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Per un uomo romano, insomma, gli amori omosessuali leciti erano quelli con schiavi o
prostituti: e proprio questi ultimi diventarono una categoria particolare nel mondo della
prostituzione, una vera élite. Se le prostitute si vendevano per poco, essi invece chiedevano
somme molto alte e regali costosissimi. Giovani, sensuali, desiderati da tanti, erano spesso
viziati e capricciosi, costringendo i loro amanti a veri salassi economici anche sotto forma di
cibi pregiati (come delle giare di caviale dal Mar Nero). Al punto che Catone il Censore arrivò
a dire che per un prostituto si sperperavano
sesterzi in tal quantità che si sarebbe potuta comprare un'intera fattoria.
Per quanto riguarda le donne, il discorso era diverso. Se l'omosessualità maschile era
accettata, pur con alcuni divieti, quella femminile era invece assolutamente condannata in
tutte le sue forme. La società romana era maschilista, come abbiamo detto, e la
donna veniva vista solo in funzione della sua capacità riproduttiva, dell'educazione
dei figli e della cura della casa. E in questa radicata convinzione del romano sta la ragione
fondamentale della sua assoluta incapacità di concepire che esistessero delle donne che
preferivano essere amate da altre donne:per lui, erano solo delle povere folli, o delle malate
che tentavano vanamente e oltraggiosamente di usurpare le prerogative maschili. Erano
cittadine libere ma avevano comunque tante restrizioni, a cominciare dal fatto, per esempio,
che nei banchetti, sebbene potessero sdraiarsi accanto agli uomini e mangiare,
nella seconda parte del banchetto, quando ci si dedicava al vino, dovevano alzarsi e
allontanarsi. Almeno così avveniva in quel tempo. L'omosessualità femminile, dunque, era
vista come la peggiore delle depravazioni per una donna. Non era solo reputata "contro
natura" (persino
nell'analisi dei sogni erotici di Artemidoro), ma considerata alla stregua di un adulterio, e
come tale poteva essere punita, cosa che invece non accadeva se un uomo
andava a letto con un altro uomo o con un prostituta. Nella testa di un maschio romano,
anche aperto alle gioie del sesso come Marziale, l'omosessualità femminile era
qualcosa di mostruoso e disgustoso. Con l'arrivo del cristianesimo, poi, le cose
peggiorarono: Paolo cita tra le cause dell'ira divina contro i pagani proprio l'omosessualità
delle loro donne... Nonostante questo, le lesbiche segretamente si amavano, si
corteggiavano, si facevano regali e facevano sesso. A Pompei sono riemersi due
graffiti di lesbiche incisi nell'intonaco e indirizzati alle loro compagne. In uno dei due, una
donna mette in guarda la sua "amata" dal tornare ad amare l'uomo, che è inaffidabile e un
poco di buono. Da questo
graffito emerge, insomma, che non solo l'omosessualità, ma anche la
bisessualità era diffusa tra le donne romane.
Il cristianesimo aveva introdotto un modo nuovo di guardare al sesso, che discendeva dalla
tradizione ebraica: aveva introdotto il principio della «naturalità» dei soli rapporti
eterosessuali. L'opposizione pagana attività-passività, che identificava la virilità con
l'assunzione del ruolo sessuale attivo, sia con le donne sia con gli uomini (e che aveva
informato, anche se in modo completamente diverso, la morale dei greci e dei romani), era
contraria alla nuova religione di Stato, che condannava l'omosessualità in tutte le sue
manifestazioni. Gli imperatori, per essere coerenti fino in fondo, avrebbero dovuto anche loro
condannarla. Ma far questo avrebbe significato scontrarsi con un'etica ispirata, per secoli, a
una concezione della mascolinità quantomeno in teoria mai venuta meno. La politica
legislativa non poteva non tenerne conto: quel che era possibile fare subito (e venne fatto)
fu, in un primo momento, una sorta di compromesso: la condanna durissima della sola
omosessualità passiva. A partire dal 342, con Costanzo e Costante, la repressione ebbe
inizio. Teodosio I, nel 390, tornò sull'argomento, e nel 438, per volontà di Teodosio II, tutti gli
omosessuali passivi vennero condannati al rogo.
Ma il rispetto della morale cristiana richiedeva ben di più: gli omosessuali, passivi o attivi che
fossero, commettevano il peccato imperdonabile e innominabile, che più di ogni altro
offendeva il Signore. Bisognava garantire che tutti coloro che si davano agli atti «contro
natura» venissero puniti. E Giustiniano lo fece: tutti gli omosessuali, indipendentemente dal
ruolo assunto, furono da lui condannati a morte. Il concetto di natura era cambiato: per
lunghi secoli, per le donne era stato «secondo natura» essere sottomesse, per gli uomini era
stato «secondo natura» sottomettere donne e uomini. Ora, la natura non concedeva scelte
alternative, neppure a loro: l'unico atto «secondo natura» era quello eterosessuale.
Ma i romani, o meglio i “cives” romani, cioè quelli che erano considerati cittadini di Roma,
praticavano l’omosessualità solamente con gli schiavi e con i liberti. La Lex Scatinia (149
a.C.) condannava espressamente l’adulto nel caso di rapporti omosessuali tra adulto e puer
o praetextati (da praetexta, la toga bianca orlata di porpora che portavano i ragazzi ancora
non maturi sessualmente, quindi bisognerebbe parlare di pedofilia), mentre nel caso di
rapporto omosessuale tra cittadini liberi adulti veniva punito quello che tra i due assumeva il
ruolo passivo, con una multa di 10.000 sesterzi.
Uno dei casi più conosciuti di amore omosessuale fu quello fra Adriano e Antinoo: i due si
conobbero durante un viaggio dell’imperatore in Bitinia, paese d’origine del ragazzo, nel 123:
Adriano aveva 45 anni e Antinoo 14. Il ragazzo tornò insieme all’imperatore a Roma e,
vivendo nella sua villa a Tivoli, creò uno speciale legame con l’imperatore grazie all’amore
comune per lettura, arte e caccia. Questo è rappresentato bene nei tondi adrianei, nell’arco
di costantino a roma, in cui possiamo vedere una scena di caccia probabilmente avvenuta
nella realtà. Antinoo morì nel 130 per affogamento durante una crociera con l’imperatore Sul
nilo: alcuni danno la colpa a vibia sabina, la moglie di adriano, per la quale antinoo era
diventato una minaccia, altri ai parenti di adriano, gelosi del rapporto esclusivo che il
ragazzo aveva instaurato con lui, altri pensano si tratti di un semplice incidente. Costernato
per la morte di Antinoo, Adriano, che era sempre stato un ammiratore e sostenitore
appassionato dell'antichità classica greca, così come un benefattore dell'Oracolo di Delfi,
fece ordinare che tutta una serie di statue del bellissimo giovane, che aveva amato così
appassionatamente, fossero erette in tutti i santuari e le città del suo vasto impero. Inoltre,
ordinò l'istituzione e la creazione di giochi in onore di Antinoo, che da allora in poi è stato
onorato e adorato come un dio (venne anche rappresentato come Bacco, Aristeo e Osiride).
Le rappresentazioni che ritengo più belle e significative sono: