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Astrolabio
Usare il cervello per cambiare
Titolo originale Using Your Brain for a Change
© Richard Bandler 1985
© Astrolabio – Ubaldini 1986
Collana Psiche e coscienza
ISBN-13: 978-8834008591
Note di copertina
Capita spesso che qualcuno dica: “Non stai vedendo la cosa dal
mio punto di vista”, e talvolta ha ragione, proprio in senso letterale.
Vorrei che adesso pensaste a una discussione tra voi e qualcun
altro, in cui eravate sicuri di avere ragione. Per cominciare, fate
scorrere il film di quell’episodio nel modo in cui ve lo ricordate...
Adesso voglio che facciate scorrere il film di quello stesso
identico episodio, ma dall’altro punto di vista, come se vi trovaste
sopra la spalla dell’altra persona, in modo da potervi vedere nel
corso della discussione. Riproiettate lo stesso film dall’inizio alla fine,
guardando da questo nuovo punto di vista...
Avete osservato delle differenze? Per alcuni di voi possono non
essere sostanziali, specialmente se lo fate già spontaneamente. Ma
per alcuni la differenza può essere enorme. Siete ancora sicuri di
essere stati nel giusto?
Uomo: Non appena ho visto la mia faccia e ho udito il mio tono di
voce, ho pensato: “Chi mai potrebbe dare retta a quello che sta
dicendo quell’idiota?”.
Donna: Trovandomi nella posizione del destinatario di ciò che
stavo dicendo, mi sono accorta di una quantità di errori nel mio
ragionamento. Mi sono accorta che mi stavo semplicemente
abbandonando al flusso dell’adrenalina, e che quel che dicevo non
aveva nessun senso.
Ho intenzione di andare a chiedere scusa a quella persona.
Uomo: Per la prima volta ho veramente ascoltato l’altra persona,
e in quel che diceva in realtà c’era del vero.
Uomo: Mentre mi ascoltavo, continuavo a pensare: “Non potresti
dirlo in qualche altro modo, così da farti capire?”.
Quanti di voi sono tuttora sicuri di aver ragione quanto lo erano
prima di provare questo diverso punto di vista?... Circa tre su
sessanta. Questo basta ad appurare che quando siete sicuri di aver
ragione, la probabilità di avere veramente ragione è circa... del
cinque Per cento.
Sono secoli che si parla di ‘punti di vista’. Tuttavia si è sempre
pensato che si trattasse di una metafora, non di qualcosa da
prendere alla lettera. Non si sapeva come fare a dare a qualcuno
istruzioni specificamente intese a fargli cambiare il suo punto di
vista. Ciò che avete appena fatto è soltanto una delle mille e mille
possibilità. È possibile considerare qualcosa da un qualsiasi punto
dello spazio, letteralmente. Si può considerare quella stessa
discussione dall’esterno, dalla posizione di un osservatore neutrale,
così da poter vedere altrettanto bene voi e l’altra persona. Si può
considerarla da un punto del soffitto, in modo da vederla ‘dall’alto’,
oppure da un punto del pavimento, in una visione ‘dal basso’. Si
potrebbe collocarsi dal punto di vista di un bambino piccolo, o di un
vecchio. Certo, in questo modo la cosa diventa un po’ più metaforica
e meno specifica, ma se trasforma la vostra esperienza in un modo
che vi è utile, non c’è niente da discutere.
Quando succede qualcosa di brutto, alcuni dicono: “Beh, di qui a
cent’anni, chi ci farà più caso?”. Per alcuni di voi, parole come
queste possono non avere alcun impatto. Magari pensate: “Non
capisce”. Ma quando alcuni lo dicono o lo sentono, ciò trasforma
realmente la loro esperienza, e li aiuta ad affrontare i loro problemi.
Allora, com’è ovvio, ho chiesto ad alcuni di loro cosa facessero
dentro la loro testa pronunciando quella frase. Un tale osservava
l’intero sistema solare da un punto dello spazio esterno, e guardava i
pianeti percorrere le loro orbite. Da quel punto di vista, riusciva a
malapena a scorgere se stesso e i suoi problemi come un minuscolo
puntino sulla superficie della terra. Le immagini di altre persone sono
spesso un po’ diverse, ma sono tutte analoghe nel senso che
vedono i loro problemi come una minima parte del quadro, e da una
grande distanza, e il tempo è accelerato: cento anni compressi in un
film di pochi istanti.
