprofitto (area tratteggiata)
• Nel breve periodo il numero delle imprese è dato (se la domanda totale è 1000 e ogni
impresa produce 10, ci saranno al massimo 100 imprese)

Nel breve periodo la curva di offerta dell’impresa coincide con il


tratto crescente della curva di costo marginale (nella parte in cui
questo è superiore alla curva di costo variabile medio)
Altrimenti avremmo CMG=p<CME e Π<0

Il prezzo nel lungo periodo


Inizialmente ci sono N1 imprese nel settore, ognuna produce q1 e tutte insieme producono Q1 (breve periodo). Q1
viene venduta al prezzo p1.
I profitti (area blu) attirano altre imprese (non ci sono barriere in una situazione di concorrenza). Dato che queste
nuove imprese iniziano a produrre la quantità “ottima”, l’offerta aumenta, il prezzo di abbassa a p2. La quantità
complessiva prodotta aumenta (Q2) ma quella individuale diminuisce (q2) e di conseguenza diminuiscono i profitti

42 Nella domanda del singolo l’inclinazione negativa era dovuta all’utilità marginale decrescente del prodotto.
43 P(Q) ricavi totali; C(Q) costi totali.

32
che però sono ancora positivi (area arancione). Questo
attira altre imprese fino a E(p3,Q3). S3 è lo
spostamento massimo dell’offerta (p = CMG = CME
> profitto 0), altrimenti ogni nuova impresa
entrerebbe con profitti negativi. Di conseguenza se
entra un’impresa un’altra deve uscire, per non avere
profitti negativi. In modo tale da “guadagnarsi” il
posto, alcune imprese utilizzano la tecnica del
“dumping” (entrare in nuovo mercato con prezzi
minori rispetto prezzo di mercato).
La presenza di extraprofitti incoraggia nuove imprese a entrare nell’industria.
Si determina uno spostamento della curva di offerta
dell’industria che provoca una diminuzione del prezzo
fino a che le imprese otterranno solo profitti normali.
Prezzo = CM è il prezzo di equilibrio nel lungo equilibrio.

Vantaggi della concorrenza perfetta


L’ingresso di nuove imprese
fa abbassare i prezzi fino ad
arrivare ai minimi possibili - allo stesso tempo la quantità aumenta. L’utilità per il
consumatore è quindi alta (viene prodotta quantità max di offerta e venduta alla
quantità min di prezzo). Il surplus (soddisfazione/utilità) per il consumatore è dato
dall’area sottesa alla curva di domanda fino alla linea del prezzo e dipende dalla
differenza tra il prezzo che paga per acquistare la quantità di equilibrio e il prezzo
che sarebbe disposto a pagare per acquistare ogni quantità inferiore.

Perché allora la concorrenza perfetta è così rara?


1) Le imprese che hanno le performance migliore mettono in atto condotte per
modificare struttura di mercato (e cercano di evitare concorrenza > non si
segue consequenzialità della freccia)
2) In molti settori ci sono le economie di scala. La concorrenza fa produrre al
minimo di costo medio (scala di dimensioni piccole), ma in alcuni settori
(come aeromobili) la scala non è affatto piccola perché sono
strutturalmente importanti e pertanto in quei settori la concorrenza è più
difficili. Infatti una delle strategie più comuni per evitare concorrenza è
creare economie di scala tramite investimenti (in ricerca e sviluppo)
D’altra parte, se in un mercato concorrenziale una delle imprese si espande allora
riuscirà a produrre ad un minor costo scacciando le altre dal mercato (con pubblicità, compatibilità, brevetti).

3. Monopolio
Nell’industria opera una sola impresa. I confini di industria possono essere arbitrari (diverse ampiezze):
• Es 1: monopolio (naturale) nel settore della fornitura di gas, ma non di energia in generale
• Es 2: monopolio nel settore delle auto a diesel ma non delle auto (elettriche)
• Es 3: monopolio nel settore dei ciclomotori di piccola cilindrata, ma non dei regali per gli adolescenti
In generale quello che conta è il potere monopolistico di mercato di un’impresa, che dipende da quanto quel
prodotto è sostituibile con altri prodotti simili o completamente diversi.
Affinché un’impresa mantenga la propria posizione di monopolista ci devono essere barriere all’entrata
sufficientemente elevate:
❖ Economie di scala (monopolio naturale)
❖ Economie di rete: acquirenti traggono beneficio tanto maggiore quanto più ampia è la rete di utenti o
infrastrutture a cui possono partecipare (rete telefonica, autostradale, bibliotecaria)
❖ Economie di varietà: impresa che crea vasta gamma di prodotti ha CME inferiore
❖ Differenziazione del prodotto e fedeltà alla marca

