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Laura: nome e destino

Dal punto di vista storico, non esiste alcuna prova che affermi l’effettiva esistenza della “Laura”
cantata da Petrarca. Né per quanto riguarda le sue descrizioni, né per quanto riguarda la sua data di
morte. Ciò non toglie che la donna di Petrarca possa essere realmente esistita (magari non aveva quel
nome, e la data di morte potrebbe essere stata oggetto di falsificazione letteraria da parte del poeta), e
fatto sta che la Laura del Canzoniere sia una delle donne più note e famose di tutti i tempi in poesia, la
quale (per quanto riguarda la “gloria letteraria”) può essere eguagliata solo dalla Beatrice dantesca.

Di Laura sappiamo poco o nulla, e le poche informazioni sono quelle che ci sono date da Petrarca
stesso: sappiamo che era originaria di una piccola città vicino ad Avignone, qualche particolare delle
sue doti fisiche e morali, abbiamo testimonianza di alcune sue comparse nei luoghi frequentati dal
poeta, e poi sappiamo la sua data di morte (1348) a causa della Peste.
Tutte cose che ci sono state riportate da Petrarca, e che dunque non è possibile stabilire se
corrispondessero effettivamente alla realtà.

Sono state più volte compiute analisi e indagini archivistiche di ogni tipo, al fine di comprovare la
sua effettiva identità biografica, e pare che essa possa essere identificata in una nobildonna francese,
Laure de Noves.
Ma ci sono anche altre interpretazioni dal carattere quasi trascendente, metafisico, che portano a
vedere Laura non come una donna reale, ma come qualcosa di inarrivabile, di metafisico appunto, che
spinge il poeta ad una ricerca appassionata e dolorosa, densa di tentativi disperati per arrivare a questo
qualcosa. Qualche studioso l’ha addirittura identificata con dei simboli matematici (il pi greco).

Ma la tradizione ormai più storicamente condivisa vuole riporre fiducia in ciò che ha scritto Petrarca, e
dunque viene quasi sempre accettata la possibile concreta esistenza della Laura cantata, in carne e ossa,
che nacque e visse ad Avignone e che con il suo fascino e la sua avvenenza sedusse involontariamente
Francesco Petrarca, facendolo cadere nel cosiddetto giovanile errore.

Tra questa estrema concretezza da un lato, e la trascendenza dall’altro, è possibile comunque assumere
una posizione intermedia.
 Furono forse più di una le esperienze d’amore del poeta, che tutte insieme contribuirono
all’elaborazione del personaggio che egli canta come “unico amore di una vita”, e che
occupa dunque con la sua presenza molte delle opere di Petrarca (principalmente il
Canzoniere, ma non solo).

D’altronde, non è possibile stabilire quale sia la verità, perché siamo limitati a basarci solo su quello
che ci ha lasciato Petrarca.

«Ho sofferto in gioventù per un amore acerrimo ma unico e puro, e ne avrei sofferto più a lungo se
una morte prematura ma utile non avesse estinto un fuoco che già si intiepidiva».

Questo è tutto quello che Petrarca ha desiderato che si sapesse della sua vita amorosa. Non si hanno
notizie certe delle madri dei suoi figli, né di nessun’altra donna (compresa Laura).
Di alcuni occasionali amori rimane forse traccia in qualche verso latino sparso qua e la, e
probabilmente anche in qualche componimento del Canzoniere.
Nei 4 madrigali del Rvf, infatti, si allude a “pastorelle” che sono difficilmente sovrapponibili alla
figura di Laura dipintaci dal poeta, ed è dunque plausibile che si tratti di altre donne. Ma anche qui non
è possibile avanzare supposizioni con certezza, perché anche questo era un elemento convenzionale
della poesia provenzale francese (per cui la pastorella è protagonista del genere madrigale).
“Laura” quindi potrebbe essere esistita o meno, e ancor più plausibilmente potrebbe essere
l’incarnazione di alcune delle esperienze amorose del poeta, ritratte tutte sotto la figura di un’unica
donna.
Ma al “bellissimo nome di Laura”, Petrarca riconduce tutta la sua esperienza amorosa (sia che sia
“l’amore di tutta una vita”, sia che si tratti di più esperienze). Ma il nome di Laura è molto più
significativo di quanto si possa pensare: esso condensa dentro di sé una straordinaria molteplicità di
significati, che in sintesi rappresentano i punti saldi della poetica petrarchesca.

