La prima ondata di sensibilità nei confronti della questione ambientale si manifesta negli anni ’60 e
‘70 del secolo scorso.
Letteratura e rapporti scienti ci
Nel 1962 Rachel Carson con il libro Primavera silenziosa evidenzia i danni prodotti dall’uso di
pesticidi sulla salute dell’uomo e sugli esseri viventi in generale.
Nel 1971-73 Berry Commoner con il libro Il cerchio da chiudere evidenzia che la crisi energetica è
il prodotto dell’uso indiscriminato delle risorse e che economia e ambiente si devono ricollegare.
Nel 1972, Donella H. Meadows, Dennis L. Meadows, Jorgen Randers e William W. Behrens nel
Rapporto del MIT su I limiti dello sviluppo mostrano gli e etti a lungo termine di una crescita
inde nita che conduce a danni irreversibili.
Nasce l’economia ambientale che riconosce le esternalità negative del sistema economico
sull’ambiente.
Esiste un’ampia letteratura storica degli anni ‘90 del secolo scorso che cerca d’individuare le fasi
di rottura tra attività umane e natura per quanto riguarda ad esempio la sovra-produzione di scarti
di cui scrive E. Sori in Il rovescio della Produzione (1999); o che al contrario evidenzia la
cooperazione tra uomo e natura (P. Bevilacqua, in Tra Natura e storia 1996), n quando i tempi di
trasformazione storici dell’uomo non sopravanzano i tempi di trasformazione biologica in modo
irreparabile, provocando la rottura di certi equilibri.
Rapporto Brundtland 1987 (Our Common Future), redatto nel 1987 dalla Commissione mondiale
su Ambiente e Sviluppo presieduta da Gro Harlem Brundtland (politica norvegese).
Il concetto di sviluppo sostenibile viene messo a punto da questo rapporto secondo il quale
l’umanità nei prossimi anni dovrà impegnarsi per:
• “rendere lo sviluppo sostenibile, assicurando il soddisfacimento dei bisogni della generazione
presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri”.
Il concetto di sviluppo sostenibile implica dei limiti, non limiti assoluti ma quelli imposti dal
presente stato dell’organizzazione tecnologica e sociale nell’uso delle risorse ambientali e delle
capacità della biosfera di assorbire gli e etti delle attività umane.
Si evidenzia così anche la di erenza tra crescita, come espansione quantitativa, a livello di
dimensioni siche del sistema economico (PIL) e sviluppo con il quale si intende invece un
cambiamento qualitativo di un sistema economico, ossia l’insieme delle modi che della struttura
economica, sociale, istituzionale e politica.
• 2. Ogni stato ha diritto a sfruttare le proprie risorse secondo le proprie politiche ambientali e
di sviluppo con la responsabilità di non causare danni all’ambiente fuori dai propri con ni di
giurisdizione.
• 3. Il diritto allo sviluppo deve essere equamente soddisfatto per le presenti e future
generazioni.
• 6. Priorità per i bisogni dei paesi in via di sviluppo, in un quadro generale di azioni
internazionali in campo ambientale e di sviluppo che riguardano tutti i paesi.
• 10. La partecipazione di tutti i cittadini consente una migliore trattazione dei problemi
ambientali. Ampio accesso all’informazione (anche dei procedimenti giudiziari e
amministrativi) e partecipazione a processi di decisione.
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• 11. Emanare e cace legislazione ambientale che ri etta i contesti dei vari stati. Alcuni
strumenti validi per i paesi sviluppati determinano costi economici e sociali ai paesi in via di
sviluppo.
• 12. Promuovere un sistema economico aperto che possa condurre alla crescita economica
e allo sviluppo sostenibile in tutti i paesi. Le misure in materia di politica commerciale non
devono causare discriminazione o restrizione del commercio internazionale. Evitare azioni
unilaterali. Le misure ambientali si devono basare sul consenso internazionale.
• 13. Emanare leggi nazionali sulla responsabilità legale e compensazione delle vittime
dell’inquinamento e dei danni ambientali. Leggi internazionali per e etti indesiderati fuori
dalle giurisdizioni nazionali.
• 16. Internalizzare i costi ambientali e uso di strumenti economici secondo l’approccio “chi
inquina paga”.
• 17. La valutazione d’impatto ambientale come strumento per valutare quelle attività
soggette a decisione nazionale che hanno probabile impatto negativo.