Al mondo c’è tantissima gente che nella testa fa cose stupende
come questa, cose che funzionano veramente. Non solo: vi
annunciano perfino quel che stanno facendo. Se dedicate un po’ di
tempo a far loro qualche domanda, avrete occasione di scoprire
innumerevoli cose che potete fare col vostro cervello.
C’è un'altra frase affascinante, che mi colpisce ogni volta che la
sento. Quando capita qualcosa di spiacevole, spesso la gente dice:
“Poi, quando ci ripenserai, ti verrà da ridere”. Deve pur esserci
qualcosa che ci succede nella testa nel frattempo, qualcosa che a
distanza di tempo può rendere divertente un’esperienza sgradevole.
Quanti dei presenti qui hanno qualcosa a cui possono ripensare e
che li può far ridere?... E voi tutti, non avete un ricordo sul quale
ancora non siete capaci di ridere?... Adesso voglio che confrontiate
questi due ricordi in modo da capire in che modo sono differenti.
Forse che in uno dei due vi vedete, e nell’altro no? Forse che uno è
una diapositiva, e l’altro un film? C’è forse una differenza nel colore,
nelle dimensioni, nella luminosità o nello scenario? Trovate cosa c’è
di diverso, e poi cercate di trasformare la rappresentazione
sgradevole in modo da renderla simile a quella di cui già potete
ridere. Se quella di cui riuscite a ridere è lontana, allontanate anche
l’altra.
Se in quella che vi fa ridere vi vedete dall’esterno, vedetevi
dall’esterno anche nell’esperienza che vi risulta ancora sgradevole.
La mia filosofia è: perché aspettare per star meglio? Perché non
‘ripensarci e ridere’ già mentre la vivete? Se vi capita qualcosa di
sgradevole, potreste pensare che una volta sia già più che
sufficiente. Ma no, il vostro cervello non la pensa così. Vi dice: “Sì,
hai proprio fatto una cavolata.
Adesso ti torturerò per tre o quattro anni. Poi magari ti lascerò
ridere”.
Uomo: Nel ricordo di cui riesco a ridere, vedo me stesso
dall’esterno; sono un osservatore. Ma nel ricordo che mi fa ancora
star male mi sento incastrato lì dentro, proprio come se stesse
succedendo di nuovo la stessa cosa.
È una reazione comune. Questo può valere anche per molti altri
di voi? Riuscire a osservarsi dall’esterno ci da la possibilità di
‘rivedere’ un evento ‘da una prospettiva diversa’, e di vederlo in
modo nuovo, come se stesse succedendo a qualcun altro. Il genere
migliore di umorismo consiste nell’osservarsi in modo nuovo. L’unica
cosa che vi impedisce di farlo immediatamente, mentre l’evento
succede, è il non rendervi conto che lo si può fare. Quando ci avete
preso la mano, potete addirittura farlo lì per lì mentre la cosa
succede.
Donna: Quello che faccio io è diverso, ma funziona altrettanto
bene. Mi metto a fuoco come un microscopio, finché arrivo a vedere
soltanto una minuscola parte dell’evento, ingrandita in modo da
riempire tutto lo schermo. In questo caso, tutto quello che potevo
vedere erano queste enormi labbra che pulsavano, tremolavano, e
ballonzolavano mentre lui parlava. La cosa era così grottesca che
sono scoppiata a ridere.
Questo è indubbiamente un punto di vista diverso. Ed è anche
qualcosa che potresti facilmente provare a fare la prima volta,
quando l’esperienza sgradevole è ancora in corso.
Donna: Sì, lo faccio. Magari sono completamente incastrata in
qualche situazione orrenda, e allora mi metto a fuoco su un
dettaglio, e mi metto a ridere da quanto la cosa diventa buffa.
Adesso voglio che tutti voi pensiate a due ricordi del vostro
passto, uno piacevole e uno spiacevole. Dedicate qualche momento
a rivivere questi due ricordi nello stesso modo in cui lo fate
abitualmente...
Adesso, voglio che osserviate se nell’uno e nell’altro di questi
ricordi siete associati o dissodati.
Associati significa tornare indietro e rivivere l’esperienza,
guardando a scena con i vostri stessi occhi. Vedete esattamente
quel che avete visto quando vi trovavate lì.
Può darsi che vi vediate le mani, ma la faccia non ve la vedete, a
meno che non vi stiate guardando in uno specchio.
