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Daniele Porena
Professore Associato di Istituzioni di Diritto pubblico
Università degli Studi di Perugia
Abstract [En]: The essay aims to analyze the principle of sustainability. From a political
statement, the concept of sustainability has evolved, over the time, to an authentic legal
principle in international law and in the internal law of numerous contemporary legal
systems. The essay analyzes the development of the principle in the Italian internal
system and, in particular, its development at the constitutional level.
_______________
*
Contributo destinato alla pubblicazione nel volume a cura di Mauro Pennasilico dal
titolo “La “sostenibilità” nell’esperienza giuridica contemporanea ”.
1 Il riferimento è al documento dal titolo “Our Common Future” adottato il 20 marzo del
1987 dalla World Commission on Environment and Development presieduta da Gro Har-
lem Brundtland. Il documento, oltre ad offrire una prima definizione di sviluppo sostenibi-
le, ha chiarito anche i principali fattori che sono alla base del principio. Sotto questo profi-
lo, assai significativo, tra gli altri, è il riferimento al concetto in base al quale il persegui-
mento di uno modello di sviluppo sostenibile è strettamente legato anche alle dinamiche
di crescita della popolazione e che, pertanto, l’obbiettivo della sostenibilità risulta più
agevolmente perseguibile quando le grandezze demografiche sono stabilizzate a livelli
coerenti con le capacità produttive dell’ecosistema.
2 Gli esiti della Conferenza di Rio de Janeiro del 1992 hanno prodotto una vasta eco nella
letteratura giuridica dedicata al tema. Tra gli altri, si rinvia a S. MARCHISIO, Gli atti di Rio
de Janeiro nel diritto internazionale , in Riv. dir. internaz., p. 582 ss.; L. PINESCHI, La Con-
ferenza di Rio de Janeiro su ambiente e sviluppo , in Riv. giur. amb., 1992, p. 705 ss.; T.
TREVES, Il diritto dell’ambiente a Rio e dopo Rio , in Riv. giur. amb., 1993, p. 577 ss.; P.
SOAVE, Lo sviluppo sostenibile nella prospettiva dell’Agenda 21. Programma d’azione lan-
ciato alla Conferenza di Rio de Janeiro, in Riv. giur. amb., 1993, p. 103 ss.
La descrizione che all’epoca fu data del principio in esame finì, in effetti, per
rappresentare una delle pietre angolari poste alla base delle successive elaborazioni
del concetto di sostenibilità.
Posto quale regola programmatica per lo sviluppo economico, il principio di
sostenibilità si affermò secondo la nota descrizione secondo cui lo sviluppo
economico sarebbe sostenibile laddove permetta la soddisfazione dei bisogni delle
generazioni presenti senza tuttavia, con ciò, compromettere quelli delle generazioni
future3.
La dimensione etica del principio, da subito, si scontrò dunque con il tema –
delicato per i giuristi – dei rapporti intergenerazionali.
Tema delicato, come detto, poiché introduce una serie di argomentazioni tutt’altro
che prive di insidie: dalla possibilità di identificare un rapporto o un bilanciamento
di interessi – in qualche modo giuridicamente definibile 4 – tra generazioni presenti e
generazioni future, sino al tema dei “diritti” delle generazioni future 5.
Ad oggi, malgrado non manchino voci critiche in direzione della stessa possibilità
di identificare un nucleo di diritti in capo alle comunità venture, il diritto
3 Nel tempo, si sono aggiunte ulteriori definizioni del principio che, tuttavia, non sembra-
no aver tradito l’idea iniziale. Tra queste, si ricordi quella offerta nel Preambolo della
Dichiarazione di princìpi sul diritto internazionale relativa allo sviluppo sostenibile adot-
tata dall’Insternational Law Association, secondo la quale «the objective of sustainable
development involves a comprehensive and integrated approach to economic, social and
political processes, which aims at the sustainable use of natural resources of the Earth
and the protection of the environment on which nature and human life as well as social
and economic development depend and which seeks to realize the right of all human be-
ings to an adequate living standard on the basis of their active, free and meaningful par-
ticipation in development and in the fair distribution of benefits resulting therefrom, with
due regard to the needs and interests of future generations ».
