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LINGUE SLAVE E BALCANICHE

Krapova

LEZIONE 1

• Nell’area balcanica si osserva un fenomeno di convergenza delle lingue


• Le lingue slave sono parlate nella maggior parte dell’Europa centrale e in gran parte
dell’Europa orientale; la lingua con più parlanti nativi è il russo, per via dell’espansione del
territorio: dalla patria degli slavi (in Europa) la lingua russa si è estesa verso l’Asia
settentrionale; il russo è importante dal punto di vista politico; la sua l’importanza è
cresciuta soprattutto dal 1989
• Ceco, polacco, slovacco: lingue situate in Europa centrale
• Area a sud del Danubio: nota come slavo-balcanica (serbo-croato, macedone, bulgaro più
alcune lingue non slave); questa zona è sempre stata molto turbolenta (esempio: guerra tra
serbi e croati negli anni novanta)
• Le lingue slave formano un gruppo omogeneo all’interno della famiglia indo-europea;
rappresentano un’unità genetica, in quanto tutte discendenti da un antenato linguistico comune,
cioè il protoslavo, le cui caratteristiche possono essere ricostruite attraverso la comparazione
delle lingue moderne con le fasi antiche delle stesse, alcune ben documentate
• Le prime notizie sugli slavi risalgo al VI-VII secolo d.C, quando essi cominciarono a
espandersi in direzioni diverse partendo da una zona nell’Europa orientale, considerata dagli
studiosi l’antica patria degli slavi
• Cirillo e Metodio: nel IX secolo, due fratelli, detti gli evangelizzatori, intraprendono una
missione nelle terre slave: creano un alfabeto da utilizzare nelle pratiche religiose; zona: da
Bisanzio, passando per l’impero bulgaro, verso la Moravia (una zona dell’odierna Repubblica
Ceca); presumevano che gli slavi di quell’epoca parlassero una lingua unitaria e speravano che
il loro alfabeto sarebbe stato utilizzato da tutti gli slavi; nel IX secolo lo slavo era un idioma più
o meno unitario: esistevano diversi dialetti che però erano inter-comprensibili; il protoslavo
non aveva una propria scrittura, così l’opera dei fratelli è di grande importanza
• Dal IX secolo in poi, con le diverse espansioni (verso est, ovest e sud), i dialetti slavi
cominciano ad allontanarsi: periodo della frantumazione dell’unità slava (dovuta a migrazioni
volte alla
ricerca di nuovi territori di espansione a causa dell’aumento demografico)
• Sembra che le lingue slave siano tutte collocate molto vicine, ma non è così; tante delle
lingue visibili non sono slave (rumeno, ungherese, tedesco...: esse dividono le lingue slave in
area del nord e area del sud); nord: ceco, slovacco e polacco, russo, bielorusso e ucraino;
sud: sloveno, serbo-croato, macedone, bulgaro; questa differenziazione
comincia nel IX secolo quando l’unità slava viene
rotta dalla penetrazione magiara, che divide il nord
dal sud
• Identificatori geografici per l’unità territoriale: al nord
(polacco) le lingue slave arrivano fino al Mar Baltico, a
sud al Mar Bianco (cioè l’Egeo) e al Mar Nero, ad ovest
Mar Adriatico e all’est Mar Caspio, fino all’oceano
Pacifico; grandi fiumi: in Polonia l’Oder e la Vistola;
Dnepr, Dnestr e Danubio
• Una grande parte dei parlanti si trova al di fuori di
questo territorio, soprattutto in USA, Australia e Nuova
Zelanda
• Migrazioni: frecce verso est, ovest e sud: tra IV e VI
secolo c’è il periodo delle invasioni barbariche (unni,
magiari, tedeschi, ungari); a causa di questa migrazioni,
si sono formati tre diversi gruppi o rami della lingua
slava: tripartizione delle lingue slave
• Bielorusso: molto vicino al russo, pochi milioni di
parlanti; russo bianco

1
• Mescolanza tra ucraino e russo: сюржик
• Ruteno: lingua di confine tra Slovacchia,
Ucraina, Polonia e Ungheria; lingua
slava fortemente influenzata
dall’ungherese
• Casciubo: dialetto o lingua molto vicina
al polacco
• Slovinzio e polabo (lungo l’Elba): due
lingue estinte
• Territorio ceco-slovacco: un continuum
di dialetti
• Lingue sorabi: parlate in Germania, il gruppo
etnico è quello dei serbi; fortemente influenzate
dal tedesco
• Sloveno: fortemente influenzato dal tedesco anche se la popolazione non lo ammette
• B/C/S: bosniaco, croato, serbo; verrà messa anche una M in mezzo per il montenegrino, che
è ancora considerato un dialetto
• Lo slavo ecclesiastico è importante per poter ricostruire le antiche lingue slave; c’è chi parla di
paleoslavo o antico slavo, ma è meglio slavo ecclesiastico: si tratta della lingua dei testi
liturgici di prima mano di Cirillo e Metodio, giunti fino a noi attraverso copie più recenti (X-XI
secolo)
• Un importante influsso alla creazione delle lingue indipendenti è dovuto alla formazione dei
singoli Stati, che si possono identificare già dal X secolo; a partire dal 1600 le lingue slave
entrano a far parte dei tre grandi imperi: austroungarico, russo, ottomano (zona balcanica:
Bosnia, Serbia, Bulgaria e Macedonia); questi imperi hanno lasciato una forte impronta
storica, politica e linguistica
• Ottocento e Novecento: secoli importanti per tutta l’area slava per via dei movimenti
indipendentisti, che cercano di staccare il paese dall’impero (favorendo le condizioni per la
creazione di uno stato indipendente) ma anche di associare lo stato alla propria lingua
(principio secondo cui ogni stato ha la propria lingua)
• Alla fine di questo lungo processo storico, dopo la Prima Guerra Mondiale nascono nuovi
paesi (Polonia, Cecoslovacchia, Slovenia); l’indipendenza nell’area balcanica è arrivata un po’
dopo: con le guerre balcaniche, che cercano di liberare la Macedonia, rimasta l’unica sotto
l’impero ottomano (Bulgaria e Serbia già libere dopo la prima guerra balcanica)
• La Seconda Guerra Mondiale porta la dominazione
dell’URSS e del russo: le lingue slovacco, ceco,
polacco, sloveno, serbo, croato, macedone,
bulgaro vengono fortemente influenzate dal
russo, perché questa lingua diventa quella di
maggior prestigio; il russo si trasforma in una
lingua franca, ovvero mezzo di comunicazione fra
tutti questi paesi
• Metafora del tronco: tagliato sia verticalmente
che orizzontalmente; nel primo caso vediamo
tutte le venature (evoluzione nel tempo), mentre
nel secondo la sincronia; Saussure dà prevalenza
al metodo sincronico e tuttora prevale questa
visione, perché l’altro approccio (storico-
comparativo) è in evoluzione continua;
quest’ultimo ha l’obbiettivo di tornare indietro nel
tempo fino al momento in cui si possa ricostruire
la lingua madre da cui derivano tutte le altre

LEZIONE 2

• Metodo sincronico (o tipologico): si congela la lingua in un determinato momento storico e


