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TRASCRIZIONE APPUNTI DI BOCCACCIO (21 SETTEMBRE)

(evito di trascrivere la parte iniziale dove si parla della biografia e delle opere, perchè è
oggettivamente pallosa).

Boccaccio può essere scelto come esempio di un percorso un po’ diverso da quello da Dante.
A differenza del Sommo Poeta, Boccaccio ottiene molta fama soprattutto grazie alla sua
produzione in prosa. Ci si sta ovviamente riferendo alla raccolta del Decameron, un libro
esplicitamente scritto per le donne, viste da Boccaccio come un pubblico colto e raffinato
quanto gli uomini, anche se in modo diverso (tuttavia già Dante aveva visto nelle donne un
gruppo di interlocutrici “gentili”, come in parte testimonia la canzone Donne che avete
intelletto d’Amore).
Boccaccio dunque è il primo esponente del filone della “letteratura femminile”, ovvero quella
letteratura che presuppone un pubblico un pubblico di sole donne (o quasi) e che comprende
argomenti amorosi. Boccaccio in particolare scrive per le donne perché si rende conto del
fatto che esse sono molto più "castigate" degli uomini. Hanno poche occasioni di svago,
quindi con le sue novelle Boccaccio cerca di allietare le loro pene amorose o semplicemente
di divertirle o di insegnar loro qualcosa.

Nonostante non abbia scritto solo quello, ma anche una cospicua quantità di operette in versi
e in prosa, Boccaccio è conosciuto principalmente per il suo Decameron, una raccolta di 100
novelle inserite in una cornice ben specifica. Si è soliti inquadrarlo entro gli anni 1348-1360,
ovvero l’anno in cui ha inizio l’epidemia di peste) e l’anno in cui si iniziano ad avere notizie
certe della sua circolazione. In realtà ci sono vari indizi che fanno pensare ad una redazione
di alcune novelle precedente al 1348. Certe novelle ambientate a Napoli, per esempio, fanno
presupporre una conoscenza delle vie napoletane piuttosto approfondita che solo un
napoletano (o qualcuno che lì risiedeva) poteva avere. Inoltre, per il modo in cui le indica
bisogna presupporre che anche il pubblico avesse una conoscenza chiara della geografia della
città, almeno al punto di non avere bisogno di indicazioni più specifiche di un semplice
“girare a sinistra, inforcare quella via che, ecc”.

DECAMERON - introduzione: il Decameron è una raccolta di 100 novelle. La narrazione