Dissociati significa osservare l’immagine del ricordo da un
qualsiasi punto di vista diverso da quello dei vostri occhi. Potrebbe
darsi che vi vediate come se vi guardaste dall’alto di un aeroplano,
oppure può darsi che lo vediate come se foste un altro e guardaste
un film di voi stessi in quella situazione, e via dicendo.
Adesso tornate prima all’uno e poi all’altro di questi ricordi, e
appurate se in ciascuno dei due eravate associati o dissociati...
Quale che sia stato il modo in cui avete spontaneamente
richiamato i due ricordi, voglio che adesso torniate indietro e proviate
a riviverli nell’ altro modo, in modo da scoprire come ciò possa
trasformare la vostra esperienza. Se in uno dei due ricordi eravate
associati, fate un passo indietro dal vostro corpo, e rivedete
l’episodio dissociati. Se invece eravate dissociati, avanzate in modo
da entrare nell’immagine, oppure tiratevela intorno finché non siete
associati. Osservate in che modo questo mutamento di visuale
trasforma le sensazioni indotte in voi da questi ricordi...
Avete notato qualche differenza? C’era da scommetterci. C’è
stato qualcuno che non ha notato nessuna differenza?
Uomo: Io non ho notato una grande differenza.
Va bene. Prova a far questo. Sentiti seduto sulla panchina di un
giardino pubblico, dove c’è un parco di divertimenti, e vediti sul primo
seggiolino di un ottovolante.
Guarda come il vento ti muove i capelli quando l’ottovolante si
avvia giù per la prima discesa...
Adesso confronta questo con ciò che proveresti se ti trovassi
veramente seduto in quel primo seggiolino, con le mani strette sulla
sbarra davanti a tè, lassù per aria, con quella discesa vertiginosa
sotto di tè...
Non sono due cose diverse? Controllati il polso, e dimmi se non ti
ha dato una bella scossetta, startene lì dentro l’ottovolante, a
guardare giù per quelle rotaie. Tra l’altro, per svegliarsi, costa meno
di un caffè.
Donna: In uno dei miei ricordi, mi sembra di essere sia dentro
che fuori.
Bene. Ci sono due possibilità. Una è che tu stia rapidamente
andando avanti e indietro. Se è così, limitati a osservare la
differenza ogni volta che cambi. Per farlo come deve essere fatto,
può darsi che tu debba rallentare un po’ il ritmo.
La seconda possibilità è che tu fossi dissociata già mentre vivevi
l’esperienza in questione. Per esempio, essere autocritici di solito
presuppone un punto di vista diverso dal proprio. È come se tu fossi
al di fuori di tè stessa, a osservarti e criticarti.
Se è così, sarai dissodata anche quando richiami l’esperienza e
‘vedi ciò che vedevi in quell’occasione’. Ti sembra che una di queste
due descrizioni possa corrispondere alla tua esperienza?
Donna; Tutte e due. In quell’occasione mi sentivo critica nei
confronti di me stessa, e probabilmente alternavo le due cose, il fatto
di osservarmi e quello di sentirmi criticata.
C’è anche una terza possibilità, ma è piuttosto rara. Alcuni
creano un’immagine dissociata di se stessi pur essendo stati
associati in occasione dell’esperienza originaria. Un tale aveva uno
specchio intero che si portava sempre dietro. Così, se entrava in una
stanza, vedeva contemporaneamente entrare nella stanza la propria
immagine riflessa nello specchio. Un altro tizio aveva un piccolo
monitor televisivo che teneva su uno scaffale o attaccato alla parete
in modo da poter sempre vedere come appariva agli altri.
Quando richiamate un ricordo da associati, rivivete la reazione
sensoriale originaria da voi provata in quell’occasione. Quando
richiamate un ricordo da dissociati, potete vedervi vivere le
sensazioni originarie nell’immagine, ma senza provarle nel vostro
corpo.
Può darsi, tuttavia, che osservandovi vivere quell’evento voi
proviate una nuova sensazione riguardo all’evento stesso. Questo è
ciò che avviene quando Virginia Satir fa una domanda come: “Cosa
senti riguardo al fatto di essere arrabbiato?”.
Provateci. Ricordate un episodio in cui eravate arrabbiati, e
quindi rivolgetevi questa domanda: “Cosa sento riguardo al fatto di
essere arrabbiato?”. Per poter rispondere a questa domanda, dovete
uscire dall’immagine, e provare una nuova sensazione riguardo
all’evento, una sensazione da osservatore, e non da partecipante. È
un modo assai efficace per trasformare la propria reazione.