33
❖ Costi inferiori per un’impresa esistente perché a conoscenza di tecniche di produzione più efficienti,
fornitori meno cari…
❖ Proprietà o controllo di importanti fattori di produzione e delle reti di vendita
❖ Protezione legale (brevetti)
❖ Fusioni e acquisizioni (offerta d’acquisto sull’entrante, scoraggiandone l’entrata)
❖ Tattiche aggressive (guerra di prezzo, massicce campagne pubblicitarie)

Equilibrio in monopolio
• Esiste una sola impresa e, di conseguenza l’offerta dell’impresa e l’offerta dell’industria coincidono
• D’altra parte, esistendo un solo venditore, anche la domanda di mercato (che sarà per forza meno elastica in
monopolio) e la domanda dell’impresa coincidono
• L’impresa decide la quantità da produrre per massimizzare i profitti e la vende al prezzo che i consumatori sono
disposti a pagare (è l’impresa stessa ad essere il settore)
• Variando la quantità offerta l’impresa è in grado di influenzare il prezzo

La condizione di massimo profitto è


Π = RT-CT = pQ-C(Q)

Assumiamo che i costi per unità siano costanti (C(Q)=xQ – produrre Q quantità costa xQ) e che la domanda sia
lineare ovvero una retta (Q=a-bp – quantità dipende negativamente dal prezzo) da cui la domanda inversa (p=c-
dQ – prezzo p che permetterà alla quantità Q di essere
assorbita dal mercato).
Π = (c-dQ)Q - xQ
Il monopolista sceglie Q che massimizza i profitti (p
non è più esogeno ma dipende dalla quantità di beni
prodotti dal monopolista)
Π max: RMG=CMG
Π max: c-(1/2)dQ = x
La curva di costo marginale è piatta (il costo unitario
è costante).
La curva di RMG ha la stessa intercetta della curva
di D ma inclinazione doppia.
Pm è il prezzo che permette di assorbire la quantità
introdotta sul mercato.
Data presenza di barriere all’entrata, l’extraprofitto
del monopolista are nel lungo periodo non è eroso
dalla concorrenza. Quindi unica differenza tra breve e lungo periodo è che nel lungo periodo la produzione è tale
per cui RMG = CMGLP.

Monopolio, concorrenza perfetta e benessere sociale


Confronto sul prezzo e sull’output nel breve periodo.
Pm e Qm sono dati relativi a monopolio, tali che RMG
= CMG. Pc e Qc sono dati relativi a concorrenza. In
concorrenza si produce di più a un costo inferiore,
perché per ciascuna impresa il RMG è uguale al
prezzo.
DEBC è la differenza di surplus tra monopolio e
concorrenza. Non tutto viene perso (consumatore
perde surplus) però (parte si traduce in profitti del
monopolista), solo il triangolo DCF.
Il monopolio è peggio perché non tutto ciò che perde
il consumatore viene guadagnato dal monopolista
(ragionando con il Welfare).

Prezzo e output nel lungo periodo

34
In concorrenza perfetta, la libertà di entrata erode l’extraprofitto e costringe le imprese a produrre nel punto di
minimo della loro curva CMELP, permettendo di mantenere prezzi bassi nel lungo periodo.
In monopolio invece le barriere all’entrata consentono di mantenere extraprofitti nel lungo periodo e il
monopolista non è costretto ad operare nel punto minimo della CMELP (prezzi maggiori). Pertanto consumatori
preferiscono concorrenza perfetta, mentre le imprese il monopolio (= conflitto di interessi).

Costi in regime di monopolio


Il monopolista ha meno incentivo all’efficienza (nuove tecniche/macchinari) perché protetto da barriere d’entrata.
Questo però potrebbe causare costi maggiori rispetto a concorrenza. Allo stesso tempo però in monopolio si
possono raggiungere notevoli economie di scala, o perché investe (anche se non ha incentivo) i maggiori
extraprofitti in sviluppo e ricerca.
Tuttavia il monopolista deve stare attento al mercato finanziario, perché monopolio con costi potenzialmente bassi
e gestito in modo efficiente può essere acquistato da un’altra impresa (ecco allora che serve impegno a mantenere
alto valore delle sue azioni per rendere più difficile acquisizione).

Contendibilità del mercato


A determinare le scelte di prezzo e quantità delle imprese non è soltanto la concorrenza effettiva ma anche la
minaccia di concorrenza (rischio di passare da monopolio a concorrenza):
• Se in un monopolio le barriera all’entrata sono alte, l’equilibrio di lungo periodo ragionevolmente non
sarà minacciato
• A fronte di una minaccia di acquisizione da parte di un rivale (un’impresa straniera che opera nello
stesso settore) il monopolista tenderà ad assumere un comportamento sempre più simile a quello di
concorrenza
A volte il monopolio è l’unica strada percorribile per produrre un bene o offrire un servizio ma questo non
significa necessariamente un danno per il consumatore.
L’appalto per il servizio mensa viene affidato con una gara competitiva. Il vincitore monopolista (perché devi
comprare per forza il pasto da lui) dovrà offrire pasti di buona qualità a prezzi ragionevoli per evitare che un’altra
impresa vinca l’appalto il prossimo anno (monopolio contendibile – incentivo al produttore a comportarsi come
se fosse in concorrenza).

Mercato perfettamente contendibile quando:


I costi di entrata sono molto bassi o nulli
• permette un ingresso rapido delle nuove imprese e rende la minaccia di concorrenza percepita reale (molte
barriere all’entrata basate sui costi)

I costi di uscita sono nulli


• La perdita dell’investimento iniziale (impossibile trasferire capitale investito in altri usi) nel caso l’impresa
entrante non sia in grado di competere col monopolista (costi fissi irrecuperabili) disincentiva l’ingresso
• Beneficio per le imprese ma assegnando loro tutto il potere può creare svantaggi nelle contrattazioni
• Al contrario, la possibilità di poter sfruttare l’investimento in un altro mercato facilita le scelte di entrata
(Ryanair compra aerei per concorrere con Alitalia sulla tratta Roma-Milano; in caso di fallimento usa gli aerei su
un’altra tratta)

Il caso dell’OPEC
OPEC (Organization of the Petroleum Exporting Countries)
Nel 1960 i 5 (adesso 12) principali esportatori di petrolio (Arabia Saudita, Iran, Iraq, Kuwait e Venezuela) si
accordano per
• Coordinare le politiche petrolifere
• Stabilizzare i mercati garantendo un’offerta efficiente, un adeguato reddito per i
produttori e una equa remunerazione degli investimenti
• Sostanzialmente per evitare una guerra a ribasso per ospitare le compagnie estrattive
Inizialmente fissano i prezzi del petrolio in presenza di domanda anelastica.
Anni ’80, crisi iraniana, il prezzo tocca 40$ e la domanda diminuisce: OPEC comincia a stabilire le quote (fissa
le quantità) per mantenere alti i prezzi.
Anni ’90, trasformazione energetica e accise sul carburante: il tetto produttivo è talmente alto che l’offerta
supera la domanda.

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Fine anni ‘90, crisi in Estremo Oriente: OPEC taglia la produzione del 25% per permettere un prezzo intorno
ai 15-20$.
Primi anni ‘00, ripresa dell’economia Asiatica, il prezzo raggiunge 30$ con per tornare subito sotto i 20 a
causa della bolla finanziaria del 2001, OPEC taglia ancora la produzione e si accorda con altri paesi
produttori per fare altrettanto portando il prezzo a 25$
2003-2004, instabilità in medio-oriente fa crescere il prezzo a 50$: OPEC invano aumenta la produzione
2006-2008, boom di India e Cina e aumento della domanda:, il prezzo raggiunge 150$: il reddito nei paesi
OPEC raddoppia
2008..., crisi finanziaria, il prezzo crolla sotto 40$: OPEC tagli ancora la produzione 2009-2010, la ripresa
porta il prezzo intorno ai 100$
Difficile controllare i prezzi fissando le quantità. Necessario conoscere bene la domanda.

