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Parte generale del corso

1. Lineamenti e storia delle teorie:


PSICOLOGIA CLASSICA atomistica-associazionistica
Nascita della psicologia come disciplina autonoma e specifica con
Wundt (1879) nell’ambito della psicofisiologia sperimentale:

-Atomismo e teoria dell’aggregazione sommativa (da Democrito


a Hume a Wundt e l’appercezione)
-Associazionismo e la teoria delle inferenze inconsapevoli
(H. von Helmholtz)
Teoria delle inferenze non consapevoli e la nozione di sensazione
pura
(Memoria, giudizio, ragione secondo H. Von Helmholtz)

Hermann von Helmholtz (1821-1894)

Sensazione pura – percezione retinica – stimoli


prossimali

azione stabilizzante e correttiva, non consapevole,


della memoria–giudizio-ragionamento

fenomeni delle costanze percettive


(forma, dimensione, colore)
GESTALT (1910-1930): Forma, Struttura organizzata,
Insieme, campo
Koffka, Wertheimer, Kölher
Precursore: Christian von Ehrenfels (Über Gestaltqualitäten,
1890): introduce la nozione di “Gestalt” * attraverso l’esempio
della melodia
- Quando ascoltiamo un brano musicale udiamo suoni o
“melodie” (sviluppo tematico elementare)?
- Noi possiamo sentire “forme sonore” così come vediamo
“forme spaziali”: un’astrazione (forma) è data nella
“sensazione” (paradosso!)
- Occorre considerare la melodia come autonoma rispetto ai
suoni di cui è composta: la melodia è una gestalt, colta
direttamente ed in un sol colpo.
- La melodia è una gestalt, un tutto, un intero, non riducibile
alla mera somma delle sue parti
- La melodia è una qualità formale che poggia sui suoni ma
non è con essi coincidente, è piuttosto sospesa su di essi, è
fatta di relazione, di rapporto tra i suoi elementi (vedi
l’esempio della trasposizione musicale - la funzione della
pausa).
- Il tutto, l’intero, la struttura (la gestalt=la melodia) non è
riducibile alla mera somma delle sue parti (i suoni
singolarmente percepiti)

*(intesa più che come qualcosa di astrattamente vuoto e intellettuale, che


come figure concretamente visibili e percepibili, strutture della percezione)
GESTALT
La forma come modello di comprensione
-La relazione tra “parte” e “tutto” e la loro simultaneità*
-Il rapporto tra “intuizione e intelletto”, “sensazione/percezione”
e “pensiero” (Arnheim)**
* “La percezione (visiva) opera come un processo di campo, cioè
il posto e la funzione di ogni elemento sono determinati dalla
struttura del campo inteso come un tutto. All’interno della
struttura globale che si estende nello spazio e nel tempo, tutti
gli elementi dipendono l’uno dall’altro (Es. la percezione del
colore)”

**COGNIZIONE (acquisizione di conoscenza come


apprendimento produttivo in tutti i campi dell’esperienza):
ARNHEIM, Il pensiero visivo:
"Ogni percezione è anche pensiero, ogni ragionamento è anche
intuizione, ogni osservazione è anche invenzione" (Art and visual
perception, 1978).

I sensi sono intelligenti e orientano il pensiero nella costruzione


dei concetti (visual thinking)
Cognizione:
acquisizione di conoscenza-
apprendimento attivo e produttivo

PENSIERO: INTELLETTO
PERCEZIONE: INTUIZIONE (linguaggio matematico e verbale)
(linguaggio visivo): capacità di cogliere Distinguere, confrontare,
direttamente l'effetto di una interazione individuare - dedurre, classificare,
svolgentesi in un campo, o gestalt. Opera per generalizzare
processi di campo

Arnheim intende per cognizione un continuum che va dalla


percezione più elementare ed immediata ai costrutti teorici più
elaborati. L’atto percettivo è già conoscenza dal momento che
mentre percepiamo compiamo operazioni come: esplorazione
attiva dell’ambiente, selezione, capacità di cogliere l’essenziale,
la semplificazione, l’astrazione, l’analisi e la sintesi, il
completamento, la correzione, il confronto, la risoluzione di
problemi, la combinazione, la distinzione, l’inserimento entro i
contesti Percepire visivamente è pensare visivamente
Nella nostra esperienza diretta abbiamo più familiarità con
l’intelletto perché:
-le operazioni intellettuali tendono a consistere in catene di
deduzioni logiche i cui anelli sono spesso osservabili alla luce
della coscienza e chiaramente distinguibili gli uni dagli altri;
-le capacità intellettuali sono suscettibili di trasmissione ed
apprendimento mentre l’intuizione tende a sottrarsi alla
consapevolezza.
Esempio di gerarchia strutturale:

+
Come descrivere una immagine?