La situazione ideale è quella in cui si richiamano tutti i ricordi
gradevoli da associati, in modo da poter facilmente gustare tutte le
sensazioni positive ad essi collegate. Se invece vi dissociate dai
ricordi sgradevoli, avete sempre tutte le informazioni visive che in
futuro vi potranno servire per evitare o affrontare determinate cose,
ma senza la risposta sensoriale sgradevole. Perché stare di nuovo
male? Non è bastato star male quella prima volta?
Molte persone fanno l’inverso: si associano con tutte le cose
spiacevoli che sono loro successe, e immediatamente ne rivivono la
sgradevole sensazione, mentre le esperienze piacevoli sono solo
delle immagini vaghe, lontane, dissociate. E, naturalmente, ci sono
altre due possibilità. Alcune persone tendono a dissociarsi sempre.
È il tipo dell’ingegnere o dello scienziato, spesso descritto come
‘obiettivo’, ‘distaccato’, ‘distante’. Si può allora insegnargli ad
associarsi ogni volta che vuole farlo, in modo da riacquistare un
certo collegamento sensoriale con la propria esperienza.
Probabilmente ciascuno di voi potrà immaginare situazioni in cui ciò
sarebbe per lui un notevole vantaggio. Far l’amore è una delle cose
che possono diventare molto più divertenti se vi trovate nel vostro
corpo a provare tutte quelle sensazioni, anziché osservarvi
dall’esterno.
Altri invece tendono ad associarsi sempre: immediatamente
rivivono tutte le sensazioni delle loro esperienze passate, belle o
brutte che fossero. È il tipo di persona che viene spesso definito
‘teatrale’, ‘sensibile’ o ‘impulsivo’. Molti dei suoi problemi possono
essere risolti insegnandole a dissociarsi al momento opportuno. La
dissociazione, per esempio, può essere usata per controllare il
dolore. Se vi osservate sentire dolore, non siete più nel vostro corpo
a provarlo.
Potete farvi un vero favore dedicando un pochino di tempo a
ripercorrere da dissociati un certo numero delle vostre esperienze
spiacevoli. Scoprite di quanto dovete allontanare l’immagine in modo
da poterla ancora vedere abbastanza chiaramente da ricavarne un
insegnamento, mentre voi osservate da una distanza che vi
permetta di sentirvi a vostro agio. Quindi ripercorrete una serie di
esperienze piacevoli, lasciandovi il tempo di associarvi con ciascuna
di esse, e di godervele pienamente. In questo modo state
insegnando al vostro cervello ad associarsi con i ricordi piacevoli, e
a dissociarsi da quelli sgradevoli. Ben presto il vostro cervello
afferrerà l’idea, e farà la stessa cosa automaticamente con tutti gli
altri ricordi.
Insegnare a qualcuno come e quando associarsi e dissociarsi è
uno dei modi più profondi e completi di trasformare la qualità
dell’esperienza individuale, e il comportamento che ne deriva. La
dissociazione è particolarmente utile per ricordi intensamente
sgradevoli.
Qualcuno di voi soffre di una fobia? A me le fobie piacciono
moltissimo, ma sono così facili da risolvere che a questo punto è
difficile trovarne. Vedete? I soli qui dentro ad avere una fobia sono
quelli che hanno la fobia di alzare la mano in mezzo a un pubblico.
Joan: Io ne ho una.
La tua è una fobia di quelle coi fiocchi?
Joan: Beh, è abbastanza brutta. (Comincia a tremare e a
respirare affannosamente).
Lo vedo.
Joan: Vuoi sapere di che si tratta?
No. Sono un matematico. Lavoro soltanto sul processo. Non
potrei comunque conoscere la tua esperienza interna, e allora
perché parlarne? Per cambiare la propria esperienza interna non c’è
bisogno di parlarne. Anzi, se ne parli, può darsi che il tuo terapeuta
finisca col diventare un tuo compagno di sventura, ancorché
professionista.
Tu lo sai qual è la tua fobia. È qualcosa che vedi, o senti, o provi?
Joan: È qualcosa che vedo.
Benissimo. Adesso ti chiederò di fare alcune cose che tu nella
tua mente puoi fare con estrema rapidità, e la tua fobia non ti
disturberà più, mai più. Ti darò le istruzioni un po’ alla volta, e tu devi
entrarti dentro e fare quello che ti dico. Fai un cenno con la testa
quando sei pronta.