4. Concorrenza monopolistica
Cosa succede se ci sono molte imprese concorrenti, ma ciascuna di esse cerca di conquistare il consumatore con
un particolare prodotto?
Di solito non c’è ne concorrenza perfetta né totale monopolio, ma competizione aggressiva senza che le imprese
siano necessariamente price-takers (ma con potere di mercato). La concorrenza monopolistica è simile alla
concorrenza perfetta: elevato numero di imprese concorrenti, ognuna delle quali ha nel breve periodo un certo
potere di mercato.

Le ipotesi della concorrenza monopolistica


1. C’è differenziazione del prodotto
1. Ogni impresa produce un prodotto con caratteristiche diverse (ristoranti)
2. I consumatori non sono indifferenti rispetto alla scelta del produttore
2. Esiste un numero piuttosto elevato di imprese
1. Ogni impresa produce una sola varietà di prodotto e quindi occupa una piccola nicchia di
mercato
2. Le scelte di un’impresa non influiscono sulle imprese concorrenti
3. Allo stesso modo, ogni impresa non deve preoccuparsi di come operano le altre
3. Esiste libertà di entrata
1. Se un’impresa vuole operare nel mercato è libera di entrare
2. Se decide di entrare dovrà farlo portando una nuova varietà di prodotto, creando un suo monopolio
3. Se entrasse producendo una varietà esistente finirebbe per produrre in concorrenza o, peggio, per
uscire
È spesso associata alle diverse preferenze (ristoranti) ma vale anche per attività economiche che servono uno
specifico spazio geografico (bar, edicole, farmacie).

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Concorrenza non di prezzo
Le uniche decisioni dell’impresa non riguardano solo il prezzo e
l’output, ma anche altre variabili. La concorrenza non di prezzo si
articola in:
1) Sviluppo del prodotto: offrire bene con domanda alta,
differenziato dai concorrenti e quindi con domanda
anelastica per mancanza di sostituti
2) Pubblicità: vendita del prodotto informando i consumatori
della sua esistenza ma anche cercando di persuaderli. Può
far aumentare la domanda e renderla meno elastica

Confronto con concorrenza perfetta e monopolio


La concorrenza monopolistica ha alcune caratteristiche chiave della concorrenza e del monopolio
• Della concorrenza mantiene il libero ingresso nel lungo periodo (con conseguente assenza di extraprofitti nel
lungo periodo che dovrebbe contribuire a tenere bassi i prezzi e incoraggiare risparmi sui costi)
• Del monopolio mantiene il meccanismo di determinazione del prezzo (si produce di meno vendendo ad un
prezzo maggiore rispetto a concorrenza perfetta)
Capacità dell’impresa di trarre profitti dipende dall’elasticità della domanda:
• bene sostituibile con altri simili, i profitti tendono a quelli della concorrenza
• bene percepito insostituibile, i profitti saranno quelli di monopolio
In termini strategici dunque non è corretto dire che le imprese concorrono solo sulle quantità come illustra lo
schema precedente, ma piuttosto sulla sostituibilità del prodotto.

Concorrenza monopolistica e concorrenza perfetta


Assumiamo identiche configurazioni di costo (anche se abbiamo visto quanto questa
assunzione sia da prendere con cautela)
• In CP si produce al minimo del CME nel lungo periodo
• In CM si produce nel punto di tangenza tra CME e domanda che, data la forma
della CME, si trova a sinistra di min(CME)
• Quindi si produce una quantità inferiore
• E viene venduta ad un prezzo superiore
• Tanto meno la domanda è elastica, tanto più a destra si troverò l’equilibrio di CM e tanto
maggiore sarà la differenza con la CP

5. Oligopolio
Si ha oligopolio quando poche imprese offrono un prodotto.
Che cosa succede se poche imprese dominano il mercato?
• Possono competere sullo stesso prodotto non riconoscendo la natura oligopolistica del mercato (come se fossero
in concorrenza) – sempre possibile
• Possono differenziare i prodotti trasformando il mercato in una concorrenza monopolistica (riconoscono natura
non concorrenziale) – non si tratterà (già vista sopra)
• Possono mettersi d’accordo per trasformare il mercato in un monopolio (cartello: accordo collusivo): scelta più
profittevole di concorrenza classica ma anche di monopolistica (questa richiederebbe maggiori investimenti per
assicurare necessaria differenziazione dei prodotti > maggiori costi)

