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ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE

Paper di Dottrina morale della Chiesa

Il senso soggettivo del lavoro

Allievo Docente

Gabriella Scalas Ch.mo Prof Antonio Mancuso.

Anno III

Anno Accademico 2020-2021

PALERMO
A novanta anni dalla Rerum Novarum, Giovanni Paolo II sentì la necessità di ribadire che

l’uomo è «Fatto a immagine e somiglianza di Dio stesso nell'universo visibile, e in esso costituito

perché dominasse la terra, l'uomo è perciò sin dall'inizio chiamato al lavoro. Il lavoro è una delle

caratteristiche che distinguono l'uomo dal resto delle creature».1 Ancora oggi, nella Laudato sì,

Papa Francesco sente l’urgenza di rinnovare l’esortazione al rispetto del creato nella sua integralità.

Stando così le cose si può concludere che l’uomo, pur essendo soggetto capax moralis o

ancora di più capax dei, non riesce proprio ad interiorizzare il principio di imparzialità, così che

spesso fa del prossimo non l’oggetto del proprio amore e fine delle proprie azioni ma meri strumenti

per le proprie finalità.

Nel caso del lavoro, questo vulnus morale si manifesta nell’associare allo stesso un unico

senso (oggettivo) rapportato alla produttività. Si guarda troppo poco all’aspetto espressivo (senso

soggettivo) e quindi alla capacità di creare e di amare quello che si sta creando. Da un punto di vista

antropologico-filosofico l’uomo coglie la pienezza d’essere nel lavoro se e solo se fa esperienza

d’amore per il lavoro stesso. In questa volontà di cogliere la ratio boni dello stesso atto lavorativo-

creativo l’uomo può vedere realizzati i propri talenti, sviluppato il proprio potenziale ed esperire

anche forme di solidarietà con colleghi e collaboratori.2


3
Questo modo di fare esperienza del «gaudium essendi» è perfettamente narrato

nell’immagine di Gesù (Dio che si è fatto uomo) come un artigiano che lavora al banco di carpentiere,

mentre fa cose nuove e quindi crea. Insomma, se nella prospettiva antropologico/filosofica la

pienezza d’essere è legata ad un costitutivo esistenziale dell’uomo (l’amore) che reclama il diritto di

esprimersi, da un punto di vista teologico la valenza soggettiva del lavoro è data dalla dignità stessa

della persona che essendo creata ad immagine di Dio chiamata a collaborare alla creazione: come un

pastore che ha cura e non come un anello di una catena di montaggio. È evidente che sia da un punto

1
Ioannes Paulus PP. II, Laborem Exercens, Lettera Enciclica, Paoline editoriale Libri, Milano (Mi) 1981,3.
2
Cf. S. Palumbieri, L’uomo Meraviglia e Paradosso. Trattato sulla costituzione, con-centrazione e condizione
antropologica, Urbaniana University Press, Città del vaticano 2018, 307-310.
3
Ib., 307.

1
di vista antropologico sia da un punto di vista teologico la soggettività del lavoro mostra la sua

impronta etica nel rispetto dell’uomo.

Quando questo rispetto viene a mancare in modo automatico si scade nella mercificazione del

lavoro che è una delle tante caratteristiche negative del capitalismo. Esso agisce inquinando il mercato

mediante una «stimolazione continua di consumi superflui, con la omologazione delle culture e

l’induzione dell’edonismo come modello di vita».4 La produzione che deve per forza aumentare non

è più basata sulla valenza qualitativa ma quantitativa e questo porta più conseguenze: si sposta la

manodopera dove costa meno, non si cercano più persona qualificate, si studia meno, e il lavoro non

ha più una dimensione ergologica ma meramente ponologica. L’uomo, in conclusione non è più

proiettato alla creazione nel senso buono e in «chiave solidaristica e paritetica»5 ma nella produzione

sterile e concorrenziale.