4 Cfr. M. LUCIANI, Generazioni future, spesa pubblica e vincoli costituzionali , in R. BI-
FULCO-A. D’ALOIA, Un diritto per il futuro. Teorie e modelli dello sviluppo sostenibile e
della responsabilità intergenerazionale, Napoli, 2008, p. 426, che «il raffronto che viene
proposto dalla teoria qui in esame è tra ciò che è generato (la generazione presente) e
ciò che è generabile (le generazioni future), ma proprio la diversità tra generato e genera-
bile rende impossibile la proposizione di quel raffronto nella forma del bilanciamento in
senso proprio. Bilanciare, invero, si può solo a condizione che i termini del bilanciamento
siano omogenei: così come non si bilancia, ad esempio, tra beni costituzionali e beni sub-
costituzionali (sicché l’ordine dei loro rapporti è determinabile, semmai, secondo i principi
di proporzionalità e non eccessività), così non si può bilanciare tra interessi di un soggetto
in atto e interessi di soggetti in potenza, non foss’altro perché la potenza potrebbe anche
non trasformarsi mai in atto».
5 Come osserva R. BIFULCO, Futuro e Costituzione. Premesse per uno studio sulla
responsabilità verso le generazioni future, in A. TARANTINO – R. CORSANO (a cura di),
Diritti umani, biopolitica e globalizzazione, Milano, 2006, p. 54, «è ben chiaro a tutti
coloro che hanno affrontato o sfiorato il tema delle generazioni future dal punto di vista
giuridico che le maggiori difficoltà alla sua sistemazione sono legate alla titolarità e alla
azionabilità dei diritti delle generazioni future».
6 Come osserva M. MANDARA, Informazioni, in P. CEDON (a cura di), Trattato dei nuovi
danni, Volume 5, Informazioni erronee. Soggetti deboli. Illeciti informatici. Danni
ambientali, Padova, 2011, p. 140, già a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 gli interessi della
letteratura giuridica furono in parte polarizzati lungo l’identificazione di un novero di
“nuovi diritti” fondamentali: si assistette, così, al fiorire di «”nuovi diritti” – più
esattamente qualificati di terza generazione come i diritti di solidarietà, allo svilupo, alla
pace internazionale, a un ambiente protetto, alla comunicazione ovvero di quarta
generazione come i diritti delle generazioni future (…)». Ancora, ricordato in V. PARISIO (a
cura di), Diritti interni, diritto comunitario e principi sovranazionali: profili
amministrativistici, Milano, 2009, p. 76, «oggi la necessità di tutelare i diritti delle
generazioni future (o il dovere di tutelare l’ambiente in modo che possa essere fruito
anche da quelli che verranno dopo di noi è pacificamente riconosciuta in numerosissimi
testi normativi di vari livelli ordinamentali».
7 Si ricordino, tra gli altri, il Preambolo alla Convenzione per la protezione dei diritti
dell'uomo e della dignità dell'essere umano rispetto all'utilizzazione della biologia e della
medicina, sottoscritta ad Oviedo il 4 aprile 1997, il Preambolo alla Dichiarazione sulle
responsabilità delle generazioni presenti nei confronti delle generazioni future adottata
dall'Unesco il 12 novembre 1997 o, ancora, il Preambolo alla Dichiarazione sui principi
direttivi sullo sviluppo sostenibile approvata in occasione del Consiglio europeo tenuto a
Bruxelles il 16 e 17 giugno 2005.
