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mercoledì 8 dicembre 2021

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BREXIT – LEZ.3
Passiamo alla trattazione dei tre trattati che sono rilevanti. Ogni trattato ha un suo
sunset progressivo, abbiamo visto ieri i periodi di verifica che dureranno quattro anni
e anche di più, fondamentalmente l’obbiettivo dell’accordo di recesso è quello di
garantire un’ordinata uscita. L’uscita non può durare un’eternità quindi sappiamo che
prima o poi si avrà esaurito i propri effetti. Quindi quello che dobbiamo accertare è
qual è, a partire dal 1° gennaio di quest’anno, e al di là degli effetti tutt’ora importanti
che il trattato avrà su tutta una serie di rapporti in particolare relativo ai cittadini, ai
loro diritti, a tutti i diritti che gli sono rimasti di recesso nel periodo transitorio, dal 1°
gennaio 2021, i rapporti bilaterali in senso stretto sarà disciplinati da tre accordi.
Parliamo dei due più semplici che sono:
• Uno sulla sicurezza delle informazioni tra Unione Europea e Regno Unito,
che è collegato all’accordo di cooperazione e scambi con il Regno Unito
(cooperation agreement). L’oggetto di questo trattato ha a che fare
sostanzialmente con i dati delle persone; quindi, una materia che l’unione ha
particolarmente a cuore. La preoccupazione dell’unione era quella di, dopo
l’uscita dall’unione, dopo aver condiviso per molto tempo le stesse regole
sulla privacy e sull’appropriazione dei dati personali ma anche più altri aspetti
che riguardano i singoli cittadini (pensiamo a tutta la cooperazione con la
polizia), questo trattato vuole continuare a mantenere un regime di scambio di
informazione che è fondamentale per ambedue le parti ma soprattutto per il
Regno Unito essendo più “piccolo” tra i due, secondo standard che siano
quelli di appropriazione dei dati che noi riteniamo inderogabile (una delle
norme della Carta dei diritti dell’Unione Europea tutela la privacy delle
persone). Questo è un accordo molto specifico che non rientra però nel mega
accordo di cooperazione.
• C’è un ultimo accordo, nuovamente ultra-specifico, ancora più specifico, che
è quello della cooperazione del mercato sicuro sull’energia nucleare. Le
comunità europee una volta erano composte anche da comunità per l’energia
atomica. Allora l’EURATO per tutto il periodo in cui è stato membro della
comunità e questo accordo tende a preservare un modello di cooperazione e
collaborazione sullo specifico utilizzo di creazione dell’energia nucleare. Si
basa su accordi internazionali. È un settore molto specifico, anche qua
ovviamente, nel Regno Unito c’erano centrali nucleari e c’erano dei siti che
venivano gestiti dalla Comunità Europea per l’Energia Atomica, questo trattato
riguarda specifici elementi sull’energia nucleare che a noi non interessa.

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• Il terzo accordo, primo per importanza che regola i rapporti bilaterali è
l’accordo di partenariato. Questo accordo è un accordo di dimensioni epocali,
è intorno alle 1200 pagine, è un tentativo enorme di garantire il partenariato e
la gestione di rapporti bilaterali fra due stati: tra uno stato e un ordinamento
internazionale come quello dell’Unione Europea. È un accordo che ha
numerosi ambiti di applicazione. Prima di arrivare a questo accordo ci siano
un po’ posto il problema di come strutturare le relazioni future con il Regno
Unito, e di esempi ne abbiamo diversi: una specie di associazione, si poteva
pensare a un accordo di libero scambio come quello dei paesi dell'est. Si
poteva ipotizzare un rapporto multi-trattato come quello che abbiamo con la
Svizzera. Poi alla fine, quello che ne è uscito è un accordo nuovo, o meglio si
è deciso di avviare un nuovo tipo di negoziato e di accordo bilaterale che usa
come base giuridica una norma ben nota alla prassi dei trattati internazionali
che è l’articolo 217 del TFUE che disciplina appunto gli accordi di
associazione. L’accordo di associazione è un accordo nel quale l’Unione
pattuisce tutta una serie di clausole e regimi; tradizionalmente l’accordo di
associazione è l’anticamera per l’ingresso nell’Unione però questo è un dato
di prassi, perché in realtà non c’è scritto nel 217 che prima di diventare
membri dell’Unione devi diventare un associato e che l’accordi di
associazione regola solo questa fattispecie. Per cui si è usata questa base
giuridica in modo piuttosto pragmatico perché attraverso l’accordo di
associazione si garantisce comunque una salvaguardia fondamentale, che è
quella dell’integrità del mercato interno. Quindi, benché noi siamo associati al
Regno Unito oggi, in base ad un trattato che, ha dei poteri di governance
molto complessi, alla stessa stregua di un partenariato che possiamo avere
con l’Albania o altri paesi con i quali siamo in trattative per l'ingresso
nell’Unione; qui ovviamente l’ambizione di questo trattato è assai più ampia
perché deve disciplinare un rapporto indefinito nel tempo. Quindi e anche un
trattato molto procedimentalizzato e dal punto di vista della governance crea
una sovrastruttura di governance che sono delle pseudo istituzioni perché
gestire la complessità dei rapporti come quelli con il Regno Unito che è stato
membro per tutto questo tempo, e non è ancora chiaro cosa vuol dire gestire.
Gestire nell’ottica di unire questi rapporti? Nell’ottica di mantenere un quadro
di stabilita? Ad oggi i politici hanno detto la qualunque. Non è per niente
chiaro quale sarà lo stato del rapporto, ma è vero che questo accordo dal
punto di vista sulla base delle norme sostanziali è un accordo per disciplinare
il … prende in prestito alcuni modelli di accordo che l’unione ha stipulato con
paesi terzi per gestire il commercio estero, l’unione ha una serie di accordi
bilaterali con paesi terzi che si aggiungono al quadro dell’organizzazione del
commercio. Non è un accordo come quelli che abbiamo con Singapore, il
Gippone, il Vietnam, con il Regno Unito si istituzionalizza un rapporto e

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questo trattato è molto più complesso: ha un preambolo e 7 parti che sono
divisi in sezioni e capitoli, per un numero complessivo di 550 articoli, 46
allegati, 3 protocolli, una bestia difficilmente digeribile.
I contenuti di questo accordo dal punto di vista della governance.
La cosa più importante è quella della partnership commerciale: l’obbiettivo è quello
di avere un partenariato che sia riguardante il commercio, l’economia, i diritti sociali
e l’ambiente. Quando gli stati commerciano al di fuori dell’unione ci sono dei blocchi
al commercio che venivano da vicende politiche, si tratta di decidere a quali
condizioni entrano le merci, i servizi, le persone, e quindi l’obbiettivo per cui partendo
da un presupposto per cui è tutto unito, il sistema dei rapporti commerciali ed
economici tra i membri dell’unione quando si stacca il regno unito è come se gli si
chiedesse: ok non sei più dentro ma come commerciamo? Allora in linea di principio
il commercio deve essere libero e anche corretto, quindi, deve essere free e fair. Fair
vuol dire che bisogna adottare delle regole di competitività, nel commercio io
ammetto la circolazione nel mio territorio di determinati prodotti o servizi se sono
rese certe condizioni. Noi abbiamo la possibilità di dire: bene, questo prodotto entra
nell’Unione se il tonno in scatola pescato nelle Seychelles con modalità che
uccidono i delfini è lo stesso prodotto rispetto a quello che faccio pescare dai
pescatori dell’Unione che stanno attenti? L’acciaio prodotto in Cina nelle
centrali a carbone che ha delle emissioni pazzesche, rispetto a quello che
io produco nell’Unione è lo stesso? C’è anche la questione del dazio
ambientale. C’è un problema di standard normativi che sia chiamano
barriere tecniche all’ingresso (BTI). Altre barriere sono quelle delle misure
sanitarie o filo sanitaria, questi prodotti sono sicuri? Hanno passato i
controlli? Hanno i pesticidi? Che tipo di coltura hanno subito? Anche per
motivi ambientali in Europa non è possibile commerciale legno legalmente
che non sia stato coltivato in modo sostenibile (nessuno si compra il legno
degli alberi della foresta Amazzonica che si sta devastando). Oppure i
prodotti che curano la salute, ad esempio i farmaci (noi lo sputnik non lo
usiamo perché pensiamo che in Russia non abbiano fatto abbastanza
ricerca). C’è un altro campo altissimo di misure restrittive del commercio
che è quello basato sulle tariffe e i dazi, o le importazioni che è quella più
semplice: queste sono misure protezionistiche, proteggono l’industria
nazionale rispetto agli stranieri e l’obbiettivo di queste misure è garantire la
posizione dei posti di lavoro e il commercio dell’Europa, ma molto spesso si
è andati un po’ più in là. Un commercio libero conviene però resta sempre
ferma un’attenzione di tutti gli stati per evitare che le loro economie
nazionali siano travolte dall’Economia di altri Stati che, anche sulla base di
regole diverse o su iniziative diverse dal punto di vista della politica
commerciale, possa invadere i mercati a prezzi più bassi e quindi

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distruggere i mercati territoriali e i posti di lavoro. Queste sono le tre grandi
aree nelle quali i trattati svolgono i rapporti fra due stati.
Poi ci sono, e sono molto più importanti, gli ambiti nei quali queste regole tendono ad
essere applicate: circolazioni dei beni o servizi, cose che abbiamo già visto,
ma vengono declinati dal punto di vista internazionale nel rapporto con
l’accordo di partenariato con il Regno Unito il modo di … gli accordi del
commercio internazionale. Allora quando parliamo di commercio libero ma
anche equo, l’accordo si occupa del commercio dei beni, dogane,
cooperazione regolatoria (aspetto molto importante, se ci diamo regole
uguali sul rispetto dell’ambiente poi i prodotti che risultano dall’attività
industriale, anch’essa disciplinata in modo uguale, possono circolare; la
dazione di regole funzionale allo svolgimento di attività economiche può
essere uno strumento di competitività del sistema. Però quando faccio
competizione regolatoria rischio di abbassare gli standard o rischio di
frustare obiettivi legittimi – l’obbiettivo è questo: sulla regolazione
cerchiamo di cooperare). Quando il Regno Unito è uscito le norme erano
identiche, non c’è competizione regolatoria nell’ambito dell’Unione perché
tutte le norme erano armonizzate; quindi, il timore dell’Unione era “ma cosa
succede se ad un certo punto il Regno Unito vuole avere accesso a tutti i
mercati e servizi sempre all’interno dell’Unione ma inizia a farsi delle regole
che non sono più le nostre? E quindi svarca sulla protezione ambientale,
sulla protezione sociale? I suoi prodotti diventano più competitivi, e su
questo si è intervenuti proprio per garantire di continuare ad avere accesso
con i suoi prodotti ai mercati dell’Unione.
Un altro aspetto importante è quello dei servizi, oggi preponderante. Il Regno Unito
vive di servizi finanziari, assicurativi, legali, cioè Londra non ha fabbriche,
fuori da Londra non c'è un cazzo, ma a Londra non ci sono fabbriche.
Quindi? È chiaro che in Inghilterra non si produce quasi più niente dal punto
di vista di beni materiali ed ha molto puntato sulla finanza eccetera. È
diventato molto come dire improntato su un centro finanziario; molto
importanti sono gli investimenti. Oggi più che muoversi le cose si muovono i
soldi. E anche questo aspetto è fondamentale fra l’Unione e il Regno Unito,
quello degli investimenti, e non potevano non essere disciplinati. Gli appalti
pubblici: gli stati sono fra i più grandi fornitori di appalti, fra i più grandi
committenti di appalti, il settore degli appalti pubblici è fondamentale.
All’interno dell’Unione questi sono totalmente liberalizzati, cioè Trenitalia
può farsi costruire i treni da chi vuole in Europa, le modalità sono identiche,
ponti, strade, autostrade. Oggi c’è un libero accesso ma domani con il
Regno Unito funzionerà? Si, si dice di sì, vanno mantenute alcune delle
parti più importante di questi accordi, e si porta dietro molta tecnologia, si
porta dietro investimenti e si decide che non sarebbero cambiati i rapporti.

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Poi ci sono le norme di concorrenza, le norme di concorrenza non tanto dal
punto di vista degli accordi del paese della posizione dominante ma quelle
su …, cioè in Europa esiste un principio per cui non si può “alterare” la
competizione attraverso l'emissione per capitale sociale, il capitale delle
imprese, di soldi pubblici, perché un’impresa che va male deve fallire, se
invece l’impresa viene sovvenzionata dal suo Stato non fallisce mai, rimane
sul mercato, anche se inefficiente; e quindi questo non si applica con i
paesi terzi. E anche questo il … vuole creare a delle norme per evitare …
Tutela dei marchi e dei brevetti, la proprietà intellettuale, altra cosa molto importante
che è stata ripresa anche nel nuovo accordo. Poi ci sono, oltre alle regole sul
commercio libero, tutta una serie di norme che riguardano la sostenibilità, la
condivisione delle opportunità, si parla di trasporti, i trasporti sono
fondamentali come settore nelle economie ed è un settore a sé stante ed è
anche un settore in cui viaggiano le merci e le persone, il sistema del
trasporto è il settore cardiocircolatorio del commercio, c’è il problema che il
trasporto e la logistica siano al servizio di tutti questi servizi, e su questo, si
vuole mantenere questo livello di connessione. Dal punto divista della
sostenibilità è inutile parlarne e spero che l’argomento vi interessi, e anche
dal punto di vista dell’energia, risorse naturali e pesca, altro aspetto
collegato alla sostenibilità. Parte importante quella sulla cooperazione
giudiziaria.
Quali sono gli asset in gioco. L’Unione è il primo partner commerciale del Regno
Unito. Ieri abbiamo parlato della Scozia che ha 65% di interscambio con l'Unione
europea, il Regno Unito ha circa il 50% di interscambio. È chiaro che
queste due punti sono stati decisivi nel negoziato, quanto aveva da perdere
l’unione Europea da una Brexit, malissimo che andasse il 12%, quanto ne
aveva da perdere il Regno Unito? Il 50%. Ecco che quando si mettono sul
piatto queste cifre il negoziato si imposta in un modo particolare; il Regno
Unito oltretutto non ha ottenuto quello che volevo ottenere e cioè quello di
rimanere la piazza finanziaria dell’Unione Europea, c’è un’equiparazione
dei servizi finanziari non è permanente. Si è voluto mantenere questo per
evitare conseguenze finanziarie disastrose anche per il nostro mercato
finanziario europeo ma non è un dato acquisito. Dal punto di vista dei
risultati finali è che comunque il Regno Unito non avrà uno statuto tale da
essere considerato … da un membro dell’Unione, ci sono delle barriere al
commercio, ci sono e rimarranno, non ci sono tariffe e quote ma dal punto
di vista del commercio di servizi, degli investimenti e delle barriere sanitarie
e tecniche al commercio ad oggi siamo in un momento tranquillo, finchè
non si cambiano le regole siamo sullo stesso “level” ma domani potrebbe
non essere più così. Abbiamo visto nel cop 26 di Glasgow uno degli aspetti
interessanti che si interessa di ambiente in senso ampio e di cambiamento

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climatico che la posizione del Regno unito era molto solidale con quella
dell’Unione e viceversa, c’era molta coesione: c’è un obbligo di non
cambiare gli standard ambientali se non con qualche accordo tra le due
parti.
Mi interessava soprattutto parlarvi della GOVERNANCE, perché è la parte centrale
di questo accordo. Noi abbiamo un rapporto tra Unione e Regno Unito che
deve essere formalizzato attraverso un accordo costante di governo dei
rapporti fra le due parti, e allora una parte consistente della governance è
proprio la governance, che ha dei pilastri: il sistema delle fonti, un quadro
istituzionale, un meccanismo per la risoluzione delle controversie e un
meccanismo di revisione del trattato. Questi sono i quattro strumenti che la
PCA ha individuato come idonei a far si che il rapporto si mantenesse
attuale e vitale nella sua complessità. Il sistema delle fonti è un problema:
questo prevede a livello superiore … ma già il PCA prevede che ci saranno
già degli accordi integrativi. Poi potrebbero non bastare questi accordi
integrativi, perché richiedono un passaggio e una valutazione
internazionale che è un po’ lunga e quindi nel sistema di governance si
dividono le possibilità che degli organismi adoperino delle decisioni; in
aggiunta a questa struttura è anche previsto che i singoli partner
recepiscano i contenuti dell’accordo internazionale e le norme di
adattamento interno, così come nel diritto internazionale. Questa è la
struttura delle fonti che ci viene lasciata in eredità da questo accordo. Si
può parlare di una gerarchia tra queste fonti? Io ho il dubbio che si possa
parlare di gerarchia fra PCA e accordi integrativi, può darsi di si, penserei
che l’accordo integrativo possa considerarsi una sorta di lex specialis
rispetto al PCA nella misura in cui integra, non penso che l’accordo
integrativo posa modificare il PCA. Sarei invece propenso a pensare che le
decisioni non possano essere degli atti con le capacità di rimettere in
discussione la PCA e gli accordi integrativi. Quanto alle norme di
adattamento qui il problema sfugge dal punto di mano dal punto di vista
della gerarchia delle fonti perché se l’adattamento è corretto bene, se
l’adattamento viene fatto male si crea l’inadempimento dell’obbligo
internazionale e quindi probabilmente qui sorgeranno delle controversie (io
percepisco una norma del PCA con una norma che dice esattamente il
contrario si l’altra parte del PCA dirà “cosa stai facendo? Gli accordi sono
diversi”. Quindi il sistema è un sistema abbastanza dinamico ma sconta i
limiti del diritto internazionale pubblico siamo dentro ad un trattato e il
trattato è soggetto al diritto internazionale, ha dei criteri interpretativi indici
del diritto internazionale, e anzi, il Regno Unito ha voluto scrivere in modo
pedante che non si sarebbe mai dovuto interpretare questo accordo PCA
come diritto dell’Unione. Nella storia dei trattati ci sono dei momenti in cui i

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trattati vengono applicati in un modo piuttosto che in un altro, dipende dalle
stagioni politiche ma le norme sono sempre le stesse. Non è detto che su
tutto ci sia una divergenza pazzesca ma probabilmente non essendoci lo
strumento delle vie pregiudiziali, cosa succederà è difficile da prevedere.
Inoltre, le norme di cui stiamo parlando non hanno effetto diretto, anzi,
viene ribadito spesso, non sono suscettibili di creare diritti e obblighi che i
giudici nazionali sono disposti a rispettare. Essendo diritto internazionale in
senso stretto valgono le immunità giurisdizionali: io non potrò fare causa al
Regno Unito per aver violato il mio diritto di vendere determinati prodotti. Il
distacco c’è e ci sarà, non so quanto sarà vissuto, ma la sensazione è di
quel meccanismo per cui si debbano mantenere quei rapporti bilaterali e
alla stessa stregua di quelli che ci sono fra i rapporti internazionali, c’è un
rapporto qualitativamente diverso.
Istituzioni. Come si fa a gestire questa massa enorme di problemi e norme? L’idea è
quella di crear un consiglio di partenariato, un comitato commerciale di
partenariato e diversi di comitati specializzati ratione materiae con a loro
volta gruppi di lavoro, altri organi consultivi e una lista di arbitri per la
risoluzione delle controversie. Il consiglio di partenariato è una specie di
organo di vertice, quando parlo di partenariato parlo di organi in cui c’è una
parità di membri fra Regno Unito e Unione. Questi comitati si pongono
come soggetti politicamente e diplomaticamente gestori dei rapporti, più si
sale di livello più si hanno delle qualità politiche e più si scende più si
avranno dei consigli tecnici (servizi, beni ecc..), divengono dei comitati nei
quali si discute di questioni tecniche. Poi ci sono ancora delle questioni più
tecniche che non hanno quasi più una dimensione politica, che sono dati
dai gruppi di lavoro (se un medicinale fa male o fa bene). E quindi non si è
nemmeno fatto un comitato ma si è istituito un gruppo di lavoro. Il consiglio
di partenariato dovrebbe dare un impulso ai rapporti, è l’organo di vertice di
questo accordo ed è composto da un numero di parti che siedono a livello
ministeriale (il consiglio a livello europeo è sempre formato dai ministri). Ha
alcune competenze di minima modifica dell’accordo, può delegare alcuni
dei suoi poteri al partenariato, può rivolgere raccomandazioni alle parti,
insomma, è un organo di gestione di indirizzo politico più ampio. Il comitato
più importante è quello commerciale e quindi ha un po’ più di assistenza,
sovraintende ai comitati specializzati, si fruirà dei comitati speciali, è un po’
più operativo rispetto al consiglio che ha funzioni un po’ più politiche e di
indirizzo. La parte interessante è la risoluzione delle controversie, tema
spinosissimo perché è chiaro che l’unione voleva in qualche misura
replicare dei meccanismi su cui l’Unione stessa ha consuetudine e questo
voleva dire assoggettare il Regno Unito al giudice europeo ma d’altro canto
c’è il principio di autonomia del diritto dell’Unione che non hanno un

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principio radicato. C’era un fortissimo limite dal punto di vista costituzionale
perché non può essere condizionato da giudici esterni all’Unione e siccome
il PCA è un trattato dell’Unione avevamo un problema. È stato risolto: un
meccanismo di arbitrati molto particolare che però è preventivamente
soggetto a un meccanismo di consultazione preventiva.

Avevamo un problema che è stato risolto più o meno efficace, utilizzando un


meccanismo di arbitrati che però è preventivamente soggetto a un meccanismo di
consultazioni preventive.
Sono necessari sia il dialogo sia la cooperazione, in questo momento ci sono un pò
di tensioni, ma non è utilizzato l’arbitrato che una volta emessa una decisione
diventerebbe anche un precedente.
I tribunali arbitrati non sono però una giurisdizione come le altre e non sono neanche
esclusivi. Non esiste più un’esigenza di avere un sistema chiuso di gestione delle
controversie, potrebbe infatti convenire ad ambo le parti gestirle in una sede diverse.
Quindi questo può essere uno svantaggio per l’UK.
Detto questo, il tribunale arbitrare una volta che è costituito è immaginato per
operare velocemente. Uno dei problemi più grandi è la scelta degli arbitri che occupa
molto tempo, si utilizzano quindi dei registri predeterminati di persone qualificate. C’è
quindi una lista di arbitri dell’Ue, una lista del regno unito e una lista di possibili
presidenti del collegio arbitrale che non possono essere ne cittadini dell’Unione, ne
del regno unito e che probabilmente saranno giuristi esperti in materia in materia di
diritto internazionale dell’economia.
Quindi quando si attiva la procedura arbitrale il meccanismo è quello di queste liste
già “predigerite”e preapprovate.
Vi possono essere delle procedure urgenti. Una sorta di processo cautelare arbitrale,
in cui si dimezzano addirittura i termini della lite e i termini per il lodo sono in ogni
caso molto rapidi > infatti entro 100 giorni dalla data di costituzione del collegio
bisogna che il collegio rediga una bozza di relazione interinale, cioè un pre lodo e
può aumentare il termine di un massimo di altri 30 giorni. In più questa bozza di lodo
diventa definitivo se nei successivi 30 giorni, nessuna delle parti ha chiesto un
riesame > un meccanismo piuttosto innovativo.
Il lodo è uno strumento di diritto internazionale, cioè c’è una norma che afferma che
deve essere applicato entro un termine.
Cosa succede se vince il regno unito sull’Unione riguardo i diritti di pesca?
L’unione dovrebbe modificare la sua legislazione, nel caso non lo facesse il regno
unito potrebbe chiedere al tribunale di accertare che l’Unione non si sia conformata
ai contenuti del lodo. Un ulteriore step sarebbe quello di adottare contromisure.
Eventualmente c’è la possibilità di sospendere alcune clausole dell’accordo secondo
schemi classici del diritto internazionale.







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Le persone giuridiche o fisiche, cioè chi è davvero intaccate dalla situazione, non
hanno diritti o obblighi che possono far valere, non possono richiedere i danni e i
giudizi nazionali non sono vincolati dal lodo che non è diritto interno.
Che cosa succede se dopo il lodo non c’è un adempimento spontaneo? Poco o
niente. Si entrerà in una situazioni di deterioramento dei rapporti economici e politici.
Questo è il lascito unico e possibile di questa storia, si spera quindi che le parti
rimangano conformi e che adempino agli accordi.
Non sarà possibile mantenere gli stessi rapporti, ciò vuol dire che progressivamente
ci abitueremo ad avere un rapporto sempre più distanti dall’UK.
Brexit è stata quindi una lacerazione dal punto di vista dei rapporti e può essere una
circostanza che fa riflettere sul futuro dell’Europa.



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