Sei sulla pagina 1di 9

ARTE NEOCLASSICA E ARTE ROMANTICA

Le prime forme di neoclassicismo e romanticismo nacquero intorno al 1760 circa. Mentre durante
l’età napoleonica cominciò a svilupparsi il secondo neoclassicismo. Invece, nel 1815, abbiamo le
prime forme del secondo romanticismo che si concluderà nella fine del 1848, con la nascita dei
preraffaelliti.

Il termine neoclassico fu coniato alla fine dell’Ottocento per indicare un’arte accademica, con
riferimento ai modelli etici e formali dei Greci e Romani. Il termine greco-romano si diffuse
moltissimo, creando la convinzione di trovarsi di fronte ad un’unica cultura. Il movimento fu sia una
prosecuzione che un'opposizione al rococò. Jhoann Joachim Winckelmann, teorico del nuovo
movimento culturale, gettò le basi della moderna Storia dell’Arte.

Il termine Romanticismo fu applicato per primo da Friedrich von Schlegel alla letteratura da lui
considerata "moderna" e contrapposta a quella "classica". Scriveva in una sua opera, Corso di
letteratura drammatica, che era un termine più che adeguato per definire il movimento che si era
venuto a creare verso il 1790, perché alludeva alla lingua romanza, originata dalla mescolanza dei
dialetti tedeschi con il latino. Tra i padri del romanticismo c’è lo “Sturm und Drang” (“tempesta e
impeto”), movimento culturale tedesco nato tra il 1765 e il 1785. «Dire la parola romanticismo è
dire arte moderna – cioè, intimità, spiritualità, colore, aspirazione verso l’infinito, espressa con ogni
mezzo artistico a disposizione.» (Charles Baudelaire).

IL SENTIMENTO
- Nel neoclassicismo il sentimento viene spiegato razionalmente; viene posta la facoltà umana
accanto alla ragione. Per quanto riguarda il sentimento nei confronti della natura ci si sforza a
fare un’analisi della realtà, per conoscere scientificamente e razionalmente le varie parti che la
compongono. E quindi la natura è regolata da un complesso di leggi e fenomeni che l’uomo può
codificare grazie all’uso della ragione. (Neoclassicismo = spiegazione razionale, sviluppo).
Hanno una visione più ottimistica, perché pensano che prima o poi potranno avere il controllo
della natura


- Nel romanticismo vi è l’espressione della libertà assoluta, l’interesse per la follia. Nei confronti
della natura, troviamo la sintesi, la ricerca delle cause e del significato dei fenomeni. Esiste una
verità più profonda di quella che può indagare la scienza. Quindi la natura mette l'individuo in
contatto con una dimensione superiore, che non può essere percepita con l'aiuto della ragione. 

( Romanticismo = interesse per la follia, per il sogno e la magia.). La natura segue le sue leggi,
non si interessa dell’uomo che si sente inadeguato di fronte ad essa

L’ESTETICA
Nel neoclassicismo viene rappresentato il bello, mentre nel romanticismo il sublime, ma in
entrambi vi è la consapevolezza di appartenere ad un mondo decaduto.
Neoclassicismo: "Quieta grandezza", "come la profondità del mare che resta sempre immobile per
quanto agitata sia la superficie". Winckelmann. Capacità di attingere alla perfezione del proprio
mondo interiore, dalle passioni frenate. Per Winckelmann, Schlegel e Goethe l'uomo greco non
soffriva dell’antitesi fra mondo finito e mondo infinito.

Romanticismo:  Il "bello" coincide col "sublime", sia esso un paesaggio sconvolto dalla furia degli
elementi (situazione descritta da Leopardi nell'Ultimo canto di Saffo) o l'uomo perseguitato da una
sorte ineluttabile (come l’Ulisse "bello di fama e di sventura" nel sonetto A Zacinto di Foscolo). Vi è
la nostalgia di un mondo di armonia ed equilibrio irraggiungibile e irrecuperabile.   Sentimento di
piacere generato da ciò che inquieta, fa paura o in qualche modo sfugge al controllo della ragione. 

“(La natura) ... suscita più facilmente le idee del sublime quando in lei domina il caos, il disordine e
la devastazione più selvaggi, purché si manifestino grandezza e potenza.”(Immanuel Kant)

Leochares Apollo del belvedere.
450 a.C. circa. 

Copia romana in marmo da un originale bronzeo. H 224 cm. Senza i restauri cinquecenteschi.
Osannato nel periodo neoclassico. La muscolatura, tesa, lascia intendere lo sforzo che segue alla
battaglia contro Pitone. I capelli a boccoli ricadono fluidi sul collo e, in parte, sono raccolti
elegantemente sul capo. Il dio è nudo, ad eccezione di una fascia ornamentale e del mantello
legato sulla spalla destra che si rovescia sul braccio sinistro ed in parte del dorso. "La statua di
Apollo rappresenta l'ideale più alto dell'arte e tra tutte le opere dell'antichità che sono sfuggite alla
distruzione" ( Johann joachin Wickelmann)

L’ANTICO

Nel neoclassicismo viene rappresentato il mondo greco e romano; mentre nel romanticismo viene
rappresentato il medioevo. In queste opere troviamo una nostalgia di un mondo irraggiungibile e
irrecuperabile. 


