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V.

Principi

SOMMARIO: 1. Regole v. principi. – 2. I principi in quanto norme fondamentali. – 3. I


principi in quanto norme indeterminate. – 4. Classificazioni dei principi.

1. Regole v. principi

In dottrina – e ancor più in teoria generale del diritto – si usa dire che
ogni sistema giuridico includa due tipi di norme: “regole” e “principi” 1.
Ma come distinguere tra principi e regole? La distinzione dipende molto
semplicemente dai concetti impiegati: dal concetto di regola e dal
concetto di principio.
Ora, si può convenire che una regola sia un enunciato condizionale
che connette una qualunque conseguenza giuridica ad una classe di fatti:
“Se F, allora G”. La conseguenza giuridica in questione può essere una
sanzione, la nascita di un obbligo o di un diritto, la validità o l’invalidità
di un atto, etc.
Il concetto di principio è alquanto più complicato e, soprattutto,
controverso 2. Si può avanzare la congettura che i giuristi considerino
principio ogni norma che presenti congiuntamente due caratteristiche:

1
 O addirittura, come pensano alcuni, senz’altro privi di fattispecie: una norma priva
di fattispecie è una norma (non ipotetica, ma) categorica.
2
 Si noti però che, in genere, la decisione intorno al carattere aperto o chiuso di un
elenco (ovvero della norma che lo contiene) ha carattere discrezionale, giacché dipende
dall’interpretazione. Cfr. G. Tarello, L’interpretazione della legge, Milano, 1980, p. 139
ss. Un buon esempio (anche se riferito ad una disposizione che non sembra esprimere un
principio) è il seguente: la giurisprudenza costituzionale, pur in assenza di qualsivoglia
base testuale, considera meramente esemplificativo e non tassativo l’elenco di cause di
esclusione del referendum abrogativo, contenuto nell’art. 75, comma 2, cost. (Corte cost.
16/1978). In altre parole, la Corte interpreta la disposizione in questione come una norma
a fattispecie aperta.
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(i) per un verso, abbia carattere fondamentale, e
(ii) per un altro verso, sia affetta da una particolare forma di
indeterminatezza.

2. I principi in quanto norme fondamentali

La prima caratteristica riguarda la “posizione” delle norme in


questione nell’ordinamento giuridico o in un suo sottosettore (un
sottoinsieme di norme, come ad esempio il diritto costituzionale, il diritto
civile, il diritto penale, il diritto amministrativo, o, ancora, il diritto dei
contratti, il diritto elettorale, il diritto della locazione di immobili urbani
ad uso abitativo, etc.).
Ogni complesso di norme – accomunate da uno stesso oggetto di
disciplina – presuppone e sottintende dei valori, delle scelte politiche
caratterizzanti, delle idee di giustizia: per esempio, l’eguaglianza tra i
cittadini, la pace tra le nazioni, la cosiddetta certezza del diritto (ossia:
prevedibilità delle conseguenze giuridiche delle proprie azioni e, insieme,
stabilità dei rapporti esauriti), la libertà contrattuale (o autonomia
privata), la tutela di chi agisce in buona fede, e così via esemplificando.
Ebbene, dato un qualsivoglia complesso di norme (che può anche
coincidere con l’intero ordinamento), si considerano principi quelle
norme che incorporano tali valori, sentimenti di giustizia, decisioni
politiche.
Ad esempio, il principio di tutela della buona fede fonda e giustifica le
disposizioni sull’errore quale causa di annullamento del contratto (art.
1428 cod. civ.), le disposizioni sugli effetti della simulazione rispetto ai
terzi ed ai creditori (artt. 1415 e 1416 cod. civ.), le disposizioni che
limitano la opponibilità a terzi della modificazione o revoca della procura
(art. 1396 cod. civ.), etc.
I principi sono insomma norme “fondamentali”: in che senso?
(a) In primo luogo, sono norme fondamentali nel senso che danno
fondamento e/o giustificazione assiologica (etico-politica) ad altre norme
(solitamente, ogni principio costituisce fondamento assiologico di una
molteplicità di altre norme).
(b) In secondo luogo, sono norme fondamentali nel senso che non
hanno o non richiedono a loro volta alcun fondamento assiologico, alcuna
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PRINCIPI
giustificazione etico-politica, poiché sono percepite, nella cultura
giuridica esistente, come norme evidentemente “giuste” o “corrette”.
In altre parole, i principi sono norme che, agli occhi di parla, rivestono
una speciale “importanza”, ovvero appaiono come norme
“caratterizzanti” dell’ordinamento o di una sua parte, essenziali alla sua
identità o fisionomia assiologica. Si pensi, per esempio: in diritto
costituzionale, al principio della separazione dei poteri; in diritto civile, al
principio dell’autonomia privata; in diritto penale, al principio “nullum
crimen, nulla poena sine lege”; nell’ordinamento giuridico complessivo,
al principio “lex posterior derogat priori” o, ancora, al principio di
irretroattività delle leggi.