• 18. Noti ca immediata da parte degli Stati di disastri naturali o altre emergenze che
possono causare e etti dannosi ad altri stati. Aiuti per gli stati colpiti da parte della
comunità internazionale.
• 19. Preventiva noti ca da parte degli Stati di attività che possono causare e etti ambientali
negativi su altri stati e loro consultazione.
• 20. Le donne hanno un ruolo vitale nella gestione dell’ambiente e nello sviluppo. La loro
piena partecipazione è quindi essenziale per raggiungere lo sviluppo sostenibile.
• 21. La gioventù di tutto il mondo con i suoi ideali, creatività e coraggio deve essere
mobilitata per il raggiungimento dello sviluppo sostenibile e assicurare un futuro migliore per
tutti.
• 22. Le comunità locali, con la loro conoscenza e sapienza locali hanno un ruolo vitale nella
gestione dell’ambiente e processi di sviluppo. Gli Stati dovrebbero riconoscere e supportare
fortemente la loro identità, cultura ed interessi e realizzare la loro e ettiva partecipazione nel
raggiungimento dello sviluppo sostenibile.
• 23. Saranno protetti l’ambiente e le risorse naturali dei popoli oppressi, dominati ed
occupati.
• 24. La guerra è intrinsecamente distruttiva dello sviluppo sostenibile. Rispettare le leggi
internazionali e fornire protezione per l’ambiente in periodi di con itto armato e cooperare
nel suo successivo sviluppo, secondo necessità.
• 26. Gli Stati risolveranno tutte le loro dispute ambientali paci camente e attraverso
appropriate
misure in accordo con la Carta delle nazioni Unite.
• 27. Gli Stati ed i popoli coopereranno in buona fede e in uno spirito di associazione nel
soddisfacimento dei principi coinvolti in questa Dichiarazione e in ulteriori sviluppi delle leggi
nazionali nel campo dello sviluppo sostenibile.
Danimarca 1994 viene emanata la La carta di Aalborg, la Carta delle città europee sostenibili.
Si tratta di un documento approvato dai partecipanti alla Conferenza Europea sulle città
sostenibili tenutasi ad Aalborg in Danimarca il 27 maggio del 1994.
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La carta di Aalborg declina a scala urbana il concetto di sviluppo sostenibile, sottolineando la
responsabilità delle città nel generare i problemi ambientali e il ruolo chiave che assumono per
risolverli con politiche adeguate.
Il documento si divide in tre parti:
I parte - La dichiarazione di consenso delle città europee verso la sostenibilità
Nascono ri essioni e sperimentazioni sul rapporto tra la piani cazione urbanistica e l’ambiente in
merito a:
• Il contenimento sul consumo di suolo (risorsa scarsa) nelle trasformazioni urbane
• La complessiva qualità ambientale del piano.
• Compatibilità ambientale del sistema infrastrutturale (alberature stradali come barriere
fonoassorbenti, per ristabilire connessioni ambientali ed evitare il frazionamento di ambienti
naturali).
• La mobilità sostenibile (piste ciclopedonali, incentivazione dei trasporti pubblici).
• La permeabilità dei suoli (per consentire la ricarica delle falde acquifere).
• Nuova attenzione agli standard urbanistici in chiave ambientale e in particolare al sistema delle
aree verdi in ambiente urbano con funzioni ecologiche oltreché, estetiche e fruitive per il tempo
libero o produttive (come gli orti urbani, le aree agricole intercluse, il sistema di verde
pertinenziale di attrezzature pubbliche e della residenza), funzionali a:
• attività curative, sociali ed educative;
• migliorare il micro clima urbano e la fono assorbenza;
• ristabilire connessioni con aree naturali extraurbane;
• assicurare livelli elevati di permeabilità dei suoli
• assicurare l’approvvigionamento alimentare di prossimità, etc.
• Sistemi di gestione dei ri uti ed economia circolare
• Valutazione ambientale strategica preventiva dei piani.
In Italia (e con anticipo per taluni temi in Sicilia), il dibattito sulla questione ambientale si ri ette
nell’emanazione di leggi sul paesaggio e la protezione dell’ambiente naturale mentre in ambito
internazionale tramite anche alcune direttive si sviluppa il concetto di rete ecologica e più
recentemente il concetto d’infrastruttura verde. Sul versante del paesaggio, in Italia le ri essioni e
i riferimenti normativi a ondano le radici nei primi anni del Novecento con norme improntate ad
approcci estetici.