Domanda: come è possibile descrivere un


processo di campo (sincronico, totalità gestaltica,
un pattern complessivo) in termini intellettuali
(sequenza lineare e diacronica del linguaggio
verbale)? Come può il linguaggio verbale
proposizionale (fatto di catene lineari di unità
standardizzate) descrivere una immagine (totalità
gestaltica, struttura sinottica)?
La risposta di Arnheim:
“Il linguaggio, pur essendo verbalmente lineare,
EVOCA REFERENTI che possono essere immagini e
che come tali sono soggette ad una sintesi
intuitiva in chi ascolta. La traduzione delle parole
in immagini fa sì che la catena intellettuale con i
suoi elementi venga riportata alla concezione
intuitiva, la stessa che ha inspirato la
composizione verbale.”
Un altro oggetto di studio della Gestalt: l’ INSIGHT
dagli studi di Kölher sul problem solving
Alternativo al Trials and errors (prove ed errori)

Insight: “intuizione” nella sua forma immediata e


improvvisa; favorisce la ridefinizione del sistema da
parte del soggetto che gli permette di risolvere il
problema posto; riconfigurazione dello spazio del
problema e conseguente “salto” verso la sua
soluzione.

L’esempio di Duncker (1935): La fissità funzionale e il


problema della candela

effetti della fissità funzionale

consistono nell’impedire soluzioni produttive perchè gli


individui restano fissati alle funzioni degli oggetti
normalmente e naturalmente sperimentate
(Duncker, 1945)

problema della “scatola e della candela”

ai partecipanti veniva detto che il compito era quello di


applicare verticalmente alla parete una candela come se si
trattasse di una lampada.
candele, fiammiferi di legno
e puntine da disegno erano
nelle rispettive scatole

soluzione

prendere una delle


scatole, applicarla alla
parete con una puntina
da disegno e mettere
sopra la candela
Flashes of insight
La fruizione dell’arte può fornire “flashes of
insight” che possono mettere in moto
processi di cambiamento ma che, tuttavia,
non esimono dal faticoso cammino, passo
dopo passo, dall’ignoranza verso i nostri
scopi (Winnicott, 1974)
Maurice Merleau-Ponty
(1908-1961)

“Si potrebbe cercare nei quadri stessi una filosofia


figurata della visione” (Il dubbio di Cézanne, in Senso e
non senso)

FENOMENOLOGIA DELLA PERCEZIONE (1945) come


filosofia dell’esperienza, che torna alle “cose stesse”, che
ci riporta ad una dimensione pre-categoriale (la
Lebenswelt: il mondo della vita)* All’origine vi è il
rapporto io-mondo, e in questa trama opaca possiamo
rintracciare il senso.
*Le categorie sono: il numero, la misura, lo spazio, la
causalità (il tempo scandito secondo il rapporto causa-
effetto). Il rapporto dualistico vero/falso,
soggetto/oggetto, io/mondo.
Con l’idea di corpo vissuto (Leib: l’io come coscienza
incarnata che si estende nel mondo ambientale, il mio
corpo e il corpo del mondo in coalescenza), M-P si pone
agli antipodi della nozione di “sensazione pura” e la
supera definitivamente.
Secondo M.-P. il sentire precede ogni differenziazione
dell’attività percettiva (precede la distinzione dei sensi)
Meglio parlare di “sistema percettivo” piuttosto
che di “sensi”.

Opere principali:
-La struttura del comportamento [1942], -
Fenomenologia della percezione [1945]
-Segni [1960], Il Saggiatore, Milano, 1967 (postuma)
-Senso e non senso, Milano, 1962 (postuma)
-Il visibile e l'invisibile,1964 (postuma)
Maurice Merleau-Ponty
e il primato della percezione

- Che tipo di filosofo è Merleau-Ponty?