1. Laura – la Laurea
La laurea poetica, e quindi l’eterna gloria letteraria, era una delle massime aspirazioni di Petrarca. Il
nome di Laura effettivamente ha una certa assonanza con la parola “laurea”, ed è plausibile che il
poeta abbia incarnato nel nome della donna (che ricordiamo, potrebbe essere anche inventato) un’altra
delle sue massime aspirazioni.

Boccaccio, che fu grande amico di Petrarca, intorno al 1350 scrisse un documento sulla Vita e Costumi
di Messer Francesco di Petracco, al comune di Firenze, a favore della sua reintegrazione come
cittadino fiorentino (Petrarca infatti era un esiliato per ragioni politiche, e nacque ad Arezzo in quanto
tutta la sua famiglia fu esiliata prima che nascesse).
Boccaccio, grande amico del poeta, era talmente convinto del valore puramente allegorico del nome di
Laura, che lo scrisse a chiare lettere in questo suo documento biografico dell’amico.
«Sebbene in numerose poesie volgari […] abbia dichiarato di aver amato con grande passione tal
Lauretta […] ritengo che quella Lauretta vada intesa come allegoria della laurea corona che poi
ottenne».
In sintesi, Petrarca con le sue rime canterebbe, in modo del tutto autoreferenziale, la lode della corona
d’alloro che cingeva la testa dei poeti, celandola sotto il velo amoroso.
 Effettivamente in numerose parti del Canzoniere si ritrovano riferimenti all’alloro, e Laura
viene spesso associata a questa pianta (Arbor victoriosa triumphale… [Rvf 263]).

N.B: Petrarca ottenne effettivamente la laurea poetica a Roma, nel 1341, dopo aver ricevuto nello
stesso giorno la proposta di incoronazione da Roma e Parigi (anche questa coincidenza è oggetto di
discussione). Evento che oltre a consacrarne la celebrità come poeta, ebbe un discreto valore
all’interno della sua vita. Certamente dunque, ciò contribuisce ad arricchire il potenziale
simbolico del nome di Laura nel Canzoniere.

2. Laura – Lauro; nel segno di Apollo e Dafne


Ma c’è anche un altro modo in cui Laura viene associata all’alloro. Prima di essere il simbolo
celebrativo di imperatori e poeti, infatti, l’alloro è la pianta sacra alla poesia, in quanto sacra al dio
greco Apollo.
Secondo il mito di Apollo e Dafne, narrato da Ovidio nelle Metamorfosi, la ninfa che era oggetto
delle mire amorose del dio chiese aiuto al padre (il fiume Peneo), che la trasformò in una pianta di
alloro. Da quel momento il lauro divenne la pianta sacra ad Apollo.

Dafne corrisponde dunque al lauro (o alloro, che dir si voglia), e nella poetica di Petrarca è
indissolubilmente legata a Laura, il cui nome ricorda appunto il “lauro”. Laura e Dafne condividono,
oltre che lo stesso nome, lo stesso destino
Ma se Laura è Dafne, allora al poeta spetta il ruolo di Apollo. Ruolo dell’amante, colpito anch’egli a
tradimento da una freccia di Amore (proprio come il dio), e all’inseguimento perenne della sua amata.

Dunque ha origine classica uno dei miti fondativi di tutta la poesia d’amore petrarchesca: la perfetta
identità fra le due coppie: Apollo e Dafne  Il poeta e Laura. Questo mito è presentato proprio
all’inizio del racconto del Canzoniere (sonetto 2), quasi a voler mettere subito in chiaro
l’identificazione della sua storia con quella mitologica:
Per fare una leggiadra sua vendetta/ et punire in un dì ben mille offese/ celatamente Amor l’arco
riprese… [Rvf 2]  Come aveva fatto con Apollo, Amore riprese l’arco e colpì a tradimento il poeta.
Iniziata con questo sonetto numero 2, l’identificazione nel mito di Apollo e Dafne si fa sempre più
forte, ripresentandosi e moltiplicandosi in diversi punti del Canzoniere.
N.B: non bisogna dimenticare che Petrarca è considerato uno dei “primi uomini veramente moderni”;
e sebbene sotto molti punti di vista appartenesse ancora alla tradizione medievale, egli era un uomo del
Rinascimento, e per questo coltivava uno straordinario interesse per la cultura classica e la sua
riscoperta.

