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Anno LXXII (Seconda Serie) - N. 6 ISSN 0035-6182

RIVISTA DI
DIRITTO PROCESSUALE

RIVISTA DI DIRITTO PROCESSUALE - Anno LXXII (Seconda Serie) - 2017 - N. 6

TARIFFA R.O.C.: POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1, DCB MILANO - PUB. BIMESTRALE
FONDATA NEL 1924 DA
G. CHIOVENDA, F. CARNELUTTI e P. CALAMANDREI
GIÀ DIRETTA DA
E.T. LIEBMAN, G. TARZIA e E.F. RICCI

DIRETTORI
C. PUNZI e B. CAVALLONE
COMITATO DI DIREZIONE
M. ACONE - G. BONGIORNO
V. COLESANTI - L.P. COMOGLIO
C. CONSOLO - G. COSTANTINO
C. FERRI - R.E. KOSTORIS
S. LA CHINA - S. MENCHINI
G. MONTELEONE - R. ORIANI
A. SALETTI - B. SASSANI
F. TOMMASEO - N. TROCKER
R. VACCARELLA

Novembre-Dicembre
2017
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€ 45,00 i.v.a. inclusa

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TUTELA DEI DIRITTI E REGOLE DEL PROCESSO

SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Le regole del processo. – 3. Il processo «regolato dalla legge». –


4. Le regole minime del «giusto processo». – 5. Replica.

1. – La previsione di una introduzione alle relazioni sui temi del


congresso costituisce una novità rispetto alla tradizionale organizzazione
degli incontri periodici della Associazione Italiana fra gli Studiosi del
Processo Civile (AISPC).
Non si tratta di una quinta relazione, ma, in base a riflessioni già
svolte, della indicazione degli obiettivi, o delle aspettative, per il dibattito
di questo XXXI Congresso. Il titolo, infatti, si presta a interpretazioni
generalizzanti; potrebbe comprendere tutti i temi oggetto degli studi dei
componenti della Associazione.
In realtà, il tema riporta l’Associazione alla sua fondazione, a Firenze,
nel 1947, quando furono poste le basi per la riforma del 1950, contro
l’aspirazione di abrogare il codice del 1940; si collega anche al IX Con-
gresso, a Sorrento nel 1971, sul trentennale del codice, al XV Congresso, a
Bari nel 1985, quando fu avviata la riforma realizzata con la legge 26
novembre 1990, n. 353, entrata in vigore, con significative modifiche,
nel 1995; e si collega anche al XVII Congresso, a Palermo nel 1989, sui
procedimenti in camera di consiglio.
Le regole del processo sono direttamente funzionali alla tutela dei
diritti. Questa dipende dalle regole del processo. Ma non solo. La tutela
dei diritti dipende anche dalle risorse della giustizia e della giustizia civile
in particolare, dalla utilizzazione di queste e, quindi, dalla organizzazione
degli uffici giudiziari. Dipende dallo spirito e dalla volontà degli operatori.
Nelle aspirazioni dei proponenti, l’argomento, l’obiettivo, o le aspet-
tative per il XXXI Congresso riguardano, in primo luogo, una rimedita-
zione sulle regole del processo, sulla loro natura e sulla loro funzione, sui
loro rapporti con l’allocazione delle risorse della giustizia civile e con
l’organizzazione degli uffici giudiziari; questo primo profilo comprende
anche le regole del procedimento arbitrale e, quindi, il ruolo degli arbitrati
amministrati e delle camere arbitrali. In secondo luogo, l’attenzione do-
vrebbe essere orientata sulle regole della cognizione piena, delle sue va-
rianti, in riferimento a strumenti di tutela diversi, quali la tutela sommaria
e i procedimenti camerali; dovrebbe contribuire a segnare i confini del-
l’una e degli altri, in base alla nozione di «giusto processo» ed alla appli-
cazione di quest’ultima al procedimento arbitrale. In terzo luogo, il dibat-
tito congressuale dovrebbe contribuire a delineare le regole minime co-

Rivista di diritto processuale 6/2017


tutela dei diritti e regole del processo 1419

muni ai processi a cognizione piena, affinché questi possano effettivamente


costituire la tutela ordinaria di tutti i diritti.
Il compito di affrontare e sviluppare questi aspetti è stato attribuito
alle relazioni di Giampiero Balena, di Ilaria Pagni, di Giuseppe Ruffini e di
Elena Zucconi Galli Fonseca.
Questa introduzione è diretta a specificare gli obiettivi, o le aspettati-
ve, sinteticamente indicati.

2. – Appare preliminarmente doveroso interrogarsi su quali siano le


regole del processo.
Le regole del processo sono quelle contenute nelle leggi vigenti nel
luogo dove il processo si svolge.
Questa ovvia e banale constatazione preliminare orienta l’attenzione
sulle norme generali ed astratte che regolano lo svolgimento del processo.
Sennonché, in primo luogo, nell’attuale situazione, sarebbe illusorio
ritenere che esse siano collocate soltanto nel codice di procedura civile e
che questo possa essere assunto quale unico oggetto di analisi e quale
criterio sistematico di classificazione delle regole del processo.
Per un verso, infatti, il testo attuale del codice è un tessuto patchwork
o un vestito di Arlecchino, nel quale convivono disposizioni contradditto-
rie, risalenti a diversi momenti storici ed ispirate a diverse rationes, cosic-
ché uno dei compiti più impegnativi dell’interprete consiste nel tentativo
di ricomporre un sistema lacerato ovvero di ricostruire la sinopı̀a di un
mosaico frantumato (1).

(1) Nel testo del codice convivono, tra l’altro, norme del 1940-42, del 1950, del 1973,
del 1990, del 1995, del 1998, del 2001, del 2005, del 2006, del 2008, del 2009, del 2010, del
2011, del 2012, del 2013, del 2014, del 2015, del 2016. La cadenza delle riforme è ormai più
che annuale: ogni anno o ogni semestre, arrivano novità legislative. Dal 2005 al 2013, ho
curato, per questa Rivista la Rassegna di legislazione; poi mi sono arreso alla frenesia
legislativa. In riferimento alle ultime riforme, l’Associazione italiana fra gli studiosi del
processo civile, ha espresso «forte preoccupazione per questo nuovo, ennesimo, intervento
di riforma in materia di giustizia civile, sia per il metodo seguito, che per il merito delle
soluzioni genericamente suggerite»; ha rilevato il rischio dell’aggravamento dei «problemi
creati agli operatori dal disordinato avvicendarsi di riforme legislative rivelatesi sostanzial-
mente inutili, senza offrire un valido contributo alla riduzione dei suoi ormai intollerabili
tempi e distogliendo attenzione ed energie vuoi dal funzionamento della giustizia civile, vuoi
dalle iniziative assunte dallo stesso Governo sul piano organizzativo». Già in relazione ai
decreti legge reiterati nel corso della primavera, dell’estate e dell’autunno del 1995 fu
manifestata «viva preoccupazione per le sorti della giustizia civile, la cui disciplina è stata
frettolosamente modificata in assenza di qualsivoglia dibattito e/o confronto con le diverse
categorie degli operatori e prescindendo da ogni valutazione dell’impatto delle modificazio-
ni medesime» da Elio Fazzalari, Aldo Attardi, Vittorio Denti, Carmine Punzi, Andrea Proto
Pisani, Angelo Bonsignori, Giovanni Verde, Federico Carpi, Franco Cipriani, Ferruccio
1420 rivista di diritto processuale 2017

Per altro verso, concorrono a determinare le regole del processo dispo-


sizioni altrove collocate, dalle quali l’interprete non può prescindere (2).
Occorre ribadire che il sistema, per definizione completo unitario ed
armonico, non costituisce un dato immanente ma è comunque il frutto di
un’opera di classificazione: la completezza, l’unità e l’armonia sono, in ogni
caso, frutto di un’attività ordinatoria; è l’interprete, che si sforza di classi-
ficare e collocare i fenomeni.
Le regole ed i principii del processo civile costituiscono, per espressa
previsione normativa e per tradizione scientifica, la base di ogni processo:
vuoi di quello amministrativo, vuoi di quello contabile, vuoi di quello
tributario (3). Anche in considerazione di ciò, il sistema non può conside-
rarsi un dato, ma, comunque, il frutto dell’attività dell’interprete.
In primo luogo, occorre prendere atto che le regole del processo sono
contenute nelle disposizioni che riguardano la tutela dei diritti dovunque
esse siano collocate.
In secondo luogo, bisogna constatare che la frenesia legislativa, la
mutevolezza e l’opacità dei testi normativi rinforzano le spinte verso le
interpretazioni assolutamente «creative», che prescindono dai testi norma-
tivi, spesso difficili da comprendere e da coordinare; rende impossibile il

