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Leopardi nasce a Recanati nel 1798, dall’unione del conte Monaldo e dalla marchese Adelaide Antici, la
madre religiosa e molto severa condiziona il suo carattere e determina il suo pensiero. Giacomo a 10 anni
impara il latino, greco, l’ebraico e compone le sue prime opere (tragedie, poesie, traduzioni in latino) e tra il
1809 e il 1816 studia ininterrottamente e questo li causa dei danni fisici. Leopardi si dedica molto alla
filosofia ma inizia a interessarsi alla poesia che richiama all’immaginazione ‘’passa dall’erudizione al bello”.
Nel 1817 incomincia a scrivere per un letterato, Pietro Giordani ( importante per la formazione letteraria e modo
per confidarsi) e inizia la stesura dello Zibaldone, Giacomo s’innamorerà diverse volte e scriverà un’elegia ‘’Il
primo amore’’. Nel 1819 tenta di scappare dalla famiglia, ma il padre lo scopre e Leopardi si sente ancora
più prigioniero e le sue condizioni di salute peggiorano. In Leopardi tra il 1818 e il 1823 avviene una
seconda conversione, quella “dal bello al vero”, cioè abbandona la poesia dell’immaginazione a favore
della ragione (la poesia viene accantonata e viene analizzata la ragione) (teoria del pessimismo), in questo
periodo scrive idilli come l’infinito e anche canzoni civili. Nel 1822 riesce ad andarsene da Recanati e si reca
a Roma, ma si rivela una delusione perché l’ambiente letterario è molto chiuso (vuoto agli occhi di
Leopardi) così l’anno dopo ritorna a Recanati e si dedica nell’attività letteraria, non scrivendo più poesie ma
le operette morali (un’opera composta sia da novelle e da dialoghi che hanno come tematica principale la
filosofia) (sfocia in una prima fase pessimistica). Nel 1825 Leopardi sì reca a Milano dove inizia a collaborare
con l’editore Stella che l’aiuta economicamente, nel giugno del 1827 si trasferisce a Pisa dove vive un
periodo di maggiore serenità e ritorna a scrivere poesie (canti pisano-recanatese). Tra il 1828 e 1830
ritornato a Recanati attraversa un periodo di grande depressione e si dedica in maniera ossessiva alla
scrittura, successivamente grazie a dei suoi amici si trasferisce per sempre a Firenze dove si innamora di
Fanny Targioni Tozzetti (un amore deludente che ispira il Ciclo di Aspasia) e stringe amicizia con l’esule
intellettuale Antonio Ranieri. Nell’Ottobre del 1833 Leopardi con l’amico Ranieri si trasferisce a Napoli, le
sue condizioni di salute peggiorano e si trasferisce a piedi del Vesuvio per via di un’epidemia di colera, qui
scrive due canti (La ginestra e Il tramonto della luna) e muore nel 1837.
Giacomo Leopardi vive nel tardo 800 (periodo del romanticismo), leopardi non appoggia il romanticismo si
scaglia contro, perché esaltava tutto quello che era strano (per esempio il gusto dell’orrido) e perché si
atteneva al vero. Leopardi si ritiene un classicista ma lo ritroviamo romantico nel momento in cui critica dei
classici, per il fatto che fossero rigidi nei generi letterali, nel lessico e nella metrica. Appoggia del
romanticismo l’amore del vago/dell’indefinito. Leopardi nel periodo in cui è vissuto non è stato ritenuto un
filosofo, perché aveva un pensiero/posizioni contrarie rispetto al periodo in cui viveva.
Le lettere/Pessimismo storico, cosmico.
Di Leopardi abbiamo circa 931 lettere (personali). Il pessimismo individuale è il periodo in cui Leopardi è
afflitto dai sui problemi, nasce forse dalla sua infelicità, dalla sua condizione fisica, dalla sua relazione molto
difficile con la famiglia (in particolare con i sui genitori) e anche dall’ambiente di Recanati, infatti stando a
Recanati si sente come imprigionato. Il pessimismo è individuale, perché l’infelicità è solo sua. Questo
pessimismo si evolve in:
Nel Pessimismo storico la natura è benigna e grazie all’illusione nasconde all’uomo la realtà quindi gli offre
la possibilità di immaginare (gli nasconde la verità, la ragione e il progresso) ma con la scoperta della
ragione l’uomo capisce che tutta la felicità che c’era prima era soltanto un’illusione e quindi diventa
infelice... Quindi la ragione ha tolto all’uomo l’illusione mostrandogli la verità. Leopardi scrive molta poesia,
la poesia ci parla del vago e dell’indefinito. Il pessimismo storico lo possiamo trovare nell’Infinito.