- Con il neoclassicismo abbiamo la riscoperta dell’antico a seguito degli scavi archeologici di


Ercolano e Pompei, la nascita dell’egittologia a seguito della campagna napoleonica, il ritorno
alla traduzione dei classici greci (Iliade di Vincenzo Monti) e l’imitazione non come sterile
riproduzione del modello con il tentativo di cogliere e riprodurre l’ideale di armonia e bellezza
dell’arte antica. Quindi nel neoclassicismo viene rappresentato il mondo greco e romano
rifacendosi alla mitologia classica e mediterranea; troveremo la natura personificata
attraverso ninfe, satiri, centauri… E atmosfere chiare e definite. 


- Mentre, con il romanticismo abbiamo la riscoperta e la valorizzazione del cosiddetto Medioevo,


considerato un’ epoca di forte sentire, il romanzo storico con rivisitazione medievale e la
rivalutazione, diffusione, traduzione di opere di Shakespeare, Dante, Calderon de barca. Prendi
ispirazione dalla mitologia nordica e dalle leggende ossianiche, la natura viene personificata
attraverso fate, elfi, gnomi… E le ambientazioni sono fosche, ricche di riferimenti simbolici,
magici, misteriosi. Oppure i romantici riprendono la religione del medioevo

L’EROE

Il principio che sta dietro l’eroe neoclassico è illuministico quindi ci si rifa al cosmopolitismo, all’
umanità di uguali, all’ impegno civile. Per i neoclassici c’è la figura dello studioso, che si interessa
del mondo intorno a se, dello studio dell’antichità, dell’arte classica; se porto alle estreme
conseguenze la figura dello studioso esso può diventare da un lato erudito che si perde nei suoi
studi, dall’altro collezionista

Al contrario con il romanticismo, l’eroe si rifa all’individualismo. Abbiamo da un lato l’individuo


immerso in una tragica solitudine, anelante a infrangere ogni barriera, si sente al di fuori delle
regole, nella ricerca d’una impossibile comunione con l’infinito, ispirato da qualcosa che è al di
fuori di se (genio); dall’altro l’espressione esemplare dell’anima d’un popolo, ad affermarne i
supremi ideali fino al totale sacrificio di sé (eroe, quindi patriota).

IL VIAGGIO

Sia per il mio classicismo che per il romanticismo il viaggio è un mezzo di conoscenza e
maturazione, erano viaggi formativi, sopratutto quelli neoclassici. Nel caso del classicismo si
rappresenta il grand tour, il mondo classico (siti archeologici, Italia: Roma, Firenze...); Nel caso del
romanticismo si rappresenta il fascino dell’esotico, la nostalgia del medioevo (castelli, abbazie,
Oriente: Marocco, Algeria...)
ARCHITETTURA

- L’architettura neoclassica si indirizzò verso la progettazione di edifici che assolvessero a una


precisa funzione ispirandosi allo stile dell’architettura antica greca e romana. Queste idee furono
favorite dalle pubblicazioni di Francesco Milizia (1725-1798), il massimo teorico dell’architettura
neoclassica. E dalla diffusione delle teorie di Carlo Lodoli (1690-1761) che anticipò il concetto
moderno di funzionalismo.

- Con il diffondersi della sensibilità romantica e il conseguente interesse per lo storicismo, ben
presto si manifestarono tendenze architettoniche proponenti il recupero di "stili" di epoche
precedenti (in particolare il medioevo come presunta culla delle identità nazionali). Si formò
l’Eclettismo, dal greco eklèghein «scegliere tra più oggetti» e gli stili furono caratterizzati dal
prefisso “neo”: neoromanico, neogotico, neobizantino... Il neogotico fu la tendenza,
contestualmente, più «romantica».

Eugène Emmanuel Viollet-le-Duc (1814-1879), architetto, storico dell’arte, disegnatore,


archeologo e restauratore, scrittore, acquarellista, in meno di quaranta anni, dal 1835 al 1870, fu il
geniale protagonista di una gigantesca operazione di restauro di cattedrali, palazzi, castelli e città.
Ridisegnò il passato. E lo fece a modo suo, attraverso uno studio maniacale delle fonti storiche.
Creò uno stile gotico, nazionale, figlio dello spirito del tempo, quando la Francia cercava solide
fondamenta di una nuova identità nazionale. La guglia di Notre dame fu un’invenzione di Viollet le
duc. I lavori di restauro su Notre Dame erano stati affidati a Lassus e Viollet ma il primo era
contrario all’invenzione della guglia.