si osserva come gli elementi che appartengono al sistema linguistico sono associati e collegati
l’uno con l’altro; A e B possono essere due vocali, per esempio
• Mette più lingue a confronto ma a prescindere
dal legame genetico che queste hanno tra loro;
si possono comunque studiare con questo
metodo anche lingue geneticamente collegate;
obiettivo:
partendo da alcune regolarità, questo metodo vuole
stabilire somiglianze e differenze tra le lingue
analizzate; in alcuni casi le somiglianze possono
essere ricondotte a uno stato più antico delle lingue,
ma non è l’obiettivo dello studio; Saussure sostiene
che questo sia l’unico metodo per studiare
correttamente una lingua, cioè congelandola in un
determinato tempo
• Metodo diacronico (o storico comparativo): prendendo la sezione verticale,
possiamo osservare come le vocali A e B (o qualsiasi altro
elemento) cambiano nel tempo; i filoni colorati
mostrano la direzione dello sviluppo del singolo
elemento, mentre l’asse che vediamo a fianco è il
tempo
• Vocale “e” del serbo-croato; oggi ce n’è solo una,
ma in passato ce n’erano 3, perché esistevano anche
quella nasale e un’altra molto aperta; queste tre
vocali sono confluite nell’unica vocale “e” odierna
• Ragionamento scorretto: parola “dono” sempre
monosillabica nelle lingue moderne, allora è lo
stesso nel protoslavo; nello slavo ecclesiastico la
parola è bisillabica; perciò dal protoslavo allo slavo
moderno si è persa la “r” lunga finale
• Il metodo storico-comparativo è stato l’approccio
principale della linguistica generale dell’Ottocento: ha prodotto numerosi risultati per quanto
riguarda la storia delle lingue indo-europee; le ricerche si svolgevano principalmente in
Germania (scuola dei neogrammatici); l’oggetto del metodo sono le lingue geneticamente
collegate fra di loro, con l’obiettivo di ricostruire la lingua madre (lingua di base, protolingua)
dalla quale si può stabilire che tutte le lingue siano discese
• Ricostruire la protolingua è un compito molto arduo, perché il linguista non dispone di
solito né di documenti scritti né di registrazioni audio o video (migliaia di anni prima di
Cristo); ciò riguarda sia l’indoeuropeo comune sia il protoslavo comune (lingua origine di
tutte le lingue slave); all’epoca non esisteva la lingua scritta (Cirillo e Metodio arrivano ben
dopo)
• Per la ricostruzione non si dispone di nessun materiale, perciò si possono fare soltanto delle
ipotesi sulla lingua; ormai si è scoperto abbastanza della struttura fonetica e morfologica della
protolingua, ma non si possono verificare le ipotesi sulla sintassi per via della mancanza di
testi
• Metodo storico-comparativo: si parte dalle lingue
moderne; prendo la parola “buco” e noto che ha la
stessa forma in tutte le lingue slave (vi sono solo
differenze ortografiche, non fonetiche); nelle fasi
antiche di queste lingue (guardando i testi) si nota
che c’era sempre questa parola; se ne deduce che
la parola nel protoslavo che significava buco era
quella, cioè *jama; asterisco = parola ricostruita
• Si prende in considerazione non solo la forma delle
parole ma anche le leggi fonetiche storiche che
possono aver cambiato queste forme; ci sono così
due tipi di prove: la forma e come questa è
cambiata nel tempo
• Slavo ecclesiastico: noto anche come Old Church Slavonic; è la lingua che si è preservata in
pochi manoscritti e qualche iscrizione provenienti dalle regioni dell’impero moravo (situato fra il
fiume Vistola, il confine orientale più estremo dell’impero di Carlo Magno e l’impero bulgaro); si
riferisce al IX secolo e riguarda i manoscritti e i prodotti liturgici creati direttamente dalla mano di
Cirillo e Metodio o dai loro discepoli
• Carlo Veridiani, filologo slavo: l’antico slavo si deve distinguere dallo slavo ecclesiastico
perché corrisponde alla fase meno antica (più recente) documentata da testi, nei quali
compaiono innovazioni sempre più frequenti; slavo ecclesiastico: testi sacri IX secolo; antico
slavo: dal XI secolo in poi, quindi più tardi rispetto allo slavo ecclesiastico; lo slavo
ecclesiastico è molto importante per la ricostruzione del protoslavo
• Per lessico comune si intendono quelle parole che si riferiscono alla vita quotidiana e alla
società; si tratta dello strato lessicale più antico che si è mantenuto in tutte le lingue, perciò si
può supporre che fosse uguale anche nel protoslavo
• La maggior parte delle differenze fra i tre gruppi delle lingue slave ha una spiegazione
storica: sono avvenute con l’allontanamento degli slavi dalla loro patria comune, situata
nell’Europa orientale, quindi dal VI, VII secolo fino al IX, X secolo; dopo, è possibile distinguere
chiaramente le lingue slave orientali da quelle occidentali; la divisione tra nord e sud è
avvenuta nel IX secolo, quando le tribù mangiare si sono infilate nel centro Europa (cuneo dei
magiari)
• Una differenza fonetica riguarda i risultati della metatesi liquida (come sono cambiate le
combinazioni nel protoslavo per quanto riguarda la combinazione -or/-ol; metatesi =
mutamento fonetico tra due suoni che cambiano posto; liquida perché interessa i suoni liquidi “r”
ed “l”); la metatesi liquida è stata usata come criterio fondamentale per dividere la famiglia
slava, perché questa combinazione viene resa in modo
diverso nei tre gruppi
• Meridionali: la vocale stessa cambia qualità, “o”
diventa “a”: scambio del posto e della vocale
• Orientali: invece di cambiare la qualità, cambia
la quantità: si aggiunge un’altra vocale dello
stesso tipo dopo il gruppo: olo/oro; fenomeno
chiamato pleofonia
• Occidentali: differenze molto più varie rispetto
agli altri gruppi; polacco e sorabo “o”, ma
ceco e slovacco “a”; questo fatto è
significativo: molto probabilmente il ceco e
soprattutto lo slovacco facevano parte del
gruppo meridionale prima del cuneo magiaro
• Fino al VI / VII secolo nessuno si interessava
ai dialetti slavi, nemmeno Bisanzio (ci sono
pochi studi anche oggi)
• Vocali nasali: vecchie vocali che non si sono
mantenute ma che hanno subito dei
cambiamenti qualitativi; il protoslavo e anche lo
slavo ecclesiastico avevano le vocali nasali;
dal XI secolo cominciano a scomparire:
• Più marcata è la scomparsa nello
slavo orientale; “y” è l’esito in russo
della nasale; “я” è il risultato
dell’altra nasale
• Nel gruppo occidentale c’è molta
varietà; il polacco è l’unica lingua
slava moderna che ha mantenuto
le vocali nasali: ce ne sono due
• Le lingue del gruppo meridionale
hanno perso il nasalismo, ma
mostrano molte diversità tra di loro
(non particolarmente importante)
• In generale si può dire che il gruppo
meridionale sia disomogeneo, quello orientale
omogeneo e quello occidentale abbastanza
omogeneo
• Le lingue balcanizzate hanno una struttura
diversa rispetto al resto delle lingue slave; lo
salvo meridionale è suddiviso in due rami:
• Ramo occidentale (sloveno, serbo,
croato, bosniaco) nei Balcani
occidentali
• Ramo orientale (macedone,
bulgaro) nei Balcani centrali
• Le differenze sono così grandi che
i primi studiosi non volevano
includere il bulgaro e il macedone
nel gruppo delle lingue slave
• Si distinguono nella fonologia, nella quantità
vocalica, nella prosodia, nel tipo di accento, nel numero dei casi, negli articoli, tempi verbali
• L’italiano e l’inglese sono lingue analitiche: esprimono i tratti grammaticali attraverso ausiliari,
particelle, preposizioni e altri mezzi indipendenti; quasi tutte le lingue slave sono lingue
sintetiche: esprimono i diversi tratti grammaticali attraverso la morfologia, desinenze o altri
elementi della forma
• Il bulgaro e il macedone, da lingue sintetiche (come si evince dal bulgaro antico e dallo
slavo ecclesiastico), dal XII secolo hanno sviluppato tendenze di analitismo essendo entrate
in contatto con lingue di diversa provenienza
• Quantità vocalica e prosodia: il
protoslavo era una lingua di sistema
fonologico e prosodia molto complessi,
perché le vocali, così come sono state
ricostruite, si differenziavano in lunghe e
brevi; questa lingua possedeva la
quantità vocalica come valore distintivo
(due parole uguali si potevano
distinguere a livello semantico attraverso
la lunghezza della vocale; così erano il
latino e le antiche lingue indoeuropee);
prosodia: il tono musicale con cui si
pronuncia una vocale (ascendente,
discendente) ha valore distintivo
• Le uniche lingue del meridione che oggi
distinguono la quantità vocalica sono
del
ramo occidentale (serbo e sloveno): bulgaro e macedone l’hanno perso
• Tutte le lingue slave hanno accento e non tono,
che com’era nel protoslavo è libero e mobile (in
alcune lingue)
• Tratti comuni fra le lingue slave: si può parlare di
tratti comuni sia fra tutte le lingue, sia tra le lingue
di un gruppo o più gruppi; vengono spiegati tramite
la supposizione di una lingua comune (cioè tramite
storicità), come elementi ereditati dal protoslavo;
nella fonologia i tratti comuni si possono osservare
sia in maniera diretta sia in maniera indiretta
• Palatalizzazioni: ciò che distingue le lingue slave
dalle altre lingue europee è il grande numero di
palatalizzazioni (ogni lettera dura ha una
corrispondente molle); la palatalità è un tratto
distintivo; alcuni di questi fonemi duri e molli si sono
mantenuti nelle lingue (il russo li ha entrambi)
LEZIONE 3