Prima di tutto, voglio che tu immagini di essere seduta nella
platea di un cinema, e di vedere là sullo schermo un’immagine fissa
in bianco e nero in cui ti vedi in una qualche situazione appena
prima di manifestare la reazione fobica...
Adesso voglio che tu t’innalzi in volo al di fuori del tuo corpo fino
alla cabina di proiezione del cinema, in modo da poterti vedere
mentre guardi tè stessa. Da quella posizione potrai vederti seduta in
platea, e allo stesso tempo vederti nell’immagine fissa là sullo
schermo...
Adesso voglio che tu trasformi l’immagine fissa sullo schermo in
un film in bianco e nero, e che tu lo guardi dall’inizio fino al momento
immediatamente successivo alla fine dell’esperienza spiacevole.
Quando arrivi alla fine, voglio che tu arresti il film in un’immagine
fissa, e poi entri con un salto dentro l’immagine, per poi riproiettare il
film all’indietro. Le persone cammineranno all’indietro, e tutto quanto
succederà alla rovescia, proprio come quando si riavvolge la
pellicola di un film, solo che tu sarai dentro il film. Fallo tornare
indietro a colori, e molto rapidamente, in un paio di secondi circa...
Adesso pensa a ciò che scatenava la tua fobia. Vedi ciò che
vedresti se tu fossi veramente lì...
Joan: Non mi da noia, adesso... ma ho paura che possa non
funzionare la prossima volta che mi ci trovo davvero.
Potresti trovarne uno vero qui a portata di mano, in modo da
poter fare la prova?
Joan: Sì, si tratta degli ascensori.
Ottimo. Facciamo una breve pausa. Vai a fare una prova, e dopo
la pausa torna a raccontarci com’è andata. Chi di voi si sente
scettico, vada a guardarla, e le faccia delle domande, se vuole...
Molto bene. Com’è andata, Joan?
Joan: Benissimo. Sai, in realtà non avevo mai visto veramente
l’interno di un ascensore. Stamattina non riuscivo nemmeno a
entrarci, dalla paura che mi faceva, ma adesso sono andata su e giù
diverse volte.
E un resoconto tipico. Una volta, però, mi sono quasi lasciato
prendere dal nervosismo. Stavo tenendo un seminario al Peachtree
Plaza di Atlanta, che ha settanta piani e un ascensore esterno. Di
conseguenza era assolutamente indispensabile che trovassi
qualcuno con la Paura degli ascensori. Guarii una signora, e la
mandai fuori a fare a Prova. Dopo una mezz’eretta, cominciai a
pensare: “Santo cielo, magari quella è arrivata in cima e ora non
riesce a scendere”. Quando arrivò tutta pimpante dopo un altro
quarto d’ora, le chiesi dove fosse finita. “Oh, mi sono messa ad
andare su e giù.
Mi sono divertita moltissimo”.
Una volta venne da me un contabile con la fobia di parlare in
pubblico. Erano sedici anni che tentava di liberarsene. Una delle
prime cose che mi disse fu che nel complesso aveva già investito più
di 70.000 dollari per cercare di guarire dalla sua fobia. Gli chiesi
come facesse a saperlo, e lui tirò fuori una cartellina in cui teneva
tutte le ricevute. Gli dissi: “E del tempo che lei ci ha speso, che ne
dice?”. Sgranò gli occhi. “Non ci avevo pensato!”. Il suo compenso
orario era più o meno quello di uno psichiatra, e ne seguiva che in
effetti aveva investito circa 140.000 dollari cercando di cambiare
qualcosa che io cambiai in dieci minuti.
Se si può aver paura degli ascensori, e quindi imparare a reagire
diversamente, sembrerebbe possibile trasformare qualsiasi schema
di comportamento, dato che il terrore è indubbiamente un
comportamento intenso. La paura è una cosa interessante.
La gente se ne allontana. Se dite a qualcuno di guardare
qualcosa di cui è terrorizzato, non riesce a guardarlo. Però, se gli
dite di vedersi guardare quella stessa cosa, lui adesso la guarda: per
qualche motivo in questo modo riesce a farlo. È la stessa cosa della
differenza tra il sedersi nel primo vagone di un ottovolante, e
starsene seduti su una panchina a guardarsi seduti in un ottovolante.
Questo basta perché la persona possa modificare le proprie
reazioni. Si può usare lo stesso procedimento con le vittime di
violenza carnale, con i bambini maltrattati, con i reduci di guerra:
insomma, con ogni tipo di ‘sindrome da stress post-traumatico’.
Anni fa mi ci voleva un’ora per lavorare su una fobia. Più avanti,
quando imparammo qualcosa di più sul modo in cui funzionano le
fobie, annunciammo che una fobia si poteva guarire in dieci minuti.
Adesso sono arrivato a un paio di minuti. La maggior parte delle
persone ha difficoltà a credere che sia possibile guarire una fobia
così in fretta. Questo mi diverte molto, perché non sarei capace di
farlo lentamente. Riesco a guarire una fobia in due minuti, ma non
saprei farlo in un mese, perché il cervello funziona in un certo modo,
e non in un altro. Il cervello impara dal rapido susseguirsi degli
schemi. Immaginate come sarebbe se vi proiettassi un fotogramma
di pellicola al giorno per cinque anni. Riuscireste a capire la trama
del film? Ovviamente, no. Il significato del film lo si può cogliere solo
se tutte quelle immagini si susseguono rapidissimamente. Provare a
cambiare lentamente sarebbe come conversare dicendo una parola
al giorno.
Uomo: E l’esercizio, allora? Una volta che hai indotto un
cambiamento, come nel caso di Joan, lei poi deve esercitarsi?
No. È già cambiata, e non ha bisogno di esercitarsi, o di pensarci
consciamente. Se il lavoro di trasformazione è duro, o richiede molto
esercizio, lo state affrontando nel modo sbagliato, e dovete cambiare
il vostro modo di agire. Quando trovate un percorso privo di
resistenze, ciò vuoi dire che state combinando le risorse disponibili,
e farlo una volta è più che sufficiente. Quando Joan è salita
sull’ascensore durante la pausa, non aveva nessun bisogno di
cercare di non aver paura. Era già cambiata, e quella nuova
reazione sarà altrettanto permanente della sua vecchia paura.
Una delle cose simpatiche riguardo alle fobie è che chi ne soffre
ha gia dimostrato di saper imparare in fretta. Il fobico è una persona
che riesce a imparare velocissimamente qualcosa di assolutamente
ridicolo. La maggior parte delle persone tende a considerare la fobia
come un problema, anziché un risultato raggiunto. Non gli capita mai
di pensare: “Se è riuscito a imparare a fare questa cosa, allora
potrebbe imparare a fare qualsiasi cosa”.
Mi meraviglia sempre che una persona possa imparare a restare
terrorizzata in modo così coerente e affidabile. Anni fa pensavo:
“Ecco il genere di cambiamento che vorrei ottenere”. Ciò mi portò a
chiedermi: “Come potrei fare a far venire una fobia a qualcuno?”.
Pensavo che se non fossi riuscito a far venire una fobia a qualcuno,
non sarei mai riuscito a elaborare un metodo efficace per farla
andare via.
Se accettate l’idea che la fobia possa soltanto essere un male,
questa possibilità non vi potrebbe mai venire in mente. Si può fare in
modo che le reazioni piacevoli diventino altrettanto intense e
affidabili di una fobia. Ci sono cose che ogni volta che le vediamo ci
fanno illuminare il viso di felicità: un neonato, o un bambino piccolo,
hanno questo effetto sulla stragrande maggioranza delle persone.
Se non ci credete, vi lancio una sfida: prendete l’individuo dall’aria
più indurita e malvagia che riuscite a trovare, mettetegli un bambino
piccolo fra le braccia, e fatelo gironzolare per un supermarket
affollato. Seguitelo a qualche passo di distanza, e osservate le
reazioni della gente.
Vorrei avvertirvi di una cosa, però: la cura per le fobie elimina
certe sensazioni, e lo può fare anche nel caso di ricordi piacevoli. Se
usate lo stesso procedimento con tutti i vostri ricordi affettuosi
riguardanti lo stare insieme a una certa persona, potete trasformare
quella persona in un’esperienza neutra come un ascensore! Nelle
coppie ciò spesso avviene in modo naturale in occasione di un
divorzio. Si può allora guardare quella stessa persona che una volta
abbiamo amato appassionatamente, e non provare nei suoi confronti
il minimo sentimento. Quando si ripensa a tutte le belle cose che si
sono condivise, ci si osserva divertirsi, ma tutte le sensazioni
piacevoli saranno sparite. Se lo fate mentre siete ancora sposati,
potete trovarvi in guai seri.