Iniziato con il sonetto 2, il parallelismo tra le due coppie viene riproposto ed esplicitato ripetutamente.
In particolare viene più volte ripresa la figura di Apollo:
Spesso il dio e il poeta si trovano quasi a “sfidarsi” per l’amore della stessa donna (ricordiamo che
Laura e Dafne vengono identificate nella stessa persona)
Altre volte, Apollo viene presentato sotto le vesti di Febo, dio del Sole, i cui raggi vengono
metaforicamente surclassati dalla luminosità degli occhi di Laura. La donna stessa viene vista come un
altro sole, che vince lo splendore di Febo.
Ancora, Apollo è il dio della medicina e dunque viene invocato a presiedere al benessere del lauro-
Laura.

Il sonetto 34 “Apollo s’ancor vive il bel desio” è forse quello in cui l’identificazione nel mito è più
forte. Laura viene completamente personificata nell’alloro, e dunque in Dafne, e Petrarca si rivolge ad
Apollo proprio come se amassero la stessa donna.

Inoltre è un sonetto che ha un valore speciale, in quanto dal codice degli abbozzi, in una nota al
margine, si può leggere che Petrarca aveva deciso di iniziare a trascrivere la sua raccolta di rime
ordinata proprio da qui. Dunque era chiara l’intenzione di voler dare alla sua opera uno stampo
palesemente classicista. Nella versione definitiva diviene il n.34, ma comunque il sonetto 2 posto
all’inizio adempie alla medesima funzione.
Petrarca vuole collocare la sua vicenda amorosa completamente “sotto il segno di Apollo”, e dunque
sotto una tradizione classica e mitologica che per lui viene prima di qualunque altra.

Inoltre, sempre il sonetto 34 è significativo in quanto mostra con straordinaria evidenza l’incisività
degli interventi correttori di Petrarca. Nel Vat.lat.3196, al v.14 recitava “facendo sei suoi rami a se
stessa ombra” Nel 3195 è modificata in “far delle sue braccia a se stessa ombra”.
Grazie a questa correzione, Petrarca riesce ad immortalare il momento della metamorfosi di Laura-
Dafne in alloro: i rami già di per se fanno ombra, e dunque l’immagine della metamorfosi non sarebbe
arrivata al lettore.
3. Laura – L’auro – L’aura
Ma c’è ancora di più: oltre all’evocazione del mito di Apollo, e al richiamo alla laurea poetica, il nome
di Laura permette la possibilità di molteplici risonanze semantiche.
L’auro, ovvero l’oro con cui la donna è descritta come preziosa e, ancora una volta, che contende la
luminosità al Sole; ma anche l’oro di cui sono fatte le chiome e le trecce dell’amata, richiamate a più
riprese all’interno dei componimenti.
L’aura, l’assonanza decisamente più usata da Petrarca, con cui il poeta intende l’aria, la brezza lieve e
avvolgente, che anche in assenza della donna lo raggiunge anche da molto lontano, per portargli il
ricordo e il profumo di lei, per portargli una sua lieve presenza anche quando è lontana.
Il termine “L’aura” infatti ha uno straordinario potere evocatore di Laura: è come se al sentire
pronunciare “L’aura” si avvertisse la presenza fisica di lei.
Anche quando la donna è morta, “l’aura amorosa” percorre in modo netto la distanza che c’è tra i vivi
e i morti, rinnovando nel poeta le sensazioni e i ricordi di un tempo ormai passato e della donna amata.

 Ecco che dunque, nel Canzoniere, parlare di un verde lauro, dei capelli dorati, o del vento che
spira da lontano, o della brezza che porta al poeta il profumo della donna, sono tutti modi per
esagerare all’infinito il nome dell’amata, replicandone continuamente il suono.