Le caratteristiche dell’oligopolio
Interazione strategica tra le imprese
1. Se ci sono due (poche) imprese la quantità offerta sarà la somma delle due produzioni, in equilibrio
uguale alla domanda
2. Se il prodotto è unico, la quantità che una può produrre dipende dalla domanda di mercato e dalla
quantità che produrrà l’altra (interdipendenza)

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3. La scelta ottima di produzione non sarà altro che la risposta ottima al comportamento dell’altra impresa
(strategica)
Presenza di barriere all’entrata
• Esattamente come per il monopolio, se non si istituiscono barriere all’entrata nel lungo periodo
l’oligopolio si trasforma in concorrenza perfetta

Ci sono due imprese, 1 e 2, producono lo stesso prodotto e hanno i medesimi costi (questa ipotesi è una forzatura),
immaginiamo pari a 0 (i profitti sono uguali ai ricavi - questa lo è di più).
La domanda dei consumatori è unica e funzione lineare (negativa) del prezzo
p=c-dQ
p=c-d(q1+q2)
I ricavi per l’impresa 1 dipendono da quanto l’impresa 2 deciderà di produrre
RT1=pq1=(c-d(q1+q2))q1

Un aumento della produzione da parte dell’impresa 2 fa aumentare la produzione complessiva e diminuire il


prezzo, incidendo negativamente sui ricavi (e quindi sui profitti) dell’impresa 1, rimanendo invariata la produzione
dell’impresa 1.
Meno l’impresa 2 produce e meglio sarà per l’impresa 1, e viceversa.

Ma quale sarà la scelta ottima?


In equilibrio RMG1 = CMG1 = 0
L’impresa smette di produrre
quando una produzione in più causa
RMG negativo.
Risolvendo otteniamo che:
q1=f(q2)
(-)
Quantità ottima di impresa 1 è
funzione negativa della quantità
ottima di impresa 2.

La curva esprime la risposta ottima


dell’impresa 1 in base a mutamenti
della scelta produttiva dell’impresa
2.

La retta rossa indica la scelta ottima


dell’impresa 2 per ogni livello di produzione
dell’impresa 2 (funzione di reazione).

Il punto di intersezione delle due funzioni


indica scelta ottima per entrambe le imprese:
punto di equilibrio nell’oligopolio di Cournot
(concorrenza sulle quantità). Nessuno ha
interesse a “deviare”.

Esiste anche un equilibrio di Nash (miglior


strategia in base a comportamento rivale).

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Anche se l’equilibrio di Cournot è ottimo, non
porta profitti massimi.

Se imprese riconoscono che profitti potrebbero


crescere passando da oligopolio a monopolio,
stringono accordo: produce solo q1 (produzione
minore, prezzo maggiore) e a fine dell’anno divide
profitti con impresa 2 (o contrario).
Ovviamente in cui i costi fossero diversi da zero si
farebbe produrre a chi ha costi minori.