LINGUE SLAVE ORIENTALI

• IL RUSSO
• È la lingua ufficiale di 38 paesi, regioni autonome, stati autonomi e altre regioni
• Ha 180 milioni di parlanti madre, 120 milioni come seconda lingua; la maggior parte dei
madrelingua si trova nella Federazione Russa: nel 2010 in questo paese sono stati registrati
146 milioni di madrelingua, poi Ucraina, Kazakistan, Uzbekistan, Kyrgyzstan e Bielorussia; ciò
è dovuto al periodo dell’Unione sovietica, quando il russo è stato imposto come prima o
seconda lingua ufficiale di ogni stato facente parte dell’Unione; anche in numerose regioni
autonome (come la Crimea, Donetsk, Odessa) c’è una popolazione molto ampia di
madrelingua russi, così come in Moldavia
• Ci sono molte lingue non indoeuropee (turche, caucasiche ecc, come il tartaro, baschiro) che
sono confinanti con il russo e che nel periodo sovietico hanno subito la sua influenza, per via
del prestigio della lingua russa
• La lingua russa letteraria si basa su diversi tratti dialettali: il dialetto di Mosca è stato
prevalente, però non è l’unico ad aver avuto influenza; alla formazione hanno partecipato anche
i dialetti settentrionali e meridionali; detta anche lingua standard, è un compromesso fra la
lingua degli scritti più elevati (letterari, accademici, burocratici) e i dialetti
• Fino ai primi decenni del XX secolo (rivoluzione) la lingua standard era patrimonio della nobiltà
(интеллигенция / intelligencija nobiliare); poi la situazione è cambiata bruscamente perché la
rivoluzione ha portato una democratizzazione della lingua letteraria, che è diventata
quindi possesso dei parlanti non appartenenti all’intelligencija; operai e contadini si sono
impadroniti della norma letteraria rompendola con le loro particolarità linguistiche (grazie alla
scuola, alla stampa dei libri...)
• Per contrastare questo processo di corruzione della lingua, avviene un irrigidimento dei codici
linguistici e delle norme, con diverse riforme che interessano la pronuncia fonetica, sempre
più modellata sulla grafia della parola (avvicinamento della pronuncia all’ortografia), e la
creazione di uno stile burocratico chiamato “burocratese”, che fissa alcune costruzioni
provenienti dalla lingua scritta come parte anche della lingua parlata (costruzioni un po’
artificiali)
• Anche oggi è difficile fare una netta divisione tra coloro che usano la lingua standard e quelli
che usano la varietà sub-standard; diversi strati della popolazione conoscono la lingua standard
e la usano in occasioni ufficiali, ma parlano un dialetto nella loro quotidianità; a volte lingua
standard e dialetto si mescolano
• Rapporto fra lingua standard e dialetti: fino agli anni 20 c’è un grande interesse per i
dialetti, che sono visti come fonte di arricchimento della lingua letteraria, poi i cambiamenti
molto radicali che hanno annientato la classe dei contadini (resi operai) portano alla
scomparsa di diversi dialetti; interi villaggi vengono annientati per via di questa migrazione, e
l’interesse per il dialetto viene meno (perché considerato come un idioma di poca qualità e
di nessun prestigio sociale)
• I dialetti del russo sono intercomprensibili, non dimostrano grandi differenze; invece, per
esempio, i dialetti austriaci sono molto diversi dal tedesco ufficiale, così come accade in
Italia, e non sono intercomprensibili; i dialetti russi si dividono in tre gruppi:
• Settentrionali: Lomonosov è stato il primo a interessarsene
• Meridionali: a sud di Mosca, che divide il nord dialettale dal sud
• Alcuni sostengono ci sia una terza fascia, quella centrale, accanto a Mosca
• I dialetti che più si distinguono sono soprattutto quelli parlati lungo la Volga, per via della
pronuncia chiamata okan’e / оканье: la pronuncia della “o” atona non viene ridotta ad “a”; i
dialetti meridionali si distinguono dai settentrionali per la spirantizzazione della “t” (si legge
come “č”) e della “g” in “ch” (x), ma in alcuni dialetti questo avviene solo in delle posizioni
specifiche
• Sono state trovate delle iscrizioni a Novgorod di un dialetto molto antico, forse addirittura
antecedente allo slavo ecclesiastico, in cui c’è ambivalenza tra le consonanti “ts” / ц e “č” / ч;
questo fenomeno è chiamato cokan’e/č e цоканье/ч; per esempio le varianti della parola
“airone” чапля/ц vengono mescolate; secondo alcuni ciò è dovuto all’influenza ugrofinnica:
lingue come il finlandese non distinguono questi suoni; mancata palatalizzazione di к г х
• Come tutte le lingue orientali il russo deriva dal protoslavo; la prima fase (fase antica) della
formazione del russo, ma anche la fase media, risentono dell’influsso dello salvo
ecclesiastico, che ha lasciato molte tracce nel lessico, nell’alfabeto e nella struttura
morfologica; l’alfabeto cirillico è quello di Cirillo e Metodio, sebbene abbia subito delle
modifiche
• Nell’antica Rus’ di Kiev e anche in quella moscovita c’era una specie di diglossia, una
situazione linguistica che si caratterizza dell’uso gerarchico di due lingue, tutte e due parlate
simultaneamente; una di queste due lingue è riconosciuta come quella di prestigio, di
livello alto, mentre la seconda è usata per scopi non ufficiali (cioè il russo antico); lo
slavo ecclesiastico era la lingua di prestigio: usata soprattutto negli ambienti liturgici, viene
scelta
come lingua ufficiale dal principe Vladimir il Grande quando egli adotta il cristianesimo nel
988
• La maggioranza della popolazione russa dell’epoca è analfabeta e parla una lingua
colloquiale chiamata russo antico; si osserva una graduale compenetrazione fra questa e lo
slavo ecclesiastico: il russo antico comincia a prendere alcune parole e forme dallo slavo
ecclesiastico, mentre questo rimane immutato; tuttavia persone che scrivono in slavo
ecclesiastico cominciano a mischiare alcune parole della lingua antica russa; ciò è visibile
nella corrispondenza epistolare di Ivan IV, che usa molti termini popolari
• Col tempo la diglossia si trasforma in bilinguismo: un numero sempre maggiore di russi
impara lo salvo ecclesiastico e così comincia un mutuo arricchimento; diverse vocali e
consonanti esistenti nello slavo ecclesiastico (vocali nasali ecc) non si trovano più nel russo