PAESAGGIO
L’approccio estetico
La visione estetica del paesaggio è collegata al concetto di bellezza visibile e sensibile che
l’occhio può abbracciare con lo sguardo.
Il concetto di bellezza naturale dovrebbe in questo caso rimandare quindi non solo alla morfologia
ma anche in termini diacronici alle descrizioni tramandate da scrittori, pittori, poeti, storici
dell’architettura che testimoniano lungo la storia una particolare a ezione a determinati caratteri di
un luogo. Secondo Benedetto Croce, nella relazione al disegno di legge del 1920 per la tutela
delle bellezze naturali, il Paesaggio è la rappresentazione della Patria.
Campagne, foreste, umi, laghi, aspetto delle città sono da tutelare e difendere perché
costituiscono le caratteristiche che di erenziano una nazione da un’altra. Il paesaggio in questo
senso è identità nazionale.
La legge del ’39 discende da una concezione prevalentemente estetico - culturale del paesaggio,
tramite l’inclusione di determinati beni in appositi elenchi redatti dalla soprintendenza ai beni
culturali e ambientali. Prevedeva una complessa procedura per apporre il vincolo, da stabilirsi
caso per caso e l’emanazione di un apposito Decreto Assessoriale.
Oltre la compilazione di elenchi è interessante notare che la legge prevedeva già piani paesistici
territoriali nalizzati ad impedire che le aree individuate fossero utilizzate impropriamente.
Si trattava di piani vincolistici volti appunto ad impedire determinati comportamenti e a conservare
l’aspetto esteriore dell’oggetto di tutela.
Al concetto estetico di bellezza naturale si associa il carattere culturale, determinato dall’interesse
scienti co, dalla rarità e dalla tradizione.
1. le cose immobili per il cospicuo carattere di bellezza naturale o di singolarità geologica; dove
per singolarità si fa riferimento in particolare all’interesse scienti co, mentre nell’ambito delle
bellezze naturali sono compresi conformazioni del terreno delle acque o della vegetazione con il
pregio della rarità;
2. le ville, i giardini e i parchi che, non contemplati dalle leggi per la tutela delle cose d’interesse
storico - artistico*, si distinguono per la loro non comune bellezza; a conferire non comune
bellezza concorrono sia il carattere e l’importanza della ora, sia l’ambiente, soprattutto se
all’interno di una città costituiscono motivo di attrazione;
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3. i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico
e tradizionale; dove quest’ultimo è inteso come spontanea concordanza fra l’espressione della
natura e quella del lavoro umano;
4. le bellezze panoramiche considerati quadri naturali e così pure quei punti di vista o di belvedere
accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze; sono da proteggere
quindi sia gli scenari panoramici che il punto di vista del fruitore.
*Legge 1 giugno 1939, n.1089: Tutela delle cose d’interesse artistico e storico. Sono soggette alla
presente legge le cose immobili e mobili, che presentano interesse artistico, storico, archeologico
o etnogra co, compresi: a) le cose che interessano la paleontologia, la preistoria e le primitive
civiltà; b) le cose d’interesse numismatico; i manoscritti, gli autogra , i carteggi, i documenti
notevoli, gli incunaboli, nonché i libri, le stampe e le incisioni aventi caratteri di pregio. Vi sono
pure compresi le ville, i parchi e i giardini che abbiano interesse artistico e storico.
Legge n. 431/85 - Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale.
La legge è la conversione del decreto ministeriale 21 settembre 1984 conosciuto come decreto
Galasso che per la prima volta prevede ampi ambiti di tutela rispetto alla legislazione precedente
e tende a rendere obbligatoria la formazione di piani paesistici.
S’introduce il concetto di bene desunto dalla terminologia economica per sottolineare che
all’oggetto di tutela vi si attribuisce un valore d’uso.
S’introduce il termine ambiente. L’ambiente è lo spazio circostante considerato con tutte o con la
maggior parte delle sue caratteristiche/ l’insieme delle condizioni siche, chimiche e biologiche
che permettono e favoriscono la vita degli esseri viventi (Dizionario Oli Devoto della lingua
italiana).
