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LA LOGICA ARISTOTELICA

La logica pur non essendo una scienza specifica, costituisce il mezzo di


cui si servono tutte le scienze.  Il termine “logica” in verità non è stato
utilizzato da Aristotele ma è successivo; lo Stagirita per designare
questa disciplina preferiva usare la parola “analitica”, ovvero l’arte di
“dividere” o “scomporre” il ragionamento nei suoi vari elementi, per poi
valutarne la correttezza. Dal VI sec. d.C. infine tutte le opere di logica
sono state raccolte sotto il nome di Organon (in greco “strumento”),
nome che spiega perfettamente come la logica risulti essere, per tutte le
scienze, uno “strumento” fondamentale e preliminare.
Passiamo ora ad analizzare gli elementi, dal più semplice al più articolato,
su cui si fonda la logica aristotelica.   

La logica del concetto(sviluppata nel libro delle


categorie)
I concetti che sono gli oggetti del nostro discorso sono disposti in una
scala di maggiore o minore complessità,di maggiore o minore universalità
,cioè in un rapporto di genere e specie. Quando ragioniamo (o parliamo) il
termine elementare da cui partiamo e a cui ci riferiamo è il concetto.
Ognuno di essi raggruppa un certo numero di enti: col concetto di “gatto”,
ad esempio, ci riferiamo tanto ad un persiano quanto ad un siamese. I
concetti, dunque, secondo Aristotele sono, allo stesso tempo,
“contenitori” (o generi) e “contenuti” (o specie) di altri concetti, in base
alla loro universalità (ovvero alla quantità di enti a cui si riferiscono). il
concetto di “gatto” sarà genere rispetto al concetto di “siamese” o
“persiano”, ma allo stesso tempo sarà specie rispetto al concetto di
“animale”. In base a questa distinzione possiamo notare che:  

1. I concetti che hanno una maggiore universalità sono anche quelli


dotati di minori caratteristiche e viceversa.
2. In una scala di concetti classificati, in modo ascendente, in base alla
loro universalità esisteranno due estremi:
 la “specie infima”, cioè un concetto che non può essere
“contenitore” di nessun altro concetto. Corrisponde quindi
all’individuo specifico: Chiara, Giovanna o il mio gatto siamese;
 i “generi sommi”, cioè dei concetti che non possono essere
“contenuti” in nessun altro concetto. Corrispondono alle dieci
categorie, cioè ai concetti più generali che esistono (ad esempio
quello di “qualità” o “quantità”).

La logica della proposizione(sviluppata nel libro


sull’interpretazione)
Se ci fermassimo all’enunciare un singolo concetto, non potremmo
innescare nessun tipo di riflessione o ragionamento. Nel concetto singolo
non è contenuto nessun pensiero, non è espressa alcuna verità o falsità.
Cominciamo a pensare, a giudicare la realtà, quando connettiamo un
soggetto ad un predicato, quando uniamo concetti tra loro e costruiamo,
quindi, delle proposizioni dichiarative o apofantiche,che possono essere
vere o false e non sono preghiere ,esclamazioni o comandi.

Facciamo un esempio: il concetto di “gatto”, in sé, non presuppone alcun


pensiero, non è né vero né falso; al contrario, affermare: “il gatto è sul
tavolo”, rientra in un’affermazione che può essere considerata vera o
falsa. 

Figura 1. Quadrato degli opposti

Le proposizioni dichiarative
Aristotele classifica le proposizioni dichiarative in base alla:
- Qualità: possono essere affermative o negative,
- Quantità: possono essere universali o particolari.  

Il “quadrato degli opposti

Per chiarire il nostro discorso e mostrare quali connessioni Aristotele


rintraccia tra le proposizioni, i logici medievali hanno costruito un
“quadrato degli opposti” (Figura 1), dove:
- A corrisponde alle proposizioni universali affermative (“tutti i gatti sono
neri”).Adfirmo. (1° vocale di adfirmo)AFFERMATIVA
- I corrisponde alle proposizioni particolari affermative (“qualche gatto è
nero”).Adfirmo (2° vocale di adfirmo)AFFERMATIVA
- E corrisponde alle proposizioni universali negative (“nessun gatto è
nero”). Nego (1° vocale di nego)NEGATIVA
- O corrisponde alle proposizioni particolari negative (“qualche gatto non è
nero”).Nego  (2° vocale di nego)NEGATIVA

Secondo tale schema (Figura 1):  


1. Due proposizioni contrarie non possono essere entrambe vere, mentre
possono essere entrambe false.
2. Nelle proposizioni contraddittorie se una delle due è vera, l’altra dovrà
essere falsa o viceversa.
3. Le proposizioni sub-contrarie possono essere entrambe vere ma non
entrambe false.
4. Nelle proposizioni subalterne dalla verità o falsità dell’una dipende la
verità o la falsità dell’altra.

La logica del ragionamento

Connettere concetti e creare proposizioni, però, non significa ancora


ragionare nel senso vero del termine. Questo accade quando “poste talune
cose (le premesse) segue necessariamente qualcos’altro (la conclusione)
per il semplice fatto che quelle sono state poste”. Ragionare significa,
dunque, connettere tra loro le proposizioni in modo che le une fungano
da cause per le altre. Connettere a caso proposizioni tra loro non rientra,
a parere di Aristotele, nel ragionamento.  
I logici medievali avevano dato due nomi diversi ai ragionamenti messi in
atto:  

 Induttivi: si parte dal particolare per arrivare a conclusioni


universali.
 Deduttivi: si parte dal generale per giungere a conclusioni
particolari.

