CAPITOLO 1
IL LINGUAGGIO VERBALE
1.1 linguistica, lingue, linguaggio, comunicazione
Linguistica ramo delle scienze umane che studia la lingua. Questo studio si può
suddividere in due sottocampi generali:
1. La linguistica generale: cosa sono, come sono fatte e come funzionano le lingue.
2. La linguistica storica: evoluzione nel tempo delle lingue e i rapporti fra loro e la
cultura.
L’oggetto della linguistica sono le lingue storico – naturali, ossia lingue nate
spontaneamente nel tempo. sono tutte espressione del linguaggio verbale umano, facoltà
innata nell’homo sapiens, uno dei suoi metodi di comunicazione che, sotto questo punto di
vista, non presenta differenze tra lingue e dialetti, i quali si distinguono soltanto per caratteri
storico – culturali e sociali. sociolinguistica: studia l’interazione fra lingua e società. Per
inquadrare i vari tipi di linguaggio si può far riferimento alla nozione di segno, ossia
qualcosa che sta per qualcos’altro e serve per comunicare questo qualcos’altro ad un
ricevente. La comunicazione equivale ad un passaggio di informazione, ma è più semplice
intenderla in senso ristretto, ossia come una trasmissione intenzionale di informazione. Con
più precisione esistono tre tipologie di comunicazione, a seconda al carattere di chi produce
il messaggio (=emittente), di chi lo riceve (= ricevente o interpretante) e dell’intenzionalità:
A. Comunicazione in senso stretto l’emittente e il ricevente sono intenzionali
(linguaggio verbale umano, gesti ecc.)
B. Passaggio di informazione l’emittente non è intenzionale, mentre l’interpretante
sì (parte non verbale della comunicazione umana, come la postura del corpo, la
paralinguistica, le orme di alcuni animali, sintomi di condizioni fisiche).
C. Formulazione di inferenze non vi è un emittente, ma soltanto un oggetto che
viene interpretato, ma c’è l’interpretante.
Da A, B e C il codice è sempre meno incisivo, ovvero l’insieme delle conoscenze di
riferimento e l’associazione fra un fatto segnico e l’informazione che veicola sono sempre
più deboli di conseguenza ci si riferisce alla comunicazione come una trasmissione di
informazioni intenzionali le lingue sono solo una specificazione della comunicazione
umana naturale.
1.2 Segni, codice
L’unità fondamentale della comunicazione, che le fa da supporto, si chiama segno. Ne
esistono diversi tipi e si può fare una tassonomia di essi attraverso i due criteri
dell’intenzionalità e della sua motivazione relativa, ossia il grado di rapporto esistente tra il
qualcosa e il qualcos’altro, le due facce del segno. Classifica:
o INDICI (sintomi): non intenzionali, naturali, in cui la causa ha maggior rilevanza
rispetto all’effetto starnuto = ha il raffreddore.
o SEGNALI: naturali, intenzionali sbadiglio = noia
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o ICONE (dal greco eikon, ossia immagine): motivati analogicamente, intenzionali,
sono basati sulla similarità di forma o struttura, riproducono proprietà dell’oggetto
designato mappe, registrazioni su nastro.
o SIMBOLI: motivati culturalmente e intenzionali il colore nero che equivale al
lutto; la colomba con un ramo di ulivo che simboleggia la pace.
o SEGNI, in senso stretto: arbitrari e immotivati, intenzionali comunicazione
gestuale, come la lingua dei segni per i non udenti.
Dal primo all’ultimo la motivazione che lega il qualcosa e il qualcos’altro diventa sempre
più convenzionale; dal primo all’ultimo aumenta sostanzialmente la specificità culturale (gli
indici sono universali, mentre i simboli e soprattutto i segni dipendono dalla cultura); non vi
sono nemmeno ragioni forti per distinguere simboli e segni poiché entrambi sono motivabili
culturalmente e convenzionalmente, ma questa distinzione permette di identificare al meglio
la specificità dei segni linguistici, i quali sono segni in senso stretto, prodotti per
comunicare, arbitrari vi è un emittente che emette un segno per un ricevente, il quale
riesce ad interpretare il segno perché riconduce ad un codice di cui fa parte, ossia un insieme
di conoscenze che gli attribuisce un significato. Il codice è fissato quindi per convenzione e
tutti i sistemi di comunicazione sono dei codici i segni linguistici costituiscono il codice
lingua.
1.3 Le proprietà della lingua
Ci si può chiedere le caratteristiche del codice lingua; quali di esse condivida con altri
codici; quali sono caratterizzanti.
1.3.1 Biplanarità
Per biplanarità si intende il fatto che in un segno ci siano due facce, o due piani compresenti.
Sono importanti le nozioni di significante e significato.
1. Significante o espressione: piano fisicamente percepibile, che cade sotto i nostri
sensi, quel qualcosa che sta per qualcos’altro. è ogni modificazione fisica a cui sia
associabile un significato.
2. Significato o contenuto: piano non materialmente percepibile, informazione veicolata
dal piano percepibile.
Tutti i segni sono costituiti sia dal piano del significato che del significante codice:
insieme di corrispondenze fra significati e significanti segno: associazione di significato
e significante.
1.3.2 Arbitrarietà
Si intende con arbitrarietà l’assenza di un legame naturalmente motivato tra il significante e
il significato questo non significa che tra essi non ci siano legami o rapporti, ma che i
legami sono posti per convenzione, sono quindi arbitrari. Se in alcune lingue una parola può
sembrare simile, è perché questo dipende dalla parentela genealogica delle lingue ad
esempio, italiano e spagnolo derivano entrambe dal latino. In altre lingue l’origine della
parola invece può avere imitazione onomatopeica. Questa concezione di somiglianza, però,
non vale sempre (basti pensare alla parola Bello in italiano in latino “bellum” significa
“battaglia”. Lo studioso strutturalista, Hjelmslev, approfondendo gli studi di De Saussure,
fondatore nel 1916 della linguistica moderna, ha distinto 4 tipi o livelli di arbitrarietà, ma
per analizzarli bisogna introdurre che in questo caso vi sono tre entità messe in gioco nel
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funzionamento dei segni linguistici, questo viene spesso rappresentato attraverso il
triangolo semiotico ai tre vertici si pongono: un significante, attraverso la mediazione di
un significato con cui esso è associato, che esso veicola e assieme al quale forma il segno, si
riferisce ad un elemento della realtà esterna, chiamato referente. La linea che collega il
significante e il referente viene tratteggiata perché il loro rapporto non è diretto, ma mediato
dal significato.
I 4 livelli di arbitrarietà sono:
1. Primo livello: è arbitrario il legame tra segno e referente, non motivato naturalmente
o logicamente ed è totalmente convenzionale, come per una persona e il suo nome.
2. Secondo livello: è arbitrario il rapporto fra significante e significato io significante
“sedia” non ha niente a che vedere come nome al significato assegnatogli dalla lingua
italiana
3. Terzo livello: è arbitrario il legame tra la forma, ossia l’organizzazione interna, e la
sostanza, ossia la materia, del significato. ogni lingua ritaglia in modo proprio un
certo spazio di significato distinguendo una o più entità ad esempio il verbo
andare in italiano viene distinto nel tedesco in due diverse entità intendendo per una
l’andare a piedi e per l’altra l’andare con un mezzo.
4. Quarto livello: è arbitrario il rapporto tra forma e sostanza del significante ogni
lingua organizza secondo propri criteri la scelta dei suoi pertinenti distinguendo le
entità rilevanti della materia fonica, infatti, il significante è fondamentalmente di
carattere fonico – acustico, basti pensare alla lunghezza delle vocali utilizzata nelle
diverse lingue in latino anus con la a lunga significa “vecchia”, mentre con la a
breve significa “ragazza”.
Vi sono però delle eccezioni:
a. Le onomatopee: segni linguistici che riproducono o richiamano nel loro significante
caratteri fisici di ciò che viene designato, però va notato che anche esse possiedano
un grado di integrazione nella convenzionalità arbitraria del singolo sistema
linguistico.
b. Ideofoni: espressioni imitative o azioni, usate molto frequentemente nei fumetti. È in
dubbio il loro statuto di effettive parole usate nella lingua italiana.
c. Il plurale: si riduce l’importanza dell’arbitrarietà come carattere costitutivo dei segni
linguistici. In molte lingue il plurale si forma con l’aggiunta di altro materiale
linguistico, di conseguenza si è sostenuto che questo obbedirebbe ad un principio di
iconismo, ossia l’idea di pluralità nella realtà sarebbe evocata nella lingua dal fatto
che questa forma contenga anche più materiale fonico. In italiano non è così perché il
plurale si forma con un cambio di desinenza, mentre in altre lingue, o nel caso dei
dialetti, agiscono sottraendo materiale.
d. Fonosimbolismo: certi suoni per la loro natura vengono associati a certi significati
come il suono della i chiusa associato a cose piccole. In questi casi, però, si può
spesso ricorrere a controesempi che non si possono prendere interamente come
esempi di argomenti contro il principio di arbitrarietà dei segni linguistici.
Si può concludere affermando che queste eccezioni non mettano veramente in crisi il
principio dell’arbitrarietà, ma il suo rapporto con la motivazione ha assunto una nuova
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dimensione, poiché l’approccio cognitivista e funzionalista nega l’autonomia strutturale
interna, fondata iuxta propria principia, ossia i principi di organizzazione peculiari e
specifici e vede la loro strutturazione come dipendente dalle proprietà della mente umana e
dalle caratteristiche generali del modo in cui l’uomo percepisce la realtà.
1.3.3 Doppia articolazione
È caratterizzante di ogni lingua, non va confusa con la biplanarità e consiste nel fatto che il
significante di un segno linguistico è articolato a due livelli nettamente diversi. Ad un primo
livello il significante può essere diviso in unità, portatrici ancora di un significato che
vengono riutilizzate per formare altri segni ( prima articolazione). Questi elementi sono
unità minime di prima articolazione e non sono ulteriormente scomponibili in elementi più
piccoli che abbiano ancora un significato. Queste unità di prima articolazione vengono
chiamate morfemi (associazioni di un significante e un significato segni piccoli). Ad un
secondo livello si otterranno unità scomposte che non riconducono ad un significato e che,
combinate insieme danno origine alle unità di prima articolazione (seconda
articolazione) il morfema è scomponibile in suoni e in questo modo si ottengono le unità
di seconda articolazione, ovvero i fonemi. Unità minime di prima e seconda articolazione,
come nella parola sforna in cui il morfema e fonema s coincide. La doppia articolazione
rappresenta una vera e propria proprietà del linguaggio verbale umano essa consente alla
lingua molta economicità di funzionamento poiché con un numero limitato di seconda
articolazione si può costruire un numero illimitato di unità dotate di significato. Di
conseguenza è anche importante il principio di combinatorietà la lingua funziona
combinando unità minime prive di significato per formare un numero indefinito di unità
maggiore, ossia i segni. produttività illimitata
1.3.4 Trasponibilità di mezzo
Il significante dei segni linguistici può essere trasmesso sia attraverso l’aria, ossia il canale
fonico – acustico, sia attraverso il mezzo della luce, ovvero il canale visivo – grafico,
sottoforma di segni ricevuti tramite l’apparato visivo. trasponibilità di mezzo. Nonostante
il fatto che i segni linguistici possono essere riprodotti sia oralmente che graficamente, il
carattere orale risulta comunque prioritario poiché spesso si dice che un carattere essenziale
del linguaggio umano sia la fonicità.
Il parlato è sicuramente prioritario antropologicamente poiché tutte le lingue scritte
sono sicuramente parlate, ma non è detto che tutte le lingue parlate siano dotate di
scrittura si tratta di fattori storico – sociali. Inoltre, l’importanza che ha assunto
per noi la scrittura ha data piuttosto recente. Infine, statisticamente il parlato viene
utilizzato molto di più dello scritto ogni giorno.
È una priorità ontogenetica poiché ogni umano prima impara a parlare nel momento
della socializzazione primaria in modo naturale, poi a scrivere per un addestramento
guidato specifico. Questo però non significa che tutti sappiano effettivamente
scrivere.
C’è una priorità filogenetica poiché la scrittura si è sviluppata sicuramente molto
tempo dopo rispetto al parlato le prime attestazioni scritte che giungono a noi sono
le scritture pittografiche di circa cinque millenni prima di Cristo e quella cuneiforme
dei Sumeri del 3500 a. C circa. La scrittura alfabetica consonantica, ossia priva delle
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vocali, si è formata presso i Fenici intorno al 1300 a. C. da questa derivano poi
l’alfabeto ebraico, aramaico, base della futura scrittura araba, greco dal quale
verranno poi il cirillico e il latino. Le origini del linguaggio sono più antiche, infatti
vengono associate a qualche forma embrionale di comunicazione con segni
linguistici dell’Homo habilis, Homo erectus, e del sapiens sapiens. sembra quindi
che esistessero già i prerequisiti biologici necessari per il linguaggio verbale.