• L’UCRAINO
• Lingua ufficiale
dell’Ucraina, ma gran
parte dei cittadini parla
e capisce anche il russo
per ragioni storiche,
infatti nel periodo
sovietico lo studio del
russo era obbligatorio;
mentre tanti ucraini
sanno e usano il russo, è difficile che i russi sappiano l’ucraino
• 35-40 milioni di parlanti, di cui 23 in Ucraina, ma anche in Kazakistan, Moldavia,
Polonia, Romania, Lituania e Croazia
• Appartiene al gruppo slavo orientale, è molto vicino al russo (ma non quanto il bielorusso),
con cui ha una grande percentuale di lessico comune; l’intero territorio russo, bielorusso e
ucraino è un continuum dialettale in cui si passa da una variante all’altra (non ci sono confini
precisi)
• Storia:
• Prima dell’Unione sovietica l’Ucraina era il cuore della civiltà russa (Kiev capitale) e tutti
coloro che appartenevano allo stato russo parlavano russo antico, che presentava
delle diversità dialettali, ma non c’erano differenziazioni chiare: in realtà esisteva solo
l’antico russo
• Poi alcune regioni vengono conquistate dai mongoli; nel XIV secolo il regno polacco e la
principalità lituana occupano le terre della Rus’ di Kiev separandole in due: da quel
momento fino al XVII secolo (quando l’Ucraina si riunisce alla Russia) Ucraina e Russia
si sviluppano separatamente; avvengono molte differenziazioni linguistiche, l’ucraino
sotto l’influenza polacca e lituana cambia abbastanza
• La lingua letteraria di oggi (Ucraina) si è
sviluppata sulla base della lingua
colloquiale (diventata antico ucraino, di
grande prestigio durante il periodo lituano,
quasi sostituisce lo slavo ecclesiastico) e non
sulla base dello slavo ecclesiastico, ed è per
questo che l’ucraino è più lontano dal russo
rispetto al bielorusso
• La situazione socio linguistica dell’Ucraina
è molto complicata: il paese è diviso a
metà dal punto di vista linguistico; la linea
di confine per le due correnti è il fiume
Dnepr; le due parti sono distinte
linguisticamente,
politicamente e religiosamente:
• Politica: l’est è orientato verso la politica russa e tende a riunirsi con questo
paese, mentre la parte a ovest è più orientata verso il progetto politico europeo e
vorrebbe entrarvi
• Religione: l’est è ortodosso (fa capo a Mosca), mentre l'ovest pratica la religione
uniate (misto tra cattolicesimo e ortodossia con rito cattolico ma dottrina ortodossa),
e fa capo a Roma
• Lingue: l’est riconosce il russo come lingua madre, l’ovest l’ucraino; l’ovest è più
nazionalista
• Negli anni ’90 il 75%
della popolazione era
madrelingua Ucraina,
mentre negli anni
2000 solo il 55%; i
giovani
che crescono con le politiche nazionaliste però prediligono l’ucraino
• L’ucraino usa il
cirillico sostituendo
alcune vocali, come la
“i”; c’è anche la ï;
netta predominanza
della vocale “i” che ha
sostituito molte altre
vocali e corrisponde
spesso a “o” in russo:
соль / сiль
• Nel lessico mancano le
parole dotte dello slavo ecclesiastico (le due varianti russe), non ci sono doppioni
• È molto melodico; probabilmente è stato influenzato dal polacco per l’intonazione, e anche
il lessico ha subito una forte influenza polacca; ci sono sette casi come in polacco, e la
formazione del futuro ha il polacco come modello; si usa sia будут читать, sia forma
contratta unitaria

• SURZHYK
• In ucraino significa farina o cereali misti; indica un
linguaggio misto, un dialetto utilizzato da un quarto
della popolazione, mescolanza tra russo e ucraino:
vocabolario russo con pronuncia e grammatica
ucraina
• È distribuito nella parte centrale e settentrionale
dell’Ucraina; più si va ad ovest meno risulta
presente questo fenomeno, così come ad est
• Alcuni cercano di identificarlo in termini di diglossia
(compresenza di due lingue); la diglossia è la
differenziazione funzionale di due lingue (cioè esse
svolgono funzioni diverse) in una varietà alta (ucraino)
e una bassa (surzhyk); alcuni la riconoscono come
lingua madre
• Altri invece identificano questo fenomeno come bilinguismo; i parlanti scelgono una
lingua (russo, ucraino) piuttosto che l’altra (surzhyk) a seconda del contesto, ma in realtà
avviene il contrario
• La terza interpretazione vede il surzhyk come lingua più facile, come semplificazione sia del
russo che dell’ucraino; semplificazione classificata come creolizzazione, fenomeno di
ibridazione fa lingue, culture e gruppi etnici diversi (fra lingua del colonialismo e quella indigena
della popolazione conquista); ma non è vero perché sono lingue a pieno sistema

• BIELORUSSO (del Bielorusso non abbiamo mai parlato in modo specifico; riporto qui le slide
riguardanti questo argomento)
• Ha 8 milioni di parlanti
LEZIONE 4

• RUTENO
• Chiamato anche
russino, è parlato in
Europa centro-
orientale, in quattro
regioni: la regione
transcarpaziana
dell’Ucraina, la
Repubblica autonoma
di Voivodina, la regione
Prešov della Slovacchia
e nella Polonia sud-
orientale; il totale dei
parlanti è 620.000 (la maggior parte si trova nella prima regione); a causa di questa divisione
la lingua iniziale ha avuto un diverso sviluppo in ciascuna delle regioni; è vicina all’ucraino,
ma gli ucraini non volevano riconoscerla come lingua con una propria identità, perciò la
chiamavano ucraino transcarpaziano; i russi facevano la stessa cosa chiamandola russo
transcarpaziano
• Ciò che la unisce alle altre lingue slave orientali è l’uso dell’alfabeto cirillico (i parlanti ruteni
della Slovacchia e della Polonia convivono con lingue di alfabeto latino); nella regione serba
il ruteno usa l’alfabeto latino, e la lingua è stata riconosciuta come lingua ufficiale di
questa regione autonoma
• In Polonia il ruteno è chiamato lemko o lemko-russino, mentre in Serbia la variante è nota come
pannonico, essendo la regione il centro della Pannonia
• Le testimonianze letterarie risalgono alla fine del XVII secolo, grazie alla riforma protestante che
si diffonde nel cuore d’Europa: i parlanti ruteni diventano protestanti, mentre i ruteni che sono
emigrati verso la Serbia sono di rito uniate, quindi più vicini agli ucraini
• Il ruteno (detto anche russino) veniva usato in ambito religioso: è una lingua ben
documentata grazie alle traduzioni bibliche e liturgiche; la sua preservazione è dovuta al
fatto che alla fine del XVIII secolo i ruteni entrano a far parte dell’Impero austriaco (modello
multi etnico e multi linguistico): l’educazione laica legata all’insegnamento del ruteno a
scuola ha aiutato la preservazione della lingua
• Con la caduta dell’Impero austroungarico nel 1919 la popolazione rutena si trova divisa in più
zone: fino al ‘44 la questione linguistica viene affrontata differentemente a seconda della zona e
della politica governativa dello Stato; il russino viene insegnato nella prima metà del
novecento e prima della Seconda Guerra Mondiale anche all’università: in Ungheria, a
Bucarest, c’era una cattedra di lingua e letteratura russina; nel ‘44 le truppe sovietiche
liberano la zona sub- carpatica e nel giugno ‘45 la Cecoslovacchia cede quest’area all’Unione
Sovietica, così la zona
russina diventa parte dell’Ucraina (regione transcarpaziana); viene proibito l’uso della lingua
russina, considerata lingua di minor prestigio
• Quasi la stessa sorte ha il russino in Slovacchia e in Polonia, dove però non ha mai conquistato
lo statuto di una lingua ufficiale ed è rimasta minoritaria

LINGUE SLAVE OCCIDENTALI

• Parlate da 54 milioni di
persone; Polonia, Repubblica
Ceca, Slovacchia e Germania
• Le lingue sono:
• Lechitiche: polacco,
casciubo, polabo
• Ceco-slovacche:
ceco, slovacco
• Sorabe: chiamate
anche lusaziane,
parlate in Germania
nella regione della
Lusazia
• Nel VII secolo queste lingue hanno intrapreso una via di sviluppo diversa dal gruppo orientale
e meridionale; è un gruppo che si distingue molto dagli altri due; la differenziazione dello
slavo occidentale avviene a partire dal VIII, IX, X secolo, non si può calcolare bene la datazione
perché prima del IX secolo non ci sono documenti scritti; inizialmente la lingua slava
occidentale si divide in due sottogruppi: lechitico e sorabo (prima differenziazione dialettale); il
terzo gruppo (ceco-slovacco) si distingue più tardi, forse al IX o al X secolo
• Queste lingue sono imparentate tra loro perché condividono diversi tratti del sistema fonetico
• Trasformazione del gruppo consonantico del protoslavo ti/dj in ts (dz)
• Il gruppo kv/gv
si mantiene in
tutta la zona
occidentale
• Palatalizzazione
della velare “h”
• Tendenza verso
l’accento fisso
• La prosodia
arcaica non si è
mantenuta, il tono protoslavo è diventato accento