-percezione come esperienza primaria della


coscienza: i temi della visione, del corpo, del
linguaggio, del mondo, dell’altro
 -Soggettività: il soggetto non è una
coscienza separata dal corpo così come la
conoscenza non è isolata dalla conoscenza
degli altri uomini. Il soggetto non è un
osservatore assoluto, distaccato dal
mondo; l’oggetto non è una realtà
distaccata dal modo con cui gli uomini lo
percepiscono.

- Adozione della nozione di “forma” e critica


alla psicologia gestaltista (esperimento di
laboratorio e funzioni sensoriali anonime: al
loro posto “personalita’ e “comportamento”)

- la lingua è una gestalt, è una forma (per un


verso, il soggetto parlante modifica la lingua;
a sua volta, la lingua reclama la propria logica
e costruzione interna → ne deriva l’andatura
titubante, ambigua, della lingua (langue e
parole secondo Saussure)

- ambiguità : noi siamo esseri al mondo e del


mondo (dentro e fuori, percipienti e
percepiti, soggetti osservatori e oggetti
visibili)

- L’unità dell’oggetto è data come orizzonte,


non si offre nella sua interezza
all’esplorazione del soggetto corporeo ma
conserva sempre degli aspetti nascosti così
come la realtà è conosciuta sempre per
profili: dobbiamo rifarci gli occhi!
- io percepisco presenze non “verità
geometriche” (come ad es. la prospettiva
rinascimentale): la fede percettiva. Ma la
presenza è radicata nell’assenza.

- “mi percepisco percependo il mondo”

ESISTENZA COME COSA


(Oggettività)
vs
ESISTENZA COME COSCIENZA
(Soggettività)

La nozione di FORMA (GESTALT) come
STRUTTURA: comprendere rivivendo
-Identità-unicità del mio essere e pluralità dei
testimoni

- la forma è interrogativa: sintesi di presenza e


assenza, solidarietà di visibile e invisibile
(figura/sfondo)

- la percezione dell’altro: il “qui” altrui, il lato


nascosto del cubo.

- conoscenza come co-naissance: la percezione è


appropriazione di uno spossessamento

- l’altro: ostacolo ometa altruistica? Le


entrate nel mondo (mondo della vita =
Lebenswelt)

- il chiasma: la percezione fondatrice di


un’etica*
χ
(la lettera greca “chi”, simbolo dell’incrocio, in anatomia
è il punto in cui parte delle fibre provenienti dai due
diversi nervi ottici si incrociano per proseguire invertiti
verso i centri visivi dell’encefalo: visione in rilievo,
profondità di campo)

Il soggetto percipiente non è mai un osservatore


distaccato ma direttamente implicato con la realtà
percepita, in una relazione inscindibile con le cose

Ogni percezione è una comunicazione, una comunione,


un accoppiamento del nostro corpo con le cose.
James J. GIBSON (1904-1979)
Fondatore della teoria ecologica della percezione
(a partire dall’incontro con Koffka: dal 1928 al 1941 seguì Iì i suoi seminari allo
Smith College)
Opere fondamentali:

“The ecological approach to visual perception” (1979)

(“Approccio ecologico alla percezione visiva”)

“The senses considered as perceptual system” (1966)

(“I sensi considerati come sistema percettivo”):

“i sistemi percettivi sono attivi, a differenza dei singoli sensi che sono passivi,
svolgono funzioni quali quelle di orientare, esplorare, indagare, adattare,
ottimizzare e giungere a un equilibrio”

-Alcuni concetti chiave:

È abbandonata l'ipotesi inferenziale (le “inferenze inconsapevoli”) secondo la quale


la mente provvede a integrare e a collegare fra loro le singole immagini statiche e
piatte raccolte dagli organi di senso periferici. G. afferma invece che fra
l'informazione disponibile nell'ambiente e la capacità dell'organismo di raccoglierla
non vi è bisogno di alcuna mediazione, né di tipo elaborativo, né di tipo inferenziale.

Si attribuisce un nuovo significato all'attività percettiva partendo dal principio che


scopo dell'organismo è di muoversi con successo nel mondo, non di osservarlo. A tal
fine i viventi si sarebbero evoluti in modo da cogliere direttamente le informazioni
che specificano il disporsi delle superfici dei corpi.