Il canale fonico – acustico presenta numerosi vantaggi:
1. Basta che ci sia l’aria e può essere utilizzato in ogni circostanza, anche in presenza di
ostacoli tra emittente e ricevente
2. Possono essere effettuate in concomitanza di altre prestazioni fisiche e intellettive
accompagnano e guidano altre azioni
3. Si può localizzare la fonte di emissione del messaggio
4. La ricezione è contemporanea all’emissione del messaggio
5. È più rapido dello scritto
6. Il parlato può essere trasmesso a diversi destinatari e può essere colto da ogni
direzione
7. Il messaggio ha rapida dissolvenza e lascia subito il libero passaggio ad altri
messaggi in certi casi però è vantaggioso lo scritto che rimane.
8. L’energia richiesta nel parlato è molto ridotta rispetto a quella usata nello scritto
Nelle società moderne lo scritto però risulta prioritario perché è lo strumento di fissazione e
trasmissione della tradizione culturale. Inoltre, non tutto il parlato può avere un
corrispondente nello scritto. La diversità del mezzo crea dei caratteri strutturali diversi e
irriducibili che conferiscono sia all’uno che all’altro una certa peculiarità.
1.3.5 Linearità e discretezza
Per linearità si intende che il significante viene prodotto, si realizza, si sviluppa in
successione nel tempo e/o nello spazio, tale che non si può decodificare il segno. Molti altri
tipi di segni, invece, sono globali e vengono percepiti come un tutto in modo simultaneo (
segnali stradali, colore del semaforo). L’ordine i cui si susseguono le parti del segno è
pertinente al suo significato. Implica anche monodimensionalità poiché il significante si
sviluppa lungo una sola direzione, è connesso alla doppia articolazione.
Un’altra caratteristica propria dei segni linguistici è la discretezza, ovvero il fatto che la
differenza fra gli elementi è non quantitativa o relativa, non costituiscono una materia
continua, ma c’è un confine fra un elemento e un altro, che sono distinti e ben separabili
l’uno dall’altro. (pollo e bollo sono simili a livello di suoni, ma non hanno un significato che
simboleggi una via di mezzo tra i due). Una conseguenza della discretezza è che non si
possa intensificare nella lingua il significante come si può fare per quanto riguarda il
significato, come si fa per esempio con grida e intenzioni ( un ahi detto a bassa voce è
meno intenso di un AHI detto ad alta voce). In sostanza nella lingua il significato non varia
al variare del significante, e viceversa.
1.3.6 Onnipotenza semantica, plurifunzionalità e riflessività
Con onnipotenza semantica si intende il fatto che sia possibile dare un’espressione a
qualsiasi contenuto, nel senso che un messaggio formulato in qualsiasi altro codice o
sistema di segni sarebbe traducibile in lingua, ma non viceversa, con la lingua si può dire
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tutto, ogni messaggio può essere tradotto compiutamente in un messaggio linguistico. In
questo caso è più prudente parlare di plurifunzionalità o pluripotenza. La lingua permette
di adempiere ad una lista molto ampia di funzioni diverse:
a. La concezione di lingua come riflessione del pensiero che contrassegna una fra le più
importanti correnti della linguistica contemporanea, ovvero la linguistica generativa.
Altre correnti privilegiano come funzione principale della lingua quella di strumento
di comunicazione.
b. Trasmette informazioni
c. Instaura e mantiene attività e rapporti sociali
d. Manifesta i sentimenti
e. Risolve i problemi, si pensi soprattutto al campo scientifico
f. Permette di creare mondi possibili, si pensi al campo letterario.
Bisogna fare un cenno ad una classificazione di funzioni della lingua molto noto, ossia
quello proposto da R. Jakobson, il quale identifica sei classi di fattori su cui sarebbe
incentrata ogni funzione:
1. La funzione emotiva o espressiva: esprime le sensazioni del parlante.
2. La funzione metalinguistica: specifica aspetti del codice e calibra il messaggio sul
codice.
3. La funzione referenziale o denotativa: fornisce informazioni sulla realtà esterna.
4. La funzione conativa: volta a far agire in un certo modo il ricevente, ottenendo un
determinato comportamento.
5. La funzione fàtica: verifica e sottolinea il canale di comunicazione e/o il contatto
fisico o psicologico fra i parlanti.
6. La funzione poetica: esplicita e sfrutta le potenzialità insite nel messaggio e i
caratteri interni del significante e del significato.
Bisogna specificare che di funzione ce n’è sempre una prevalente, poiché tutte sono sempre
presenti in ogni messaggio una risulta la predominante. Riferendoci a questo schema
possiamo osservare un corollario di onnipotenza della lingua secondo il quale con essa si
possa parlare della lingua stessa si possono usare i termini di metalingua o
metalinguaggio. A tale proposito viene dato il nome di riflessività non sembrano
esistere altri codici di comunicazione che consentano di formulare messaggi su sé stessi.
si forma nel bambino quando inizia ad apprendere la lingua stessa.
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un numero teoricamente illimitato di volte, se sono date le condizioni strutturali in cui
questo si applica un esempio è ricavare una parola da un’altra semplicemente
aggiungendo un suffisso, così anche con le frasi, se ne ottengono sempre via via più
complesse inserendo quella di partenza e quelle che si formano in un’altra frase. La teoria
della ricorsività in teoria è illimitata, anche se il limite sta nell’utente, non nel sistema
linguistico oltre ad un certo grado di lunghezza e complessità il segno non è più
maneggiabile e crea problemi nella memorizzazione, nell’elaborazione e nella
processazione del messaggio gli utenti sono finiti in un sistema infinito.
1.3.8 Distanziamento e libertà di stimoli
Il distanziamento riguarda il modo di significazione della lingua e distingue il linguaggio
umano da quello animale è la possibilità, insita nella lingua di formulare messaggi
relativi a cose lontane nel tempo e nello spazio dal momento e dal luogo in cui si svolge
l’interazione comunicativa o viene prodotto il messaggio. In sostanza, a differenza dei
sistemi di comunicazione di un animale, abbiamo la possibilità di riferirci a qualcosa che
non appartiene alla situazione circostante. Questo è estremamente connesso ad un altro
aspetto, ossia la libertà di stimoli. In questo senso si può dire che la lingua è indipendente
dalla situazione immediata e dalle costrizioni dei suoi stimoli gli aspetti esterni della
situazione e le nostre reazioni interne ad essi non sono causa né necessaria né sufficiente
dell’emissione di un determinato messaggio. gli etologi hanno studiato che, a differenza
degli umani, il latrato del macaco fatto in presenza di un predatore in maniera deterministica
è una reazione fisiologica istintiva. Nell’emissione di messaggi nel linguaggio umano non
c’è nessun aspetto deterministico.
1.3.9 Trasmissibilità culturale
Antropologicamente la lingua viene trasmessa per tradizione, le convenzioni che
costituiscono il codice e le regole passano da una generazione all’altra per apprendimento
spontaneo, non attraverso informazioni genetiche. Ogni essere umano inizia a conoscere
almeno una lingua, che è quella della comunità sociale, impariamo la lingua propria
dell’ambiente in cui cresciamo, non necessariamente quella dei nostri genitori. Non è solo
un fatto culturale, ma anche la componente innata è significativa nel linguaggio nel quale si
trova una componente culturale – ambientale, che specifica quale lingua impariamo e
parliamo, e una componente innata che fornisce la predisposizione a comunicare mediante
una lingua. In questo senso il linguaggio è universale, le lingue storico – naturali sono
particolari. L’interazione tra componente innata e culturale non ha luogo soltanto nella
prima infanzia, ma anche nella prepubertà linguistica o periodo critico. Se non si
apprende la comunicazione entro gli 11 – 12 anni allora lo sviluppo della lingua è bloccato,
inoltre, entro questa età l’apprendimento è naturale e rapido, mentre imparare una seconda
lingua diventa arduo e faticoso.
1.3.10 Complessità sintattica
Tra le ultime proprietà della lingua ce ne sono di inerenti alla natura e configurazione
interna del sistema linguistico. La complessità sintattica consiste nel fatto che i messaggi
linguistici possono presentare un alto grado di elaborazione strutturale con una ricca
gerarchia di rapporti di concatenazione e funzionali fra gli elementi disposti linearmente. La
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disposizione degli elementi non è mai indifferente. Fra gli aspetti rilevanti nella trama
sintattica vi sono:
a. L’ordine degli elementi contigui, le posizioni lineari in cui essi si combinano.
b. Le dipendenze che vigono fra gli elementi contigui. I rapporti gerarchici fra gli
elementi che costituiscono una frase rappresentano una seconda trama della
strutturazione sintattica che si sovrappone alla successione lineare ed è indipendente
da essa.
c. Le incassature
d. La ricorsività combinata con la discontinuità dei rapporti sintattici.
e. La presenza di parti del messaggio che danno informazioni sulla sua struttura
sintattica congiunzioni coordinanti e subordinanti.
f. La possibilità di discontinuità le costruzioni ammesse dalla lingua possono
ammettere che elementi strettamente uniti dal punto di vista semantico e sintattico
non siano tra loro adiacenti capita nel tedesco e nel latino.
1.3.11 Equivocità
Si tratta di una proprietà interessante del codice, in quanto insieme di corrispondenze. La
lingua è un codice tipicamente equivoco pone corrispondenze plurivoche fra gli elementi
di una lista a quelli della lista a questa associata. Mentre un codice non equivoco pone
rapporti biunivoci, la lingua pone corrispondenze doppiamente plurivoche tra i significanti e
i significati. ad un unico significante possono corrispondere tanti significati e viceversa.
L’equivocità risulta importante e, anche se non sembra, è anche un vantaggio per la lingua,
perché questa la rende malleabile e adattabile ad ogni contesto, dal quale si può sempre
evincere il significato.
1.3.12 Lingua solo umana?
Si giunge quindi a porsi la domanda se la lingua sia soltanto una facoltà umana o di altri
esseri animati. Le opinioni degli studiosi non sono tutte concordi a riguardo, ma la
maggioranza ritiene che la facoltà verbale sia specie – specifica degli uomini e sia maturata
come tale nel corso dell’evoluzione. Solo l’uomo possiede le precondizioni anatomiche e
neurofisiologiche necessarie per l’elaborazione mentale e fisica del linguaggio verbale:
1. Un adeguato volume del cervello, circonvoluzioni della corteccia cerebrale, quantità
e plasticità dei collegamenti interneuronali.
2. Conformazione del canale fonatorio a due canne con un angolo fra il cavo orale e la
laringe e con la faringe che fa da cassa di risonanza.
La prima rende possibile la memorizzazione, l’elaborazione e la processazione del
linguaggio. La seconda, unita anche alla funzione delle corde vocali, consente le distinzioni
articolatorie nella produzione fonica per la comunicazione orale. Scienze come l’etologia, la
zoologia, la psicologia animale e la zoosemiotica, un settore che si occupa della
comunicazione animale, hanno analizzato attentamente i modi di comunicare tra loro degli
animali, come per esempio succede con la danza delle api, ma in nessun caso si sono
riscontrate tutte o gran parte delle proprietà che ritroviamo nella lingua. Sono stati fatti
parecchi tentativi per poter sviluppare tecniche di apprendimento che possedessero le stesse
caratteristiche fondanti del linguaggio verbale, come la lingua dei segni, basata su gesti e
atteggiamenti del viso e degli arti invece che sul canale vocale. Sono stati anche stati
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effettuati dei tentativi sugli animali come gli scimpanzè con scarsi risultati nei casi
migliori, gli scimpanzè arrivano a maneggiare un centinaio o poco più di segni e a formare
un repertorio limitato di combinazione di tre o quattro segni con struttura molto semplice,
solo sempre in risposta a specifici stimoli situazionali. è privo di vera intenzionalità
comunicativa e consisterebbe in opera di imitazione. Pare che la teoria che prevede che il
linguaggio sia un’attività innata della specie umana di Chimpsky sia quella più attendibile.
La neurolinguistica sperimentale, mediante le tecniche di neuroimmagine ha dimostrato
come nell’esecuzione di compiti verbali come la morfologia vengano attivate aree
specifiche della corteccia vertebrale, c’è infatti una localizzazione in uno o nell’altro
emisfero cerebrale degli impulsi (lateralizzazione), quella più coinvolta per l’elaborazione
del linguaggio è l’area di Broca, zona corticale nella terza circonvoluzione del lobo
frontale dell’emisfero sinistro.
1.3.13 Definizione di lingua
Si può dire che la lingua un codice che organizza un sistema di segni dal significante
primariamente fonico – acustico, capaci di esprimere ogni esperienza esprimibile, posseduti
come conoscenza interiorizzata che permette di produrre infinite frasi a partire da un
numero finito di elementi.
1.4 Principi generali per l’analisi della lingua
1.4.1 Sincronia e diacronia
Sincronia dal greco syn (insieme) e chronos (tempo).