Secondo Aristotele, solo i ragionamenti deduttivi sono necessari (cioè veri


necessariamente) e il ragionamento per eccellenza è il sillogismo.
Quest’ultimo è formato da tre proposizioni, di cui due sono le premesse e
una la conclusione. Ricorriamo al celebre esempio aristotelico di
sillogismo:   

 Premessa maggiore: Ogni animale è mortale


 Premessa minore: Ogni uomo è animale

ANTECEDENTI

 Conclusione: Ogni uomo è mortale

CONSEGUENTE

Come è possibile che il sillogismo, cioè la sua conclusione, sia valida?


Ciò è possibile grazie alla presenza, all’interno delle due premesse, del
termine medio (nel nostro caso “animale”) che fa da cerniera tra gli altri
due termini (è contenuto in quello maggiore – “mortale” - e contiene
quello minore “uomo”). Ma un sillogismo potrebbe essere valido ma, allo
stesso tempo, non vero. Com’è possibile? Se la mia premessa di partenza,
ad esempio, fosse: “Ogni animale è immortale”, potrei ricavarne un
sillogismo valido ma con conclusioni false (“ogni uomo è immortale
SILLOGISMI SCIENTIFICI

Secondo Aristotele, sono sillogismi scientifici solamente quelli che


partono da premesse vere. Per il filosofo, dunque, alla base delle scienze
(e di ogni deduzione) ci sono dei principi generali (o assiomi) e delle
definizioni indimostrabili ma evidenti, che è possibile cogliere solo
attraverso un atto di intuizione del nostro intelletto. 
SILLOGISMI DIALETTICI
In ultimo, esistono dei sillogismi dialettici, che si fondano sempre su dei
ragionamenti, ma su delle premesse sono probabili, accettate dai più, ma
non necessariamente vere. Rientrano nel novero delle discussioni e sono
fondati sul procedimento dialettico e non su quello scientifico (o
dimostrativo). 

2LA FISICA DI ARISTOTELE

Quattro elementi: acqua, aria, terra, fuoco — Fonte: istock

2.1Il movimento e i "luoghi naturali"

Il movimento localeLa fisica è una scienza teoretica (insieme alla


metafisica e alla matematica) che si occupa dello studio della realtà (o
essere) in movimento. Secondo Aristotele il movimento fondamentale è
quello locale (cioè lo spostamento da un luogo ad un altro) e, proprio in
base ad esso, è possibile classificare le varie sostanze fisiche. Il
movimento locale è infatti di tre specie: 

 circolare: intorno al centro del mondo;


 dall’alto verso il centro del mondo;
 dal centro del mondo verso l’alto.

Secondo Aristotele il primo movimento appartiene all’etere, cioè alla


sostanza che forma i corpi celesti. Dunque, questi ultimi seguono un
movimento eterno, non sono soggetti alla nascita e alla morte. Gli altri due
tipi di movimento, invece, appartengono ai quattro elementi (acqua, aria,
terra, fuoco) che formano tutte le cose terrestri e, queste saranno soggette
alla nascita e alla morte.   

Approfondisci

Universo: definizione, nascita e galassie

I “luoghi naturali”Aristotele è convinto che sulla Terra, quindi, esista


solamente un moto rettilineo (dall’alto verso il basso e dal basso verso
l’alto), generato dalla teoria dei “luoghi naturali”: ogni elemento cioè, in
base al suo peso, tende a ritornare alla sua precisa collocazione. Al centro
c’è l’elemento più pesante, la terra, intorno alla quale ci sono le sfere degli
altri elementi (in misura decrescente: acqua, aria, fuoco). 

2.2L'universo aristotelico

Sistema geocentrico dell'universo,


1539. Il diagramma mostra i 4 elementi di Aristotele circondati da sfere di
stelle fisse, sfere di pianeti, primum mobili e dimora di Dio — Fonte:
getty-images

Le sfere concentricheL’universo aristotelico è quindi rigidamente diviso


in due mondi completamente diversi, quello celeste e quello terrestre. È
composto da 55 sfere concentriche, di cui la più esterna è quella del
“cielo delle stelle fisse”, mentre la più piccola è quella della luna (al cui
interno troviamo la Terra). 

Le caratteristicheDobbiamo immaginarci questo universo come:


- Chiuso,
- Geocentrico (la terra è al centro, seguita dalle sfere dei tre elementi e poi
dalle sfere celesti),
- Perfetto,
- Eterno,
- Unico. 

Non esiste il vuoto e tutto, movimento compreso, avviene secondo un


preciso scopo (finalismo). Tutto, sulla Terra, tende infatti a muoversi per
un fine proprio: raggiungere il “luogo naturale” (corpi inanimati) o
realizzare le proprie potenzialità (corpi animati).

Ma come è possibile che l’universo sia dotato di questo ordine perfetto?


Com’è possibile che le sfere celesti si muovano di un moto circolare? Chi
le ha messe in moto? Secondo Aristotele la risposta ad entrambe le
domande è Dio che, lungi dall’avere le caratteristiche dell’entità delle
religioni monoteistiche, funge da “primo motore immobile”. Questi
infatti è la “causa finale” del mondo, ovvero l’oggetto del suo
amore.Spiega Aristotele che il mondo, come un perfetto amante, cerca in
tutti i modi di avvicinarsi all’oggetto del suo amore (che rimane
immobile). Ed in questo sforzo di avvicinamento si migliora, si ordina, si
perfeziona. Dio, quindi, non crea né ordina direttamente il mondo, ma
funge da molla da cui si genera il movimento dell’universo.  

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