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Il monachesimo come oggetto di studio non aveva attirato molto l’attenzione dei sociologi, aveva
attirato maggiormente quella degli storici ma dal punto di vista della sociologia è un terreno da
esplorare (letteralmente défricher le terrain = preparare il terreno).
La vitalità del monachesimo è associata a delle epoche precedenti alla modernità, che si tratti del
monachesimo antico o di quello medievale, quindi bisogna individuare la pertinenza di questo
oggetto di ricerca rispetto al periodo contemporaneo.
Inoltre parlare di “laboratorio di confronto” può sembrare strano perché il monachesimo si definisce
come ritiro dal mondo. Se il monachesimo è un ritiro dal mondo, “altro” rispetto al mondo, in che
maniera può essere compreso come il laboratorio di un confronto?
Nel libro che sto scrivendo a questo proposito, ho ridotto questa doppia contraddizione ponendo al
centro del mio proposito la questione del tempo.
Il ritiro dal mondo mi interessa soprattutto in quanto distanza critica dal mondo; distanza che è (in
quanto tale) in se stessa rappresenta una critica.
Consideriamo la questione del tempo dal punto di vista di Durkheim. Egli ha trattato le due grandi
modalità del tempo umano: il tempo quotidiano, della mondanità e il tempo dei momenti
dell’esaltazione collettiva (della fusione delle coscienze) che implicano una sospensione del tempo
ordinario Le religieux prende il posto del tempo ordinario in questi momenti. L’ordinario del
tempo umano si contrappone a questo “tempo altro” in cui si situa l’esperienza religiosa.
I monasteri sono luoghi in cui questa logica mondana del tempo si inverte, perché la
sospensione liturgica del tempo (che organizza la vita del monaco) iscrive la vita monastica nel
tempo della permanenza e della ripetizione e il tempo liturgico organizza anche la quotidianità.
“Nel monastero il tempo non esiste”, dicono i monaci intervistati; in realtà il tempo è messo in
sospeso.
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Mi interessa cogliere il monastero come condensazione del tempo religioso che si oppone al tempo
della modernità e non solamente a quello della mondanità, perché la nostra mondanità è la
modernità. Ciò non significa che il monastero non cambi, ma cambia in una maniera particolare in
cui reintegra continuamente il cambiamento nella continuità del tempo del religioso.
I monasteri sono caratterizzati da una totalizzazione religiosa integrale del tempo, che si
contrappone al tempo della modernità.
1. Dilatazione del tempo nel rapporto al passato che è un passato continuamente rivisitato a
partire dal presente (attraverso la logica di un ritorno alle fonti, alla regola ecc.) la
relazione al passato diventa una dinamica del cambiamento attraverso questa maniera di
iscriversi nel futuro sempre attraverso una rivisitazione del passato.
2. Dilatazione del tempo attraverso l’apertura escatologica che trasforma il monastero in un
orizzonte utopico poiché la sospensione del tempo all’interno del monastero è
l’anticipazione di un tempo alternativo, quello del Regno di Dio, che è già là e non è ancora
là.
Tuttavia il monastero non è fuori dalla storia ma ne è parte Ritorno permanente alla storia:
negoziazione costante nella storia monastica della distanza
che viene concepita come in contrasto rispetto al tempo del mondo.
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Metodo:
cercare le “configurazioni tipiche” nelle quali si possa individuare, attraverso il confronto della
negoziazione tra il tempo monastico e quello della modernità, un piano/un disegno della relazione
del cristianesimo con la modernità. Progetto sociologico, anche se la dimensione storica è molto
importante.
Hervieu-Léger spiega di aver fatto dei tagli (coupes). Le configurazioni tipiche che ha costruito
sono dei tagli che coincidono con dei momenti tipici o delle figure tipiche che possono essere degli
individui, dei movimenti e in particolare dei monasteri. Questi tagli sono effettuati nello spazio e
nel tempo allo scopo di trovare una maniera di lavorare su un oggetto di indagine così vasto.