Diacronia dal greco dià (attraverso) e chronos.
Indicano due condizioni che si possono allargare all’ambito delle lingue in relazione all’asse
temporale. Con diacronia si intende la considerazione delle lingue e degli elementi della
lingua lungo il loro sviluppo temporale; con sincronia si intende la considerazione delle
lingue e degli elementi della lingua facendo un taglio sull’asse del tempo e guardando a
come essi si presentano in un determinato momento agli occhi e all’esperienza
dell’osservatore, nel loro presente, prescindendo da quella che è stata l’evoluzione
temporale e i mutamenti. Fare l’etimologia di una parola e analizzare la storia che la
compone e che lega significante e significato è compito della linguistica diacronica. Mentre
descrivere il significato che assumono oggi le parole in italiano è compito della linguistica
sincronica. È impossibile separare la dimensione sincronica da quella diacronica perché un
qualsiasi elemento della lingua in un certo momento è sia in virtù delle relazioni che
intrattiene con gli altri elementi del sistema linguistico ( sincronia) sia in virtù della sua
storia precedenti che lo ha portata alla condizione attuale ( diacronia). Inoltre, non esiste
una sincronia assoluta perché la lingua è in movimento nell’asse del tempo. La distinzione
fra la considerazione sincronica e la considerazione diacronica è uno dei fondamenti
metodologici principali con cui si accosta alla lingua. Solo l’astrazione concessa dalla
visuale sincronica permette di vedere come funziona il sistema linguistico e di descrivere le
unità che lo costituiscono.
1.4.2 Langue e parole
Bisogna distingue il sistema astratto da quello concreto e questa distinzione si è ripresentata
secondo tre terminologie principali:
1. La coppia oppositiva langue e parole, cardine di de Saussure.
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2. La coppia oppositiva tra sistema e uso di Hjelmslev
3. L’opposizione fra competenza ed esecuzione o performance, tipica della linguistica
generativa, di cui si occupa Chomsky
Col primo termine di tutte e tre le coppie (langue, sistema e competenza) si intende
l’insieme di conoscenze mentali, di regole interiorizzate insite nel codice lingua, che
costituiscono la nostra capacità di produrre messaggi in una certa lingua e sono possedute in
ugual misura come sapere astratto, e in genere inconscio, in ugual misura da tutti i membri
di una comunità linguistica idealmente omogenea. Col secondo termine si intende l’atto
linguistico individuale, ossia la realizzazione concreta di un messaggio verbale in una certa
lingua. Parole, uso ed esecuzione richiedono la presenza di langue, sistema e competenza di
cui sono l’esternazione. La coppia langue e parole possiede una triplice opposizione tra
astratto, sociale e costante e concreto, individuale e mutevole. Linguisti come Coseriu
pongono una terza entità tra langue e parole, ovvero la norma, una sorta di filtro tra i due,
specificando quali sono le possibilità del sistema che vengono attualizzate nell’uso dei
parlanti di una lingua in un certo momento storico. Ci sono nomi che derivano da verbi,
mentre altri no la norma in questi casi risulta quindi sociale e concreta, in quanto
rappresenta l’insieme delle realizzazioni condivise del sistema non tutte le possibilità
previste vengono attualizzate dalla norma, che compie una scelta all’interno del sistema. Per
studiare la langue il linguista deve partire dalla parole che fornisce i dati necessari
osservabili da cui ricavare le leggi del sistema. Porre al centro dell'attenzione del linguista la
langue significa porre l'astrazione l'idealizzazione come momento necessario dell'analisi
scientifica: partendo dalla loro manifestazione concreta il linguista opera su oggetti di
indagine astratti e ideali.
1.4.3 Paradigmatico e sintagmatico
La distinzione tra paradigmatico e sintagmatico è avvenuta anch’essa in de Saussure
(associativo e sintagmatico un duplice instaurarsi di rapporti nel funzionamento del
sistema linguistico e nella produzione di messaggi verbali. Ogni attuazione di un elemento
di sistema di segni implica una scelta in un paradigma di elementi selezionabili in quella
posizione: l’elemento che compare esclude tutti gli altri che potrebbero comparire
l'attuazione di quell'elemento in una certa posizione implica la presa in conto degli elementi
che compaiono nelle posizioni precedenti e susseguenti dello stesso messaggio coi quali
quel dato elemento a rapporti sull'asse sintagmatico e coi quali quindi deve sussistere una
coerenza sintagmatica lungo lo sviluppo lineare del messaggio. L'asse paradigmatico
riguardare le relazioni a livello del sistema, l'asse sintagmatico riguarda le relazioni a livello
delle strutture che realizzano le potenzialità del sistema. La dimensione paradigmatica e la
dimensione sintomatica costituiscono la duplice prospettiva secondo cui funzionano le
strutture, le combinazioni di segni linguistici, e secondo cui esse vanno viste: la prima
fornisce i serbatoi da cui attingere le singole unità linguistiche, mentre la seconda assicura
che le combinazioni di unità siano formate in base alle restrizioni adeguate per ogni lingua.
L'organizzazione secondo i due principi dell'asse paradigmatico e dell'asse sintagmatico è
molto importante in quanto origina diversa degli elementi della lingua, permettendo di
riconoscere classi di elementi che condividono le stesse proprietà distribuzionali in
opposizione a quelle che hanno distribuzione diversa.
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1.4.3 Livelli d’analisi
Nel percorso per studiare com’è fatta una lingua si parte dalla seconda articolazione,
studiando la materia grezza della lingua, ossia il significante in quanto tale, passando poi
alla prima articolazione. Nella lingua ci sono 4 livelli di analisi:
Quello del significante come mero significante.
Quello del significante inteso come portatore di significato
Quello del significato
Tre livelli sono relativi al piano del significante: uno per la seconda articolazione (fonetica e
fonologia), due per la prima articolazione che riguarda entrambi (morfologia e sintassi).
Esistono anche secondari studi della lingua, come la grafematica (come la realtà fonica
viene tradotta in scrittura) e la pragmatica e testualità (riguardano l’organizzazione dei
testi in situazione). La fonetica e la fonologia riguardano il veicolo fisico della
comunicazione verbale, mentre morfologia e sintassi rappresentano i livelli interni in cui il
sistema si organizza secondo i principi che governano la facoltà di linguaggio in quanto
competenza specifica dell’uomo.
CAPITOLO 2
FONETICA E FONOLOGIA
2.1 Fonetica
Il significante è di carattere fonico – acustico, di conseguenza serve analizzare come sono
fatti i suoni e di questo si occupa la fonetica, dal greco phoné, ossia “voce, suono” tratta
la componente fisica, materiale della comunicazione verbale. La fonetica si distingue in 3
campi principali:
1. La fonetica articolatoria: studia i suoni del linguaggio in base al modo in cui
vengono articolati.
2. La fonetica acustica: studia i suoni del linguaggio in base alla loro consistenza fisica
e modalità di trasmissione, in quanto onde sonore che si propagano in un mezzo.
3. La fonetica uditiva o percettiva o uditivo – percettiva: studia i suoni del
linguaggio in base al modo in cui vengono ricevuti, percepiti dall’apparato uditivo –
umano e decodificati dal cervello.
In particolare, verrà presa in considerazione la fonetica articolatoria, ritenuta basilare, ma
per certi fenomeni saranno necessari i riferimenti a quella acustica.
2.1.1 Apparato fonatorio e meccanismo di fonazione
È necessario partire da come è fatto l’apparato fonatorio, ossia dall’insieme di organi che la
specie umana utilizza per parlare. I suoni vengono normalmente prodotti mediante
l’espirazione (flusso d’aria egressivo) l’aria si muove dai polmoni attraverso i bronchi e
la trachea e raggiunge la laringe in corrispondenza del ‘pomo d’Adamo’. Tuttavia, esistono
suoni prodotti anche senza l’uso dei polmoni, mediante l’inspirazione (flusso d’aria
ingressivo), detti avulsivi. Nella laringe l’aria incontra le corde vocali, o pliche laringee,
due pieghe di mucosa laringea che durante la respirazione risultano separate e rilassate,
mentre durante la fonazione possono contrarsi, avvicinarsi, accostarsi l’una all’altra,
riducendo o bloccando il flusso d’aria. Lo spazio fra esse, detto rima vocale, può essere
completamente libero, parzialmente libero, o completamente ostruito. I cicli rapidissimi di
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chiusure e aperture della rima vocale, provocati dalla pressione dell’aria, costituiscono le
vibrazioni delle corde vocali questo insieme di fenomeni viene chiamato meccanismo
laringeo, il momento fondamentale della produzione dei suoni. Il numero di queste chiusure
e aperture costituisce la frequenza fondamentale, indicata con f0, è un parametro acustico
misurato in Hertz. La relativa distingue le voci più acute, che solitamente sono femminili o
infantili, da quelle più gravi, che, invece, sono maschili. Il flusso poi passa nella faringe,
nella cavità boccale o orale. Nella parte superiore della faringe, la parte posteriore del palato
o velo, da cui pende l’ugola, si può lasciare aperto o chiudere il passaggio alla cavità nasale,
spostandosi all’indietro. Nella cavità orale ci sono gli importanti organi mobili o fissi:
La lingua: in essa si distinguono una radice, ossia la parte posteriore; un dorso, ossia
la parte centrale; un apice, ossia punta, che, assieme alla lamina, costituisce la parte
anteriore della lingua, detta anche corona.
Il palato: bisogna considerare separatamente il velo, o palato molle.
Gli alveoli: zona immediatamente retrostante ai denti (gengive posteriori).
I denti
Le labbra
Anche la cavità nasale può partecipare nel meccanismo della fonazione, quando il velo e
l’ugola si trovano in posizione di riposo e permettono il passaggio dell’aria attraverso il
naso. Il luogo in cui viene articolato un suono costituisce un primo parametro per la
classificazione dei suoni nel linguaggio. Un secondo parametro è il modo di articolazione,
ossia la conformazione degli organi fonatori e il restringimento relativo che in un certo
punto frappone al passaggio del flusso d’aria. Un terzo parametro è dato dal contributo
della mobilità di singoli organi all’articolazione dei suoni. Si possono quindi distinguere
suoni prodotti senza la frapposizione di ostacoli al passaggio del flusso d’aria (le vocali o
vocoidi) e i suoni prodotti mediante la frapposizione di un ostacolo che può essere parziale
o totale al passaggio dell’aria in qualunque punto del percorso (le consonanti o contoidi). I
suoni prodotti con concomitante vibrazione delle pliche accostate e tese sono detti sonori,
mentre quelli prodotti senza vibrazioni delle pliche discoste sono detti sordi. Le vocali sono
sempre sonore, mentre le consonanti possono essere sia sorde che sonore.
2.1.2 Consonanti
Modo di articolazione
Le consonanti vengono prodotte dalla frapposizione di un ostacolo al flusso d’aria. Questo
ostacolo può essere completo, quando il contatto di organi provoca un’occlusione, o
parziale, quando si ha un restringimento della cavità in cui passa il flusso d’aria senza vero
contatto e senza che si crei un blocco. Per questi parametri si riconoscono due grandi classi
di consonanti: le occlusive o plosive o esplosive, e le fricative o spiranti, che si chiamano
così perché l’avvicinamento degli organi provoca un rumore di frizione ad un livello
superiore conviene anche distinguere dalle fricative le approssimanti, ovvero quelle in cui
l’avvicinamento degli organi articolatori non arriva a provocare una frizione così sensibile
(lo sono le semiconsonanti e le semivocali). NB: esistono suoni consonantici che
possono iniziare come un’occlusiva con una rapidissima occlusione del canale, per poi
concludere con una fricativa, a causa di un restringimento del canale. Queste vengono
chiamate affricate. Possono però intervenire anche altri fattori:
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Movimenti o atteggiamenti della lingua o la partecipazione della cavità nasale si
possono avere consonanti laterali perché l’aria passa solo ai lati, o ad un lato, della
lingua; vibranti, quando si hanno rapidi contatti intermittenti tra la lingua e un altro
organo articolatorio; le laterali e le vibranti possono fondersi sotto l’etichetta di
liquide; si possono anche avere le nasali quando ricorre il passaggio d’aria nella
cavità nasale.
L’energia articolatoria con la quale vengono prodotte che dà luogo a consonanti
forti, come le occlusive forti, a quelle più leni, come la approsimanti. le occlusive in
genere sono più forti delle fricative.
La presenza di aspirazione: riguarda soprattutto le occlusive e le affricate davanti ad
una vocale, vale a dire un intervallo di tempo fra il rilascio dell’occlusione o della
tenuta della consonante e l’inizio della vibrazione delle pliche, che produce una
specie di soffio laringale le consonanti così vengono dette aspirate.