Cartelli
Un accordo collusivo formale è noto come cartello.
Le imprese partecipanti costituiscono una sorta di monopolio: esse si accordano e fissano un prezzo per
massimizzare i profitti congiunti, quindi si spartiscono il mercato tramite l’assegnazione di quote (caso OPEC)
In molti paesi i cartelli sono illegali (regolamentazione antitrust) perché impongono un limite allo sviluppo della
concorrenza > accordi collusivi in modo tacito, di diverse tipologie:
• Leadership di prezzo dell’impresa dominante:
Assumiamo che l’oligopolio sia caratterizzato dalla presenza di un’impresa leader…
• Il leader conosce la sua domanda e la domanda di mercato (che viene soddisfatta dai follower) e usa
queste informazioni nella fissazione del prezzo
• Una volta fissato il prezzo che massimizza i suoi profitti i follower lo seguiranno
• L’ipotesi (forte) è che i follower siano disposti a seguire il leader e che non mettano in atto strategie
per aumentare le loro quote (visto che l’impresa dominante lascia a loro solo una parte residuale di
produzione)
• Leadership di prezzo dell’impresa barometro
In alcuni mercati non c’è un leader definito; al contrario diverse imprese si contendono la leadership
(tramite gara all’innovazione, ad esempio nel settore tv: HD, 4K, OLED).
• La prima impresa a lanciare l’innovazione definisce anche il prezzo nella speranza che i follower si
adeguino
• Di fatto l’impresa «barometro» può cambiare continuamente ma questa pratica di leadership viene
accettata e condivisa dai diversi partecipanti al cartello
• Fissazione del prezzo in base al costo medio
Assenza di un leader definito
• Le imprese del cartello hanno curve di costo simili ma non necessariamente
identiche
• Al posto di considerare un prezzo di riferimento si considera il costo medio, al quale si aggiunge un
mark-up fisso (“ricarico”)
• In questa maniera, se i costi aumentano, le imprese aumenteranno i prezzi della stessa percentuale
La legge finanziaria 2017 ha vietato la fatturazione a 28gg per le offerte mensili. Le imprese di
telecomunicazioni hanno adeguato il prezzo della loro offerta con un aumento, apparentemente
concordato, della stessa percentuale.
Un aumento del prezzo del petrolio si traduce in un aumento pressoché costante dei prezzi della benzina
al dettaglio (nonostante gli approvvigionamenti siano diversi).
• Esistenza di un prezzo di riferimento
• Le imprese identificano alcuni prezzi «di riferimento»: 9.99, 12.99, 19.99 e così via
• Se i costi aumentano, tutte le imprese si sposteranno verso il prezzo successivo

Leadership in oligopolio

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Cosa succede quando ci sono diverse imprese, una leader, ma senza
accordo? > Oligopolio di Von Stackelberg:
Il leader può sfruttare il vantaggio della prima mossa. Sa già che il
suo follower sceglierà seguendo la FDR q2=f(q1) (la funzione di
reazione dell’impresa leader) e utilizza questa informazione nella
massimizzazione del profitto:
RL=pq1=(c-d(q1+q2))q1=(c-d(q1+f(q1)))q1
Mentre per il follower la scelta ottima sarà determinata come in
Cournot.
(F)q1 è risposta dell’impresa 2 alla scelta che fa l’impresa 1.

Fattori che favoriscono la collusione


• Ci sono poche imprese
• I costi e le tecniche di produzione nell’industria sono note
• Le imprese hanno costi e tecniche di produzione simili
• Le imprese producono beni simili o comunque sostituti
• Un’impresa dominante
• Ha incentivo a formare cartello se ha informazioni
imperfette
• Ha incentivo a competere come VS se ha informazioni
perfette
• Ci sono barriere all’entrata
• Il mercato è stabile (vedi caso OPEC)
Ma soprattutto, un impegno tacito o esplicito a mantenere
l’accordo.

Oligopolio e consumatori
Se oligopolisti colludono e massimizzano congiuntamente profitti dell’industria, agiscono come monopolio. In tal
caso i prezzi possono andare contro interessi del consumatore.
Altri svantaggi dell’oligopolio rispetto monopolio:
1) Imprese oligopoliste sono più piccole di quelle monopoliste, quindi le economie di scala delle prime non
controbilanciano gli effetti dovuti al potere di mercato delle seconde
2) Ricorso a maggiore pubblicità

6. La teoria dei giochi


Il comportamento di un’impresa che opera in oligopolio non collusivo dipende da:
a) Congetture dell’impresa circa le strategie delle altre imprese
b) Disponibilità dell’impresa a rischiare
La teoria dei giochi studia con approccio formale l’interazione strategica tra due o più soggetti.
Ciascun oggetto individua la strategia migliore data una congettura razionale sul comportamento dei soggetti
rivali.
Nel caso del duopolio di Cournot, ogni impresa deve scegliere tra due prezzi alternativi se seguire la propria FDR
(mossa che chiameremo Cournot) o fare un accordo (mossa che chiameremo Cartello)

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Il risultato delle scelte effettuate dalle imprese viene rappresentato nella matrice dei payoffs. Ogni coppia di valori
rappresenta il risultato dell’interazione strategica, quindi delle scelte effettuate dalle imprese, per l’impresa 1 e
per l’impresa 2 (in ordine).