3. I principi in quanto norme indeterminate

La seconda caratteristica riguarda non la posizione delle norme


nell’ordinamento giuridico, ma il contenuto stesso delle norme e/o la loro
struttura logica.
Un principio è una norma “indeterminata”. Beninteso, come avremo
occasione di vedere, qualunque norma giuridica è indeterminata, nel
senso che ha un campo di applicazione non ben delimitato 3, ma qui si
tratta di una indeterminatezza peculiare, che può assumere almeno tre
forme distinte:
(i) la fattispecie aperta,
(ii) la “defettibilità” (defeasibility) o “derogabilità”, e
(iii) la genericità.

(i) I principi in quanto norme a fattispecie aperta. Le regole sono


norme con antecedente 4 “chiuso” (a fattispecie chiusa), mentre i principi
sono norme con antecedente “aperto” (a fattispecie aperta) 5, nel senso

3
 C.E. Alchourrón, “Sobre derecho y lógica” (1996), in Isonomía, 13, 2000, 24. Vedi
anche M. Barberis, Filosofia del diritto. Un’introduzione teorica, III ed., Torino, 2008, p.
132 ss.
4
 Ad esempio, taluni ritengono che la norma costituzionale (art. 33, comma 1) che
proclama solennemente la libertà della scienza e dell’arte incontri un limite nel “buon
costume” e nel cosiddetto “ordine pubblico costituzionale”: ritengono insomma che la
libertà in questione non sia garantita senza eccezioni (implicite).
5
 Per esempio: poniamo che una norma costituzionale statuisca che il capo dello stato
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seguente.
L’antecedente (la fattispecie) di una norma è chiuso (chiusa), allorché
la norma enumera esaustivamente i fatti in presenza dei quali si produce
la conseguenza giuridica che essa stessa dispone. Per contro,
l’antecedente (la fattispecie) è aperto (aperta), allorché la norma non
enumera esaustivamente i fatti in presenza dei quali si produce la
conseguenza giuridica corrispondente.
Insomma, l’antecedente di una norma è chiuso nello stesso senso in
cui può dirsi chiusa una enumerazione esaustiva (o tassativa), aperto nello
stesso senso in cui può dirsi aperta una enumerazione meramente
esemplificativa 6.

(ii) I principi in quanto norme “defettibili”. Le regole sono norme


“indefettibili”, mentre i principi sono norme “defettibili” o “derogabili”