La legge costituisce un passo in avanti per la tutela dei beni non soltanto in relazione alla loro
rilevanza estetico culturale ma anche ambientale come si desume dal titolo della legge. La legge,
così come già il decreto Galasso, integra quindi il concetto di bellezza naturale della legislazione
precedente con quello di bene ambientale.
La legge tutela il paesaggio per ambiti di particolare interesse che caratterizzano la struttura
morfologica del territorio, in ragione:
- della singolarità geologica dei vulcani, dei rilievi e dei ghiacciai,
- ecologica come zone umide, parchi e riserve,
- testimonianza dell’opera dell’uomo, ville, giardini e zone archeologiche o per la loro
appartenenza a determinati soggetti.
Gli AMBITI sottoposti a vincolo paesaggistico sono:
1. I territori costieri compresi entro una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di
2. I territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di
battigia, anche per i territori elevati sui laghi;
3. I umi, i torrenti ed i corsi d’acqua iscritti negli elenchi di cui al decreto n.1775/1933, e le
relative sponde o piede degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;
4. Le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200
metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole;
parchi;
7. i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli
sottoposti a vincolo di rimboschimento;
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8. Le aree assegnate alle Università agrarie e le zone gravate da usi civici; 9. Le zone umide
incluse nell’elenco di cui al decreto 448/1976;
10. I vulcani;
11. Le zone d’interesse archeologico.
Gli ambiti individuati sono tutelati direttamente dalla legge senza bisogno di compilare ulteriori
elenchi (come nel caso della L 1497/39) fermo restando quelli già esistenti.
I vincoli costituiscono presupposto ai piani paesistici che sostanzialmente di eriscono da quelli
precedenti perché, più che impedire certi comportamenti, sono volti alla valorizzazione
ambientale.
La legge quindi esprime il tentativo di superare il concetto di vincolo, tramite la redazione di piani
paesistici nalizzati all’individuazione di una speci ca normativa d’uso che valorizzi l’ambiente.
Si prescrive che, con riferimento ai beni e alle aree elencate le Regioni sottopongono a speci ca
normativa d’uso e di valorizzazione ambientale il relativo territorio mediante la redazione di piani
paesistici regionali o urbanistico – territoriali aventi speci ca considerazione dei valori paesistici e
ambientali entro il 1986.
In Sicilia una legge anticipa la tutela minima prevista dalla L 431/85 per gli ambiti territoriali (come
fasce costiere, laghi, boschi, etc.). Si tratta della legge n. 78/76 Provvedimenti per lo sviluppo del
turismo in Sicilia che all’art.15 determina i seguenti vincoli più speci ci.
1. Distanza dalla battigia della linea di costa.
• Le costruzioni devono arretrarsi di metri 150. Entro detta fascia sono consentite opere d’impianti
destinati alla diretta fruizione del mare, nonché la ristrutturazione degli edi ci esistenti senza
alterazione dei volumi già realizzati;
• Entro la profondità di 500 metri a partire dalla battigia l’indice di densità edilizia territoriale
massima è determinato in 0,75 mc/mq;
• Nella fascia compresa tra i 500 ed i 1000 metri dalla battigia, l’indice di densità edilizia
territoriale massima è determinata in 1,50 mc/mq.
2. Distanza dalla battigia dei laghi.
• Le costruzioni, tranne quelle direttamente destinate alla regolazione del usso delle acque,
devono arretrarsi di metri 100 dalla battigia dei laghi misurati nella con gurazione di massimo
invaso.
3. Fasce di rispetto delle aree boscate (inedi cabilità).
• Le costruzioni devono arretrarsi di metri 200 dai con ni dei parchi archeologici
In Sicilia con deciso ritardo, l’Assessorato dei Beni Culturali, Ambientali e della Pubblica Istruzione
ha redatto il Piano territoriale paesistico regionale ai sensi della 431/1985 in forma di Linee guida
(approvate nel 1996) da tradurre in Piani Territoriali paesistici suddivisi in ambiti ad opera dello
stesso assessorato. Il piano, sotto forma di linee guida, fornisce un sistema di strategie per
raggiungere obiettivi pre ssati.