Tali informazioni provengono dalle caratteristiche tissurali (grana) delle superfici che
variano densità secondo la posizione e inclinazione nello spazio. I gradienti tissurali
sono specificati dallo strutturarsi ottico della luce.

Nel flusso di luce riflesso dall'ambiente vi sono alcune caratteristiche che rimangono
costanti malgrado il mutare dei punti di osservazione. Queste caratteristiche
invarianti dell'ordinamento ottico informano sulla rigidità e stabilità degli oggetti,
mentre le alterazioni di tali invarianti specificano le trasformazioni non rigide e il
movimento. Lo studio e l'individuazione degli invarianti percettive è uno dei compiti
della psicologia sperimentale.

§ L’interdipendenza tra agente e mondo è il fondamento dell’ottica ecologica


(ambientale): immediatezza della percezione diretta. Non è più necessario far
ricorso alla mediazione delle inferenze inconsce o di processi cognitivi superiori
(memoria): gli stimoli che colpiscono l’occhio (l’assetto ottico, optic array) sono
suff. a permettere la ricostruzione della realtà (ad es. tridimensionalità); l’assetto
ottico non è solo la percez. retinica ma include fattori come la distribuzione della
luce o il movimento della persona nell’ambiente: insomma parliamo di una
concezione multisensoriale della percezione;

§ La percezione non procede più dal soggetto all’oggetto ma viceversa: Noi tutti,
nei vari modi che ci sono possibili, ci adattiamo alle sub strutture dell’ambiente, in
quanto siamo tutti, di fatto, formati da esse. Siamo stati creati dal mondo in cui
viviamo.

§ vs ogni forma di mentalismo, G. sostiene il rapporto di sintonia animale-ambiente


-Teoria della “AFFORDANCE” (rendere disponibile, offrire, consentire): Gibson
intende descrivere la possibilità che ha l’animale (quindi anche l’essere umano) di
disporre di un’ampia gamma di azioni consentite (rese disponibili) dall’ambiente e
dagli oggetti che lo circondano. Le affordances possono essere concepite sia come
inviti all’azione, definiti né soltanto nei termini dell’agente né solo in quelli
dell’ambiente; sia, altrettanto, come le caratteristiche che mostrano la disponibilità e i
potenziali usi degli oggetti del nostro ambiente.
Es. vedere una superficie piatta e calpestabile: ciò che vedo è contemporaneamente la
piattezza e la possibilità d’uso (calpestabilità) che questa superficie consente. Per
esempio: un ciglio, ossia il bordo di un precipizio, è considerabile a sua volta come
un «gradiente di pericolo», un’«affordance lesiva». Le proprietà ambientali rilevanti
per l’organismo si mettono a disposizione, si offrono, sono le condizioni di possibilità
per l’uomo …

-LAYOUT: Gibson rileva l’importanza dell’ambiente, del suo aspetto, la sua


conformazione, che permette di cogliere la persistenza nel cambiamento, le sue
«varianti» e «invarianti». L’ambiente è percepibile da animali e esseri umani perché
entrambi gli sono complementari.
A costituire l’ambiente sono le sostanze, più o meno solide, il mezzo che garantisce
la locomozione (l’atmosfera gassosa) e le superfici (la grana delle superfici) che
separano le sostanze dal mezzo

-Ottica ECOLOGICA: Siamo stati creati dal mondo in cui viviamo. La percezione e
le utilità dell’ambiente si accompagnano alle informazioni che specificano
l’osservatore, il suo corpo e i suoi arti. Per questo Gibson afferma che
«l’esterocezione è accompagnata dalla propriocezione»: «percepire il mondo è co-
percepire se stessi». La percezione, il corpo mettono in comunicazione l’ambiente
con la mente.
«La percezione è qualcosa che l’individuo ottiene, non un’apparenza nel teatro della
sua coscienza. È lo stare a contatto con il mondo, esperire cose, e non tanto avere
esperienze».

