La speculazione edilizia
«Botteghe oscure», autumn 1957
in I Racconti, Einaudi, Supercoralli, 1958
Einaudi, I coralli, 1963
(in rivista / nel quarto libro dei racconti, in versione più corta / in volume autonomo)
La nuvola di smog
«Nuovi Argomenti», n. 34, settembre-ottobre 1958
in I Racconti, Supercoralli, Einaudi, 1958
La nuvola di smog e La formica argentina, I Coralli, Einaudi, 1965
in Gli amori difficili, Gli Struzzi, 1970 (di nuovo accostata a La formica argentina)
Tre correnti del romanzo italiano d’oggi, 1959-1960, poi in Una pietra sopra. Discorsi di
letteratura e società, Einaudi, Torino 1980
Fu un periodo crudo e miracoloso, un risveglio unico nella nostra storia che neanche durante il
Risorgimento aveva conosciuto una così generale partecipazione di popolo, tali esempi di
abnegazione e di coraggio, tanto fervore di rinnovamento nella cultura.
[…] La Resistenza fece credere possibile una letteratura come epica, carica d’un’energia che fosse
insieme razionale e vitale, sociale ed esistenziale, collettiva e autobiografica.
[…] La realtà intorno a me non mi ha più dato immagini così piene di quell’energia che mi piace
esprimere. Di scrivere storie realistiche non ho mai smesso, ma per quanto io cerchi di dar loro più
movimento che posso e di renderle deformi attraverso l’ironia e il paradosso, mi riescono sempre un
po’ tristi; e sento il bisogno allora nel mio lavoro narrativo di alternare storie realistiche e storie
fantastiche.
C’è Thomas Mann, si obietta; e sì, lui capì tutto o quasi del nostro mondo, ma sporgendosi da
un’estrema ringhiera dell’Ottocento. Noi guardiamo il mondo precipitando nella tromba delle scale.
[…] Io auspico un tempo di bei libri pieni d’intelligenza nuova come le nuove energie e macchine
della produzione, e che influiscano sul rinnovamento che il mondo deve avere. Ma non penso che
saranno romanzi: penso che certi agili generi della letteratura settecentesca – il saggio, il viaggio,
l’utopia, il racconto filosofico o satirico, il dialogo, l’operetta morale – devono riprendere un posto
da protagonisti della letteratura, dell’intelligenza storica e della battaglia sociale. Il racconto e
romanzo avrà quest’atmosfera ideale come presupposto e come punto d’arrivo: perché nascerà da
questo terreno e influirà su di esso. Però lo farà in un modo solo: raccontando.
Nota a piè di pagina (che accompagnava la pubblicazione del romanzo inedito I giovani del Po
in appendice a «Officina», gennaio 1957-aprile 1958, fasc. 8-12)
"Officina" si rivolge a chi ha interesse alla letteratura come ricerca e come problema, perciò
accettando l'invito, pubblico qui a puntate questo mio breve romanzo, scritto dal gennaio 1950 al
luglio 1951 e sempre tenuto nel cassetto. Con esso volevo finalmente esprimere in forma narrativa
anche quella parte di interessi e d'esperienza che sono finora riuscito solo a far vivere in qualche
pagina di carattere saggistico: cioè la città, la civiltà industriale, gli operai; e insieme quella parte
della realtà e dei miei interessi (da cui invece m'è sempre stato più facile trarre simboli narrativi)
che è natura, avventura, ardua ricerca d'una felicità naturale oggi. Miravo a dare un'immagine
d'integrazione umana; invece mi venne un libro insolitamente grigio, in cui la pienezza della vita,
benché molto se ne parli, si sente poco: perciò non ho mai voluto pubblicarlo in volume. Anche
l'impostazione linguistica resta lì, un esperimento per me marginale e, credo, senza seguito. Poi è
successo che appena terminato questo libro, nei due mesi successivi, per rifarmi del castigo imposto
alla fantasia, ho scritto Il visconte dimezzato (in cui pure ho cercato, in modo più approssimativo e
arbitrario, di dire dell'uomo mutilato e alienato e della sua aspirazione all'interezza) ed è venuto un
racconto più divertente, si capisce, e al confronto I giovani del Po è rimasto ancora più in ombra.
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In seguito ho cercato ancora di rappresentare la città con operai, in una storia più mossa e
gogoliana: un romanzo di vasto impianto al quale ho lavorato specialmente nei primi mesi del '54,
ma poi ho capito che non c'eravamo ancora e l'ho interrotto dopo un centinaio di pagine. E' un tema
che non faccio che prenderci delle testate, da dieci anni: ho cominciato col romanzo che ho scritto
dal '47 al '49 in cui alla fine doveva saltar fuori la città e gli operai; ma tutto l'insieme risultò un
grottesco neorealista piuttosto pasticciato e misi anche quello nel cassetto. Ci riuscirò, una volta o
l'altra, ma siccome passeranno certo ancora degli anni, intanto se questo mio romanzetto può servire
da punto di riferimento per le discussioni che facciamo sono contento che esca e dica tutto quello
che ha da dire, in male e in bene.
Dialogo di due scrittori in crisi, 1961, poi in Una pietra sopra, cit.
In un contesto culturale caratterizzato dall’affermazione, dall’efficacia (dal protagonismo) del
cinema, del giornalismo, della saggistica sociologica: “il romanzo non può più pretendere
d’informarci su come è fatto il mondo; deve e può scoprire però il modo, i mille, i centomila nuovi
modi in cui si configura il nostro inserimento nel mondo, esprimere via via le nuove situazioni
esistenziali.”
della nuvola di smog (definiscila tu come vuoi), e insieme una casistica di altri tipi di rapporto
possibili: l'ingegnere, il collega, l'amica, l'affittacamere, il sindacalista. (Anche per questa struttura
potrai trovare una serie di riferimenti in altre narrazioni mie che sono costruite così: con al centro
una relazione a x data come esemplare, e intorno una raggera o casistica di relazio ni b x, e x, d x,
etc.)