Nel Pessimismo cosmico, la natura è maligna, crudele e insensibile al dolore che prova l’uomo. La natura ha
dato all’uomo il desiderio ingenito e congenito del piacere infinito senza concedergli i mezzi per ottenerla,
quindi l’uomo è sempre stato infelice, perché fin dall’antichità la natura è stata sempre maligna. La poesia
viene messa da parte e abbiamo la ragione l’uso della prosa e abbiamo le operette morali (in particolare la
terza parte della poetica, in cui la ragione e la filosofia vanno di pari passo).
Si parla di pessimismo eroico il periodo in cui tutti sono consapevoli di essere infelici.
Lo Zibaldone.
La teoria del piacere è tratta dallo Zibaldone. Lo Zibaldone rispecchia tutta la sua vita, non nasce per il
pubblico ma è una specie di diario dove Leopardi scrive degli appunti, delle sue riflessioni di studio e molto
spesso di carattere filosofico. Lo stile che viene utilizzato è una scrittura funzionale con cui Leopardi mira a
chiarire sé stesso i propri pensieri. Come possiamo notare dal testo Leopardi utilizza delle parole che ci
conducono alla teoria del piacere come: ingenito e congenito (perché l’uomo fin dall’antichità nasce già con
questo piacere infinito, quindi nasce con l’uomo e finisce con la morte dell’uomo stesso).
Nel verso 19 del testo possiamo vedere un esempio della teoria del piacere, quello del cavallo che è un
desiderio inappagato. In quel periodo il cavallo rappresentava l’unico mezzo di trasporto ed era molto
desiderato. Il lessico è astratto e filosofico, infatti utilizza dei vocaboli come: ingenita e congenita nel sesto
verso.
La teoria del vago e indefinito.
L’uomo per raggiungere il piacere infinito fa uso dell’immaginazione, cioè cerca di fuggire dalla realtà
vissuta che non è altro che infelicità e noia. Per Leopardi delle immagini o dei suoni che non sono ben
definiti ci obbligano ad immaginare.
La teoria della visione è quando uno ostacolo (per esempio la siepe nella poesia dell’infinito) non ci fa
vedere ciò che c’è oltre e quindi ci obbliga ad immaginare e in questo modo possiamo fuggire dalla realtà
infelice. Infatti secondo Leopardi è piacevole tutto ciò che lo sguardo esclude, poiché gli oggetti visti con
certi impedimenti trasmettono all’uomo idee indefinite (come, ad esempio, la siepe di Leopardi), l’uomo
può sfruttare la facoltà immaginifica per tentare di capire cosa c’è al di là dell’ostacolo.
La teoria del suono consiste nei suoni vaghi (per esempio il rumore del vento tra gli alberi), ci obbligano ad
immaginare e quindi in questo modo possiamo così fuggire dalla realtà infelice.
La poesia nella prima fase della sua vita mette per iscritto che la teoria della visione e del suono diano un
benessere, mentre la poesia romantica è razionale e di conseguenza può dare una sensazione vaga.
L’infinito.
l'infinito è stato scritto a Recanati nel 1819 all'età di 21 anni ed è uno dei testi più conosciuti di
Leopardi, l'infinito rappresenta rispetto a tutte le altre opere la teoria del vago e dell'indefinito.
Leopardi era solito andare sul monte Tabor sedersi e provare emozioni. Infatti nell'infinito si
ritrova sul Monte Tabor e c’è una siepe che impedisce a Leopardi di vedere l’orizzonte (di vedere
oltre). Possiamo dire che nell'infinito non c'è solo la teoria della visione ma anche quella del suono
in quanto Leopardi sedendosi sente dei suini tra cui il suono del vento che passa tra le foglie.
Nell'infinito Leopardi utilizza 15 versi endecasillabi sciolti (questa è la prima volta che scrive in
maniera libera in quanto si ispira ai romantici). L'infinito si divide in due parti quella reale è quella
immaginaria, questo ce lo fa capire Leopardi tramite degli aggettivi dimostrativi ovvero quando
dice questa siepe questo Colle questo mare mentre per quanto riguarda la parte immaginaria
possiamo notare gli aggettivi quello infinito silenzio in quanto è astratta è una cosa astratta
immaginaria. Leopardi utilizza anche degli e jambemante e gerundi per rallentare il ritmo.
Possiamo notare delle metafore quando dice questo mare ho questa voce perché appunto si
riferisce all'infinito mentre questa voce perché si riferisce al suono. C’è un campo semantico nella
frase il naufragar m'è dolce in questo mare, il naufragar m'è dolce è un ossimoro. Possiamo
paragonare il naufragare a Giambattista Marino, con Rose dorate.