Non si tratta di configurazioni cronologiche: una configurazione può continuare a esistere
anche nel momento in cui ne emerge un’altra.
Ognuna di queste configurazioni tipiche articola una comunità, il mondo (poiché è l’ambiente in cui
si inserisce tale comunità) e il Regno che è l’orizzonte che della comunità e che stabilisce la
relazione che la comunità deve avere con il mondo.
Hervieu-Léger coglie queste configurazioni a partire dal “racconto monastico” (récit monastique): a
partire dalla produzione, continuamente rinnovata, del senso della regola e nella messa in opera di
una testimonianza della vita monastica che si inscrive nelle pratiche concrete come l’ascesi, la
liturgia…
La prima, quella della RICONQUISTA, è stata individuata solo nel terreno benedettino perché i
Benedettini erano spariti completamente, dunque il terreno benedettino è quello che era stato
sradicato maggiormente.
Riappaiono nel XIX secolo attraverso i preti diocesani che reinventeranno il monachesimo, come
figura dell’ideale cristiano, nutrito del pensiero romantico. Invenzione della vita monastica che si
costruisce attraverso il sogno di un ritorno al Medioevo in contrapposizione alla modernità.
Questo progetto si declina in varie maniere:
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- C’è la visione di Gerongé (?) che programma la costruzione di un’alternativa al tempo della
modernità a partire dall’alto, attraverso la costruzione del monastero inteso come società
angelica, caratterizzato da una dimensione verticale in cui l’abate rappresenta il Cristo. Ci
troviamo di fronte ad un’invenzione romantica di un tempo alternativo.
- Jean Baptiste Muard, prete rurale, si chiede come riconquistare le anime dal basso dopo la
rivoluzione francese. Inventa un monachesimo missionario accompagnato dall’ideale
cistercense della civilizzazione europea: sogno di reinventare una società cristiana a partire
dal basso.
Questi tre modelli si omogenizzano, i successori dei tre fondatori standardizzeranno queste diverse
forme in un modello caratterizzato dalla centralità della figura dell’abbai e dal carattere discreto
della comunità: non si parla di comunità in questi monasteri, si parla di obbedienza e di autorità. La
figura dell’obbedienza è infatti la chiave del modello teologico-politico del monastero riconfigurato,
che si impone in questo periodo di ricostruzione del monachesimo e resterà predominante fino agli
anni ’50.
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Come farlo? dilatando il tempo monastico in due modi:
- attraverso la rilettura delle fonti, delle fonti patristiche (rivalutazione del legame tra i fratelli,
dell’ospitalità come maniera di affermarsi nel mondo…)
- i monasteri si fanno portavoce del messaggio dell’unificazione delle chiese: i monasteri
diventano i luoghi della fermentazione ecumenica, soprattutto a partire dagli anni ’50.
In questo contesto, la liturgia lega il rinnovamento biblico e quello ecumenico.
Le tematiche del Concilio Vaticano II sono maturate in parte durante questo rinnovamento
monastico.
Negli anni 60-70 vediamo nascere la terza configurazione: i monaci sono per il mondo. In questo
contesto, che senso mantiene la separazione dal mondo?
Questo problema produrrà tensioni all’interno dei monasteri e in questo contesto Hervieu-Léger
osserva come la configurazione precedente sia turbata dall’individualismo degli anni 60-70.
Questa contraddizione molto forte in alcuni luoghi prenderà la forma di una terza configurazione,
quella dell’IMMERSIONE, che rivela il rischio di un’implosione del monachesimo in nome di una
radicalità nel mondo di concepire l’alternativa al tempo del mondo sui modi di testimonianza interni
a questo mondo. Hervieu-Léger studia l’esplosione del mondo monastico su due terreni, il
monastero di Maredsous in Belgio e il caso di Boquen, che hanno prodotto l’implosione della
forma monastica.