In questo senso si possono capire le parole di Papa Francesco6 quando invita alla promozione

di una economia che favorisca l’ingresso nel mercato per tutti e non solo per i pochi ricchi capitalisti

che detengono il massimo dei sistemi produttivi mondiali. Papa Bergoglio, in particolare, invita a

sostenere la creazione di una rete capillare di piccoli produttori, soprattutto di quella «attività

imprenditoriale che è una nobile vocazione orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo

per tutti»,7 indicando in essa un modo fecondo dell’uomo per partecipare alla creazione di posti di

lavoro contribuendo così al bene comune. L’enciclica pone questa questione nel più ampio discorso

della conversione integrale in modo sintonico con il pensiero di Claus Offe8 il quale sostiene che a

lungo andare la crescita illimitata può avere effetti distruttivi per la stessa economia di mercato.9

4
S. Palumbieri, L’uomo Meraviglia e Paradosso, Urbaniana University Press, Città del vaticano 2018,311.
5
Ib.
6
Cf. Francisci PP., Laudato sì, Lettera Enciclica, San paolo Edizioni, Cinisello balsamo (Mi) 2015, 120-125.
7
Ib.,125.
8
Sento il dovere di precisare che con l’accostamento a Claus Offe non intendo sostenere che il papa sia Marxista o
etichettare il suo pensiero. Ritengo solo che da qualsiasi parte si guardi il problema esso mostra sempre le stesse
caratteristiche e che quindi le soluzioni prospettate dal Pontefice possono essere ampiamente condivise (con buona pace
di coloro che sostengono che il papa parli sulla base di poche e sparute informazioni, per esempio nel settore energetico).
9
Cf. G. Marcon- M. Pianta, Sbilanciamo l’economia. Una via di uscita dalla crisi, Editori Laterza, Bari 2018, 85.

2
E’ evidente che gli effetti autodistruttivi del capitalismo contemporaneo siano stati «aggravati

dalla sua versione neoliberista fondata sulla idea che i mercati sono capaci di regolarsi da soli, che

la sfera dell’azione pubblica vada ridimensionata, allargando i rapporti di mercato e trasformando

in merci i beni pubblici (che sono i beni comuni) e che le relazioni sociali, il lavoro e l’ambiente

siano da sottomettere ai mercati».10

Occorre un drastico cambio di rotta e a un ripensamento dell’idea di sviluppo, mediante il

ridimensionamento della finanza, il passaggio dalla quantità alla qualità delle produzioni, la

rivalutazione dei beni comuni e pubblici e infine, la scelta di attività ad alta densità di lavoro creativo

e conoscenza capaci di tutelare l’ambiente e migliorare la vita della comunità e la qualità sociale. Una

possibile soluzione potrebbe darsi nella sostenibilità ambientale posta come centro di un nuovo

modello di sviluppo. La sostenibilità ambientale è di fatto un passaggio necessario di fronte

all’evidente limite delle risorse naturali e alla fine di un modello produttivo insostenibile per il pianeta.

Con una visione attenta alla salvaguardia dell’ambiente e del creato potrebbero aprirsi nuove

frontiere di produzioni e consumi in grado di creare occasioni per le imprese e nuovi posti di lavoro.

Non si tratta ovviamente di costruire un nuovo Business ma di rimodulare il sistema economico

secondo una visione etica che vede il creato intero come fine e non come mezzo. Si tratta di cambiare,

quindi, il modello di consumo privilegiando il riutilizzo, la rigenerazione, la riconversione e

soprattutto tutte quelle attività che possano avere una ricaduta sociale positiva lì dove le aziende

decidono di risiedere. Questo nuovo paradigma basato fondamentalmente sul valore soggettivo del

lavoro invita l’uomo a coltivare e custodire in creato che gli è stato affidato per vivere con equilibrio

la nostra natura profonda di esseri umani.11

10
G. Marcon - M. Pianta, Sbilanciamo l’economia, Editori Laterza, Bari 2018, 86.
11
Cf. Francisci PP., Laudato sì, Lettera Enciclica, San paolo Edizioni, Cinisello balsamo (Mi) 2015, 7.

3
Bibliografia

Studi

G. Marcon - M. Pianta, Sbilanciamo l’economia, Editori Laterza, Bari 2018.


S. Palumbieri, L’uomo Meraviglia e Paradosso. Trattato sulla costituzione, con-centrazione
condizione antropologica, Urbaniana University Press, Città del vaticano 2018.

Lettere Encicliche

Francisci PP., Laudato sì, Lettera Enciclica, San paolo Edizioni, Cinisello balsamo (Mi) 2015.
Ioannes Paulus PP. II, Laborem Exercens, Lettera Enciclica, Paoline editoriale Libri, Milano (Mi)
1981.

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