• POLACCO
• Parlato da 44 milioni di persone
• Già nel IX secolo ci sono delle tribù che saranno antenate dei polacchi, unite sotto un
principe leggendario chiamato Piast; nel X secolo si può parlare della principalità polacca
(regno con principe), ma ci vogliono molti secoli (fino al XVI) per poter dire che la lingua
polacca sia una lingua letteraria
• È una lingua molto slava, sebbene subisca gli influssi del latino (cattolicesimo), del tedesco
(protestantesimo), e dell’italiano
• Caratteristica del sistema vocalico è la presenza di due vocali
nasali (mantenute dal protoslavo); ci sono 8 vocali e tantissime
consonanti (35), tra cui anche diverse consonanti palatali (che non
si trovano
nelle altre lingue), che si scrivono con un accento acuto; i diacritici
sono importanti per distinguere le diverse declinazioni sulla base
dell’ultima consonante (se finisce in palatale, la declinazione cambia)
• Ortografia: digrafi o digrammi, due grafemi per un fonema solo
• Ha la Ł che ha valore di “w” (L labiale)
• Mostra alcune semplificazioni rispetto al protoslavo e allo slavo ecclesiastico per quanto
riguarda il sistema verbale/grammaticale: tempo, aspetto, modalità; ha solo tre tempi verbali
(presente, passato, futuro), ma ha sviluppato due forme del futuro: una contratta e una analitica
(con ausiliare)

• POLABO
• È una lingua estinta, o forse
un insieme di lingue o dialetti
intercomprensibili, che sono
stati parlati fino al XVIII secolo
nella Germania settentrionale
• Fin dalla preistoria gli slavi
sono stati vicini alle
popolazioni
tedesche, forse anche durante il periodo protoslavo; ci sono infatti diversi prestiti dal tedesco
in tutte le lingue slave (in polacco “principe”, “soldi”); i primi autori che citano il popolo slavo lo
citano come di origine germanica, come per esempio Tacito
• Il polabo era parlato lungo il fiume Elba, che in polacco e in ceco si chiama Łaba; dalla riva
sinistra dell’Elba il territorio era popolato dai tedeschi, perciò il polabo era molto germanizzato:
ciò ha provocato la sua estinzione
• Aveva vocali nasali e caratteristiche fonetiche simili a quelle polacche; sono pochi i
manoscritti polabi giunti fino a noi

• CASCIUBO E SLOVINZIO
• Il casciubo non si sa esattamente cosa
sia, se una lingua o un dialetto polacco;
parlato sul Mar Baltico, nella regione del
Voivodato; dal XIV secolo questa lingua ha
una vita indipendente e viene divulgata
anche come lingua scritta per via della
riforma di Lutero: vengono creati testi e
canti religiosi scritti in casciubo per scopi locali; i polacchi hanno
attribuito al casciubo lo statuto di minoranza nazionale, riconoscendolo
come lingua ufficiale accanto al polacco; c’è grande tolleranza, ci sono
scuole casciube, si può anche dare l’esame di maturità un questa lingua
• Il casciubo ha poche differenze rispetto al polacco, ha tanti prestiti dal
tedesco, una scrittura latina ancora più complicata rispetto al polacco,
con tanti segni diacritici sopra le vocali, la lunghezza vocalica, la “Ł”
polacca e tutte le palatali
• Lo slovinzio è un dialetto estinto della lingua casciuba o del polacco; era
parlato in Pomerania, la stessa regione in cui si parla il casciubo; a est è stato rimpiazzato
dal tedesco all’inizio del XX secolo; solo alcune parole sono rimaste fino alla Seconda Guerra
Mondiale (il processo di estinzione è molto avanzato), stanno morendo gli anziani che
sapevano queste parole, non documentate
• GRUPPO CECO-SLOVACCO
• È un altro caso nell’Europa centrale di lingue vicine ma non esattamente uguali; formano un
continuum dialettale attraverso
l’intera zona; la situazione è difficile
dal punto di vista socio-linguistico,
ma non c’è il problema di una
prevalenza di una lingua o dell’altra,
bensì un problema di norma: che
lingua si usa in Cechia? Il ceco, che
cos’è?
• Ceco: può essere ricostruito dal VII/
VIII secolo, periodo in cui si può parlare di una lingua slava occidentale senza chiare divisione
linguistiche; nel IX secolo Cirillo e Metodio arrivano in grande Moravia per la missione, viene
adottato lo slavo ecclesiastico, poi nel XI secolo in Moravia (Boemia e Slovacchia) questa
scrittura viene sostituita dal latino, perché nella lotta religiosa prevale Roma; le lingue slave
occidentali, compreso ceco e slovacco, si sono sviluppate a livello dialettale, regionale e
colloquiale senza una forma scritta; fino al XIV secolo tutte le varianti vengono considerate
varianti minori, contadine, poi il riformatore religioso Jan Hus rende il ceco una lingua letteraria
standard; questo lavoro viene continuato da altri riformatori religiosi e il ceco diventa una lingua
letteraria di alto livello, che tuttavia viene raramente parlata dai parlanti cechi (9,5 milioni di
persone), che prediligono una lingua chiamata ceco colloquiale; la lingua standard viene
insegnata a scuola, ma c’è molta differenza con quella parlata, che è influenzata dai vari
dialetti locali, dal tedesco, dal polacco e dallo slovacco
• Ci sono due varianti del ceco, a seconda della regione geografica:
• La prima è
largamente usata,
è chiamata ceco
comune, è parlata
specialmente in
Boemia; rispetto
al ceco standard
ci sono differenze
(slide) soprattutto
a livello fonetico
• La seconda
variante viene parlata in Moravia e in Slesia, si tratta di una forma morava del ceco
comune, vicina al ceco comune della Boemia, ma con delle particolarità dovute a
numerosi prestiti dal tedesco; è un mix di forme originarie del vecchio dialetto locale
della Moravia e della Slesia, alcune forme del ceco standard e alcune forme del
ceco comune della Boemia
• Tutti pensano di parlare la lingua giusta, per esempio i parlanti della Moravia dicono che
il loro dialetto locale è stato usato per la traduzione di una bibbia, perciò è quella la variante
giusta del ceco
• Distinzione ceco e slovacco: sono
poche le differenze, si trovano
principalmente a livello lessicale e
fonetico (la pronuncia di alcuni suoni
caratteristici); i cechi prendono in giro gli
slovacchi perché pensano che parlino
una variante corrotta del ceco; le due
lingue sono intercomprensibili,
sopratutto per la generazione più
anziana, mentre quella giovane ha più
difficoltà; da alcuni studiosi cechi la
lingua slovacca è stata considerata
come un dialetto del ceco; c’è stato un
periodo in cui gli studiosi riconoscevano
l’esistenza della lingua cecoslovacca: durante la prima Repubblica Ceca
LEZIONE 5

• LINGUE SORABE
• Sono lingue
minoritarie slave
che rappresentano
l’unico caso in
cui una
minoranza slava
che non vive nel
proprio paese slavo non costituisce una maggioranza altrove; ci sono spesso minoranze
slave in paesi stranieri, ma hanno sempre un collegamento con la maggioranza del proprio
paese
• I parlanti vivono in Lusazia, regione dell’ex Germania dell’est; i madrelingua sono pochi, circa
70.000; la regione dei sorabi viene divisa in due regioni tedesche: Sassonia e Brandeburgo
vicino a Dresda; queste due regioni sono abitate da popolazioni di lingua tedesca, perciò il
sorabo sopravvive solo nelle aree rurali; le città con importante presenza soraba sono
Bautzen e Cottbus;
• Si sa poco di questa minoranza perché solo dopo la creazione dell’UE i sorabi hanno avuto uno
status ufficiale come minoranza tedesca; probabilmente sono venuti ad abitare lì nel VI
secolo per poi non muoversi più, questo perché allora tutto il bassopiano germanico era
abitato da popolazioni slave
• I sorabi sono stati fortemente germanizzati sia come identità, sia come lingua: la lingua è
caratterizzata da molte influenze tedesche, ma è sopravvissuta alla germanizzazione: ciò si
spiega dal momento che hanno mantenuto il culto pagano (parliamo del periodo antico
slavo), sebbene la lingua sia stata inglobata sotto il dominio tedesco e boemo; il sorabo ha
subito influenze anche da parte delle altre lingue slave occidentali (polacco e ceco)
• Durante il nazismo viene proibito (come tutte le altre minoranze); dopo la Seconda Guerra
Mondiale i sorabi tentano di resuscitare lo statuto perduto della loro lingua, ma con l’arrivo
dell’armata sovietica vengono inglobati nel territorio della Germania dell’Est: i sorabi
sperano nell’appoggio dell’armata americana ma ciò non avviene
• Vengono fatti dei tentativi durante il regime comunista e i sorabi ottengono il permesso di avere
un governo federale, ma solo per un breve tempo; con la caduta del muro di Berlino il
sorabo comincia ad essere riconosciuto come minoranza ufficiale
• I parlanti chiamano se stessi Serbski, si auto-definiscono serbi, ma in realtà la loro storia
fa parte del ramo occidentale mentre quella dei serbi del ramo meridionale
• Ultimamente si lamentano di nuovo che la Germania non dia loro abbastanza soldi per
lo sviluppo della lingua, l’Unesco riconosce come grave la sua situazione
• È diviso in due varietà:
sorabo alto e basso; quello
alto si è sviluppato a Bautzen
ed è legato al ceco, quello
basso a Cottbus ed è
influenzato dal polacco;
quello alto si dice sia meno
germanizzato, forse grazie al
fatto che i due tipi di sorabi
hanno religioni diverse: gli alti
sono cattolici, i bassi protestanti
• Caratteristiche: mantiene, come le altre lingue occidentali, tutti gli esiti delle combinazioni
protoslave (metatesi liquida, come in polacco), l’influsso del ceco si vede nel fatto che l’accento
si è stabilizzato sulla prima sillaba; è avvenuta una radicale depalatalizzazione, a causa
dell’influsso tedesco, ma il sorabo ha mantenuto la forma del duale (numero grammaticale
accanto al singolare e al plurale che si usa in riferimento a due oggetti, due uomini ecc)
LINGUE SLAVE MERIDIONALI