Alcuni non fanno altro che dissociarsi da tutte le esperienze
piacevoli che vivono momento per momento, in modo “da non starci
male dopo”. Se ci si comporta in questo modo, non ci sarà possibile
goderci la vita anche quando è bella. Sarà come guardare sempre
gli altri giocare, senza mai riuscire a entrare nel gioco. Se lo si fa con
tutte le proprie esperienze, si diventa degli esistenzialisti: il caso
limite di osservatore completamente distaccato.
Alcuni, vedendo che una certa tecnica funziona, decidono di
applicaria a tutto. Ma se un martello funziona con i chiodi, ciò non
significa che bisogna sferrare martellate a tutto quello che ci viene a
tiro. Il procedimento per le fobie funziona in ogni caso di intense
reazioni emotive, positive o negative che siano, neutralizzandole;
perciò, fate attenzione a cosa lo applicate.
Volete sapere un ottimo sistema per innamorarsi? Non dover far
altro che associarvi a tutte le esperienze piacevoli che vivete con
una certa persona, e dissociarvi da tutte quelle spiacevoli. È un
sistema che funziona benissimo. Se alle esperienze spiacevoli non
pensate nemmeno, potete usare questo sistema per innamorarvi di
qualcuno che fa anche tante cose che non vi piacciono. Il sistema
adottato di solito consiste nell’innamorarsi in questa maniera, e poi
sposarsi. Una volta sposati, si può invertire il procedimento, così da
associarsi con le esperienze spiacevoli, e dissociarsi da quelle
piacevoli. Adesso si reagisce soltanto alle cose spiacevoli, e ci si
chiede come mai ‘sono cambiate’. Non sono le circostanze a essere
cambiate: ciò che è cambiato è il modo di pensare.
Donna: Esistono altri modi per lavorare sulle fobie: Io ho una
paura matta dei cani.
Esistono sempre altri modi di fare le cose; è solo questione di
farsi delle domande: “Li conosciamo già?”, “Sono altrettanto
affidabili?”, “Quanto tempo ci si mette?”, "Quali conseguenze
potranno comportare?", e via dicendo.
Prova a far questo; torna indietro, e richiama il ricordo di
qualcosa di straordinariamente piacevole, eccitante e allegro che
appartiene al tuo passato, e vedi ciò che vedevi quando è successo.
Sapresti trovare un ricordo del genere?...
(Comincia a sorridere). Bene. Dai un po’ più di luminosità... (Il
sorriso si accentua).
Benissimo. Adesso tieni ferma l’immagine, e facci entrare un
cane, proprio nel mezzo, che poi diventa parte dell’immagine stessa.
Mentre ciò avviene, voglio che tu dia ancora un po’ di luminosità
all’immagine...
Adesso immagina di essere nella stessa stanza con un cane, per
vedere se ti fa ancora paura… Donna: Adesso, se ci penso, non mi
da nessuna noia.
Questo procedimento è una variante di un altro metodo che vi
insegnerò più avanti.
Per fobie molto forti non è affidabile quanto la dissociazione, ma
di solito funziona.
Ho lavorato moltissimo sulle fobie, così che le fobie adesso mi
annoiano, e di solito ci lavoro usando il metodo più rapido e
affidabile che conosco. Adesso che lo conoscete, potete usarlo
anche voi. Ma se volete veramente capire come funziona il cervello,
la prossima volta che vi capita un paziente fobico, stateci sopra un
po’ di più. Fategli un sacco di domande, in modo da scoprire in che
modo funziona quella specifica fobia. Qualche volta, per esempio, il
fobico prende l’immagine del cane, o di quel che è, e la rende molto
grande, o molto luminosa o colorita, oppure fa girare il film molto
lentamente, o più volte di seguito. Poi potete provare a cambiare
questo o quell’elemento, in modo da capire come potete trasformare
l’esperienza di quella particolare persona. Quando cominciate a
stufarvi, potete sempre tirare fuori dal taschino la cura rapida, e
sbarazzarvi del paziente in cinque minuti. Se fate questo tipo di
sperimentazioni, comincerete a imparare come si fa a produrre PNL,
e non avrete più bisogno di pagare per venire a seminari come
questo.
