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Il MUSICHIERI - Articolo di novembre 2011 -

rubrica “Virtuosi Senza pretese” a cura di Domenico Torta

A.S. (Ante Scriptum): Dopo aver letto l’articolo del mese scorso, diverse persone mi hanno fermato chiedendomi delucidazioni
sull’incidente a cui più volte avevo fatto riferimento. Mi sono quindi deciso a fornire l’anello mancante.

Laggiù oltre la mente... sensazione unica


Oggettivamente
Viaggiavo di fretta ed in ottima compagnia: con me tutta la boria, l’incoscienza e il delirio di onnipotenza tipico in chi crede
di poter cavalcare la propria esistenza afferrandola per le corna. Ero giovane. Quel giorno era un sabato. La 500 ferma sulla
mezzeria, il ticchettio della freccia, il piede sul freno, l’impaziente attesa per svoltare a sinistra e fare rifornimento: il destino! Un
boato assordante, il rumore di ferraglia, l’odore del carburante: il disastro! Tamponato e proiettato nella corsia opposta venivo
nuovamente colpito e carambolato da altre due vetture che sopraggiungevano. L’urlo delle sirene: i vigili del fuoco, i carabinieri,
l’autoambulanza; sangue e vomito; gli infermieri che mi facevano parlare per tenermi sveglio; il pronto soccorso e una diagnosi
un po’ troppo affrettata: femori rotti e bacino sfondato; esami accurati e verdetto finale: illeso, trauma cranico comatoso.

Soggettivamente
(violando la privacy, correrò volentieri il rischio di essere scambiato per Myškin, l’Idiota di Dostoevskij)

All’impatto mi resi subito conto che il mio viaggio era terminato: la corriera era giunta al capolinea. Che sfiga! Tutti i miei sogni
e le mie speranze finiti in un pugno di mosche. Tutto sommato - pensai - non è così difficile morire! Mi sentii pervaso da uno
sconosciuto senso di accettazione. In una frazione di secondo vidi srotolarsi davanti ai miei occhi una pellicola e riconobbi
immediatamente quei fotogrammi perché essi raffiguravano tutta la mia vita vissuta. Fra quei quadri però, tre non erano in
armonia con gli altri e ciò mi diede enormemente fastidio: Dio mio! Se solo potessi tonare indietro... giuro che alcune cose le
cambierei! I vapori della benzina mi intasarono le narici e mi afferrarono alla gola. Non potevo più parlare, eppure stavo
urlando: Non lasciatemi morire qui! Toglietemi dall’asfalto! Adagiatemi sull’erba! La terra! Fatemi ancora sentire la terra! Ero
sicurissimo di urlare, ma in realtà mi ritrovavo completamente afono. Poi a poco a poco iniziai a scivolare come in un pozzo.
Vedevo le facce di chi mi osservava dall’alto allontanarsi come prese da un vortice (forse erano i volti dei miei soccorritori che
si sporgevano dal tettuccio della macchina) e la luce lassù sempre più tenue, sempre più fioca. Una grande sensazione di calore,
poi il freddo, poi il buio, poi giù... scivolavo sempre più giù. All’improvviso eccomi Là, sospeso nel vuoto, avvolto da una luce
intensa, accarezzato da una tiepida brezza, un grande respiro: un tutt’uno al quale non ero estraneo, anzi, mi sembrava di averne
sempre fatto parte. Vidi degli oggetti indefiniti che, come satelliti, volteggiavano sulla mia testa: erano i miei pensieri, ma non
riuscivo ad afferrarli perché fra me e loro s’interponeva il silenzio. Stavo bene, molto bene e nulla al mondo avrebbe potuto
distogliermi da tutto ciò. Desideravo vivere Là! Ma in quella quiete udii l’urlo del dolore: era mia madre che disperata mi
chiamava insistentemente. Aprii gli occhi e feci uno sforzo disumano per cambiare quell’incubo… poi… non so, non ricordo,
perché si sono staccate alcune pagine e mancano ancora oggi quei due giorni dall’agenda della mia vita. Adagio adagio, mi
ristabilii e venni dimesso dall’ospedale. La vita riprese. Le cose erano sempre le stesse, ma era totalmente cambiato il mio modo
di osservarle. Vi confesso inoltre che Là, in quel “luogo”, tornai ancora molte volte in sogno e sono convinto di poterlo ritrovare
anche da sveglio: la porta, sempre aperta, si trova ai confini della mente e ci si arriva soltanto attraversando il silenzio. Oggi,
nella routine della quotidianità, si fanno spesso breccia le grandi domande alle quali non mi sarebbe possibile rispondere
diversamente da quanto segue:

Dio creò l’uomo o l’Uomo creò dio a sua immagine e somiglianza? L’uomo ha bisogno di Dio o è dio ad avere bisogno
dell’Uomo? Fin dal primo giorno di convalescenza ho tentato di trovare risposte in Me stesso. Come potrei d’altronde credere
ciecamente a chi mi spiega e mi parla di un Dio che non ha mai incontrato? Oppure quale certezza assoluta può detenere una
Scienza che all’improvviso si ritrova dei neutrini supersonici e una fusione che inspiegabilmente si raffredda?… Mistero!…
Ecco!… Per cortesia, siate buoni: restituitemi quell’ancestrale senso del Mistero, lasciandomi libero nel Sentire! C’è un luogo
lontano, ma non così lontano, Laggiù, oltre la mente. Un luogo dove il Silenzio è Pace, dove la Luce si fa Palpito e il
Riflesso ne è il Respiro. Se c’è Dio è proprio Là che dimora da Sempre.

So per certo che tutto questo a qualcuno potrebbe sembrare assurdo, ma so anche che Almustafa, “il Profeta”, a loro
risponderebbe così: “Nessuno può insegnarvi nulla se non ciò che già sonnecchia nell'albeggiare della vostra
conoscenza… Poiché la visione di un uomo non presta le proprie ali a un altro uomo”.

D.T.

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