Per ottenere immagini ferme, gli artisti possono avvalersi di due differenti metodi di
raffigurazione: il metodo fotografico e quello chirografico. Al primo corrisponde
l’avvalersi di una macchina fotografica, al secondo l’utilizzo di un determinato
strumento grafico. Per motivi determinati dalla pregnanza prospettica, le immagini
fotografiche hanno un punto stazionario unico e fisso di fronte alla superficie, mentre
quelle chirografiche no. Le due immagini risultanti sono ulteriormente differenziabili
se considerate dal punto di vista della registrazione. È possibile sostenere che
un’immagine fotografica possa essere una registrazione della percezione di quel che
l’autore stava vedendo nel farla.
Ma questo non vale altrettanto per le immagini chirografiche, poiché un artista
può benissimo dipingere visioni fittizie. Vale a dire che potrebbe dipingere per
esempio quel che immagina, che ricorda a modo suo o persino il frutto di una sua
allucinazione. La registrazione viene considerata come fondamentale da Gibson,
che riscontra nel disegnare e nello scrivere l’origine per entrambe le attività in
quello che definisce «l’atto grafico fondamentale», ossia, il lasciare tracce su una
superficie esattamente mediante una registrazione progressiva del movimento.
Queste osservazioni sono rilevanti per il ragionamento presentato da Gibson
anche rispetto al concetto di «rappresentazione». Un disegno o un dipinto non sono
affatto copie o repliche, semplicemente perché copiare un pezzo di ambiente è
impossibile. L’attività dell’artista, in particolare del disegnatore, è piuttosto quella
di segnare la superficie al fine di mostrare gli invarianti e registrarne una
consapevolezza.
Gibson in proposito si esprime con chiarezza: «Solo un altro disegno può
essere copiato. Noi siamo stati fuorviati troppo a lungo dall’erronea concezione
per cui una figura è simile a ciò che raffigura, gli somiglia, ne è un’imitazione.
Una figura fornisce alcune delle informazioni di ciò che raffigura, ma ciò non
implica che con questo vi sia una corrispondenza proiettiva.» Sulla base di questa
analisi Gibson conclude che il termine «rappresentazione» sia del tutto fuorviante.
Una scena, ossia un assetto ottico, non può infatti essere ri-presentato perché non
può essere ricostruito. E questo vale anche per la fotografia. Seppure con essa si
possano ottenere prodotti di altissima qualità, non si possono comunque conservare le
informazioni che si danno in un punto di osservazione in un ambiente naturale.

Il libro si chiude con un’analisi del cinema e della consapevolezza visiva. A


differenza della «figura bloccata» – una superficie trattata che in sostanza rende
disponibile un assetto ottico bloccato – la «figura in progressione», il film, rende
disponibile un assetto ottico non arrestato, avente una struttura che sottostà a
continui cambiamenti e trasformazioni. Il film non viene inteso come una serie
di istantanee retiniche a cui si aggiunge la persistenza della visione, bensì come la
forma fondamentale di raffigurazione che più si avvicina all’ottica ecologica, e al
reperimento di informazioni nella realtà.
La «raffigurazione cinematografica» ha lo scopo di produrre nello spettatore la
consapevolezza di una serie di eventi e della loro struttura. Così commenta
lo psicologo tale fenomeno: «Sono eventi virtuali e non reali, d’accordo, e nessuno
ne viene mai del tutto ingannato, come quando si ha un’allucinazione, ma
la sensazione di essere presente nel mondo che si estende al di là dello schermo è
fortissima».
Appendice

KANIZSA, Gaetano

Psicologo, nato a Trieste il 18 agosto 1913. Ha studiato filosofia a Padova,


dove si è laureato con C. Musatti. Dopo aver lavorato presso le università
di Milano e Firenze, dal 1953 è stato ordinario di Psicologia a Trieste, dove
ha insegnato fino al 1988 e dove continua il suo lavoro di ricerca come
professore emerito. È socio dell'Istituto veneto di scienze lettere e arti. Nel
1987 ha vinto il premio Metzger per i suoi contributi allo sviluppo della
psicologia della Gestalt.