4 - Sbagliarsi
CONVINZIONE / DUBBIO
grande / piccolo
luminosa e vivida / scuro e scialbo
dettagliata / confuso
stabile / intermittente
di fronte / in alto a sinistra
con cornice / senza cornice
poco sfondo / molto sfondo
C. Verifica
9. Ci sono diversi modi per verificare quel che avete fatto. Potete
chiedere: “Come pensi a questa nuova convinzione?”. Chiedete
informazioni sulle submodalità, e usate il comportamento non
verbale per confermare (o confutare) l’esposizione verbale.
10. Quando la nuova convinzione è al suo posto, la vecchia
convinzione probabilmente acquisirà le submodalità dell’incredulità.
Se scoprite come viene rappresentata adesso la vecchia
convinzione, potete confrontare le sue submodalità con quelle del
dubbio, che già conoscete, o con le submodalità dell’incredulità, che
potrete scoprire chiedendo alla persona di pensare a qualcos’altro
che la lascia totalmente incredula.
Fobie scolastiche
Uno dei problemi più diffusi è che tanti ragazzi hanno già avuto
brutte esperienze scolastiche. Per questo motivo, una certa materia,
o la scuola in generale, diviene uno stimolo tale da scatenare nel
ragazzo brutti ricordi, che lo fanno star male. E nel caso che non ve
ne siate accorti, quando si sta male non è che si possa imparare
gran che.
Se la reazione del ragazzo è particolarmente intensa, gli
psicologi la definiscono ‘fobia scolastica’. Lo star male in reazione a
una certa situazione scolastica può essere risolto rapidamente,
utilizzando alcune delle tecniche che abbiamo descritto e dimostrato
in precedenza, ma vorrei farvi vedere un altro semplicissimo metodo
con cui si può ottenere lo stesso risultato.
Quanti di voi provano sensazioni spiacevoli riguardo alla
matematica... frazioni, radici quadrate, equazioni quadratiche e roba
del genere? (Scrive alla lavagna una lunga serie di equazioni, e
diverse persone gemono o sospirano).
Adesso chiudete gli occhi e pensate a un’esperienza che per voi
sia stata assolutamente meravigliosa... qualche situazione in cui vi
siate sentiti emozionati e curiosi...
Adesso aprite gli occhi per un paio di secondi e guardate queste
equazioni, e poi chiudete gli occhi e tornate a quell’esperienza
meravigliosa...
Adesso aprite gli occhi e guardate le equazioni per diversi
secondi in più, e poi tornate alla vostra esperienza emozionante.
Alternate le due cose qualche altra volta, finché le due esperienze
non si sono completamente integrate...
Adesso è il momento di fare una verifica. Prima guardate da
un’altra parte e pensate a una qualsiasi esperienza ne brutta ne
bella... e poi guardate queste equazioni, e notate la vostra reazione.
Uomo: Santo cielo, funziona!
In realtà questo è un vecchio metodo di PNL che noi chiamiamo
‘integrare le ancore’.
Se volete saperne di più, potete leggere La metamorfosi
terapeutica. È possibile trasformare con la stessa facilità e rapidità la
maggior parte delle reazioni negative alla scuola, ma per poterlo fare
dovete sapere come funziona il nostro cervello.
Un modo più fantasioso per utilizzare lo stesso principio consiste
nel collegare fin dall’inizio l’apprendimento con la gioia e il
divertimento. Nella maggior parte delle scuole, i ragazzi sono
costretti a sedere in silenzio in file di banchi perfettamente allineate.
Io domando sempre: “Quanto ci vorrà prima che i ragazzi possano
avere l’opportunità di ridere, muoversi e divertirsi?”. Se
all’apprendimento sono legate solo noia e scomodità, non c’è da
meravigliarsi che nessuno abbia voglia di imparare. Uno dei grandi
vantaggi dell’educazione assistita dai calcolatori è che stare con un
calcolatore è molto più divertente che stare con la maggior parte
degli insegnanti. Il calcolatore ha una pazienza infinita, e non fa mai
star male il ragazzo come fanno tanti insegnanti.
Ricordare
149162536496481100
1 4 9 16 25 36 49 64 81 100
Difficoltà di apprendimento
Farmaci
Distinzioni submodali
L’elenco che segue non è completo, e l’ordine di presentazione
non ha alcuna importanza. E voi, quali distinzioni fate dentro di voi
da poter aggiungere all’elenco?
SUBMODALITÀ VISIVE
SUBMODALITÀ AUDITIVE
SUBMODALITÀ CENESTESICHE