Luogo (o punto) di articolazione
Le consonanti vengono classificate anche in base al punto dell’apparato fonatorio in cui
sono articolate. Si possono quindi ottenere:
1. Le bilabiali: prodotte dalle labbra o tra le labbra
2. Le labiodentali: prodotte fra l’arcata dentaria superiore e il labbro inferiore
3. Le dentali: prodotte a livello dei denti si possono anche avere le alveolari che
vengono prodotte dalla lingua contro o vicino gli alveoli.
4. Le palatali: prodotte dalla lingua contro o vicino al palato duro nella zona fra
alveoli e il palato duro si hanno le postalveolari.
5. Le velari: prodotte dalla lingua contro o vicino al velo.
6. Le uvulari: prodotte dalla lingua contro o vicino all’ugola.
7. Le faringali: prodotte fra la base della radice della lingua e la parte posteriore della
faringe
8. Le glottidali: prodotte direttamente nella glottide a livello delle corde vocali.
Si possono anche prendere in considerazione i casi in cui si ottengono diversi tipi di
consonanti a seconda della parte della lingua che interviene specificatamente
nell’articolazione:
1. Le coronali: prodotte con la parte anteriore della lingua
2. Le apico – dentali: prodotte dall’apice contro o vicino ai denti
3. Le apico – alveolari: prodotte dall’apice contro o vicino agli alveoli.
4. Le dorso – palatali: prodotte dal dorso della lingua contro o vicino al palato duro.
5. Le radico – velari: prodotte dalla radice della lingua contro o vicino al velo.
Esistono anche le cosiddette consonanti retroflesse, ovvero quelle articolate flettendo
all’indietro l’apice della lingua verso la parte anteriore del palato, come avviene nella parola
beddu.
2.1.3 Vocali
Sono suoni prodotti senza che si frapponga un ostacolo e sono quindi caratterizzate dalle
diverse conformazioni che assume la cavità orale a seconda delle posizioni che prendono gli
organi mobili, in particolare la lingua, al passaggio dell’aria proveniente dalla glottide. Per
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classificare i suoni vocalici, in primo luogo, bisogna prendere in considerazione le varie
posizioni della lingua, nel suo grado di:
a) Avanzamento o arretramento: si possono avere le anteriori, articolate con la lingua
in posizione avanzata; le posteriori, articolate con la lingua in posizione arretrata; le
centrali. Con una diversa terminologia che si riferisce all’area a cui la lingua si trova
più vicina nell’articolare il suono relativo si possono chiamare le anteriori, palatali,
mentre le posteriori, velari.
b) Innalzamento o abbassamento: le vocali possono essere alte o chiuse, medie (con
distinzione anche tra medio – alte o semichiuse e medio – basse o semiaperte) e
basse o aperte. Fra medio – alte, medio – basse e basse si può avere un ulteriore
gradino di semialte e semibasse.
La posizione in cui vengono articolate le vocali secondo il duplice asse verticale e
orizzontale è rappresentata da uno schema, detto trapezio vocalico per la sua forma. Un
altro parametro è caratterizzato dalla posizione delle labbra durante l’articolazione, che
possono essere distese, possono formare una fessura, o possono essere tese e protruse, ossia
sporgere in avanti dando luogo ad una specie di rotondità. Quando sono protruse le vocali
vengono chiamate arrotondate o labializzate o procheile, in caso contrario saranno non
arrotondate o non labializzate o aprocheile. Normalmente quelle anteriori tendono a non
essere arrotondate, mentre le posteriori sì. Anche in questo caso, i suoni vocalici possono
essere realizzati con o senza passaggio contemporaneo dell’aria nella cavità nasale.
vengono dette nasali.
2.1.4 Approssimanti
Esistono suoni che risultano una via di mezzo tra vocali e consonanti fricative, ovvero con
un semplice inizio di restringimento del canale orale, sulla base del fatto che avviene un
inizio di avvicinamento fra gli organi contrapposti. Fra le approssimanti esistono suoni
simili alle vocali, di cui condividono la localizzazione articolatoria semivocali o
semiconsonanti. Esse vanno tenute distinte: alle semiconsonanti viene associato un suono
in cui la componente del fruscìo risulta più marcata; le semivocali, a differenza delle vocali,
possono costituire apice di sillaba e assieme alla vocale a cui sono sempre contigue nella
catena fonica costituiscono un dittongo, o trittongo se più di una. Le semivocali possono
anche essere distinte le anteriori o palatali dalle posteriori o velari.
2.1.5 Trascrizione fonetica
I diversi sistema di scrittura utilizzati nelle diverse lingue rendono in varia maniera nel
mezzo grafico la realtà fonica della produzione verbale. Nei sistemi alfabetici tipici delle
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lingue europee ogni singolo suono viene reso in linea di principio da un particolare simbolo
grafico esistono grafie sillabiche che rendono intere sillabe con appositi simboli; e grafie
di carattere ideografico, basate su segni che riproducono tratti dell’entità significata e i cui
caratteri corrispondono a morfemi o parole e non a entità foniche. Le grafie alfabetiche
formatesi per convenzione, sono, però, tutt’altro che univoche. Non c’è rapporto biunivoco
tra suoni e grafemi:
a) Allo stesso singolo suono possono corrispondere nella stessa lingua o in lingue
diverse più grafemi differenti.
b) Uno stesso grafema può rendere suoni diversi
c) Un singolo suono può essere reso da più grafemi combinati
d) Ad uno o più grafemi in una parola può non corrispondere alcun suono (come la h in
italiano).
L’ortografia italiana si può comunque definire abbastanza fedelmente fonografica in quanto
siamo abituati ad ogni suono una lettera e, quindi, anche a leggere e pronunciare ‘come si
scrive’. Mentre la grafia dell’italiano non risulta troppo lontana dalla realtà fonica, quella
del francese e dell’inglese sono distanti: l’inglese ha un’ortografia con elementi addirittura
logografici, spesso suoni singoli corrispondono a sequenze diverse di lettere, e lettere non
hanno nessun corrispondente fonico. La realtà è che la lingua è primariamente fonica, quello
che conta è la fonia, non la grafia. L’analisi linguistica deve sempre basarsi sull’immagine
fonica delle parole. Per ovviare alle incongruenze ed avere uno strumento di
rappresentazione grafica dei suoni del linguaggio, i linguisti hanno elaborato sistemi di
trascrizione fonetica in cui c’è corrispondenza biunivoca fra suoni rappresentati e segni
grafici che li rappresentano il più diffuso è l’Alfabeto fonetico Internazionale, indicato
con la sigla IPA, introdotto dalla società dei fonetisti nel 1888 e poi successivamente
modificato o integrati. Una parte dei grafemi IPA corrisponde a quelli dell’alfabeto latino,
usati nella grafia normale dell’italiano, ma molti altri grafemi hanno una forma speciale.