Nel 1954-55 ha pubblicato i primi studi che danno l'avvio all'ampio filone
di ricerche sulle ''figure anomale''. La prima ed emblematica configurazione
che evidenzia il fenomeno è ora riprodotta in gran parte dei manuali di
percezione di tutto il mondo. Essa è costituita da tre cerchi neri in ognuno
dei quali è stato ritagliato un settore di 60° di ampiezza. I tre cerchi sono
distanziati, ma disposti in modo che i lati dei settori circolari siano fra loro
allineati. L'area triangolare delimitata dai vertici dei settori circolari, pur
essendo dello stesso colore dello sfondo, appare molto più chiara di
quest'ultimo. All'osservatore diventano perciò evidenti dei margini fra le
due regioni (triangolo e sfondo), che nello stimolo fisico non ci sono.
Questa evidenza fenomenica pone grossi problemi, sia agli studiosi
dell'attività cerebrale, che devono capire come un sistema percettivo
deputato a mostrare l'ambiente circostante possa far vedere cose che in
questo ambiente non ci sono, sia agli studiosi delle scienze cognitive che
nel loro progettare modelli computazionali dell'attività conoscitiva non
possono eludere l'enigma posto dalle figure anomale.
Altri contributi originali sono stati portati da K. agli studi sul
''completamento amodale'', sulla trasparenza e la causalità fenomeniche,
sulla pregnanza come ostacolo alla soluzione di problemi.

Tutto il lavoro di K., pur rimanendo all'interno della psicologia della Gestalt,
ne costituisce anche una revisione critica e quindi un ampliamento e un
rinnovamento teorico. Secondo la recente critica storica della psicologia, la
sua opera costituisce una saldatura fra la scuola psicologica di Graz, che da
H. Brentano ad A. Meinong, attraverso V. Benussi, era approdata a Padova
nel 1919, e la psicologia della Gestalt importata in Italia da Musatti. Egli
sostiene e dimostra sperimentalmente che non sempre sono le
proprietà del tutto a determinare il ruolo delle parti − come voleva
l'ortodossia gestaltista − ma possono essere i fattori locali a
determinare il costituirsi del rendimento percettivo. Da un punto di
vista teorico K. tiene nettamente distinti due fondamentali passaggi
dell'attività cognitiva come il ''vedere'' e il ''pensare'': il vedere in
quanto momento in cui l'impulso sensoriale viene organizzato e
segmentato per dar forma all'oggetto visivo (processo primario), e il
pensare in quanto insieme delle operazioni di categorizzazione,
interpretazione, significazione che la mente attua sulla
segmentazione primaria (processo secondario).

Numerose verifiche sperimentali consentono a K. di sostenere che questa


sua interpretazione dell'attività cognitiva è più aderente ai fatti rispetto alla
diffusa concezione che vede il pensiero intervenire inconsapevolmente a
regolare e correggere i dati raccolti dagli organi di senso periferici.

Opere principali: Margini quasi-percettivi in campi di stimolazione omogenea,


in Rivista di Psicologia, 49 (1955), 3, pp. 7-30; Organization in
vision (1979); Grammatica del vedere (1980); Die Doppeldeutigkeiten der Praegnanz,
in Gestalt Theory, 8 (1986), pp. 99-135, in collaborazione con R.
Luccio; Vedere e pensare (1991).

Alle origini della psicologia atomistica: Democrito di Abdera


(conoscenza della natura e pensabilità dei fenomeni secondo un modello
deterministico e meccanicistico)
Per gli atomisti il pieno, quando si trova nel vuoto, continua nel suo movimento che è ingenerato
ed eterno; di tale fatto non si deve chiedere ragione appunto perché è primitivo ed è sempre
avvenuto. Ciò significa che è illegittimo chiedere una spiegazione teleologica d'un processo
meccanico sufficiente a sé stesso perché irriducibile ad altro. Aristotele, che considerava come
veramente necessaria soltanto la causalità teleologica, poteva affermare che secondo D. il
movimento che dà origine al mondo è spontaneo; ma gli atomisti, che respingevano il
determinismo finalistico soltanto per accettarne uno meccanicistico anche più inflessibile,
affermavano che nulla avviene senza causa, che tutto accade per una ragione e in forza della
necessità. Gli atomi che sono infiniti, muovendosi in tutte le direzioni nel vuoto, pure infinito,
s'incontrano, dando origine a un movimento vorticoso che determina raggruppamenti di elementi
simili (per qualità geometriche). Così si formano i cosiddetti elementi (fuoco, aria, acqua, terra), le
sostanze complesse e i mondi, che sono infiniti perché tali sono lo spazio e gli atomi. Principio di
vita è l'anima, che è corporea perché risulta di atomi di fuoco, sottili, lisci, sferici, mobilissimi,
capaci quindi di attraversare e di muovere ogni cosa, anche il corpo. L'anima è diffusa in tutto
l'organismo che ovunque possiede senso e moto; essa è mortale perché si dissolve col corpo.
Quando D. afferma che gli dei (che sono pure costituiti di fuoco) si debbono pensare come anima
e intelletto, intende parlare non di esseri personali ma dell'elemento igneo, e quindi psichico, che è
diffuso nelle cose. Egli però ammette che esistano nell'aria esseri demoniaci, in parte benefici, in
parte malefici, non immortali, ma forniti di una vita più lunga dell'umana perché difficilmente
distruttibili: essi presagiscono il futuro agli uomini. Fra gli esseri viventi D. considerò soprattutto
l'uomo (che chiamò un microcosmo) e in esso studiò specialmente le attività conoscitive.