• Gruppo disomogeneo, difficile, con particolarità dovute alle singole lingue, meno tratti comuni
a livello fonetico (prosodia e grammatica) che possono spiegare la loro inclusione in un unico
gruppo; è stato oggetto di diversi dibattiti già a partire dai primi slavisti; negli anni ’20 del XIX
secolo ci si è chiesto come meglio descrivere lingue come il serbo e il croato: sono la stessa
lingua o lingue diverse?
• Tratti comuni della
morfologia e della
fonetica: alcuni tratti
fonetici storici possono
essere riscontrati nella
morfologia di queste
lingue, per esempio il
nominativo maschile
singolare di alcuni
participi presenti è
uguale; il caso
strumentale è uguale per
la declinazione maschile,
mentre è diverso rispetto
al gruppo orientale; uno
studioso bulgaro ha
identificato come tratto
comune il pronome
personale di seconda
persona che ha тоб-; alcuni participi presenti hanno forme molto simili; nell’ambito fonetico il
gruppo consonantico è зв

• SLOVENO
• Lingua quasi minoritaria,
confinante con il croato e
l’ungherese ad est, con l’area
germanica a nord e con
quella romanza e neolatina
ad ovest; ha ricevuto
tantissime influenze
soprattutto dal tedesco e dal
latino, ma ha mantenuto una
propria identità linguistica; si
parla
nella Repubblica di Slovenia, è una lingua ufficiale, ma comprende una grandissima varietà
di dialetti: c’è chi dice ce ne siano circa 50 distribuiti in sei o sette gruppi dialettali; è
difficile parlare di intercomprensione; il dialetto più importante è quello di Lubiana, che divide
i dialetti del nord da quelli del sud ed è stato centrale nello sviluppo della lingua letteraria
slovena
• Quello rosso è in Carinzia (Austria); lo sloveno si
parla anche in Italia a Trieste, Gorizia e Udine
(piccola minoranza, provincia di Benaccia, Val
Canale e Val Resia); è avvenuta una
semplificazione grammaticale, fenomeno che si
realizza quando la lingua che viene influenzata
(sloveno) dalla lingua dominante (italiana) possiede
caratteristiche grammaticali più difficili: lo sloveno
è l’unica altra lingua slava che presenta il duale,
ma nel resiano il duale si è perso (semplificazione
grammaticale), perché l’italiano non ce l’ha e l’ha
influenzato
• I primi testi slavi sloveni risalgono a prima di
Cirillo e Metodio; sono scritti in un dialetto
sloveno del X
secolo, sono i Manoscritti di Frisinga, codice miscelaneo di natura religiosa conservato
a Monaco di Baviera
• La lingua letteraria scritta si è formata molto tardi, infatti dal X al XVI secolo lo sloveno è
soltanto un insieme di dialetti; Trubar è il fondatore della lingua letteraria con molti prestiti dal
tedesco: ha per esempio sviluppato una forma di articolo che proviene dal sistema di articoli
tedesco
• Utilizza l’alfabeto latino, ha i casi delle lingue slave, il duale
• In Friuli ci sono 50.000 persone madrelingua slovene

• SERBO E CROATO
• Bosniaco, serbo, croato,
montenegrino: appartenevano alla
Jugoslavia, creata durante la Seconda
Guerra Mondiale e crollata nel 1992
con guerre sanguinose di tutti contro
tutti (dal ’92 al ’95); gli ultimi paesi a
staccarsi sono la Serbia e il Montenegro
• Il nome viene scritto in diversi modi: B/
C/M/S, altri mettono il trattino, per
indicare che queste quattro varianti
sono intercomprensibili e
appartengono a una stessa macro-
lingua; una studiosa insiste sul ritorno
del vecchio nome serbo-croato, è
contraria all’introduzione di bosniaco e
montenegrino; si tratta infatti di una
lingua policentrica o macro-lingua (a
seconda della regione assume una
variante leggermente diversa, cioè una
variante dialettale),
• Ancora oggi ci sono linguisti che usano
l’espressione “serbo-croato”, così come anche molte università, come segno di non
riconoscimento dello smembramento forzato di questa lingua (dico-trico-4-tomia della
lingua)
• La Slovenia non fa parte dell’area serbo-croata, tuttavia c’è una specie “continuum dialettale”:
dal punto di vista linguistico si parla di una sola lingua, mentre da quello socio-linguistico e
politico le lingue sono distinte; c’è un filone unitaristico (che sostiene l’esistenza di una
lingua
sola) e uno separatistico (più lingue differenti): quest’ultimo è sostenuto principalmente da
politici (ma anche da qualche linguista), che vogliono realizzare il principio una lingua -
un’identità - un paese
• Originariamente serbi e croati (ma soprattutto questi ultimi) utilizzavano l’alfabeto glagolitico di
Cirillo e Metodio e lo slavo ecclesiastico; ma nel XIV secolo l’alfabeto slavo soffre la
concorrenza dell’alfabeto latino diffuso in Dalmazia, così in questa regione e poi in tutta la
zona croata l’alfabeto slavo viene rimpiazzato da quello latino, che più tardi viene pesantemente
riformato (perché alcuni suoni slavi non hanno corrispondenza latina); quasi tutti i popoli
usano l’alfabeto latino, sebbene ci sia spesso un’alternanza con cirillico, tranne il croato, che
usa soltanto il latino; il cirillico è l’alfabeto ufficiale dell’amministrazione in Serbia e in Bosnia
Erzegovina, così come in Montenegro: in questi paesi entrambi gli alfabeti sono ufficiali
• Vuk Karadžić pubblica la prima grammatica serba nel 1814 e un dizionario nel 1818
• Nell’area serbo-croata c’è stato un movimento spirituale chiamato movimento illirico che
mirava alla standardizzazione di una lingua comune serbo-croata basata su uno dei tre
dialetti principali di quest’area, cioè quello štokavo, per diffonderlo in tutta la Jugoslavia;
questa lingua standard voleva includere anche la Slovenia; viene siglato l’accordo di
Vienna (c’è dunque stata una conferma a livello europeo) che ha posto le basi per la
creazione di questa lingua, ma l’accordo non viene firmato dalla Slovenia, che ne rimane
fuori
• Dopo la guerra il nome della lingua ha due varianti a seconda dell’uso in Serbia o in
Croazia: in Serbia serbo-croato mentre in Croazia il contrario, perché non si vuole dare
precedenza politica alla Serbia
• Tito è il padre fondatore della Jugoslavia e governa dal ’45 al ’63 come primo ministro e dal
’53 all’80 come presidente della repubblica; intende unificare serbi, sloveni e croati e tutta la
penisola balcanica per creare una federazione balcanica; Tito non riesce a ricevere il
consenso di Stalin perciò il progetto non
viene realizzato
• Nel 1954 viene siglato l’accordo di
Novi Sad che ammette i montenegrini
dentro la lingua serbo-croata; il
bosniaco è considerato soltanto una
variante del serbo
• Tre tipi di dialetti: lo štokavo è il più
esteso (molto antico, ci sono molti testi
rimasti), il čakavo è parlato in Dalmazia e
in Istria, il kaikavo nelle regioni di
Zagabria; i nomi vengono dalla diversa
pronuncia del pronome interrogativo
“cosa”: što, ka o ča, kaj; i dialetti si
distinguono anche per la pronuncia dello
“jat”