Il piano sostanzialmente si ferma all’analisi accurata dello stato di fatto (scala 1:250.000) secondo
una articolazione di lettura per ambiti e componenti del sistema paesistico siciliano, ai quali di
volta in volta corrispondono le indicazioni degli indirizzi generali da seguire:
per le ulteriori speci cazioni del piano a scala sub – regionale (Ambiti) e locale
Strategie generali
Per il perseguimento degli obiettivi, la regione promuove azioni coordinate di tutela e
valorizzazione volte ad attivare forme di sviluppo sostenibile ed in particolare:
• conservare l’armatura storica del territorio, come base dello sviluppo insediativo e trama del
patrimonio culturale;
• conservare e consolidare la rete ecologica costituita dal sistema costiero della fascia arborea e
arbustiva, così come il sistema idrogra co interno e la trama di connessione del patrimonio
naturale.
S’individuano quattro principali linee di strategia:
- Il consolidamento e riquali cazione del patrimonio naturalistico
- Il consolidamento del patrimonio e delle attività agro - forestali
Articolazione per sistemi e componenti: sistema strutturale, secondo il quale il piano articola gli
indirizzi da seguire.
a) Sistema naturale
- Sottosistema abiotico: geologia, geomorfologia, idrologia, paleontologia (componenti). 2a)
Articolazione per ambiti. Il piano suddivide la regione in ambiti sub-regionali individuabili sulla
base delle caratteristiche geomorfologiche e culturali del paesaggio, preordinati alla piani cazione
territoriale a scala più dettagliata:
1) Area dei rilievi del trapanese
2) Area della pianura costiera occidentale
3) Area delle colline del trapanese
4) Area dei rilievi e delle pianure costiere del palermitano 5) Area dei rilievi dei Monti Sicani
6) Area dei rilievi di Lercara, Cerda, Caltavuturo
7) Area della catena settentrionale (Monti delle Madonie) 8) Area della catena settentrionale (Monti
Nebrodi)
9) Area della catena settentrionale (Monti Peloritani)
10) Area delle colline della Sicilia centro meridionale
11) Area delle colline di Mazzarino e Piazza Armerina 12) Area delle colline dell’ennese;
13) Area del cono vulcanico etneo;
14) Area della pianura alluvionale catanese;
15) Area delle pianure costiere di Licata e Gela;
16) Area delle colline di Caltagirone e Vittoria;
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17)Area dei rilievi e del tavolato ibleo;
18) Area delle isole minori.
La piani cazione paesistica si articola attraverso Piani Paesistici Regionali (PPR) su base
provinciale riguardanti gli ambiti che ricadono entro i con ni provinciali.
I PPR sono redatti dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali e dell’Identità Siciliana della Regione
Siciliana, avvalendosi di numerosi consulenti.
Il piano paesistico è un piano sovraordinato rispetto alla piani cazione comunale. Questo signi ca
che il PRG e ogni altro piano attuativo deve rispettare il regime normativo previsto dai PPR
provinciali che si articola per ogni paesaggio locale con livelli di tutela crescente.
AREE PROTETTE
Talvolta l’istituzione e gestione delle aree protette ha generato nelle comunità locali forme di
opposizione poiché non era più consentito svolgere determinate attività.
Di contro, il presidio umano sul territorio svolge un ruolo di salvaguardia indispensabile. I parchi
dovrebbero quindi promuovere la partecipazione degli abitanti nella gestione cosciente delle loro
risorse naturali.
distinzioni
• I parchi nazionali sono costituiti da aree terrestri, uviali lacuali o marine caratterizzati dalla
presenza di ecosistemi intatti o alterati dall’intervento antropico o ancora contenenti formazioni
siche, geologiche geomorfologiche, biologiche di rilievo (nazionale e internazionale) per valori
naturalistici, scienti ci, estetici, culturali, educativi e ricreativi tali da richiedere l’intervento dello
Stato ai ni della loro conservazione per le presenti e le future generazioni.
• I parchi naturali si distinguono essenzialmente dalle riserve perché:
nei parchi naturali dovrebbero prevalere i valori paesaggistici artistici e delle
tradizioni culturali delle popolazioni locali.
nelle riserve si privilegia la conservazione di specie naturalistiche rilevanti della ora e della
fauna, gli ecosistemi importanti per la biodiversità o per la conservazione delle risorse
genetiche. Le riserve possono essere sia statali, sia regionali.
• I parchi e le riserve nazionali sono istituiti con decreto del Presidente della repubblica su
proposta del ministero dell’Ambiente sentita la Regione.
Per ogni parco nazionale e regionale deve essere istituito un Ente Parco, un ente di diritto
pubblico con sede legale e amministrativa nel territorio del parco. Sono organi dell’ente parco il
presidente, la giunta esecutiva, il collegio dei revisori dei conti, la comunità del parco.
