Maggio 2011
Puntuale, l’Intercity si ferma nella piccola stazione. Scarso
l’avvicendamento di viaggiatori. E chi scende non ha bagaglio
perché qui la ferrovia è anche il tram e le stazioni sono i quartieri di
questa lunga città che è la riviera ligure. Raggiungo il posto
assegnato e due ragazzi si offrono di aiutarmi a sollevare la valigia.
Grazie no, la tengo su questo sedile fino a che è libero; mi metto a
mio agio e li ascolto, parlano della vacanza finita e del ritorno a
Trapani. Sono del sud, ecco perché servizievoli con le signore, gesti
che sono eco di una stagione in cui la cortesia maschile verso la
donna estranea era disinteressata normalità.
Poche parole con un altro passeggero a fianco del finestrino e
vengo sapere ciò che è importante per lui: sono kosovaro, lavoro in
Italia da tanti anni, sono in trasferta in Liguria e con questo
mantengo i miei in patria. Parla benissimo l’italiano con intonazione
gradevole, non sa nulla del governo del suo paese in forte odore di
mafia e ha un’aria pacificata con il destino. Di fronte a lui, una
bellezza italica dai capelli scuri stacca gli occhi dal libro e guarda la
linea che separa blu e celeste, acqua e cielo. Ho dei pensieri, non
mi va di leggere, ascolto musica e osservo in giro.
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