Laura personaggio del Canzoniere


Ma Laura non è solo e puro nome, e suono di esso. Seppur abbia molteplici significati allegorici, Laura
è anche la co-protagonista del romanzo d’amore. E di più, è invece il personaggio più attivo della
storia. La vita di Laura, nel Canzoniere, è scandita da alcuni fatti ben chiari e definiti; mentre la
vicenda dell’dell’io-lirico è arricchita di pochissimi eventi, e la maturazione è quasi esclusivamente
interiore.
Di Laura vengono descritti la nascita, la vita, la morte, ma anche e ripetutamente i dettagli della sua
fisicità, si allude a determinati episodi delle sue giornate, ad alcuni suoi discorsi, e addirittura ad azioni
apparentemente insignificanti (perdita di guanti; l’essersi seduta su una roccia o su un prato; la sua
presenza alle cerimonie). Potremmo quasi dire che dal punto di vista narrativo, è Laura ad essere
il protagonista principale.
Per quanto riguarda il protagonista maschile, invece, sappiamo pochissimo della sua vicenda. Giusto
qualche spostamento, qualche incontro con Laura, e poi sappiamo che piange, ogni tanto scappa da
quei luoghi che gli ricordano lei, oppure cerca le sue tracce nella natura.
Ogni elemento narrativo che riguarda il poeta è inserito in relazione alla presenza, nel racconto, della
figura di Laura.
Per questo, l’incontro con lei e la sua morte vengono a rappresentare i due eventi cardini attorno a cui
ruota la vicenda non solo materiale, ma anche interiore, del protagonista. Altri elementi diegetici sono
quasi totalmente assenti, e tutta la fabula del libro ruota intorno all’innamoramento, alla premonizione
della morte e infine alla scomparsa di lei.
N.B: questa cosa non era nuova al tempo di Petrarca, in quanto già Dante nella Vita Nuova aveva
proposto gli stessi elementi (morte e premonizione) al centro della narrazione. Nell’opera di Petrarca, i
due eventi costituiscono uno snodo centrale e fondamentale, ma non peculiare, in quanto nel centro
assoluto è posta la mutatio animi che riguarda il protagonista.
Un nome, molti volti Laura è bella, e la sua bellezza è costantemente percepita all’interno del
Canzoniere. L’oro dei capelli, gli occhi luminosi, le mani candide ecc. ecc.: i dettagli del suo corpo
sono sparsi in tutto il testo, e costantemente fatti oggetto di idolatria. Così come i luoghi in cui lei è
passata vengono sacralizzati dalla sua presenza. I segni di lei e del suo passaggio sono spesso ricercati
dal protagonista.
La nominazione continua del suo corpo, e la sua percezione, sono una novità assoluta nella poesia
medioevale-rinascimentale (basti pensare alla Beatrice di Dante, che era del tutto priva di fisicità). La
sua presenza fisica è costantemente evocata tramite il suo corpo e il suo passaggio nel mondo

Ma la bellezza di Laura è anche qualcosa che induce all’estasi, la sua vista può essere pacificante ma
anche motivo di tormento e di sofferenza, di desiderio o di frustrazione per non poterne godere (perché
lontana, o perché sottratta dalla morte, o perché priva di pietà per il poeta).

Di questa bellezza, Petrarca offre numerose interpretazioni. Può essere vista come bellezza
morale, che porta sulla Terra le bellezze del paradiso, oppure come fonte involontaria di corruzione e
peccato, incarnazione della seduzione che induce all’errore.
Sono dunque molti i volti attribuiti a Laura, e variano a seconda delle percezioni e ai giudizi che il
soggetto narrante ha di lei. Può essere una presenza fisica, così come un qualcosa di morale.

Ciò che uniforma la molteplicità dei volti dati a Laura è l’idea di dolcezza. Sempre, la sua vista, il suo
pensiero o il suo ricordo provocano una sensazione di dolcezza all’interno dell’io-narrante.
Dolce è l’aggettivo che più volte viene abbinato alla figura femminile, sia agli elementi del suo corpo
(il dolce lume), sia alle sensazioni che la vista di lei provoca.
Ed è un idea che rimane sempre costante, anche quando ormai è stata perduta ogni speranza di
salvezza a causa della passione terrena; anche quando lei è morta.