è organo elettivo (così, implicitamente l’art. 1, comma 1, cost., nel disporre che l’Italia è
una repubblica). Ebbene: in primo luogo, una norma siffatta non è applicabile in assenza
di altre norme che determinino le modalità di elezione del capo dello stato; ma, in secondo
luogo, le modalità di elezione del capo dello stato possono essere le più varie (senza che il
principio sia violato). O ancora: prendiamo una norma costituzionale che conferisca un
“diritto sociale”, come il diritto al lavoro o il diritto alla salute; si tratta di una norma
programmatica o teleologica, che raccomanda al legislatore il perseguimento di un certo
scopo; ebbene una norma siffatta esige altre norme (legislative) che diano concretezza al
diritto conferito, ma d’altra parte, evidentemente, il diritto in questione può essere
concretizzato in molti modi diversi.
6
 Questa dottrina della Corte è altamente discutibile sotto almeno due profili. In primo
luogo, è discutibile l’esistenza stessa di principi sovra-costituzionali assolutamente
immodificabili, essendo priva di basi testuali in costituzione (fatta eccezione per i principi
cui fa riferimento l’art. 139, conformemente al significato comune del vocabolo
“repubblica”: il principio di elettività del capo dello stato e il principio di temporaneità del
suo mandato); in altre parole, è lecito dubitare che vi siano in costituzione limiti alla
revisione costituzionale totalmente inespressi. In secondo luogo, è egualmente discutibile
l’identificazione dei principi in questione, la tesi cioè che l’uno o l’altro principio
appartenga al novero dei principi sovra-costituzionali. Come che sia, in diverse occasioni
la corte ha qualificato come supremi o fondamentali, ad esempio: il principio di unità
della giurisdizione (Corte cost. 30/1971); il diritto alla tutela giurisdizionale (Corte cost.
232/1989); il principio democratico (Corte cost. 30/1971); il principio di laicità dello stato
(Corte cost. 203/1989); etc. Ma vi sono buone ragioni per pensare che, all’occasione,
l’elenco sia destinato ad allungarsi. Taluni ritengono, ad esempio, che tra i principi
supremi rientrino il principio di rigidità della costituzione, il principio della garanzia
giurisdizionale della costituzione, il principio di unità e indivisibilità della repubblica, il
principio della separazione dei poteri.
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(defeasible)  . Mi spiego.
Una norma è indefettibile allorché non ammette eccezioni o, per
meglio dire, non ammette altre eccezioni che quelle eventualmente
stabilite in modo espresso nella norma stessa o in altre norme dello stesso
ordinamento. Per contro, una norma è defettibile allorché ammette
eccezioni implicite, non stabilite nella norma stessa né in alcuna altra
norma dell’ordinamento, e pertanto totalmente indeterminate.
Una norma defettibile non può essere applicata mediante un semplice
ragionamento deduttivo del tipo: “I cittadini devono pagare l’imposta sul
reddito. Tizio è un cittadino. Pertanto Tizio deve pagare l’imposta sul
reddito”. Infatti, una norma che ammette eccezioni implicite non
specificate non si applica a tutti i fatti cui si riferisce l’antecedente (per
esempio: la norma in questione potrebbe non applicarsi a tutti i cittadini),
sicché il verificarsi di uno dei fatti contemplati nell’antecedente (il fatto
che Tizio sia un cittadino) non è condizione sufficiente perché segua la
relativa conseguenza giuridica 8.

(iii) I principi in quanto norme generiche. Le regole sono norme


(relativamente) “precise”, circostanziate, mentre i principi sono norme
“generiche”, nel senso seguente.
Una norma “precisa” – e dunque una “regola” – è una norma
immediatamente suscettibile di applicazione a casi concreti: una norma
che può essere utilizzata come premessa maggiore nel sillogismo
giurisdizionale (“Tutti gli assassini devono essere puniti. Tizio è un
assassino. Quindi Tizio deve essere punito”). Una norma “generica” – e
dunque un “principio” – è invece una norma che:
(a) per un verso, esige la formulazione di altre norme – che la
“concretizzino”, le diano “attuazione” o “esecuzione” – senza di che non
sarebbe atta a risolvere casi concreti; ma
(b) per un altro verso, può essere attuata, eseguita, o concretizzata in
molti modi diversi e alternativi 9.