8 Cfr. A. SPADARO, L’amore dei lontani: universalità ed intergenerazionalità dei diritti
fondamentali fra ragionevolezza e globalizzazione, in R. BIFULCO-A. D’ALOIA, Un diritto
per il futuro. Teorie e modelli dello sviluppo sostenibile e della responsabilità
intergenerazionale, Napoli, 2008, p. 94, secondo cui l’orientamento secondo cui i diritti
fondamentali non appartengano solo all’attuale generazione dei viventi è oggi consolidato
al punto da apparire quasi “assiomatico”. Ancora, cfr. R. BIFULCO, Futuro e Costituzione.
Premesse per uno studio sulla responsabilità verso le generazioni future, in Studi in onore
di G. Ferrara, Torino, 2005, I, p. 305, secondo cui dal carattere universale dei diritti
fondamentali emergerebbe anche una loro consistenza tale da cogliere non solo sul piano
sincronico ma, anche, in senso diacronico così da estendere i margini di protezione
all’«uomo in generale, presente e futuro».
sole generazioni viventi quello che, secondo una seducente espressione, è stato
descritto come il diritto ad avere diritti12: la dignità stessa della persona e la
conservazione di adeguate chances di vita13.
D’altronde, se vi è accordo sul fatto che il diritto non rappresenta solo garanzia di
interessi (dunque, in qualche modo, emersi o tangibili), se si esclude che il diritto
possa essere ricostruito solo ed unicamente lungo la prospettiva “brutalmente”
benthamita dell’utilitarismo classico14, è la dimensione deontica del diritto – quella
cioè fatta propria dall’imperativo categorico15 – che esclude, in effetti, la necessità di
individui di godere dei diritti fondamentali, necessari – aggiungiamo – per lo sviluppo del-
la persona (art. 2): un connubio, quello tra il principio personalista e il dovere di solidarie-
tà che definisce un progetto di società dinamico, proiettato verso il futuro e il progresso».
12 Cfr. S. RODOTÀ, Il diritto ad avere diritti, Bari, 2012, p. 158. Val la pena, poi, senz’altro
ricordare che «l’uomo è sempre un essere razionale e morale, al quale possono perciò
sempre competere de’ diritti», così A. ROSMINI-SERBATI, Filosofia del diritto, I, Padova,
1967, p. 35 ss.
13 A questo proposito, occorre ricordare quanto osservato da R. DAHRENDORF, La Liber-
tà che cambia, Bari, 1994, p. 36 ss., secondo cui «la fondamentale debolezza del termine
benessere sta proprio nella sua forza: è un concetto empirico e non analitico, che perciò
non può essere usato né come elemento di una teoria sociale della trasformazione né
come elemento di una teoria politica della libertà. (…) La massimizzazione della funzione
del benessere può essere oltremodo desiderabile, ma essa descrive solo quello che può
essere fatto con il presupposto di determinate ipotesi e possibilità di una data struttura
sociale». Al contrario del concetto di benessere, quello di chances di vita – che per Dah-
rendorf rappresentano occasioni per l’agire individuale che nascono dal rapporto recipro-
co tra scelte e appartenenze comunitarie – è «analitico, non legato ad una determinata
società ma storico nella sua qualità, utile ugualmente per una scienza sociale teorica e
per una teoria politica, che ci mette in condizione di disporre di quello che noi abbiamo
definito diverse volte come obbiettivo del processo sociale o anche scopo della società e
che potrebbe avere persino una indubitabile importanza per quell’affascinante territorio,
proibito ma sconfinato, che è il senso della storia».
14 Cfr. E. BERTI, Attualità dei diritti umani, in Ars interpretandi, 2001, p. 83, il quale os-
serva come «una possibile alternativa al comunitarismo è rappresentata, secondo alcuni,
dall’utilitarismo, cioè dall’etica che assume come criterio di valutazione dei vari compor-
tamenti la possibilità di garantire la massima felicità realizzabile al maggior numero di
persone. È stato tuttavia osservato, a mio avviso con ragione, che questo criterio si fonda
sostanzialmente sulla reciprocità, cioè sullo scambio, e quindi non è applicabile, ad esem-
pio, alle generazioni future, rivelandosi in tal modo incapace di fondare un’etica
dell’ambiente».
15 Il riferimento, ovviamente, è a quelle teorie etiche di impronta kantiana che si caratte-
rizzano, appunto, per il loro essere deontologiche e non teleologiche: sul piano etico
l’azione si qualifica nei termini della sua doverosità razionale anziché su quello delle con-
seguenze e dei risultati che determina. Osserva U. POMARICI, Generazioni future, identità
personale, umanità, in R. BIFULCO-A. D’ALOIA, Un diritto per il futuro. Teorie e modelli
dello sviluppo sostenibile e della responsabilità intergenerazionale , Napoli, 2008, p. 142
che «già la dottrina pura del diritto di Kelsen ponendo innanzitutto il diritto oggettivo – e
quindi l’obbligo – come fonte del diritto soggettivo, ne incrinava ogni sostanza funzionaliz-
zandolo in un’autorizzazione “a volere che venga eseguita la sanzione che quella norma
prevede per il caso della sua violazione”».
2/2012; A. BRANCASI, La nuova regola costituzionale del pareggio di bilancio: effetti sui
rapporti Parlamento-Governo e sugli indirizzi delle politiche sociali. Il caso italiano , in Rivi-
sta telematica dell’Associazione “Gruppo di Pisa”, 2012; P. CANAPARO, La legge costitu-
zionale n. 1 del 2012: la riforma dell’articolo 81, il pareggio di bilancio ed il nuovo impian-
to costituzionale in materia di finanza pubblica , in www.federalismi.it, 2012; M. CECCHET-
TI, Legge costituzionale n. 1 del 2012 e Titolo V della seconda parte della Costituzione:
profili di controriforma dell’autonomia regionale e locale , in www.federalismi.it, 2012; T.F.
GIUPPONI, Il principio costituzionale dell’equilibrio di bilancio e la sua attuazione , in Le Re-
gioni, n. 1, 2014; N. LUPO, La revisione costituzionale della disciplina di bilancio e il siste-
ma delle fonti, in Il Filangieri, Quaderno 2011, 2012; N. LUPO, Costituzione europea, pa-
reggio di bilancio ed equità tra le generazioni. Notazioni sparse , in www.amministrazio-
neincammino.luiss.it, 25.10.2011; D. MORGANTE, La costituzionalizzazione del pareggio
di bilancio, in www.federalismi.it, 2012; A. MORRONE, Pareggio di bilancio e stato costitu-
zionale, in www.rivistaaic.it, 2014; G.M. SALERNO, Equilibrio di bilancio, coordinamento fi-
nanziario e autonomie territoriali, in Costituzione e pareggio di bilancio , Il Filangieri, Qua-
derno 2011, 2012; C. TUCCIARELLI, Pareggio di bilancio e federalismo fiscale , in Quad.
cost., 2012.
27 Peraltro, come osservato da M. PENNASILICO, Contratto ecologico e conformazione
dell’autonomia negoziale, in Riv. quad. Dir. ambiente, 1/2017, p. 9 , «la “costituzionalizza-
zione” esplicita dello sviluppo sostenibile non è l’unica strada per sancire l’incidenza del
principio sulle dinamiche dei rapporti civili. In realtà, l’integrazione tra principi normativi
di fonte sovranazionale e diritto interno, che si desume dagli artt. 11 e 117, comma 1,
Cost., apre il varco alla penetrazione di quei principi non soltanto nella sfera del potere
pubblico, ma anche nel tessuto dell’autonomia privata».