Indipendentemente dalla scelta del rivale, per ognuna delle due imprese è sempre più conveniente scegliere
Cournot (strategia dominante) – equilibrio di Cournot-Nash.
L’esempio classico di strategia dominante è quello del dilemma del prigioniero:
Due ladri vengono arrestati per un presunto furto ma non ci sono prove. L’unico modo per accusarli è farli
confessare. Entrambi sanno che la polizia non ha prove ma non sanno cosa deciderà l’altro.
Chi confessa avrà uno sconto sostanziale sulla pena (1 anno) rispetto all’altro (18 mesi)
Se confessano entrambi lo sconto per ognuno sarà minore (15 mesi). Se entrambi non confessano rimangono però
liberi. Confessare è una strategia dominante.

Giochi complessi (non da esame)


Nel gioco del duopolio la strategia che ogni impresa sceglie è quella di massimizzare i profitti. Il gioco
❖ è semplice, esistono solo due giocatori e due strategie, e una delle strategie è dominante
❖ non è ripetuto, ma nel caso di duopolio ripeterlo porta a confermare la scelta dominante di Cournot
In altri casi, ripetere un gioco può portare ad esiti diversi: in
molti settori le imprese si fanno guerra commerciale sui prezzi
o sui brevetti prima di capire le opportunità di collusione.
I risultati della strategia possono variare (stocastici): il
rivenditore di frutta si reca il lunedì mattina al mercato a
comprare la frutta per la settimana ma non sa la domanda che
dovrà fronteggiare – sa di certo che con una certa probabilità
avrà una domanda alta per alcuni prodotti e bassa per altri.
Non tutti scelgono di massimizzare profitti perché manca
strategia dominante (tabella a dx).

Giochi in forma estesa: il gioco è ripetuto e ogni giocatore ha la possibilità di modificare la propria strategia.
Giochi sequenziali: son giochi in forma estesa ma un giocatore ha il vantaggio
della prima mossa e quindi può prevedere non sola la reazione immediata, ma
anche tutte le possibili reazioni ai cambi di strategia (alberi decisionali).
Il mercato degli aeromobili di grandi dimensioni è in mano a due sole
compagnie, Boing e Airbus
Le due non producono aerei con le stesse caratteristiche perché nessuna delle
due avrebbe sufficiente domanda. Di volta in volta si trovano a scegliere le
caratteristiche dei velivoli.

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La curva di domanda a gomito
Anche in assenza di collusione i prezzi in oligopolio possono rimanere stabili.
Dato l’equilibrio di oligopolio, se un’impresa aumenta i prezzi da sola le altre
imprese potrebbero non fare altrettanto, accaparrandosi quote di mercato: la
variazione di domanda sarà pertanto ridotta
Al contrario, se un’impresa diminuisce i prezzi le altre la seguiranno pur di non
perdere quote: la variazione di domanda sarà consistente.
La teoria della domanda a gomito ipotizza due diverse elasticità della domanda al
di sopra e al di sotto dell’equilibrio di oligopolio.

7. Forme di mercato e discriminazione di prezzo


In quali circostanze le imprese possono praticare prezzi diversi a consumatori diversi?
Imprese possono decidere di praticare discriminazione di prezzo, vendendo prodotto a prezzi diversi sul mercato
tentando di massimizzare profitti.
Esistono tre tipi di discriminazione di prezzo:
• Discriminazione di primo grado: per ogni unità di bene venduto viene applicato al consumatore il prezzo che
è disposto a pagare (prezzo di riserva). In questo modo il produttore può appropriarsi dell’intero surplus del
consumatore
• Discriminazione di secondo grado: ai consumatori vengono applicati prezzi diversi a seconda della quantità
acquistata del bene (es. sconti applicati ad acquisti all’ingrosso)
• Discriminazione di terzo grado: a diverse categorie di consumatori (identificati da caratteristica esogena
osservabile – sesso, nazionalità, età…) vengono applicati prezzi diversi (es. sconti al cinema per anziani/under
18, sconti in libreria per professori)

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