Tommaseo, Nicolò Trocker, Renato Oriani, Girolamo Bongiorno, Giorgio Costantino, Mo-
destino Acone, Claudio Consolo, Domenico Borghesi, Gianpiero Balena, Sergio Menchini,
Giuseppe Olivieri, Bona Ciaccia Cavallari, Loriana Zanuttigh, Giovanni Arieta, Elena Fra-
scaroli Santi e Giuseppe Trisorio Liuzzi.
(2) Basti pensare a mero titolo esemplificativo, non solo alle disposizioni di attuazione,
ma anche alla variegata disciplina del processo civile telematico, che, ormai, costituisce la
regola; al d.lgs. 1˚ settembre 2011, n. 150, sulla «riduzione e semplificazione dei procedi-
menti civili di cognizione», all’art. 59 l. 18 giugno 2009, n. 69, sulla translatio judicii tra
giudici ordinari e speciali; al d.lgs. 27 giugno 2003, n. 3 (nel testo modificato dal d.l. 24
gennaio 2012, n. 1, conv. con l. 24 marzo 2012, n. 27) sulle sezioni specializzate in materia di
impresa; al d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, sulle controversie in materia di proprietà indu-
striale; alla frammentata disciplina in tema di controversie di lavoro e previdenziali; a quella
in materia di famiglia e minori; a quella in materia di immigrazione, compreso il d.l. 17
febbraio 2017, n. 13, conv. in l. 13 aprile 2017, n. 46, istitutivo delle sezioni specializzate.
Alle diverse disposizioni sui procedimenti esecutivi speciali di cui al d.P.R. 29 settembre
1973, n. 602, e 14 aprile 1910, n. 639. Ai regolamenti UE sul riparto di giurisdizione, sulla
ingiunzione europea e sulle controversie di modesta entità.
(3) Sono espressamente in questo senso gli artt. 39, comma 1˚, d.lgs. 2 luglio 2010, n.
104, in attuazione della delega di cui all’art. 44 l. 18 giugno 2009, n. 69, per quanto riguarda
il processo amministrativo; 7, comma 2˚, d.lgs. 26 agosto 2016, n. 174, in attuazione della
delega di cui all’art. 20, comma 2˚, lett. a), l. 7 agosto 2015, n. 124, per quanto riguarda il
processo contabile (già regolato dagli artt. 26, r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, e dall’art. 1,
comma 174˚, l. 23 dicembre 2005, n. 266); 1, comma 2˚, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in
attuazione della delega di cui all’art. 30, comma 1˚, lett. g), l. 30 dicembre 1991, n. 413, per
quanto riguarda il processo tributario.
tutela dei diritti e regole del processo 1421

dibattito ed il confronto; questi implicano una comune base di riferimento,


perché, se ciascun interprete manifesta i propri desideri e le proprie aspi-
razioni prescindendo dalla lettera e dai possibili significati dei testi norma-
tivi, non è possibile neppure il dissenso; occorre limitarsi a prendere atto
della diversità di vedute. Richiamano anche l’attenzione sul ruolo della
giurisprudenza.
La stabilità delle regole del processo soddisfa l’interesse alla predeter-
minazione dei rischi e dei costi, contribuisce alla deflazione del contenzio-
so e, soprattutto interferisce con il principio di uguaglianza. Si è, infatti,
soliti distinguere la giurisprudenza sulle questioni processuali, rispetto alle
quali prevale l’esigenza della certezza, da quella sulle questioni sostanziali,
che implica un continuo adeguamento alla realtà sociale ed economica:
mentre sul piano sostanziale e, in particolare, in riferimento alla interpre-
tazione delle clausole generali o delle norme elastiche ed alla determina-
zione dei poteri del giudice in materia, è fisiologica e doverosa l’evoluzione
giurisprudenziale e l’adeguamento ai valori sociali ed economici, sul piano
processuale i valori prevalenti consistono della certezza e della uniformità
della interpretazione.
Constatato che il legislatore è venuto meno al suo compito, vuoi per
incapacità tecnica, vuoi per inseguire risultati di mera immagine, le regole
del processo sono ricercate nella giurisprudenza. Il che ha aperto un
intenso e vivace dibattito (4).

(4) Il tema è stato affrontato, nell’ultimo periodo con cadenza quasi settimanale. Senza
alcuna pretesa di completezza e nella consapevolezza di possibili omissioni, basti ricordare
che, presso la Scuola superiore dell’avvocatura, il 13 ottobre 2017, Salvatore Sica, Guido
Alpa, Laura Jannotta, Alberto Avoli, Giovanni Canzio Alessandro Pajno, Aurelio Gentili,
Vittorio Manes, Pier Giuseppe Monateri, Maria Alessandra Sandulli, Pasquale Stanzione
discuteranno su «Il valore del precedente nel sistema ordinamentale»; il 6 ottobre 2017,
nell’Università Roma Tre, Giovanni Serges, Giandonato Caggiano, Pietro Rescigno, Luigi
Garofalo, Giuseppemaria Berruti, Aurelio Gentili, Eligio Resta, Mario Serio, Carlo Augusto
Cannata, Laura Solidoro, Vincenzo Roppo, Salvatore Patti, Antonio Gambaro si confron-
teranno su «Scienza giuridica e diritto giurisprudenziale»; dal 12 al 21 luglio, a Trani, il tema
«Principi e clausole generali, argomentazione e fonti dell’ordinamento» è stato affrontato in
quattro sessioni, presiedute da Aurelio Gentili, da Roberto Martino, da Mario Libertini e da
Michele Tamponi, con i contributi di Alberto Gambino, di Dianora Poletti, di Andrea
Panzarola, di Francesco Vergine, di Ernesto Capobianco, di Alfredo Belisario, di Leopoldo
Lopez Mañez, di Antonio Barone, di David Fernandez de Retana Gorostizagoiza, di Fran-
cesco Longobucco, di Inmaculada Herbosa Martı̀nez, di Nicola Cipriani, di Giampero
Dinacci, di Serena Graziadio, di Antonio Punzi, di Vito Velluzzi e di Marco Sabbioneti;
il 6 luglio 2017, a Roma, all’Accademia dei Lincei, Natalino Irti, Giovanni Canzio, Massimo
De Felice, Alessandro Carleo, Carlo Mottura, Riccardo Guastini, Renato Rordorf, Michele
Taruffo, Franco Anelli, Bruno Cavallone, Claudio Consolo, Andrea Di Porto, Antonio
Gambaro, Romano Vaccarella, Roberto Bichi, Giancarlo Coraggio, Maria Rosaria Covelli,
1422 rivista di diritto processuale 2017

In secondo luogo, occorre prendere atto che le regole del processo


sono contenute nelle disposizioni sulla tutela dei diritti vigenti nel luogo
dove il processo si svolge, dovunque collocate, quali interpretate ed ap-
plicate dalla giurisprudenza (5).
In terzo luogo, occorre segnalare che le regole del processo, come
sopra definite, riguardano le tecniche di accertamento del fatto, la disci-

Pietro Curzio, Filippo Patroni Griffi e Andrea Proto Pisani si sono confrontati sul tema «I
precedenti»; il 15 giugno 2017, ancora a Roma, presso la Corte di Cassazione, Massimo
Luciani, Giuseppe Zaccaria, Andrea Proto Pisani, Pietro Rescigno, Fabrizio Di Marzio e
Luigi Rovelli hanno discusso di «Principi e clausole generali nell’evoluzione dell’ordinamento
giuridico»; il 13 giugno 2017, nell’Università Aldo Moro di Bari, l’opera di Nicolò Lipari, Il
diritto civile tra legge e giudizio (Milano 2017), ha offerto l’occasione del dibattito sul tema a
Mauro Pennasilico, a Domenico Dalfino, a Sergio Di Paola, ad Antonio Jannarelli, a Michela
Labriola, ad Enrico Scoditti, a Michele Lobuono ed a Francesco Macario; il 9 giugno 2017,
nell’Università statale di Milano, sul tema «Il giudice e la legge. Il diritto tra norma ed
interpretazione» e in relazione al 4˚ fascicolo del 2016 della rivista Questione giustizia, si
sono confrontati Luca Poniz, Gian Luigi Gatta, Salvatore Patti, Domenico Pulitanò e
Renato Rordorf; il 7 giugno 2017, nell’Università Roma Tre, Antonio Carratta, Emanuele
Conte, Pietro Curzio, Fabrizio Di Marzio, Luigi Ferrajoli, Dario Ippolito, Nicolò Lipari,
Aurelio Gentili, Giuseppe Grisi, Francesco Macario, Aldo Minghelli, Maria Cecilia Paglietti,
Eligio Resta, Renato Rordorf, Giovanni Serges, Andrea Zoppini, hanno dialogato sulle opere
di Nicolò Lipari e di Luigi Ferrajoli e di Juan Ruiz Manero, nonché sul 4˚ fascicolo del 2016
della rivista Questione giustizia; l’11 maggio 2017, nell’Università di Firenze, il tema «Dialo-
ghi su giurisdizione e legge: diritto giurisprudenziale, certezza del diritto e prevedibilità delle
decisioni» è stato affrontato da Antonello Cosentino, da Carlo De Chiara, da Maurizio
Fioravanti, da Luca Minniti, da Andrea Proto Pisani, da Giuseppe Vettori e da Gaetano
Viciconte; il 4 febbraio 2017, presso la corte d’appello di Milano si sono confrontati su «La
prevedibilità delle decisioni giudiziarie e la cultura del ‘precedente’ nel giudizio di primo e di
secondo grado», Giorgio Costantino, Maria Grazia Monegat e Laura Salvaneschi; l’11 e il 12
novembre 2016, nell’Università di Foggia, il titolo dell’incontro è stato «Viva vox legis?
Applicazione e produzione del diritto nella giurisdizione delle corti superiori»; ne hanno
discusso Nicolò Lipari, Giorgio Costantino, Vito Velluzzi, Paolo Cappellini, Massimo Do-
nini, Massimo Basilavecchia, Luigi Rovelli, Pier Giuseppe Monateri, Enrico Scoditti, Mario
Stella Richter, Mario Esposito, Gabriele Fattori, Edoardo Ferrante ed Antonio Ianniı̀; il 26
maggio 2015, i contributi di Giovanni Verde (Questione giustizia. Professione e diritto, Roma
2015, e Il difficile rapporto tra giudice e legge, Napoli 2012) sono stato presentati a Roma,
presso la Camera dei deputati e ne hanno parlato Giuseppe Acocella, Raffaele Cantone,
Cesare Salvi ed Armando Spataro. A queste recenti occasioni di confronto si collega il XXII
Seminario della Rivista trimestrale di diritto e procedura civile sul tema «Governance e
diritto», tenutosi nell’Università di Bologna il 10 dicembre 2010, con la partecipazione di
Federico Carpi, Gian Guido Balandi, Giacomo Bosi, Giorgio Costantino, Renzo Costi,
Pasquale Liccardo e Luigi Mariucci; gli atti sono stati poi pubblicati nel 2011 nei Quaderni
della Rivista trimestrale di diritto e procedura civile.
(5) Anche per l’indicazione dei punti fermi e dei confini di questo vivace ed intenso
dibattito, si rinvia a Dalfino, Giurisprudenza «creativa» e prevedibilità del «diritto giurispru-
denziale», in (corso di pubblicazione in) Giusto proc. civ., ed a Proto Pisani, Tre note sui
«precedenti» nella evoluzione della giurisprudenza della Corte Costituzionale, nella giurispru-
denza di una Corte di Cassazione necessariamente ristrutturata, e nella interpretazione delle
norme processuali, in (corso di pubblicazione in) Foro it.
tutela dei diritti e regole del processo 1423