LEZIONE 6

• I tre dialetti dividono la zona serbo-croata in tre zone differenti:


• Štokavo: comprende l’area della Serbia, della Bosnia, dell’Erzegovina, della
Croazia e una parte del Montenegro; non viene usato in ogni singola parte di
questi paesi, perché c’è competizione col čakavo
• Čakavo: utilizzato in Dalmazia e in Istria (costa)
• Kaikavo: viene parlato in Croazia attorno a Zagabria
• La Serbia e la Croazia non sono unitarie dal punto di vista dialettale
• Lo štokavo a causa della
dominazione ottomana si
è arricchito di prestiti dal
turco, così come il bosniaco
• Il čakavo (nella forma antica)
è stato la prima lingua
letteraria dei croati: ci sono
manoscritti del quattrocento;
poi ha perso il primato di
lingua colta e la diffusione
geografica, perché alcune
aree sono passate allo
štokavo; trovandosi a
contatto
con l’italiano e il dialetto veneto, è
l’unico dialetto slavo che possiede un
gran numero di parole romanze
• Il kaikavo ha forti legami con le altre
lingue slave
• Questi tre dialetti hanno diversi esiti
della vocale protoslavo jat, che era
una vocale lunga con pronuncia
aperta; esiti: “i”, “e”, “(i)je”; sulla base
dello jat, esistono tre tipi di dialetti:
ikavo, ekavo, (i)jekavo; esempio con parola “latte”: mliko, mleko, mlijeko
• Ekavo: è caratteristico del dialetto štokavo e kaikavo
• Ikavo: štokavo e čakavo
• Jekavo: štokavo
• Il dialetto ikavo è il più limitato ed è presente solo in Dalmazia, Istria, Croazia e Serbia del nord
• A distinguere i dialetti non sono solo elementi storici o fonologici, ma anche lessicali,
grammaticali; i tratti grammaticali delle lingue standard-letterarie distinguono l’area serba da
quella croata a prescindere dal dialetto
• Croazia: è il paese più nazionalista per quanto
riguarda la purezza della lingua; qui tutti e tre i
dialetti sono parlati e utilizzati dalla lingua letteraria;
dalla Seconda Guerra Mondiale in poi, sotto il
regime fascista, i croati hanno cercato di
decontaminare la lingua croata, per depurarla da
termini di origine straniera (soprattutto serba); i
linguisti hanno introdotto termini arcaici presi dalla
lingua popolare
ma soprattutto dal čakavo e dal kaikavo per distinguere il croato dalla lingua serba, che
usa invece lo štokavo
• Primavera croata: 1967, i croati retrocedono dall’accordo di Novi Sad del 1954, che
pronunciava l’unicità della lingua serbo-croata; viene sancita la nascita della lingua croata, unica
e indipendente; avvengono altri movimenti indipendentisti che però vengono soffocati da Tito;
dopo le guerre balcaniche, la Croazia diventa completamente indipendente
• Le differenze grammaticali si basano più sulle lingue letterarie che sui dialetti: si parla di un
unico tratto, l’utilizzo dell’infinito; il croato tende ad usare l’infinito, dove il serbo e il bosniaco
usano una forma finita composta dalla particella “da” + indicativo; ciò si presenta
soprattutto con i verbi modali (volere, potere): in croato è obbligatorio l’infinito, mentre il serbo
preferisce l’indicativo

• BOSNIACO
• È parlato in Bosnia ed Erzegovina, è
basato sul dialetto štokavo, è più
omogeneo dal punto di vista dialettale, è
più vicino al croato che al serbo, poiché
oltre allo štokavo ha alcune varianti di
jekavo; non si è riusciti a
standardizzarla, perché l’élite bosniaca
scriveva e scrive tutt’ora in lingue
straniere, sopratutto in turco e in arabo; ciò non ha dato tanto stimolo alla lingua
bosniaca; durante il periodo jugoslavo questa lingua non viene nemmeno menzionata:
vengono presi in considerazione solo il croato e il serbo; la Bosnia non ha mai fatto
movimenti indipendentisti

• MONTENEGRINO
• La standardizzazione non è ancora riuscita perché il paese ha proclamato la sua
indipendenza dalla Serbia soltanto nel 2006
• Situazione simile all’Ucraina; nel 2003 il 63% della popolazione dichiara di essere serba, non
montenegrina, e di parlare il serbo come lingua madre; viene fatto un altro censimento dopo
la separazione dalla Serbia, e risulta che il 32% della popolazione si dichiara serba, ma
soltanto la metà della popolazione dichiaratasi montenegrina dichiara di parlare il
montenegrino come lingua madre
• Storia: nel medioevo era un principato, poi viene conquistato dai turchi nel XV secolo; col
tempo ottiene una certa autonomia e alla fine dell’Ottocento viene riconosciuto indipendente a
livello internazionale (dopo il congresso di Berlino), ma all’inizio del novecento (1918) entra a far
parte del regno dei serbi, croati e sloveni, e poi della Jugoslavia; rimarrà all’interno della
Jugoslavia fino allo smembramento della stessa, continuando ad essere fedele alla Serbia, con
la quale entra in federazione nel 1996 fino al 2006

RAMO ORIENTALE dello slavo meridionale


• Bulgaro, macedone
• Si distingue molto rispetto al ramo occidentale dello slavo meridionale sia rispetto a tutte le altre
lingue slave; sono lingue molto lontane

• MACEDONE
• Lingua ufficiale della Macedonia del Nord, utilizza l’alfabeto cirillico, parlata da 2 milioni di
persone, è molto vicina alla lingua bulgara, con la quale condivide diversi tratti di
nuovissima generazione a livello grammaticale, tratti molto diversi dal patrimonio slavo, dovuti
al contatto linguistico a partire dal X secolo con lingue balcaniche non slave: il greco,
l’albanese, il romeno, varianti del romeno
• Sia il bulgaro che il macedone ora presentano una grammatica piuttosto analitica,
diversamente dal resto delle lingue slave (sintetiche); analitico: abolizione del sistema dei casi,
perdita dell’infinito come categoria verbale (sostituzione con una costruzione finita), sviluppo di
un sistema di articoli determinativi, preservazione dal protoslavo del sistema verbale ricco (nove
o dieci tempi)
• Lo sviluppo linguistico macedone è molto legato al bulgaro; fra il IX e il X secolo il macedone
esisteva sotto forma di un dialetto territoriale della lingua bulgara, che era la lingua ufficiale
del primo impero bulgaro; veniva chiamato dialetto occidentale, alcuni studiosi a partire
dall’ottocento pensavano che il macedone non avesse le caratteristiche di una lingua diversa
da quella bulgara, che non si fosse mai sviluppata come lingua distinta
• La lingua macedone è stata standardizzata dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando la
Macedonia viene liberata dalle truppe jugoslave; con l’annessione alla Jugoslavia il
macedone viene proclamato lingua ufficiale (2 agosto 1945); in Jugoslavia lo studio del
serbo-croato era obbligatorio, essendo la lingua di comunicazione fra gli Stati, la più
importante
• Ci sono molti dialetti: a partire dall’area serba orientale (dialetti chiamati tollak), passando per la
Macedonia e andando verso la Bulgaria, questa fascia territoriale corrisponde a un continuum
dialettale, dove da villaggio a villaggio cambia il dialetto; è molto difficile definire dove ne
finisca uno e dove ne inizi un altro; ci sono due rami: occidentale e orientale, il fiume Vardar
ne è il confine; il ramo occidentale risente di più influenze dal serbo, mentre quello orientale (che
si interseca con i dialetti Bulgari) risente più influenze bulgare; alcune differenze riguardano sia il
lessico sia la grammatica (formazione del passato prossimo): nella variante occidentale si usa
l’ausiliare “avere”, mentre nell’area orientale (come in bulgaro) si usa il verbo “essere”