Per gli atomisti, che identificano l'essere col corpo, i processi psichici, anche quelli conoscitivi, sia
percettivi sia propriamente intellettuali, possono consistere soltanto in movimenti spaziali di atomi
corporei. Per interpretare le percezioni D. si valse della teoria degli eidola o immaginette (presentata
da Leucippo per spiegare la visione con immaginette delle cose che penetrano negli occhi) e la
collegò con quella di Empedocle, che dava ragione dei processi percettivi con effluvî dei corpi che
entrano nei pori dell'organismo. La sensazione avviene quando effluvî di atomi (gli eidola)
incontrano pori appropriati a loro. Siccome la percezione richiede sempre un contatto,
Aristotele diceva che gli atomisti riducevano tutti i sensi al tatto. Il movimento dell'anima
deve essere eccitato da motori esterni, che saranno gli eidola, e perciò dal senso deve dipendere il
pensiero, anch'esso moto atomico. Questa dipendenza psicologica non corrisponde però al
rapporto di valore gnoseologico. Infatti, la vera realtà non può mutare; perciò le qualità sensibili
mutevoli non debbono possedere oggettività. Ma siccome i1 mondo del divenire e del mutamento
esiste almeno come apparenza, occorre darne ragione con movimenti spaziali (che implicano il
vuoto) di una pluralità di atomi: vuoto e atomi saranno quindi l'unica vera realtà. Così, secondo
una concezione accennata da Leucippo e svolta da D., le proprietà sensibili delle cose, che ci
mostrano differenze qualitative e mutamenti, esistono non in natura, ma per convenzione, cioè
hanno esistenza puramente soggettiva perché sono relative al senso dei soggetti percipienti.
Ciascuna è vera soggettivamente per chi la prova, ma oggettivamente tutte sono false, perché
nessuna corrisponde alla realtà. Donde affermazioni che sembrano scettiche, ma che in realtà
riguardano soltanto la conoscenza sensibile (ad es.: "Occorre che l'uomo riconosca che è lontano
dalla verità"). La condanna di questa conoscenza, infatti, si collega in D. all'affermazione della
validità oggettiva di quella razionale che, diretta dalle esigenze del pensiero, permette di penetrare
nell'intima natura della realtà.

WILHELM WUNDT (1832-)


Il padre fondatore della PSICOLOGIA FISIOLOGICA E SPERIMENTALE

Fu assistente di Helmholtz, insegnò filosofia a Zurigo e nel 1879 fondò a


Lipsia il primo laboratorio di psicologia. La sua produzione scientifica è
considerata maniacale; oltre 50.000 pagine che spaziano dalla fisiologia alla
psicologia fisiologica, alla filosofia fino alla psicologia dei popoli. Per Wundt
la psicologia fisiologica è sinonimo di psicologia sperimentale in quanto
utilizza lo stesso metodo della fisiologia e perché si rivolge alla fisiologia e
non alla patologia dei processi psichici.

L’oggetto di studio della psicologia è, infatti, l’esperienza diretta e


immediata, mentre le scienze naturali studiano l’esperienza mediata. Ad
esempio l’oggetto di studio del fisico, del biologo o del fisiologo non
corrisponde all’osservazione diretta degli eventi della natura, perché la loro
osservazione è mediata dai loro sensi o da uno strumento.
Il metodo di studio privilegiato è l’introspezione perché consente di cogliere
l’esperienza immediata permettendo di rilevare cosa avviene nel momento
immediato in cui si percepisce la realtà.