plina delle prove, nonché la «procedura» e che quest’ultima è talvolta


ancora considerata un fenomeno eminentemente pratico, che non merita
attenzione scientifica.
Sennonché, nell’ambito delle disposizioni che regolano il processo,
alcune implicano un potere-dovere del giudice, cosicché la violazione de-
termina l’invalidità del provvedimento, sindacabile in sede di impugnazio-
ne; altre implicano un potere discrezionale, l’esercizio del quale è sinda-
cabile con esclusivo riferimento alla motivazione; altre ancora regolano
l’esercizio di poteri meramente ordinatori e sono insindacabili (6).
La prevalente attenzione scientifica, nei limiti appena indicati, è orien-
tata, non solo in Italia, sui provvedimenti del primo e del secondo tipo.
Quelli del terzo tipo sono generalmente negletti (7), sebbene il funzio-
namento delle regole del processo civile dipenda, anche e forse soprattut-
to, da questi ultimi.

(6) Basti pensare, quali esempi del primo tipo, al potere-dovere di rilevare il difetto di
giurisdizione, l’incompetenza, la regolarità delle notificazioni e della costituzione delle parti,
e, in genere, l’osservanza del principio del contraddittorio. Nei casi, ad esempio, di litiscon-
sorzio necessario ai sensi dell’art. 102 c.p.c., il giudice di primo grado «deve» ordinare
l’integrazione del contraddittorio; se non lo fa, la sentenza sarà nulla e la nullità potrà essere
rilevata dai giudici delle impugnazioni, i quali, a loro volta, «devono» rimettere la causa, ai
sensi degli artt. 354, comma 1˚ e 383, comma 3˚, c.p.c. Si considerino, quali esempi del
secondo tipo, i provvedimenti sulla rilevanza dei mezzi di prova e sulla valutazione dei
medesimi, ai sensi dell’art. 116, comma 1˚, c.p.c.; nonché i provvedimenti cautelari, pre-
supposto comune dei quali è la sussistenza di un «pregiudizio» ovvero di un periculum in
mora: nella valutazione di esso, il giudice dispone di margini di discrezionalità; questa, però,
è sindacabile in sede di reclamo, ai sensi dell’art. 669 terdecies c.p.c., cosicché è ampio ed
approfondito il dibattito sulla nozione di esso. La mancata previsione di rimedi nei confronti
di alcuni provvedimenti di sospensione della esecuzione, invece, rende vane le discussioni
sui presupposti di essi: il giudice, infatti, può sospendere l’esecuzione per «gravi motivi», ai
sensi degli artt. 283, 431, comma 6˚, 615, comma 1˚, 624, 649 c.p.c., 830, comma 4˚, c.p.c.,
22, comma 7˚, l. 24 novembre 1981, n. 689, art. 24, comma 6˚ e 7˚, e 29, comma 1˚, d.p.r. 26
febbraio 1999, n. 46, 152, comma 5˚, d.leg. 30 giugno 2003, n. 196; può sospenderla per
«gravi ragioni», ai sensi degli artt. 65, comma 3˚, r.d. 14 dicembre 1933, n. 1669, e 57,
comma 3˚, r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736, per «gravi e fondati motivi» ai sensi degli artt. 64
r.d. 14 dicembre 1933, n. 1669, e 56 r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736; per scongiurare un
«gravissimo danno», ai sensi degli artt. 431, comma 3˚, 447 bis, comma 4˚, c.p.c., ovvero un
«grave ed irreparabile danno», ai sensi dell’art. 373 (richiamato dagli artt. 410 e 407 c.p.c.),
o un «danno grave ed irreparabile», ai sensi dell’art. 47, comma 1˚, d.leg. 31 dicembre 1992,
n. 546; la reclamabilità di quelli emessi dal giudice della esecuzione ha reso evidente la
contraddizione già presente nel sistema.
(7) Basti pensare, ad esempio, alla possibilità di rinviare la prima udienza di trattazione
ai sensi dell’art. 168 bis, comma 5˚ c.p.c., per il quale «il giudice istruttore può differire, con
decreto da emettere entro cinque giorni dalla presentazione del fascicolo, la data della prima
udienza fino ad un massimo di quarantacinque giorni. In tal caso il cancelliere comunica alle
parti costituite la nuova data della prima udienza». L’applicazione o la disapplicazione di
questa disposizione incide sul funzionamento del processo: se i flussi di ingresso sono
1424 rivista di diritto processuale 2017

L’andamento del processo e la tutela dei diritti sono affidati anche


all’esercizio dei poteri discrezionali del giudice ai sensi dell’art. 175 c.p.c.
In considerazione di ciò, le regole del processo non possono prescin-
dere dai profili organizzativi; in particolare dalla verifica dei criteri di
applicazione dell’art. 47 quater, comma 1˚, r.d. 30 gennaio 1941, n. 12
(aggiunto dal d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51), per il quale, tra l’altro, «il
presidente di sezione, oltre a svolgere il lavoro giudiziario, dirige la sezione
cui è assegnato e, in particolare, sorveglia l’andamento dei servizi di can-
celleria ed ausiliari, distribuisce il lavoro tra i giudici e vigila sulla loro
attività, curando anche lo scambio di informazioni sulle esperienze giuri-
sprudenziali all’interno della sezione»; e dell’art. 37 d.l. 6 luglio 2011, n.
98, in l. 15 luglio 2011, n. 111, per il quale «i capi degli uffici giudiziari,
sentiti i presidenti dei rispettivi consigli dell’ordine degli avvocati, entro il
31 gennaio di ogni anno redigono un programma per la gestione dei
procedimenti civili, amministrativi e tributari pendenti».
E non possono prescindere neppure dalle iniziative sviluppatesi ormai
da tempo in funzione di una gestione condivisa del servizio giustizia; dalle
esperienze degli Osservatori della giustizia, dalla realizzazione dei proto-
colli d’udienza, dalla elaborazione di linee guida, di modelli di atti e di
provvedimenti per la gestione dei processi (8).

rilevanti, può apparire conveniente frazionare il numero di cause da portare all’udienza, al


fine di provvedere consapevolmente su ciascuna di esse, anche se ciò comporta un differi-
mento dei tempi di comparizione ed un maggior lavoro per la cancelleria; il formale rispetto
dei tempi indicati nell’atto di citazione e l’esigenza di non gravare la cancelleria di oneri
ulteriori, infatti, determina un affollamento dell’udienza, alla assegnazione automatica dei
termini di cui all’art. 183, comma 6˚, c.p.c., in assenza di ogni verifica sulle specifiche
esigenze di ciascuna causa. E basti pensare, ancora, alla utilizzazione di un criterio sequen-
ziale per la gestione dei ruoli particolarmente affollati in luogo del tradizionale criterio in
parallelo, per il quale le cause sono tutte trattate in ordine meramente cronologico.
(8) Dopo le prime esperienze locali, lo scambio di informazioni tra gli osservatori è un
evento ricorrente, sebbene poco considerato dagli studiosi del processo civile. Un primo
incontro si è tenuto a Bari nel 1999, sul tema «Il giudice unico e la giustizia civile. Dalle
riforme dei processi alla riforma della organizzazione»; poi a Vietri sul mare nel 2001, «Quale
giustizia per il giusto processo»; nel 2002, a Reggio Calabria, «Giustizia civile tra legalità ed
efficienza»; nel 2003 a Roma, si è tenuta un’assemblea aperta sulle prassi di gestione del-
l’udienza civile. Nel 2004 gli Osservatori della giustizia civile si sono incontrati ad Alghero.
Dal 2006, si tengono le assemblee annuali: a Firenze, «Prassi e norma tra cultura e diritto»;
nel 2007 a Verona, «Dialogo processuale e buone relazioni tra giudici ed avvocati»; nel 2008 a
Salerno, «Percorsi comuni tra diritto e processo»; nel 2009, a Reggio Calabria, «Un ufficio
modello: un modello di ufficio giudiziario»; nel 2010, a Bologna, «I tribunali al tempo della
crisi»; nel 2011 a Torino «Modelli condivisi per un’Italia unita. Quali risorse per una giustizia
efficiente?»; nel 2012, a Catania «Professioni e giurisdizione nella società che cambia»; nel
2013, a Rimini; nel 2014, a Reggio Emilia, «I tempi della giustizia e il tempo dei diritti. Le
professioni legali al servizio delle persone e delle imprese»; nel 2015, a Genova; nel 2016, a
tutela dei diritti e regole del processo 1425

La pratica del confronto ha raggiunto anche la Corte Suprema in


funzione dell’esercizio della funzione di nomofilachia (9). Vuoi alcuni
aspetti organizzativi, vuoi alcuni profili applicativi delle recenti riforme
sono stati oggetto di protocolli di intesa e di provvedimenti del Primo
Presidente (10).

