PENSIERO: INTELLETTO
PERCEZIONE: INTUIZIONE (linguaggio matematico e verbale)
(linguaggio visivo): capacità di cogliere Distinguere, confrontare,
direttamente l'effetto di una interazione individuare - dedurre, classificare,
svolgentesi in un campo, o gestalt. Opera per generalizzare
processi di campo
+
Come descrivere una immagine?
soluzione
Opere principali:
-La struttura del comportamento [1942], -
Fenomenologia della percezione [1945]
-Segni [1960], Il Saggiatore, Milano, 1967 (postuma)
-Senso e non senso, Milano, 1962 (postuma)
-Il visibile e l'invisibile,1964 (postuma)
Maurice Merleau-Ponty
e il primato della percezione
“i sistemi percettivi sono attivi, a differenza dei singoli sensi che sono passivi,
svolgono funzioni quali quelle di orientare, esplorare, indagare, adattare,
ottimizzare e giungere a un equilibrio”
Tali informazioni provengono dalle caratteristiche tissurali (grana) delle superfici che
variano densità secondo la posizione e inclinazione nello spazio. I gradienti tissurali
sono specificati dallo strutturarsi ottico della luce.
Nel flusso di luce riflesso dall'ambiente vi sono alcune caratteristiche che rimangono
costanti malgrado il mutare dei punti di osservazione. Queste caratteristiche
invarianti dell'ordinamento ottico informano sulla rigidità e stabilità degli oggetti,
mentre le alterazioni di tali invarianti specificano le trasformazioni non rigide e il
movimento. Lo studio e l'individuazione degli invarianti percettive è uno dei compiti
della psicologia sperimentale.
§ La percezione non procede più dal soggetto all’oggetto ma viceversa: Noi tutti,
nei vari modi che ci sono possibili, ci adattiamo alle sub strutture dell’ambiente, in
quanto siamo tutti, di fatto, formati da esse. Siamo stati creati dal mondo in cui
viviamo.
-Ottica ECOLOGICA: Siamo stati creati dal mondo in cui viviamo. La percezione e
le utilità dell’ambiente si accompagnano alle informazioni che specificano
l’osservatore, il suo corpo e i suoi arti. Per questo Gibson afferma che
«l’esterocezione è accompagnata dalla propriocezione»: «percepire il mondo è co-
percepire se stessi». La percezione, il corpo mettono in comunicazione l’ambiente
con la mente.
«La percezione è qualcosa che l’individuo ottiene, non un’apparenza nel teatro della
sua coscienza. È lo stare a contatto con il mondo, esperire cose, e non tanto avere
esperienze».
Per ottenere immagini ferme, gli artisti possono avvalersi di due differenti metodi di
raffigurazione: il metodo fotografico e quello chirografico. Al primo corrisponde
l’avvalersi di una macchina fotografica, al secondo l’utilizzo di un determinato
strumento grafico. Per motivi determinati dalla pregnanza prospettica, le immagini
fotografiche hanno un punto stazionario unico e fisso di fronte alla superficie, mentre
quelle chirografiche no. Le due immagini risultanti sono ulteriormente differenziabili
se considerate dal punto di vista della registrazione. È possibile sostenere che
un’immagine fotografica possa essere una registrazione della percezione di quel che
l’autore stava vedendo nel farla.
Ma questo non vale altrettanto per le immagini chirografiche, poiché un artista
può benissimo dipingere visioni fittizie. Vale a dire che potrebbe dipingere per
esempio quel che immagina, che ricorda a modo suo o persino il frutto di una sua
allucinazione. La registrazione viene considerata come fondamentale da Gibson,
che riscontra nel disegnare e nello scrivere l’origine per entrambe le attività in
quello che definisce «l’atto grafico fondamentale», ossia, il lasciare tracce su una
superficie esattamente mediante una registrazione progressiva del movimento.
Queste osservazioni sono rilevanti per il ragionamento presentato da Gibson
anche rispetto al concetto di «rappresentazione». Un disegno o un dipinto non sono
affatto copie o repliche, semplicemente perché copiare un pezzo di ambiente è
impossibile. L’attività dell’artista, in particolare del disegnatore, è piuttosto quella
di segnare la superficie al fine di mostrare gli invarianti e registrarne una
consapevolezza.
Gibson in proposito si esprime con chiarezza: «Solo un altro disegno può
essere copiato. Noi siamo stati fuorviati troppo a lungo dall’erronea concezione
per cui una figura è simile a ciò che raffigura, gli somiglia, ne è un’imitazione.
Una figura fornisce alcune delle informazioni di ciò che raffigura, ma ciò non
implica che con questo vi sia una corrispondenza proiettiva.» Sulla base di questa
analisi Gibson conclude che il termine «rappresentazione» sia del tutto fuorviante.
Una scena, ossia un assetto ottico, non può infatti essere ri-presentato perché non
può essere ricostruito. E questo vale anche per la fotografia. Seppure con essa si
possano ottenere prodotti di altissima qualità, non si possono comunque conservare le
informazioni che si danno in un punto di osservazione in un ambiente naturale.