Poesia a Silvia.
A Silvia segna l'inizio di una nuova stagione poetica tra il 28 e il 30 è dedicata a una fanciulla che lui
realmente conobbe la figlia di un cocchiere che lavorava a casa di Leopardi di nome Teresa Fattorini la
quale morì nel 1818. Silvia rappresenta il simbolo della speranza che si rivela durante il periodo della
giovinezza ma questa giovinezza fatta di attese e di speranze del futuro non porterà a nulla perché la
ragazza morirà giovane di tisi. Leopardi non muore giovane anzi vive questa vita in attesa di avere questa
felicità e di sperare nel futuro speranza che viene disattesa nel corso della vita. Questa lirica è costruita
come un colloquio il poeta finge di colloquiare con questa donna; siamo nella fase durante la quale la
natura è la causa dell'infelicità la natura e matrigna è crudele e segue il suo ciclo di nascita crescita e morte
in maniera del tutto distaccata. A Silvia non è una poesia d'amore ma una poesia sulla speranza della vita
che viene tradita (una specie di paragone che Leopardi fa con Silvia, inquanto hanno sperimentato il
tradimento della speranza), Silvia viene rappresentata nel fiore dei suoi anni in primavera mentre la sua
morte avviene invece nell'inverno seguente. La scelta delle stagioni non è casuale ma ha un significato
metaforico: la Primavera rappresenta la stagione della giovinezza (in cui uno spera), mentre l'inverno è la
stagione della morte e delle disillusioni. La poesia si ferma su due piani temporali il passato e il presente: il
passato è il tempo delle illusioni delle speranze ed è quindi lontano e indefinito mentre il presente
corrisponde al tempo in cui si vede il vero e quindi si capisce che la vita è dolore e tutte le speranze
verranno meno. Il nome Silvia viene preso da Leopardi dalla Ninfa protagonista nella Minta di tasso.
Possiamo vedere il primo esempio di canzone libera, Leopardi si allontana dagli schemi metrici fissi e dalle
rime rendendole libere; ci sono 6 strofe di varia lunghezza, ci sono settenari e endecasillabi. L'unico
elemento di regolarità che viene ripreso sempre è il verso settenario alla fine di ogni strofa che viene
ripetuto.
La differenza delle battute sta nella lunghezza delle battute/frasi, quelle pronunciate dal passante sono
molto più lunghe e più articolate rispetto a quelle che sono le risposte del venditore, che sono secche e
balbettanti, perché vorrebbe dire altro ma in realtà sa che quello che dice il passante è la verità, infatti
rispondendo non fa altro che confermare quello che dice. Il passante (un uomo colto) è pessimista
(rappresenta Leopardi) mentre il venditore (un popolano) è ottimista, spera nel futuro, anche se hanno un
ceto sociale differente l'uomo colto non prende in giro il venditore per quello che dice ma cerca di farlo
ragionare ammettendo la sua posizione, che il corso degli anni passati sono stati infelici (l’uomo ha vissuto
più male che bene) e di conseguenza non vivrebbe un anno già passato e che la felicità è soltanto
nell’attesa. L'ironia si evidenzia nella frase ‘’La vita è una cosa bella’’ (lo spiega nel verso 41/42), un’altra
frase ironica è ‘’con l’anno nuovo comincerà la vita felice’’. Lo stile: probabilmente Leopardi scrisse
quest’operetta per il giornale Lo spettatore che progettava di pubblicare a Firenze ma a cui il governo
toscano non concesse l’autorizzazione. Leopardi voleva dare al testo un'impostazione accessibile a tutti in
modo da comunicare il suo pensiero in forma popolare e piacevole, poiché il giornale doveva rivolgersi a
coloro che volevano rilassarsi/divertirsi. Lo stile è piano e scorrevole con una sintassi semplice e un lessico
composto di parole abbastanza comuni.
Dialogo della natura e di un islandese.
In questa operetta l'irlandese ha passato tutta la vita a cercare di sfuggire dalle grinfie della natura ma
nonostante questo è stato perseguitato dalla natura stessa, alla fine si scontra fisicamente con la natura
(figura di una donna) e dialoga la quale racconta che lei rispetta quello che sono le leggi del materialismo e
la concezione meccanicistica (ovvero che qualcuno stia male o che vi siano delle sofferenze non è una sua
preoccupazione) la natura si preoccupa solo al ciclo vitale (nascita, crescita, morte), non si importa di dare
alle creature un senso, una certezza o un supporto. si conclude con l'irlandese che continua a supplicare la
natura di dare un significato alla vita degli uomini, perché l’uomo non può essere solo materia ma la natura
non gli risponde continuando ad affermare la sua indole ‘’cattiva’’.