7
 Che non necessariamente coincidono con i “principi generali” cui si riferisce l’art.
12, comma 2, disp. prel. cod. civ.
8
 Il quale, peraltro, si può ritenere implicito in costituzione. Vedi R. Guastini, Le fonti
del diritto. Fondamenti teorici, Milano, 2010, parte terza, cap. II.
9
 Si noti che, nell’ambito dei principi espressi, ve ne sono alcuni che sono
esplicitamente qualificati come “principi” dalla stessa autorità normativa che li ha
formulati. L’esempio più ovvio è costituito dagli articoli da 1 a 11 della costituzione, che
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4. Classificazioni dei principi

I principi costituiscono una categoria eterogenea sotto diversi profili.

(1) In primo luogo, occorre distinguere tra i principi costituzionali e


quelli di rango semplicemente legislativo.
L’importanza della distinzione è ovvia: nell’ordinamento vigente, i
principi costituzionali, essendo la costituzione rigida, e perciò
sovraordinata alla legge, sono assolutamente vincolanti per il legislatore
(un buon esempio è il principio di irretroattività in materia penale: art. 25,
comma 2, cost.); mentre i principi legislativi possono essere, dalla legge
stessa, derogati o abrogati (si veda il caso del principio di irretroattività
fuori della materia penale: art. 11, comma 1, disp. prel. cod. civ.).
Peraltro, la Corte costituzionale ritiene che, nell’ambito dei principi
costituzionali, ve ne siano alcuni, i cosiddetti principi “supremi”
dell’ordinamento, che sono assolutamente immodificabili, sicché non
possono essere derogati, abrogati, o sovvertiti in alcun modo (legittimo) –
neppure da leggi di revisione costituzionale – e pertanto sono, in un certo
senso, “sovra-costituzionali” 10.
(2) In secondo luogo, occorre distinguere tra i principi che
abbracciano l’intero ordinamento e quelli che riguardano solo un suo
specifico settore o, addirittura, una singola materia (come quelli previsti
dall’art. 117, comma 3, cost., quali limiti alla potestà legislativa
concorrente delle regioni). Possiamo chiamare gli uni “principi generali

per l’appunto si auto-denominano “Principi fondamentali”. Ma gli esempi si possono


agevolmente moltiplicare: la legge 382/1978 si intitola “Norme di principio sulla
disciplina militare”; la legge 335/1979 si intitola “Principi fondamentali e norme di
coordinamento in materia di bilancio e di contabilità delle Regioni”; l’art. 1 della legge
833/1978 (“Istituzione del servizio sanitario nazionale”) porta in rubrica “I principi”; l’art.
22 della legge 93/1983 (“Legge-quadro sul pubblico impiego”) porta in rubrica “Principi
in tema di responsabilità, procedure, e sanzioni disciplinari”; e così via. Ovviamente, le
disposizioni che esplicitamente si presentano come principi vanno tenute distinte dalle
disposizioni che non esprimono esse stesse dei principi (almeno: non necessariamente),
ma in vario modo fanno riferimento a principi. Ne sono esempi l’art. 117, comma 3, cost.
e l’art. 12, comma 2, disp. prel. cod. civ.
10
 L’espressione è di V. Crisafulli, Lezioni di diritto costituzionale, II, L’ordinamento
costituzionale italiano. Le fonti normative. La Corte costituzionale, V ed., Padova, 1984.
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in senso stretto”, e gli altri “principi settoriali”.
I principi generali in senso stretto 11, per lo più, sono al tempo stesso
principi costituzionali. Si possono menzionare quali esempi:
l’eguaglianza (art. 3, comma 1, cost.), la libertà personale (art. 13, comma
1, cost.), il diritto agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi
legittimi (art. 24, comma 1, cost.), la libertà d’impresa (art. 41, comma 1,
cost.), e così avanti. Ma non mancano principi generali di rango
semplicemente legislativo: ad esempio, il principio di irretroattività fuori
della materia penale (art. 11, comma 1, disp. prel. cod. civ.), o il principio
“lex posterior derogat priori” 12 (art. 15 disp. prel. cod. civ.).
Tra i principi settoriali – quelli cioè che caratterizzano un settore
particolare dell’ordinamento: il diritto civile, il diritto amministrativo, il
diritto processuale, il diritto penale, il diritto del lavoro, etc. – ve ne sono
alcuni di rango costituzionale, altri di rango legislativo. Ad esempio: in
diritto amministrativo, ha rango costituzionale il principio di buon
andamento e imparzialità dell’amministrazione (art. 97, comma 1, cost.),
mentre ha rango legislativo il principio del giusto procedimento; in diritto
del lavoro, ha rango costituzionale il principio di parità (di diritti e di
retribuzione) tra lavoratrici e lavoratori (art. 37, comma 1, cost.), mentre
ha rango legislativo il principio cosiddetto del “favor” (art. 2077 cod.
civ.); in diritto processuale, ha rango costituzionale il principio del
“giudice naturale” (art. 25, comma 1, cost.), mentre ha rango legislativo il
principio “dispositivo” (che si ricava dagli artt. 2907, comma 1, e 2697
cod. civ., dagli artt. 99 ss. cod. proc. civ., dalla disciplina della
transazione, artt. 1965 ss. cod. civ., etc.).