Le parole di Laura Con lo svilupparsi del libro, il personaggio di Laura si arricchisce sempre più di
imprevedibili aspetti psicologici e, soprattutto, umani. In un confronto diretto con la Beatrice di Dante,
o più in generale con la figura della “donna-angelo” cantata dai più grandi poeti del periodo, è chiaro
che Laura abbia appunto un lato più umano.

Per Dante, al momento della morte, l’amata diventava un tramite per il Paradiso: ma la distanza che
c’era tra l’amante e la donna era qualcosa di quasi incolmabile (tanto che Dante, nella Commedia
dovrà attraversare i tre regni dell’oltretomba).
Petrarca invece, al contrario, proprio in virtù della morte di Laura riesce a coprire quella incolmabile
distanza, attraverso un’invenzione straordinaria che è quella del sogno o della visione.
Una dimensione in realtà non ben definita, a metà tra il terreno e l’ultraterreno che viene condivisa dai
due amanti. E proprio grazie a questo, tra i due alla fine si stabilisce un rapporto diretto, che consente
l’intesa e lo scambio di pensieri e parole.
N.B: Quella del sogno non è certamente un’invenzione di Petrarca. Già Dante nella Vita Nuova aveva
riportato il celebre “sogno del cuore mangiato”, premonizione della morte di Beatrice. La novità
assoluta portata da Petrarca sta appunto nell’inserimento di interventi dialogici di Laura, e nella
costruzione, all’interno di questa dimensione, di un rapporto diretto tra il poeta e l’amata.

 Laura infatti interviene con le “sue proprie” parole, trasformando radicalmente quello che, fino
ad allora, era stato un monologo del protagonista.
Il primo intervento “personale” di Laura (primo rispetto all’ordine finale dei componimenti) si ha al
sonetto 250, in cui la donna non è ancora morta, ma la sua immagine appare in sonno al poeta, per
annunciargli la sua morte. È questa l’apertura di quello spazio di condivisione dei due amanti.
La qualità e l’espressività degli interventi dialogici di Laura successivi a questo, inoltre, tenderanno
sempre più ad evolversi verso un atteggiamento intimo e personale. Passando per la Canzone 359 tutta
dialogata tra i due protagonisti, e culminando infine con l’aperta dichiarazione d’amore da parte di
Laura nel 362, in quello che sarà il loro ultimo incontro prima della chiusura del libro.

Dunque, attraverso l’invenzione di questo spazio intimo del sogno, assistiamo quasi ad un
materializzarsi “fisico” della donna, che assume un ruolo più importante e diretto all’interno della
storia, di quanto non avesse quando era ancora in vita. Nel Canzoniere, all’assenza dell’immagine
desiderata (perché ormai morta), si sostituisce una presenza quasi “fisica” della donna, ma non solo: ad
un passo dalla conclusione del libro, quella che viene a presentarsi è una donna amante, che si fa
finalmente compensatrice dei dolori passati grazie al riconoscimento della reale corresponsione del
sentimento del poeta. Attraverso la “sua” voce e le “sue” parole, vediamo la storia d’amore anche dal
punto di vista della donna, veniamo a conoscenza del fatto che l’amore del poeta era ricambiato, e del
ruolo che consapevolmente Laura avrebbe svolto per “tutelare” le loro due anime.

Ecco che dunque Laura e le sue parole, nella seconda parte dei RVF divengono elemento consolatore,
che rendono tollerabile il dolore presente dovuto proprio alla morte dell’amata e, in seguito, al
riconoscimento del giovenile errore.

Ma l’elemento più interessante da notare è il contrasto tra la condanna dell’amore nutrito verso Laura,
esplicitata sin dall’inizio del libro e perseguita fino alla fine; e il ritratto della donna che invece viene
delineandosi nella seconda parte.
 Da un lato abbiamo la condanna del giovenile errore, e la volontà di una redenzione consegnata
alla canzone 366 alla Vergine.
 Dall’altro lato, invece, l’appagamento è conseguibile già sulla terra, attraverso le parole di
Laura e la consolazione per tutti i dolori passati.
Due visioni del mondo che, apparentemente, sembra impossibile far convivere, e che in qualche modo
lasciano aperto il finale del RVF. D’altronde, come aveva già dichiarato all’inizio, Petrarca è solo in
parte un uomo nuovo.

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