di queste è inquadrata in una precisa cornice storico-letteraria. L'evento storico a "ispirare" il
Decameron è ovviamente l'epidemia di peste del 1348: per scampare al contagio (letterale ma
anche metaforico, dal momento che la peste non è solamente un evento che colpisce la salute
organica degli uomini, ma anche quella morale e sociale, perché in una situazione simile
vengono meno le leggi e le regole della convivenza civile in genere) 10 giovani fiorentini (7
ragazze e 3 ragazzi) decidono di ritirarsi in una villa nella campagna di Fiesole, dove per 10
giorni passano il tempo in maniera cortese e costruttiva, recitandosi novelle a vicenda. Quello
che si crea è un vero e proprio microcosmo, un piccolo comune ideale dove è ancora
possibile comportarsi secondo le regole della convivenza civile, anche in vista del futuro. I 10
giovani cercano di salvare una base ideologica e comportamentale dalla quale sia possibile
ricominciare in futuro.
Il testo si struttura su 3 livelli, 4 secondo altri.
- Livello I: livello extradiegetico, ovvero al di fuori della narrazione. È l'autore,
Boccaccio stesso che parla della sua opera al di fuori della cornice. Si ha nel proemio,
nella quarta giornata (per difendersi da certe accuse) e nella conclusione.
- Livello II: livello intradiegetico. I 10 narratori. Ci mostra l'importanza della letteratura
nella vita medievale, come cultura e come passatempo cortese.
- Livello III: livello diegetico. Le 100 novelle, che hanno un loro intreccio e una loro
struttura. Costituiscono il vero corpo dell'opera. Sono testi che vengono recitati in un
contesto preciso, illustrato dalla cornice.
- Livello IV: livello metadiegetico. Accade solo una volta, nel caso della novella di
Madonna Oretta (giornata VI, novella 1). È, teoricamente, una "novella nella novella".
Le 100 novelle sono divise in gruppi di 10 giornate, ciascuna comprendente 10 novelle
ciascuna. Ad ogni giornata è dedicato un tema specifico, secondo lo schemino seguente:
- GIORNATA I: tema libero
- GIORNATA II: fortuna
- GIORNATA III: astuzia
- GIORNATA IV: amori con finale tragico
- GIORNATA V: amori a lieto fine
- GIORNATA VI: motti
- GIORNATA VII: beffe delle donne agli uomini
- GIORNATA VIII: beffe in generale
- GIORNATA IX: tema libero
- GIORNATA X: magnanimità (molto importante la novella di Griselda, anche se è un
po’ controversa).
La novella di Madonna Oretta: Madonna Oretta è la protagonista della prima novella della
sesta giornata. La sua novella è interessante perché ci illustra il concetto tipicamente
boccacciano di "motto", ovvero quella parola (o battuta) azzeccata che riesce a toglierci
d'impiccio in situazioni sgradevoli o pericolose. È la parola giusta detta al momento giusto -
la prontezza di spirito, in un certo senso.
La novella di Madonna Oretta è molto importante perché ci spiega implicitamente come si
racconta una novella, e soprattutto come non dovrebbe mai essere raccontata.
La novella narra di un gruppo di persone che stanno festeggiando. Madonna Oretta è la
moglie di Geri Spina ed è una donna gentile, nobile, costumata e "ben parlante". Era
fondamentale, per le donne, parlare bene: già avevano poche occasioni di parlare, quindi
quando finalmente potevano aprir bocca era importante farlo per bene.
I festeggianti devono spostarsi da un luogo a un altro lungo una strada un po' accidentata,
perciò la loro camminata appare sin da subito molto faticosa. Un cavaliere della compagnia
offre a Madonna Oretta di "portarla a cavallo" con una novella che le racconterà.
- Attenzione: il cavaliere non sta letteralmente portando la donna a cavallo, ma
piuttosto sta usando una battuta, un'espressione metaforica molto diffusa nel trecento.
Sostanzialmente quando dice che "la porterà a cavallo con una novella" sta dicendo ad
Oretta che la novella che ella sta per udire sarà piacevole a sufficienza da distrarla dal
percorso faticoso che deve fare, come se non stesse camminando a piedi, ma piuttosto
stesse cavalcando.
Il cavaliere sta millantando una grande capacità oratoria, insomma. Oretta gli risponde con
gentilezza che le farà molto piacere sentire la sua novella. Peccato che il cavaliere facesse
meglio a maneggiar le spade piuttosto che raccontare novelle, perché come novellatore fa
veramente pena.
La novella di per sé sarebbe anche stata bellina, ma sto qua la racconta talmente di merda che
a Oretta sta letteralmente venendo un ictus a sentirlo ragionare. Come se non bastasse non sa
nemmeno usare la giusta intonazione.
A un certo punto Oretta non ne può veramente più, dunque lo zittisce con gentilezza e tatto,
dicendogli che "il suo cavallo ha troppo il duro trotto", pertanto meglio se lei scende e va a
piedi.
Il cavaliere capisce il senso implicito del motto della donna, tanto che smette di raccontare la
novella che stava malamente stuprando, senza prendersela a male (ma anzi, quasi ridendoci
su).
- L'importanza del motto: il motto serve a riferire un messaggio in maniera giocata,
giocando su un piano di traslati e metafore che prevedono che i due motteggianti
siano di pari intelligenza.
L'atto di motteggiare qualcun altro implica necessariamente un riconoscimento