(3) In terzo luogo, occorre distinguere tra i principi espressi e quelli


inespressi o impliciti.
Principi espressi sono quelli che sono esplicitamente formulati in una
apposita disposizione normativa (costituzionale o legislativa), dalla quale
possono essere ricavati (come qualsiasi altra norma) mediante
interpretazione 13.

11
 G. Tuzet, “L’abduzione dei principi”, in Ragion pratica, 33, 2009, p. 517 ss.
12
 Spesso invocato dalla Corte costituzionale nel pronunciare sentenze interpretative di
rigetto.
13
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Principi inespressi sono quelli «privi di disposizione» 14, ossia non
esplicitamente formulati in alcuna disposizione normativa (costituzionale
o legislativa), ma elaborati o “costruiti” dagli interpreti. S’intende che gli
interpreti, allorché formulano un principio inespresso, non si atteggiano a
legislatori, ma assumono che tale principio sia implicito, latente, nel
discorso delle fonti. I principi inespressi, tuttavia, sono frutto non
propriamente di interpretazione (in senso stretto, cioè ascrizione di senso
a specifici testi normativi) ma di costruzione giuridica, ossia di
integrazione del diritto ad opera degli interpreti. Essi sono desunti dagli
operatori giuridici: ora da singole regole, ora da insiemi più o meno vasti
di regole, talvolta dall’ordinamento giuridico nel suo complesso.
Generalmente parlando, da una o più regole si desume – o, per meglio
dire, si costruisce – un principio inespresso mediante una congettura
intorno alla ratio, alla ragion d’essere, allo scopo, delle regole in
questione. Il principio così costruito altro non è che una norma
teleologica – ossia una norma che prescrive il raggiungimento di un fine,
del tipo: “Si deve tutelare chi agisce in buona fede nei rapporti
contrattuali” – la quale costituisce giustificazione assiologica delle regole
da cui si sono prese le mosse 15.
Ad esempio: in diritto civile, sono espressi il principio dell’autonomia
privata (art. 1322 cod. civ.), il principio “neminem laedere” (art. 2043
cod. civ.), il principio di libertà delle forme negoziali (art. 1325 cod. civ.);
mentre è inespresso il principio di tutela della buona fede, che, come si è
accennato sopra, si desume da varie disposizioni del codice civile. Sono
anche principi espressi nell’ordinamento vigente: il principio di
eguaglianza (art. 3, comma 1, cost.); il principio di irretroattività della
legge penale (art. 25, comma 2, cost.); il principio cosiddetto di stretta
interpretazione della legge penale (art. 1 cod. pen. e art. 14 disp. prel. cod.
civ.); il principio di legalità nella giurisdizione (art. 101, comma 2, cost.);
e via enumerando.
Per contro, sono principi inespressi: il (già menzionato) principio di
tutela della buona fede, il principio dispositivo nel processo civile, il
principio di conservazione dei documenti normativi 16, il principio di
separazione dei poteri, (forse) il principio di legalità

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nell’amministrazione, i cosiddetti principi dell’ordine pubblico, e così
avanti.

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