Progettati da Giuseppe Jappelli, il Caffè Pedrocchi (1826-1831) e il Pedrocchino (1836-1842)


sono un perfetto esempio di eclettismo architettonico. Il Caffè Pedrocchino è ispirato agli edifici
tardo-gotici di Venezia, con archi orientaleggianti, bifore e guglie in stile neogotico. Dal corpo
centrale del Caffè Pedrocchi sporge un elegante pronao in stile neodorico a perfetta imitazione di
un tempio classico. Anche negli interni Jappelli si avvalse di vari stili – egizio, moresco, gotico e
impero – vera dimostrazione di eclettismo.

Robert Adam fu il più importante architetto neoclassico d’oltralpe. Nacque a Kirkcaldy, in Scozia,
nel 1728. Interrotti gli studi all’università di Edimburgo, compì nel 1754 il viaggio del Grand Tour.
Fondamentale per la formazione di Robert Adam fu il viaggio a Roma e in Dalmazia, dove disegnò
e misurò le antichità romane, elaborando un vasto repertorio di immagini che poi impiegò nella sua
attività in patria. Tornato a Londra fu nominato architetto ufficiale di re Giorgio III. Morì a Londra nel
1792.

Robert Adam Kedleston Hall


Nel fronte posteriore Adam recuperò lo schema dell’arco trionfale romano esemplato sull’Arco di
Costantino, a cui si rifà anche la decorazione scultorea. Lo spazio dei fornici è occupato da una
porta vetrata con semicolonne e frontone affiancata da nicchie, al di sopra delle quali sono inseriti
due tondi scolpiti; le colonne, libere, sostengono la trabeazione in aggetto e l’attico decorato da
statue. Dal fronte principale si accede alla Great Hall, l’atrio centrale con sedici colonne e quattro
semicolonne corinzie in alabastro venato (fusti) e bianco (capitelli). L’atrio immette in un vasto
salone circolare (5), sormontato da una cupola come il Pantheon. Le nicchie sono decorate da
catini con lacunari a losanga ispirati al Tempio di Venere a Roma. Oltre ai marmi l’interno è
decorato da stucchi, pannelli, nicchie con statue.
Il Palazzo del Parlamento
Nel 1834, la Westminster Hall, il vecchio Palazzo di Westminster, costruzione gotica dell'XI secolo,
sede del Parlamento inglese, fu distrutto da un incendio. Charles Barry, architetto eclettico, lo
ricostruì tra il 1840 e il 1870, progettando il palazzo in stile neogotico, adornandolo di pinnacoli,
guglie e torrette.

All’angolo nord-est del Palazzo c’è la Torre dell’orologio, “Clock Tower” (oggi ElizabethTower),
simbolo di Londra, nota anche come Big Ben anche se quest’ultimo, invece, è il nome della
campana principale del grande orologio. Barry affidò i lavori di progettazione della Torre, alta 96,3
metri, ad AugustusWelbyPugin, uno dei massimi teorici del ritorno al Gotico in quanto stile
realmente inglese. I lavori terminano nel 1858, dopo una serie di difficoltà incontrate nella
realizzazione, in particolare quella di posizionare l’orologio nella torre a causa del suo enorme
peso.

Walhalla dei Tedeschi


Il Walhalla dei Tedeschi è un tempio dedicato al luogo della mitologia germanica in cui le vergini
guerriere Valchirie accoglievano le anime degli eroi morti in battaglia. È un tempio dorico octastilo
periptero ispirato al Partenone e simbolo della grandezza della civiltà tedesca come quello lo era
della civiltà greca nell’Atene di Pericle. Gli altorilievi dei due frontoni celebrano l’uno la sconfitta di
Napoleone a Lipsia nel 1813, l’altro quella dei Romani a opera dei Germani nella foresta di
Teutoburgo nel 9 d.C.

Giuseppe Piermarini fu il più maggiore degli architetti neoclassici operanti in Italia. Nacque a
Foligno nel 1734. Allievo e aiuto di Luigi Vanvitelli nella realizzazione della Reggia di Caserta, si
spostò con lui a Milano sottoposta al dominio asburgico ottenendo un vasto apprezzamento come
architetto. Nel 1776 ottenne la cattedra di Architettura presso l’Accademia di Brera. Nel 1779 fu
nominato Imperial Regio Architetto. Morì a Foligno nel 1808.