L’accento nella trascrizione IPA viene indicato con un apice (‘) posto prima della sillaba su
cui esso cade. Vocali e consonanti lunghe sono indicate da due punti triangolari posti dopo
il simbolo fonetico.
2.2 Fonologia
2.2.1 Foni, fonemi, allofoni
Ogni suono pronunciabile dall’apparato fonatorio umano rappresenta un potenziale suono
del linguaggio, chiamato fono (realizzazione concreta di qualsiasi suono del linguaggio).
Esso può indicare sia un singolo suono concretamente realizzato in una circostanza da un
parlante, sia la classe di suoni concreti che condividono le stesse caratteristiche articolatorie
particolari. Quando hanno valore distintivo, ossia si oppongono sistematicamente ad altri
foni nel distinguere e formare diverse parole della lingua, si diche che funzionano da
fonemi, ovvero le unità minime in fonologia. La fonologia studia l’organizzazione e il
funzionamento dei suoni nel sistema linguistico. Nella parola “mare” si possono
pronunciare ognuno dei foni costitutivi della parola in modi diversi. Ogni fono distingue e
oppone la parola da altre di conseguenza è formata da quattro fonemi /m/ /a/ /r/ /e/. La
trascrizione fonetica può essere larga o stretta, quella fonematica riproduce solo le
caratteristiche pertinenti della realizzazione fonica, trascurano le particolarità e le differenze
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che non hanno valore distintivo, quindi è sempre larga. Ciascuno dei 4 fonemi è identificato
per opposizione, attraverso un procedimento che consiste nel confrontare un’unità in cui
compaia il fono di cui vogliamo dimostrare se è o no fonema con altre unità della lingua che
siano uguali in tutto tranne che nella posizione in cui sta il fono in oggetto prova di
commutazione. Vocali e consonanti non sono mai in opposizione: vocali si oppongono alle
vocali, le consonanti alle consonanti e le semivocali alle semivocali vocali e consonanti
sono in opposizione sintagmatica, mentre all’interno delle due classi c’è un’opposizione
paradigmatica. Con fonema si indica l’unità minima di seconda articolazione del sistema
linguistico; una classe astratta di foni, dotata di valore distintivo, da opporre una parola ad
un’altra in una data lingua. Foni diversi che costituiscano realizzazioni foneticamente di uno
stesso fonema, ma prive di valore distintivo, si chiamano allofoni o varianti. Gli allofoni di
un sistema che siano condizionati dal contesto fonotattico in cui occorrono, e quindi
prevedibili, si dicono varianti combinatorie. Una coppia di parole uguale in tutto tranne
che per la presenza di un fonema al posto di un altro in una certa posizione forma una
coppia minima. Per dimostrare che un fono è fonema in una data lingua, bisogna trovare in
essa delle coppie minime che lo oppongano a un altro fonema. Bisogna tenere presente che,
mentre contribuisce in maniera decisiva a distinguere parole, il fonema non è ovviamente un
segno perché privo di significato.
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Sillabici: foni che possano costituire nucleo di sillaba
ATR: Advanced Tongue Root radice della lingua avanzata. Contraddistingue i
foni prodotti con la radice della lingua spostata in avanti.
Dal punto di vista fonetico i tratti distintivi binari rappresentano dei movimenti
atteggiamenti muscolari degli organi preposti alla fonazione. Dal punto di vista fonologico
si tratta di proprietà astratte realizzantisi in simultaneità nei singoli segmenti fonematici. Si
potrebbe fare a meno del livello descrittivo dei fonemi ed esprimere tutto con tratti. I tratti
consentono anche di rappresentare economicamente attraverso regole, fenomeni fonologici
che avvengono di frequente nelle lingue, come le assimilazioni (consistono nel fatto che due
foni che vengano a trovarsi in posizione contigua tendono facilmente ad assumere l'uno
qualche tratto dell'altro diventando più simili). se volessimo rappresentare questo con una
regola dovremmo elencare tutti i fonemi consonantici che possono trovarsi in un nesso
preceduti da una fricativa dentale o alveolare e chiamando sibilanti le consonanti fricative
dentali o alveolari che sono soggette al fenomeno in questo contesto. ‘una sibilante
diventa sempre sonora nel contesto davanti a una consonante sonora’.
2.2.3 I fonemi dell’italiano
Gli inventari fonematici sono costituiti in genere da alcune decine di fonemi: l'inglese ne ha
34 il francese 36 il tedesco 38, lo spagnolo 24. Il numero delle entità può facilmente variare
a seconda dei criteri di analisi adottati. L'italiano standard a 30 fonemi, o 28 secondo alcuni
autori. L'inventario Phone ematico dell'italiano è connesso con numerosi problemi.
Innanzitutto occorre basarsi sulla fonia e non sulla grafia che spesso può essere fuorviante
anche nell’italiano. Successivamente problematico anche lo statuto delle consonanti lunghe,
o geminate. Dobbiamo aumentare di 15 il numero dei fonemi italiani essendo 15 le
consonanti che possono dar luogo a coppie minime basate sulla lunghezza: tutte le
consonanti tranne Le 5 che in posizioni intervocalica sono sempre lunghe che non compare
mai lunga. Inoltre ci sono nella pronuncia dell'italiano molte differenze regionali. C'è molta
variabilità e differenziazione nell’italiano delle diverse regioni, e le opposizioni partecipano
a formare un numero non alto di coppie minime (si dice quindi che hanno un basso
rendimento funzionale). Anche l'opposizione fra vocali medio alte medio basse risulta un
problema, quando si attua soltanto in posizione tonica cioè quando le rispettive vocali sono
in sillaba accentata è tipica della varietà tosco romana di italiano ed è ignota o diversa in
altre varietà regionali di italiano. la consonante nasale ha nello standard realizzazione velare
solo davanti a consonante velare, ma nell’italiano del settentrione tende ad essere realizzata
velare ogni nasale che si trova infine di sillaba. Infine, un fenomeno da menzionare è il
raddoppiamento (fono)sintattico, che consiste nell’allungamento della consonante iniziale
di una parola quando questa sia preceduta da una delle parole di una serie che appunto
provoca il fenomeno. In certi casi il fenomeno è arrivato a essere rappresentato
nell’ortografia. Anche adesso è molto variabile regionalmente, per esempio nella pronuncia
del settentrione di solito non avviene.
2.2.4 Sillabe e fatti fonotattici
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