Qui stiamo nel pessimismo cosmico, in quanto la natura prima vista come benigna e madre di tutti gli
uomini in questo dialogo dichiara di non interessarsi a ciò che gli dice l’irlandese
Differenza tra Manzoni e Leopardi è che Manzoni era inconsapevole di scrivere qualcosa che sarebbe stato
poi pubblicato mentre Leopardi no.
Canti.
I canti è una grande opere che riunisce tutte le poesie e le liriche, furono pubblicate diverse edizioni ma
quella definitiva venne pubblicata nel 1845 ad opera del suo amico Ranieri, strutturalmente è differente
rispetto a quello che Leopardi aveva scritto precedentemente invece è simile nell'impostazione dei criteri
relativi alla cronologia per mettere in evidenzia l’evoluzione del suo pensiero. L'edizione si divide in tre
grandi gruppi che sono le tre grandi differenti fasi della produzione di Leopardi. Nel primo gruppo abbiamo
le canzoni (civili filosofiche) e gli idilli (canti lirico autobiografici), nei quali si possono rinchiudere i canti
filosofici e quelli autobiografici, nel secondo gruppo abbiamo i canti pisano-recanatesi (detti grandi idilli) e
infine abbiamo il terzo gruppo che include il Ciclo di Aspasia e le ultime liriche.
- Per quanto riguarda il primo gruppo le canzoni e gli Idilli sono stati composti dal 1818 al 1823 e solo molto
differenti tra loro sia per gli argomenti trattati che per lo stile utilizzato. Le prime canzoni hanno un
linguaggio molto alto e ricercato. Le prime canzoni appartengono al pessimismo storico e le più importanti
sono ‘’All’Italia’’ e ‘’Sopra il monumento di Dante’’ queste canzoni parlano dei temi patriottici; Leopardi
denuncia un decadimento morale e intellettuale degli italiani che hanno dimenticato di essere portatori di
grandi valori e esalta l’età antica che era generosa è magnanima (è quindi uno sfogo patriottico). Le canzoni
di contenuto filosofico esistenziale parlano dell'uomo primitivo che viveva al contatto con la natura, parla
dell'età dell'innocenza. Ci sono anche un paio di canzoni dedicate al suicidio tra cui spicca ‘’l'ultimo canto di
Sacco’’ e il ‘’Bruto minore’’, con questi canti possiamo vedere un passaggio dal pessimismo storico a quello
cosmico (si sviluppa l’idea dell’infelicità umana assoluta), entrambi i personaggi di questi canti affermano la
propria libertà commettendo il suicidio che viene considerato da Leopardi come un gesto di titanismo
eroico.
- Gli idilli sono stati composti nello stesso periodo dei canti patriottici e sono per esempio l'infinito, La sera
del dì festa, Alla luna, Il sogno e La vita solitaria. Gli idilli sono caratterizzati dalla brevità e dalla descrizione
di scene naturali, i contenuti sono molto intimi/personali e autobiografici, Leopardi a differenza delle
canzoni utilizza una forma molto semplice/aperta. Segue la poetica del vago e indefinito (secondo cui lo
stimolo all’immaginazione proviene da ciò che non conosciamo o che è irraggiungibile ai sensi umani). Negli
Idilli bucolici richiama la campagna e il mondo rupestre (questo richiama al periodo dell’arcadia), questi
luoghi suscitano nell'uomo dei sentimenti soprattutto l'immaginazione.
Dei canti Pisano recanatesi (detti anche grandi idilli) possiamo ricordare: a Silvia, La quiete dopo la
tempesta, Il sabato del villaggio. Leopardi scrive questi secondi idilli dopo un periodo di distacco dalla
poesia cioè subito dopo le operette morali e segnano una grande svolta nel pensiero della poetica di
Leopardi. Il linguaggio è più elaborato e utilizza una forma particolare di stile chiamata Canzone Libera
(sono strofe endecasillabi e settenari, sono alternati e hanno una rima tra di loro) e abbiamo nei grandi idilli
il pessimismo cosmico.
Il ciclo di Aspasia cioè gli ultimi canti composti dal 1831 al 1836, sono scritti in maniera un po' complicata
con una sintassi frammentata. Il ciclo di Aspasia comprende cinque liriche legate all'amore infelice che
Leopardi ebbe con Fanny. Il più noto di questi canti è la ginestra nella quale si apre un pessimismo alla
fraternità umana (la ginestra diventa un simbolo di tutti gli uomini che resistono al dolore).