Milano, «Diritti, interessi, effettività di tutela»; nel 2017, a Roma «Giustizia diffusa e condi-
visa. Confronto e collaborazione nella risoluzione dei conflitti». Il manifesto del convegno
barese del 1999 riproduceva la locandina di un famoso film, nel quale Totò e Peppino de
Filippo chiedevano ad un vigile milanese «Noio volevon savuar l’indiriss …’ della giustizia»:
Totò e Peppino, infatti, tentavano di usare un linguaggio diverso dal proprio per comuni-
care con l’istituzione, ma il vigile rispondeva esprimendosi in modo incomprensibile per il
cittadino che gli aveva chiesto aiuto. Quel dibattito fu appunto diretto ad individuare i
modelli organizzativi idonei ad essere compresi dagli utenti, affinché l’istituzione giudiziaria
fosse al servizio del cittadino. Nel sito internet del Tribunale di Roma, nella pagina del-
l’Osservatorio sulla giustizia civile, sono reperibili i materiali dell’ultima assemblea.
(9) L’esperienza dei Dialogoi, frutto della collaborazione tra la Formazione decentrata
della Corte di cassazione e i docenti di diritto processuale civile dell’Università Roma Tre, è
stata ancora ricordata nella relazione per l’inaugurazione del corrente anno giudiziario.
Questi incontri hanno avuto ad oggetto l’interpretazione del titolo esecutivo e i poteri del
giudice dell’esecuzione (27 marzo 2017); il rito applicabile alla liquidazione degli onorari di
avvocato (31 maggio 2017), sui quali non si sono ancora pronunciate le sezioni unite;
l’interesse dell’attore ad impugnare per motivi attinenti alla giurisdizione (20 settembre
2016): Cass., sez. un., 20 ottobre 2016, n. 21260; l’impugnazione proposta a giudice incom-
petente (11 maggio 2016): Cass., sez. un., 14 settembre 2016, n. 18121; la doppia data di
deposito della sentenza e la decorrenza del termine per impugnare (6 aprile 2016): Cass.,
sez. un., 22 settembre 2016, n. 18659; i rapporti tra giudizio di rinvio e jus superveniens (9
marzo 2016): Cass., sez. un., 9 giugno 2016, n. 11844; l’impugnabilità dell’ordinanza che
dichiara inammissibile l’appello privo di una ragionevole probabilità di accoglimento ex art.
348 ter c.p.c. (3 giugno 2015): Cass., sez. un., 2 febbraio 2016, n. 1914; la nozione di
«nuovi» documenti (5 maggio 2015): Cass., sez. un., 10 luglio 2015, n. 14475; la rilevabilità
d’ufficio del difetto di capacità processuale (25 marzo 2015): Cass., sez. un., 3 giugno 2015,
n. 11377, e Cass., sez. un., 4 marzo 2016, n. 4248; i rapporti tra il principio di diritto ex art.
363 c.p.c. e questioni di legittimità costituzionale (12 febbraio 2015): Corte cost. 25 giugno
2015, n. 119; sulla modificazione della domanda (15 maggio 2014): Cass., sez. un., 15
giugno 2015, n. 12310; il nuovo rito per i licenziamenti (15 aprile 2014): Cass., sez. un.,
31 luglio 2014, n. 17443; gli effetti degli eventi interruttivi sul potere di impugnazione (26
febbraio 2014): Cass., sez. un., 4 luglio 2014, n. 15295; le conseguenze dell’omessa o tardiva
notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza (22 maggio 2013): Cass., sez.
un., 12 marzo 2014, n. 5700; il difetto di rappresentanza legale (7 maggio 2013); la chiamata
in garanzia (7 novembre 2012); le impugnazioni incidentali tardive (19 maggio 2012); i
provvedimenti costitutivi e i capi di condanna (5 maggio 2012): Cass., sez. un., 22 febbraio
2010, n. 4059; l’invalidità del contratto ed i poteri del giudice (21 aprile 2012): Cass., sez.
un., 4 settembre 2012, n. 14828, seguita da Cass., sez. un., 12 dicembre 2014, nn. 26242 e
26243. Alle date di ciascun Dialogos, nei siti internet della Corte e dell’Università e sono
reperibili le locandine ed i materiali.
(10) V., tutti reperibili nel sito internet della Corte, il Protocollo d’intesa tra la Corte di
cassazione e il Consiglio nazionale forense sulle regole redazionali dei motivi di ricorso in
materia civile e tributaria, del 17 dicembre 2015; il Protocollo d’intesa tra Corte di cassazione
e la Procura generale sull’applicazione del nuovo rito civile, del 17 novembre 2016; il Proto-
1426 rivista di diritto processuale 2017

Nelle locandine dei Dialogoi è riprodotta una frase di uno scrittore


cinese: «La speranza è come una strada nei campi. Non c’è mai stata una
strada ma quando molte persone vi camminano la strada prende forma»
(Lin Yutang).
In terzo luogo, appare ragionevole ritenere che le regole del processo
siano la strada segnata da coloro che la percorrono.
L’obiettivo, o le aspettative, del dibattito del XXXI Congresso della
Associazione Italiana fra gli Studiosi del Processo Civile, in riferimento alla
individuazione delle regole del processo, come sopra delineate, avrebbe
implicato anche una analisi storica e comparatistica, al fine di scongiurare
il rischio che la discussione si orienti verso la formulazione di modelli
processuali privi di riferimenti alla realtà applicativa e di arginare la fre-
nesia legislativa.
Le regole del processo, infatti, contenute nelle disposizioni di legge,
tradotte in norme dalla interpretazione giurisprudenziale ed applicate in
base all’esercizio dei poteri discrezionali del giudice, ai provvedimenti orga-
nizzativi dell’ufficio giudiziario e al confronto con gli utenti costituiscono un
fenomeno relativamente recente nella storia dell’esperienza giuridica.
In diritto comune, le regole del processo erano il frutto della elabo-
razione, stratificata nel tempo, da parte degli stessi giudici; erano conside-
rate una materia pratica, estranea alla formazione del giurista, la loro
conoscenza era acquisita con la frequentazione delle corti. La cristallizza-
zione delle disposizioni regolatrici del processo riflette l’esigenza del po-
tere statuale di controllare l’operato dei giudici.
Questa vicenda è stata oggetto dell’attenzione di Nicola Picardi (11), la
dolorosa mancanza del quale impoverisce anche il dibattito congressuale.
A ben vedere, la elaborazione delle attuali regole del processo segue
un percorso inverso a quello seguito per la elaborazione delle Ordonnances

collo d’intesa tra la Corte di cassazione, il Consiglio nazionale forense e l’Avvocatura generale
dello Stato sull’applicazione del nuovo rito civile, del 15 dicembre 2016; la Nota del Primo
Presidente del 22 aprile 2016 contenente il Documento programmatico sulla sesta sezione
civile; il Decreto del Primo Presidente su La motivazione dei provvedimenti civili: in parti-
colare, la motivazione sintetica.
(11) V., anche per ulteriori indicazioni, Picardi, Introduzione al Code Louis, I, Ordon-
nance civili, in Testi e documenti per la storia del processo, Milano 1996, IX; Giuliani e
Picardi (a cura di), Modelli storici della procedura continentale, Tomo II, Dall’«ordo iudicia-
rius»al codice di procedura civile in L’educazione giuridica, VI, Napoli 1994; nonché Picardi,
voce Processo civile (dir. moderno) in Enc. dir., XXXVI, 1987, 113; Id., voce Codice di
procedura civile (presupposti storici e logici), in Digesto4, II, Torino 1989, §§ 5 ss.; Id.,
Giurisdizione e sovranità – Alle origini della giurisdizione statuale, in Riv. trim. dir. proc.
civ. 2007, 685, anche in La giurisdizione all’alba del terzo millennio, Milano 2007.
tutela dei diritti e regole del processo 1427

e, prima ancora, della Clementina Saepe: in quel contesto, il punto di


partenza era dato dalle prassi applicative poi formalizzate in testi. Attual-
mente, come si è messo in evidenza, invece, la determinazione delle regole
del processo ha come punto di partenza le disposizioni di legge, procede
per l’analisi della giurisprudenza ed arriva all’esame delle prassi applicative
e dei modelli organizzativi di gestione del processo.
In un diverso contesto, lo scambio tra pratica applicazione, interpreta-
zione giurisprudenziale e norme processuali generali ed astratte sopravvive.
Negli Stati Uniti, in base al Rule enabling Act del 19 giugno 1934, il
potere di dettare le regole applicabili nelle corti federali è attribuito alla Corte
suprema. Emendamenti e modifiche, ratificati di volta in volta dal Congresso,
sono proposti periodicamente dall’Advisory Committee. La Rule 16, nel suo
testo originario, corrispondeva all’art. 175 c.p.c. Grazie al periodico scambio
tra prassi applicative, interpretazione giurisprudenziale e formalizzazione del-
le disposizioni processuali è diventata un testo di più pagine (12).
Tra le aspettative per il XXXI Congresso vi è anche quella di poten-
ziare lo scambio tra pratica applicazione, interpretazione giurisprudenziale
e disposizioni legislative, di scongiurare il rischio di una sterilizzazione del
dibattito su modellini processuali astratti ed avulsi dalla realtà applicativa e
di contrastare cosı̀ la frenesia legislativa.
Come avviene per la legge europea, che recepisce, con cadenza annuale,
le indicazioni dell’Unione, le disposizioni processuali potrebbero essere pe-
riodicamente adeguate alla interpretazione giurisprudenziale ed alla prassi
applicativa, affinché le regole del processo siano sottratte alla estemporanea
fantasia del legislatore, ai disorientamenti giurisprudenziali ed alla fragilità
delle prassi applicative e siano, invece e stabilmente, un percorso condiviso.
La cattedrale della giustizia, infatti, è un edificio alla manutenzione del
quale sono chiamati tutti gli operatori. Questi, come ha efficacemente
scritto David Shapiro, «wanted lawyers who went into any federal courts
(...) to know what to expect and not to have to undergo a initiation period or
to rely on the wisdom of local pratictioners» (13).

