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La poesia è composta da un’unica strofa e da versi liberi, in quanto

non troviamo uno schema metrico; sono presenti diversi quinari,


settenari, endecasillabi e un senario al verso 6. I versi sono in alcuni
casi in assonanza, ma alcune anche in rime, per esempio; insistenza e
sofferenza; fratello, valloncello e cervello; ancora e ora. Tuttavia la
poesia non possiede uno schema delle rime fisso.
Nella poesia possiamo trovare diverse figure retoriche: al verso 13
troviamo un ossimoro (“nella demenza che non sa impazzire”), infatti
le due parole hanno un significato contrastante e si escludono a
vicenda.
Al verso 1 troviamo un allitterazione della lettera l (“laggiù nel
valloncello”).
Al verso 6 troviamo invece una metafora (“tronco senza gambe”); in
quanto il ferito non ha più le gambe. In questa frase è come se al
tronco li venissero dati delle caratteristiche umane, perciò potrebbe
anche essere considerato una personificazione.
La poesia parla di un ferito che si trova in un valloncello che, rimasto
senza gambe e dunque non riesce più a muoversi, urla disperatamente
chiedendo soccorso. Tre compagni, provando pietà per il povero
ferito, provarono ad aiutarlo ma morirono nel tentativo. Il ferito
continua ancora a lamentarsi tra la melma e il sangue; dopo la morte
dei tre compagni nessuno vuole più tentare di aiutarlo perché
avrebbe solo causato più morti inutilmente. Gli uomini, sentendo le
sue urla disperate, lo implorano di smettere e di avere pietà per i vivi
rimasti; implorarono al ferito di affrettare la sua agonia e di entrare
in un sonno eterno, lasciando loro finalmente in silenzio.
L’argomento principale della poesia è la guerra e il dolore sia
psicologico che fisico dei compagni in battaglia. Un altro autore che
scrive delle poesie sulla guerra è Ungaretti in “I Fiumi” e in “San
Martino del Carso”; il poeta scrive queste poesie nel periodo della
Prima Guerra Mondiale.
Come prima differenza sicuramente possiamo notare la punteggiatura
dei due autori: nelle poesie di Ungaretti la punteggiatura è assente e
soprattutto il poeta lascia le parole isolate per evidenziarle
maggiormente, creando così dei versi brevi. Rebora, invece, nella
poesia troviamo la punteggiatura, le parole invece non sono isolate
tranne nell’ultima frase (“grazie, fratello”): è come se volesse
evidenziare il fatto di ringraziare il deceduto di fare silenzio. Anche
se nella poesia le parole non sono del tutto isolate, le frasi sono brevi
e spezzate.
Nella poesia “San Martino del Carso”, anche Ungaretti parla dei
compagni deceduti in guerra; specifica che sono dei suoi amici e che li
conosceva, tuttavia non è rimasto nessuno vivo. Invece, nella poesia di
Rebora alcuni compagni sono ancora vivi, mentre altri muoiono proprio
di fronte a lui ma non poteva farci nulla. Tuttavia in entrambi
abbiamo un immagine di distruzione, di dolore e di sofferenza
causata dalla guerra. Entrambi mettono in primo luogo i compagni
deceduti e il loro ricordo rimarrà per sempre nei loro cuori.
Nella poesia “I Fiumi”, Ungaretti parla della sua vita attraverso dei
fiumi per lui considerati importanti (Nilo, Senna, Serchio) e inoltre
parla dei suoi stati d’animo. In questa poesia, inoltre, troviamo
almeno un momento di felicità per l’autore quando si immerge
nell'Isonzo. Nel “Viatico”, invece, l’autore evidenzia solo la reale
crudeltà della guerra, senza nessun momento di felicità, inoltre
Rebora non parla di se stesso né parla di un avvenimento della sua
vita, ma scrive su cosa stava accadendo in quel giorno. Ma non
sappiamo né il luogo né la data, mentre nelle poesie “I fiumi” e “San
Martino del Carso”, Ungaretti indica la data e il luogo all’inizio del
testo.
La poesia mi trasmette una profonda tristezza, soprattutto perché il
poeta utilizza un linguaggio molto violento e crudo.Tuttavia mi ha
fatto comprendere maggiormente la sofferenza e il dolore di cui i
nostri antenati hanno provato in passato a causa delle guerre;
purtroppo molte persone videro i propri cari morire davanti ai propri
occhi, videro le sofferenze e le atrocità che una guerra può causare.
Un aspetto che trovo particolarmente affascinante del tema è la
realtà capovolta; i sopravvisuti supplicano pietà al morto. Possiamo
dunque notare, non solo il dolore del ferito, ma anche come traspare
la sofferenza e il dolore psicologico dei vivi costretti a sentire le urla
strazianti del compagno che voleva vivere. La sofferenza nel vedere
il proprio compagno morire di fronte a loro, non poterlo nemmeno
aiutare; in questo passo Rebora sottolinea la morte tragica e ne
sottolinea la sua agonia. Anche se tuttavia in un primo momento alcuni
di loro cercarono di soccorrerlo, facendoci capire quanto si possa
diventare uniti anche in una situazione come la guerra.
Infine, la poesia fa riflettere sulle atrocità, la sofferenza, le anime
innocenti in cui il loro unico errore era nascere nell’epoca sbagliata e
dell’inutilità che una guerra può causare. Purtroppo nemmeno ora la
situazione sembra migliorata, continuano ad esserci guerre perché gli
uomini pensano che sia l’unica soluzione per risolvere un conflitto.

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