Wundt è però consapevole dei limiti dell’introspezione riscontrabili nella sua


soggettività (auto osservazione, percezione interna). Secondo l’autore per
poter studiare i processi psichici interni è necessario che essi siano
manipolati sperimentalmente in modo da poter controllare tutte le variabili.

Ad esempio Fechner variava l’intensità dello stimolo e registrava le


sensazioni riferite verbalmente dal soggetto. I resoconti erano quantitativi
ovvero limitati alla percezione delle caratteristiche fisiche degli stimoli (durata,
intensità) tralasciando una vasta gamma di processi psichici come: pensiero,
emozioni e volontà. Inoltre, il soggetto doveva essere addestrato a compiere
questi studi utilizzando una specifica terminologia.

Una modificazione a tale approccio è stata opportata da Titchner; nel suo


“schema dell’introspezione” estese lo studio anche degli aspetti qualitativi dei
processi psichici introducendo l’uso della retrospezione e quindi anche della
memoria a discapito della percezione immediata e diretta di Wundt. Sebbene
inizialmente i resoconti soggettivi rappresentassero una mera informazione
aggiunta, nella scuola di Wurzburgh furono successivamente utilizzati per
condurre dei veri e propri esperimenti.

Questo approccio fu criticato da Wundt in quanto, orientato alla raccolta dei


dati qualitatitivi a discapito di quelli quantitativi, conduceva ad una forma
imperfetta dell’uso dell’introspezione.

Nella teoria dei sentimenti il punto di partenza di Wundt è un’esperienza


percettiva accompagnata da un’attività introspettiva. Ad esempio ascoltando il
ticchettio regolare di un metronomo possiamo studiare cosa suscita ogni
singolo ticchettio, ci saranno ritmi gradevoli e spiacevoli, possiamo porre
attenzione alla tensione che suscita l’attesa di un ticchettio etc…

L’esperienza immediata può essere scomposta in elementi psichici più


semplici che sono le parte costitutiva e non scomponibile di tali atti. Essa
contiene un versante oggettivo, cioè il contenuto dell’esperienza e uno
soggettivo rappresentato dal soggetto che esperisce. Perciò gli elementi
psichici sono da un lato elementi della sensazione (esempio un suono)
dall’altro sono gli elementi del sentito (esempio il sentimento che
accompagna il sentire un suono). Secondo Wundt la combinazione di questi
due elementi: sensazione e sentimento dà luogo a formazioni psichiche
dotate di proprietà differenti producendo nuovi elementi sentimentali. La
connessione di questi due elementi sarebbe alla base della vita psichica nel
suo complesso. Quindi il compito della ricerca psicologica non è solo la
scomposizione dell’attività psichica nei suoi elementi costituenti ma anche lo
studio delle leggi di connessione tra sensazione e sentimento.

Nei suoi esperimenti Wundt si affidò anche al metodo dei tempi di reazione
applicando il metodo sottrattivo di Donders che si basava sulla differenza tra i
tempi di reazione semplici (1 stimolo) e composti (1 stimolo tra più stimoli)
per rilevare i tempi necessari per compiere elaborazioni psichiche più difficili.

Concludendo secondo il «volontarismo» wundtiano, tutti i processi psichici


umani passano attraverso quattro fasi:

1. la stimolazione;
2. la percezione, che rende cosciente l’esperienza psichica;
3. l’appercezione, concetto che risale a Herbart , che costituisce una fase
durante la quale l’esperienza cosciente viene identificata, qualificata e
sintetizzata dalla mente; Secondo Wundt era anche possibile misurare la
durata dell’appercezione (circa 0,1 secondi), durante alcuni esperimenti
sul tempo di reazione;
4. l’atto di volontà, che suscita la reazione psichica, e che è connotato
dal libero arbitrio, vissuto come serie di stati d’animo «risolutivi»
organizzati in una specifica successione temporale».

Critica:

La teoria di Wundt è stata denominata elementarismo, atomismo o chimica


elementale perché ha ridotto la vita mentale in composti di elementi separati.
Inoltre secondo Boring, Wundt ha prestato più attenzione ai processi di
scomposizione degli elementi psichici rispetto rispetto a quelli di
ricomposizione degli elementi. Infine il metodo sperimentale di Wundt non è
applicabile allo studio delle formazioni psichiche complesse come le funzioni
cognitive superiori (linguaggio/concetti).

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