(12) Su questa vicenda e sulla parallela riforma del processo civile nel Regno Unito, si
rinvia a Il processo civile tra riforme ordinamentali, organizzazione e prassi degli uffici. Una
questione di metodo, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1999, 77 ss.
(13) SHAPIRO,Federal Rule 16: A Look at the Theory and Practice of Rulemaking, in U.
Pa. law rev. 1989, p. 1974.
1428 rivista di diritto processuale 2017

3. – L’art. 111, comma 1˚, Cost. (novellato dalla l. cost. 23 novembre


1999, n. 2) stabilisce che «la giurisdizione si attua mediante il giusto
processo regolato dalla legge» (14).
Le regole del processo sono considerate un elemento essenziale del
«giusto processo».
È un percorso che è partito da molto lontano: nel 450 a.C., Appio
Claudio fece pubblicare nel foro le leggi delle dodici tavole, affinché le
decisioni giudiziali non fossero manifestazione di arbitrio e ciascuno po-
tesse conoscere le leggi che i giudici erano chiamati ad applicare; nel 1215,
nella Magna Charta Libertatum, fu stabilito che «nulli negabimus justi-
tiam»; dal 1927 al 1939, nelle pagine della Rivista di diritto processuale (al-
lora soltanto) civile, Antonio Segni segnalava i provvedimenti legislativi di
«esclusione della tutela giurisdizionale».
Oggi, in nessun caso, la tutela dei diritti può essere negata o limitata; i
giudici sono soggetti soltanto alla legge; il processo deve essere «giusto».
E, per essere tale, deve essere «regolato dalla legge».
La previsione di regole del processo predeterminate e preventivamente
conosciute o conoscibili dagli utenti costituisce la ratio dei processi a
cognizione ed a contraddittorio pieni.
Ogni sistema di giustizia civile deve necessariamente prevedere un
modello di processo a cognizione piena ed esauriente e a contraddittorio
pieno, un modello di procedimento cautelare, processi esecutivi differen-
ziati in relazione alla tipologia dei beni da trasformare in danaro e dei

(14) La introduzione nella Carta fondamentale della Repubblica, cinquantadue anni


dopo la sua emanazione, di nuovi principii in materia di «giusto processo» induce a dubitare
che, prima, il processo, quello penale, quello civile, quello amministrativo, quello tributario
e quello contabile, fossero «giusti» e, quindi, fosse necessario riscrivere i principı̂ fonda-
mentali in materia. Prima della riforma costituzionale, la disciplina processuale doveva
garantire, il diritto di azione e di difesa, anche nei confronti della pubblica amministrazione,
ai sensi degli artt. 24, comma 1˚ e 2˚, e 113, l’uguaglianza formale e sostanziale delle parti, ai
sensi dell’art. 3, 1˚ e 2˚ comma, la precostituzione per legge di un giudice «naturale», ai sensi
dell’art. 25, l’autonomia e la indipendenza della magistratura e del singolo giudice, ai sensi
degli artt. 101 ss., la ricorribilità per cassazione ai sensi dell’art. 111, comma 2˚ (ora 7˚). In
una sentenza, di poco anteriore alla riforma costituzionale, il Giudice delle leggi ha, tra
l’altro, affermato: «L’azione in giudizio per la difesa dei propri diritti (…) è essa stessa il
contenuto di un diritto, protetto dagli articoli 24 e 113 della Costituzione e da annoverarsi
tra quelli inviolabili, riconducibili all’art. 2 della Costituzione (…) e caratterizzanti lo stato
democratico di diritto (…): un diritto che non si lascia ridurre alla mera possibilità di
proporre istanze o sollecitazioni, foss’anche ad autorità appartenenti all’ordine giudiziario,
destinate a una trattazione fuori delle garanzie procedimentali minime costituzionalmente
dovute, quali la possibilità del contraddittorio, la stabilità della decisione e l’impugnabilità
con ricorso per cassazione»: cosı̀ Corte cost. 11 febbraio 1999, n. 26 (Est. G. Zagrebelsky),
in Foro it. 1999, I, 1118.
tutela dei diritti e regole del processo 1429

diritti di cui si vuole la realizzazione coattiva. Accanto a questi strumenti


ed in alternativa almeno al primo, in considerazione del principio di auto-
nomia privata, è anche necessaria la previsione dell’arbitrato. Non è ne-
cessaria, ma opportuna, e comunque generalmente presente, la previsione
di strumenti di tutela sommaria non cautelare, nonché quella di strumenti
conciliativi. A tutto ciò possono aggiungersi i procedimenti giurisdizionali
nelle materie non contenziose.
I procedimenti sommari avevano prevalentemente la funzione di ri-
partire diversamente l’onere di sopportare i tempi ed i costi del processo
ordinario: normalmente tale onere incombe a chi lamenta la lesione di un
diritto; l’anticipazione della tutela fa sı̀ che esso ricada sull’altra parte.
In generale, il criterio discretivo tra tutela ordinaria e tutela sommaria
è individuato non nella qualità del giudizio, talvolta migliore nella seconda
per l’immediatezza del contatto tra giudice e parti; risiede nella circostanza
per la quale, nella tutela ordinaria, sono predeterminati dalla legge vuoi i
modi e le forme di attuazione del contraddittorio, vuoi i modi e le forme di
formazione del convincimento del giudice: nei processi a cognizione piena
ed esauriente è la norma generale ed astratta che detta le cadenze delle
attività processuali, nonché i criteri di giudizio; in quelli sommari, le prime
ed i secondi sono affidati a formule generiche («convocate le parti», «as-
sunte informazioni», «omessa ogni formalità non essenziale al contraddit-
torio»), che lasciano ampi spazi all’esercizio dei poteri discrezionali del
singolo giudice, perché non sempre e dovunque sono oggetto di provve-
dimenti organizzativi, di linee guida o di protocolli di intesa.
Sennonché la ratio della previsione di modelli processuali più rapidi e
più semplici non risponde più soltanto all’esigenza di tutelare più effica-
cemente determinate situazioni sostanziali ovvero all’economia processua-
le, attribuendo al convenuto l’onere di sopportare i tempi ed i costi della
cognizione piena.
A queste rationes, la più recente legislazione suggerisce di aggiungerne
una terza, corrispondente a quella sottesa ai criteri di competenza per va-
lore: controversie considerate dal legislatore meno rilevanti dal punto di
vista sociale o economico sono sottratte alla predeterminazione delle regole
del processo ed affidate, invece, all’esercizio dei poteri discrezionali del
giudice, mediante l’attribuzione a questo del potere di regolare il processo
«nel modo che ritiene più opportuno» (15) ovvero mediante la previsione del

(15) Il procedimento sommario di cognizione, oltre che per scelta delle parti o del
giudice nelle cause attribuite alla competenza del tribunale in formazione monocratica e
regolate dal rito ordinario, ai sensi degli artt. 702 bis, comma 1, e 183 bis c.p.c., si applica
1430 rivista di diritto processuale 2017

rito camerale (16). Nonostante quanto previsto dall’art. 111, comma 1˚,
Cost., la regolazione del processo è affidata alla discrezione del giudicante,
senza alcuna possibilità di accedere ad un modello processuale con regole
predeterminate, come avviene nelle altre ipotesi in cui è prevista la cogni-
zione sommaria. La cognizione sommaria diventa completamente sostitutiva
dei processi a cognizione e contraddittorio pieni, mentre questa è garantita,

alle controversie «di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria», ai sensi
dell’art. 8, comma 3˚, l. 8 marzo 2017, n. 24. E si applica quale unica forma di tutela, senza
possibilità di conversione del rito, alle controversie in materia di liquidazione degli onorari e
dei diritti di avvocato, ai sensi dell’art. 14 d.lgs. 1˚ settembre 2011, n. 150; all’opposizione al
decreto di pagamento di spese di giustizia, ai sensi dell’art. 15 dello stesso decreto e, quindi
anche all’opposizione avverso i decreti di rigetto e di inammissibilità delle istanze di am-
missione al patrocinio a spese dello Stato, nonché a quelle avverso i decreti di revoca;
all’impugnazione dei provvedimenti sul diritto di soggiorno dei cittadini degli altri Stati
membri dell’Unione europea o dei loro familiari ai sensi dell’art. 16 dello stesso decreto,
attribuite alla competenza del tribunale «sede della sezione specializzata in materia di
immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione eu-
ropea del luogo in cui il ricorrente ha la dimora»; all’impugnazione dei provvedimenti
sull’allontanamento dei cittadini degli altri Stati membri dell’Unione europea o dei loro
familiari, ai sensi dell’art. 17 dello stesso decreto, attribuite alla competenza del tribunale
«sede della sezione specializzata … del luogo in cui il ricorrente ha la dimora»; all’impu-
gnazione del decreto di espulsione dei cittadini extracomunitari ai sensi dell’art. 18 dello
stesso decreto, attribuita alla competenza del giudice di pace del luogo in cui ha sede
l’autorità che ha disposto l’espulsione; alle controversie in materia di accertamento dello
stato di apolidia ai sensi dell’art. 19 bis dello stesso decreto, attribuite alla competenza del
tribunale sede della sezione specializzata del luogo in cui il ricorrente ha la dimora; all’op-
posizione alla convalida del trattamento sanitario obbligatorio ai sensi dell’art. 21 dello
stesso decreto; alle azioni popolari ed alle controversie in materia di eleggibilità, decadenza
ed incompatibilità nelle elezioni comunali, provinciali e regionali, ai sensi dell’art. 22 dello
stesso decreto; alle controversie in materia di eleggibilità e incompatibilità nelle elezioni per
il Parlamento europeo, ai sensi dell’art. 21 dello stesso decreto; all’impugnazione delle
decisioni della Commissione elettorale circondariale in tema di elettorato attivo ai sensi
dell’art. 24 dello stesso decreto; alle controversie in materia di riparazione a seguito di
illecita diffusione del contenuto di intercettazioni telefoniche ai sensi dell’art. 25 dello stesso
decreto; all’impugnazione dei provvedimenti disciplinari a carico dei notai ai sensi dell’art.
26 dello stesso decreto; all’impugnazione dei provvedimenti disciplinari del Consiglio na-
zionale dell’Ordine dei giornalisti ai sensi dell’art. 27 dello stesso decreto; alle controversie
in materia di discriminazioni ai sensi dell’art. 28 dello stesso decreto; all’opposizione alla
stima nelle espropriazioni per pubblica utilità ai sensi dell’art. 29 dello stesso decreto; alle
controversie in materia di attuazione di sentenze e provvedimenti stranieri di giurisdizione
volontaria e contestazione del riconoscimento attribuite alla competenza della corte di
appello del luogo di attuazione del provvedimento ai sensi dell’art. 30 dello stesso decreto.
(16) Ai diversi procedimenti camerali in materia di famiglia e di tutela dei minori, ed a
quelli nell’ambito delle procedure concorsuali, si aggiungono quelli in tema di immigrazione:
per la convalida dell’espulsione, ai sensi dell’art. 13, comma 5 bis ss., d.lgs. 25 luglio 1998, n.
286, attribuita alla competenza del giudice di pace; e sulla protezione internazionale, ai sensi
dell’art. 35 bis d.lgs. 28 gennaio 2008, n. 25 (aggiunto dal d.l. 17 febbraio 2017, n. 13, conv.
in l. 13 aprile 2017, n. 46).
tutela dei diritti e regole del processo 1431