L’ente parco utilizza come strumenti di piani cazione e attuazione delle nalità del parco: il
regolamento, il piano e il piano pluriennale economico e sociale.
Il regolamento, disciplina l’esercizio delle attività consentite entro il territorio (attività commerciali,
artigianali, agro silvo pastorali, ricerca scienti ca, volontariato e servizio civile, attività sportive e
ricreative) e quelle vietate (caccia, apertura di cave, modi ca del regime delle acque, attività
pubblicitarie fuori dai centri urbani, non autorizzate, fuochi ecc.)
Il piano pluriennale economico sociale per la promozione delle attività compatibili.
Il Piano del parco prevede l’organizzazione del territorio, i vincoli di uso pubblico e privato e le
norme di attuazione con riferimento a:
A livello regionale il piano del parco ha valore di piano paesistico e urbanistico e sostituisce i piani
paesistici o urbanistici di qualsiasi livello.
Anche le Riserve statali sono dotate di un piano e di un regolamento attuativo.
Con il decreto d’istituzione della riserva si stabiliscono i con ni, il relativo organismo
di gestione, le caratteristiche principali, le nalità ed i vincoli principali. Sono comunque vietati
ogni forma di discarica di ri uti solidi e liquidi, e l’accesso nelle riserve integrali a persone non
autorizzate, salvo le modalità stabilite dall’ente gestore.
Per quanto riguarda parchi e riserve regionali la legge nazionale stabilisce solo alcuni principi
fondamentali lasciando alle regioni tramite le loro leggi la facoltà di istituire tali aree protette, la
de nizione degli enti gestori, gli elementi costituenti il piano e i principi del regolamento.
In questo caso come in altri la regione siciliana anticipa la legge nazionale con 10 anni di anticipo.
Costituiscono patrimonio naturale e ambientale: le formazioni siche, geologiche, biologiche o
gruppi di esse, che hanno rilevante valore ambientale, scienti co, estetico e sociale.
Le aree protette si distinguono in:
• Parchi naturali
• Riserve naturali
• (SIC e ZPS introdotti in seguito)
Parchi naturali:
- Aree territoriali o marine di vaste dimensioni
- Culturale
- economico-sociale
- educativa
- ricreativa
I 4 parchi:
1) Etna. È il primo dei 4 parchi siciliani ad essere stato istituito nel 1987. Suddiviso in una zona di
Parco (45.000 ha) e una di preparco (14.000 ha). I comuni che ricadono nel Parco sono 20.
2) Madonie. È il secondo dei 4 parchi siciliani ad essere stato istituito, nel 1989, ha una super cie
di 39.941,18 ettari. I comuni che ricadono nell’area di Parco sono 15.
3) Nebrodi. È il terzo ed il più esteso dei 4 parchi siciliani. E’ stato istituito nel 1993 e ha una
super cie di circa 85.600 ettari. I comuni che ricadono nel parco sono 21.
4) Parco uviale dell’Alcantara. È il più giovane dei 4 parchi siciliani. È stato istituito nel 2001, ha
una super cie di circa 1.900 ettari. I comuni che ricadono nel Parco sono 12 (Provincie
Catania-Messina).
Riserve naturali
• Aree terrestri, uviali, lacuali o marine che contengono una o più specie naturalisticamente
rilevanti della ora e della fauna, ovvero presentino uno o più ecosistemi importanti per le
diversità biologiche o per la conservazione delle risorse genetiche.
• Sono da sottratte all’incontrollato intervento dell’uomo e poste sotto il controllo dei poteri
pubblici per ragioni di interesse generale specialmente di ordine scienti co, estetico ed
educativo.
• Finalità: garantire la conservazione e la protezione dei caratteri naturali fondamentali.
Al contorno delle zone delimitate come parco o riserva sono individuate adeguate aree di
protezione, pre-parco e pre-riserva, a sviluppo controllato allo scopo d’integrare il territorio
circostante nel sistema di tutela ambientale.
In tali aree possono essere previste iniziative idonee a promuovere la valorizzazione delle risorse
locali, con particolare riguardo alle attività artigianali, silvo – pastorali, zootecniche e alla
lavorazione dei relativi prodotti, nonché alle attività ricreative, turistiche e sportive.