• BULGARO
• Lingua molto antica, con una ricchissima
letteratura, molto ben documentata,
particolarmente quella del X e del XI secolo;
usa l’alfabeto cirillico
• C’è una certa disomogeneità etnica all’interno
del territorio, con conseguenze sulla lingua; quella
bulgara è un’etnia mista formata da tre elementi:
slavo, asiatico (protobulgari, tribù proveniente
dalle steppe della Mongolia che si è poi fusa con
gli slavi), tracio (traci, una popolazione legata
all’etnia greca); probabilmente l’elemento tracio è
stato assimilato subito dopo la creazione
dell’impero e più tardi i protobulgari, per via della
maggioranza dell’etnia slava
• I dialetti si distinguono in orientali e occidentali; il
principale elemento di divisione è di nuovo la “jat”, che a est viene pronunciata come “ja”,
mentre a ovest come “e”; “latte”: mljako - mleko
• Si può dividere la lingua in quattro periodi: il primo è quello immediatamente successivo
allo slavo ecclesiastico, fino al XII; il secondo, fino al XIV
secolo è il bulgaro medievale, periodo in cui la
lingua comincia a cambiare in senso analitico; il
terzo è dal XV al XVIII con lingua bulgara moderna;
l’ultimo periodo è quello della lingua standard, dal
XVIII fino ad oggi

LEZIONE 7

• È difficile ricostruire la preistoria degli slavi, cioè i loro


primi habitat e la loro prima cultura, perché fino al VI secolo di loro non c’è alcuna taccia;
alcuni cronisti fanno riferimento a diversi popoli che possono essere riconosciuti come slavi,
ma non si tratta di testimonianze sicure; le prime infatti risalgono al VI secolo, cioè le cronache
degli storici bizantini
• Non ci sono nemmeno testimonianze delle tribù vicine agli slavi, quando invece era
comune parlare delle popolazioni vicine alla propria riferendosi ad esse col loro nome
• Etnonimo: nome con cui il popolo si autodefinisce
o con cui lo definiscono i vicini; dato che sugli slavi
non ci sono fonti dirette, gli storici e i filologi si
sono rivolti a indizi indiretti, come gli etnonimi, che
sono di solito molto antichi, perché risalgono a
prima delle prime testimonianze scritte
• Toponimo: nome di un luogo (città, regione, località)
• Idronimo: nomi dei fiumi; sono ancora più antichi
dei toponimi
• Le fonti archeologiche sono confuse; si parla di più
di una cultura slava (quattro o cinque), ciascuna
localizzata in una diversa area dell’Europa centrale e
orientale; una di queste, per esempio, viene chiamata
cultura lusaziana, ed è situata in Europa centrale
• In Grecia ci sono toponimi che portano il nome “Gardiki” o “Selitsa”: questi toponimi non
sono greci, bensì chiaramente slavi; il primo corrisponde alla parola “город” “città”, il
secondo a “villaggio”; si può ipotizzare che questi toponimi risalgano a un periodo della
migrazione slava, quando gli slavi si sono diretti verso sud e verso nord; le grandi migrazioni
slave vanno dal IV al VI secolo, perciò si può immaginare che in questo periodo in Grecia
fossero presenti popolazioni slave
• In tutte le lingue slave gli slavi si chiamano in maniera uguale o simile; sulla base della
radice slo- o sla-, sono state avanzate diverse ipotesi
• La parola “gloria” fa parte dell’etimologia popolare, si trova in molti nomi slavi e nella toponimia
antica e onomastica antica (disciplina linguistica che si occupa dei nomi propri delle persone);
alcuni principi romani (Vladislav italianizzato in Ladislao) portano come seconda parte la
parola “glorificare” “*slaviti”, perciò questa parola esisteva già nel protoslavo, ma è difficile
stabilire se da questo verbo derivi o meno l’etnonimo slavo; probabilmente no
perché all’epoca non esistevano etnonimi patriottici
• L’etnonimo “slovo” (parola): era pratica comune usare per la
propria tribù un nome che la distinguesse da quella vicina: qui il
contrasto avviene con la parola “nemec” “tedesco” (muto); tuttavia
questo etnonimo non riesce a spiegare come mai la “o” sia
cambiata in “a”
• Gli slavi venivano spesso resi
schiavi durante l’impero romano,
sopratutto in Dalmazia, ma anche
nella penisola italica: “schiavo,
schiavone” è la resa romanizzata
della parola “slavo”; latino: sclavus
= schiavo; il collegamento fra
l’etnonimo slavo e “sclavus” non è
originario della lingua latina, perché
essa l’ha preso in prestito dalla
lingua greca, dove l’etnonimo “slavi” veniva reso con “sclabenoi”: dal greco bizantino è
passato al latino medievale; la resa in Occidente è stata cruciale per reinserire questo nome
nello stesso popolo slavo
• Le prime fonti che chiamano gli slavi col nome “slovianin” è molto probabile si riferissero a
una sola tribù o una sotto tribù, e non all’intero popolo
• Lo slavo è cominciato nel secondo o nel terzo millennio prima di Cristo, ed è rimasta una
lingua comune fino al VIII o IX secolo (fino ad allora gli slavi erano divisi nei tre gruppi
meridionale, occidentale e orientale, ma senza ulteriori distinzioni interne): una durata
lunghissima; dopo il IX secolo non esiste più la lingua slava comune
• In questo lunghissimo periodo gli slavi non hanno abitato nello stesso posto: ci sono stati degli
spostamenti, ma è molto difficile stabilirli in modo esatto; comunque gli slavi hanno sempre
abitato nel territorio europeo (non sono arrivati dall’Asia o dalla Scandinavia), centrale e
orientale
• Teoria orientalista: gli slavi abitavano in una fascia
geografica ad est del cosiddetto “limes del faggio”,
che parte dal Mar Baltico e scende fino al Delta del
Danubio: ad ovest di questa linea c’erano boschi di
faggio, mentre ad est non ce n’erano; infatti ci sono
nomi nativi slavi per altri alberi (tasso, edera ecc), ma
non per il faggio, la cui traduzione è stata presa dal
tedesco; gli slavi non avevano bisogno di usare questa
parola prima di spostarsi ad ovest; ma gli studiosi non
hanno accettato una localizzazione così ad est, infatti
potrebbe esserci
stata un’altra parola che significava “faggio” e che non è arrivata fino a noi
• Teoria autoctona:
• Sostenuta sopratutto da studiosi polacchi,
che difatti hanno collocato la protopatria slava
in Polonia, fra l’Oder e la Vistola; è una teoria
fondata su solidi argomenti
linguistici, ma ormai superata;
anche la Polonia faceva parte
del territorio senza faggi; ci
sono numerosi toponimi in
Polonia (sopratutto idronimi)
condivisi tra tutte le lingue slave

• Contro-argomenti: se la protopatria
è la Polonia, ci si aspetta una
grande terminologia legata al mare,
ma non è così; non ci sono termini
nativi slavi legati al mare, oppure
non sono condivisi tra le varie
lingue; la parola “mare” (condivisa)
in realtà proviene dalla parola
“campo”: molto probabilmente gli
slavi non abitavano vicino al mare;
la parola “ostrov’” invece è condivisa
(isola): il territorio slavo
comprendeva isole
fluviali e non marine
• Teoria Danubiana: legata a
Trubacev; gli slavi abitavano nei
Carpazi settentrionali, cioè nord-
orientali, in una regione chiamata
Pannonia; viene utilizzata come
prova la più antica cronaca,
scritta da Nestor; il passaggio in
questione può essere tradotto con
“da moltissimo tempo” e si
riferirebbe dunque al VI-VII secolo,
non alla preistoria, perciò non può essere una testimonianza valida; il passaggio si può
tradurre anche con “dopo moltissimo tempo”, perciò quella zona non
è la protopatria
• Teoria del Medio Dnepr: di Niederle, uno studioso
ceco; teoria che colloca la protopatria nel medio Dnepr;
attualmente è l’ipotesi più accreditata, e rappresenta un
compromesso tra le altre
• La teoria del compromesso spiega anche perché ci siano
così tanti prestiti dalle lingue straniere, sopratutto
tedeschi; i prestiti di parole quotidiane cominciano dal II
secolo (dal germanico gotico) e queste parole entrano
completamente a far parte del lessico comune slavo: nel
IV
secolo (dal germanico occidentale) i prestiti riguardano le parole dell’organizzazione sociale e
spirituale; per quanto riguarda l’organizzazione spirituale sono importanti i prestiti dalle tribù
asiatiche, come quelli dall’iraniano (tribù che premeva sugli salvi)

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