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Questa è la storia di un tale senza nome, ma dai mille titoli.

Il ragazzo del colosseo,


nato dal sangue, prodigio delle lame, il sanguinario, la furia rossa, l’imperituro: questi
sono solo alcuni degli appellativi con cui la folla soleva indicare un ragazzo, umano,
non più vecchio di 16 anni.

Il suo primo ricordo? Un uomo dalla pelle scura, probabilmente uno schiavista che
chissà in qual modo era venuto in possesso di una simile perla bianca da plasmare. Il
ragazzo e altrettanti giovani, non tutti più vecchi di 5 anni l’uno, camminavano per ore,
per giorni, fino ad avere i piedi sanguinanti mentre il ricco uomo, sul suo cammello
ornato di seta e ori, apriva la fila, tirando la corda e talvolta fustigando chi rallentava il
passo o, stremato, stramazzava il suolo. Molti assaggiarono la sua frusta, ma mai il
rosso ragazzino: aveva appena 4 anni, eppure mai una lamentela, mai un cedimento.
Silenzioso, marciava. Senza luce negli occhi, camminava. Senza sapere nulla di cosa lo
circondasse né di cosa lo aspettasse, proseguiva.

Non durò molto, tuttavia, il suo essere solo un cagnolino da passeggio: la sua nuova
cuccia era già lì, pronta ad accoglierlo. Arrivano presto alla città di Oracladi, nota per il
suo stile di vita tutt’altro che integro e qui, per non più di una sacca di monete
risonanti, il giovane dai capelli cremisi venne venuto. Inizialmente la sua permanenza
era stata considerata momentanea, in quanto avrebbe dovuto prendere parte ad uno
scontro fra una decina di giovanissimi ragazzi il cui vincitore avrebbe poi dovuto
fronteggiare un cadetto, ovvero un gladiatore emergente di 10 anni. Ma se siamo qui,
evidentemente la storia quel giorno non andò come previsto. Rimase in piedi, ultimo
fra i giovanissimi, e quando il favorito entrò nell’arena, di colpo l’atmosfera cambiò,
incupendosi. Bava iniziò a fuoriuscire dalla bocca del pel di carota, mentre questi
afferrò due armi di fortuna e rapido caricò il suo senpai. Morì sul colpo, con una spada
in petto e l’ascia conficcata nella gola: un’esecuzione da manuale. La folla, dapprima
silente, timidamente iniziò a urlare qualcosa, per poi dar largo ad uno scrosciante
applauso. Aveva vinto, non solo era rimasto in vita ma aveva persino trovato un posto
dove vivere semplicemente rischiando la sua vita in combattimenti mortali sempre più
difficili. Worth.
Cosa? Volete sapere cosa successe dopo? Beh, potrei riassumere tutto con una
singola frase: non vi è alcun uomo d’alto ceto sociale appassionato di sangue che non
conosca lui, la tempesta di lame rosse. Non una sconfitta, non una ferita menomante.
Ha combattuto senza sosta mantenendo per anni il titolo di maggior attrazione del
colosseo. Uomini, animali, altre razze: nulla lo fermò, se non sé stesso. Si sa, uno show
è tanto più croccante quanto più attira il popolo e la monotonia alla lunga iniziò a
stancare. La combinazione di ragazzo imbattuto, esibizionista e tizio-che-dovrebbe-
morire finirono presto per annoiare, facendo del rosso tanto amato un villain da
abbattere, un qualcuno di talmente noioso da non valer più il proprio tempo (e i propri
soldi). Non ha senso, alla fine, guardare un qualcosa il cui esito è già noto. Nato dalla
sabbia, cresciuto nel sangue, morto fra le zanne. Questa era la promessa fatta per la
settimana successiva al popolo di Oracladi, questo era il programma deciso e la fine
cruenta del giovane gladiatore: uno scontro impossibile anche per lui, morire contro
venti spietate tigri fameliche portate nella capitale solo e soltanto per questo
combattimento, o esecuzione, se più vi aggrada l’orecchio. Tutti ormai non parlavano
d’altro: dai nobili ai politici, dai mercanti ai fabbri, dai bambini ai gladiatori. Chissà
come ci si sente a sapere di avere appena una manciata di altri giorni di vita prima di
essere sbranato vivo da alcuni felini grossi il doppio di te. Che triste fato, avvolto dalla
sfortuna.

Oh, siete ancora qui? Beh, me lo aspettavo. Anch’io al vostro posto avrei voluto sapere
se il giovane guerriero rude e selvaggio avesse avuto una possibilità contro quelle
belve. Ma non lo so, come non lo saprete neanche voi fra qualche giorno. Perché mi
chiedete? Eh, è semplice la domanda: la cella del rosso è vuota ed una guardia giace
tramortita davanti le sbarre, colpita alla testa da quel grosso sasso insanguinato. Del
rosso? Non vi è traccia di lui e non sarò di certo io a dirvi che ha preso con sé tutti gli
incassi della settimana, quel che di più caro aveva e qualche altra cianfrusaglia, per poi
fuggire nella notte. L’ho fatto? Dannazione, che distratto. Beh, almeno non vi
racconterò come abbia corrotto alcuni pirati con dell’oro e con essi sia partito,
cercando di allontanarsi quanto più possibile dalla capitale. L’ho fatto ancora?
Dannazione. Può capitare, perdonatemi. Non vi dirò, però, dove il giovane ora si trova.
Mi chiedo solo se riuscirà prima lui a lasciare Niver o i cacciatori di taglie a trovarlo per
incassare la ghiotta ricompensa messa in ballo dal padrone del colosseo.

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