28 La distinzione tra norme precettive e norme programmatiche è stata assai ampiamen-
te indagata in dottrina. Si veda, tra gli altri, quanto sostenuto da G. AZZARITI, La nuova
Costituzione e le leggi anteriori, in Problemi attuali di diritto costituzionale , Milano, 1951,
p. 102; V. CRISAFULLI, La Costituzione e le sue disposizioni di principio , Milano, 1952. Si
ricordi, ancora, quanto di recente sottolineato da R. GUASTINI, Le fonti del diritto: fonda-
menti teorici, Milano, 2010, p. 164, secondo cui «le dichiarazioni di diritti, i principi e le
norme programmatiche sono intese a disciplinare precisamente l’esercizio dei poteri pub-
blici (...)»; lo stesso Autore ricorda anche, in ogni caso, che «le disposizioni c.d. program -
matiche di cui sono affollate le costituzioni contemporanee si atteggiano non già a co-
mandi, quanto piuttosto a raccomandazioni rivolte al legislatore, stante la difficoltà di
sanzionare le omissioni legislative».
29 In particolare, dispone il nuovo sesto comma dell’art. 81 Cost. che «il contenuto della
legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le
entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche
amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei
componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge
44 Cfr. A. SPADARO, I diritti sociali difronte alla crisi (necessità di un nuovo «modello so-
ciale europeo»: più sobrio, solidale e sostenibile , in Rivista AIC, 4/2011, secondo il quale
«se non basta la mera declamazione dei diritti sociali, nemmeno è sufficiente supporre di
avere all’inizio e in astratto la disponibilità economica per soddisfarli ( sostenibilità); occor-
re che i legislatori, nazionali e comunitari, svolgano precise indagini e ricerche sugli effetti
“nel tempo” delle normative che intendono adottare – c.d. analisi dell’impatto economico
del diritto – senza le quali non v’è una reale fattibilità pratica. Dalla soddisfazione di tale-
complesso requisito (fattibilità ex ante ed ex post) e da un buon drafting legislativo – os-
sia dalla chiarezza delle procedure con cui il cittadino può far valere la propria situazione
giuridica attiva – dipende l’esigibilità e, quindi, la giustiziabilità, dei diritti sociali (…)».
45 Cfr. A. SPADARO, L’amore dei lontani: universalità e intergenerazionalità dei diritti fon-
damentali fra ragionevolezza e globalizzazione , cit., p. 109, secondo il quale «oggi, la Cor-
te – che peraltro manipola abbondantemente pure gli effetti temporali delle proprie sen-
tenze e talvolta entrambi (effetti temporali e spaziali) in ardite tecniche combinatorie – si
trova di fronte alla possibilità/necessità di applicare il canone di ragionevolezza sotto la
singolare forma di un giudizio ternario nel tempo».
sistemici che ne deriva – non possa che essere alimentata, per sua natura, da una
traiettoria di tipo intergenerazionale.
E’ in questo quadro che l’idea della sostenibilità concorrerebbe a irrorare la
convincente descrizione della Costituzione come “patto tra generazioni” 48: le
generazioni future, nella parafrasi omerica, accetterebbero il vincolo all’albero
maestro che la Costituzione rappresenta49 ricevendo in contraccambio pari garanzie,
nei diritti fondamentali, rispetto a quelle introdotte, a suo tempo, dalla generazione
costituente.
48 Cfr. P. HÄBERLE, Le libertà fondamentali nello stato costituzionale , Roma, 1993, p. 208
ss.
49 Il riferimento è a quello che, persuasivamente, è stato efficacemente definito “ Ulysses
model”, cfr. J. ELSTER, Ulysses and the Sirens, Cambridge, 1979, p. 39 ss. ed all’idea,
cioè, che la Costituzione rappresenti l’impegno assunto dalla generazione costituente nel
“trincerare” determinate, fondamentali posizioni giuridiche dietro l’argine che la Costitu-
zione rappresenterebbe: ciò, al fine di impedire che in epoche future, in ipotesi caratteriz-
zate da fenomeni di rinnovata dispersione etico-giuridica, le stesse possano nuovamente
essere fatte oggetto di minaccia o di aggressione.