ancora a mero titolo esemplificativo, dalla opposizione alla esecuzione con-


tro i titoli esecutivi stragiudiziali e nei casi di esecuzione senza titolo, quale
quella prevista dall’art. 2929 bis c.c.; dalla opposizione contro il decreto
ingiuntivo e contro il decreto di repressione della condotta antisindacale
ex art. 28 l. 20 maggio 1970, n. 300; esaurita la fase sommaria del proce-
dimento di convalida di licenza o di sfratto, si apre quella a cognizione piena
e cosı̀ via. Nelle ipotesi in cui, invece, è imposta l’applicazione del procedi-
mento sommario di cognizione o del procedimento camerale, la determina-
zione delle regole del processo è affidata alla discrezione del giudice senza
alcuna possibilità di accesso ad un processo con regole predeterminate.
Nel procedimento arbitrale, l’attribuzione al giudicante del potere
discrezionale di regolare il processo è rimessa alla scelta delle parti, che,
consapevolmente, ai sensi dell’art. 816 bis c.p.c., possono omettere di
stabilire «le norme che gli arbitri debbono osservare nel procedimento»
e, quindi, affidare agli arbitri la «facoltà di regolare lo svolgimento del
giudizio … nel modo che ritengono più opportuno». Nell’arbitrato ammi-
nistrato, poi, ai sensi dell’art. 832 c.p.c., le regole del processo sono quelle
del regolamento arbitrale.
Innanzi ai giudici statali, invece, le parti sono soggette ai poteri di-
screzionali del giudice senza alcuna possibilità di scelta e possono censu-
rare la «violazione di legge» soltanto con il ricorso per cassazione, nei casi
in cui il ricorso è ammesso, cosicché le regole di questi processi sono
quelle deducibili dalla giurisprudenza della corte.
Né appare corretto qualificare tali ipotesi come casi di cognizione
piena, confondendo il dover essere con l’essere ovvero affermare l’inam-
missibilità di deroghe al diritto alla prova. Comunque lo svolgimento del
processo, pur destinato a concludersi con un provvedimento idoneo al
giudicato, è affidato all’estro del giudicante, senza possibilità di accesso
ad un modello con regole predeterminate.
Questa soluzione è stata costantemente ritenuta legittima dalla
Corte costituzionale, che, tuttavia, nelle motivazioni, ha indicato le
regole, inderogabili, del processo (17). E sulla stessa linea è orientata

(17) Corte cost. 2 luglio 1970, n. 142, sugli artt. 15 e 147 l.f., nel testo allora vigente,
per la quale «la sommarietà alla quale è ispirato il procedimento previsto nella norma
denunciata non pregiudica il diritto di difesa … il tribunale … deve disporre la compari-
zione … il giudizio conclusivo non può essere basato su supposizioni o su congetture»;
Corte cost. 27 giugno 1975, n. 202, sull’art. 9 l. 898/1970, sulla modifica delle condizioni
dello scioglimento del matrimonio, per la quale «il procedimento in camera di consiglio non
è, di per sé, contrastante con il diritto di difesa»; Corte cost. 30 gennaio 2002, n. 1, sull’art.
336, comma 2˚, c.c., nel testo allora vigente, in riferimento all’ordinanza di rimessione che
1432 rivista di diritto processuale 2017

la Cassazione (18).
In questa prospettiva, la questione oggetto del dibattito del XXXI
Congresso della AISPC riguarda la compatibilità con i principii del «giusto
processo» delle previsioni per le quali le regole del processo sono deter-
minate di volta in volta dal giudice «nel modo che ritiene più opportuno»,
senza alcuna possibilità di accedere ad un modello processuale con regole

aveva ritenuto che «l’applicabilità del rito camerale violi l’art. 111 Cost., in relazione al
principio per cui il “giusto processo” deve essere regolato dalla legge, per l’assenza in quel
rito di una precisa e puntuale disciplina dei poteri del giudice e delle parti, cui non potrebbe
ovviare un’interpretazione adeguatrice ex art. 24 Cost., che lascerebbe aperta la via a prassi
applicative difformi per ogni ufficio giudiziario», ha ritenuto inammissibile la questione in
considerazione del potere del giudice di interpretare la normativa impugnata in senso
conforme a Costituzione»; ed ha aggiunto: «Quanto alle eventuali prassi distorsive, esse si
risolverebbero in errori cui rimedierebbe in sede di reclamo il controllo dei provvedimenti
emessi in prima istanza»; Corte cost. 26 febbraio 2002, n. 35, sull’art. 14 d.lgs. 286/1998,
sulla convalida dei provvedimenti di espulsione dei cittadini extracomunitari, per la quale
«la procedura camerale, quando sia prevista senza l’imposizione di specifiche limitazioni del
contraddittorio, non viola di per sé il diritto di difesa»; Corte cost. 23 gennaio 2013, n. 10,
sull’art. 29 d.lgs. 1˚ settembre 2011, n. 150, che ha pure dichiarato inammissibile la que-
stione perché «il giudice remittente non si è fatto carico di individuare una possibile
interpretazione delle norme censurate idonea a superare i dubbi di costituzionalità» ed ha
ribadito che «la previsione del rito camerale per la composizione di conflitti di interesse
mediante provvedimenti decisori non è di per sé suscettiva di frustrare il diritto di difesa, in
quanto l’esercizio di quest’ultimo può essere modulato dalla legge in relazione alle peculiari
esigenze dei vari procedimenti purché ne vengano assicurati lo scopo e la funzione».
(18) V. Cass., SU, 19 giugno 1996, n. 5629, sulla dichiarazione giudiziale di paternità,
che, in motivazione, ha espressamente ricordato che «una parte della dottrina processualci-
vilistica è saldamente attestata nel ritenere la legittimità del procedimento ordinario utiliz-
zato anche per rapporti non contenziosi, ma dubita della legittimità del procedimento
camerale (o volontario) avente ad oggetto controversie su diritti o addirittura su status»;
ma ha ribadito che «il procedimento in camera di consiglio, di per sé, non contrasta con il
diritto di difesa» e che «il ricorso al procedimento camerale anche in tema di tutela giuri-
sdizionale di diritti soggettivi o di status non impedisce l’osservanza del diritto di difesa e
non preclude la possibilità che la relativa disciplina si conformi alle speciali caratteristiche
della struttura dei singoli procedimenti, purché siano assicurati la garanzia del contraddit-
torio e l’esperibilità di ogni mezzo di prova, in modo da consentire alle parti di far valere
tutte le loro ragioni»; e che «la recente produzione normativa … non toglie che … lo stesso
legislatore ordinario debba rispettare quel minimo di garanzie procedimentali in funzione
della struttura del rapporto in contestazione»; Cass., SU, 28 luglio, n. 14200, ancora sulla
dichiarazione giudiziale di paternità, per la quale «la giurisdizione camerale … si è gradual-
mente trasformata … in un contenitore neutro … la celerità e la semplicità di forme non
possono mai pregiudicare, i diritti delle parti; in particolare, il diritto alla prova e la facoltà
di prova, per la cui tutela giurisdizionale soccorrono, salvo specifiche disposizioni di legge, i
principı̂ che regolano il processo a cognizione piena»; Cass., 15 novembre 2013, n. 25753,
sulla «udienza» camerale innanzi al giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 185 disp. att.
c.p.c., per la quale «vi è stata negli ultimi decenni una scelta di politica legislativa, la quale –
coniugando giurisdizione con ‘volontaria giurisdizione’ e cioè con la meno giurisdizionale
delle attività configurate dal codice di rito – ha finito per rimodellare totalmente quella sorta
di “contenitore neutro” …».
tutela dei diritti e regole del processo 1433

predeterminate, ovvero mediante l’adeguamento, in via interpretativa, del-


la scarna ed evanescente disciplina dei procedimenti in camera di consiglio
ai principii del «giusto processo».
Oggetto della riflessione, quindi, è l’alternativa tra l’acquietarsi al «di-
ritto vivente» ed accettare che, innanzi ai giudici della Repubblica, la tutela
dei diritti possa essere attuata mediante un processo privo di regole, sem-
mai qualificando ipocritamente le relative ipotesi come cognizione piena in
considerazione della idoneità al giudicato dei provvedimenti conclusivi,
oppure se continuare testardamente ad insistere, affinché siano preventi-
vamente conosciute e conoscibili le regole del processo.
Questa seconda opzione, infatti, soddisfa l’interesse alla predetermi-
nazione dei rischi e dei costi e contribuisce, quindi, alla deflazione del
contenzioso ed assolve, quindi, una funzione rilevante sia in relazione al
funzionamento del sistema giuridico nel suo complesso, sia in relazione
all’esercizio dell’attività economica.
La previsione di regole predeterminate sullo svolgimento del processo,
inoltre, costituisce una fondamentale garanzia del principio di uguaglianza
formale e sostanziale, contro ogni regola di appartenenza.
In questa prospettiva, meritano di essere ricordate le decisioni della
Cassazione che hanno negato l’ammissibilità del ricorso straordinario con-
tro provvedimenti a cognizione sommaria e ne hanno contestualmente
ammesso la modificabilità e revocabilità nell’ambito dei processi a cogni-
zione piena ovvero l’appellabilità, ed hanno garantito cosı̀ almeno un
grado di giudizio di merito a cognizione piena (19).
È il caso di aggiungere che questa scelta di valore prescinde da ogni
valutazione politica sull’ampliamento o sulla riduzione dei poteri del giudice,
perché, come fu rilevato, all’indomani della promulgazione del codice, «gli
“immortali principi”, i quali furono disegnati dalla rivoluzione francese e
chiariti, nella loro sostanza storica dalla legislazione napoleonica, costitui-
scono ormai l’appannaggio di ogni popolo civile: ... che vi sia una normale

(19) V. Cass. 25 giugno 2002, n. 9231, sulla nomina del liquidatore delle società; Cass.
29 dicembre 2011, n. 29742, sulla liberazione degli immobili dalle ipoteche; Cass. 2 ottobre
2012, n. 16727, in relazione alle ordinanze interinali nel processo di divisione; Cass. 22
novembre 2013, n. 26202, in riferimento alla omologazione della separazione tra coniugi;
Cass. 17 marzo 2014, n. 6085, sulla consulenza tecnica preventiva in materia previdenziale.
Cfr. anche, in riferimento ai provvedimenti di omologazione del concordato preventivo e
degli accordi di ristrutturazione dei debiti, le sentenze n. 26988, n. 26989 e n. 27073 del
2016 e la n. 9146 del 2017, sulle quali si rinvia a Note sui rapporti tra concordato preventivo e
fallimento nel disegno di delega per riforma delle procedure concorsuali, in Fallimento
2017, 625.
1434 rivista di diritto processuale 2017

coincidenza tra la titolarità dell’azione e la titolarità del diritto soggettivo, e,


in generale, dell’interesse sostanziale protetto, sono altrettante proposizioni
che, in un primo tempo espressione del pensiero democratico, sono ormai
appannaggio dei popoli che ambiscono alla qualifica di civili; ... i regimi
totalitari, pur violandoli in fatto, esitano a tradirli con dichiarazioni generali
contrarie, convinti come sono, i loro reggitori del fascino che gli astratti
tuttora esercitano sulle masse. ... Il profilo pubblicistico del processo civile
non è una ‘trovata’ dei regimi totalitari ... Risulta chiaro che l’evoluzione dei
giudizi civili, nel senso di rafforzare i poteri del giudice non è condizionata,
né logicamente, né cronologicamente all’instaurazione di uno stato totalita-
rio, ma risponde al progresso delle concezioni tecniche processuali che è
oramai in atto da più di dieci lustri» (20).

4. – Ogni processo di cognizione, anche quelli a cognizione sommaria,


si snoda attraverso una serie di passaggi obbligati, che non possono essere
ignorati o pretermessi. La normativa può fissare diversi tempi e scadenze,
può concentrare o diluire le diverse attività; non può ignorarle.
In primo luogo, sono necessarie alcune verifiche formali, come espres-
samente prevede l’art. 183, comma 1˚, c.p.c.: anche nel procedimento
cautelare, occorre preliminarmente verificare la regolare costituzione delle
parti e la realizzazione del contraddittorio e cosı̀ via; e non diversa è la
situazione nel processo del lavoro, nel procedimento sommario di cogni-
zione o nei procedimenti in camera di consiglio.
Compiute queste attività, che solo eventualmente richiedono un auto-
nomo e specifico spatium deliberandi, il passaggio successivo consiste nella
definizione del thema decidendum, ossia nella individuazione dei fatti rile-
vanti ai fini del decidere, ovvero dei termini della controversia.
Tale attività, comune a tutti i processi, presuppone la tradizionale
opera di ricognizione della fattispecie. A seconda del rapporto dedotto
in giudizio o della pretesa fatta valere, tale attività può essere più o meno
complessa, perché implica una ricognizione degli elementi costitutivi del

(20) Cosı̀ Andrioli, Micheli, Defascistizzazione e riforma dei codici. Riforma del codice di
procedura civile, in Annuario dir. comp. 1946, p. 199 ss. Il processo civile, quale strumento
per l’applicazione di regole predeterminate con la tecnica del contraddittorio è, per la sua
stessa natura, incompatibile con i regimi totalitari. Per il puntuale elenco delle ipotesi nelle
quali era negata la tutela giurisdizionale, v. la Rassegna di legislazione, curata da Antonio
Segni su questa Rivista; e in riferimento al rischio che fosse importata in Italia l’idea nazista
per la quale il giudice poteva sottrarsi alla applicazione della legge, in considerazione dei
prevalenti interessi del partito nazionalsocialista ovvero di quelli del Führer, v. Calamandrei,
La relatività del concetto di azione, in questa Rivista 1939, p. 22 ss., p. 45 s.
tutela dei diritti e regole del processo 1435

diritto dedotto in giudizio. Si tratta, comunque, di un’attività tradizionale e


fisiologica diretta a scomporre la fattispecie per individuarne i singoli
elementi costitutivi: un primo momento valutativo è, quindi, possibile
già in base alla mera prospettazione dell’attore; indipendentemente dalla
strategia difensiva del convenuto, il giudice è tenuto a verificare la suffi-
cienza o l’idoneità dei fatti costitutivi allegati dall’attore a fondare la pre-
tesa dedotta in giudizio.
Le strategie di difesa del convenuto possono consistere nella negazione
dei fatti costitutivi allegati dall’attore, nella allegazione di fatti estintivi,
modificativi ed impeditivi e nella proposizione di domande riconvenzio-
nali. La prima attività, consistente nelle mere difese, assume rilevanza
soprattutto in riferimento alla pianificazione della istruzione probatoria.
Il terzo momento valutativo, relativo alla rilevanza dei fatti estintivi,
modificativi ed impeditivi, è quello più complesso e delicato nella gestione
delle attività processuali e nella direzione del processo: è possibile omet-
tere l’accertamento dei fatti costitutivi, allorché sussistano fatti estintivi,
modificativi ed impeditivi. Nello stabilire se la causa sia matura per la
decisione prima dell’accertamento dei fatti costitutivi controversi e indi-
pendentemente dai risultati della istruzione probatoria ad essi relativa,
infatti, il giudice è tenuto ad una prognosi della presumibile ed apparente
fondatezza delle eccezioni proposte, ossia della presumibile ed apparente
sussistenza dei fatti estintivi, impeditivi e modificativi allegati dal conve-
nuto e, quindi, della sufficienza di questi ultimi a fondare il rigetto della
domanda, indipendentemente dall’accertamento dei fatti costitutivi.
L’esperienza indica che, sovente, anche tali possibilità non vengono
colte. Non sono infrequenti i casi in cui, nonostante la manifesta infonda-
tezza della domanda o la manifesta fondatezza delle eccezioni proposte dal
convenuto, il processo prosegua per l’accertamento dei fatti costitutivi e
addirittura si apra e si svolga l’istruzione probatoria su tali fatti e, al
momento della decisione, tale attività si riveli affatto inutile. La possibilità
di definire immediatamente le controversie nelle quali si pongano questio-
ni pregiudiziali di rito aventi carattere impediente, di rigettare subito le
domande manifestamente infondate, di evitare l’accertamento dei fatti
costitutivi in presenza di questioni preliminari di merito aventi carattere
assorbente, costituisce un potere-dovere del giudicante in ciascun modello
processuale.
Né costituisce ostacolo quanto previsto dall’art. 183, comma 6˚, c.p.c.:
la fissazione dei termini per il deposito di memorie non costituisce un
passaggio obbligato in tutte le controversie, come non lo costituiva il
passaggio dall’udienza di cui all’art. 180, a quella di cui all’art. 183 e,
1436 rivista di diritto processuale 2017

poi a quella di cui all’art. 184 c.p.c. dal 1995 al 2006 (21). Anche nel rito
del lavoro, se richiesto e se ritenuto utile e necessario, il giudice può fissare
termini per il deposito di memorie, ai sensi dell’art. 420, comma 6˚, c.p.c.
L’attenzione tradizionalmente dedicata alla fase introduttiva dei processi
di cognizione riflette l’esigenza di realizzare un effetto deflattivo definendo
le controversie in limine litis: non essendo possibile incidere sui flussi in
entrata, l’impegno riformatore è orientato su quelli in uscita, in base all’ov-
vio presupposto che è più semplice definire una causa correttamente impo-
stata, piuttosto che cercarne il bandolo in un fascicolo farraginoso.
Le regole del processo sono regole tecniche, che devono essere affron-
tate con professionalità.
Rispetto ad esse si tratta, pertanto, di verificare se esse funzionano e se
sono idonee allo scopo per il quale sono state predisposte, prescindendo da
ogni suggestione ideologica, perché le regole del processo sono uno stru-
mento per la tutela dei diritti e non un rompicapo per giochi di pazienza.
L’ultima questione oggetto del dibattito del XXXI Congresso della
AISPC riguarda la congruità delle previsioni legali frutto della frenesia
legislativa con gli obiettivi di volta enunciati e la compatibilità delle regole
dei diversi processi a cognizione piena con le differenze tra i medesimi.
Il dibattito congressuale indicherà se le aspettative saranno soddisfatte.

***

5. – Come avviene a conclusione di ciascun congresso della Associa-


zione, si ritorna alle rispettive sedi arricchiti, come in ogni occasione di
confronto. Le quattro relazioni hanno accresciuto le conoscenze di ciascu-
no; hanno scalfito certezze che sembravano acquisite; hanno incrementato
i dubbi. Ad immediati sentimenti di delusione per aspettative solo appa-
rentemente tradite può succedere un approfondimento dei temi trattati e
la conseguente gratitudine per i relatori.
Questo intervento di replica dovrebbe dar conto delle suggestioni
suscitate dalle relazioni e dagli interventi.
Nella introduzione di ieri, ho annoiato l’uditorio con il tentativo di
definire la nozione di «regole del processo», che non si esauriscono nelle
disposizioni del codice di procedura civile quali interpretate dalla giurispru-
denza, ma comprendono altri testi primari, la disciplina della organizzazione,

(21) Si rinvia a Questioni processuali tra poteri del giudice e facoltà delle parti, in questa
Rivista 2010, 1012; L’esperienza del processo nell’assetto attuale. Le prassi esistenti e quelle
possibili, in Processo ed organizzazione, a cura di G. Gilardi, Milano 2004, 23 ss., § 3.
tutela dei diritti e regole del processo 1437

nonché quella che più interventori hanno qualificato come soft law, i proto-
colli e le linee guida. La funzione della premessa era anche quella di richia-
mare l’attenzione sulla possibilità della elaborazione condivisa delle regole del
processo nell’ambito degli spazi lasciati aperti dalle norme primarie.
Il che implica affrontare questioni di stretta procedura o, come sono
state definite, «di bassa cucina».
Personalmente ritengo, ed ho sempre ritenuto, che la tutela dei diritti
passa anche attraverso questioni di tale specie, che ho sempre ritenuto
doveroso affrontare nell’ambito dell’insegnamento, anche se, pur avvici-
nandosi il tempo della pensione, non ho mai formalizzato in un manuale,
in un trattato o in un commentario. Ho messo a disposizione degli studenti
modelli di gestione del processo ovvero di case management, in siti internet
da me stesso predisposti ovvero aperti dalla Università. Nell’attività didat-
tica credo doveroso riferirsi non solo ad un processo con due parti ed una
sola questione, ma anche alla gestione del ruolo, perché ogni relazione
intersoggettiva è un segmento di una rete fittissima, dalla quale non si
può prescindere. Ometto, in questa occasione, il ripetuto riferimento al
confronto tra la realtà complessa e gli oggetti della geometria euclidea.
Tra le regole del processo vi sono quelle che determinano la nullità del
provvedimento finale, quelle la cui applicazione implica una motivazione
sui criteri seguiti e quelle meramente ordinatorie. Sono prevalentemente
oggetto della analisi scientifiche quelle del primo e del secondo tipo; quelle
della terza specie sono, per lo più, ignorate.
Lo studio di queste ultime rischia di tradursi in un mero esercizio
accademico, se non si riesce ad applicare anche ad esse la domanda fon-
damentale: «che succede se non?».
Ad essa, infatti, si è risposto, in riferimento ai lodi pronunciati in assenza
o in violazione della volontà delle parti. Invece, se quanto abbiamo sentito
sui poteri degli arbitri nell’ambito dell’attività istruttoria non determina la
nullità del lodo, se l’inosservanza delle tecniche di motivazione non può
essere censurata ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., se la prolissità degli atti
di parte non può essere sanzionata, se l’inosservanza delle garanzie fonda-
mentali del «giusto processo» nell’ambito dei procedimenti affidati all’estro
del giudicante non può essere denunciata, l’indicazione dei criteri applicativi
delle disposizioni del terzo tipo si traduce in una mera esortazione.
A meno che quei criteri non siano tradotti in regole del processo
condivise, pur prive di sanzione, ma applicate spontaneamente dagli utenti
del processo, avvocati, magistrati e personale di cancelleria.
A mio avviso, l’elaborazione di nuovi modelli processuali dovrebbe
passare, come è avvenuto mediante positive esperienze risalenti, quale il
1438 rivista di diritto processuale 2017

modello di Stoccarda, dalla applicazione sperimentale mediante linee gui-


da o protocolli di udienza. In relazione agli spazi interpretativi lasciati
aperti dalle disposizioni generali ed astratte, questi accordi processuali
possono anche consentire l’utilizzazione di diverse letture.
Ad esempio, nel protocollo sulla applicazione della riforma del giudi-
zio di legittimità, si prevede che l’intimato possa depositare memorie
anche se non ha proposto controricorso, sebbene l’orientamento della
giurisprudenza negasse tale possibilità; in alcuni uffici, è stato utilizzato
il criterio sequenziale per la gestione dei ruoli di udienza, in luogo di
quello in parallelo deducibile dalla disciplina positiva.
Diversi protocolli prevedono espressamente la possibilità della defini-
zione in prima udienza delle controversie regolate dal processo ordinario;
numerosi sono i protocolli e le linee guida, reperibili nei siti dei tribunali e
tra i materiali del mio corso universitario, sulla applicazione del procedi-
mento sommario di cognizione; meno diffusi, ma pure esistenti e pure
reperibili nei siti dei tribunali e tra i materiali del mio corso universitario,
sono i protocolli e le linee guida sul funzionamento del procedimento
camerale in materia di famiglia e nell’ambito delle procedure concorsuali;
nel sito della sezione delle imprese del tribunale di Milano sono indicati
modelli di atti e di provvedimenti, frutto di un annoso confronto nell’am-
bito del locale Osservatorio. Alcuni protocolli impongono, inoltre, la di-
stinzione tra le diverse controversie a seconda della complessità, secondo
un modello operante anche in altre esperienze ed utilizzato nel tribunale di
Roma già negli anni ottanta: basti pensare ai «circuiti», dei quali abbiamo
sentito ieri, ovvero ai tracks. Il court management determina in concreto
l’applicazione delle regole del processo.
Questi percorsi o queste strategie, ignorate in sede scientifica, si ma-
nifestano più produttivi e, a mio avviso, meriterebbero di essere diffusi.
Basti confrontare la disastrosa esperienza dei quesiti previsti dall’abrogato
art. 366 bis c.p.c. con l’applicazione del protocollo del 2015 sulla tecnica
di redazione dei ricorsi. È stato anche felicemente dimenticato l’art. 1 d.l.
12 settembre 2014, n. 132, conv. in l. 10 novembre 2014, n. 162, sul
«trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all’au-
torità giudiziaria». Sennonché, qualche tempo prima, a Matera, in un
periodo in cui il tribunale aveva manifestato gravi carenze di organico,
in base ad un protocollo tra il capo dell’ufficio giudiziario ed il consiglio
dell’ordine degli avvocati, era stata realizzata una esperienza in tal senso,
conclusasi con il superamento dell’emergenza. La regola condivisa ha avu-
to successo per un breve lasso di tempo. Quella generale ed astratta ha
conseguito un risultato di mera immagine al momento della sua emana-
tutela dei diritti e regole del processo 1439

zione. Ogni proposta di riforma potrebbe essere preceduta da una speri-


mentazione in base a regole condivise.
Si ricordi, quale scelta contestata, l’assegnazione, con l’entrata in vi-
gore della riforma del 1990/95, delle cause nuove ai magistrati più esperti
e la contestuale rottamazione delle cause pendenti, fino alla istituzione
delle sezioni stralcio nel 1997; più recentemente, si considerino le questio-
ni relative alla composizione delle sezioni specializzate.
La disciplina positiva impone che il case ed il court management siano
il frutto di confronto.
Gli artt. 47 quater, comma 1˚, r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (aggiunto dal
d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51), e 37 d.l. 6 luglio 2011, n. 98, in l. 15 luglio
2011, n. 111, sono in questa direzione, ma sono prevalentemente, se non
esclusivamente, utilizzati in funzione dello smaltimento dell’arretrato, pre-
scindendo dalla qualità del prodotto.
La questione fondamentale, come è stato ribadito anche nelle conclu-
sioni, consiste nella predeterminazione delle regole.
A mio avviso, occorre un moto d’orgoglio per il ruolo dei processual-
civilisti e della tradizione. Molto si può fare: si può auspicare una palin-
genesi della normativa o della mentalità ed un incremento delle risorse, ma
si può anche cercare di fare quanto è possibile con i mezzi a disposizione,
ricordando la parabola dei talenti, perché il servo che non aveva messo a
frutto quanto ricevuto è gettato nelle tenebre «dove è pianto e stridor di
denti».
«Anelare ed attendere non basta; occorre comportarsi in altra maniera:
mettersi al lavoro ed adempiere al ‘compito quotidiano’ nella nostra qua-
lità di uomini e nella nostra attività professionale» (22).

GIORGIO COSTANTINO (*)

(22) Weber, Il lavoro intellettuale come professione, tr. it. Torino 1967, p. 43.
(*) Queste pagine sono l’intervento introduttivo e la replica al XXXI Congresso della
Associazione Italiana fra gli Studiosi del Processo civile, tenutosi a Padova, il 29 ed il 30
settembre 2017. Sono dedicate, con affetto e rimpianto, a Nicola Picardi.

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