dell'intelligenza del motteggiato, il quale viene ritenuto in grado di comprendere il
senso della nostra battuta senza offendersi. Solo di due persone di pari intelligenza
possono motteggiarsi senza offendersi!
Anche l'usanza dei motti è un'usanza tipicamente cortese…
- Come recitare una novella: per essere un buon novelliere non basta ricordarsi il testo
di una novella. Bisogna avere un certo portamento, un certo contegno, bisogna saper
dare alla novella la giusta intonazione, cogliendo le minute sfumature della psicologia
dei vari personaggi. Altrimenti il nostro non è "recitare", ma "cantilenare", e invece di
allietare si annoia… raccontare novelle è un vero e proprio atto teatrale.
Un esempio di buon novellatore è il narratore Dioneo, a cui spetta l’onore di recitare
sempre l’ultima novella della giornata, oltre che la possibilità di non rispettare il tema.
Dioneo è un personaggio un po’ particolare - è forse l’allegoria del caos naturale del
mondo, dell’imprevedibilità della realtà… un personaggio con il suo fascino, senza
dubbio.
Se Boccaccio sottolinea l’importanza dell’aspetto recitativo della novella significa che
si trattava di un genere letterario in larga parte diffuso oralmente. Del resto, Boccaccio
stesso doveva avere notevoli doti oratorie, visto e considerato il novero di incarichi
diplomatici che gli furono affidati.
L’insistenza sulla buona recitazione è importante anche perchè ci dice che non
importa se la novella è molto famosa e quindi già conosciuta da tutti o quasi. E’
comunque bello sentirla nuovamente, per l’ennesima volta, perchè ogni narratore
(almeno in una ideale teoria) dovrebbe essere in grado di raccontarla in modo
originale e personale, sottolineando aspetti ogni volta diversi. Così facendo, di una
stessa novella finiscono per esistere più versioni, ciascuna propria di un particolare
narratore.
La novella di Alibech che divien romita: leggendo una simile novella si capisce come mai si
parla di “boccaccesco”. E’ la decima novella della terza giornata (quella a tema
astuzia/industria). La storia è ambientata in nord Africa, dove ci sono alcune comunità
cristiana. Alibech è una ragazzina (molto carina e “gentilesca”) che, pur non essendo
cristiana, si interessa al cristianesimo perchè sente i cristiani parlare tanto bene di quanto sia
bello “servire Dio”. Volendo anche lei iniziare a servire Dio Alibech inizia ad informarsi e
molti le indicano i deserti della Tebaide, dove risiedevano molti eremiti anacoreti.
Alibech dunque si reca presso questi eremiti, chiedendo a ciascuno di loro che la istruisse e le
insegnasse a servire Dio. Tutti questi però la mandano via, perchè è una ragazzina giovane,
ingenua e molto carina, e dunque la tentazione delle tentazioni. Nessun eremita vuole
mettersela in casa!
Tutti tranne un certo Rustico, un eremita giovane che vuole accettare questa “sfida” che la
tentazione gli lancia accogliendo Alibech in casa e iniziando ad istruirla. Tuttavia Rustico ha
modo di realizzare che ha di gran lunga sopravvalutato la sua fermezza d’animo, perchè la
sua resistenza alla tentazione dura la bellezza di due righe e mezzo prima che egli si dia per
vinto ed inizi a pensare a un modo sedurre e fare le cose sozze con Alibech. Fortunatamente
(per modo di dire) Alibech è una ragazza piuttosto ingenua e semplice, tanto che non conosce
nè la propria anatomia nè quella maschile… il che rende piuttosto facile abbindolarla.
Rustico procede a spiegarle che il miglior servigio che si può rendere a Dio è rimettere il
diavolo nell’inferno, ed essendo Alibech interessata proprio a servire Dio, è naturale che gli
chieda come si faccia. Rustico allora le dice che lui ha il diavolo che lo tormenta, e lei
l’inferno dove esso andrebbe rimesso. E le spiegazioni non finiscono qui, dal momento che
poco dopo Rustico ha addirittura occasione di parlarle della “resurrezione della carne”.
Alibech si dimostra molto meravigliata vedendo una certa cosina “pignere in fuori”, dal
momento che lei non ne ha una uguale. Rustico le spiega gentilmente che quello altro non è
che il diavolo che aspetta di venire rimesso nell’inferno!
E dunque iniziano le pratiche di preghiera un po’ poco ortodosse. Alibech non sa cosa stia
veramente succedendo, quindi non sa che quello che sta facendo sarebbe cosa
“peccaminosa”, almeno secondo l’opinione comune. Dunque ha una reazione del tutto
spontanea e aliena da preconcetti, che la fa esclamare che servire Dio è veramente una dolce
cosa, come dicevano i cristiani che aveva sentito! Alibech dice candidamente che le piace
l’atto sessuale, con una sincerità veramente ingenua.
Servire Dio è talmente tanto bello che più volte Alibech fa pressione su Rustico dicendogli
che lei è andata da lui per servire Dio, non per stare in ozio, quindi meglio che si rimettano
subito al lavoro!
Rustico dopo un po’ inizia a pentirsi di quello che ha fatto, dal momento che Alibech è una
vera e propria ninfomane e quindi gli chiede letteralmente di scopare in continuazione. Tanto
che a un certo punto, pur di avere un attimo di tregua, Rustico le dice che il diavolo è stato
sistemato a dovere tanto da pregare Dio di starsene calmo… però non ha fatto i conti con
l’Inferno di lei, che continua a tormentarla!

La novella si conclude con la narrazione di un incendio che, avendo ucciso tutta la famiglia di
Alibech, la rende l’unica erede della loro fortuna, tanto che il facoltoso giovane Neerbale la
va a cercare per sposarla. Peccato però che Alibech se ne offenda grandemente, perchè lei
voleva continuare a pregare e a servire Dio. Di fronte a tale pietà e religiosità la gente non
può fare a meno di domandarle cosa facesse per pregare, e udendo le storie che la ragazza ha
da raccontare, si limitano a ridere sotto i baffi e a dirle che non deve preoccuparsi, perchè
anche con Neerbale avrà modo di servire Dio quanto le parrà.

- Lo stile e l’uso della lingua: c’è un problema evidente. Boccaccio vuol parlare di
sesso, un aspetto centrale dell’esistenza umana, ma come? Nel medioevo non era
esattamente normalizzato come adesso. La soluzione di Boccaccio è quella di parlare
di cose “scomode” usando traslati e doppi sensi per indicare qualcosa di preciso. A
una prima lettura superficiale, il testo sarebbe apparsi completamente innocente, ma
per un lettore attento (o che ha già familiarità con il sesso) il vero senso di certe
espressioni (tipo “resurrezione della carna”) appare chiaro…
Il narratore (in questo caso Dioneo) usa la raffinatezza di una metafora continuata per
esprimere vari concetti.
Questo testo diviene presto modello per i canti carnascialeschi, testi che descrivono
una situazione “allegorica” nei minimi dettagli, lasciando intendere che c’è un doppio
senso dietro…
Boccaccio insiste sul sesso per eliminare la presunzione che il sesso sia eliminabile
dalla vita degli uomini. Il fatto che Alibech sia una ragazza assolutamente pura e
ignorante gli permette di studiare la vera reazione di un essere umano che sperimenta i
rapporti per la prima volta. Ovviamente è una reazione positiva, di piacere… l’esatto
contrario di quello che il medioevo continuava a professare con le pratiche di
ascetismo, purezza e mortificazione della carne quasi ossessiva.

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