Teatro alla Scala


Nel Teatro alla Scala di Milano del 1776-1778, la grammatica di Piermarini è quella della simmetria
e degli ordini architettonici dell’antichità classica. La facciata è composta da tre corpi aggettanti, i
cui volumi geometrici sono leggibili se si guarda l’edificio dalla strada. L’avancorpo è un portico
bugnato sovrastato da una terrazza su cui si affacciano tre aperture del corpo retrostante. Il corpo
retrostante è a tre registri orizzontali scanditi da coppie di semicolonne, coppie di lesene e
concluso da un frontone largo quanto il portico. Il piano di fondo ripete la scansione ritmica delle
due ali del corpo di fabbrica che lo precede. Angelo Inganni, La facciata del Teatro alla Scala,
1852.
PITTURA
Da una parte l’arte tese a diventare stile, un insieme omogeneo di regole, di tecniche e di contenuti
facilmente individuabili e altrettanto facilmente trasmissibili attraverso le scuole d‘arte e le
accademie. In questo modo si arriva a creare una sorta di gusto nazionale egemone,
generalmente ritenuto valido sia sul piano formale (estetico) sia su quello dei contenuti (etico).
Dall’altra nel corso dell’Ottocento si affermò una nuova soggettività dell'esperienza artistica, da cui
dipese il superamento della tradizionale suddivisione dei generi artistici e del sistema di regole
convenzionale, un fatto di portata enorme che diede avvio alla grande pittura europea. La
committenza si allargò, estendendosi dai soggetti tradizionali, Chiesa e aristocrazia, alla borghesia
per la quale l'acquisizione di un dipinto o di una scultura diventava un mezzo di promozione
sociale universalmente riconosciuto. Di qui la fortuna di generi quali quello del ritratto o quello del
paesaggio.
Jacques-Louis David è il massimo pittore del Neoclassicismo. Nacque a Parigi il 30 agosto 1748.
Vinse il Prix de Rome, soggiornando in Italia come borsista dell’Accademia di Francia. Fu deputato
e poi presidente della Convenzione Nazionale al fianco di Robespierre. Divenne sostenitore di
Napoleone e fu nominato primo pittore dell’imperatore. Con la caduta di Napoleone fu costretto
all’esilio a Bruxelles dove morì il 29 dicembre 1825. Tra le sue opere troviamo:

Il giuramento degli Orazi 1784


Eseguito a Roma, commissionato dal re di Francia, fu esposto l’anno dopo al Salon di Parigi. Il
soggetto è tratto dalla storia leggendaria della Roma monarchica: I tre fratelli romani Orazi devono
affrontare i tre fratelli albani Curiazi per risolvere a duello la contesa tra le due città rivali di Roma e
Alba Longa. In linea con l’estetica neoclassica David raffigura il momento che precede l’azione, il
giuramento per la patria dei fratelli, simbolo delle alte virtù civiche romane. La scena di forte
teatralità si svolge nell’atrio di una casa romana inondata dalla luce solare. Ogni dettaglio
eccessivo è stato eliminato per indirizzare l’osservatore sul contenuto morale. Nel fondo due
pilastri e due colonne tuscaniche sorreggono tre archi a tutto sesto oltre i quali un muro delimita un
porticato, ornato di una lancia e uno scudo appesi. Un’ulteriore arcata – a destra, aperta nel muro
– lascia intravedere altri ambienti abitativi e una finestra alta. I sentimenti espressi dai personaggi,
distinti in due gruppi incorniciati dalle arcate estreme, sono contrapposti ma ugualmente misurati:
la determinazione degli uomini - il dolore delle donne. La mano del padre fissa il punto di fuga,
leggermente a sinistra rispetto all’asse di mezzeria della tela, verso cui convergono i raggi
prospettici. Pertanto il vecchio padre, mentre leva in alto le spade lucenti, si erge nel mezzo come
personaggio chiave della rappresentazione consapevole del suo ruolo storico nel sacrificare i figli.
Il giuramento unisce nell’eroismo i tre giovani, allacciati in un abbraccio che indica grande forza
morale e unanimità d’intenti. A destra, in posizione arretrata, la madre degli Orazi copre con il suo
velo i due figli più piccoli. La figlia Camilla, con le mani in grembo, si volge verso la cognata
Sabina.

La morte di Marat 1793


Il 13 luglio 1793 Marat, presidente del club dei giacobini, responsabile della caduta dei girondini, è
assassinato dalla girondina Charlotte Corday. La Convenzione nazionale incarica David di
dipingere un quadro che renda onore al martire della rivoluzione. David affronta un soggetto di
cronaca come se fosse di storia antica, facendosi portavoce della virtù di un uomo incorruttibile
che ha dedicato la sua vita al bene della patria. Pertanto David spoglia l’evento di ogni elemento
cronachistico e contingente, trasferendo l’immagine in una dimensione di pura idealità. La
tappezzeria è sostituita da un fondo scuro, quasi monocromo con un pulviscolo dorato, vengono
eliminati altri elementi che possano distrarre l’osservatore. Marat è rappresentato come una vittima
innocente, una sorta di Cristo laico, ha un volto sereno. Egli giace riverso, con il capo
abbandonato, nella vasca da bagno in cui passava molto tempo per necessità curative. I pochi
elementi dell’arredo dichiarano la virtuosa povertà di Marat ucciso a tradimento: la cassetta di
legno chiaro è trasformata in una sorta di lapide con dedica dell’artista. Il calamaio, la penna d’oca,
il coltello, nobilitato nel manico, a terra, sono come gli strumenti della Passione. La lettera,
perfettamente leggibile, fornisce data dell’evento e nome dell’assassina, ed è macchiata di sangue.
Il braccio di marat richiama la passione di Michelangelo e il cristo di Caravaggio
Paul-Jacques-AiméBaudry, Charlotte Corday, 1860
Circa settant’anni dopo Paul-Jacques AiméBaudry, raffigurò una scena completamente differente,
rappresentando . L’angolazione è diversa; lo sfondo, non spoglio, appare disordinato con le cose
buttate all’aria nel corso dell’omicidio. Marat è raffigurato scomposto, non come nel dipinto di
David: il viso è devastato. Il tavolo con la lettera è rovesciato e la lettera è nell’acqua.Il coltello,
ancora infilzato nella spalla, ha una banale impugnatura nera. La figura di Charlotte è elevata a
nuova Marianna. Durante il processo aveva dichiarato di averne ucciso uno per salvarne
centomila. Baudry la raffigura fiera, mentre guarda avanti e non a ciò che ha fatto; ha ucciso per la
causa. È vestita di blu imperiale e sta in piedi difronte ad una cartina della Francia. Al tempo del
Secondo Impero, Marat fu rivisto come“cattivo”, mentre Charlotte Corday iniziò ad essere vista
come la vera martire della Rivoluzione. Questo dipinto era la risposta al Terrore.

Jean-Auguste-Dominique Ingres è un altro grande protagonista della pittura neoclassica,


ammiratore dell’arte italiana e in particolare di Raffaello. Nacque a Montauban il 29 agosto 1780.
Formatosi a Parigi nell’atelier di David, svuotò la lezione del maestro dei suoi contenuti politici e
rivoluzionari incentrando la propria ricerca sullo stile. Divenne professore dell’Académie desBeaux-
Arts. Risedette a lungo a Roma ricoprendo il ruolo di direttore dell’Accademia di Francia. Morì a
Parigi il 14 gennaio 1867.

Ingres L’apoteosi di Omero 1827


Vero e proprio manifesto del Neoclassicismo, l’enorme tela con L’apoteosi di Omero è ispirata alla
Scuola d’Atene di Raffaello. Davanti a un tempio classico, coronato dalla Vittoria, siede Omero,
immobile e frontale, fulcro di una composizione di grande solennità, infatti alla base del suo
piedistallo converge il punto di fuga di una prospettiva centrale. Il sommo poeta greco è circondato
dai Grandi antichi (in alto) e moderni (in basso): fa eccezione Dante (4) che, guidato da Virgilio (5),
sta a metà nell’atto di offrire la Commedia; anche altri, come Pindaro (20) la lira o Fidia (25) lo
scalpello, recano doni a Omero come a un dio In basso, in primo piano, Molière (41) e Poussin
(38) guardano lo spettatore indicandogli Omero come modello da seguire e come vetta
insuperabile delle arti. Solo due moderni sono nella schiera degli antichi: Raffaello (5), tenuto per
mano da Apelle (8) e Michelangelo (26) in atteggiamento pensoso, i due grandi maestri di Ingres.

Ingres Il sogno di Ossian 1813


Commissionato per decorare la camera da letto di Napoleone, nel Palazzo del Quirinale, rientra
nel gusto del primo romanticismo per l’attenzione prestata a Ossian, nuovo Omero, nonché al
sogno. In una suggestiva visione notturna, un silenzio sovrannaturale avvolge la scena composta
dal gaelico bardo leggendario e dalle spettrali creature dei suoi sogni. Ingres coglie Ossian
addormentato sulla propria arpa sullo sfondo di un paesaggio roccioso ispirato alle Highlands
scozzesi. Dispone a cerchio sopra di lui i personaggi fantastici dei suoi sogni, ovvero gli eroi e le
eroine delle sue ballate. Delinea figure a chiaroscuro, incorporee, quasi monocrome, illuminate da
una luce opalina e sollevate su una nube. Abbiamo sia elementi classici che romantici ma la Figura
di Ossian è romantica, lui viene creato a tavolino per essere opposto ad omero, che è classico

Ingres La grande odalisca 1814


Tracce romantiche si riscontrano anche in quest’opera per il fascino dell’esotico. Il dipinto risente
dell’orientalismo che caratterizza l’arte francese nella prima metà dell’Ottocento, a partire dalla
campagna napoleonica d’Egitto. L’esotismo di Ingres non è autentico, ma di tendenza. Gli oggetti
più tipicamente «orientali», come il bruciaprofumi e la pipa, sono presenze d’occasione. Il grande
corpo morbido, visto di spalle, è definito da una linea ondulata e ha le proporzioni deformate della
pittura manierista. Tra la coperta e il lenzuolo c’è un gioiello e nella mano destra la donna regge un
ventaglio di piume di pavone. Al fondo due grandi bauli e il muro. Il turbante e il gioiello sulla testa
sono ripresi dalla Fornarina di Raffaello. Vi è un chiaro riferimento alla Venere di Urbino di Tiziano.
Jean Louis André ThéodoreGericault fu un pittore attratto da temi tipicamente Romantici quali il
rapporto con natura, l’amore, in particolare il macabro e la follia. Artista di temperamento inquieto,
anticonformista visse nel periodo della Francia rivoluzionaria e delle conquiste Napoleoniche.
Nacque nel 1791 a Rouen. Si formò presso un pittore neoclassico. Viaggiò in Italia negli anni
1815-17, compiendo studi su Raffaello, Michelangelo, Caravaggio. Alla fine del 1822 ritornò
definitivamente a Parigi dove morì nel 1824.

Gericault la zattera della medusa 1819


È rappresentato un momento del naufragio della fregata francese Méduse, avvenuto il 2 luglio
1816 davanti alle coste dell'attuale Mauritania, a causa di negligenze e decisioni affrettate del
comandante HuguesDuroy de Chaumareys che non aveva una buona conoscenza di quelle
acque, cosa che portò la fregata ad incagliarsi sul fondale sabbioso. Oltre 250 persone si
salvarono grazie alle scialuppe, le rimanenti 150, la ciurma, dovettero essere imbarcate su una
zattera di fortuna, lunga 20 metri e larga 7, e di queste soltanto 10 fecero ritorno a casa. Il quadro
è costruito secondo uno sviluppo piramidale. Le piramidi sono due:

-  La prima formata dalle funi che sorreggono l’albero della zattera.
-   La seconda è determinata, invece, dal gruppo di uomini legati fra loro dalle braccia che si
toccano, partendo dall’uomo morto in basso a sinistra e culminando con l’uomo di colore che
svento un panno bianco e rosso. 


Il cielo è plumbeo, le onde minacciose e cupe. I naufraghi sono accalcati in un compatto spazio
quadrangolare (zattera) con un vertice che sta sul bordo inferiore della tela. Un personaggio
sventola un panno bianco e rosso. Il dipinto mostra i pochi scampati nel momento in cui
avvistano.in lontananza la nave Argo che li porterà in salvo. Gli sguardi degli uomini, le loro braccia
sollevate in un gesto di aiuto e di soccorso sono rivolti verso il puntino che, all’orizzonte, indica la
salvezza. A sinistra dell’osservatore, un giovane morto, quasi del tutto nudo, è sorretto e trattenuto
da un vecchio ammantato di rosso e dal nobile volto pensoso, simile ad un eroe omerico o uno
Zeus laico. In basso, a destra dell’osservatore, un cadavere riverso è coperto da un drappo che
richiama alla mente il lenzuolo funebre degli antichi. Possiamo vedere la contrapposizione tra la
frenesia e l’immobilità. Il soggetto di quest'opera è romantico ma presenta anche dei tratti
neoclassici, che vediamo nei corpi dei marinai che ricordano il neoclassicismo, c’è il gusto
romantico per il macabro

Alienata con la monomania del gioco


Quest'opera fa parte della serie ritratti di alienati, in cui l'artista raffigurò 10 ospiti di un manicomio,
malati di monomania cioè il disturbo mentale caratterizzato dall'ossessiva presenza di un'idea
fissa.è possibile che le opere dovessero accompagnare visivamente le lezioni del medico parigino
Georget, Il quale sosteneva che era possibile stabilire disturbi interiori dall'analisi delle fisionomie.
Il ritratto rappresenta una vecchia dagli occhi incavati e dalle palpebre arrossate, dalla fronte
solcata da profonde rughe e dei capelli corti che fuoriescono dalla cuffia scomposta, con lo
sguardo perso nel vuoto a rincorrere il pensiero fisso che la estraniato dalla vita reale. Vi è un forte
contrasto chiaroscurale tra lo sfondo neutro e la cuffia candida; la luce è una luce diffusa, non
radente. In quest'opera, la pittura assume il valore di un documento, di una testimonianza e,
rinunciando alle deformazioni grottesche che nei secoli precedenti avevano contrassegnato i
malati di mente, acquista un nuovo significato per la volontà di penetrare, attraverso la descrizione
realistica oggettiva, un aspetto doloroso della natura umana. Il pittore studia la mimica facciale e la
contrazione dei muscoli del volto e, attraverso un sapiente gioco di tonalità di grigio e di Bruno,
riesce a penetrare lo stato di infermità della donna. Con grande serietà affronta un tema scottante
per la società di quel periodo, restituendo attraverso linguaggio dell'arte una dignità a persone del
tutto incapace di vivere un'esistenza normale
Eugène Delacroix
Romantico per l’impetuosità creativa, l’esotismo, l’avversione all’accademismo, il realismo, la storia
e l’eroismo collettivo, Eugène Delacroix mette a punto una pittura libera e carica di colore,
divenendo un modello per le generazioni successive. Nacque a Charenton-Saint-Maurice, nella
Francia settentrionale, il 1° luglio 1798. Forse figlio naturale del marchese de Talleyrand. Si formò
con un pittore neoclassico presso il cui studio incontrò Géricault. Terminati gli studi
all’ÉcoledesBeaux-Arts esordì nel Salon parigino nel 1822. Nel 1832 compì un’importante viaggio
in Marocco. Morì a Parigi il 13 agosto 1863.
Il disegno di Delacroix è immediato, rapido e fortemente espressivo. Significativo è l’album di
appunti e schizzi redatto come diario di viaggio in Marocco nel 1832. I disegni, accompagnati da
brevi note, sono per lo più semplici schizzi a penna, ombreggiati con tratti perpendicolari paralleli.
Tra le sue opere troviamo:

La barca di Dante
L’esordio di Delacroix a soli 24 anni avviene al Salon del 1822 con La barca di Dante, un dipinto il
cui soggetto è tratto dall’VIII canto dell’Inferno. Accompagnati dal nocchiero Flegias, Dante e
Virgilio attraversano lo Stige per raggiungere la città di Dite e si imbattono negli iracondi, sommersi
nel fango della palude infernale. Il dipinto anticipa tecniche impressioniste: i colori non sono fusi
sulla tavolozza ma accostati puri l’uno di fianco all’altro direttamente sulla tela. Sullo sfondo la città
di Dite è avvolta dal fuoco e da nuvole di fumo rossastre. I dannati sono nudi michelangioleschi
che nelle pose moltiplicano il moto ondoso suggerendo l’equilibrio precario dell’imbarcazione. Le
goccioline di acqua sotto l’ascella dell’uomo sono formate da pennellate di colori puri giustapposti:
rosso, giallo, verde e tocchi di bianco. Flegias, visto di schiena, è tratto dal Torso del Belvedere. Il
gruppo compatto dei personaggi in piedi disegna un solido piramidale mentre le braccia allargate
di Dante definiscono la diagonale principale della tela.

La Libertà che guida il popolo 1830


Realizzata in soli 3 mesi ed esposta al Salon l’anno successivo per ricordare le Tre Gloriose
Giornate di Parigi. Dal 27 al 29 luglio 1830 il popolo di Parigi era insorto contro le disposizioni
liberticide del governo clerical-reazionario guidato da Jules de Polignac, obbligando il re Carlo X di
Borbone ad allontanare il capo del governo e a revocare le ordinanze. Le torri della cattedrale di
Notre-Dame danno la collocazione geografica dell’evento. L’dea compositiva del quadro deriva da
La zattera della Medusa di Gericault; anche qui sono identificabili un impianto piramidale e una
spinta dinamica da sinistra a destra e il giovane morto seminudo con un solo calzino, ricorda, in
posizione inversa, il naufrago che sta scivolando dalla zattera. Delacroix, tuttavia, inverte la
direzione del moto delle masse e ciò ribalta completamente il senso del contenuto: nella “Zattera” il
contenuto è pessimistico; nella “Libertà che guida il popolo” il contenuto è ottimista. Nel quadro di
Gericault lo spettatore è portato a guardare nella stessa direzione nella quale guarda l’uomo che
agita il panno, nell’angosciosa ricerca della salvezza. Nel caso della “Libertà che guida il popolo” la
donna guarda verso lo spettatore; conduce la sua marcia per coinvolgerlo nella sua azione. Il
quadro ha quindi una funzione esortatrice tesa ad ispirare sentimenti di forza e di giusta ribellione.
Il naufragio della “Medusa” è la metafora del naufragio della Francia e delle idee rivoluzionarie di
libertà, uguaglianza e fraternità. “La libertà che guida il popolo” non è una metafora, ma
un’allegoria. Usa cioè un’immagine, quella della donna con la bandiera in mano, per visualizzare
un sentimento. Sulle barricate la Libertà – col berretto frigio, simbolo di libertà, adottato durante la
rivoluzione francese, e il seno scoperto – stringe il tricolore incitando il popolo a seguirla. La figura
è ispirata alla Venere di Milo, scoperta nel 1820 e dal 1821 esposta al Louvre di Parigi. È la
naturale evoluzione di un ideale femminile eroico e allegorico. Rappresenta il primo tentativo di
proporre un nudo femminile in un’opera avente come oggetto un episodio di storia contemporanea.
Fu criticata e dai neoclassici e dai romantici per i motivi opposti. Alla lotta comune partecipano tutte
le classi sociali quali il popolano, il borghese con il cilindro, probabile autoritratto, il militare a terra
in primo piano e anche tutte le età, tra cui il giovane monello. Un insorto, i cui colori degli abiti
riprendono quelli della bandiera francese, ai piedi della Libertà la guarda come colei che sola può
restituire dignità a una Nazione. Quest’opera fu criticata sia da i neoclassici, poiché la figura della
donna non era del tutto idealizzata, conservava ancora tracce di realismo, invece per i romantici
era troppo idealizzata, inoltre fu criticato il fatto che venisse rappresentata una donna col seno
scoperto in un contesto di attualità storica,

Donne di Algeri nei loro appartamenti, 1834


Delacroix nel 1832 partì per un viaggio nel Nord Africa. Questo soggiorno favorì una evoluzione del
suo stile pittorico. Donne di Algeri nei loro appartamenti è un’opera dipinta in seguito al viaggio. Le
donne rappresentate si trovano all’interno di un harem. Il mondo orientale è descritto con occhi
romantici. Prevale, infatti, un senso di mistero e il fascino legato, anche, all’erotismo sottile del
tema. Due giovani donne si trovano al centro della scena dipinta. La ragazza a destra
dell’osservatore fuma da un narghilè posato di fronte a lei. I suoi capelli sono lunghi e neri. Una
rosa decora la sua acconciatura. Il volto, rappresentato di profilo, è giovane ed è illuminato da una
luce intensa. Indossa un abito bianco, pantaloni verdi corti che lasciano le gambe nude sotto il
ginocchio. I piedi sono scalzi. La ragazza a sinistra dell’osservatore, invece, ha il volto in ombra. La
sua fisionomia è giovanile. Porta un fazzoletto annodato intorno al collo, un abito trasparente e una
gonna scura. La servitrice, di colore, all’estrema destra dell’osservatore, è abbigliata, invece, con
una lunga gonna colorata, una camicia stretta da un corpetto e una fascia intorno alla vita. Sul
capo, poi, indossa un turbante rosso e ai piedi un paio di semplici calzature. È raffigurata di profilo
e si volta in basso verso le due donne, alzando la mano sinistra. Un’altra donna è semidistesa
all’estrema sinistra dell’osservatore. Il suo volto è sognante. Porta molti gioielli alle dita e diversi
giri di perle intorno al collo. Indossa, poi, pantaloni, un abito elegante e decorato. Le sue mani
sono abbandonate mollemente lungo il corpo. Infine, il braccio destro è appoggiato su cuscini
damascati e siede su un tappeto prezioso.

Francesco Hayez è il più grande tra i pittori di storia dell’età romantica in Italia. Nacque a Venezia
il 10 febbraio 1791. Nel 1809 vince il Premio Roma dell’Accademia di Venezia e, grazie alla borsa
di studio, andò a vivere a Roma, favorito dal Canova che lo introdusse negli ambienti colti,
formandosi sulle antichità e sulle opere dell’amato Raffaello. Dal 1823 visse a Milano, ottenendo
numerosi incarichi e molti onori e divenendo l’idolo e il più sensibile interprete dei costumi e degli
ideali della borghesia liberale. Morì a Milano il 21 dicembre 1882 all’età di 91 anni. Dal 1820 Hayez
si volge alla pittura di storia, specie di ambientazione medievale, genere di successo, diffuso dalle
riproduzioni a stampa e favorito dal desiderio di libertà e dall’aspirazione unitaria degli italiani. Tra
le sue opere troviamo:

Il bacio 1859
È l’opera più celebre del pittore veneziano, dipinto quando la Seconda guerra d’indipendenza
apriva le porte all’Unità d’Italia. Il dipinto rappresenta una scena, apparentemente intima, tra due
innamorati, ambientata all’interno di uno scenario architettonico medioevale. Infatti le mura sono
costruite da grandi blocchi di pietra (questa ambientazione ridotta al minimo ci ricorda la morte di
marat di David). Questa ambientazione è molto semplice perché ci si deve concentrare sui
soggetti. Inoltre sullo stipite si intravedono decorazioni scolpite e, in alto a destra dell’osservatore,
una bifora. Due giovani in abiti quattrocenteschi, in piedi, abbracciati, si baciano. Il giovane è
interamente coperto da un ampio mantello mentre la giovane indossa un semplice abito azzurro. Il
ragazzo porta un cappello che copre il suo viso invece la protagonista ha lunghi capelli sciolti. Il
giovane che da un bacio alla ragazza porta un pugnale nascosto dal mantello al suo fianco sinistro
e si appresta a salire il primo gradino della scala. Il messaggio politico che nasconde il dipinto è
racchiuso quindi in questi particolari appena percepibili. Si tratta, forse, di un giovane patriota che
saluta la ragazza amata prima di andare a combattere. Un’ombra si intravede sulla sinistra
dell’osservatore. Un compagno del cospiratore? Una spia?

È un’opera politica, il bacio è secondario, il messaggio politico è quello della 2 guerra di


indipendenza, un alleanza con la francia

È un cospiratore lo capiamo dagli abiti, dal cappello, dal pugnale, dall’atteggiamento infatti ha il
piede sul gradino pronto ad andare

Potrebbero piacerti anche