KANIZSA, Gaetano
Nel 1954-55 ha pubblicato i primi studi che danno l'avvio all'ampio filone
di ricerche sulle ''figure anomale''. La prima ed emblematica configurazione
che evidenzia il fenomeno è ora riprodotta in gran parte dei manuali di
percezione di tutto il mondo. Essa è costituita da tre cerchi neri in ognuno
dei quali è stato ritagliato un settore di 60° di ampiezza. I tre cerchi sono
distanziati, ma disposti in modo che i lati dei settori circolari siano fra loro
allineati. L'area triangolare delimitata dai vertici dei settori circolari, pur
essendo dello stesso colore dello sfondo, appare molto più chiara di
quest'ultimo. All'osservatore diventano perciò evidenti dei margini fra le
due regioni (triangolo e sfondo), che nello stimolo fisico non ci sono.
Questa evidenza fenomenica pone grossi problemi, sia agli studiosi
dell'attività cerebrale, che devono capire come un sistema percettivo
deputato a mostrare l'ambiente circostante possa far vedere cose che in
questo ambiente non ci sono, sia agli studiosi delle scienze cognitive che
nel loro progettare modelli computazionali dell'attività conoscitiva non
possono eludere l'enigma posto dalle figure anomale.
Altri contributi originali sono stati portati da K. agli studi sul
''completamento amodale'', sulla trasparenza e la causalità fenomeniche,
sulla pregnanza come ostacolo alla soluzione di problemi.
Tutto il lavoro di K., pur rimanendo all'interno della psicologia della Gestalt,
ne costituisce anche una revisione critica e quindi un ampliamento e un
rinnovamento teorico. Secondo la recente critica storica della psicologia, la
sua opera costituisce una saldatura fra la scuola psicologica di Graz, che da
H. Brentano ad A. Meinong, attraverso V. Benussi, era approdata a Padova
nel 1919, e la psicologia della Gestalt importata in Italia da Musatti. Egli
sostiene e dimostra sperimentalmente che non sempre sono le
proprietà del tutto a determinare il ruolo delle parti − come voleva
l'ortodossia gestaltista − ma possono essere i fattori locali a
determinare il costituirsi del rendimento percettivo. Da un punto di
vista teorico K. tiene nettamente distinti due fondamentali passaggi
dell'attività cognitiva come il ''vedere'' e il ''pensare'': il vedere in
quanto momento in cui l'impulso sensoriale viene organizzato e
segmentato per dar forma all'oggetto visivo (processo primario), e il
pensare in quanto insieme delle operazioni di categorizzazione,
interpretazione, significazione che la mente attua sulla
segmentazione primaria (processo secondario).
Per gli atomisti, che identificano l'essere col corpo, i processi psichici, anche quelli conoscitivi, sia
percettivi sia propriamente intellettuali, possono consistere soltanto in movimenti spaziali di atomi
corporei. Per interpretare le percezioni D. si valse della teoria degli eidola o immaginette (presentata
da Leucippo per spiegare la visione con immaginette delle cose che penetrano negli occhi) e la
collegò con quella di Empedocle, che dava ragione dei processi percettivi con effluvî dei corpi che
entrano nei pori dell'organismo. La sensazione avviene quando effluvî di atomi (gli eidola)
incontrano pori appropriati a loro. Siccome la percezione richiede sempre un contatto,
Aristotele diceva che gli atomisti riducevano tutti i sensi al tatto. Il movimento dell'anima
deve essere eccitato da motori esterni, che saranno gli eidola, e perciò dal senso deve dipendere il
pensiero, anch'esso moto atomico. Questa dipendenza psicologica non corrisponde però al
rapporto di valore gnoseologico. Infatti, la vera realtà non può mutare; perciò le qualità sensibili
mutevoli non debbono possedere oggettività. Ma siccome i1 mondo del divenire e del mutamento
esiste almeno come apparenza, occorre darne ragione con movimenti spaziali (che implicano il
vuoto) di una pluralità di atomi: vuoto e atomi saranno quindi l'unica vera realtà. Così, secondo
una concezione accennata da Leucippo e svolta da D., le proprietà sensibili delle cose, che ci
mostrano differenze qualitative e mutamenti, esistono non in natura, ma per convenzione, cioè
hanno esistenza puramente soggettiva perché sono relative al senso dei soggetti percipienti.
Ciascuna è vera soggettivamente per chi la prova, ma oggettivamente tutte sono false, perché
nessuna corrisponde alla realtà. Donde affermazioni che sembrano scettiche, ma che in realtà
riguardano soltanto la conoscenza sensibile (ad es.: "Occorre che l'uomo riconosca che è lontano
dalla verità"). La condanna di questa conoscenza, infatti, si collega in D. all'affermazione della
validità oggettiva di quella razionale che, diretta dalle esigenze del pensiero, permette di penetrare
nell'intima natura della realtà.
Nei suoi esperimenti Wundt si affidò anche al metodo dei tempi di reazione
applicando il metodo sottrattivo di Donders che si basava sulla differenza tra i
tempi di reazione semplici (1 stimolo) e composti (1 stimolo tra più stimoli)
per rilevare i tempi necessari per compiere elaborazioni psichiche più difficili.
1. la stimolazione;
2. la percezione, che rende cosciente l’esperienza psichica;
3. l’appercezione, concetto che risale a Herbart , che costituisce una fase
durante la quale l’esperienza cosciente viene identificata, qualificata e
sintetizzata dalla mente; Secondo Wundt era anche possibile misurare la
durata dell’appercezione (circa 0,1 secondi), durante alcuni esperimenti
sul tempo di reazione;
4. l’atto di volontà, che suscita la reazione psichica, e che è connotato
dal libero arbitrio, vissuto come serie di stati d’animo «risolutivi»
organizzati in una specifica successione temporale».
Critica: